Indicazioni allo
Studio
ecografico nelle
patologie di
piede e caviglia
P. Minafra
G. Francavilla
L’utilizzo dell’esame ecografico quale strumento diagnostico nella valutazione delle
patologie di piede e caviglia è diventato in
questi anni molto frequente, grazie soprattutto alle nuove apparecchiature che, con sonde
sempre più sofisticate ad elevata frequenza,
consentono di visualizzare strutture fino a
qualche tempo fa difficilmente apprezzabili.
Non va dimenticato però come, per un corretto orientamento in ambito ecografico, alla
precisa conoscenza delle strutture anatomiche fondamentali, sia necessario abbinare la
comprensione dei princìpi di biomeccanica
che ne regolano il funzionamento, soprattutto nello studio di articolazioni complesse
quali sono il piede e la caviglia. Elemento
imprescindibile per meglio intendere la fisiopatologia di queste articolazioni è infatti un
approccio quanto più possibile dinamico ed
in questo l’esame ecografico consentendo lo
studio in “real time” delle strutture in questione, è forse l’unica metodica che garantisce una valutazione in tal senso.
Con scansioni su entrambi i piani, sagittale
e trasversale, è possibile valutare tanto gli
elementi stabilizzatori attivi della caviglia
nella loro componente tendinea, quanto
buona parte delle strutture legamentose
laterali e mediali, vere e proprie guide cinematiche articolari, elementi stabilizzatori
passivi insieme alla pinza malleolare ed alla
capsula articolare. I tendini dei muscoli
peronieri, muscoli valgizzatori, sono facilmente apprezzabili sul versante laterale
della caviglia (fig.1); il peroneo breve si segue
fig. 1- scansione sagittale dei tendini peronieri
tpl= tendine peroneo lungo; tpb= tendine peroneo breve
fino all’inserzione al 5° metatarso (fig.2),
fig. 2 – inserzione del t.peroneo breve sul 5° metatarso
mentre il peroneo lungo, portandosi in profondità fino alla base del 1°, non è visualizzabile nella sua totalità. Spostandosi in
senso mediale possiamo valutare sul versante anteriore nell’ordine: il tendine estensore
comune, l’arteria tibiale anteriore ed il nervo
peroneale, il tendine flessore lungo dell’alluce ed il tendine del muscolo tibiale anteriore
(fig.3). In questa stessa posizione è inoltre
fig. 3 – scansione trasversale sul tunnel tarsale anteriore
ted= t. estensore delle dita; tela= t. estensore lungo dell’alluce;
fvn= fascio vascolo-nervoso; tant= t. tibiale ant
il quale l’esame ecografico rappresenta probabilmente la metodica più accurata nella
valutazione delle patologie ad esso associato.
Il tendine d’Achille infatti può essere seguito
agevolmente dalla sua origine dal muscolo
tricipite surale, fino all’inserzione in sede
calcaneale (fig.7a-b). A questo livello sono
fig. 7 a-b - tendine d’Achille visualizzato in scansione sagittale (sopra) e trasversale
(sotto); si noti il posizionamento della sonda; tak= triangolo adiposo di Kager
visibile il recesso dell’articolazione tibioastragalica (fig.4), sovente sede di versamen-
fig. 4 - scansione sagittale sul recesso articolare tibio-tarsico.
superiormente si riconosce il tendine tibiale anteriore
ti articolari facilmente evidenziabili(fig.5). Lo
presenti le borse sottocutanea e retrocalcaneale profonda, recessi di origine sinoviale
non visibili in condizioni di normalità. Al di
sotto del tendine d’Achille possiamo vedere
il triangolo di Kager, struttura fibroadiposa
che in genere presenta ecogenicità inferiore
rispetto a quella tendinea.
Lo studio del comparto legamentoso comprende il legamento peroneo-astragalico anteriore (fig.8), il più frequentemente coinvolto
fig. 5 - scansione sagittale (sinistra) e trasversale (destra) sul recesso articolare tibi-tarsico: versamento fluido
studio procede con la valutazione del tunnel
tarsale mediale (fig.6), composto dal tendi-
fig. 8 – legamento peroneo-astragalico anteriore (lpaa)
fig. 6 - scansione trasversale sul tunnel tarsale mediale.
ttp= t. tibiale posteriore; tfcd= t. flessore comune delle dita; ret= retinacolo
nps-npp= nervo peroneo superficiale e profondo; a-v arteria e vena tibiale;
tfla= tendine flessore lungo dell’alluce
ne del muscolo tibiale posteriore, muscolo
varizzatore stabilizzatore attivo, in stretta
contiguità con il tendine del muscolo flessore comune delle dita dal fascio vascolo-nervoso e dal tendine flessore lungo dell’alluce,
visibile quest’ultimo insieme al flessore delle
dita anche tramite approccio posteriore, al
di sotto del tendine di Achille, tendine per
in corso di traumi distorsivi in inversione,
seguito dal legamento peroneo-calcaneale, la
cui scansione consente di apprezzare contemporaneamente i tendini peronieri (fig.9).
fig. 9 – legamento peroneo-calcaneale (lpc); tpb-tpl= tendini peronieri breve e
lungo
In condizioni di normalità tali legamenti
appaiono poco evidenti e ciò in relazione alla
loro particolare struttura anatomica scarsamente riflettente ed alle strutture ossee contigue, che spesso determinano la comparsa
di numerosi artefatti. Medialmente lo studio
del legamento deltoideo, più consistente
rispetto ai legamenti esterni, risulta più agevole (fig.10). Per ciò che riguarda il piede,
fig. 12 a-b – scansione sagittale sui tendini flessori delle dita
fig. 10 – legamento deltoideo
oltre ad eventuali discontinuità del profilo
della corticale ossea, che talvolta possono
sfuggire all’Rx standard (va ricordato come
la sensibilità dell’ecografia nei riguardi dell’osso sia pari al 100%), possiamo valutare
in casi selezionati l’integrità della fascia
plantare (fig.11), la cui patologia in sede
fig. 13 - scansione trasversale sulle teste metatarsali
valutazione ecografica. Va ricordato come,
oltre alle borse classicamente descritte in
letteratura, quali ad esempio le borse retrocalcaneale superficiali e profonde (fig. 14)
fig. 11 – inserzione calcaneale della fascia plantare
inserzionale calcaneale può esser responsabile di algie diffuse di difficile inquadramento clinico.
I tendini flessori possono essere studiati
abbastanza agevolmente sia al livello plantare che in corrispondenza delle articolazioni metatarso-falangee (fig.12-13). Anche le
borse, quando distese da versamenti liquidi, non pongono alcuna difficoltà alla loro
fig. 14 – borsite retrocalcaneale profonda conpositivitàa alla valutazione con
power-doppler
o le perimalleolari, siano presenti borse in
sedi meno tipiche, considerato che queste
strutture di origine sinoviale si formano in
genere a riparo da eventuali insulti macro o
microtraumatici.
Tra le patologie di più frequente riscontro
in ecografia, sicuramente annoveriamo le
tendinopatie che possiamo distinguere in
peritendiniti o tenosinoviti, a seconda se la
flogosi interessi tendini di ancoraggio o di
scorrimento, entesopatie quando siano coinvolte le inserzioni tendinee, fino alle rotture
tendinee parziali o complete.
La semeiotica ecografica delle peritendiniti mostra un tendine di spessore di solito
normale, con aspetto sfumato dei margini
in relazione alla flogosi del peritenonio. Nei
tendini forniti di guaina invece, come i tendini peronieri o il tibiale posteriore, è possibile apprezzare la distensione fluida di dette
guaine, che può essere più o meno marcata
a seconda dell’intensità del processo flogistico (fig.15-16 a-b). L’utilizzo della metodica
la ipervascolarizzazione tipica delle flogosi
acute, anche in assenza di distensioni palesi
delle guaine sinoviali (fig.17). E’ bene ricor-
fig. 17 – tenosinovite dei tendini peronieri con positività all’esame
power-doppler. Scansione trasversale
dare come il power-doppler possa essere
positivo anche in fase cronica a seguito della
neoangiogenesi caratteristica dei fenomeni
riparativi cicatriziali; sarà pertanto il dato
anamnestico a dirigere nell’interpretazione
diagnostica di tale metodica. Nella peritendinite del tendine d’Achille (fig.18) inoltre
fig. 15 – tenosinovite dei tendini peronieri
*= guaina distesa da liquido sinoviale
fig. 18 – peritendinite del t. d’Achille
scansione sagittale.
fig. 16 a-b – tenosinovite del tendine tibiale posteriore scansione trasversale (sopra) e sagittale (sotto)
il power-doppler, oltre ad essere positivo in
sede tendinea, presenta sovente una positività in corrispondenza del triangolo adiposo
di Kager (fig.19).
fig. 19 – peritendinite del t. d’Achille con positività dell’esame con
power-doppler sul triangolo adiposo di Kager (tak).
power-doppler, è in grado di supportare
l’esame ecografico in B-mode, mostrando
L’evoluzione cronica di questi processi flogistici può portare alla degenerazione tendinosica tendinea, caratterizzata dalla comparsa
di eventuali multiple calcificazioni insieme
ad ispessimento generalizzato e presenza di
microlacune tendinee ed in casi estremi fino
alla lesioni da parziali a totali. Tutte queste
fasi possono essere facilmente valutate ecograficamente e ciò non soltanto a conforto
di un ipotesi diagnostica su base clinica,
ma anche in relazione al follow-up in corso
di terapie antiflogistiche e/o fisioterapiche,
laddove sia necessario valutare l’evoluzione
clinica in rapporto alle condizioni strutturali
del tendine.
Dette tendinopatie per di più, possono essere
responsabili di evoluzioni cliniche complesse come ad esempio nel caso della sindrome
del tunnel tarsale mediale. Una tenosinovite importante del tendine flessore comune
delle dita, più che del tibiale posteriore, può
infatti essere responsabile della compressione estrinseca sul nervo tibiale posteriore
determinando la comparsa della sindrome
clinica. L’ecografia è in grado in questi casi
di dare informazioni utili nella diagnosi differenziale di tali patologie, considerato che
sovente è possibile valutare la prevalenza
di un interessamento tendineo primitivo, in
luogo di un coinvolgimento vascolare o nervoso.
Il tendine d’Achille come detto, si presta ad
un accurato studio ecografico, non soltanto
in sede inserzionale calcaneale, dove sono
evidenziabili entesopatie di vario grado, ma
anche lungo il suo decorso fino alla giunzione mio-tendinea. Le lesioni, da parziali
a totali, possono essere riscontrate indifferentemente in ciascuna di queste sedi, considerato che in genere le lesioni avvengono
caratteristicamente secondo un meccanismo
di torsione (fig.20-21-22). In questo caso
fig. 20 – disinserzione parziale peri-inserzionale del t. d’Achille:
esame comparativo.
fig. 21 – lesione parziale del t. d’Achille: scansione trasversale a sin sagittale a dx.
fig. 22 – lesione completa del t. d’Achille: esame comparativo
compito dell’ecografista sarà seguire l’andamento della lesione, indicando ove possibile sede ed estensione, oltre a segnalare
la presenza e l’entità di eventuali retrazioni
dei monconi residui, informazioni queste
di notevole importanza ai fini prechirurgici;
la valutazione post-chirurgica invece, consiste non tanto nella visualizzazione della
degenerazione tendinosica post-intervento
(fig.23-24), momento questo assolutamente
fig. 23 – t. d’Achille operato: esame comparativo con il tendine
controlaterale sano
fig. 24 – scansione trasversale del t. d’Achille operato: la freccia indica
la sutura
“fisiologico”, quanto piuttosto nel rilevare
precocemente la presenza di eventuali recidive.
Per quanto riguarda le patologie legamentose, l’ecografia permette di valutare le lesioni
tipiche dei traumi distorsivi, distinguendo i vari gradi dal primo al terzo fino alle
lesioni capsulo-legamentose totali, in cui
l’abbondante stravaso emorragico si pone
quasi come un mezzo di contrasto naturale,
esaltando l’immagine anatomica che in condizioni di normalità risultava di non facile
evidenziazione.
La biomeccanica dei traumi distorsivi in
inversione - com’è noto i più frequenti -,
avverte che la catena cinetica lesiva interessa
per primo il legamento peroneo-astragalico
anteriore, seguito dal peroneo-calcaneale,
legamenti che in questo caso è possibile
valutare abbastanza agevolmente (fig.25-2627). Nel caso di traumi in eversione ad
(fig.28). Non va tralasciata la valutazione
fig. 28– lesione parziale del legamento deltoideo con positività all’esame
power-doppler.
della sindesmosi tibio-peroneale, legamento
piuttosto spesso e superficiale, la cui rottura
non di rado è responsabile di gravi instabilità (fig.29).
fig. 25 – lesione parziale del legamento peroneo-astragalico anteriore con
positività all’esame power-doppler.
fig. 29 – sindesmosi tibio-peroneale in condizioni di normalità
fig. 26 – lesione completa del legamento peroneo-astragalico anteriore.
Se in fase acuta l’esame ecografico può
fornire una visione dell’entità del danno
legamentoso superficiale, in fase cronica
le indicazioni sono limitate ad esempio a
quelle sindromi da impingement dei tessuti
molli che spesso interessano il legamento
peroneo-astragalico anteriore in esito da
traumi distrattivi laddove, in casi selezionati, sia possibile documentare la presenza di
alterazioni fibrocicatriziali, incluse formazioni microcalcifiche che possono sfuggire
alla valutazione con altre metodiche, ma la
cui presenza spesso è causa di limitazione
funzionale (fig.30).
fig. 27 a-b – lesione completa del legamento peroneo-astragalico anteriore.
essere interessato per primo è senz’altro il
legamento deltoideo, la cui lesione peraltro
è molto meno frequente (circa il 3% dei casi)
fig. 30 – grossolana calcificazione nel contesto del legamento peroneo-astragalico anteriore in esito di trauma distrattivo.
Per quanto riguarda la valutazione di eventuali neoformazioni, di natura vascolare
piuttosto che del sistema nervoso o di
origine sinoviale (fig. 31), bisogna tenere
fig. 31 – ganglio articolare con compressione del nervo tibiale posteriore al
tunnel tarsale mediale. ntp= nervo tibiale posteriore
conto che la scarsa panoramicità dell’esame
ecografico limita l’utilizzo di tale metodica solo alle lesioni di dimensioni minori,
demandando a metodiche più “pesanti” il
compito di delimitare lesioni più impegnative in quanto ad estensione, ed ovviamente
all’esame anatomo-patologico per ciò che
concerne la diagnosi di natura di tali neoformazioni. Analogamente, per la valutazione di
strutture complesse come il seno del tarso e
per lo studio delle patologie osteo-condrali,
l’esame ecografico deve lasciare il posto a
metodiche più idonee quali Rx tradizionale,
Tc ed RM con e senza contrasto, che sicuramente offrono una maggiore attendibilità
diagnostica.
In conclusione l’esame ecografico, quando
supportato da adeguate conoscenze anatomiche e biomeccaniche, può assumere
un ruolo importante nella gestione delle
patologie di piede e caviglia non soltanto in
fase acuta, dove è in grado di fornire una
buona valutazione delle lesioni legamentose
superficiali e della componente tendinea, ma
anche a sostegno di un corretto iter diagnostico in corso di patologie più impegnative,
identificando tutti quei segni precoci che
spesso precedono patologie più complesse
come le sindromi da instabilità, dove invece
non è possibile prescindere da uno studio
mediante esame Rx-grafico, Tc ed RM, sempre e comunque successivo ad un preciso
inquadramento clinico quanto più accurato
possibile.
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