Comune di Cotignola
Museo Civico Luigi Varoli
Corso Sforza 21 e 24, Cotignola RA
Pause / Marco Nascosi
Palazzo Sforza
Lingua Madre
Lucia Baldini - Luca Rotondi
ospiti
Michela Mazzoli - Simone Luschi
Casa Studio Luigi Varoli
Pause
Marco Nascosi
Inaugurazione sabato 14 dicembre 2013 ore 18
Aperture e orari:
dal 14-12-2013 al 12-1-2014
Giovedì e Venerdì 15.30-18.30
Sabato e Domenica 10-12 e 15-18.30
Aperto il 26-12, chiuso il 25-12 e 1-1
Informazioni:
0545 908 879
[email protected]
http://www.pinterest.com/museovaroli/
http://www.aem-selvatica.org/
Questa prima mostra rappresenta l’anticipazione e apertura di un nuovo percorso che si svilupperà per tutto il 2014 attraverso un ciclo espositivo che
intende proporre approfondimenti su alcuni autori che hanno partecipato ai
due progetti Selvatico Rassegna di campagna e Selvatico Spore, 9 episodi e
mostre che si sono tenute a Cotignola, e non solo, tra il 2008 e il 2013.
Lingua madre / Lucia Baldini
Luca Rotondi
Lingua madre / Lucia Baldini - Luca Rotondi
Lingua madre ospita Michela Mazzoli e Simone Luschi
Pause / Marco Nascosi
Il paesaggio, o per certi versi parti di esso
come la natura morta – che è al tempo stesso
sua negazione - sono in questa mostra restituiti attraverso disegni e dipinti che ancora si
misurano con due generi che sempre mettono, al centro della scena, l’assenza della persona, un vuoto.
Il silenzio degli spazi e cose, uno sguardo incantato che si posa in una terra quasi desolata in cerca di appigli e approdi e bellezze
perdute intermittenti, provvisori nidi o luoghi
Lucia Baldini
che si potrebbero dire felici in cui sostare, piccole meraviglie e stupori quotidiani a far esplodere per un istante lo scorrere del tempo; una
specie di umore quasi esotico che fa capolino dove non te l’aspetti: una vegetazione o erbaccia o cespuglio lussureggiante cresciuti ai margini di un campo e catturati con precisione
fiamminga, o sferzati da ventosità orientali, o selvatiche e romantiche quinte che invitano ad
entrare e farsi piccoli, anzi minuscoli; e poi relitti e abbandoni da cortile d’inverno, uno slargo
e apertura improvvisa di paesaggio, fuga che si apre e schiude in orizzonti e cieli e nuvole e
alberi in fiore, e luce bella che inonda di colori e tinte delicate struggenti che si espandono
e invadono come per effetto di allagamento, o gigantesca carta assorbente. Le cose come
risvegliate e tremanti dopo una pioggia violenta. Un respiro del mondo.
Una sinfonia che, sia chiaro, sempre reca le tracce dell’uomo; quasi mai una ferita, piuttosto
mano che ha contribuito al crearsi di questi paesaggi, frutto di un dialogo tra natura e chi l’ha
abitata e presa in cura, trasformata e tutelata nella sua diversità, anche produttiva. Un’armonia e abbraccio che oggi svendiamo per due soldi: allora forse il disegnare e dipingere tentano una specie di restituzione, si bagnano in una nostalgia preziosa perché produce reazione;
una preghiera. La pittura come finestra ancora; soglia per altri mondi. Teatro su cui proiettare
memorie e perdersi. Esercizio e pratica e disciplina di guarigione. Scuola dei sentimenti.
Se la mostra di Lucia e Luca si pone in continuità con una tradizione pittorica che, oltre a misurarsi con generi ben definiti, lo
fa attraverso un fare sapiente che sembra voler rivendicare e
proteggere tempi lenti d’esecuzione e uno stare, oggi, volutamente ai margini (il disegno dal vero come sguardo in cui sperimentare contemporaneamente l’essere fuori e dentro sé, la
sfumatura chiaroscurale e la velatura della pittura a olio come
necessità contemplativa o atto di sospensione e dilatazione del
tempo, verrebbe da dire una via meditativa) quella di Simone
e Michela invece, dove entrambi utilizzano il collage o un disegno più grafico come lingua e tecnica prevalenti, rappresenta un
controcanto a quanto visto in precedenza.
Eppure ne è anche fogliazione e gemma.
Una stanza che sta quindi agli antipodi, a partire dall’uso stesso
del collage, strumento bambinesco e moderno, negante sfumature e passaggi morbidi a favore di silhouette, margini, tagli e contorni
netti. Pratica che, se da un lato fa il verso all’ingenuità e candore di
certe illustrazioni d’antan o ornati domestici, dall’altro apre a modalità di recupero e possibilità combinatorie capaci di tenere insieme
il molteplice e la complessità, ramificazioni e tracce diverse, un po’
come potrebbe fare un dj che seleziona, taglia, congiunge, collega e
Simone Luschi
sovrappone sino a creare un flusso nuovo, una differente narrazione.
Ma forse c’è qualcosa in più della semplice opposizione tra modi di fare e vedere in queste
due mostre complementari che finiscono inevitabilmente per specchiarsi e riflettersi. C’è una
dialettica che le nutre entrambe, ancora bisognose e fondate su di una artigianalità (e ossessione) che non solo sta alla base dell’immagine,
ma la costituisce e definisce internamente divenendo
inseparabile e indistinguibile da essa; come se questa potesse solo rivelarsi e materializzarsi attraverso
un processo di distillazione ottenuto grazie al lavoro
manuale e congiunzione di occhio e mano: smontaggio e ricostruzione e decostruzione delle sue parti, e
restituzione dell’immagine infine, tradotta e tradita.
Lo scarto quindi, l’errore come possibilità e al tempo stesso ostacolo da superare, tutto reso tangibile e concreto dalle cose e le materie, da una
tattilità del mondo che va sentito e mangiato, siano frammenti e strati e accumuli casuali di carte,
segni esatti o non finiti, velature e pelli sottilissime
semitrasparenti della pittura.
Tentativo di capire o trattenere il mondo, anche solo
dettagli o parti di esso, e di aprire pieghe del tempo.
A cercare un orientamento sempre, una mappa.
Anche Marco Nascosi realizza immagini
sospese dove la figura umana è pressoché
assente o latitante, anche se qui i segni e
le tracce che le persone lasciano dietro sé
sono decisamente più ironiche ed evidenti o
ambigue anche.
Il disegno dal vero è una delle armi più efficaci per riuscire a fermare e comprendere e trattenere dettagli e parti della realtà,
quasi un tentativo (labirintico) di memoria,
descrizione, catalogazione e sistemazione
del mondo: taccuini di viaggio alla maniera
di un gran tour frammentato e disordinato,
quaderni colmi di appunti, schizzi, progetti,
collage e altri piccoli reperti schizofrenici per
risvegliare ed accedere un giorno a sepolti
scomparti della memoria; oggetti quasi simbolici che parlano in mancanza del proprietario, un animismo in bilico tra sguardo da
Marco Nascosi
antropologo e pubblicità, feticci o talismani
o giocattoli o altre magie giapponesi, come
nella serie dei portachiavi, o nelle toilette, colorato archivio di bagni di case o locali pubblici,
sempre deserti vuoti illuminati, dove chi guarda è un intruso che mette in atto un innocente
furto vojeuristico portando via con sé un’immagine
luccicante, attirante, curiosa e vagamente psicologica, simile al gustoso imbarazzo che si prova nello sbirciare il contenuto del carrello della persona
che hai davanti nella fila per la cassa al supermercato che, quando poi mette i prodotti sul nastro,
non puoi evitare di guardarli e fare collegamenti tra
gli acquisti, le scelte e la persona, a volte ricavando conferme cristalline delle tue sensazioni, altre
aprendo a storie impreviste che devi inventare per
giustificare o comprendere il contrasto e l’inatteso.
Il disegno si diceva, l’appunto veloce, fatto di linee
incerte e segni spezzati nervosi, ma anche una rielaborazione, rarefazione e asciugatura dell’immagine
che passa attraverso atmosfere quasi da illustrazione o fumetto: i pennarelli, l’uso dei retini, la scrittura
a creare un cortocircuito. Una bolla.
Michela Mazzoli
Collegandosi all’esperienza ed eco di Selvatico, percorso che ha coinvolto artisti visivi non solo intorno al loro lavoro, ma pure
nella fase progettuale, ossia chiedendo talvolta agli autori un impegno o collaborazione anche in veste di organizzatori e curatori,
Lingua Madre ospita e accoglie al suo interno una piccola ma significativa apertura
invitando due artisti a realizzare una micromostra in una stanza di Palazzo Sforza: Simone Luschi invitato da Lucia Baldini, Michela Mazzoli chiamata da Luca Rotondi.
Luca Rotondi
Scarica

Lingua Madre Lucia Baldini - Luca Rotondi Michela Mazzoli