Centro Diocesano di Pastorale Familiare
Verona
A Ritmo di Famiglia
1° incontro
Mettimi come sigillo sul tuo cuore
Marc Chagall – Il Cantico Dei Cantici III - 1960
San Fidenzio
13 Novembre 2011
Iniziamo con la preghiera
Salmo 127
Beato l’uomo che teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
“Vivrai del lavoro delle tue mani,
sarai felice e godrai di ogni bene.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Così sarà benedetto l’uomo
che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion!
Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme
per tutti i giorni della tua vita.
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli.
Pace su Israele!
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Dal Cantico dei Cantici (Ct 2,8-16; 8,6-7)
Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline.
Somiglia il mio diletto a un capriolo o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate.
Ora parla il mio diletto e mi dice: «Alzati, amica mia, mia tutta bella,
e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è
leggiadro».
Il mio diletto è per me e io per lui.
Egli mi dice: "Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul
tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la gelosia:
le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l'amore nè i fiumi travolgerlo".
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Riflessione
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La Bibbia si apre con le parole rivolte da un uomo a una donna (Genesi
2,23) e termina con le parole di una donna a un uomo (Apocalisse
22,17). Il Cantico, centro ideale dell’Antico Testamento, fa risuonare
parole simili (2,13; 7,12), permettendo di domandarsi se le parole
dell’uomo alla donna e della donna all’uomo non siano la chiave per
comprendere la Bibbia nel suo insieme.
Il Cantico è una raccolta di canti di amore: non abbiamo pertanto una
storia d’amore come se si presentasse una narrazione ordinata di eventi, ma la comunicazione di stati d’animo e di emozioni.
Nella storia il libro è stato interpretato come se l’amore tra l’amato e
l’amata fosse una figura per dire altro, ma in realtà esso è davvero un
poema che canta l’amore tra uomo e donna. L’amore non è visto in
funzione di qualcos’altro ma in se stesso come l’incontro di due persone.
Il libro nasce da quello stesso stupore davanti al mistero dell'amore;
l’autore si sente di fronte a una realtà più grande di lui, non comprensibile e non controllabile dall’uomo: si sente interpellato dalla trascendenza.
In nessun altra esperienza umana, come in quella dell’amore, si dà un
incontro più profondo tra un «io» e un «tu». Il Cantico è l’unico libro
della Bibbia a essere composto, dall’inizio alla fine come un dialogo.
Non si parla di qualcosa, ma a qualcuno. Il fatto stesso del dialogo è
significativo perché indica nella prossimità anche la distanza dei due
amanti, come è tipico del vero amore. Ciò che il Cantico illustra è il
dialogo amoroso come santuario della parola scambiata, cioè come
santuario della libertà.
L’amore umano è presente in tutta la sua gamma di sentimenti e passioni e nella varietà delle sue espressioni concrete: la ricerca reciproca,
il desiderio dei baci e delle carezze, il sussurro delle parole più tenere,
l’anelito all’unione fisica. Esso conosce la sofferenza della separazione
e la gioia del ritrovamento
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Come le realtà più profonde della vita, l’amore è per sua natura paradossale, dialettico. L’autore del Cantico fa del paradosso un elemento
fondamentale della sua poetica.
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Reciprocità e distanza
La reciprocità contrassegna il rapporto dei due amanti. Nei primi due
canti dell’amata, la ricerca della donna da parte dell’uomo è seguita da
quella dell’uomo da parte della donna e questa dinamica si ripete nella seconda parte del Cantico. La donna non è solo oggetto, ma anche soggetto
della passione.
Eppure, perché la reciprocità sia possibile, l’altro deve rimanere altro, altrimenti la specularità non è più realizzabile e il dialogo si spegne. Appunto
per continuare, per durare per sempre, l’amore ha bisogno anche di distanza, di rinnovarsi continuamente. Il rapporto deve ricominciare con il perdersi, il ricercarsi e il ritrovarsi. L’amore non è stasi, non è una conquista
avvenuta una volta per sempre, ma un movimento di sistole-diastole che
ricomincia sempre nuovo.
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Castità e dono di sé
La donna del Cantico non è una conquista facile. I testi oscillano tra il riserbo e il dono di sé, tra l’essere se stessa è il perdersi nel dono. Solo quando è se stesso uno può donarsi in libertà.
Testo di Ct 4,1-17. In Ct 4,12 la donna è raffigurata con l’immagine della fonte/sorgente sigillata, un’espressione che allude al fatto che la giovane
è casta e la sua castità è finalizzata ad essere dono per l’amato. La porta
che si affaccia al giardino desiderato si apre solo dall’interno, solo col consenso, la delicatezza, la tenerezza, la pazienza, altrimenti l’amato non vi
entrerà o sarà vissuto come colui che invade e in quel caso prenderà senza
ricevere dono autentico d’amore. Il reciproco e graduale mettersi a nudo
dei due innamorati li vede assumere un atteggiamento di totale affidamento
e di vulnerabilità. Lo sguardo che si rivolgono reciprocamente parte dal
volto dell’amato (4,1) e perciò rispetta integralmente la persona.
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Natura e città
L’universo, il mondo comune diventa il linguaggio dell’intimità amorosa. La prospettiva dell’amore fa apparire bella ogni cosa, così che i due innamorati ne sono trasfigurati. Soprattutto attraverso il corpo la creazione
stessa si offre di visitare il dialogo amoroso. La valorizzazione della natura
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nei confronti della città per ciò che riguarda l’amore è una costante del
Cantico. La natura è alleata dell’amore, la città gli è tendenzialmente ostile.
L’amore viene dalla natura, ma non si compie in essa. La società, tuttavia,
non è un ostacolo all’amore: di per sé essa ha la funzione di proteggerlo. Il
luogo dell’amore non è né il deserto, né la città, ma il giardino, che è un
pezzo di natura in mezzo alla città, una natura non più allo stato selvaggio,
ma coltivata, umanizzata: natura e cultura insieme.
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Morte e vita
Questo binomio è il Leitmotiv del Cantico accennato discretamente da
diverse metafore e tematizzato alla fine in quella sorta di professione di fede che è 8,6-7. Il binomio presenta l’idea della vittoria della vita sulla morte. L’affermazione «forte come la morte è amore» è collegata all’immagine
del sigillo con cui si esprime l’indissolubilità dell’unione. L’accento è posto sul rapporto che unisce la coppia: esso è tale che niente e nessuno può
scioglierlo, neanche la morte. La donna è l’identità profonda dell’uomo, il
segno della sua personalità: in essa l’uomo trova se stesso. Da questo punto
di vista il Cantico ribadisce che il sentimento di mutuo amore nel totale,
gratuito e fedele dono di sé, contiene una forza quasi sovraumana e dirompente che sostiene gli innamorati nel loro viaggio avventuroso. Essa non
può che venire da Dio ed è potenza capace di vincere la morte.
Tuttavia, la formulazione di 8,6 è ambigua. Non si dice che l’amore è più
forte della morte, ma che esso è come la morte. È il v. 7 a chiarire, dove si
dice che le grandi acque, simbolo di morte, non bastano a spegnere
l’amore, nel contesto, a dividere i due amanti. Vi è un presagio di resurrezione.
L’affermazione va compresa nella sua pregnanza, perché gli aggettivi indicano anche che con l’amore non si scherza, perché come la morte,
l’amore chiede tutto. Amare vuol dire perdere la propria libertà e la propria
vita, non appartenere più a se stessi. Perciò i due poli vanno tenuti insieme,
l’amore è più forte della morte, ma l’amore passa per la morte. Bisogna
perdersi per ritrovarsi.
Suor Grazia
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Dentro la vita
Il Cantico dei Cantici sembra così lontano dalla nostra
vita quotidiana eppure se lo guardiamo nei tempi di tutta una vita in coppia, scopriamo come sia incredibilmente attuale.
Per il dialogo di coppia e/o di gruppo

Ci sentiamo accompagnati da Dio nel nostro cammino di
coppia?
 Che tipo di presenza sentiamo:
 Che ci sostiene o che ci limita?
 Che promuove o che trattiene?
 Che ci obbliga o che ci offre gratuitamente?
 Vivete il vostro amore come fedele e gratuito dono reciproco?
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PER L’APPROFONDIMENTO
Dalla Lettera alle Famiglie di Mons. Giuseppe Chiaretti
IL PERDONO E LA RICONCILIAZIONE
5. Tra sposi. Il perdono e la riconciliazione chiedono che ognuno
prima riconosca i propri torti e la verità dei fatti: sono per lo più i torti
della disattenzione, del non rispetto, delle strumentalizzazioni, delle
menzogne, delle parole e dei gesti offensivi a lungo coltivati, e anche dei piccoli e grandi tradimenti dell’amore sponsale. A questo
proposito vorrei ricordare proprio la funzione dell’anello sponsale. È
antica tradizione che l’anello d’oro, materiale non corruttibile, salvaguardasse la “vena dell’amore” che corre lungo il dito anulare per
conservarlo fedele e incantevole come il primo giorno: per questo
ha nome “fede”, e cioè segno di fedeltà e di amore sempre rinnovato. Mi piace anche ricordare che papa Giovanni XXIII, beatificato entro l’anno del giubileo, aveva legato una particolare intercessione
della Chiesa per gli sposi che, al chiudersi della giornata, baciavano
l’un l’altro l’anello del matrimonio. Con quel semplice gesto gli sposi
si chiedevano reciprocamente perdono delle trascuratezze o dei
piccoli e grandi tradimenti che fossero intercorsi nella giornata: un
azzeramento, non solo simbolico ma reale, dei sospetti e delle contese, secondo l’invito dell’apostolo: “Il sole non tramonti sulla vostra
ira” ( Ef 4,26), ed anche una volontà di ricominciare, che nasca dal
ricordo del “sì” del primo giorno.
Dalla “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II
L'indivisibile unità della comunione coniugale
19. La prima comunione è quella che si instaura e si sviluppa tra
i coniugi: in forza del patto d'amore coniugale, l'uomo e la donna
«non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6; cfr. Gen 2,24)
e sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione
attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del
reciproco dono totale.
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Questa comunione coniugale affonda le sue radici nella naturale
complementarietà che esiste tra l'uomo e la donna, e si alimenta
mediante la volontà personale degli sposi di condividere l'intero
progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò tale comunione è il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma in Cristo Signore, Dio assume questa esigenza umana, la
conferma, la purifica e la eleva, conducendola a perfezione col
sacramento del matrimonio: lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova d'amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l'indivisibile Corpo mistico
del Signore Gesù.
Il dono dello Spirito è comandamento di vita per gli sposi cristiani, ed insieme stimolante impulso affinché ogni giorno progrediscano verso una sempre più ricca unione tra loro a tutti i livelli dei corpi dei caratteri, dei cuori, delle intelligenze, e delle volontà,
delle anime, - rivelando così alla Chiesa e al mondo la nuova
comunione d'amore, donata dalla grazia di Cristo. [...]
Una comunione indissolubile
20. La comunione coniugale si caratterizza non solo per la sua
unità, ma anche per la sua indissolubilità: «Questa intima unione,
in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene
dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità» («Gaudium et Spes», 48).
E' dovere fondamentale della Chiesa riaffermare con forza - come hanno fatto i Padri del Sinodo - la dottrina dell'indissolubilità
del matrimonio: a quanti, ai nostri giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e a
quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride apertamente l'impegno degli sposi alla
fedeltà, è necessario ribadire il lieto annuncio della definitività di
quell'amore coniugale, che ha in Gesù Cristo il suo fondamento e
la sua forza (cfr. Ef 5,25).
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Radicata nella personale e totale donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli, l'indissolubilità del matrimonio trova la sua
verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella sua Rivelazione. Egli vuole e dona l'indissolubilità matrimoniale come frutto, segno ed esigenza dell'amore assolutamente fedele che Dio
ha per l'uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua Chiesa.
Cristo rinnova il primitivo disegno che il Creatore ha iscritto nel
cuore dell'uomo e della donna, e nella celebrazione del sacramento del matrimonio offre un «cuore nuovo»: così i coniugi non
solo possono superare la «durezza del cuore» (Mt 19,8), ma anche e soprattutto possono condividere l'amore pieno e definitivo
di Cristo, nuova ed eterna Alleanza fatta carne. Come il Signore
Gesù è il «testimone fedele» (Ap 3,14), è il «sì» delle promesse
di Dio (cfr. 2Cor 1,20) e quindi la realizzazione suprema dell'incondizionata fedeltà con cui Dio ama il suo popolo, così i coniugi
cristiani sono chiamati a partecipare realmente all'indissolubilità
irrevocabile, che lega Cristo alla Chiesa sua sposa, da Lui amata
sino alla fine (cfr. Gc 13,1).
Il dono del sacramento è nello stesso tempo vocazione e comandamento per gli sposi cristiani, perché rimangano tra loro fedeli per sempre, al di là di ogni prova e difficoltà, in generosa obbedienza alla santa volontà del Signore: «Quello che Dio ha
congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt 19,6).
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Per finire: il Dono di Nozze da parte di Dio
La creatura che hai al fianco è mia. Io l'ho creata. Io le ho voluto bene
da sempre, prima di te e più di te. Per lei non ho esitato a dare la mia vita.
Te la affido. La prendi dalle mie mani e ne diventi responsabile.
Quando l'hai incontrata l'hai trovata amabile e bella. Sono le mie mani
che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo in lei tenerezza ed amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità, la sua
intelligenza e tutte le qualità che hai trovato in lei.
Ma non puoi limitarti a godere del suo fascino. Devi impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ha bisogno di serenità e di gioia,
di affetto e di tenerezza, di piacere e di divertimento, di accoglienza e di
dialogo, di rapporti umani, di soddisfazione nel lavoro, e di tante altre cose.
Ma ricorda che ha bisogno soprattutto di Me. Sono Io, e non tu, il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita. Aiutala ad incontrarmi nella preghiera, nella Parola, nel perdono, nella speranza.
Abbi fiducia in Me. La ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai
cominciato ad amarla da qualche anno, da quando vi siete innamorati. Sono
Io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei. Era il modo più bello per dirti "Ecco te l'affido.
Gioisci della sua bellezza e delle sue qualità". Con le parole "Prometto
di esserti fedele, di amarti e rispettarti per tutta la vita", è come se mi rispondessi che sei felice di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di
lei.
Da quel momento siamo in due ad amarla. Anzi Io ti rendo capace di
amarla "da Dio", regalandoti un supplemento di amore che trasforma il tuo
amore di creatura e lo rende simile al mio.
E' il mio dono di nozze: la grazia del sacramento del matrimonio. Io sarò sempre con voi e farò di voi gli strumenti del mio amore e della mia tenerezza: continuerò ad amarvi attraverso i vostri gesti d'amore.
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