ABSTRACT This work is a collection of the information currently available regarding sharks. The first chapters are dedicated to the anatomy and physiology sharks, starting from the external morphology, to the physiology of different apparatuses. Then, the explanation of ethological aspects is treated, with particular details dedicated to the White Shark (Carcharodon carcharias), Whale Shark (Rhincodon typus), and Sphyrna lewini, one of the nine species of hammerhead shark. A section of the work is dedicated to the safeguard of sharks and the relations between sharks and men, with reference to the exploitation that sharks undergo by men and the importance of sharks for the marine ecosystem. The last chapters are dedicated to the medical and veterinary aspects and explain the aspects regarding the diagnosis and therapy from the physical exams to the withdrawal of samples, the methodology of administration of medicines, the types and dosages of medicines that can be used, and the methods to carry out anaesthesia and immobilization. INDICE INTRODUZIONE pag. 1 1. CLASSIFICAZIONE pag. 2 2. EVOLUZIONE pag. 4 3. ANATOMIA pag. 5 3.1 Morfologia Esterna pag. 5 3.1.1 Pinne pag. 5 3.1.2 Occhi pag. 8 3.1.3 Fessure Branchiali pag. 9 3.1.4 Pelle pag. 9 3.2 Scheletro 3.2.1 Denti 4. FISIOLOGIA pag. 11 pag. 12 pag. 15 4.1 Respirazione pag. 15 4.2 Digestione pag. 18 4.3 Movimento pag. 21 4.3.1 Galleggiamento pag. 21 4.3.2 Propulsione pag. 21 4.4 Apparato Circolatorio pag. 22 4.5 Termoregolazione pag. 22 4.6 Osmoregolazione pag. 24 4.7 Sensi pag. 25 4.7.1 Udito pag. 25 4.7.2 Vista pag. 27 4.7.3 Tatto pag. 28 4.7.4 Gusto pag. 28 I 4.7.5 Olfatto pag. 29 4.7.6 Sensibilità Elettromagnetica pag. 30 4.8 Riproduzione pag. 31 5 COMPORTAMENTO pag. 35 5.1 Comportamento pag. 35 5.1.1 Squalo Bianco pag. 37 5.1.2 Squalo Balena pag. 43 5.1.3 Sphyrna lewini pag. 48 5.2 Squalo e Uomo pag. 53 5.3 Conservazione pag. 54 6 Diagnosi e Terapia pag. 62 6.1 Esame Fisico pag. 62 6.2 Prelievo di Campioni pag. 63 6.2.1 Campioni Cutanei pag. 63 6.2.2 Campioni Ematici pag. 63 6.2.3 Tamponi Colturali pag. 64 6.3 Somministrazione di Farmaci pag. 64 6.3.1 Applicazione Topica pag. 64 6.3.2 Somministrazione per Via Orale pag. 65 6.3.3 Somministrazione per Via Parenterale pag. 65 6.4 Farmaci e Dosaggi pag. 67 6.4.1 Reintegrazione di Fluidi ed Elettroliti pag. 67 6.4.2 Terapia Antibiotica pag. 67 6.4.3 Farmaci Antinfiammatori pag. 68 6.4.4 Farmaci Anti Trematodi pag. 69 6.4.5 Farmaci Anti Nematodi e Anti Cestodi pag. 70 6.4.6 Terapia Anti Crostacei pag. 70 6.4.7 Terapia Ormonale pag. 71 II 6.5 Anestesia e Immobilizzazione pag. 72 6.5.1 Respirazione pag. 72 6.5.2 Preparazione all’Anestesia pag. 73 6.5.3 Anestesia per Immersione pag. 73 6.5.4 Anestesia Parenterale pag. 74 7 CONCLUSIONI pag. 76 Bibliografia pag. 78 Ringraziamenti pag. 80 III INTRODUZIONE Spesso, purtroppo, accade che quando una cosa non ci è del tutto famigliare finisce con l’incuterci timore. Spesso ci lasciamo condizionare da storie narrate, leggende e falsi preconcetti. Questo timore molte volte arriva ad essere talmente forte da impedirci addirittura di spingerci al di là dei pregiudizi per appurare di persona la realtà delle cose. Il più delle volte a causa di questo blocco psicologico finiamo col perdere l’occasione di scoprire l’immenso valore dell’oggetto dei nostri timori. Questo è quello che succede con gli squali. Nella mente della maggior parte delle persone, al solo sentir nominare la parola “Squalo”, si vengono a formare immagini sanguinose e terribili popolate da un mostro spietato e dalle fauci disseminate di denti aguzzi. Molti film e, purtroppo, anche molti documentari e programmi televisivi non fanno altro che alimentare queste immagini. La realtà, però, si discosta molto dall’immaginario popolare. Sono fermamente convinta che la conoscenza porti al rispetto. Per questo motivo mi propongo, tramite questo lavoro, di contribuire a far conoscere lo squalo per l’animale prezioso qual è, senza sensazionalismi o veli di terrore e mistero ma solo mostrando la realtà delle cose, l’impegno delle tante persone che apprezzano questo meraviglioso animale e i pericoli a cui esso deve far fronte per poter continuare ad esistere e, di conseguenza, permettere ai nostri mari di esistere. Squalo Tigre (Galeocerdo cuvier) 1 1. CLASSIFICAZIONE Phylum: CHORDATA Subphylum: VERTEBRATA Classe: CHONDRICHTHYES Subclasse: ELASMOBRANCHII Superordine: SELACHIMORPHA (PLEROTREMATA) Corpo piatto simile a razza Squatiniformi Squatinidae Pinna anale assente Muso allungato Pristiophoriformi Pristiophoridae Muso non allungato Squaliformi Echinorhinidae Squalidae Corpo non piatto Oxynotidae Una pinna dorsale, 6 o 7 branchie Hexanchiformi Chlamydoselachidae Hexanchidae Palpebra presente Carcharhiniformi Scyliorhinidae Proscylliidae Pseudotriakidae Leptochariidae Triakidae Hemigaleidae Carcharhinidae Bocca dietro agli occhi Sphyrnidae Palpebra assente Pinna anale presente Lamniformi Odontaspididae Pseudocarchariidae Mitsukurinidae Megachasmidae Alopiidae Cetorhinidae 5 branchie e 2 pinne dorsali, assenza di spina sulla pinna dorsale Lamnidae Bocca davanti agli occhi Orectolobiformi Parascyllidae Brachaeluridae Orectolobidae Hemiscylliidae Ginglymostomatidae Stegostomatidae Rhincodontidae Presenza di spina sulla pinna dorsale Heterodontiformi Heterodontidae (www.darissimo.com) 2 I Condritti (Dal greco chondròs, cartilagine, ichthis, pesce) costituiscono una classe di vertebrati acquatici, di origine marina e ancor oggi nella stragrande maggioranza viventi nel mare, la cui principale caratteristica è quella di avere uno scheletro cartilagineo. Per questo motivo sono noti con il nome di “Pesci Cartilaginei”.I Condritti si suddividono in due grandi sottoclassi: gli Elasmobranchi che comprendono 356 specie, e gli Olocéfali o Chimere, che invece ne comprendono solo 35.Sulla base di approfondite analisi basate soprattutto su caratteri morfologici , gli Elasmobranchi sono stati suddivisi in sei grandi Superordini, quattro dei quali comprendono quelli che comunemente vengono ritenuti “squali”, mentre i restanti comprendono i Batoidi e le Torpédini. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 3 2. EVOLUZIONE La principale caratteristica dei Condritti, cioè quella di avere lo scheletro formato da cartilagine, è anche la principale responsabile del velo di mistero che ancora oggi ammanta gran parte della storia evolutiva di questi pesci. A eccezione infatti di pochissimi fossili, che per circostanze particolarmente fortuite si sono preservati interi, tutto quello che ci è rimasto degli antenati di squali e razze consiste unicamente nelle poche parti veramente dure della loro anatomia: denti, squame placoidi, spine e qualche vertebra ben calcificata; mentre il loro scheletro di cartilagine non ha retto all’azione del tempo. I primi veri progenitori degli attuali Condritti avrebbero fatto la loro comparsa poco meno di 430 milioni di anni fa, all’inizio del Devoniano. I Condritti di allora erano ben lontani dall’occupare il loro ruolo attuale di grandi predatori del mare. Si trattava, al contrario, di pesci di modeste dimensioni, che costituivano le prede dei grandi pesci dominatori dei mari del tempo. Le forme moderne degli Elasmobranchi cominciarono ad apparire tra i periodi Giurassico e Cretacico. La costanza morfologica dimostrata dagli Elasmobranchi nel corso degli ultimi cento milioni di anni, è indice di straordinaria stabilità evolutiva che, tuttavia, non va intesa come segno di primitività. Il processo della selezione naturale aveva, evidentemente, ben poco da aggiungere o da modificare al “progetto” che aveva già perfettamente azzeccato fin dall’inizio, e che è sopravvissuto indenne ai grandi cambiamenti che hanno spazzato via i dinosauri dalla terraferma e innumerevoli altre specie dal mare. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 4 3. ANATOMIA 3.1 Morfologia Esterna reg. caudale reg. addominale reg. craniale La forma del corpo di uno squalo tipico è affusolata e idrodinamica. Il capo, con il muso allungato, appuntito o moderatamente ottuso, favorisce l’avanzamento nell’acqua. L’intera parte inferiore del corpo, che in tutte le specie è più appiattita della parte dorsale, contribuisce alla spinta verso l’alto. Il corpo viene suddiviso, come in tutti i pesci, in tre regioni: - regione cefalica: anteriormente alle branchie - regione addominale: caudalmente ad essa, dalle aperture branchiali, fino agli sbocchi dell’intestino e dell’apparato urogenitale; - regione codale: dietro gli sbocchi dell’intestino e dell’apparato urogenitale. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 3.1.1 Pinne Gli squali usano le pinne per girare, regolare l’assetto, per stabilizzarsi e per la propulsione. Ogni pinna ha una funzione diversa. Sul dorso sono presenti una o due pinne impari: di solito la prima pinna dorsale è molto grande, grossomodo triangolare-trapezoidale, mentre la seconda è più piccola, molto ridotta o assente. Queste due pinne possono avere, o meno, una spina all’origine che, quando presente, ha un ruolo difensivo e può anche avere una ghiandola cutanea annessa che produce una sostanza irritante. 5 PINNA DORSALE NON SPINATA apice membrana margine anteriore margine posteriore punta terminale libera origine base inserzione PINNA DORSALE SPINATA membrana apice margine anteriore margine posteriore spina base origine punta terminale libera margine inserzione interno Sul dorso, in alcune specie, è presente una cresta mediana atta ad aumentare idrodinamicità e velocità. Le pinne pettorali, triangolari o falcate, inserite quasi orizzontalmente, sono rigide e non possono essere ripiegate; contribuiscono a sostenere il peso del corpo nell’acqua; insieme alle pinne dorsali hanno anche una funzione di stabilizzazione antirollio e antibeccheggio. Poiché da esse dipende gran parte della portanza dello squalo, sono ampie e allungate nelle specie che nuotano a mezz’acqua(a), mentre sono piccole e corte nelle specie che vivono a contatto con il fondo (b). 6 (a) Squalo Pinna Bianca Oceanico (Carcharhinus longimanus) (b) Squalo Nutrice (Ginglymostoma cirratum) Analoga funzione hanno le pinne pelviche, di forma più o meno trapezoidale. Nei maschi la parte mediale è modificata a formare gli pterigopodi che sono organi copulatori utilizzati per fecondare la femmina. ♂ adulto ♀ ♂ immaturo cloaca pinne pelviche pterigopodi La pinna anale, situata spesso in corrispondenza della seconda pinna dorsale, ha anch’essa funzione stabilizzatrice e, come la seconda dorsale, in alcune specie è assente. La pinna caudale fornisce la spinta propulsiva. Solitamente è asimmetrica e il lobo superiore è più sviluppato di quello inferiore. Tuttavia negli squali bentonici il lobo inferiore è molto ridotto o assente. In alcune specie grandi nuotatrici, inoltre, i due lobi possono essere pressoché identici cosicché la coda assume una forma lunata. 7 a) Lamnide: nuotatore veloce b) Squalidae: nuotatore meno attivo c) Dalatiidae: nuotatore meno attivo d) Alopidae: nuotatore veloce con la coda utilizzata per stordire la preda e) Squatinidae: abitante del fondo f) Carcharhinidae: nuotatore veloce g) Triakidae: lento h) Scyliorhinidae: lento/abitante del fondo i) Chlamydoselachidae: lento/abitante del fondo Il peduncolo caudale può essere fornito di robuste carene laterali e di fossette precaudali, superiore e inferiore, che aumentano l’idrodinamicità e la velocità. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 3.1.2 Occhi Gli occhi sono situati ai lati del capo e possono avere pupilla tonda o ellittica, orizzontale o verticale. Le dimensioni variano da specie a specie a seconda della profondità (e quindi della quantità di luce) a cui nuota lo squalo solitamente. Possono essere, ad esempio, molto grandi in alcune specie di profondità o molto piccoli in quegli squali che nuotano in acque più superficiali. Spesso è presente una terza palpebra, la membrana nittitante, talvolta molto robusta, la quale può coprire tutto l’occhio e ha probabilmente funzione protettiva nelle situazioni di pericolo. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) Membrana nittitante di uno Squalo Tigre (Galeocerdo cuvier) 8 3.1.3 Fessure Branchiali Le fessure branchiali non sono coperte da alcun opercolo. Si aprono ai lati del capo, cranialmente o poco sopra l’inserzione delle pinne pettorali. Sono, in genere, in numero di 5-7. Nella maggior parte delle specie, anteriormente alle fessure branchiali, si apre lo spiracolo che è un’apertura tondeggiante che fa entrare l’acqua e la convoglia verso l’apparato respiratorio. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 3.1.4 Pelle La pelle degli squali è pigmentata nei colori nero, blu, verde, grigio, marrone, beige, bianco, con funzione mimetica. Il tipico squalo pelagico (Verdesca), ha il dorso blu scuro e il ventre bianco; le specie bentoniche (Gattuccio, Spinarolo), presentano varie sfumature di grigio e marrone che talvolta riproducono i disegni del fondo. 9 Squalo Azzurro o Verdesca (Prionace glauca) Spinarolo (Squalus acanthias) Gattuccio (Scyliorhinus canicula) La pelle è rivestita di scaglie placoidi, o denticoli cutanei, che, come i denti, sono formati da tre tessuti (polpa, dentina e smalto) e strutturati in tre parti: piastra basale o radice, sotto l’epidermide; colletto, che esce dalla pelle; corona, allargata sopra il colletto. La porzione di corona che si espande dal colletto è chiamata anche lama. Nella maggior parte dei casi la corona possiede creste e carene a forma di U rovesciata. 10 SQUAMA PLACOIDE smalto dentina polpa colletto corona epidermide piastra basale derma Nelle diverse parti del corpo il disegno, la disposizione e la dimensione delle creste cambiano. Ogni specie di squalo ha denticoli cutanei diversi, inoltre, più uno squalo è veloce, più i denticoli sono piccoli. I denticoli hanno più funzioni: costituiscono una barriera contro l’ambiente esterno, scoraggiando o impedendo l’attacco di molti grossi parassiti esterni, sono idrodinamicamente efficienti nel ridurre l’attrito, dirigendo l’acqua lungo il corpo durante il nuoto in un flusso laminare privo di turbolenze e fungono da “silenziatore” per facilitare l’inseguimento della preda. Le squame placoidi cadono continuamente durante la vita dello squalo e vengono rimpiazzate da squame di nuova crescita. Dato che il maschio può trattenere la femmina con i denti durante l’accoppiamento e infliggerle spesso seri morsi, la pelle delle femmine è spesso molto più spessa di quella dei maschi. Questo fenomeno è particolarmente evidente nella Verdesca. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 3.2 Scheletro Una delle più importanti caratteristiche dello scheletro degli Elasmobranchi è quella di essere fatto non di osso ma di cartilagine. Lo scheletro cartilagineo è più flessibile e più “leggero” dello scheletro osseo e garantisce agli Elasmobranchi una considerevole libertà di movimento, oltre a porre meno problemi per il galleggiamento. Il cranio è associato a parti osee che sostengono le branchie, una lunga colonna vertebrale che va dal cranio alla coda, formata da una fila di vertebre a forma di clessidra, e le mascelle. La mascella superiore (o palatoquadrato) non è saldata al cranio, ma è unita ad esso da legamenti che le consentono di essere protratta per addentare la preda. 11 La mancanza di connessioni tra molte di queste strutture rendono gli squali incredibilmente flessibili. Molte specie sono in grado di girare rapidamente in un cerchio molto stretto. Ironicamente è la struttura dello scheletro dello squalo, che lo rende uno degli animali più avanzati ed efficienti dell’oceano, che ora pone una delle più grandi minacce alla sua futura sopravvivenza. Molte membrane delle pinne sono supportate e rese rigide da lunghe e sottili fibre di collagene dette ceratotrichi. Queste lunghe fibre sono il più importante ingrediente della zuppa di pinne. Lo scheletro degli squali più grandi e vecchi, comunque, può essere in parte calcificato anche più delle ossa. (Compagno L. et al., 2005) 3.2.1 Denti Esempio di denti di squalo disposti in varie serie I denti degli squali in genere sono compressi, triangolari, con una o più cuspidi e margini taglienti, lisci o seghettati. Privi di radice, non sono inseriti in alveoli nelle mascelle, ma semplicemente infissi nel tessuto connettivo della gengiva (dentatura liodonte). Sono disposti in varie serie (4-6), la prima e al massimo la seconda delle quali è funzionante, mentre le successive sono in crescita. Il processo di formazione è continuo durante la vita: i denti crescono e si spostano cranialmente, spuntano e diventano funzionali per un po’ di tempo, poi, via via che si usurano o si spezzano, cadono e sono rimpiazzati da quelli delle file successive. Una fila può essere sostituita in 2-3 settimane; ogni dente può durare circa un anno. Alcune specie, specializzate nella cattura di prede protette da un duro guscio calcareo, hanno sviluppato robuste e caratteristiche placche dentarie. (Compagno L. et al., 2005) 12 Zagrina (Dalatias licha) Squalo Testa di Toro (Heterodontidae) Squalo Capopiatto (Hexancus griseus) Squalo Toro (Odontaspis taurus) 13 Spesso nel mezzo delle due arcate dentarie è presente il “dente sinfisario” (A) (Rezzolla D., 2006) 14 4. FISIOLOGIA Gli Elasmobranchi sono animali altamente evoluti e specializzati. Purtroppo l’ignoranza di molte delle loro caratteristiche vitali, unita all’innato bisogno umano di fornire spiegazioni fantasiose in mancanza di conoscenze sicure, ha circondato gli Elasmobranchi di una congerie di luoghi comuni, leggende e miti, che hanno contribuito a diffondere l’idea di animali rozzi, primitivi, perfidi, insaziabili, condannati a nuotare perennemente. Ben diversa è la realtà. 4.1 Respirazione Gli Elasmobranchi hanno più fessure branchiali, solitamente cinque, salvo qualche specie primitiva che ne ha sei o addirittura sette. A differenza degli altri pesci queste branchie, prive di una membrana di protezione, sono nude e soprattutto sono mobili per permettere all’animale di contrarle o dilatarle a seconda delle necessità. Squalo Grigio (Carcharhinus amblyrhynchos) All’interno di ogni tasca branchiale è ospitata una branchia composta da tessuto epiteliale riccamente vascolarizzato. Ciascuna branchia è formata da due emibranchie, una pre e una post-trematica, composte da filamenti branchiali (o lamelle primarie) a loro volta fittamente ricoperte da lamelle secondarie. Le emibranchie, assieme al setto interbranchiale, formano una olobranchia. In alcune specie di Squalo, come ad esempio nello Squalo Elefante (Cetorhinus maximus), alcune strutture dette branchiospine proteggono le branchie filtrando l’acqua e impedendo il passaggio di materiale introdotto con l’acqua verso le lamelle branchiali. (Fazzini U., 2004/05) 15 a. efferente archi arco branchiale a. afferente archi lamelle branchiali a. efferente filamento a. afferente filamento archi branchiali filamenti branchiali Dai capillari branchiali si formano le arterie afferenti ed efferenti che si riuniscono, ciascuna, in una radice aortica. Ogni radice aortica da luogo all’aorta dorsale, passante dorsalmente al canale alimentare, da cui nascono le arterie che irrorano i diversi organi. Nuotando l’acqua entra in bocca ed esce dalle branchie apportando l’ossigeno vitale al sangue che le irrora. Questo sistema di respirazione è il più comune ed è tipico degli squali pelagici o d’alto mare. E’ un sistema apparentemente scomodo, ma ha il vantaggio di sfruttare il dispendio energetico della nuotata due volte: per spostarsi e per respirare. Alcuni squali filtratori, come lo Squalo Balena, ammortizzano lo sforzo contemporaneamente viaggiando, respirando e aspirando addirittura eventuali prede. (Rezzolla D., 2006) 16 Esempio schematico di respirazione attraverso le branchie in uno Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) Gli squali bentonici, come la Squatina nebulosa, che rimangono fermi sul fondo anche per lunghi periodi, utilizzano lo spiracolo per aspirare l’acqua e spingerla forzatamente attraverso le branchie. Lo spiracolo è un piccolo foro posto dietro l’occhio, la cui apertura e chiusura è dovuta all’azione di un muscolo involontario. La sua origine si ha dalla trasformazione di una fessura branchiale posta tra la mascella e l’arco ioideo della mandibola. Lo spiracolo è presente anche negli squali pelagici, sebbene abbia dimensioni minime e non sembri avere alcuna funzione, soprattutto in proporzione alla massa degli animali in cui è presente. Si pensa sia un residuo di una comune evoluzione. Dall’analisi anatomica di alcuni esemplari, soprattutto pelagici, lo spiracolo non risulta visibile. Si suppone che questa apertura possa perdere il contatto con l’esterno chiudendosi con un lembo di tessuto. Questo spiegherebbe il motivo per cui in numerose specie di squalo lo spiracolo sia chiaramente visibile, mentre in altre sia assente l’apertura con l’esterno, ma probabilmente presente la modificazione anatomica interna a livello mascellare. L’utilizzo dello spiracolo risulta particolarmente utile in quegli squali la cui bocca si trova spesso a stretto contatto con il fondale. In questo modo si evita l’entrata di sedimenti e detriti. (Angelozzi M., 2007) 17 4.2 Digestione Lo stomaco degli squali è di tipo sifonale. Ha cioè una parte iniziale discendente, che comprende la regione cardiale e il corpo, e una parte ascendente rappresentata dalla regione pilorica. Il succo gastrico è prodotto solamente dalla regione cecale ed è formato da muco e una secrezione contenente pepsinogeno e acido cloridrico. La pepsina è simile a quella dei vertebrati superiori. Il pH ottimale è di 2-3 e la temperatura ottimale è di 30°-40°C. Le amilasi e le lipasi che a volte si possono trovare nello stomaco sono date da reflussi intestinali. La digestione globale, gastrica e intestinale, è molto lenta. La durata va dai 2 ai 6 giorni. (Fazzini U., 2004/05) esofago regione pilorica regione cardiale Rappresentazione di uno stomaco sifonale Lo stomaco termina in una costrizione nota come piloro, che conduce al duodeno e all’intestino. 18 Autopsia di uno squalo con in evidenza il grande fegato tipico degli Elasmobranchi Una caratteristica anatomica degli Elasmobranchi è quella di avere un intestino particolarmente corto, qualora se ne consideri la lunghezza esterna. Tuttavia la lunghezza esterna non è indice di una limitata capacità di assorbimento, poiché la superficie interna dell’intestino è comunque aumentata, seppure secondo modelli diversi da quelli adottati da altri vertebrati, ma altrettanto efficaci, o forse più. L’intestino, infatti, può essere costituito da un lembo fittamente arrotolato su se stesso, oppure può ospitare la cosiddetta valvola spirale nella quale i prodotti della digestione percorrono una sorta di lunga scala a chiocciola. Quest’organo sbocca nel retto e nell'ano, che, a sua volta, sbocca nella cloaca. La cloaca è la camera dove i tratti digestivo, urinario e genitale si aprono verso l'esterno. Rappresentazione dei vari tipi di valvola spirale 19 La maggior parte degli Elasmobranchi si ciba soprattutto di altri pesci e, in minor misura, di invertebrati quali molluschi e crostacei. Solo poche specie sembrano specializzate nell’alimentarsi di mammiferi; altre sono planctofaghe. Tra queste ultime si annoverano le specie di Elasmobranchi che, al pari di molti Cetacei, hanno raggiunto le massime dimensioni corporee: lo Squalo Balena, il Cetorino e la Manta. Tutte queste specie hanno sviluppato apposite strutture nella cavità faringea, tra la bocca e le lamelle branchiali, atte a filtrare gli organismi zooplanctonici presenti nell’acqua ingerita. (Compagno L. et al., 2005) Autopsia di uno squalo in cui si può notare in particolare l’intestino con la valvola spirale 20 4.3 Movimento 4.3.1 Galleggiamento Gli Elasmobranchi, a differenza dei pesci ossei, non sono dotati di vescica natatoria. Per favorire il galleggiamento lo squalo, oltre ad avere uno scheletro cartilagineo e quindi più leggero ed elastico di quello osseo, è dotato di un fegato di enormi dimensioni (circa il 25% dell’intero peso corporeo) ricco di olii a basso peso specifico (tra cui lo squalene). A queste due caratteristiche va poi aggiunta la minor densità dei tessuti corporei. Tutti questi espedienti permettono allo squalo di avere una minore portanza e quindi un minor dispendio di energia per il galleggiamento nell’acqua. Rimane . comunque essenziale che lo squalo continui a nuotare per non affondare (Angelozzi M., S.d.) (Compagno L. et al., 2005) (Shadwick R., 2006) 4.3.2 Propulsione Le fibre muscolari degli squali sono caratterizzate da segmenti a zig-zag. La propulsione viene prodotta quando queste fibre si contraggono prima su un lato del corpo e poi sull’altro, usando come punto d’ancoraggio e trazione la colonna vertebrale. Questo meccanismo produce una serie di ondulazioni che percorrono il corpo dell’animale in direzione della coda. In prossimità della coda l’ampiezza di queste ondulazioni raggiunge l’apice, di conseguenza tale sezione del corpo risulta essere appiattita allo scopo di ridurre l’attrito nel movimento laterale ed aumentare la potenza sui lobi della coda. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) Sequenze di nuoto di un gattuccio (Scyliorhinidae) in visione ventrale 21 4.4 Apparato Circolatorio Al contrario dei mammiferi, in cui la circolazione del sangue è doppia (cuorepolmoni e cuore-corpo), nei Condritti la circolazione sanguigna è di tipo semplice: il sangue scorre dal cuore alle branchie e quindi ai tessuti corporei. Il sangue refluo da tutti gli organi si riunisce poi in un seno venoso che sbocca in un atrio cardiaco. Il cuore degli squali è una struttura tubolare costituita da due camere situata caudalmente alle branchie, ventralmente al canale alimentare sul piano mediano. L’atrio si trova ventralmente al ventricolo dal quale riceve il sangue venoso attraverso il “foramen”. Il sangue viene poi spinto attraverso un cono arterioso provvisto di una serie di valvole, generalmente sei, ognuna formata da tre lembi. Le pareti del pericardio sono rigide e creano un’aspirazione che permette di mantenere il flusso sanguigno. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) Rappresentazione schematica del cuore di uno squalo 4.5 Termoregolazione Gli squali sono generalmente in grado di resistere agli improvvisi cambi di temperatura e molte delle specie più grandi tendono ad evitare temperature superiori ai 29°C. In alcuni squali è stata notata una cessazione dell’alimentazione a temperature inferiori ai 20°C. (Casterling M. et al, 1979) Quasi tutti gli squali sono eterotermi, ossia pesci a sangue freddo. 22 Al contrario gli squali appartenenti all’ordine Lamniformes, come lo Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) o lo Squalo Mako (Isurus oxyrinchus) presentano endotermia regionale che gli permette di mantenere una temperatura corporea più alta rispetto a quella dell’acqua circostante. Questo è possibile grazie alla presenza di una fascia di muscoli rossi particolarmente sviluppati situati, anziché in posizione superficiale come nella maggior parte degli altri squali, in posizione profonda, in prossimità della colonna vertebrale. Questi muscoli sono connessi strettamente a una fitta rete di capillari detta “Rete Mirabile” che permette il trasferimento del calore dal sangue venoso, scaldato dal movimento continuo dei muscoli rossi durante il nuoto di crociera, al sangue arterioso più freddo che fluisce nella regione muscolare. Grazie all’endotermia regionale lo Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) riesce ad avere una temperatura corporea di 4-5°C superiore a quella dell’acqua, temperatura che sale a 13-14°C a livello dello stomaco e che permette quindi la digestione e la rapida assimilazione dei nutrienti. Un altro beneficio rappresentato da questo sistema è la possibilità di essere in parte svincolati dai cambiamenti di temperatura dell’acqua e dalla necessità di mantenersi a livello degli strati d’acqua con temperatura più favorevole. Non meno importante è la capacità, grazie alla maggior energia generata dal calore, di sprigionare una maggior potenza muscolare e di conseguenza mantenere un nuoto sostenuto più a lungo e una velocità di crociera più elevata. (Gabriotti V., 2005) (Shadwick R., 2006) Rappresentazione schematica della rete mirabile 23 Rappresentazione della distribuzione del calore all’interno del corpo di uno squalo 4.6 Osmoregolazione Tutti gli organismi marini devono far fronte al fatto di essere perennemente immersi in acqua salata che attinge acqua dal corpo, attraverso la pelle e le branchie, e la libera in mare. I pesci ossei risolvono il problema bevendo tantissima acqua di mare e secernendo i sali in eccesso attraverso le branchie e l’intestino. Anche gli squali espellono i sali in eccesso come fanno i pesci ossei, tuttavia adottano una strategia completamente opposta. Essi mantengono elevate concentrazioni di sali o residui di sostanze chimiche nel loro corpo. In questo modo cambiano la direzione in cui l’acqua tende ad andare per osmolarità. Non più dal corpo al mare, quindi, ma dal mare ai fluidi corporei, più concentrati, dell’animale. Uno dei più importanti elementi chimici utilizzati per questo scopo dagli squali è l’urea. Questo fa si che molti squali siano confinati in ambiente pienamente marino e non siano capaci di adattarsi ad ambienti con una salinità più bassa. Esistono squali, come il Carcharhinus leucas, che nuotano liberamente dal mare agli estuari, ai fiumi e ai laghi. Questi animali devono far fronte alla grossa quantità di acqua che entra nel loro corpo durante questo passaggio. Per poter far questo essi cambiano completamente la funzionalità dei loro reni che riversano così in acqua una grande quantità di urea, e cambiano la direzione del movimento dei sali attraverso le branchie assorbendone o secernendone nell’ambiente a seconda delle necessità. (Compagno L. et al., 2005) 24 Carcharhinus leucas 4.7 Sensi Gli squali sono predatori estremamente evoluti, con un cervello relativamente grande, paragonabile, in dimensione e complessità, a quello degli uccelli e dei mammiferi. Tuttavia le dimensioni cerebrali non sono le stesse in tutti gli squali. Il cervello più grande e complesso è quello dello squalo martello. Si è riusciti a identificare tutte le varie parti del cervello deputate al controllo dei muscoli, all’apprendimento, alla memoria, e a tutti i vari sensi utilizzati dagli squali; tuttavia non si è ancora riusciti a capire la funzione di tutte le parti che lo compongono. 4.7.1 Udito Gli squali, a differenza degli altri pesci, posseggono solamente i labirinti associati all’orecchio interno. Non posseggono altri organi accessori per la ricezione dei suoni come la vescica natatoria e le connessioni ossee tra questa e i labirinti. Ogni labirinto include un canale anteriore verticale, un canale posteriore verticale e un canale orizzontale. Questi tre canali membranosi semicircolari sono pieni di un fluido detto fluido endolinfatico. Oltre ai canali il labirinto contiene anche tre camere, anch’esse ripiene di fluido endolinfatico, l’utricolo e il sacculo. Due camere sono relativamente larghe, la terza camera, detta lagena, è più piccola ed è formata da una dilatazione della porzione terminale del sacculo. All’interno di 25 ogni camera è presente un epitelio sensoriale detto macula contenente cellule ciliate deputate alla captazione dei suoni. Oltre alle cellule ciliate nella macula sono presenti gli otoconi. Gli otoconi sono piccole concrezioni calcaree tenute insieme da una matrice extracellulare. Tale massa nella sua totalità, denominata strato otoconiale, è un importante organo d’equilibrio e di percezione degli stimoli gravitazionali. Quando la testa dello squalo si muove, infatti, lo strato otoconiale rimane indietro per via dell’inerzia ad essa associata. Questo provoca uno sforzo nella matrice extracellulare che viene percepito dalle cellule ciliate presenti nella zona sottostante. In definitiva le tre camere sopra descritte sono coinvolte sia nell’equilibrio che nella captazione dei suoni. Altra caratteristica importante del sacculo è che questo, nella sua porzione apicale, si restringe a formare il dotto endolinfatico che termina in un piccolo poro sulla superficie esterna. Questo poro, detto poro endolinfatico e ripieno anch’esso di fluido endolinfatico, è una comunicazione diretta tra l’ambiente marino e le strutture associate all’orecchio interno. Negli squali è presente inoltre la macula neglecta. Questa struttura non è presente negli altri pesci. Non contiene otoconi ma solo cellule ciliate. Questo porta a ipotizzare che la macula neglecta sia una struttura importante per la ricezione dei suoni ma non per l’equilibrio o la ricezione degli stimoli gravitazionali. Le particelle d’acqua colpite dall’onda sonora acquistano velocità, accelerazione e si spostano. Questo fenomeno si chiama “particle displacement”. Gli squali sono in grado di percepire il “particle displacement” associato al suono. Questo gli da informazioni sulla direzione della fonte del suono e probabilmente anche sulla sua distanza. Le forme e le dimensioni delle strutture preposte alla percezione dei suoni, variano a seconda della specie di squalo. Si pensa esista una correlazione diretta tra la forma e la posizione della macula neglecta negli squali e il tipo di strategia alimentare. Nelle specie pelagiche, primariamente piscivore, ad esempio, il dotto del canale posteriore è più grande e posto in prossimità della finestra ovale (un’apertura membranosa posta alla base della fossa parietale) e il sacculo e l’utricolo, con le macule ad essi associate, risultano essere più grandi. Nelle specie bentoniche, invece, il dotto del canale posteriore è più distante dalla finestra ovale. Attraverso una serie di esperimenti si è riusciti a ottenere un audiogramma. Il range udibile nell’uomo va dai 16 ai 20 kHz. Nello squalo nutrice questo range va più o meno dai 100 Hz a 1kHz. Questo significa che gli squali sono in grado di udire suoni a bassa frequenza, soprattutto tra i 200 Hz e i 600 Hz. Tali frequenze si è visto essere le stesse emesse dai pesci in difficoltà. Tuttavia non si è ancora certi delle distanze massime alle quali i suoni possano essere percepiti dagli squali. (Dell'Apa A., 2007) 26 Rappresentazione schematica dell’orecchio interno 4.7.2 Vista Gli occhi degli squali sono molto sofisticati e simili a quelli dei mammiferi. In particolare quelli dei grandi predatori come lo Squalo Bianco. La pupilla si può contrarre o dilatare a seconda della quantità di luce. Dietro alla pupilla si trova il cristallino che proietta l’immagine sulla retina. Come nei mammiferi la retina contiene strutture dette coni, per una buona visione (in alcune specie è presente anche la visione dei colori), e bastoncelli, per una maggiore sensibilità in caso di luce scarsa. In molti squali, dietro la retina, sono presenti delle placche riflettenti, il tapetum lucidum, in grado di amplificare la luce e permettere la vista anche di notte. Tuttavia, in condizioni di forte luce, il tapetum lucidum viene oscurato da uno strato di pigmenti per impedire l’abbagliamento della retina con danni anche irreversibili. (Compagno L. et al., 2005) Rappresentazione schematica dell’occhio 27 Tapetum Lucidum 4.7.3 Tatto L’organo della linea laterale è caratteristico di tutti i pesci. Si tratta di una serie di canalini posti lungo i fianchi dello squalo, che contengono cellule sensoriali in grado di percepire ogni minimo movimento dell’acqua intorno al corpo. Questo permette allo squalo di riconoscere intorno a sé il movimento delle onde, di oggetti, nonché di altri animali in avvicinamento o in allontanamento. Oltre alla linea laterale sono presenti i neuromasti. Questi sono organi sensoriali, veri e propri meccano recettori, distribuiti lungo i fianchi degli Elasmobranchi, in grado di percepire i movimenti dell’acqua. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) Rappresentazione schematica delle strutture deputate al tatto 4.7.4 Gusto Sulla superficie della pelle, in bocca e nella faringe degli Elasmobranchi sono presenti papille gustative simili alle nostre che assicurano il senso del gusto. 28 Gli squali prima di addentare la preda spesso la sfiorano con il muso o danno dei colpetti, questo permette loro di “pregustarla”. La degustazione della preda prosegue dopo il morso e spesso, se il sapore non è gradito, il boccone viene sputato. Questo succede spesso durante le aggressioni agli umani. In genere lo squalo dopo aver “assaggiato” l’uomo, lo lascia andare, proprio perché si accorge che questo non fa parte del suo menù abituale. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 4.7.5 Olfatto Le narici si trovano sulla parte inferiore del muso dello squalo. Non servono alla respirazione ma solo al senso dell’olfatto. Non sono in comunicazione con la gola ma sono a fondo cieco. L’acqua penetra nelle narici e percorre un percorso obbligato verso le cellule sensoriali che l’analizzano e rilevano la presenza di sostanze odorose anche in concentrazioni dell’ordine di pochi microgrammi per litro. Gli squali nuotano a zig-zag risalendo la corrente. Questo permette loro di individuare l’origine degli odori confrontando quelli captati dalla narice destra con quelli captati dalla sinistra. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 29 4.7.6 Sensibilità elettromagnetica Le ampolle del Lorenzini sono organi presenti in abbondanza nella regione del capo. Questi organi si aprono all’esterno in piccolissimi forellini e permettono allo squalo di percepire i campi elettrici. Le ampolle sono ripiene di una sostanza gelatinosa e conduttrice. Sono in comunicazione con terminazioni nervose che permettono all’animale di riconoscere sia il campo elettrico prodotto da altri animali (anche prede sepolte sotto la sabbia), sia la propria posizione rispetto al campo magnetico terrestre. Questo permette agli squali di orientarsi durante le lunghe migrazioni transoceaniche. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) Rappresentazione schematica delle strutture deputate alla percezione elettromagnetica In definitiva lo squalo utilizza tutti i sensi di cui dispone per esplorare l’ambiente ed individuare le eventuali prede. A seconda della distanza a cui si trova dalla fonte di cibo entra in gioco un senso. Rappresentazione schematica dei sensi utilizzati dallo squalo in base alla distanza a cui si trova la preda 30 4.8 Riproduzione Negli Elasmobranchi la riproduzione può avvenire in diversi modi a seconda della specie, le quali, però, hanno in comune: 1. La fecondazione interna 2. La produzione di un numero ridotto di embrioni 3. La prolungata protezione degli embrioni nel corpo della madre o all’interno di una capsula ovarica 4. Un avanzato sviluppo alla nascita del neonato che gli permette di sopravvivere senza cure parentali Il maschio possiede gli pterigopodi, due estensioni delle pinne pelviche che crescono durante tutta la vita dello squalo: nei giovani sono corti e molli, negli squali più anziani sono calcificati e duri. In genere gli pterigopodi funzionano uno alla volta, durante l’accoppiamento uno dei due viene inserito nella cloaca della femmina e fatto ruotare di 90° per consentire il riempimento d’acqua di una sacca sotto pelle detta sifone. In alcune specie l’estremità dello pterigopodio può aprirsi a ventaglio per aumentare la ritenzione all’interno del corpo della femmina. Il maschio durante la copula tiene ferma la femmina mordendola sul dorso o sulle pinne. Per questo motivo le femmine, in molte specie, hanno la pelle più spessa di quella dei maschi. Una volta avvenuta la penetrazione, il maschio contrae i muscoli che controllano il sifone e un potente getto d’acqua trasporta gli spermatozoi all’interno della cloaca della femmina. Gli spermatozoi possono essere liberi o, in alcune specie, incapsulati in strutture dette spermatofori. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 31 Rappresentazione schematica degli organi riproduttori del maschio e della femmina L’ovulazione segue in genere l’accoppiamento di un paio di settimane. E’ da notare che non tutte le specie di squalo si accoppiano con la stessa frequenza. Le Verdesche, gli Squali Toro e gli Squali Martello, ad esempio, si accoppiano una volta all’anno, altre specie una volta ogni due anni, altre ancora semplicemente quando capita. La Verdesca raggiunge la maturità sessuale a sei anni ma a quattro anni comincia già ad accoppiarsi. Per non perdere un’opportunità riproduttiva la femmina conserva nel proprio organismo lo sperma vivo fino a due anni. Anche la gestazione non si svolge nello stesso modo in tutti gli Elasmobranchi. Circa il 30% degli squali, come il Gattuccio, depongono le uova, sono quindi ovipari. In generale sono ovipari gli squali che vivono sul fondo del mare. La madre depone l’uovo, avvolto da un astuccio fibroso, tra gli scogli o le gorgonie, in questo modo lo sforzo energetico è minimo. L’incubazione dura 9-10 mesi e alla schiusa il piccolo è già sufficientemente autonomo. 32 Uovo di Gattopardo (Scyliorhinus stellaris) Uovo di Gattuccio (Scyliorhinus canicula) Il 50% sono vivipari aplacentati, producono cioè uova che si schiudono all’interno del corpo. E’ il caso, questo, degli squali che si spostano in mare aperto, dove è necessario che il piccolo, prima di nascere, raggiunga un maggiore sviluppo. L’embrione per qualche mese assume le sostanze nutritive dal tuorlo del sacco vitellino. Una volta che questo è esaurito, il nutrimento viene assunto dalle uova che le ovaie continuano a produrre. Un caso particolare è quello dello Squalo Toro in cui gli embrioni, una volta terminate le uova, consumano gli altri embrioni. In questo modo nascono solo due piccoli, uno per ogni utero della madre. Riproduzione ovovivipara Rappresentazione schematica della disposizione degli embrioni nell’utero nel caso della riproduzione ovovivipara 33 Il 20% degli Elasmobranchi sono vivipari placentati. E’ il caso questo della Verdesca che dispone di una primitiva placenta avente il compito di nutrire l’embrione. Inizialmente la placenta non è ancora formata e gli embrioni si nutrono del contenuto del sacco vitellino. Una volta che questo è esaurito, il piccolo viene nutrito con il latte uterino, una sostanza iperenergetica in grado di sostenere l’embrione fino al completo sviluppo della placenta. Una volta sviluppata la placenta, il piccolo squalo assumerà costantemente da questa ossigeno e sostanze nutritive. Parto di squalo viviparo Rappresentazione schematica della disposizione degli embrioni nell’utero nel caso della riproduzione vivipara Nel Mar Mediterraneo sono state scoperte delle nursery, luoghi dove alcune specie di squalo vanno a partorire, come ad esempio quella della Verdesca (Prionace glauca) la quale predilige alcune zone del Mar Adriatico. E’ da notare, in fine, che la metodologia di riproduzione, che porta gli squali a dare alla luce piccoli in numero limitato ma estremamente sviluppati, è stata fino ad ora motivo di successo dal punto di vista evolutivo. Tuttavia, questo sistema riproduttivo, ha la caratteristica di dare un tasso di riproduzione basso con un raggiungimento tardivo della maturità sessuale. Questa caratterisca può nondimeno rendere gli squali stessi molto vulnerabili di questi tempi in cui le attività umane portano a un vero e proprio sterminio giornaliero di migliaia di esemplari di squalo. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) 34 5. COMPORTAMENTO 5.1 Comportamento Il mito comune vuole che gli squali siano degli animali primitivi, guidati solo dall’istinto e dai bisogni alimentari. In realtà alcune specie, come lo Squalo Bianco, sembrano possedere curiosità e senso di gioco esplorativo, capacità di indagare oggetti nuovi in maniera apparentemente sistematica e un senso di cautela che gli permette di evitare stimoli spiacevoli. Possono imparare a riconoscere oggetti non commestibili in modo da evitare gli sforzi da compiere per “assaggiarli” e sono in grado di collaborare con altri membri del gruppo per massimizzare l’efficienza della caccia. Hanno, inoltre, il “senso della proprietà”, se così si può dire, fatto sta che mettono in atto comportamenti minacciosi ma non violenti atti a difendere il cibo predato. (www.elasmo-research.org, 2003) Per lungo tempo gli squali sono stati considerati animali solitari impegnati a spostarsi continuamente alla ricerca di cibo. Nella realtà la maggior parte degli squali conduce una vita abbastanza sedentaria. Oltre a questo, in correlazione con cicli diurni o stagionali probabilmente legati alla disponibilità di cibo e alla riproduzione, gli Elasmobranchi sono soliti raggrupparsi in grandi concentrazioni che possono talvolta superare i 100 individui. Come è ovvio, in conseguenza a questi grandi raggruppamenti, in presenza di cibo o nel momento dell’accoppiamento, si instaurano dei rapporti sociali. Nella maggior parte delle specie si assiste a una forte segregazione sessuale che mantiene separate nel corso dell’anno le popolazioni di maschi da quelle delle femmine. In alcune specie, soprattutto quelle migratrici, si assiste a un’aggregazione di individui di dimensioni simili, probabilmente per migliorare l’idrodinamicità del gruppo. E’ il caso ad esempio del Palombo (Mustelus mustelus) che si sposta in grandi banchi per seguire le fonti di cibo. Esistono anche delle chiare interazioni gerarchiche sia all’interno di gruppi di squali appartenenti alla stessa specie che tra squali appartenenti a specie diverse. In generale gli esemplari di maggiori dimensioni occupano i piani più alti della gerarchia e a questa regola si sovrappone una certa sottomissione delle femmine nei confronti dei maschi di qualsiasi dimensione. Questa dominanza dei maschi nei confronti delle femmine si pensa sia collegata ai morsi che queste subiscono da parte dei maschi stessi nel momento dell’accoppiamento. Per quanto riguarda gli squali di specie diverse è nota la dominanza del Longimano (Carcharhinus longimanus) nei confronti dello Squalo Sericeo (Carcharhinus falciformis), così come la maggior parte delle specie mostrano una certa “deferenza” nei confronti dello Squalo Martello. Il comportamento aggressivo più noto attuato dagli squali nei confronti, non solo dei propri simili, ma di qualsiasi soggetto rappresenti una minaccia, è rappresentato dal “Nuoto Esagerato”. Questo si esplica con il sollevamento del 35 muso, l’inarcamento del dorso, l’abbassamento delle pinne pettorali e la torsione del tronco e ha la funzione di spingere gli intrusi ad allontanarsi. Quando questo avvertimento non viene recepito scatta l’attacco vero e proprio. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) Rappresentazione di uno squalo durante il nuoto esagerato (a sinistra) e durante il nuoto normale (a destra) visto da diverse prospettive Riassumendo il comportamento sociale non è uguale per tutte le specie di squalo. Sarebbe impensabile descrivere i particolari atteggiamenti di tutte le specie, per questo mi dedicherò a illustrare brevemente le abitudini di tre diverse specie di squalo: lo Squalo Bianco (Carcharodon carcharias), lo Squalo Balena (Rhincodon typus), e lo Squalo Martello, in particolare la specie Sphyrna lewini. 36 5.1.1 Squalo Bianco Esemplare di Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) fotografato da Terry Goss nell’Isola di Guadalupe, Messico, nell’Agosto 2006 Lo Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) è diffuso in acque fredde o temperate (tra gli 11 e i 24°C) soprattutto al largo delle coste meridionali del Sudafrica, del Messico, dell’Australia, della California, nel nord-est degli Stati Uniti, nell’isola di Guadalupe, in Nuova Zelanda e nel Mediterraneo. Rispetto ad alcuni decenni fa il numero di Squali Bianchi è notevolmente diminuito. Nei mari italiani, fino agli anni trenta, questa specie di squalo era considerata comune soprattutto in Adriatico; ora è presente solo nelle zone più ricche di grandi prede come in prossimità delle tonnare. Vi sono poi aree particolarmente ricche di potenziali prede (otarie, foche, pinguini) che di conseguenza sono frequentate da un gran numero di Squali Bianchi. Un esempio sono le “Seals Islands”, isole presenti in Sudafrica popolate da vaste colonie di otarie. E’ uno squalo prevalentemente pelagico anche se si avvicina alle coste, compie lunghe tratte transoceaniche (per esempio dal Sudafrica all'Australasia, o dalla California alle Hawaii) tendendo a rimanere a una profondità che va dalla superficie ai 250 m ma scendendo a volte anche fino ai 1200 m. (Compagno L. et al., 2005) (Notarbartolo di Sciara G. et al, 1998) Nell’immaginario comune, soprattutto dopo il film “Lo Squalo”, lo Squalo Bianco assume il ruolo del predatore spietato, solitario, bruto e antisociale. Grazie a numerose osservazioni, invece, si è potuto apprendere che, al contrario, il 37 Carcharodon carcharias è un animale curioso, intelligente e le cui interazioni sociali sono più complesse di quanto si immaginasse. Nei periodi di caccia spesso si formano assembramenti di diversi esemplari di Squalo Bianco in aree molto ristrette. Una situazione del genere ovviamente può generare conflitti, per questo il Carcharodon carcharias mette in atto una modalità di comunicazione basata sui movimenti del corpo, che ha lo scopo di evitare conflitti violenti e creare gerarchie. Tali gerarchie si basano sostanzialmente sulle dimensioni (i più grandi dominano sui più piccoli), sul sesso (le femmine dominano sui maschi), sulla stanzialità (gli esemplari già presenti in un luogo dominano sui nuovi arrivati). Quando uno squalo vuole prevalere su un suo simile adotta il precedentemente descritto “Nuoto Esagerato”, apre e chiude le fauci con rapidi scatti, gira attorno al rivale per mostrare le proprie dimensioni e sbatte violentemente la coda sull’acqua. Nuoto Esagerato A volte si possono osservare due esemplari che nuotano fianco a fianco, a poca distanza. In genere sono due esemplari di dimensioni simili che in questo modo paragonano le loro dimensioni e stabiliscono chi dei due dominerà l’altro, Lo squalo sottomesso arretrerà e nuoterà via. Nuoto Parallelo Altro metodo adottato dallo Squalo Bianco per riconoscere un membro del proprio clan o per stabilire la dominanza è quello di nuotare l’uno verso l’altro, non in rotta 38 di collisione ma a pochi passi di distanza, o di nuotare, talvolta insieme ad altri membri del proprio gruppo, in cerchio attorno allo squalo “intruso”. Nuoto in direzioni opposte Nuoto in cerchio Sempre per stabilire chi deve essere l’esemplare dominante gli squali possono nuotare uno contro l’altro in rotta di collisione: l’esemplare sottomesso virerà per primo cedendo il posto al dominante. Nuoto” in rotta di collisione” Per mostrare la propria dimensione talvolta uno squalo nuota perpendicolarmente un altro per alcuni secondi in una vera e propria manifestazione di grandezza. Nuoto Perpendicolare 39 Esistono poi situazioni in cui due squali danno il via a una vera e propria lotta di spruzzi d’acqua. E’ un comportamento piuttosto raro in cui ogni squalo schizza l’altro battendo violentemente con la coda sull’acqua. Pare che questo atteggiamento venga messo in atto per stabilire l’appartenenza di una preda cacciata. Lo squalo che spruzza maggiormente il concorrente ha diritto sulla preda. Lotta di spruzzi Per finire si possono notare a volte esemplari a pelo d’acqua che aprono e chiudono lentamente le fauci. Si pensa che tale comportamento serva come sfogo dopo il fallimento di un attacco. (Martin R. et al, 2006) Apertura ripetitiva delle fauci fuori dall’acqua Un altro comportamento interessante adottato dallo Squalo Bianco è il suo metodo di caccia alle otarie. Lo squalo rimane mimetizzato sul fondo a circa 12 metri di profondità in attesa che le otarie ritornino dalle battute di caccia. In genere le otarie tendono a rimanere in gruppo e a non nuotare in superficie, dove sono un ottimo bersaglio per gli squali, ma in profondità risalendo in superficie solo in prossimità della scogliera dove è difficile che gli squali si avventurino. Tuttavia gli animali più inesperti o più deboli spesso si isolano in superficie e diventano così un ambito bersaglio per lo Squalo Bianco. 40 Sfruttando la sua colorazione, che gli permette di mimetizzarsi con il blu del mare, lo Squalo Bianco attacca le otarie isolate dal basso verso l’alto con una velocità tale da fuoriuscire dall’acqua in spettacolari salti. (Castronuovo Motta N., 2010) Otarie 6m Otaria Isolata 12 m Squalo Perché si verifichino questi tipi di attacchi il sole deve essere basso all’orizzonte (indicativamente dalle 5:00 alle 7.00 del mattino e al tramonto) in modo che la maggior parte dei raggi si rifletta sulla superficie dell’acqua. Nelle ore centrali della giornata, al contrario, la luce penetra profondamente nell’acqua svelando più facilmente il predatore. Le condizioni sono ancora più favorevoli in caso di cielo nuvoloso. L’onda lunga, essendo percettibile anche in profondità, non favorisce l’attacco dello squalo, al contrario dell’onda corta che genera bollicine in grado di camuffarlo più efficacemente. Questa tecnica di caccia è molto efficace in quanto lo squalo può sfruttare appieno la sua mimetizzazione; la preda, per contro, è perfettamente visibile e in contrasto con la luce alle sue spalle e, inoltre, non ha possibilità di fuga nella direzione opposta a quella dell’attacco dato che viene spesso spinta anch’essa fuori dall’acqua. (Gabriotti V., 2005) Per poter studiare questo tipo di salto si ricorre alla tecnica del bretching che prevede l’utilizzo di una sagoma a forma di otaria, detta “foca stupida” trainata sull’acqua con l’intento di stimolare lo squalo a compiere il salto. Si tratta di una metodica abbastanza complicata e che necessita di molta pazienza in quanto, oltre alle particolari condizioni meteorologiche e al tipo di onde precedentemente descritti, deve ovviamente essere presente anche lo squalo, fattore questo non prevedibile. (Rezzolla D., 2004) 41 Un esemplare di Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) durante un salto per catturare la preda 42 5.1.2 Squalo Balena Esemplare di Squalo Balena (Rhincodon typus) fotografato da Brian Skerry Lo Squalo Balena (Rhincodon typus), è presente in tutti i mari tropicali e temperati della Terra tranne che nel Mar Mediterraneo. Esso si può trovare in tutto l'Oceano Atlantico, da New York passando per i Caraibi fino al centro di Brasile e dal Senegal al Golfo di Guinea. Si trova anche nell'Oceano Indiano, in tutta la regione tra il Mar Rosso ed il Golfo Arabico. Nell'Oceano Pacifico si può trovare dal Giappone all'Australia, al largo delle Hawaii, e dalla California al Cile. Il Rhincodon typus è uno squalo pelagico, predilige le acque calde, con una temperatura superficiale di 25-35°C e molto ricche di plancton di cui questa specie si nutre. E’ stato spesso avvistato in mare aperto ma può anche avvicinarsi a riva o entrare in lagune o atolli corallini. (Martins C. et al., S.d) Si tratta di un animale prevalentemente solitario, tuttavia lo si può trovare anche in più o meno grandi aggregazioni legate, presumibilmente alla presenza di cibo e correnti di upwelling che in alcune aree, e in alcuni periodi dell’anno, aumentano l’affluenza di nutrienti in superficie. 43 CORRENTE DI SUPERFICIE MARE * PLANCTON L’effetto del vento in prossimità delle coste provoca la formazione di correnti verticali. In particolare se il vento spira da terra lo strato d’acqua superficiale, spostato verso il largo, richiama le acque di profondità insieme a una grande quantità di utrienti. Tale fenomeno viene detto Upwelling. Lo Squalo Balena è in grado di percepire la presenza di dimetilsulfide prodotto dai batteri che si nutrono di fitoplacton, di conseguenza, nelle zone particolarmente ricche di questa sostanza, è possibile trovare più esemplari di Squalo Balena. Oltre che di placton questo animale si nutre anche di krill (ammassi di diverse specie di creature marine invertebrate appartenenti all'ordine Euphausiacea), piccoli pesci azzurri e calamari. E’ un filtratore attivo, quando si ciba nuota in superficie aprendo e chiudendo la bocca (al contrario dei filtratori passivi come lo Squalo Elefante (Cetorhinus maximus) che nuotano con la bocca costantemente aperta) per permettere all’acqua e al nutrimento di fluire più facilmente verso l’esofago. Il Rhincodon typus è un animale lento e pacifico che, se non troppo disturbato, permette all’uomo di seguirlo a nuoto anche per lunghi tratti. Se infastidito lo squalo si immerge alla profondità di 8-10 m per poi risalire dopo pochi secondi e riprendere a cibarsi. Le informazioni scientifiche sugli Squali Balena, soprattutto per quanto riguarda le loro rotte migratorie e i loro siti di riproduzione, sono molto incomplete. Questi animali raggiungono la maturità sessuale intorno agli 8-9 metri di lunghezza, per quanto riguarda le femmine, e i 6 metri per i maschi. Tali lunghezze vengono raggiunte intorno ai 30 anni d’età. In alcune zone, come ad esempio ad Arta Bay (Djibouti), sono stati identificati esemplari di 4-5 m. Si tratta di animali sub adulti che non si trovano sulla rotta migratoria degli adulti. Questo può far pensare che vi siano alcune zone particolarmente tranquille e ricche di nutrienti, in prossimità dei luoghi di nascita, in 44 cui gli animali giovani si recano nell’attesa di raggiungere la maturità sufficiente per intraprendere le lunghe migrazioni. (Rezzolla D., Storai T.,2010) Il fatto di aver accertato che il Rhincodon typus è una specie migratoria è di estrema importanza. Stiamo parlando infatti di una specie a rischio d’estinzione ed è, quindi, fondamentale proteggerlo in tutte le tappe dei suoi lunghi viaggi e non solo in alcune di esse (attualmente lo Squalo Balena risulta protetto in cento Paesi). E’ indispensabile, per questo, riuscire a definire quali sono le rotte migratorie che questo animale compie. Per poter riuscire in questa impresa è necessario foto identificare i vari esemplari di Rhincodon typus e stabilire se ognuno di essi è stato già identificato in altre parti del mondo. L’ente di ricerca australiano EcOcean dal 1994 si impegna nella salvaguardia degli squali balena, grazie anche alla creazione del “Whale Shark Photo-identification Library”, un database che raccoglie tutte le foto di avvistamenti di Squali Balena. Per foto identificare un esemplare bisogna fotografarlo, possibilmente su entrambi i lati ma con priorità al lato sinistro che per convenzione viene utilizzato per l’identificazione, dalla zona dell’attaccatura della pinna pettorale alla fine degli archi branchiali. Le foto devono essere di buona qualità, scattate perpendicolarmente allo squalo e devono essere ben visibili gli spots caratteristici del derma degli Squali Balena. (Rezzolla D., Storai T.,2010) Zona da fotografare per l’identificazione dello Squalo Balena (Rhincodon typus) Queste foto devono essere mandate a EcOcean che, grazie allo stesso software che la NASA usa per mappare le stelle, provvederà all’identificazione del soggetto. 45 Spots Pattern visto dal computer tratto dal sito di EcOcean Immagini degli spots pattern visibili nel database di EcOcean (immagine tratta dal sito di EcOcean) Dopo aver fotografato gli spots si passa all’identificazione del sesso dell’animale fotografando la zona anale per rilevare la presenza o meno degli pterigopodi. Successivamente di provvede alla misurazione dell’animale per la quale si utilizza un’asta lunga un metro fotografata vicino al fianco dello squalo. (Rezzolla D., Storai T.,2010) Per lo scopo sono stati sperimentati anche nuovi metodi che prevedono l’utilizzo di puntatori laser montati su una fotocamera (questo metodo renderebbe la misurazione ancora più precisa) (Davies E., 2011) 46 Misurazione con asta di 1 m Misurazione con laser Per finire si fotografano le eventuali cicatrici sul corpo e sulle pinne dello squalo. Ogni animale, una volta identificato e dotati di un codice alfanumerico, viene inserito nel Whale Shark Photo-identification Library dove sarà possibile registrare di volta in volta le varie date e luoghi di eventuali nuovi avvistamenti. La caccia allo Squalo Balena (Rhincodon typus) è attualmente vietata nelle Filippine e l’inserimento di questa specie nell’Appendice II della Convenzione per le Specie Migratorie (CMS), una convenzione dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) con lo scopo di conservare le specie migratrici di ogni tipo in tutto il loro areale, incoraggia la promozione di programmi di conservazione internazionali. Si auspica in questo modo di riuscire sia a censire la popolazione di Squali Balena, sia a capire i loro spostamenti per riuscire a proteggerli e salvarli dall’estinzione. 47 5.1.3 Sphyrna lewini Esemplare di Squalo Martello Smerlato (Sphyrna lewini) La famiglia Sphyrnidae comprende 9 specie: Eusphyra blochii, Sphyrna corona, Sphyrna media, Sphyrna tiburo, Sphyrna tudes, Sphyrna lewini, Sphyrna zygaena, Sphyrna mokarran. 48 Nel marzo del 2010 ho partecipato a un viaggio-studio organizzato da Danilo Rezzolla; Ricercatore Associato presso l'Acquario e Civica Stazione Idrobiologica di Milano, dove è anche Responsabile della Sezione Squali e collaboratore di Equipe Cousteau, alla volta dei reef sudanesi per monitorare le grandi aggregazioni di Sphyrna lewini. Vista la situazione geopolitica sudanese, l’afflusso di turisti è ancora molto limitato e questo favorisce l’elevata presenza di grandi pesci pelagici. In particolare nel periodo che va da fine gennaio a maggio, quando l’acqua ha una temperatura non superiore ai 25°C e sono presenti correnti medio - forti, è possibile osservare le grandi aggregazioni di Sphyrna lewini (anche 50 esemplari), che sfruttando la corrente per rimanere a galla e ossigenarsi senza sforzo, svolgono attività sociale. Per questo viaggio ci siamo imbarcati sull’MS/Y Elegante, un caicco turco dell’armatore Claudio Scarpellini che ci ha condotti nei reef dell’itinerario meridionale della parte sudanese del Mar Rosso con particolare attenzione a quelli più frequentati dagli Squali Martello. MS/Y Elegante Durante la nostra spedizione abbiamo incontrato gli Squali Martello nei reef di Quita el Banna e Angarosh (dall’arabo “Madre degli Squali”). 49 Immagine del reef di Quita el Banna tratta dal sito de “Compagnia del Mar Rosso” Immagine del reef Angarosh tratta dal sito de “Compagnia del Mar Rosso” Questi reef sono caratterizzati dall’avere una struttura a pianori che scendono fino a circa 50 m di profondità. In immersione, una volta raggiunta la punta del reef ci si appoggia in ginocchio al limitare del pianoro, rimanendo ben fermi in corrente e guardando “verso il blu”, cioè verso il mare aperto. 50 Posizione da mantenere durante l’osservazione degli Squali Martello E’ molto importante che il gruppo di subacquei rimanga compatto, ordinato e silenzioso (non si devono usare shakers o altri strumenti per richiamare l’attenzione dei compagni) e non si devono utilizzare i flash delle fotocamere. I primi squali ad arrivare sono le sentinelle. In genere sono da 1 a 3 grossi esemplari, spesso maschi ma a volte anche femmine. Queste sentinelle sono animali adulti e con esperienza che, passando a un paio di metri dai subacquei, hanno il compito di valutare se rappresentano o meno un pericolo per il branco (da qui l’importanza dell’ordine e della compostezza). Queste sentinelle poi spariscono verso il mare aperto. Dopo poco appare il resto del branco che, a seconda dell’intensità della corrente, si avvicina fino a pochi metri dal pianoro sfilando davanti al gruppo di subacquei e talvolta girandogli attorno incuriositi. E’ incredibile la calma e la naturalezza con cui gli squali sfilano davanti ai subacquei nuotando controcorrente. Se il branco non viene disturbato sparisce per poi ricomparire e sfilare nuovamente stavolta a favore di corrente. Sono animali molto curiosi nei confronti dei subacquei e, una volta soddisfatta la loro curiosità gli Sphyrna lewini si allontanano e i subacquei cominciano a risalire verso la superficie. La mia sensazione durante queste immersioni è stata quella di aver di fronte degli animali consapevoli e lieti di essere osservati e al contempo altrettanto lieti di studiarci e osservarci. E’ stato un vero e reciproco “scambio di conoscenze”. Durante le varie immersioni si è notato che, mentre il branco si allontana, alcuni esemplari più giovani seguitano per un tratto a seguire i subacquei che risalgono fino a che qualche esemplare adulto non li richiama facendoli tornare nel branco. 51 Durante la “sfilata” degli Squali vengono effettuate fotografie (ovviamente senza flash) e, meglio ancora, video con videocamere ad alta definizione. I video sono molto importanti perché, in fase di elaborazione, possono mostrare particolari, sul comportamento o sull’aspetto di ogni singolo squalo, che con la fotocamera non sarebbero catturabili. Una volta risaliti in barca si compilano delle schede che prevedono l’inserimento di dati ambientali come: il tipo di barca utilizzata, le condizioni del mare, la visibilità, la forza e la direzione della corrente, la salinità dell’acqua, e dati sugli squali come: numero, sesso, profondità a cui è comparso il branco, temperatura dell’acqua, comportamenti particolari, animali feriti, ecc. Gli Sphyrna lewini sono animali pelagici e per questo motivo dei loro comportamenti si sa ancora molto poco. E’, quindi, di fondamentale importanza il loro studio in natura per poterne comprendere i meccanismi biologici. (Rezzolla D., Storai T.; in pubblicazione) 52 5.2 Squalo e Uomo In passato i rapporti tra Umani e Condritti sono sempre stati caratterizzati da tolleranza e rispetto, come nei confronti di qualsiasi grande predatore presente sulla terra ferma. Tuttavia negli ultimi anni, soprattutto dopo l’uscita nel 1975 del film “Jaws” (Lo Squalo), l’immagine di questi meravigliosi animali si è andata trasformando nella mente della maggior parte delle persone fino a diventare quella di uno spietato assassino di cui il mondo farebbe volentieri a meno. Questo fenomeno, alimentato anche dalla stampa per la quale la notizia di uno squalo mangia - uomini è sempre sinonimo di vendite, è stato battezzato “effetto squalo”. Nel momento in cui una persona entra in acqua entra anche in contatto con l’ambiente in cui lo squalo vive e questo rende possibile l’eventualità di un attacco. Gli attacchi da parte degli squali possono essere classificati in: - Provocati: causati dall’uomo che tocca lo squalo provocandone una reazione. Questo atteggiamento poco rispettoso può fare innervosire anche gli squali più pacifici. Molti subacquei molesti si divertono ad esempio a tirare la coda dei sonnolenti Squali Nutrice (Gynglomostoma cirratum) che ovviamente finiscono con il reagire in maniera aggressiva. In questa categoria di attacchi rientrano anche quelli che avvengono, nei confronti dei subacquei mentre alimentano gli squali sott’acqua o tentano di liberarli dalle reti da pesca. - Non provocati: avvengono quando è lo squalo ad effettuare il primo contatto. In questa categoria rientrano tre tipi di attacco: 1. Mordi e Fuggi: sono attacchi che avvengono solitamente vicino alle spiagge quando uno squalo tenta di catturare un pesce vivo tra i surfisti, la forte risacca e l’acqua torbida. L’animale può scambiare la forma dei surfisti o i movimenti dei bagnanti per quelli delle loro abituali prede. Lo squalo quindi afferra la preda, a lascia subito andare e lascia la zona. Di solito vengono maggiormente colpiti piedi e gambe ed è raro che questi attacchi siano fatali. 2. Attacchi Furtivi: avvengono in acque profonde e la vittima non vede lo squalo prima dell’attacco che spesso determina ferite gravi o letali, specialmente se l’animale continua ad attaccare. 3. Urto e Morso: questo tipo di attacco avviene quando lo squalo nuota intorno alla preda o comunque la urta con testa o corpo prima di morderla. Anche in questo caso le lesioni 53 provocate dall’animale possono essere molto gravi e letali e lo squalo può attaccare ripetutamente. (Shark Attack Questions) Nella realtà l’uomo non fa parte della dieta dello squalo e la probabilità di essere da questo attaccati è di una su 3.748.000. (Shark About) La verità è che gli attacchi da parte di squali fanno notizia, mentre quelli da parte di altri animali no. Basti pensare che per un attacco fatale sferrato da uno squalo ne corrispondono 30, sempre fatali, effettuati da cani. Sicuramente il numero di interazioni uomo-cane è molto più alto rispetto a quelle uomo-squalo, ma è altrettanto vero che gli incidenti che vedono coinvolti gli squali devono essere visti in relazione diretta con il numero di attività acquatiche svolte dall’uomo. Ogni anno circa 15 miliardi di persone fanno il bagno, si tuffano, si immergono, navigano, mentre gli attacchi di squalo sono solo 50-100, senza contare che l’ISAF (International Shark Attack File) registra come “attacchi” anche i semplici graffi causati da un contatto con uno squalo. Una curiosa statistica mostra che è più facile venire morsi da un umano a New York che da uno squalo facendo il bagno nel Mar dei Caraibi. Nel 1987 ben 1587 persone sono state morse, a New York, da altri esseri umani e sono dovute ricorrere a cure mediche; nello stesso anno si sono registrati solo 28 attacchi da parte di squali. Un’altra interessante statistica mostra le probabilità di incidenti durante le attività sportive in acqua nell’anno 2000 sulle coste degli Stati Uniti d’America: su 264.156.728 di attività sportive acquatiche praticate, 74 morti sono state causate da annegamento mentre solo 23 sono stati gli attacchi da parte di squali di cui nemmeno uno fatale. Per concludere sicuramente non tutti gli squali sono innocui, ma non lo sono nella stessa misura in cui non lo sono leoni, coccodrilli e predatori in generale. Ciò che veramente è importante per tutelare noi stessi e loro è conoscerli e rispettarli ed entrare nel loro ambiente con consapevolezza, umiltà e deferenza, proprio come si farebbe con qualsiasi animale sulla terra ferma. (Foundation Shark, 2005) (Burgess G.H., 1991) (Gioelli F., 2011) 5.3 Conservazione Da migliaia di anni numerose specie di Elasmobranchi sono state oggetto di cattura senza che venisse sconvolto il delicato equilibrio tra consumo e riproduzione. In seguito all’aumento della popolazione umana, allo sfruttamento irresponsabile delle risorse marine e al degrado dell’ambiente, però, questo fragile equilibrio negli ultimi decenni è andato spezzandosi. Gli squali sono sopravvissuti per milioni di anni ai grandi sconvolgimenti ambientali; tuttavia, tutte quelle “strategie” biologiche che per tutto questo tempo li hanno salvati dall’estinzione, sono ora controproducenti al fine di fronteggiare la pesca e l’imponente sfruttamento da parte dell’uomo. 54 In particolare la lentezza della loro crescita, il lungo tempo che deve trascorrere prima che uno squalo raggiunga la maturità sessuale, la lunga gestazione che porta alla nascita di solamente uno o due neonati, l’abitudine di molte specie di aggregarsi in grandi branchi (rendendosi più vulnerabili alla pesca da parte dell’uomo), non consente a questi animali di sopportare la pesca intensiva di cui sono fatti oggetto. Le catture dirette rappresentano la principale minaccia alla sopravvivenza degli squali. Fino a qualche decennio fa la pesca era destinata soprattutto a fornire carne per il consumo umano. Recentemente, però, è nata la moda della minestra di pinne di squalo, soprattutto nei Paesi Orientali. Per preparare questa minestra centinaia di migliaia di squali, siano essi appartenenti a specie più o meno rare, adulti o cuccioli, vengono pescati senza nessun tipo di scrupolo. Spesso gli animali catturati vengono issati a bordo, privati delle pinne e ributtati ancora vivi in mare dove sono destinati a morire di stenti e per l’impossibilità di respirare (è importante ricordare che gli squali per far entrare l’acqua nelle branchie devono costantemente nuotare). Questa pratica viene detta “finning”. Gli Orientali, una volta decimate le popolazioni di squali presenti nei mari che bagnano i loro Paesi, si sono rivolti ad altre nazioni chiedendo di comprare pinne di squalo. Nella crociera-studio di cui ho parlato nel paragrafo degli squali martello (par. 5.1.3) ho potuto assistere in prima persona a questo fenomeno. Durante il viaggio ci siamo imbattuti in un paio di “palamiti” posizionati da pescatori yemeniti per la pesca degli squali, ormai decimati nella parte yemenita del Mar Rosso sempre a causa della pesca indiscriminata. I palamiti consistono in un lungo palo zavorrato con una miriade di grossi ami collegati ad esso. Questi palamiti vengono lasciati in mare al mattino presto e alla sera vengono ritirati insieme agli animali catturati. Nei palamiti da noi prontamente ripescati e smontati, abbiamo contato un centinaio di ami di robusta fattura. 55 Palamiti ripescati al largo di un reef Ami collegati ai palamiti Alla fine del viaggio ci siamo recati al mercato del pesce di un paesino sudanese. Fino a qualche anno fa la quantità di pesce, e soprattutto di squali, in questi mercati era modesto e completamente orientato al fabbisogno della popolazione 56 locale. Sui tavoli del mercato erano presenti carcasse, complete di pinne, di pochi e tendenzialmente grandi animali. Squalo al mercato del pesce prima del diffondersi della moda della zuppa di pinne di squalo Oggi purtroppo si assiste alla presenza di vere e proprie montagne di carcasse di squalo, di ogni dimensione e tutte private delle pinne. Ovviamente questa mole di pescato è ben superiore a quella necessaria per il nutrimento della popolazione locale e il risultato è che la maggior parte della carne va in putrefazione senza venire consumata. In compenso le pinne vengono fatte seccare e stoccate in container che mensilmente vengono spediti in Oriente. Lo stesso discorso vale per i denti e le mandibole che vengono poi venduti ai turisti. 57 Carcasse di squali di ogni dimensione e privi di pinne al mercato del pesce di Port Sudan Pinne immagazzinate per poi essere spedite ai Paesi Orientali 58 Mandibole di squalo Un’altra minaccia alla sopravvivenza degli squali è rappresentata dalle catture accidentali durante la pesca, detto anche bycatch. La maggior parte delle navi da pesca è specializzata nella lavorazione di una o di poche specie ittiche. Purtroppo le tecniche di pesca raramente sono selettive, e quindi, oltre alle specie target, nelle reti restano intrappolati innumerevoli squali, giovani pesci, mammiferi e uccelli marini, e molte altre creature che abitano i mari, cui spetta il triste destino di essere rigettati fuori bordo, morti o feriti, come pesca accidentale indesiderata. Ultimamente, però, gli squali non vengono rigettati in mare ma utilizzati per il commercio, segno che talvolta la cattura diretta e quella accidentale si sovrappongono. 59 Squalo impigliato in una rete Per finire il degrado dell’habitat, soprattutto per quanto riguarda le nursery, è un ulteriore ostacolo alla vita e alla proliferazione degli Elasmobranchi. Anche l’industria farmaceutica contribuisce alla pesca indiscriminata degli squali. da alcuni anni, infatti, è in vendita in tutto il mondo una polvere ricavata dalle cartilagini di squalo come cura contro cancro e artrosi. Questi rimedi sono notoriamente inutili ma alcune case farmaceutiche fanno leva sulla credulità dei pazienti affetti da queste patologie per ottenere guadagni plurimililiardari. Prodotti a base di cartilagine di squalo Tutta questa situazione in cui la priorità è solo ed esclusivamente il guadagno, non tiene conto dell’importanza dello squalo nell’ecologia dei nostri mari. Gli squali sono infatti al vertice della catena alimentare. Loro è il compito di eliminare i 60 soggetti deboli o malati, impedendo l’eccessivo proliferare di pesci e mammiferi e il diffondersi di malattie e di tenere sotto controllo il numero di predatori che minacciano anche le riserve ittiche destinate all’uomo. In sostanza l’equilibrio dell’ecosistema marino dipende dalla presenza degli squali, senza di essi i nostri mari e le nostre coste sarebbero deserte. Per questi motivi è di vitale importanza tutelare in ogni modo gli squali, sensibilizzando l’opinione pubblica, contrastando i preconcetti oggi dominanti nei confronti degli Elasmobranchi, identificando e proteggendo gli habitat in cui gli squali vivono e si riproducono, contrastando la pratica del finning e della pesca indiscriminata per scopi commerciali e intensificando la ricerca. Quest’ultima rappresenta la chiave per conoscere e far conoscere sempre più questi straordinari animali anche alla gente che non ha la fortuna di potersi immergere ed entrare in contatto con loro nel loro ambiente e in maniera consapevole. La conoscenza è rispetto ed è essenziale riuscire a debellare l’ignoranza derivante da credenze popolari e sciocchi pregiudizi. 61 6. DIAGNOSI E TERAPIA 6.1 Esame Fisico L’esame iniziale deve essere necessariamente remoto. Lo scopo è quello di osservare lo squalo nel suo ambiente naturale. Per questo motivo è bene che l’animale sia posto in un acquario sufficientemente grande da poterlo far nuotare liberamente e, possibilmente, dotato di una finestra per la visione subacquea. Attraverso la visione subacquea è possibile valutare l’attitudine dello squalo e paragonare il tipo di nuoto o di atteggiamento con quelli di uno squalo sano. Alcuni squali rimangono normalmente sul fondo della vasca, ma altri non assumono questo atteggiamento così frequentemente o addirittura non lo assumono per niente. In questi ultimi casi una permanenza prolungata sul fondo della vasca è indice di grave debolezza e malessere. Alcuni squali con disturbi di tipo digestivo mostrano problemi di galleggiabilità e alterazioni nell’attitudine di nuoto, spesso nuotano con la coda bassa o, se vi è formazione di gas, con la coda alta. Anche alterate modalità di attacco e di nuoto in circolo possono essere indice di patologie a livello addominale associate, eventualmente, a dolore e generale debolezza. Utile è l’esame degli occhi. Uno squalo sano è vigile e consapevole di ciò che lo circonda e con gli occhi intercetta i movimenti e gli oggetti presenti sulla sua traiettoria. Quando, al contrario, uno squalo non riconosce la presenza dell’osservatore; fatto rilevabile con un momentaneo contatto visivo, si è di fronte a un animale depresso e abbattuto. Situazione ancor più grave se l’animale non effettua un contatto visivo nemmeno con gli squali che gli nuotano accanto. L’osservazione degli occhi può mettere in luce anche sintomi più subdoli. Ad esempio un’infiammazione dell’iride può indicare una situazione di infezione sistemica. E’ possibile osservare il riflesso pupillare puntando improvvisamente una fonte di luce in direzione degli occhi dello squalo quando questo nuota verso l’osservatore. In alcuni casi, ad esempio, quando il riflesso pupillare risulta rallentato, si potrebbe essere di fronte a una meningite batterica. Mentre lo squalo nuota è possibile osservarne la pelle. La presenza di parassiti può essere individuabile o dall’osservazione diretta degli stessi o attraverso l’osservazione di chiazze scolorite o zone eccessivamente ricche di muco sulla superficie della pelle. Sulla pelle delle regioni ventrali dell’animale è possibile osservare la presenza di eritemi o congestioni, indici di shock, di gravi situazioni di stress o di gravi patologie come l’insufficienza cardiaca. E’ possibile che situazioni di setticemia batterica provochino lo sviluppo sulla pelle di bolle scure o vescicole. In generale è importante notare ogni tipo di anomalia della cute, dallo scolorimento all’iperpigmentazione al cambiamento di colore alla presenza di ferite, zone di necrosi, ecc. 62 Molto importante è anche l’osservazione dell’animale durante l’alimentazione. E’ bene valutare quanto tempo lo squalo impiega a rendersi conto della presenza del cibo nella vasca, se concorre con gli altri squali per accaparrarsi l’alimento o se cerca il cibo in maniera autonoma. Importante è anche osservare se l’animale si precipita sul cibo o se gli gira attorno tentennando. L’approccio di uno squalo al cibo dovrebbe essere diretto e sicuro, non incerto ed esitante. Altro aspetto molto importante da valutare è la normalità nella deglutizione. Dopo un’attenta valutazione visiva è indispensabile procedere alla palpazione dell’animale per determinarne la tonicità muscolare e prelevare campioni di sangue, tamponi da ferite o lesioni o raschiati cutanei. (Stoskopf M.K., 1990) 6.2 Prelievo di Campioni 6.2.1 Campioni Cutanei Pratica comune è quella di effettuare raschiati cutanei per rilevare non solo la presenza di ectoparassiti ma anche delle loro uova e di altri organismi microscopici. Questo permette di passare poi alla loro identificazione. L’unica differenza rispetto agli altri pesci è che negli squali gli ectoparassiti sono spesso molto grandi e visibili ad occhio nudo. Questa caratteristica fa si che i parassiti possano essere rimossi con pinze per poi essere analizzati. (Stoskopf M.K., 1990) 6.2.2 Campioni Ematici Il prelievo ematico si effettua senza difficoltà dalla vena caudale. La vena caudale corre ventralmente alle vertebre della coda, incassata in un canale cartilagineo. E’ importante inserire l’ago lungo la linea mediana ventrale leggermente obliquamente in senso caudo - craniale. Nel momento in cui l’ago penetra nella camera cartilaginea in cui scorre la vena caudale, si può avvertire uno schiocco distinto. La vena caudale può essere utilizzata anche per somministrare farmaci all’animale. (Stoskopf M.K., 1990) 63 Rappresentazione schematica del punto in cui è possibile effettuare un prelievo di sangue o un’iniezione endovenosa in uno squalo 6.2.3 Tamponi Colturali I prelievi per esami colturali vengono effettuati, tramite un tampone in cotone, su ferite o vescicole precedentemente incise. E’ possibile effettuare anche tamponi profondi a livello di cloaca, utero, stomaco o gola, queste ultime tramite appositi dispositivi lancia boli utilizzati anche nella pratica medica sui cavalli. (Stoskopf M.K., 1990) 6.3 Somministrazione di Farmaci 6.3.1 Applicazione topica L’applicazione topica diretta e localizzata di farmaci risulta essere attuabile solo se lo squalo è sufficientemente tollerante alla manipolazione. Devono essere utilizzati adeguati mezzi di contenzione per mantenere lo squalo in superficie di modo da poter applicare il farmaco sull’area interessata, la quale deve essere mantenuta fuori dall’acqua per almeno un minuto di modo da permettere l’assorbimento di un’adeguata quota di principio attivo. Per questo scopo esistono dei farmaci lipofili ad uso topico che permettono un rapido assorbimento da parte dei tessuti. Ovviamente, una volta rilasciato in acqua l’animale, anche il medicamento rimanente viene lavato via. Ottimi risultati con questo metodo si sono ottenuti nel trattamento di ferite di piccoli squali. 64 Un altro tipo di applicazione topica è dato dal bagno o immersione. Per evitare sprechi di farmaco e il rischio di contaminare i filtri e danneggiare la biologia della vasca, è opportuno collocare l’animale in una vasca più piccola. L’inconveniente più grande di questo tipo di trattamento è il fatto di dover manipolare e spostare l’animale. Mentre lo squalo è nella vasca di ridotte dimensioni è bene monitorare costantemente il livello di ossigeno disciolto nell’acqua. Tale livello non deve scendere sotto i 6 ppm. Per quanto riguarda i farmaci contro i parassiti esterni, è sconsigliato addizionarli all’acqua in cui gli animali vivono abitualmente. Questo perché i farmaci in questione, inseriti in un sistema con all’interno specie diverse e un particolare equilibrio ecologico, hanno una cinetica molto complessa che non permette di avere la certezza di un trattamento efficace, e al contempo non dannoso, per tutti gli organismi, compresi i microrganismi e la flora, presenti del sistema. (Stoskopf M.K., 1990) 6.3.2 Somministrazione per Via Orale La via di somministrazione orale è relativamente comoda e precisa. Si può inserire il farmaco, sottoforma di pastiglia o capsula, nell’addome di un pesce che poi verrà utilizzato per cibare lo squalo. Tramite un’asta si può fornire il cibo medicato anche a un singolo animale in una vasca che contiene diversi esemplari. Questo tipo di somministrazione presenta però alcuni svantaggi. Prima di tutto è necessario che lo squalo sia in grado di alimentarsi attivamente, condizione questa che spesso viene a mancare nel momento in cui l’animale si ammala e necessita di farmaci. Un altro svantaggio è dato dal fatto che l’assorbimento di molti principi attivi nel tratto gastrointestinale non è molto rapido. Tra l’altro molti farmaci vengono rapidamente distrutti dal pH dei succhi gastrici e questo li rende scarsamente efficaci. (Stoskopf M.K., 1990) 6.3.3 Somministrazione per Via Parenterale La somministrazione di farmaci per via parenterale permette di somministrare all’animale un range di farmaci più ampio rispetto a quello consentito dalla via orale ed è molto utile in quei casi in cui lo squalo non è in grado di cibarsi attivamente. Per quanto riguarda l’iniezione intramuscolare vengono utilizzate delle siringhe inastate in cui l’asta è un prolungamento dello stantuffo della siringa montata all’estremità. Una protezione impedisce che la punta della siringa si rompa o che l’ago si pieghi in seguito all’impatto con la dura pelle dello squalo. 65 Esempio di Siringa Inastata Proprio per la durezza della pelle dello squalo è bene utilizzare aghi relativamente grandi per le iniezioni con siringa inastata. In genere di preferisce usare un ago 16 G negli squali di grosse dimensioni, mentre per gli squali di dimensioni più ridotte si può utilizzare un ago 18 G. In alcuni esemplari in cui la cute è particolarmente resistente si rende necessario l’utilizzo di un ago 14 G. Alcuni squali finiscono per associare l’asta utilizzata per il cibo con quella utilizzata per l’iniezione. Per ovviare questo inconveniente è preferibile utilizzare aste di dimensioni diverse per effettuare le due operazioni. Il miglior punto per effettuare un’iniezione intramuscolare in uno squalo è sul dorso, in un’area che circonda la pinna dorsale e si estende lateralmente fin sopra la linea laterale. In senso cranio-caudale tale area si estende dal margine caudale delle fessure branchiali o dall’opercolo, al margine craniale della seconda pinna dorsale. Quest’area comprende i muscoli dorsali ed è priva di strutture vitali che potrebbero essere danneggiate dall’iniezione. Prima Pinna Dorsale Seconda Pinna Dorsale Spiracolo Lobo Superiore Pinna Caudale Narici Pterigopodi Tasche Branchiali Pinna Pelvica Pinna Anale Lobo Inferiore Pinna Pettorale Rappresentazione schematica del punto in cui è possibile effettuare un’iniezione intramuscolare in uno squalo L’iniezione intravenosa va effettuata su animali in contenzione e si utilizza il punto descritto per il prelievo di campioni ematici (par. 6.2.2). Un’alternativa, negli esemplari più grandi, è rappresentata dalla vena che decorre lateralmente caudalmente alla testa, appena sopra la linea laterale. E’ possibile anche effettuare iniezioni intraperitoneali in quelle situazioni dove è necessario un rapido assorbimento del farmaco ma la via intravenosa non risulta 66 essere fruibile. Ovviamente i farmaci da iniettare per via intraperitoneale non dovrebbero essere istiolesivi. (Neiffer D.L. et al., 2009) (Stoskopf M.K., 1990) 6.4 Farmaci e Dosaggi 6.4.1 Reintegrazione di Fluidi ed Elettroliti Un serio problema durante il decorso di una patologia è la disidratazione, nel caso degli squali questo problema è ancor più accentuato dato che questi animali vivono in un ambiente iperosmolare. Grandi perdite acqua si possono avere in seguito a gravi ferite ma anche in corso di patologie epatiche che portano a una scarsa produzione di sangue, urea e azoto, indispensabili per l’osmoregolazione. Patologie renali o particolari patologie legate alle branchie possono portare a disidratazione e a un alterato bilancio elettrolitico. In uno squalo disidratato l’ematocrito è elevato e si possono avere anche alti livelli di azoto o urea sierici. Per questi motivi la reidratazione è di fondamentale importanza per portare l’animale alla guarigione. Per procedere alla reintegrazione dei fluidi si può utilizzare una soluzione di Destrosio al 5% per via endovenosa. Si può utilizzare anche la soluzione di Ringer o una soluzione composta dal terreno di coltura per cellule di Eagle senza la presenza dell’indicatore colorato e con l’aggiunta di concentrazioni fisiologiche di urea. Il vantaggio di questa soluzione è di essere isosmotica ed è molto utile in quelle situazioni in cui è di fondamentale importanza reintegrare gli elettroliti. La quantità di fluido fornito deve essere proporzionale al livello di disidratazione dell’animale ma una dose di 20 ml/Kg di fluidi al giorno rappresenta un sicuro punto di partenza. Qualora non sia possibile effettuare una somministrazione di liquidi per via endovenosa si può optare per la via intraperitoneale. In corso di gravi malattie, infettive o metaboliche, è indispensabile proseguire per diversi giorni con la somministrazione di fluidi, fino a che lo squalo non inizia ad alimentarsi in maniera autonoma. (Stoskopf M.K., 1990) 6.4.2 Terapia Antibiotica Come in tutti gli altri animali, anche negli squali le infezioni batteriche possono rappresentare una causa primaria di malattia o provocare complicazioni secondarie in presenza di altri tipi di patologie, per questo motivo il ricorso agli antibiotici è tutt’altro che infrequente. L’antibiotico deve essere scelto con criterio, tenendo presente i risultati dell’antibiogramma, la cinetica del farmaco per la via di somministrazione scelta, le interazioni con altri farmaci somministrati o che si prevede di dover somministrare, l’interazione con le varie sostanze e molecole presenti nell’acqua della vasca in cui l’animale vive e l’eventualità che si verifichino effetti collaterali. 67 E’ bene che l’animale a cui è stato somministrato un farmaco venga attentamente controllato nelle ore successive, per rilevare l’insorgere di eventuali segni di tossicità o modificazioni nelle condizioni di salute e procedere di conseguenza con una correzione della terapia. Una terapia bene eseguita in genere porta a un miglioramento del quadro clinico in due o tre giorni. Buona norma è quella di estendere, quando possibile, la terapia antibiotica per una settimana oltre la remissione dei sintomi, per evitare ricadute e l’insorgere di resistenze agli antibiotici. (Stoskopf M.K., 1990) TRATTAMENTI ANTIBIOTICI FARMACO Gentamicina Kanamicina Neomicina Ampicillina Carbenicillina Cloramfenicolo Succinato Clortetraciclina Diidrostreptomicina Nitrofurazone Ossitetraciclina DOSE 6 mg/Kg peso corporeo 20 mg/Kg peso corporeo 20 mg/Kg peso corporeo 10 mg/Kg peso corporeo 200 mg/Kg peso corporeo 40 mg/Kg peso corporeo 10-20 mg/Kg peso corporeo 10 mg/Kg peso corporeo 50 mg/Kg peso corporeo 10 mg/Kg peso corporeo oppure 59-75 mg/Kg peso corporeo VIA DI SOMMINISTRAZIONE e DURATA DEL TRATTAMENTO IM ogni 6 giorni IP o OS die OS die IM o OS die OS die IM o OS die OS die IM o OS die OS die IM die OS die 6.4.3 Farmaci Antinfiammatori Farmaci antinfiammatori steroidei e non steroidei sono molto utili nella pratica clinica sugli squali. Vengono utilizzati ad esempio in casi di tetania da trasporto, di esaurimento delle ghiandole surrenali in seguito a cattura o stress e anche in caso di meningite cronica. 68 I farmaci più utilizzati sono il Desametasone, somministrato per via endovenosa o intramuscolare a seconda delle condizioni cliniche del paziente, il Prednisolone e gli steroidi a lunga durata d’azione come il Metilprednisolone acetato e il Fludrocortisone acetato. I farmaci a lunga durata d’azione sono molto utili, associati agli antibiotici, per il trattamento delle infiammazioni oculari. I farmaci antinfiammatori non steroidei, come la Flunixin Meglumina, vengono utilizzati negli gli squali dell’ordine Carcharhiniformes alle dose previste per i mammiferi carnivori. (Stoskopf M.K., 1990) 6.4.4 Farmaci Anti Trematodi Gli Squali sono soggetti al parassitismo da parte dei Trematodi. Nel caso degli squali allevati in cattività il più conosciuto è un trematode della pelle appartenente alla classe Monogenea, il Dermophtirius spp. Dermophtirius spp Questo parassita può provocare gravi danni all’ospite, per questo è bene intervenire prontamente in caso se ne rilevi la presenza. Purtroppo molti trematodi non sono sensibili ai livelli massimi di rame che gli squali potrebbero sopportare, ma, per fortuna, sembrano essere ospite-specifici. Di conseguenza rimuovere lo squalo interessato dalla propria vasca permette di eliminare il problema nel sistema. L’animale reintrodotto dopo un anno nel non si reinfetta. 69 A livello farmacologico il Praziquantel idrocloridrato viene utilizzato nei pesci ossei ma non si hanno studi effettuati sugli squali. Tuttavia risulta essere una buona alternativa al trattamento dell’acqua con pesticidi organici. La dose di partenza è di 400 mg per 100 g di cibo somministrati giornalmente per 6-7 giorni. Un altro farmaco utilizzabile sia in sistemi chiusi che aperti è il Triclorfon (Neguvon®, Masoten®, Dylox®). Purtroppo la tossicità di questo principio attivo è molto alta tanto da dover essere maneggiato e dosato sotto cappa e con la protezione di guanti. La dose indicata è di 0,25 mg/l ma può essere variata a seconda delle necessità. Alcuni autori riportano un dosaggio di 0,5 mg/l a intervalli di 5 giorni in sistemi semiaperti e una singola dose di 2,0 mg/l nei sistemi chiusi. Il Triclorfon è instabile in ambiente alcalino e viene degradato velocemente in ambiente marino, tuttavia è consigliabile effettuare il trattamento in vasche più piccole e dove le persone non si immergono. Dopo il trattamento, prima di eliminare l’acqua utilizzata, è bene portarla a pH 11 tramite l’uso di idrossido di sodio, per essere certi di eliminare ogni residuo di farmaco. (Stoskopf M.K., 1990) 6.4.5 Farmaci Anti Nematodi e Anti Cestodi I farmaci che possono essere utilizzati per le infestazioni da parte di nematodi e cestodi sono diversi: - Cambendazolo 20 mg/Kg per via orale Mebendazolo 20 mg/Kg per via orale Levamisolo 10 mg/Kg per via orale Per le infestazioni da cestodi si possono utilizzare anche Praziquantel o Niclosamide. Per quanto riguarda il Niclosamide si è avuto il sospetto che potesse essere tossico per gli squali dell’ordine Carcharhiniformes allevati in sistemi chiusi. Sebbene non fossero stati osservati segni di intossicazione nel momento della somministrazione del farmaco, questi apparivano un paio di giorni dopo portando l’animale a morte. E’ stato supposto quindi che la tossicità fosse legata all’assorbimento del farmaco escreto o dei suoi metaboliti attraverso le branchie. (Stoskopf M.K., 1990) 6.4.6 Terapia Anti Crostacei I crostacei, in particolare i copepodi, possono parassitare gli squali e, nei sistemi di allevamento in cattività, comprometterli talmente tanto da portarli a morte. Il più delle volte i copepodi si trovano all’esterno del corpo dell’animale, tuttavia alcune forme possono trovarsi all’interno dell’organismo, in numerosi organi compreso il cuore. I copepodi non sono sensibili a una terapia a base di rame effettuata a concentrazione sicura per lo squalo. 70 E’ possibile rimuovere i parassiti manualmente, tuttavia spesso questi si trovano all’interno della bocca dell’animale che deve essere quindi completamente immobilizzato prima di procedere alla rimozione degli stessi. Come per i Trematodi è possibile utilizzare il Triclorfon utilizzando tutte le precauzioni descritte in precedenza (par. 6.4.4). Si possono utilizzare spray a base di formalina tamponata al 2% (dissolvere 2 ml di formaldeide al 37% in 98 ml di acqua e portare la soluzione a un pH tra 7 e 8 utilizzando una soluzione tampone a base di fosfato) ma non per rimuovere i parassiti dalla bocca e dalle branchie. Sono efficaci anche spray a base di alcool di isopropile al 70% ma irritano la pelle dell’animale causando un’eccessiva produzione di muco. (Stoskopf M.K., 1990) 6.4.7 Terapia Ormonale Un problema abbastanza frequente negli squali allevati in cattività è l’ipotiroidismo con formazione di gozzo a causa di bassi livelli di tiroxina (T4) circolante. La diagnosi precoce di questa patologia e la somministrazione tempestiva preferibilmente per via orale, ma anche tramite iniezione, di T4 sintetico impedisce lo svilupparsi del gozzo. Si ricorre all’uso di steroidi, associati a Desametasone o Prednisolone (come indicato nel par. 6.4.3) in caso di esaurimento delle ghiandole surrenali in seguito a cattura o trasporto. (Stoskopf M.K., 1990) 71 TABELLA RIASSUNTIVA DEI FARMACI E DEI DOSAGGI FARMACO Atropina Flunixin Meglumina Desametasone Destrosio 5% DOSE 0.10 mg/Kg peso corporeo 0.3 mg/Kg peso corporeo 1-2 mg/Kg peso corporeo 20-30 ml/Kg peso corporeo VIA DI SOMMINISTRAZIONE e DURATA DEL TRATTAMENTO IM, IV o IP IM IM, IV o IP IV o IP Doxapram 5 mg/Kg peso corporeo IV o IP Acido Folico 5 mg/Kg peso corporeo OS die Furosemide 2-3 mg/Kg peso corporeo IP o IM bid Riboflavina 10 mg/Kg peso corporeo OS die Prednisolone 1 mg/Kg peso corporeo IM, IV, IP Tiroxina 20 µg/Kg peso corporeo OS die, IM Vitamina A 500 unità/Kg peso corporeo OS die per 2 settimane 6.5 Anestesia e Immobilizzazione La contenzione farmacologica permette all’operatore di operare in sicurezza e all’animale di subire un minor stress soprattutto durante le procedure che devono essere effettuate fuori dall’acqua, permette inoltre di minimizzare i movimenti e le risposte fisiologiche in conseguenza alla stimolazione dei nocicettori durante la chirurgia. 6.5.1 Respirazione Come spiegato nel paragrafo 4.1, gli squali bentonici sono dotati di uno spiracolo grazie al quale possono aspirare l’acqua e spingerla forzatamente attraverso le branchie. Gli squali pelagici, invece, sono obbligati a nuotare per poter permettere all’acqua di passare attraverso le branchie. Per queste specie, quindi, è necessario ricorrere alla ventilazione forzata che garantisce un adeguato flusso di acqua ricca di ossigeno attraverso lo branchie. Esistono a tal fine sistemi a ricircolo o a non ricircolo. 72 I sistemi a non ricircolo prevedono l’uso di una sacca per soluzione fisiologica e di un deflussore. Nella sacca non sigillata viene posto un air stone che permette l’areazione dell’acqua e la rimozione della CO2 dissolta. Questo metodo è indicato per animali di dimensioni piccole e non permette il riciclo dell’acqua utilizzata. I sistemi a ricircolo consentono invece di fornire acqua ricca di ossigeno alle branchie dell’animale da un lato e riciclare l’acqua già utilizzata dall’altro tramite l’ausilio di una pompa manuale o automatica sommersa. Una valvola posta sul tubo che fornisce acqua alle branchie provvede a regolarne il flusso e anche in questo caso un air stone le fornisce costantemente ossigeno. Il metodo del ricircolo è indicato per i pesci di grosse dimensioni dove è necessario risparmiare l’anestetico disciolto nell’acqua. (Neiffer D.L. et al., 2009) 6.5.2 Preparazione all’Anestesia Ove possibile è opportuno monitorare i parametri comportamentali dell’animale prima di effettuare l’anestesia. Tali parametri comprendono ad esempio il livello di attività, la frequenza respiratoria e l’ampiezza di movimento della pinna caudale. E’ indicato lasciare a digiuno l’animale nelle 12-24 ore precedenti l’anestesia per ridurre il rischio di rigurgito. Buona norma è quella di preparare, in caso ce ne sia rapidamente bisogno, un adeguato contenitore contenente acqua per il trasporto, l’induzione, il mantenimento o il ricovero dell’animale e in caso sia necessario un rapido cambio dell’acqua in cui l’animale è immerso. L’acqua utilizzata durante l’anestesia dovrebbe essere la stessa in cui l’animale vive o comunque averne le stesse caratteristiche chimico-fisiche con una quantità di ossigeno disciolto di 6-10 ppm (mg/l) o comunque superiore a 5 ppm. Se l’intervento sull’animale prevede manualità da svolgere fuori dall’acqua è bene provvedere a un piano per inumidire la pelle, le pinne e gli occhi tramite, ad esempio, teli umidi o perette riempite con acqua. Ovviamente anche l’operatore dovrebbe proteggersi con guanti e mascherina chirurgica, sia per il contatto che inevitabilmente avrà con l’anestetico disciolto nell’acqua, sia per ridurre il rischio di trasmissione di malattie zoonotiche. (Neiffer D.L. et al., 2009) 6.5.3 Anestesia per Immersione L’anestesia per immersione è l’analogo dell’anestesia inalatoria negli animali terrestri. L’anestetico viene posto in soluzione nell’acqua utilizzata per la ventilazione dell’animale (par. 6.5.1) ed è raccomandabile un flusso d’acqua di 1-3 l/min/Kg. Ponendo poi l’animale in una vasca di acqua in cui non sia disciolto l’anestetico, questo secerne il farmaco e i suoi metaboliti attraverso le branchie. (Stoskopf M.K., 1990) (Neiffer D.L. et al., 2009)I farmaci che possono essere utilizzati per questo tipo di anestesia sono diversi: 73 Tricaina metansolfonato (MS-222): è un derivato della Benzocaina che viene assorbito attraverso le branchie, metabolizzato a livello epatico e renale, ed eliminato attraverso le branchie ma anche, per quanto riguarda alcuni metaboliti, attraverso la bile e le urine. Questo farmaco, sensibile alla luce, può essere addizionato come polvere direttamente all’acqua della vasca per anestesia o come soluzione. Per quanto riguarda la sedazione si utilizza una dose di 50-125 mg/l per l’induzione e 10 mg/l come dose di mantenimento. Per quanto riguarda l’anestesia la dose per l’induzione è di 80-100 mg/l e la dose per il mantenimento è di 60-75 mg/l. L’MS-222 risulta essere molto più efficace e sicuro se utilizzato nella sua forma neutralizzata ottenibile portando la soluzione al pH dell’acqua in cui l’animale vive. Per poter tamponare la soluzione si può usare il Bicarbonato di Sodio in rapporto 2:1 con l’MS-222 ma anche altre soluzioni tampone come il Carbonato di Calcio e l’Idrossido di Sodio. (Neiffer D.L. et al., 2009) (Murray M.J., 2010) (Stoskopf M.K., 1990) Benzocaina: è simile alla Tricaina metansolfonato ma è meno acida e molto meno solubile in acqua. Il composto richiede di essere disciolto in soluzione con etanolo o acetone, alla dose di 100 g/l, o con glicole propilenico. Anche la Benzocaina è sensibile alla luce e deve quindi essere stoccata in contenitori scuri a temperatura ambiente. Il vantaggio di questo farmaco sta nella sua bassa tossicità per l’uomo ai dosaggi utilizzati per gli animali e alla facilità e rapidità con cui si degrada nell’acqua (impiega circa 4 ore senza l’utilizzo di filtri a base di carbone) evitando una massiccia contaminazione dell’ambiente. Per quanto riguarda gli squali i dosaggi riportati sono riferiti all’Hemiscyllium ocellatum e sono di 60-75 mg/l (Neiffer D.L. et al., 2009) (Murray M.J., 2010) (Stoskopf M.K., 1990) Ossigeno: per alcune specie di Elasmobranchi anche alte concentrazioni d’ossigeno risultano essere sedative. L’animale deve essere immerso in acqua in cui sono disciolti alti livelli d’ossigeno (120%-200%), oppure si può utilizzare la stessa per la ventilazione forzata. Tuttavia un’esposizione prolungata può deprimere la ventilazione e provocare ipercapnia. (Neiffer D.L. et al., 2009) (Murray M.J., 2010) (Stoskopf M.K., 1990) 6.5.4 Anestesia Parenterale La via più comune di somministrazione di anestetici per via parenterale è quella intramuscolare. Si utilizza lo stesso metodo previsto per la somministrazione di altri farmaci per la stessa via (par.6.3.3). Spesso la somministrazione per via parenterale di anestetico non fornisce un’adeguata sedazione o anestesia e rende indispensabile dover ricorrere all’anestesia per immersione. Va ricordato che in caso si utilizzi solo l’anestesia parenterale è indispensabile ventilare l’animale come descritto nel paragrafo 6.5.1. I farmaci utilizzati per l’anestesia parenterale sono: 74 Ketamina + Medetomidina: la Ketamina idrocloridato è un anestetico efficace ma di breve durata. Se somministrata da sola per via intramuscolare richiede alte dosi, mentre se somministrata per via endovenosa i dosaggi si riducono di 1/3-1/4 rispetto alla via intramuscolare. Negli Elasmobranchi, molto più sensibili a questo farmaco rispetto ai pesci ossei, la Ketamina può provocare crisi convulsive e apnea dose-dipendente. Per ovviare a questi inconvenienti e migliorare l’anestesia, la Ketamina viene associata alla Medetomidina, un’agonista α2-adrenergico in grado di dare sedazione ma non analgesia. I dosaggi di questi farmaci sono di 4-5 mg/Kg Ketamina e 0.09-0.10 mg/Kg Medetomidina. La Medetomidina ha il vantaggio, inoltre, di poter essere antagonizzata dall’Atipamezolo somministrato per via intramuscolare a una dose 5 volte superiore a quella della Medetomidina. (Neiffer D.L. et al., 2009) (Murray M.J., 2010) (Stoskopf M.K., 1990) Ketamina + Xylazina: Questo tipo di associazione produce un’anestesia efficace e sicura, tuttavia non sempre la Xylazina è in grado di contrastare gli spasmi muscolari che la Ketamina può provocare. Per questi motivi l’associazione Ketamina + Medetomidina è considerata la soluzione migliore. I dosaggi per quanto riguarda l’associazione Ketamina + Xylazina il dosaggio previsto è di 10-20 mg/Kg Ketamina + 6 mg/Kg Xylazina. (Neiffer D.L. et al., 2009) (Murray M.J., 2010) (Stoskopf M.K., 1990) Propofol: questo farmaco viene utilizzato negli squali di piccola taglia come il Chiloscyllium plagio sum alla dose di 2.5 mg/Kg IV. (Neiffer D.L. et al., 2009) (Murray M.J., 2010) (Stoskopf M.K., 1990) 75 TABELLA RIASSUNTIVA DEI FARMACI E DEI DOSAGGI FARMACO Tricaina metansolfonato (MS-222) Benzocaina Ketamina + Medetomidina Ketamina + Xylazina Propofol VIA DI SOMMINISTRAZIONE DOSE Sedazione 50-125 mg/l induzione 10 mg/l mantenimento Anestesia 80-100 mg/l induzione 60-75 mg/l mantenimento 60-75 mg/l nell’Hemiscyllium ocellatum 4-5 mg/Kg 0.09-0.10 mg/Kg 12-20 mg/Kg 6 mg/Kg 2.5 mg/Kg nei piccolo squali Immersione Immersione IM IM IV 7. CONCLUSIONI La scarna bibliografia disponibile per poter completare questo lavoro è un chiaro segnale di quanto poco ancora si sappia riguardo gli squali. Il lavoro da fare da parte di ricercatori, biologi, medici veterinari, ma anche appassionati e gente comune è ancora molto. E’ fondamentale diffondere e approfondire la conoscenza di questi meravigliosi animali così importanti per l’ecosistema dei nostri mari e, di conseguenza, per l’uomo. Tutti noi possiamo contribuire alla salvaguardia degli squali, imparando a conoscerli, a rispettarli, a combattere le mode che ne mettono in pericolo l’esistenza. Forte è la speranza di aver contribuito, con questo lavoro, a infondere nel lettore quella curiosità che spinge alla ricerca e al rispetto, a far conoscere lo squalo in maniera chiara e obiettiva, a invogliare il lettore a scavalcare i propri eventuali pregiudizi e ad approfondire la propria conoscenza di questo prezioso animale con la mente scevra da false dicerie e leggende. Forse non tutti riusciranno ad apprezzare ed ammirare gli squali, è tuttavia vitale, per i nostri mari e per l’umanità, che tutti imparino a rispettare queste straordinarie creature. 76 Esemplare di Squalo Grigio (Carcharhinus amblyrhynchos) fotografato durante un’immersione al reef Sha Ab Rumi (Sudan) 77 Bibliografia Angelozzi, M. (s.d.). Anatomia degli Squali. Tratto da Prionace.it: http://www.prionace.it/framegenerale.htm Angelozzi, M. (2007). Lo spiracolo degli squali. Tratto da Fondali.it: http://www.fondali.it/articoli/page.asp?articolo=124 Carol, M., Craig, K. (s.d.). Biological Profile of the Whale Shark. Retrieved from FloridaMuseum of Natural History: Ichthyology: http://www.flmnh.ufl.edu/fish/Gallery/descript/whaleshark/whaleshark.html Casterling, M. (1979). Shark Thermoregulation. Compagno, L., Donald, M., Fowler, S. (2005). Sharks of the World. Princeton University Press. Davies, E. (2011). Whale sharks: Biggest fish could be even bigger. Tratto da BBC Earth News: http://news.bbc.co.uk/earth/hi/earth_news/newsid_9370000/9370031.stm Dell'Apa, A. (2007). Orecchio di Squalo. Tratto da Sharknews: http://edesabata.wordpress.com/2007/07/02/orecchio-di-squalo/ Neiffer, D. L., Stamper, M. A. (2009). Fish Sedation, Anesthesia, Analgesia, and Euthanasia: Considerations, Methods, and Types of Drugs. ILAR journal, National Researcch Council, Institute of Laboratory Animal Resources , 50 (4), pp. 343360. Fazzini, U. (2004/05). Apparato Digerente. Tratto da http://users.uniud.it/fazzini/anItt/DIGERENTE/apparato_digerente.htm Fazzini, U. (2004/05). Apparato Respiratorio. Tratto da http://users.uniud.it/fazzini/anItt/BRANCHIE/respiratorio.htm Foundation Shark. (2005). Facts on Shark Accidents. Tratto da Shark Foundation: http://www.shark.ch/Information/Accidents/index.html Burgess, G.H. (1991). Shark attack and the International Shark Attack File. Discovering Sharks, American Littoral Society, Highlands, New Jersey , pp. 101105. Gabriotti, V. (2005). http://www.grandesqualobianco.com/. Tratto da Grande Squalo Bianco. Gioelli, F. (2011). Perchè preoccuparsi? Tratto da Shark About: http://www.sharkabout.com/it/probabilita-attacchi-squalo 78 Martin, R. A. (2003). Is the White Shark Intelligent? Tratto da Biology of Sharks & Rays: www.elasmo-research.org/education/white_shark/intelligence.htm Martin, R. A., Martin, A. (2006). Sociable Killers: New studies of the white shark (aka great white) show that its social life and hunting strategies are complex. Natural History Magazine . Murray, M. J. (2010). Endoscopy in Sharks. Veterinary Clinics of North America: Exotic Animal Practice , 13, pp. 301-313. Nicola, C. M. (2010). Il comportamento dello Squalo Bianco nei mari del mondo. Tratto da www.biologiamarina.eu: http://www.biologiamarina.eu/Comportamento%20dello%20squalo%20bianco.html Notarbartolo di Sciara, G., Bianchi, I. (1998). Guida degli Squali e delle Razze del Mediterraneo. Franco Muzio Editore. Rezzolla, D. (2006). Gli Squali. Tratto da Acquarium Point: http://www.acquariumpoint.it/squali.htm Rezzolla, D. (2004). Squali Bianchi: Sud Africa 2004. Tratto da Danishark.it: http://www.danishark.it/web/index.htm Rezzolla, D. (2005-2010). Squalo Martello. Tratto da DaniShark.it: http://www.danishark.it/web/index.htm e seguenti Rezzolla, D.,Storai, T. (2010). “Whale Shark Expedition”: Observations on Rhincodon typus from Arta Bay, Gulf of Tadjoura, Djibouti Republic, Southern Red Sea Rezzolla, D.,Storai, T.; in pubblicazione Shadwick, R. E. (2006). Convergenze Evolutive. Le Scienze , 103-109. Shark About. (s.d.). Perchè preoccuparsi? Tratto il giorno 2011 da Shark About: http://www.sharkabout.com/it/probabilita-attacchi-squalo Shark Attack Questions. (s.d.). Tratto da Florida Museum of Natural History: Ichthyology: http://www.flmnh.ufl.edu/fish/education/questions/Attack.html Stoskopf, M. K. (1990). Shark diagnostics and therapeutics: A short review. Journal of Aquariculture and Aquatic Sciences , 5 (3), p. 33-43. www.darissimo.com. (s.d.). 79 Ringraziamenti Ho pensato spesso a questa parte della mia tesi eppure ora che è giunto il momento dei ringraziamenti faccio fatica a trovare le parole. Sono talmente tante le persone che devo ringraziare che temo di dimenticarmi di qualcuno. Un grazie di cuore prima di tutto ai miei genitori, a mia sorella e al mio compagno perché senza il loro appoggio, la loro fiducia e la loro pazienza non sarei mai arrivata qui. Grazie per avermi consolata e sopportata nei momenti difficili e per aver gioito con me nei momenti di gloria, per esservi sempre dimostrati orgogliosi di me e per aver sempre avuto un consiglio, una parola o semplicemente la pazienza di sopportare i miei sfoghi. Grazie ai miei nonni…avrei tanto voluto avervi qui tutti e quattro ad assistere a questo traguardo…ma so che comunque, da qui o da lassù, mi seguite passo per passo senza lasciarmi mai. Un grazie di cuore al mio Professore Piergiovanni Bracchi per la sua infinita pazienza e il suo prezioso aiuto nello svolgimento di questa tesi. Un ringraziamento particolare a Danilo Rezzolla, correlatore di questa tesi, che, oltre a guidarmi pazientemente nello svolgimento di questo lavoro, mi ha dato la gioia di conoscere da vicino gli adorati squali. Un enorme abbraccio e un sincero ringraziamento anche ai miei genitori adottivi: Dott.ssa Alessandra Zangobbi e Dott. Davide Caprini che mi hanno sempre supportata e spronata e sono sempre stati per me guide e amici cari. Ne approfitto per ringraziare anche Almirante…il legno del tirocinante…ora sparito dall’ambulatorio per mano di non si sa chi ma che mi ha accompagnato in modo duro ma amorevole per un anno intero… Grazie a Melissa, un’amica preziosa e sempre presente che ha condiviso con me gioie e dolori, fatiche e soddisfazioni di questi anni di studi. Grazie e Shangy e Irene, la mia famiglia di via Repubblica su cui ho sempre potuto contare e con cui ho trascorso giornate meravigliose. (Un caloroso ringraziamento anche al fantasma della Signora Campanini…). Un ringraziamento anche al Tovani, a Eleonora, a Mauro il Lampadario, a tutta la ciurma del viaggio in Sudan del 2010 e a tutto l’Equipaggio della MSY Elegante. Grazie per l’esperienza meravigliosa e per l’amicizia che ci accompagna. Devo ringraziare di cuore lo Zio Nicola per il suo sostegno sempre e comunque e, insieme anche a Cristian e Mauri, per le belle immersioni dovunque ci sia una goccia d’acqua che portano sempre con sé aria d’impresa! Grazie ai veterinari Elena, Federica, Lara, Manuel, Mario, Pierangelo, Stefano e Oreste per i loro insegnamenti e per le opportunità che mi hanno dato. Grazie a Simone per l’aiuto con le parti in inglese di questa tesi! Grazie anche a tutti gli animali della mia famiglia: Scuba, Kenya, Sweety, Nebbia, Snoopy, Quorthon e Sgrafio; le vostre musate e leccate sono state di grande conforto nei momenti difficili. Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me e che non ho scritto in queste righe. Approfitto di questo spazio per segnalare una cosa a me molto cara. 80 Il 5 Luglio 2011 è nata l’Associazione Danishark Elasmobranch Research dalla volontà di Danilo Rezzolla di creare un gruppo di persone che collabori con lui all’organizzazione e allo svolgimento delle spedizioni di ricerca scientifica sui pesci cartilaginei, al fine di approfondire le conoscenze e contribuire alla loro salvaguardia anche attraverso lo svolgimento di attività didattico-divulgative. E’ molto importante far conoscere a più gente possibile l’esistenza di questa associazione al fine di divulgare le informazioni fino ad ora disponibili riguardo al mondo degli squali e di reperire fondi per il sostegno delle attività di ricerca. Per chiunque fosse interessato il sito dell’associazione, in cui reperire tutti i dati e i contatti necessari, è www.danishark.it Gli squali, e con essi i nostri mari, hanno bisogno dell’aiuto di ognuno di noi! Manuela Costa 81