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Organo Ufficiale della
Società Italiana
di Colposcopia
e Patologia
Cervico Vaginale
ANNO XXIV - N. 2
APRILE 2012
Comitato di Redazione
Coordinatore Scientifico
Vecchione Aldo (Roma)
Comitato Scientifico
Carinelli Silvestro (Milano)
Chiossi Giuseppe (Modena)
Fidelbo Melchiorre (Catania)
Gallia Laura (Asti)
Giunta Antonio (Partinico, PA)
Tortolani Francesca (Modena)
Visci Paolo (Pescara)
Coordinamento Editoriale
Perino Antonio (Palermo)
Peroni Mario (Ascoli Piceno)
Piccoli Roberto (Napoli)
Direttore Responsabile
Fausto Boselli
Redazione
41043 Casinalbo (Mo)
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Autorizzazione del Tribunale
di Ascoli Piceno
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del 14-03-1983
Stampa/Pubblicità
Tipolitografia F.G. snc
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Savignano sul Panaro (Mo)
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Proprietario
Società Italiana di
Colposcopia e Patologia
Cervico Vaginale
Via dei Soldati, 25
00186 Roma
Finito di stampare nel mese di
Aprile 2012
Sommario
COMPLICANZE DEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLA CIN
T. Cunzolo,V. Rabino, M. Cannì, L. Gallia,
M. Palomba, F. Boselli, M. Barbero
3
LICHEN SCLEROSO VULVARE:
NUOVO APPROCCIO TERAPEUTICO
CON PLASMA RICCO DI PIASTRINE AUTOLOGO
R. Rossi, A. Frizzi, A. Ermini
8
ANGIOMIXOMA AGGRESSIVO DELLA VULVA:
DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO
M. Barbero, V. Rabino, T. Cunzolo, E. Feyles
11
ESPRESSIONE DELLA P16 E DI KI67
NELLE LESIONI CERVICALI DISPLASTICHE:
DIFFERENZE FRA PAZIENTI IN GRAVIDANZA E NON
F. Mancioli, L. Moriconi, J. Di Giuseppe,
F. Sopracordevole, G. Goteri, G. Lucarini,
T. Cunzolo, A.L. Tranquilli, A. Ciavattini
14
RUOLO DELLA DETERMINAZIONE DELLA P16 (INK4A)
NEL RISCONTRO DELLA CITOLOGIA ASC-US
H. Frizzo, S. Lorenzi, M.G. Piermartiri,
T. Cunzolo, A.L. Tranquilli, A. Ciavattini
17
VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DELL’HPV-DNA TEST (HC2®)
NEL FOLLOW-UP DELLE CIN2-3 TRATTATE CON ESCISSIONE
IN RADIOFREQUENZA. DATI PRELIMINARI
P. Garutti, C. Bedoni, C. Borghi, A. Patella
21
LA DISTRIBUZIONE DEI GENOTIPI
DI HPV NELL’ERA VACCINALE
M. Carrara, I.G. Calvino, A.D. Iacobone, L. Paladini,
L. Panzeri, B. Gardella, B. Dal Bello, A. Spinillo
24
RUBRICHE
Accreditamento professionale
essionale in colposcopia e fisiopatologia
del tratto genitale inferiore
f
a cura della SICPCV
31
Notiziario
ziario della
ella Società
32
SICPCV
1
2
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in Italia
SICPCV
SICPCV
Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale
affiliata alla International Federation for Cervical Pathology and Colposcopy (IFCPC)
Consiglio Direttivo
Presidente
Aldo Vecchione
Vice Presidenti
Antonio Frega Giancarlo Mojana Roberto Zarcone
Segretario Generale Tesoriere
Fausto Boselli
Segretario Aggiunto
Stefano De Martis
Consiglieri
Maggiorino Barbero Paolo Cattani Andrea Ciavattini
Carlo Penna Paolo Scirpa Francesco Sopracordevole
Revisori dei Conti
Emanuela Sampugnaro
Alberto Biamonti Fabrizio Fabiano
Revisori dei Conti supplenti
Maria Antonietta Bova Marco Palomba
Comitato Scientifico Permanente
Referente Antonio Perino
Referente
Antonio Perino (PA)
Componenti
Andrea Amadori
(FC)
Gian Piero Fantin
(Conegliano, TV)
Ankica Lukic
(RM)
Alberto Agarossi
(MI)
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(FI)
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(BA)
Carmine Carriero
(BA)
Bruno Ghiringhello
(TO)
Daria Minucci
(PD)
Paolo Cristoforoni
(GE)
Carlo A. Liverani
(MI)
Giancarlo Petricone
(RM)
Rosa P. De Vincenzo
(RM)
Sergio Votano
(RM)
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Complicanze
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del trattamento
ambulatoriale della CIN
T. Cunzolo,V. Rabino, M. Cannì, L. Gallia, M. Palomba*, F. Boselli**, M. Barbero
S.O.C. Ostetricia e Ginecologia ASL AT (Dir. M. Barbero)
*Clinica Ostetrica Ginecologica Universitaria di Cagliari
**Clinica ostetrica e Ginecologica di Modena
La Colposcopia in Italia Anno XXIV – N. 2 – Aprile 2012 - pagg. 3 - 7
Introduzione
I
l trattamento delle lesioni precancerose della cervice uterina ha subito molti cambiamenti negli ultimi decenni. Le tecniche altamente demolitive quali
l’isterectomia o l’amputazione del collo uterino fanno
ormai parte della storia. Attualmente le opzioni di trattamento della CIN si dividono in due grandi categorie:
tecniche distruttive e tecniche escissionali. I metodi distruttivi sono l’elettrocoagulazione, la crioterapia e la
vaporizzazione con laser o a radiofrequenza, i metodi
escissionali comprendono il bisturi a lama fredda, il laser CO2 e l’ansa diatermica.
Oggi vengono largamente preferiti i metodi escissionali per gli indubbi vantaggi rispetto ai trattamenti
distruttivi, infatti l’esame istologico su tutta la lesione
fornisce preziose informazioni sullo stato dei margini,
sulla presenza di microinvasione o di invasione franca
e sulla coesistenza di malattia ghiandolare. Una recente rewiew Cochrane (1) del 2010 non mostra differenze
significative sulla percentuale di guarigione tra le varie
tecniche analizzate; la percentuale di successo del trattamento con lama fredda, laser e ansa diatermica è stata riportata di 90-94%, 93-96% e 97,4% rispettivamente
(4-6); quello che cambia è la morbilità fra le varie tecniche, l’ansa a radiofrequenza (Fig. 1) risulta costantemente la migliore per tutte le complicanze esaminate
(sanguinamento peri e postoperatorio, dolore, durata
dell’intervento, facilità dell’intervento).
Il trattamento escissionale mediante apparecchiatura
a radiofrequenza è attualmente il trattamento di scelta
nella terapia delle lesioni preneoplastiche della cervice
e consente, grazie al fatto di essere un intervento ultraconservativo, di avere un bassissimo numero di complicanze esponendo le pazienti ad un rischio di recidiva o
di fallimento del trattamento paragonabile o superiore
a quello delle altre tecniche (6).
Figura 1. - Escissione con ansa a radiofrequenza di CIN 3
Complicanze
I risultati a lungo termine del trattamento a radiofrequenza, inclusa la morbilità, sono ancora oggetto di
discussione, ma in ogni caso l’incidenza delle complicanze risulta essere molto bassa.
Il trattamento chirurgico della CIN è comunemente
associato a complicanze sia intraoperatorie che postoperatorie (4) (Tabella 1). Le complicanze intraoperatorie
sono il dolore e l’emorragia.
Tabella 1. - Complicanze del trattamento della CIN con ansa
Complicanze
intraoperatorie
Complicanze
postoperatorie
Dolore
Emorragia
Emorragia
Infezioni
Cicatrici/Stenosi
Escissione incompleta
Fallimento
del trattamento
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Le complicanze postoperatorie sono l’emorragia, l’infezione, le cicatrici/stenosi, l’escissione incompleta e il
fallimento del trattamento.
Il dolore durante l’esecuzione dell’ansa deve essere il
più controllato possibile e questo avviene mediante
una corretta anestesia locale.
Infatti una paziente agitata e sofferente durante l’esecuzione dell’intervento potrebbe comportare un rischio
superiore alla media di fallimento del trattamento e di
lesioni conseguenti al contatto dell’ansa con la parete
vaginale.
Uno studio del 2004 (5) ha valutato il dolore avvertito
dalle donne a seguito del trattamento con ansa diatermica. Dai questionari a cui sono state sottoposte le pazienti si evince che in media il dolore viene avvertito
tra le 2 e le 4 ore successive al trattamento e che viene
facilmente alleviato con l’utilizzo di antidolorifici quale
il paracetamolo. Solo una donna su 3 in realtà segnalava
dolore per più di 4 ore a seguito dell’intervento.
L’emorragia si può verificare durante il trattamento,
entro le prime 24 ore (emorragie primarie) o entro 14
giorni dall’intervento. Sono anche segnalati casi di sanguinamento persistente che hanno reso necessario un
altro intervento. Per ridurre il rischio di questa complicanza si possono attuare alcuni accorgimenti:
-corretta miscelazione fra funzione coagulo e taglio;
-attenta coagulazione dei vasi sanguinanti;
-utilizzo di vasocostrittore con anestetico locale;
-applicazione di una garza emostatica alla fine dell’intervento nel cratere.
Le emorragie primitive si presentano in una percentuale pari al 0,5-2% delle pazienti trattate (6), non costituiscono quindi una complicanza comune ma potenzialmente molto seria, mentre le emorragie secondarie
variano in percentuale dal 0,6 al 5,5%.
Le infezioni si verificano più frequentemente in casi di
evidente cervico-vaginite preesistente all’intervento o
di infezioni recenti del basso tratto genitale. È consigliabile pertanto in questi casi differire il trattamento.
Le cicatrici e stenosi (definite come un restringimento
dell’orificio cervicale tale da non permettere il passaggio di un Hegar da 2,5 mm) (7) sono la conseguenza
della distruzione della normale anatomia della cervice.
Questa complicanza rende difficoltoso il follow-up
successivo sia per quanto riguarda il prelievo del citologico endocervicale che l’esecuzione di una corretta
colposcopia, stenosi importante del canale cervicale
possono causare anche dismenorrea e problemi di infertilità.
Importanti fattori di rischio sono la dimensione del
cono (se maggiore di 20 mm il rischio relativo diventa
doppio RR>2) e l’età della donna; infatti sono più a rischio le donne in età perimenopausale (RR>3) piuttosto che le donne in età fertile (8, 9, 12).
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Nel follow-up effettuato a 6 e 12 mesi dall’intervento è
inoltre fondamentale valutare se la stenosi sia completa
e incompleta perché questa caratteristica porterà a un
corredo sintomatologico e a complicanze differenti.
Le complicanze di una stenosi cervicale possono essere diverse e di diversa entità. La donna può avvertire
dolore e pesantezza a livello pelvico, dovuto all’ematometra (in caso di stenosi quasi complete) oltre a
problemi riguardanti la fertilità. Inoltre una stenosi
cervicale impedirà al clinico di effettuare un follow-up
soddisfacente.
Nel caso di una stenosi incompleta senza sintomatologia correlata e senza difficoltà nell’eseguire i normali
controlli, l’approccio migliore sarà quello di valutare
la paziente nel tempo mediante un corretto followup. Nei casi invece di stenosi cervicale completa o
Figura 2. - Esiti stenotici di conizzazione a lama fredda
Figura 3. - Stesso caso dopo escissione della stenosi a radiofrequenza.
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incompleta ma che diano alla donna il corredo sintomatologico sopra riportato o difficoltà nell’eseguire il
follow-up, il miglior approccio sarà quello chirurgico.
L’utilizzo delle tecniche a radiofrequenza (ansa o ago)
costituiscono la procedura più idonea e efficace per
il trattamento di questa complicanza; in alcuni casi si
rende necessaria prima dell’intervento di ricanalizzazione una dilatazione del CC con Hegar sotto controllo ecografico (Figure 2,3).
Se la donna è in perimenopausa fondamentale è l’utilizzo di terapia estrogenica locale.
La prevenzione delle stenosi si attua attraverso diverse
modalità:
-ridotta asportazione del tessuto cervicale
-utilizzo di elevate frequenze
-riduzione del danno termico
-evitare ischemie dei tessuti (punti di sutura)
-trattamento estrogenico locale dopo il trattamento di
donne in perimenopausa.
L’escissione incompleta viene diagnosticata dall’anatomopatologo sui margini del campione prelevato.
La presenza di CIN sui margini di resezione induce
frequentemente molta preoccupazione sia da parte
del sanitario che della paziente riguardo alla correttezza del prelievo, anche se solo in una piccola parte
di questi casi verrà riscontrata persistenza di malattia
in quanto la vaporizzazione sul fondo del cratere distrugge quasi sempre eventuali residui della patologia.
Prevenire questa complicanza prelevando coni sempre più grandi comporterebbe più danni che benefici,
quali ad esempio un’aumentata incidenza di sanguinamenti e stenosi cervicali, infatti la procedura ideale dovrebbe consentire l’escissione della lesione con
un minimo margine (2 mm) di tessuto sano all’intorno (6). Nel caso di interessamento dei margini, se non
vi è evidenza istologica di microinvasione o malattia
ghiandolare è consigliato rimandare la decisione di un
eventuale reintervento solo dopo il follow-up colpocitologico in quanto molti di questi casi non manifestano persistenza di malattia.
Il fallimento del trattamento della CIN non si può prevenire in maniera assoluta ma alcuni accorgimenti possono ridurre il numero di questi casi:
- corretta valutazione dell’estensione colposcopica
preintervento
- utilizzo dell’elettrodo (Figure 4,5) più idoneo alla dimensione della lesione (anse di varie dimensioni, ago,
…)
- esecuzione della procedura sotto controllo colposcopico.
Le problematiche a lungo termine dei trattamenti escissionali possono interessare l’outcome delle gravidanze
successive tra cui la rottura pretermine delle membrane, il parto pretermine, il basso peso alla nascita e la
Figura 4. - Elettrodi utilizzati nei trattamenti a radiofrequenza
Figura 5. - Anse utilizzate nell’escissione a radiofrequenza
perimortalità infantile. Infatti si considera che la distruzione del tessuto cervicale riduca il supporto meccanico richiesto durante la gravidanza. Per questo motivo la
profondità e il volume del tessuto rimosso sono considerati direttamente associati alle complicanze ostetriche (2, 3). In realtà la metodica a radiofrequenza sembra
essere correlata in grado molto minore a questo tipo di
problematiche rispetto a procedure più invasive (2, 3).
Casistica
In questo lavoro abbiamo valutato gli ultimi 1000 casi
che fanno parte della casistica generale, riportata nella
Tabella 2, di pazienti trattate per CIN presso il nostro
ambulatorio di Patologia del tratto genitale femminile
dal gennaio 2002 al gennaio 2011.
L’età media delle pazienti trattate è risultata di 44 anni.
Tutti i casi sono stati sottoposti a Pap-test, colposcopia
e biopsia mirata per lo studio della lesione displastica
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prima dell’intervento. Gli interventi sono stati eseguiti
in regime ambulatoriale o di ricovero in day-surgery,
utilizzando diverse tecniche: ansa, ago o spatola diatermica in anestesia locale e previo consenso informato.
Il follow-up prevedeva controlli a tre mesi, sei mesi, un
anno dall’intervento mediante esame citologico colposcopio con eventuale biopsia.
Dei 10 casi che presentavano modesti segni clinici di
infezione cervico-vaginale, solo in uno si è resa necessaria l’esecuzione di un batteriologico vaginale che ha
dimostrato la presenza di vaginosi batterica, negli altri
un trattamento locale con antisettici ha risolto il problema della leucoxantorrea.
I dati sopra riportati evidenziano chiaramente come
le complicanze dei trattamenti escissionali a radiofrequenza siano attualmente molto basse in accordo con
la maggior parte dei dati della letteratura degli ultimi 10
anni (1), tra questi vale ancora la pena citare uno studio
francese del 2002 (7) che confrontava diverse tecniche
utilizzate nel trattamento della CIN (Tabella 3) valutando in modo particolare la percentuale delle emorragie
e delle stenosi post intervento.
Il tasso di emorragie cervicali, utilizzando il bisturi elettrico, quello a lama fredda e l’ansa diatermica è risultato
rispettivamente del 5%, 8% e 2% (P < 0,001) e il tasso
di stenosi cervicali è stato del 27%, 8% e 3% rispettivamente (P < 0,001). Sono state inoltre considerate le
dimensioni del cono che sono risultate maggiori con
la conizzazione a lama fredda (18,3 ± 4,7 mm) e con il
bisturi elettrico (18,4 ± 3,5 mm) rispetto all’ansa diatermica (12,2 ± 3,5 mm) (P < 0,001) (7).
La maggior parte dei dati della letteratura indicano in
modo chiaro che l’ansa diatermica rappresenta il metodo migliore per il trattamento della CIN con percentuale di guarigione al di sopra del 90% e bassissima percentuale di complicanze (1).
Risultati e discussione
Nei 1000 casi studiati sono state ricercate in modo specifico le complicanze intra e postoperatorie. Si sono registrati 4 casi di stenosi cervicale grave (0,4%) e 10 casi
di lieve infezione cervico-vaginale (1%).
Non sono stati segnalati casi di emoraggie importanti
durante o dopo il trattamento.
Tra i 4 casi di stenosi da noi evidenziati, tre interessavano donne già in menopausa al momento dell’intervento e il quarto era un caso di stenosi incompleta in
donna regolarmente mestruata.
Le 3 pazienti in postmenopausa presentavano un’età
media di 59 anni e in due casi la lesione era rappresentata da CIN 3 endocervicale e l’altezza del cono asportato superava i 2 cm, mentre il terzo era un CIN 1 in
una paziente già sottoposta a un pregresso intervento
escissionale in altra sede.
L’unica paziente in età fertile (43 anni) era affetta da CIN
1 persistente a sviluppo endocervicale già sottoposta a
trattamento chirurgico per CIN di alto grado.
Tabella 2. - Casistica generale casi trattati
Grado CIN
N casi
Guarigione
Persistenza
Neoplasia
I
525
495 (94%)
30 (6%)
1 Adenoca i.m.
II
516
487 (94,5%)
29 (5,5%)
1 Adenoca i.m.
III
338
318(94%)
20 (6%)
24 microinv
1 Adenoca i.m.
2 Adenoca i.m.
Totale
1379
1300 (94,3%)
79 (5,7%)
29
Tabella 3. - Correlazione fra complicanze e tipo di tecnica escissionale utilizzata
Bisturi elettrico
Lama fredda
LLETZ (2002)
Stenosi
27%
8%
3%
P<0,001
Emorragia
5%
8%
2%
P<0,001
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Conclusioni
La tecnica escissionale a radiofrequenza, a prescindere dal tipo di elettrodo utilizzato (ansa, ago o spatola),
possiede un’ottima efficacia terapeutica, è facilmente
eseguibile e di basso costo, può essere eseguita ambulatorialmente in anestesia locale e offre un’ottima restituito ad integrum dei tessuti cervicali con un tasso di
complicanze estremamente basso.
Infatti se esaminiamo la nostra casistica risulta evidente
come i casi di stenosi (0,4%) oltre ad essere estremamente rari sono a carico quasi esclusivo di pazienti in
postmenopausa con lesione endocervicale e un’altezza del cono asportato superiore ai 2 cm. Pertanto è necessario dedicare molta attenzione, specialmente nelle
pazienti giovani, nel limitare la profondità dell’escis-
sione allo stretto indispensabile e ridurre al minimo il
danno termico, fattori questi che aumentano in modo
determinante il rischio di stenosi.
Nelle pazienti in postmenopausa il trattamento locale
con estrogeni prima e dopo l’escissione contribuisce a
ridurre la percentuale di queste complicanze.
Il trattamento a radiofrequenza mediante ansa diatermica necessita di un training di apprendimento molto
inferiore al laser ma in ogni caso l’abilità e la precisione
nell’identificare la lesione sono cruciali per minimizzare la grandezza dell’escissione, limitare il rischio di
avere margini positivi e ridurre al minimo il rischio di
complicanze quali stenosi e sanguinamenti.
Il follow-up dovrà essere sempre accurato e attento non
solo per la valutazione delle complicanze ma anche e
soprattutto per la valutazione di eventuali recidive.
Bibliografia
1. Surgery for cervical intraepithelial neoplasia COCHRANE SYSTEMATIC
REVIEWS, 2010
2. M Arbyn, M Kyrgiou, P
Martin Hirsch , W Prendiville, E Paraskevadia “Perinatal mortality and other
severe adverse pregnancy
outcomes associated with
treatment of cervical intraepithelial neoplasia: metaanalysis, BMJ 2008
3. M Kyrgiou, G Koliopolus, P
Martin- Hirsch, M Arbyn, W
Prendiville, E Paraskevaidis,
“Obstetric outcomes after
conservative treatment
for intraepithelial or early
invasive cervical leison systematic review and metaanalysis”, Lancet 2006
4. W Prendiville “Trattamenti
escissionali nel basso tratto
genitale”cap 7-9 , Marcor
1994
5. Williams Jo, Clare Jess and
N Johnson, “Bleeding,
discharge, pain and dysmenorrhea after large loop excision of the trasformation
zone (LLETZ), Journal of
6.
7.
8.
9.
Obstetrics and Gynecology
, 2004
Prendiville W. “The treatment of CIN: what are the
risks?”, Citopathology 2009
J-L.Brun, A.Youbi,C.Hocké,
“Complications, séquelles
et devenir du col traité
par conisation: évaluation
à travers 3 techniques
opératoires“,Masson, Paris,
2002
Penna C. et al. Gynecol
Oncol 2005
Brun JL.et al. J Gynecol Biol
Reprod 2002
10. Baldauf JJ et al. J Gynecol
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2002, Sanpaio Monteiroet
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12. Med j 2008, Paraskevaidis et
al. Obstet Gynecol 2001
13. Perino AC. Et al. Obstet
Gynecol 2011
14. Tan Y. Et al. Aust NZ J Obstet Gynecol 2007
15. Grund D.et al. Fertil Steril
2007
16. Nasu K. Et al. Arch Gynecol
Obstet 2010
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Lichen scleroso vulvare:
nuovo approccio
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terapeutico
p
con plasma ricco di piastrine autologo
R. Rossi*, A. Frizzi*, A. Ermini^
* S.O.C.Ostetricia e Ginecologia
^ Struttura Trasfusionale
Ospedale S.M. Annunziata ASL 10 di Firenze
La Colposcopia in Italia Anno XXIV – N. 2 – Aprile 2012 - pagg. 8 - 10
Introduzione
I
l Lichen Scleroso è una dermatosi cutaneo-mucosa
caratterizzata da modificazioni croniche del trofismo della maturazione epiteliale unitamente ad
alterazioni del connettivo. Nell’area anogenitale sono
interessate da tale patologia, principalmente, il clitoride
e le piccole labbra, a seguire le grandi labbra e l’area
perineale.
Il Lichen Scleroso può manifestarsi a qualunque età anche se predilige il periodo peri e postmenopausale.
Il sintomo prevalentemente segnalato è il prurito, datante anche molto tempo, seguono il bruciore, il dolore spontaneo, la dispareunia, la disuria e la secchezza
cutaneo-mucosa.
La vulva ha un colorito bianco madreperlaceo con superficie atrofica; le piccole labbra possono presentare
vari gradi di atrofia fino alla totale fusione con incappucciamento del clitoride. Il vestibolo è rigido e sclerotico; l’introito vaginale appare ridotto; non di rado il
quadro si estende al perineo ed al periano evocando
una figura ad “8”.
Il Lichen Scleroso è considerato un’entità nosologica a
genesi multifattoriale. Il coinvolgimento del sistema immunitario cutaneo sembra essere presente nelle diverse fasi evolutive della malattia: in soggetti geneticamente predisposti l’azione di antigene provocherebbe una
peculiare risposta immunitaria cutanea con attivazione
di linfociti T e macrofagi in grado di produrre citochine
ad attività collageno-sintetica.
Istologicamente il Lichen Scleroso è caratterizzato
dalla presenza nel derma di un infiltrato infiammatorio, disposto a banda, costituito da linfociti, cellule
dendritiche e macrofagi, in cui si assiste ad un’atrofia
dell’epidermide, che diventa piatta, ed al progressivo
ispessimento del derma dovuto alla sclerosi, cioè all’aumentata deposizione di fibre collagene.
Per la collocazione del Lichen Scleroso nell’ambito del-
le dermatosi immunomediate, si usa correntemente,
nel piano terapeutico, l’applicazione di corticosteroidi
di elevata e media potenza (capaci di azione immunosoppressiva) con dosi di attacco e poi di mantenimento
uniti ad abbondante uso di creme emollienti; tali presidi farmacologici devono avere una continua e, spesso,
perenne somministrazione.
Studi retrospettivi hanno dimostrato, mediante una
revisione istologica del tessuto non neoplastico adiacente al tumore, un’associazione tra Lichen Scleroso e
carcinoma a cellule squamose del 45-60%. Questi dati
non hanno dimostrato un nesso causale fra le due patologie; solo studi prospettici potrebbero chiarire il grado
di rischio associato al Lichen Scleroso. Un tale studio
della nostra Scuola di Firenze ha dimostrato come non
solo l’incidenza di Carcinoma vulvare invasivo in una
coorte di donne affette da Lichen Scleroso sia statisticamente più elevata che nelle donne libere da malattie
(RR 246.6), ma anche che la corticosteroidoterapia topica, per quanto necessaria ed efficace nel controllo della malattia, non sembra ridurre il rischio di evoluzione
verso il carcinoma.
Lo scopo di questo nuovo approccio terapeutico rigenerativo nel Lichen Scleroso è quello di ridurre o eliminare la sintomatologia e migliorare le caratteristiche di
atrofia e sclerosi della malattia vulvare.
Materiali e metodi
Si tratta di uno studio pilota monocentrico sperimentale che si basa sulla somministrazione in via infiltrativa
dermica di Plasma Ricco di Piastrine autologo in pazienti affette da Lichen Scleroso vulvare.
Il Plasma Ricco di Piastrine è costituito da piastrine ad
alta concentrazione, ricche di fattori di crescita (PDGF,
EGF, IGF e TGF-β) che vengono progressivamente liberati
nei tessuti dai loro α
αgranuli in seguito alla loro fisiologica
attivazione; è stato ampiamente dimostrato, sia in vivo che
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in vitro, che tali fattori stimolino la rigenerazione tissutale e
modulino la risposta infiammatoria locale.
Il trattamento è stato condotto, dopo approvazione del Comitato di Bioetica della ASL 10 di Firenze, presso la Chirurgia Ambulatoriale dell’Ospedale Santa Maria Annunziata
(Servizio di Colposcopia e Patologia Vulvare) in regime totalmente ambulatoriale.
La nostra sperimentazione, iniziata nel febbraio 2011, include 13 pazienti con un’età compresa fra 59 e 80 anni; solo
4 avevano effettuato corticosteroidoterapia in precedenza.
La diagnosi è stata effettuata dopo vulvoscopia e punch
biopsy, con invio del materiale biologico al Servizio di Anatomia Patologica del nostro Presidio Ospedaliero.
Sono state effettuate foto delle lesioni prima e dopo il trattamento, con ripetizione del prelievo bioptico vulvare al terr
mine dello studio.
La paziente, una volta letto e firmato il consenso informato,
è stata sottoposta presso la Struttura Trasfusionale a donazione autologa di concentrato piastrinico mediante piastrinoaferesi, da cui è stata preparata la dose terapeutica di
Plasma Ricco di Piastrine, contenente una concentrazione
6
piastrinica standard di 2,5-3x10 /μl.
La paziente è stata invitata a compilare un sintetico questionario sulla qualità di vita legata alle attuali e pregresse
problematiche vulvari che ha ripetuto al termine del ciclo
terapeutico.
Il PRP autologo è stato somministrato per via infiltrativa
intradermica nella lesione vulvare con cadenza mensile,
per un totale di 4 applicazioni; le pazienti hanno ricevuto,
un’ora prima, medicazione topica con anestetico locale.
Dopo l’infiltrazione vulvare tutte le pazienti hanno potuto
lasciare l’ambulatorio e tornare in breve tempo alle loro attività.
È previsto un follow up con vulvoscopia, foto e punch biopsy vulvare dopo 3 mesi dall’ultima applicazione di PRP e
successivo controllo dopo ulteriori 6 mesi.
Risultati
Nel corso del trattamento con Plasma Ricco di Piastrine, e maggiormente a fine ciclo, si è osservato una
scomparsa quasi totale della sintomatologia pruriginosa e della sensazione di secchezza cutaneo-mucosa; è
anche nettamente diminuito il dolore spontaneo con
parallelo miglioramento/ripresa dell’attività sessuale.
La compliance delle pazienti è da considerarsi buona/
ottima con netto miglioramento della qualità di vita sessuale e di relazione.
Ispettivamente la cute vulvare appare più elastica e
soffice, riacquisendo un colorito roseo simile alla normalità; il vestibolo risulta meno rigido e sclerotico con
l’introito vaginale più compiacente (Figure 1, 2; 5 e 6).
Da un punto di vista istopatologico si osservano significative variazioni nei quadri bioptici post trattamento:
a livello epidermico sono variamente attenuati l’iperortocheratosi e i distacchi dermoepidermici, mentre nel
derma si ha una progressiva diminuzione della flogosi,
dell’edema e delle teleangectasie (Figure 3 e 4; 7 e 8).
Figura 1. - Quadro clinico di Lichen Scleroso vulvare
Figura 2. - Stesso caso clinico post-trattamento. Pre-trattamento con
Plasma Ricco di Piastrine.
Figura 3. - Quadro istopatologico
di Lichen Scleroso (sinistra)
Figura 4. - Quadro istopatologico
post-trattamento vulvare. Pretrattamento con Plasma Ricco di
Piastrine (destra)
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Figura 5. - Quadro clinico di Lichen Scleroso vulvare
Figura 6. - Stesso caso clinico post-trattamento. Pre-trattamento con
Plasma Ricco di Piastrine.
Conclusioni
In base alla nostra sperimentazione, seppur limitata nei
numeri ma ancora in corso con sempre nuovi arruolamenti, si può affermare che i fattori di crescita di origine
piastrinica appaiono un nuovo ed intrigante presidio terapeutico nel trattamento del Lichen Scleroso Vulvare;
ci conforta in questo l’ottima compliance delle pazienti, sia nel percorso terapeutico che nel follow up, unita
al basso costo e alla sicurezza della terapia (donazione
autologa). L’effettuazione della metodica in completo
regime ambulatoriale è un ulteriore vantaggio da non
sottovalutare.
Restano alcuni problemi aperti: è corretta la tempistica
di somministrazione adottata? sarà necessario un booster, e quando? solo in caso di ricomparsa della sintomatologia? è adeguato il suddetto follow up?
Una risposta a queste domande si potrà avere solo
dall’implementazione del nostro studio e dal coinvolgimento di altri Centri di Patologia Vulvare.
Figura 7. - Quadro istopatologico
di Lichen Scleroso (sinistra)
Figura 8. - Quadro istopatologico
post-trattamento vulvare. Pretrattamento con Plasma Ricco di
Piastrine (destra)
- De Magnis et al.: Il Lichen
Scleroso Vulvare. Testo Atlante
Patologia Vulvare, 2008; 133-39
Per voci bibliografiche, ulteriori
informazioni ed eventuale collaborazione rivolgersi a: dott.
[email protected]
055 6936642
[email protected]
055 6936316
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Angiomixoma
g
aggressivo
gg
della vulva:
descrizione di un caso clinico
M. Barbero, V. Rabino, T. Cunzolo, E. Feyles*
S.O.C. Ostetricia e Ginecologia ASL AT (Dir. M. Barbero)
*S.O.C. di Anatomia, Istologia Patologia e Citodiagnostica ASL AT (Dir. E. Feyles)
La Colposcopia in Italia Anno XXIV – N. 2 – Aprile 2012 - pagg. 11 - 13
Introduzione
L
’angiomixoma aggressivo è un tumore dei tessuti
molli che colpisce la piccola pelvi, in particolare il
perineo, la vulva, la vagina e la zona inguinale. La
maggior parte dei casi descritti interessa il terzo superiore delle grandi labbra.
Il termine angiomixoma è stato scelto per la sua analogia con il mixoma e per la sua importante componente
vascolare. Il termine aggressivo è stato introdotto per
enfatizzare il comportamento fortemente invasivo a
livello locale e il suo alto rischio di recidiva, mentre è
rara la possibilità di metastatizzazione a distanza infatti
sono riportati solamente due casi in letteratura. L’angiomixoma aggressivo è quindi una neoplasia benigna
che può infiltrare a livello locale scheletro, muscoli e
tessuto adiposo.
È una neoplasia rara, con soli 150 casi clinici riportati in
letteratura (1), colpisce per lo più le donne in età riproduttiva, dalla seconda alla quarta decade, con un picco
di incidenza ai 40 anni. Un tumore simile all’angiomixoma aggressivo è stato diagnosticato nell’uomo nella
regione scrotale.
Dal punto di vista clinico la maggior parte delle pazienti
presenta una massa a crescita lenta e asintomatica, che
spesso viene confusa con una cisti della ghiandola di
Bartolini. I sintomi più frequentemente riportati sono
un senso di pesantezza, pressione locale e dispareunia,
ma spesso la lesione risulta paucisintomatica rispetto
alla dimensione della massa che supera frequentemente i 10 cm (3).
Macroscopicamente si presentano spesso come formazioni lobulate aderenti ai tessuti molli limitrofi. A livello
microscopico si possono notare cellule fusate e stellate,
inserite in una matrice liquida, edematosa e con presenza di collagene. Presenta bassa o moderata cellularità.
Molti autori hanno riscontrato a livello immunoistochimico positività per la desmina, l’actina e la presenza di
recettori per estrogeni e progesterone.
Il trattamento suggerito è l’asportazione radicale della
lesione con margini chirurgici in sano; questo risultato non è sempre possibile in quanto molte di queste
lesioni sono di grandi dimensioni e infiltrano i tessuti
molli adiacenti, con possibilità di causare danni a organi
importanti come la vescica e il retto. Pochi autori in letteratura riportano l’utilizzo di chemio/radioterapia con
benefici molto bassi probabilmente a causa della bassa
attività mitotica delle cellule che costituiscono l’angiomixoma aggressivo.
La prognosi è molto buona. Infatti sono riportati soli
due casi di decesso delle pazienti a seguito di malattia
metastatica. Le recidive sono molto frequenti (dal 9 al
72% dei casi) (1) soprattutto nei soggetti in cui non sia
stata possibile una chirurgia radicale.
Il follow-up deve essere mantenuto per tutta la vita in
quanto le recidive possono manifestarsi anche a grande distanza di tempo; i maggiori problemi si evidenziano infatti in quei soggetti in cui si manifestano plurime
ricomparse di malattia che portano sovente a mutilazioni molto ampie. In letteratura sono stati descritti 6
casi in cui è stata evidenziata un’aberrazione cromosomica identificata come un riarrangiamento della banda
12q15, appartenente al gruppo HMG (high mobility
group). L’incremento del livello delle proteine legate
ai geni HMG è stato riportato in molti tumori mesenchimali benigni, come il lipoma, il leiomioma, il tumore
condroide, gli amartomi polmonari, i polipi endometriali e i fibroadenomi della mammella.
Caso clinico
Viene riportato il caso di una paziente di 41 anni, italiana, virgo. All’ispezione clinica si evidenziava una massa
di circa 30 cm a partenza del terzo superiore del grande
labbro di destra, con grosso peduncolo, plurimammellonata e rivestita da cute. La lesione, comparsa circa 10
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anni fa come piccolo nodulo sottocutaneo, è andata
lentamente crescendo fino a raggiungere le dimensioni
attuali che rendevano difficoltosa la deambulazione, la
minzione e la defecazione.
Negli ultimi tempi la paziente era costretta ad utilizzare una sorta di guaina contenitiva molto robusta ed indumenti particolarmente ampi al fine di mascherare la
presenza della massa.
L’asportazione chirurgica, in anestesia peridurale, è stata eseguita mediante bisturi a lama fredda con resezione a livello del peduncolo comprendente un tratto di
cute e sottocute non interessato dalla lesione.
La paziente è stata dimessa in prima giornata senza alcuna complicanza e i punti di sutura sono stati rimossi
dopo sette giorni dall’intervento.
L’esame istologico ha evidenziato dal punto di vista macroscopico una neoformazione ovalare del diametro
massimo di 26 cm, del peso di 1436 g, rivestita da cute e
costituita al taglio da tessuto biancastro di consistenza
molle-elastica, di aspetto traslucido; dal punto di vista
microscopico (Figura 5) è stata descritta una lesione costituita da proliferazione di tessuto lasso connettivale,
con fibre ad andamento vagamente storiforme, paucicellulato con elementi fibroblastici fusati e stellati, con
proliferazione di vasi di piccolo-medio calibro, dilatati,
con parete ispessita e ialinizzata.
Le indagini immuno-istochimiche eseguite hanno evidenziato la positività degli elementi solo per ER e negatività per PR, Actina ML, Desmina, Pan Actina, S-100
e CD34.
La diagnosi definitiva è stata: reperto morfologico coerente con angiomixoma aggressivo.
Discussione
L’angiomixoma aggressivo è una patologia benigna
che in alcuni casi, a causa del suo aspetto macroscopico, può essere confuso con una lesione invasiva. La
diagnosi differenziale va effettuata con le altre patologie benigne della vulva come l’idroadenoma, il polipo,
l’emangioma, il leyomioma e il lipoma.
Mentre è facilmente distinguibile dai più comuni e innocui polipi epiteliali per le sue grandi dimensioni, la diagnosi differenziale con l’angiomiofibroblastoma risulta
Figure 1, 2. - Visione macroscopica dell’angiomixoma aggressivo vulvare.
Figura 3. - Quadro vulvoscopico post intervento.
Figura 4. - Aspetto macroscopico della lesione asportata.
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Figura 5,6. Quadro istologico dell’angiomixoma a diversi ingrandimenti
clinicamente molto più difficile e quasi sempre si rende
necessaria una diagnosi anatomo-patologica mirata.
La frequenza di questa lesione è probabilmente più
elevata di quanto riportato in letteratura, in quanto frequentemente i casi non vengono segnalati fino a quando non raggiungano notevoli dimensioni tali da causare
sintomi soggettivi importanti che inducono la paziente
a consultare il medico.
È probabile che questi fibromi generalmente vengano
trattati in stadi iniziali della malattia prima che raggiungano dimensioni paragonabili a quella del caso presentato.
L’enorme dimensione raggiunta dalla lesione da noi riportata è probabilmente legata alla lenta ma progressiva crescita nel tempo (circa 10 anni) in un soggetto
sicuramente poco attento alla valutazione dell’integrità
del proprio quadro corporeo, infatti il ricorso alla visita
medica è stato indotto da un aggravamento dei sintomi
che hanno raggiunto un livello non più compatibile con
le normali attività della vita quotidiana.
Fortunatamente la lesione presentava un peduncolo relativamente piccolo e con un’inserzione sul grande labbro di destra consentendo quindi una radicale asportazione senza grosse alterazioni della morfologia vulvare.
La paziente attualmente è in follow-up da circa un anno,
esegue controlli ogni 4 mesi al fine di evidenziare eventuali recidive di malattia in fase precoce, tali quindi da
essere trattate a livello ambulatoriale con una chirurgia
di tipo microinvasivo. Questi controlli dovranno essere
prolungati per tutta la vita anche se con una cadenza
minore in quanto la possibilità di recidiva, come molte
altre patologie che interessano la regione vulvare, può
ripresentarsi anche a distanza di molto tempo.
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Espressione
p
della P16 e di KI67
nelle lesioni cervicali displastiche:
p
differenze fra pazienti in gravidanza e non
F. Mancioli, L. Moriconi, J. Di Giuseppe, F. Sopracordevole, G. Goteri, G. Lucarini,
T. Cunzolo*, A.L. Tranquilli, A. Ciavattini
Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche
Sezione di Scienze della Salute della Donna (Direttore: Prof. Andrea Luigi Tranquilli)
Università Politecnica delle Marche
* S.O.C. Ostetricia e Ginecologia ASL AT
La Colposcopia in Italia Anno XXIV – N. 2 – Aprile 2012 - pagg. 14 - 16
Introduzione
L
e lesioni neoplastiche intraepiteliali della cervice
uterina (CIN, Cervical Intraepitelial Neoplasia)
sono etiologicamente correlate all’infezione da
HPV (Human Papilloma Virus), classificato attualmente come oncogene di classe I dalla WHO; infatti esso è
presente in oltre il 90% delle lesioni cervicali sia intraepiteliali che invasive. L’HPV è un virus a DNA di cui ne
esistono circa 200 sottotipi, ma solo 30 di questi sono
in grado di infettare l’uomo; questi ultimi vengono suddivisi ulteriormente in HPV a basso rischio (6, 11), che
danno più frequentemente infezioni cutanee, ed HPV
ad alto rischio (16, 18, 31, 33, 35), che invece infettano
le mucose. A livello intracellulare il meccanismo citopatico dell’HPV si esplica attraverso l’interazione fra le
proteine virali E6 ed E7 con i geni oncosoppressori p53
e Rb rispettivamente; l’inibizione del gene p53 da parte
della E6 impedisce l’arresto del ciclo cellulare e l’apoptosi che normalmente avvengono in presenza di danno
al DNA, mentre l’inibizione del gene Rb altera la trascrizione del fattore E2F determinando così l’irregolare
proliferazione della cellula.
Altri fattori di rischio implicati nella patogenesi del carcinoma della cervice uterina sono il tabagismo (rischio
relativo = 2) sia per l’azione immunosoppressiva sia per
i danni al genoma dovuti ai componenti del fumo di sigaretta, lo stato di immunosoppressione sia patologico
(infezione da HIV), sia terapeutico (pazienti trapiantate
o sotto chemioterapici per altre neoplasie), sia fisiologico (gravidanza) (1).
Attualmente le lesioni cervicali displastiche in gravidanza presentano ancora difficoltà di inquadramento
diagnostico e terapeutico, sia per la non completa conoscenza del comportamento biologico di questa patologia in gravidanza, sia per la difficoltà nell’esecuzione di una colposcopia per il sommarsi di modificazioni
cervicali e vaginali che necessitano di un operatore
“particolarmente” esperto.
L’obiettivo di questo lavoro è caratterizzare immunoistochimicamente il profilo della displasia cervicale utilizzando i marker P16 e Ki67 in pazienti gravide e non,
così da capire il comportamento delle suddette lesioni in
gravidanza e le differenze con le stesse al di fuori di essa.
La P16 è una proteina cellulare implicata nella patogenesi di molti tumori; essa è codificata da un gene presente
sul cromosoma 9p21, inattivato in molti tumori umani
tramite una delezione in omozigosi. Questa alterazione
è frequentemente presente in linee cellulari di cancro
mammario (33%), prostatico (60%), renale (23%) e del
colon (92%) associandosi ad una mancata trascrizione (2). Riguardo al cancro cervicale, la P16 è correlata
con un aumento della sintesi delle proteine virali E6 ed
E7. L’iperespressione di P16 è stata dimostrata in molte
lesioni precancerose ed invasive della cervice uterina,
al contrario è raramente espressa nell’epitelio normale (3). Molte proprietà rendono la P16 un ottimo marker di malignità per le lesioni cervicali; è direttamente
correlata all’azione oncogena dell’HPV visto che una
continua espressione di E7 è necessaria per mantenere
il fenotipo maligno; è indipendente dal tipo di HPV infettante, quindi non richiede ulteriori approfondimenti
diagnostici; al contrario di altri marker come Ki67, non è
associata a proliferazione cellulare, ma semmai a senescenza ed arresto del ciclo cellulare (4).
La Ki67 è una proteina nucleare non istonica codificata
da due isoforme di una sequenza di cDNA organizzate in
15 esoni sul cromosoma 10, associata strettamente con la
proliferazione cellulare (5-8). La proteina viene espressa
quando la cellula è in fase attiva, mentre è assente nelle
cellule in fase G0. Grazie a questa sua particolare espressione in determinate fasi del ciclo, che viene mantenuta
anche quando la cellula ha subito alterazioni displastiche, è diventata un marker di routine nella valutazione
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della frazione proliferativa di molti tumori. I primi ad essere indagati sotto questo aspetto sono stati il carcinoma
della mammella, il melanoma maligno ed il linfoma maligno non-Hodgkin; in questi casi la ricerca della proteina
non ha solo valore diagnostico, ma soprattutto la maggiore positività delle cellule tumorali al Ki67 rappresenta
un fattore prognostico indipendente (9). Attualmente
viene anche utilizzata nella formulazione della diagnosi
e della prognosi dei tumori maligni del sistema nervoso
centrale, dei tumori stromali gastrointestinali, della vescica, delle paratiroidi e dei tumori endocrini del pancreas;
stessa cosa è valida per il carcinoma della cervice anche
se in questo ambito pochi studi sono stati fatti (10).
P16-INK4A-specifico (clone E6H4) e dell’anticorpo monoclonale Ki67 (clone MIB-1). La reattività anticorpale è
stata espressa con una scala da 0 (negativo) a +++. Quando la positività era confinata allo strato basale, veniva
dato il valore +; per positività limitata a meno dei due
terzi dell’epitelio, il valore era ++; il valore +++ era per
positività superiori ai due terzi dell’epitelio indipendentemente dall’intensità di colorazione. I dati ottenuti sono
stati inseriti in un database utilizzando il programma statistico MedCalc. La significatività statistica è stata posta
per valori di p<0.05.
Materiali e metodi
È stato effettuato uno studio di coorte, tipo caso controllo retrospettivo. Sono state reclutate 14 pazienti in gravidanza con prima diagnosi di CIN ≥ 1, afferite alla Clinica
Ostetrico-Ginecologica dell’Università Politecnica delle
Marche ed al Centro Oncologico Nazionale di Aviano,
Sezione di Ginecologia, nell’anno 2010. Sono state escluse le gestanti con diagnosi di CIN preesistente alla gravidanza, pregresso trattamento per CIN o patologia HPV
correlata e soggetti immunodepressi. Sono stati poi raccolti 17 controlli con prima diagnosi di CIN, confrontate
per grado di displasia, età, fattori di rischio e parità. Tutti
i preparati istologici sono stati esaminati da un patologo esperto all’inizio dello studio al fine di valutare il tipo
di lesione istologica (CIN1, 2, 3). È stata valutata poi con
l’immunoistochimica l’espressione della P16 e del Ki67
sulle inclusioni relative alle biopsie cervicali mediante
l’utilizzo rispettivamente dell’anticorpo monoclonale
Lo studio è stato condotto su 31 pazienti con CIN, 14
di queste in gravidanza (45.2%) e 17 non in gravidanza
(54.8%). All’interno delle CIN vi erano 4 CIN1 (12.9%)
di cui 1 in gravidanza e 3 no, 10 CIN2 (32.3%) di cui 7 in
gravidanza e 3 no, 17 CIN3 (54.8%) di cui 6 in gravidanza
e 11 no. Non sono state notate differenze significative
nella distribuzione del grado delle CIN fra pazienti in
gravidanza e pazienti non in gravidanza.
L’espressione della P16 è risultata negativa o debolmente positiva (+) in 8 casi ed ha mostrato una significativa
correlazione con il grado della CIN, essendo maggiormente espressa nelle CIN3 rispetto alle CIN1 e CIN2
(p=.0015) (Tabella 1). Tuttavia, limitando la valutazione
alle sole CIN in gravidanza, il rapporto tra espressione
della P16 e grado della CIN si perdeva (p=.28), mentre
era particolarmente significativo nelle CIN non in gravidanza (p=.0002) (Tabelle 2 e 3).
Analogo andamento mostrava l’espressione del Ki67 (Tabella 4), che al di fuori della gravidanza mostrava una si-
Tabella 1. - Correlazione fra P16 e grado di displasia
(p=.0015)
Tabella 3. - Correlazione fra P16 e grado di displasia in
donne non in gravidanza (p=.0002)
CIN 1
CIN 2
CIN 3
Negativo/+
4
1
3
++
0
4
+++
0
5
Risultati
CIN 1
CIN 2
CIN 3
Negativo/+
3
0
3
3
++
0
2
0
11
+++
0
0
8
Totale
3
2
11
Tabella 2. - Correlazione fra P16 e grado di displasia in
donne gravide (p=.28)
CIN 1
CIN 2
CIN 3
Negativo/+
1
1
0
++
0
2
+++
0
Totale
1
Tabella 4. - Correlazione fra Ki67 e grado di displasia
(p=.0002)
CIN 1
CIN 2
CIN 3
Negativo/+
4
2
0
3
++
0
6
8
4
3
+++
0
1
8
7
6
15
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gnificativa correlazione con il grado della CIN (p=.0007),
che non si confermava nelle CIN in gravidanza (p=.23).
La positività alla P16 era direttamente proporzionale
all’espressione del Ki67 sia in gravidanza (p=.05) che al
di fuori della gravidanza (p=.026).
Conclusioni
L’obiettivo di questo studio è stato quello di caratterizzare immunoistochimicamente il profilo della displasia
cervicale valutando l’espressione della P16 in biopsie
cervicali di lesioni displastiche di alto e basso grado; in
particolare, si è messo a confronto il pattern immonoistochimico della P16 e del Ki67 in CIN diagnosticate in
gravidanza rispetto a CIN non in gravidanza, osservando come delle differenze possano essere riconosciute.
Dall’analisi dei risultati emerge che il grado delle CIN
correla significativamente con l’espressione sia della
P16 che del Ki67, che tra loro hanno un rapporto di proporzionalità diretta. Tuttavia, queste correlazioni che
nelle CIN non in gravidanza risultano particolarmente
significative, perdono di significatività in gravidanza.
Alla luce di questi risultati si potrebbe ipotizzare che
in gravidanza vi possa essere una qualche alterazione
dei meccanismi virali HPV correlati, ed in particolare
si realizzi un’interferenza nella replicazione del virus e
nella sintesi della proteina virale E7, di cui la P16 è un
indice indiretto. Lo stato ormonale gravidico potrebbe
agire sia direttamente che indirettamente sulla sintesi
di queste molecole, esercitando un effetto in qualche
modo inibitorio sull’azione oncogenetica dell’HPV che
dal punto di vista clinico potrebbe giustificare la condizione di basso rischio di progressione della lesione
displastica cervicale in gravidanza.
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SICPCV
Ruolo della determinazione
della p
p16 (INK4a) nel riscontro
della citologia ASC-US
H. Frizzo, S. Lorenzi, M.G. Piermartiri, T. Cunzolo*, A.L. Tranquilli, A. Ciavattini
Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche
Sezione di Scienze della Salute della Donna (Direttore: Prof. Andrea Luigi Tranquilli)
Università Politecnica delle Marche
*S.O.C. Ostetricia e Ginecologia ASL AT
La Colposcopia in Italia Anno XXIV – N. 2 – Aprile 2012 - pagg. 17 - 20
Introduzione
I
l cervicocarcinoma rappresenta ancora oggi la seconda neoplasia femminile in ordine di frequenza;
in particolare, in Italia si verificano circa 3500 nuovi casi/anno con una mortalità che si assesta intorno ai
1500 decessi (1).
Grazie allo screening organizzato con Pap test, la mortalità per carcinoma cervicale si è ridotta notevolmente
nei paesi industrializzati (50-70%) e la citologia cervicale rappresenta attualmente il principale strumento di
prevenzione per tale neoplasia (2).
Nell’ambito delle anormalità citologiche, sulla base
del sistema di classificazione Bethesda 2001, vengono
identificate in una percentuale di circa il 5% lesioni definite ASC-US (cellule squamose atipiche di significato
non determinato) caratterizzate dalla presenza di cellule anormali che non presentano parametri tali da essere individuate come preneoplastiche né come espressione di modificazioni cellulari di natura benigna (3). Le
evidenze scientifiche mostrano che solo nel 5-17% dei
casi di citologia ASC-US il corrispettivo istologico della
biopsia cervicale evidenzia una neoplasia intraepiteliale medio-grave (CIN 2-3) e che il suo valore predittivo
positivo per carcinoma invasivo risulta nell’ordine dello 0,1-0,2% (4); da questi dati è derivata la necessità di
una ulteriore stratificazione delle pazienti con citologia
ASC-US tale da identificare i casi da sottoporre ad accertamenti di II livello da un lato e da escludere la possibilità di over-treatmentt dall’altro.
A questo proposito, le linee guida 2006 della SICPCV
raccomandano l’impiego del test HPV-DNA nel triage
della paziente con ASC-US riservando l’indagine colposcopia e l’eventuale biopsia cervicale ai casi di accertata positività per ceppi ad alto rischio oncogeno (5).
Rispetto alla citologia, il test HPV in effetti, determina
un aumento della sensibilità nell’identificazione di le-
sioni istologiche di alto grado a discapito però di una
diminuzione della specificità derivante dall’impossibilità da parte del test d’identificare le infezioni transitorie
da quelle produttive con rischio di progressione neoplastica (6).
Nell’intento di aumentare la specificità dei test diagnostici, nella pratica clinica routinaria si sta diffondendo
l’utilizzo di test ancillari come integrazione alla valutazione citologica del Pap-test anormale che aiutano
l’identificazione di cellule con il DNA virale integrato.
Tra questi, in particolare, si ricorre alla ricerca immunocitochimica della proteina p16 come biomarcatore specifico di infezione virale con potenzialità di trasformazione maligna. Fisiologicamente, la p16 è una proteina
che interviene nella regolazione del ciclo cellulare interrompendo il passaggio della cellula dalla fase G1 alla
fase S attraverso l’inibizione di Kinasi ciclino-dipendenti responsabili della fosforilazione del pRb e dell’attivazione dell’E2F: il meccanismo di espressione è legato
ad un circuito di feed-back negativo. L’oncoproteina virale E7 dell’HPV interagisce direttamente sull’attivazione dell’E2F determinando l’iperespressione della p16
che può essere rilevata con le metodiche immunocito/
istochimiche e che risulta, invece ipoespressa e quindi
non valutabile nelle cellule normali in assenza di integrazione del DNA virale (7). La proteina p16 rappresenta, quindi, un utile biomarker in quanto identifica non
solo la presenza del virus ma anche l’attività oncogenica sulle cellule infettate.
Nella maggior parte degli studi presenti in letteratura, il
rilievo immunocitologico di positività per p-16 ha mostrato avere una sensibilità paragonabile a quella del
test HPV nell’identificazione di lesioni CIN2+ ma con
una specificità significativamente maggiore (8-11).
L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare
il ruolo dell’espressione immunocitologica della p16,
in presenza di citologia ASC-US, rispetto al rischio di
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identificare lesioni CIN2+; è stata inoltre valutata la correlazione tra espressione citologica della p16 ed espressione immuonoistochimica.
Materiali e metodi
Disegno dello studio e popolazione in studio
Sono state reclutate 47 pazienti di età compresa fra 26
e 55 anni afferite dallo screening e pervenute all’Ambulatorio di Colpocitopatologia della Clinica Ostetrica
e Ginecologica dell’Ospedale “Salesi” di Ancona, Università Politecnica delle Marche tra marzo 2010 e settembre 2011 che presentavano una diagnosi citologica
di ASC-US. Tutti i casi presi in considerazione sono stati
sottoposti a valutazione immunocitologica della proteina p16, a test di genotipizzazione dell’HPV-DNA ed
a colposcopia. La biopsia cervicale è stata riservata ai
soli casi con quadro colposcopio anormale; il materiale
bioptico è stato impiegato per la diagnosi istologica con
associata valutazione immuoistochimica del biomarker
preso in esame.
Indagine immunocitochimica e immunoistochimica
La colorazione immunocitochimica è stata testata su
strisci citologici convenzionali previa fissazione immediatamente successiva al prelievo del campione con un
reagente per fissazione citologica contenente glicole
polietilenico mediante l’utilizzo del CINtec® Cytology
Kit (test immunocitochimico per l’identificazione qualitativa dell’antigene p16INK4a in preparati citologici
cervicali) seguendo il protocollo procedurale fornito
dal produttore.
Per l’identificazione qualitativa dell’antigene p16 su vetrini preparati dalle biopsie cervicali incluse in paraffina e
fissate in formalina è stato impiegato, seguendo il protocollo del produttore, il CINtec® Histology Kit che si basa
sul clone dell`anticorpo E6H4TM, sviluppato specificamente come metodo per l`identificazione della p16INK4a in campioni istologici che viene identificata, qualora
iperespressa, come precipitato di colore marrone.
Diagnosi istologica su campioni bioptici cervicali
La diagnosi istologica è stata eseguita presso i laboratori dell’Anatomia Patologica dell’Azienda Ospedaliera
Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona-Università Politecnica delle Marche da anatomopatologi esperti.
Le biopsie cervicali sono state in tutti i casi processate
secondo il metodo routinario che prevede fissazione in
soluzione acquosa di formalina tamponata al 10% e la
procedura automatizzata notturna di disidratazione. Nel
giorno seguente le biopsie sono state incluse in paraffina liquefatta a temperature massime di 60°C. Sezioni
dello spessore di 5-10 μm sono state tagliate dalle relative
inclusioni e colorate con ematossilina-eosina e successi-
vamente analizzate al microscopio ottico al fine di valutare la presenza o meno di lesioni istologiche (istologia
positiva o negativa per neoplasia cervicale intraepiteliale, CIN) e il tipo (CIN 1, CIN2 e CIN3). Le diagnosi istologiche sono state classificate nell’analisi statistica come
lesioni positive e negative per lesioni di alto grado.
Analisi dei risultati
I dati ottenuti sono stati inseriti in un foglio di excel; sono
stati condotti test di analisi di sensibilità e specificità.
Risultati
La valutazione immunocitologica della p16 ha rilevato
39 casi ASC-US/p16 negativi (82,9%) e 8 ASC-US/p16
positivi (17,1%).
Delle ASC-US/p16 negativi, 13 (33,3%) si associavano ad
infezione da HPV ad Alto Rischio (HPV-HR) mentre 26
(66,7%) erano HPV-HR negativi. Sulla base dell’esame
colposcopio, 22 ASC-US/p16 negativi sono stati sottoposti a biopsia cervicale (56,4%). La diagnosi istologica
è risultata negativa in 9 casi e CIN1 in 13; di queste 13
CIN1, 7 (53,8%) erano associate a HPV-HR mentre tutte
22 erano p16 negative anche alla valutazione immuoistochimica. Nessuna CIN2+ è stata riscontrata negli
ASC-US/p16 negativi.
Gli 8 ASC-US/p16 positivi erano tutti HPV-HR positivi e
sono stati tutti sottoposti a biopsia mirata. La diagnosi
istologica è risultata CIN1 in 1 caso (12,5%) e 7 CIN2+
Tabella 1. - Correlazione istologica al test immunocitochimico per la proteina p16
Test immuno
citochimico
Diagnosi istologica
CIN2+
≤CIN1
TOT
p-16 positività
7
1
8
p-16 negatività
0
22
22
Totale
7
23
30
Tabella 2. - Correlazione istologica al test HPV-DNA ad
alto rischio
Test HPV-DNA
HR
Diagnosi istologica
CIN2+
≤CIN1
Totale
HPV-HR positività
7
12
19
HPV-HR negatività
0
11
11
Totale
7
23
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(87,5%). In tutti gli 8 casi la valutazione immunoistochimica della p16 è risultata positiva (tabelle 1 e 2)
La sensibilità e la specificità del test immunocitochimico per la proteina p16 verso la diagnosi di CIN2+ sono
risultate rispettivamente del 100% e del 95,6%, con valore predittivo positivo (VPP) dell’87,5% e valore predittivo negativo (VPN) del 100%, mentre del test HPVDNA HR sono risultate rispettivamente del 100% e del
47,8%, con VPP del 36,8% e VPN del 100%.
Nel 100% dei casi analizzati si è osservata una correlazione tra rilievo citologico e istologico del biomarker
analizzato.
Discussione
Sebbene lo screening mediante PAP-test abbia sostanzialmente e significativamente ridotto la morbilità e
mortalità associata al carcinoma della cervice uterina,
l’esame citologico ha tuttavia mostrato una specificità
non elevata nella diagnosi di lesioni istologiche di alto
grado e la possibilità di interpretazioni ambigue soprattutto nei casi classificati come ASC-US.
Da qui, la necessità di identificare nuovi fattori in grado
di selezionare le pazienti sulla base del rischio di lesione
istologica di alto grado sottostante la medesima anomalia citologica. Una strategia impiegata è stata quella di incorporare nel triage dell’ASC-US la ricerca del DNA virale ad alto rischio che è risultato essere un test con elevata
sensibilità ma che possiede anch’esso una specificità
non ottimale ed età-correlata poiché diminuisce ulteriormente nel gruppo di donne di età inferiore ai 30 anni
(12). Questi dati rendono conto della grande affluenza al
II livello da parte di pazienti provenienti dallo screening,
con elevati costi sanitari correlati sia alle procedure diagnostiche stesse che ai successivi trattamenti per lesioni
di basso grado. Gli studi negli ultimi anni sono stati rivolti, quindi, all’identificazione di marcatori in grado di
aumentare la specificità dei test sopradescritti pur mantenendo un livello di sensibilità elevato; tra questi è stato
studiato il possibile ruolo della proteina p16.
In letteratura è già stato evidenziato come l’interpretazione di preparati citologici cervicali immunocolorati
per l’identificazione dell’iperespressione della proteina
p16 possa identificare le donne con neoplasia intraepiteliale cervicale di alto grado (CIN2+) nel sottogruppo di pazienti con un risultato di Pap-test ASC-US con
un’alta sensibilità e specificità (8). Wentzensen et al
nel 2007 hanno riportato, su un campione di 137 ASCUS e 88 LSIL, che la sensibilità, la specificità, il VPP e il
VPN erano rispettivamente del 94.7%, dell’83.9%, del
48.6%, e del 99.0% nei casi ASC-US (13). Analogamente a quanto riportato in letteratura, nella nostra serie di
ASC-US la valutazione immunocitologica della p16 si
è dimostrata metodica sensibile e specifica, con valori
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rispettivamente del 100% e del 95,6%, e VPP e VPN di
87,5% e 100%.
Tuttavia, non esiste una linea univoca riguardo la superiorità del test immunocitochimico rispetto al triage con
HPV-DNA HR; sebbene molti Autori abbiano ritrovato
una maggiore sensibilità e specificità del primo test rispetto al secondo nell’individuazione di lesioni ad alto
grado, altri smentiscono questi dati.
In accordo con parte dei lavori presenti in letteratura,
il nostro studio ha dimostrato come la sensibilità del
test immunocitochimico della p16 sia sovrapponibile a
quella del test HPV-DNA HR, ma come rispetto a questo possieda una specificità maggiore nell’identificazione di lesioni di alto grado. Infatti, analizzando i Pap
Test ASC-US della nostra coorte nei casi p16 negativi
non si è osservata alcuna lesione CIN2+ mentre sono
state diagnosticate 13 CIN1 tutte p16 negative ma equamente distribuite tra le ASC-US positive o negative per
HPV-DNA HR; laddove l’ASCUS risultava p16 positivo si
riscontrava nella totalità di casi infezione da HPV-DNA
HR. La ricerca del biomarcatore p16 nel citologico ASCUS si è dimostrata, quindi, maggiormente predittiva nei
confronti di lesioni CIN2+ rispetto al triage con l’HPVHR; infatti quando il Pap Test risultava p16 negativo non
si riscontravano lesioni CIN2+, mentre in presenza di
positività per la p16 il riscontro di CIN2+ era dell’87.5%.
Già nel 2005 Nieh et al avevano confrontato la performance della p16 con l’uso dell’HPV-DNA HR test nel triage dell’ASCUS; la sensibilità della p16 è risultata pari al
95% contro l’86% dell’HPV (differenza non significativa),
e la specificità 96% versus 31% dell’HPV (p<0,001) (14).
Inoltre i nostri risultati evidenziano una correlazione
pari al 100% tra rilievo immunocitologico e immunoistologico della p16 individuando nei casi CIN1 con correlato citologico ASC-US/p16 negativi una lesione verosimilmente con assenza di disregolazione dell’attività
cellulare e di improbabile progressione verso lesioni di
grado più alto; tuttavia, per verificare l’ipotesi dovremmo seguire longitudinalmente i casi CIN1 p16 negativi
escludendo una loro progressione in CIN2+.
Da questi dati si deduce come la proteina p16 sia un valido biomarcatore verosimilmente in grado di distinguere
i casi in cui il DNA virale si è integrato con quello della cellula e quindi i casi con potenziale di progressione
neoplastica da quelli in cui l’infezione risulta transitoria.
Il guadagno reso in termini di specificità può essere di
supporto nella stratificazione delle pazienti con ASC-US
e nel triage delle stesse ponderando le risorse diagnostiche di secondo livello alle pazienti con rischio reale di
lesione di alto grado ed evitando l’over-treatment.
Il suo impiego potrebbe essere sfruttato soprattutto nel
sottogruppo di giovani donne in cui si è evidenziata la
scarsa utilità nel ricorso all’HPV-DNA vista l’alta prevalenza dell’infezione nella fascia di età inferiore ai 30 anni (15).
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Valutazione dell’impatto
p
dell’HPV-DNA
test (HC2®) nel follow-up
p delle CIN2-3
trattate con escissione in radiofrequenza.
Dati preliminari
P. Garutti, C. Bedoni, C. Borghi, A. Patella
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, Clinica Ostetrica e Ginecologica
La Colposcopia in Italia Anno XXIV – N. 2 – Aprile 2012 - pagg. 21 - 23
Introduzione
L
a presenza del genoma virale dei sottotipi di HPV
ad alto rischio (hrHPV) è stata identificata come
fattore predittivo di malattia residua o di recidiva
nelle pazienti con lesioni di alto grado (CIN2-3) trattate
con terapia conservativa (1,2).
Poiché si stima che la probabilità di recidiva non sia elevata (5-25%) e prevalga nei primi 3 anni dal trattamento (3,4,5), è stato proposto l’utilizzo dell’HPV-DNA test
nel follow-up, per individuare le pazienti più a rischio
(6,7,8,9).
Nella provincia di Ferrara, la disponibilità della citologia
su strato sottile in fase liquida, utilizzata in ambito di
screening già a partire dal 1998, ha permesso l’esecu-
zione dell’HPV-DNA test, senza la necessità di dover
richiamare la paziente per un ulteriore prelievo (10).
In questo studio vengono riportati i dati preliminari
sulla validità e applicabilità del test nel follow-up delle
donne con CIN di alto grado, verificandone l’impatto
sul percorso dello screening.
Materiali e metodi
I dati riguardano 148 pazienti affette da CIN di alto grado (displasia moderata, displasia grave e carcinoma in
situ) sottoposte a trattamento escissionale mediante
ansa diatermica in radiofrequenza, in anestesia locale
e in regime ambulatoriale presso la Clinica Ostetrica e
Tabella 1. - Follow-up delle 148 pazienti affette da CIN2-3 (displasia moderata, displasia grave e carcinoma in situ)
trattate con escissione in radiofrequenza
Follow up
6 mesi
148 pazienti
HPV DNA test negativo
75 CIN 2-3 trattati
HPV DNA test positivo
73 CIN 2-3 trattati
Cito Colpo -
Cito Colpo +
Cito +
Colpo -
Cito +
Colpo +
49
4
(4 CIN1)
19
(2 CIN 1)
3
(3 CIN 1)
Cito Colpo -
CitoColpo +
23
1
(1 CIN 1)
Cito +
Colpo -
Cito +
Colpo +
38
(2 CIN1)
11
(3 CIN1)
1 CIN2
2 CIN3
1 CIN3
12 mesi
104 pazienti
27
(2 CIN1)
3
18 mesi
75 pazienti
24
24 mesi
41 pazienti
14
0
29
(3 CIN1)
1 CIN2
2 CIN3
9
11
1 CIN3
0
19
(1 CIN1)
6
9
0
9
4
16
3
(2 CIN1)
17
(1 CIN1)
3
9
3
1
2
2
(1CIN1)
21
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Ginecologica di Ferrara, dal 1 Gennaio 2008 al 30 Aprile 2011. Tutte le pazienti hanno effettuato il controllo
a 6 mesi dall’intervento con citologia, colposcopia e
HPV-DNA test; per molte di esse, in relazione all’epoca dell’intervento, è stato possibile effettuare ulteriori
controlli semestrali fino a 24 mesi. Le pazienti sono state divise in 8 sottogruppi in base all’esito del test virale,
del Pap test e della colposcopia a sei mesi (Tabella 1).
Eventuali diagnosi di recidiva/malattia residua (CIN2CIN3) sono state sempre confermate da un esame istologico.
La citologia (Thin-Prep, Digene), l’HPV-DNA test (HC2®)
e l’istologia sono state refertate presso l’Istituto di Anatomia Patologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara.
Risultati
Al controllo a 6 mesi dal trattamento, in 75/148 pazienti
(50,7%) l’HPV-DNA test è risultato negativo mentre in
73/148 (49,3%) il test è stato positivo.
Le 75 pazienti con HPV-DNA test negativo presentavano come diagnosi iniziale CIN2 in 28 casi e CIN3 in 47
casi; fra le 73 pazienti con HPV-DNA test positivo invece, 34 presentavano come diagnosi iniziale CIN2 e 39
CIN3.
Come si può notare dalla Tabella 1, fra i casi negativi
all’HPV-DNA test, non sono state riscontrate CIN 2-3
nel periodo di follow-up considerato; in 14 casi è stata
riscontrata una lesione CIN1 che, secondo protocollo,
non è stata trattata.
Nei casi positivi all’HPV-DNA test sono state riscontrate
una CIN2 e 3 CIN3 a 6 mesi, una CIN 2 e 2 CIN3 a 12
mesi, e una CIN3 a 18 mesi.
In particolare:
Follow-up a 6 mesi: dei 4 casi di CIN di alto grado, 3
erano positivi non solo all’HPV-DNA test, ma anche alla
citologia e alla colposcopia. Si trattava di 2 CIN 3 iniziali
e di una CIN 2. La paziente con citologia positiva (HSIL) e colposcopia negativa soddisfacente presentava
in realtà una lesione endocervicale.
Follow-up a 12 mesi: le lesioni riscontrate appartenevano tutte alla categoria con citologia positiva e colposcopia negativa a sei mesi. Di queste, una riguardava una
paziente di 19 anni (CIN2), per la quale si è ritenuto di
mantenere un atteggiamento conservativo. Delle altre 2
pazienti, con citologia già sospetta a 6 mesi (H-SIL e ASCH), una non effettuava gli accertamenti proposti e per
l’altra invece veniva concordato un successivo controllo.
Follow-up a 18 mesi: l’unica paziente con lesione di alto
grado, con focolaio di carcinoma in situ alla diagnosi
iniziale, era risultata esente da patologia a 6 mesi. A 12
mesi presentava una citologia H-SIL, colposcopia sod-
Figura 1. - Possibili strategie di follow-up nelle CIN di alto grado trattate
* valutazione clinica e inquadramento completo del caso
disfacente e positiva (ATAG2), biopsia con esito CIN1
e curettage con rare atipie dell’epitelio ghiandolare
endocervicale; l’ulteriore conizzazione ha evidenziato
una CIN3.
Discussione e conclusioni
I nostri dati confermano la bassa percentuale di malattia residua/recidiva nelle pazienti trattate con escissione in radiofrequenza per CIN2-3.
Nessun caso di CIN2-3 si è riscontrato ai follow-up nel
gruppo di pazienti con HPV-DNA test negativo a 6 mesi.
Tutti i casi di lesione di alto grado riscontrati durante il
follow-up si sono verificati nel gruppo di pazienti con
HPV-DNA test positivo.
Questi dati, come del resto alcune evidenze segnalate
in letteratura (5,6,8) sottolineano l’alta Sensibilità e l’alto
Valore Predittivo Negativo dell’HPV-DNA test; ciò giustificherebbe una rivalutazione dei protocolli di followup per le CIN di alto grado già trattate con terapia conservativa.
La valutazione clinico-colposcopica a 6 mesi rimane a
nostro avviso un momento indispensabile per valutare
gli esiti dell’intervento (possibili stenosi) e per sollecitare un’adesione regolare ai controlli, attraverso una
comunicazione diretta ed efficace. Dovrebbe essere
tuttavia completata dall’esecuzione dell’HPV-DNA test,
che potrebbe guidare il successivo comportamento.
Un possibile algoritmo potrebbe prevedere il ricorso a
citologia e colposcopia ogni 6 mesi nei casi HPV-DNA
test positivi, mentre limiterebbe i controlli nei casi HPVDNA test negativi (Figura 1).
Queste possibili strategie sarebbero sicuramente vantaggiose a livello organizzativo e qualitativo nel percorso diagnostico-terapeutico dello screening: si ridurrebbero infatti liste d’attesa e possibili over-diagnosis
/ over-treatment, concentrando invece le risorse sulle
pazienti più a rischio.
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Edizione 2008. www.saluter/
screeningfemminili.it
23
24
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inCItalia
SICPCV
La distribuzione dei g
genotipi
di HPV nell’era vaccinale
M Carrara1, IG Calvino1, AD Iacobone1, L Paladini1, L Panzeri1, B Gardella1, B Dal
Bello2, A Spinillo1.
Clinica di Ostetricia e Ginecologia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università degli Studi
di Pavia, Pavia.
2
Dipartimento di Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università degli
Studi di Pavia, Pavia.
1
La Colposcopia in Italia Anno XXIV – N. 2 – Aprile 2012 - pagg. 24 - 27
La distribuzione dei genotipi di HPV
I
l Papillomavirus umano rappresenta la più comune
infezione a trasmissione sessuale e svolge un ruolo
centrale nell’eziologia delle lesioni displastiche e del
carcinoma della cervice uterina (1).
La distribuzione e il numero dei genotipi di HPV coinvolti nell’infezione variano in base alle caratteristiche della
popolazione in studio, quali lo stato di salute, l’età, l’area
geografica di appartenenza e la gravità delle lesioni (2,3).
Considerando le aree geografiche, possiamo asserire che
gli HPV 16 e 18 sono più comunemente coinvolti nelle neoplasie intraepiteliali cervicali in tutto il mondo, mentre i
genotipi 31, 33, 45, 52, 58, 35 mostrano una significativa
variabilità geografica: l’HPV 35 è più frequente in Africa,
l’HPV 31 in Europa, e gli HPV 52 e 58 in Asia (4,5).
Considerando la situazione italiana, nelle regioni settentrionali si è potuto assistere ad un cambiamento nella distribuzione dei genotipi virali nel periodo compreso
tra il 1985 ed il 2007. Questo fenomeno può essere interpretato come una conseguenza dell’introduzione di
nuovi tipi di HPV da altre aree geografiche e dei cambiamenti occorsi nelle variabili sociali e comportamentali,
quali l’immigrazione, l’età del primo rapporto sessuale,
il numero di partner, l’utilizzo di contraccettivi di barriera, e l’abuso di fumo, alcool e sostanze stupefacenti.
In particolar modo, da un’analisi effettuata sulle pazienti
afferenti all’Ambulatorio di Colposcopia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, è emerso che
gli HPV 51, 52, 53, 56 e 58, rari fino a 10-20 anni fa, sono
ora isolati in un terzo dei CIN. Infatti, i genotipi virali
51, 52 e 53 non erano presenti nei campioni bioptici di
CIN del periodo 1985-1997, mentre sono stati isolati nei
campioni raccolti tra il 2005 e il 2007 con una frequenza variabile dal 5.7% al 30.8%. Specificamente, l’HPV 51
rappresenta il 27% di tutti i genotipi virali isolati, mentre
l’HPV 52 ne rappresenta il 30.8%. Inoltre si è riscontrata
una prevalenza significativamente minore delle infezioni causate da HPV 6, 56, 58 e 66 (Tabella 1) (6).
Per quanto riguarda l’età, l’infezione da HPV è molto
frequente tra le donne giovani.
Tra le pazienti afferenti al nostro Ambulatorio, abbiamo riscontrato un trend lineare significativo tra l’età e l’aumento
nel numero di genotipi virali coinvolti nell’infezione (7).
Anche lo stato del sistema immunitario è potenzialmente in grado di influire sulla distribuzione dei genotipi
virali, e di fatto l’immunodepressione può compromettere la capacità dell’ospite di eliminare l’infezione (8).
Lunque et al. hanno infatti dimostrato come, in una popolazione di donne sieropositive per HIV, gli HPV 56 e
53 siano i genotipi più frequentemente coinvolti nelle
lesioni di basso grado, mentre l’HPV 52 e l’HPV 58 prevalgano nelle lesioni di alto grado (9).
Le infezioni multiple da HPV
Su 912 pazienti HPV positive afferenti al nostro Ambulatorio nel periodo 2005-2007, è stata dimostrata la
presenza di almeno due differenti genotipi di HPV nel
64,1% dei casi e di tre o più tipi nel 20,3% (7). Da dati
ancora più recenti, le coinfezioni possono essere osservate con percentuali che arrivano fino al 72.1% (10).
In accordo ai nostri dati relativi al periodo 1985-2007, abbiamo inoltre riscontrato un aumento della frequenza
delle infezioni da multipli genotipi di HPV, specialmente
da genotipi ad alto rischio (Tabella 2) (6).
Tra i diversi genotipi, gli HPV 6, 11, 16, 18, 31, 33, 51, 52,
56 e 58 sono quelli più frequentemente coinvolti nelle
infezioni multiple (10).
Abbiamo inoltre dimostrato che donne con infezione
multipla da HPV ad alto rischio, seguite nel nostro Ambulatorio di Colposcopia nel periodo 2005-2007, hanno
un incremento del rischio di 4 volte di sviluppare CIN
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di alto grado/cancro, confrontato con soggetti con infezione da singolo genotipo ad alto rischio. Tra le 1218
donne arruolate, l’infezione da singolo genotipo, da
due o da più genotipi è stata riscontrata rispettivamente nel 26,7%, 28,8% e 14,4% dei soggetti. Inoltre tra le
851 pazienti risultate positive al test specifico di genotipizzazione virale INNO-LiPA, i genotipi ad alto rischio
HPV 16, HPV 31, HPV 51, HPV 52 e HPV 18 sono quelli
più frequentemente isolati in ordine decrescente. Tra
le stesse donne, 195 sono state sottoposte a intervento
di Leep o di conizzazione a freddo, dimostrando che la
proporzione di CIN≥2 associata ad HPV 16 e 18 è del
60,5%. Tra le 367 donne non infettate dal Papillomavirus
umano, lo 0,5% è risultato positivo all’esame istologico
per CIN di alto grado/cancro. Lo stesso esito istologico
è stato identificato anche nell’11,7% delle 325 pazienti
con infezione singola e nel 29,5% delle 526 pazienti con
infezione da multipli genotipi di HPV (Tabella 3) (11).
Le interazioni virali nelle infezioni da multipli genotipi
di HPV possono avere importanti implicazioni sulla per-
Tabella 1. - Distribuzione dei genotipi di HPV e categorie di rischio oncogeno nei periodi 1985-1987 (1), 1995-1997
(2) e 2005-2007 (3) (6).
Genotipi HPV
Periodo
Periodo 2 vs 1
Periodo 3 vs 1
1
2
3
P°
OR (95% CI)°°
P
OR (95% CI)°°
P
6
7 (10.4)
10 (10.9)
33 (30.8)
0.048°°°
1.14 (0.29-4.52)
0.852
2.5 (0.83-7.48)
0.102
11
4 (6)
7 (7.6)
16 (10.1)
0.604
0.76 (0.15-3.93)
0.741
1.22 (0.33-4.58)
0.766
16
48 (71.6)
57 (62)
94 (59.1)
0.204°°°°
0.35 (0.12-0.99)
0.048
0.37 (0.15-0.87)
0.024
18
13 (19.4)
15 (16.3)
35 (22)
0.548
0.57 (0.19-1.77)
0.333
0.95 (0.42-2.15)
0.910
31
24 (35.8)
30 (32.6)
70 (44)
0.169
1.12 (0.48-2.61)
0.801
1.53 (0.8-2.94)
0.198
45
5 (7.5)
9 (9.8)
7 (4.4)
0.242
7.75 (0.77-78.4)
0.083
1.07 (0.3-3.77)
0.916
51
0 (0)
0 (0)
43 (27)
<0.001
ND
ND
52
0 (0)
0 (0)
49 (30.8)
<0.001
ND
ND
53
0 (0)
0 (0)
9 (5.7)
0.01
ND
ND
56
0 (0)
1 (1.1)
19 (11.9)
<0.001
ND
ND
58
0 (0)
1 (1.1)
12 (7.5)
0.007
ND
ND
42
0 (0)
3 (3.3)
3 (1.9)
0.328
ND
ND
33
5 (7.5)
5 (5.4)
11 (6.9)
0.857
0.72 (0.11-4.55)
0.724
0.91 (0.23-3.59)
0.897
35
2 (3)
1 (1.1)
7 (4.4)
0.348
0.25 (0.01-5.39)
0.376
1.68 (0.17-16.5)
0.656
39
2 (3)
6 (6.5)
7 (4.4)
0.563
2.51 (0.25-24.9)
0.433
1.47 (0.24-8.84)
0.674
40
5 (7.5)
14 (15.2)
13 (8.2)
0.148
2.95 (0.6-14.5)
0.183
1.2 (0.36-3.96)
0.762
59
2 (3)
1 (1.1)
2 (1.2)
0.575
ND
ND
43
0 (0)
1 (1.1)
1 (0.6)
0.693
ND
ND
44
1 (1.5)
3 (3.3)
5 (3.1)
0.758
5.87 (0.19-178)
66
0 (0)
2 (2.2)
6 (3.8)
0.247
ND
ND
68
0 (0)
2 (2.2)
5 (3.1)
0.339
ND
ND
70
0 (0)
1 (1.1)
3 (1.9)
0.501
ND
ND
6,11
9 (13.4)
16 (17.4)
46 (28.9)
0.015°°°°°
1.3 (0.41-4.14)
0.659
2.49 (0.96-6.42)
0.059
16,18
52 (77.6)
64 (69.6)
100 (62.9)
0.089°°°°°°
0.37 (0.13-1.05)
0.061
0.33 (0.14-0.78)
0.012
6,11,16,18
57 (85.1)
70 (76.1)
122 (76.2)
0.31
0.31 (0.11-0.87)
0.026
0.44 (0.2-0.97)
0.041
Basso Rischio
14 (20.9)
30 (32.6)
60 (37.7)
0.048°°°°°°°
1.7 (0.65-4.43)
0.279
2.11 (0.99-4.49)
0.053
Alto Rischio
61 (91)
86 (93.5) 157 (98.7) 0.018°°°°°°°°
ND
0.310
2.20 (0.17-28.4)
0.547
ND
ND, non determinabile - ° Pearson chi-square - °° Ottenuto dall’analisi di regressione logistica condizionale, includendo anche età e periodo - °°° p for trend 0.021 - °°°° p for trend 0.05 - °°°°° p for trend 0.009 - °°°°°° p for trend
0.018 - °°°°°°° p for trend 0.04 - °°°°°°°° p for trend 0.034
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sistenza dell’infezione, sul potenziale oncogeno virale
e, conseguentemente, sul management clinico delle pazienti affette da CIN. Inoltre, la dimostrazione di eventuali cross-reazioni tra i vari genotipi, può sicuramente
avere un’utilità nel predire l’impatto della vaccinazione
sull’infezione da Papillomavirus umano.
Il vaccino contro l’HPV
La conoscenza della storia naturale dell’infezione da
HPV e della sua relazione causale con il cancro della
cervice uterina, la variata distribuzione dei genotipi virali nel tempo e la presenza di una correlazione tra infezioni multiple e gravità delle lesioni cervicali, sono sicuramente utili al fine di comprendere quale possa essere
l’impatto della vaccinazione nella prevenzione primaria
dell’infezione (6,12).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda
l’inclusione della vaccinazione contro l’HPV nei programmi di immunizzazione dei Paesi di tutto il mondo,
sebbene l’esecuzione regolare dello screening citologico possa essere considerato già singolarmente come un
efficace mezzo di prevenzione (13,14).
A Giugno 2010, 18 Paesi europei avevano introdotto la
vaccinazione contro l’HPV. Questo è accaduto nel 2006
in Austria; nel 2007 in Belgio, Francia, Germania, Italia,
Portogallo, Spagna e Regno Unito; nel 2008 in Danimarca, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Romania e
Svezia; e nel 2009 in Lituania, Olanda e Slovenia. Solo le
femmine sono sottoposte a vaccinazione nei Paesi sopraelencati, ad eccezione dell’Austria, dove sia femmine
che maschi vengono vaccinati (15).
La maggior parte dei Paesi in cui non si esegue la vaccina-
zione si trova nell’Est Europa, in America Latina, nei Caraibi,
nel Sud-Est Asiatico, nelle Filippine, in Polinesia e in Africa,
per i quali i costi sembrano essere il maggior impedimento
(15). Questi Paesi dovrebbero, pertanto, migliorare i programmi di screening per la prevenzione secondaria.
Esistono due tipi di vaccini: vaccini profilattici e vaccini
terapeutici (16). Entrambi i vaccini profilattici (Cervarix e
Gardasil) hanno mostrato più del 90% di efficacia per la
prevenzione di CIN2+ causati da HPV 16/18 in donne di
età compresa tra 15 e 25 anni e tra 16 e 26 anni, rispettivamente, sieronegative e PCR-negative per HPV 16/18
all’atto dell’arruolamento (17).
Dai nostri studi è emerso che nel nord Italia, il 35,9% di
CIN sono interamente sostenuti da genotipi di HPV che
non sono bersaglio dei vaccini multivalenti disponibili.
I vaccini disponibili inducono un’immunità ristretta a
determinati genotipi virali, quindi, la frazione preventiva
attesa per ogni CIN e CIN≥2 dovrebbe essere del 30% e
del 43%, rispettivamente (7). Non sono da dimenticare,
tuttavia, le cross-reazioni contro HPV 31, 33 e 45, molto
vantaggiose per il vaccino bivalente.
I vaccini profilattici non hanno però dimostrato un effetto terapeutico contro le infezioni da HPV pre-esistenti. Inoltre, a causa dell’esplosione globale del problema,
è stato stimato che serviranno diverse decadi affinché i
vaccini profilattici possano ridurre significativamente la
prevalenza del cancro alla cervice (18).
Pertanto, per il trattamento attuale del carcinoma cervicale e delle lesioni precancerose, è importante focalizzare l’attenzione sullo sviluppo di vaccini terapeutici,
che possano generare un’immunità T-cellulare contro
le cellule infettate dal virus, eliminando lesioni pre-esistenti e tumori maligni (19).
Tabella 2. - Principali caratteristiche cliniche di donne con CIN nei periodi 1985-1987 (1), 1995-1997 (2) e
2005-2007 (3) (6).
Variabili
Età (SD)°
Esito Istologico
N. genotipi HPV
Classe di Rischio
Periodo (N. dei Soggetti)
1 (67)
2 (92)
3 (159)
CIN1
CIN≥2
1
2
3
≥4
Basso
Alto, Singolo
Alto, Multiplo
Basso/Alto, Multiplo
39.34 (9.26)
18 (26.9%)
49 (73.1%)
28 (41.8%)
28 (41.8%)
9 (13.4%)
2 (2.9%)
6 (9%)
24 (35.8%)
29 (43.3%)
8 (11.9%)
° Deviazione Standard - °° ANOVA - °°° Pearson chi-square
35.39 (9.37)
25 (27.2%)
67 (72.8%)
36 (39.1%)
37 (40.2%)
16 (17.4%)
3 (3.3%)
6 (6.5%)
30 (32.6%)
32 (34.8%)
24 (26.1%)
37.04 (9.82)
43 (27%)
116 (73%)
18 (11.3%)
34 (21.4%)
71 (44.7%)
36 (22.6%)
2 (1.2%)
17 (10.7%)
82 (51.6%)
58 (36.5%)
p
0.038°°
0.868°°°
<0.0001°°°
<0.0001°°°
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Conclusioni
Questi dati mostrano come gli HPV 16, 18, 6 e 11, bersaglio dei vaccini multivalenti ad oggi in commercio, non
sono gli unici genotipi responsabili delle lesioni precancerose e del carcinoma della cervice uterina.
Possiamo, dunque, dedurre come la conoscenza della
prevalenza e della storia naturale dell’infezione da HPV,
lo studio dei nuovi pattern di esposizione e la dimostrazione dell’esistenza di cross-reattività tra i diversi genotipi coinvolti nelle infezioni multiple, permettano di definire quale sia il potenziale impatto dei vaccini attuali,
nonché di determinare quali genotipi virali potrebbero
essere il bersaglio dei vaccini futuri. Di fatto, la Merck
sta già sviluppando un ulteriore vaccino anti-HPV, contenente i ceppi HPV 31, 33, 45, 52 e 58, per ampliare la
copertura delle donne che sono già state vaccinate con
Gardasil.
Tabella 3. - Genotipi virali identificati nelle infezioni
singole e multiple di 851 donne risultate positive al
Papillomavirus umano associati agli esiti colposcopici/istologici (11).
Colposcopia/Istologia
Genotipo Tipo di Negativo°
HPV
infezione
n=316
n (%)
6
11
16
18
31
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51
52
53
56
58
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
Singola
Multipla
29 (9.2)
49 (15.5)
12 (3.8)
32 (10.1)
27 (8.5)
59 (18.7)
5 (1.6)
25 (7.9)
10 (3.2)
45 (14.2)
9 (2.8)
6 (1.9)
5 (1.6)
8 (2.5)
13 (4.1)
36 (11.4)
16 (5.1)
24 (7.6)
10 (3.2)
7 (2.2)
6 (1.9)
7 (2.2)
3 (0.9)
7 (2.2)
CIN1°°
n=342
n (%)
CIN≥2°°
n=193
n (%)
7 (2)
58 (17)
3 (0.9)
31 (9.1)
36 (10.5)
90 (26.3)
6 (1.8)
32 (9.4)
24 (7)
78 (22.8)
3 (0.9)
6 (1.8)
7 (2)
12 (3.5)
7 (2)
56 (16.4)
9 (2.6)
37 (10.8)
6 (1.8)
14 (4.1)
2 (0.6)
14 (4.1)
/
12 (3.5)
/
35 (18.1)
1 (0.5)
15 (7.8)
8 (4.1)
98 (50.8)
3 (1.6)
48 (24.9)
9 (4.7)
56 (29)
1 (0.5)
7 (3.6)
3 (1.6)
16 (8.3)
4 (2.1)
32 (16.6)
4 (2.1)
44 (22.8)
/
12 (6.2)
2 (1)
15 (7.8)
1 (0.5)
9 (4.7)
° Diagnosi istologica in 97 casi (30.7%)
°° Diagnosi istologica in tutti i casi
16/18 AS04-adjuvanted cervical
cancer vaccine: immunogenicity and safety in 15-25 years
old healthy Korean women. J
Gynecol Oncol 2011; 22:67-75.
15. Dorleans F, Giambi C, Dematte L, Cotter S, Stefanoff P,
Mereckiene J, O’Flanagan D,
Lopalco PL, D’Ancona F, LevyBruhl D; VENICE 2 project gatekeepers group. The current
state of introduction of human
papillomavirus vaccination into
national immunisation schedules in Europe: first results of
the VENICE2 2010 survey. Euro
Surveill. 2010;15.
16. Huang CF, Monie A, Weng
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cervical cancer. Am J Transl Res
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Wacholder S, et al. Effect of
human Papillomavirus 16/18
L1 virus-like particle vaccine
among young women with
preexisting infection: a randomized trial. J Am Med Assoc
2007;298:743-753.
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19. Huang CF, Monie A, Weng
WH, Wu T. DNA vaccines for
cervical cancer. Am J Transl
Res. 2010;2:75-87.
27
RIASSUNTO
DELLE CARATTERISTICHE
DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE:
MECLON® “20% + 4% crema vaginale”
MECLON® “200 mg/10 ml + 1 g/130 ml soluzione vaginale”
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA:
Crema vaginale. 100 g contengono: Principi attivi: Metronidazolo 20 g; Clotrimazolo 4 g.
Eccipienti: contiene sodio metil p-idrossibenzoato e sodio propil p-idrossibenzoato. Per l’elenco
completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. Soluzione vaginale. Flacone da 10 ml. 10 ml
contengono: Principio attivo: Clotrimazolo 200 mg. Flacone da 130 ml. 130 ml contengono:
Principio attivo: Metronidazolo 1 g. Eccipienti: contiene sodio metil p-idrossibenzoato e sodio
propil p-idrossibenzoato. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA:
Crema vaginale. Soluzione vaginale.
4. INFORMAZIONI CLINICHE:
4.1 Indicazioni terapeutiche: Crema vaginale. Cervico-vaginiti e vulvo-vaginiti causate da
Trichomonas vaginalis anche se associato a Candida albicans, Gardnerella vaginalis ed altra flora
batterica sensibile. MECLON® crema vaginale può essere impiegato anche nel partner a scopo
profilattico. Soluzione vaginale. Coadiuvante nella terapia di cervico-vaginiti, vulvo-vaginiti
causate da Trichomonas vaginaliss anche se associato a Candida albicans, Gardnerella
vaginaliss ed altra flora batterica sensibile. MECLON® soluzione vaginale può essere impiegato
anche dopo altra terapia topica od orale, allo scopo di ridurre il rischio di recidive. 4.2 Posologia
e modo di somministrazione: Crema vaginale. Somministrare profondamente in vagina il
contenuto di un applicatore una volta al giorno per almeno sei giorni consecutivi, preferibilmente
alla sera prima di coricarsi, oppure secondo prescrizione medica. Nelle trichomoniasi, maggior
sicurezza di risultato terapeutico si verifica con il contemporaneo uso di Metronidazolo per via
orale sia nella donna non gestante che nel partner maschile. Per un’ottimale somministrazione
si consiglia una posizione supina, con le gambe leggermente piegate ad angolo. Per ottenere
una migliore sterilizzazione è preferibile spalmare un pò di MECLON® crema vaginale anche
esternamente, a livello perivulvare e perianale. Se il medico prescrive il trattamento del partner
a scopo profilattico, la crema deve essere applicata sul glande e sul prepuzio per almeno sei
giorni. Istruzioni per l’uso: Dopo aver riempito di crema un applicatore, somministrare la crema in
vagina mediante pressione sul pistone, fino a completo svuotamento. Soluzione vaginale.
Somministrare la soluzione vaginale pronta una volta al giorno, preferibilmente al mattino,
oppure secondo prescrizione medica. Nella fase di attacco l’uso della soluzione vaginale deve
essere associato ad adeguata terapia topica e/o orale. L’irrigazione va eseguita preferibilmente
in posizione supina. Un lento svuotamento del flacone favorirà una più prolungata permanenza
in vagina dei principi attivi e quindi una più efficace azione antimicrobica e detergente. Istruzioni
per l’uso: Dopo aver versato il contenuto del flaconcino nel flacone, inserire la cannula vaginale
sul collo del flacone stesso. Introdurre la cannula in vagina e somministrare l’intero contenuto.
4.3 Controindicazioni: Ipersensibilità verso i principi attivi od uno qualsiasi degli eccipienti.
4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego: Evitare il contatto con
gli occhi. Il consigliato impiego contemporaneo di Metronidazolo per via orale è soggetto alle
controindicazioni, effetti collaterali ed avvertenze descritte per il prodotto summenzionato.Evitare
il trattamento durante il periodo mestruale. Tenere il medicinale fuori dalla portata e dalla vista
dei bambini. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione: Nessuna.
4.6 Gravidanza e allattamento: In gravidanza il prodotto deve essere impiegato solo in caso di
effettiva necessità e sotto il diretto controllo del medico. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare
veicoli e sull’uso di macchinari: MECLON® non altera la capacità di guidare veicoli o di usare
macchinari. 4.8 Effetti indesiderati: Dato lo scarso assorbimento per applicazione locale dei
principi attivi Metronidazolo e Clotrimazolo, le reazioni avverse riscontrate con le formulazioni
topiche sono limitate a: Disturbi del sistema immunitario: Non nota (la frequenza non
può essere definita sulla base dei dati disponibili): reazioni di ipersensibilità. Patologie della
cute e del tessuto sottocutaneo: Molto rari (frequenza <1/10.000): fenomeni irritativi
locali quale prurito, dermatite allergica da contatto, eruzioni cutanee. L’eventuale manifestarsi di
effetti indesiderati comporta l’interruzione del trattamento. 4.9 Sovradosaggio: Non sono stati
descritti sintomi di sovradosaggio.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE:
5.1 Proprietà farmacodinamiche: Categoria
g
farmacoterapeutica:
p
Antinfettivi ed antisettici
ginecologici/Associazioni di derivati imidazolici - Codice ATC: G01AF20. Meccanismo d’azione/
effetti farmacodinamici: Il MECLON® è una associazione tra Metronidazolo (M) e Clotrimazolo
(C). Il (M) è un derivato nitroimidazolico ad ampio spettro di azione antiprotozoaria e
antimicrobica. Ha effetto trichomonicida diretto ed è attivo su cocchi Gram-positivi anaerobi,
bacilli sporigeni, anaerobi Gram-negativi. Presenta attività spiccata sulla Gardnerella vaginalis.
Non è attivo sulla flora acidofila vaginale. Il (C) è un imidazolico con spettro antifungino molto
ampio (Candida, etc.). È attivo anche su Trichomonas vaginalis, cocchi Gram-positivi,
Toxoplasmi, etc. È stato documentato che l’associazione Clotrimazolo-Metronidazolo dà
luogo ad effetti di tipo additivo, pertanto essa è in grado di conseguire tre vantaggi terapeutici
principali: 1) Ampliamento dello spettro d’azione antimicrobica, per sommazione degli effetti dei
due principi attivi; 2) Potenziamento dell’attività antimicotica, antiprotozoaria ed antibatterica;
3) Abolizione o ritardo della comparsa dei fenomeni di resistenza. Studi microbiologici in
vitro hanno dimostrato che l’attività trichomonicida e antimicotica risulta potenziata quando
il (M) e il (C) sono associati nelle stesse proporzioni che sono presenti nel MECLON®. Anche
l’attività antibatterica esaminata su diversi ceppi di microorganismi è risultata elevata ed è
emerso un potenziamento di essa quando i due principi attivi del MECLON® vengono associati.
5.2 Proprietà farmacocinetiche: Dalle indagini farmacocinetiche sui conigli, cani e ratti
risulta che dopo ripetute applicazioni topiche di MECLON® non si rilevano concentrazioni
apprezzabili di Clotrimazolo e Metronidazolo nel sangue. Per applicazione vaginale nella
donna il (M) e il (C) vengono assorbiti in una percentuale che varia tra il 10% e il 20% circa.
5.3 Dati preclinici di sicurezza: La tossicità acuta del MECLON® nel topo e nel ratto (os) è
risultata molto bassa, con una mortalità di appena il 20% dopo 7 giorni, a dosi molto elevate
(600 mg/Kg di (C) e 3000 mg/Kg di (M), sia da soli che associati). Nelle prove di tossicità subacuta
(30 giorni) il MECLON®, somministrato per via locale (genitale) nel cane e nel coniglio, non ha
determinato alcun tipo di lesione nè locale nè sistemica anche per dosi molte volte superiori a
quelle comunemente impiegate in terapia umana (3-10 Dtd nel cane e 100-200 Dtd nel coniglio;
1 Dtd = dose terapeutica/die per l’uomo = ca. 3,33 mg/Kg di (C) e ca. 16,66 mg/Kg di (M)). Il
MECLON® somministrato durante il periodo di gravidanza per via topica vaginale nel coniglio e
nel ratto non ha fatto evidenziare alcun segno di sofferenza fetale per dosi die di 100 Dtd, nè
influssi negativi sullo stato gestazionale.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE:
6.1 Elenco degli eccipienti: Crema vaginale. Eccipienti: Stearato di glicole
e polietilenglicole; Paraffina liquida; Sodio metile p-idrossibenzoato; Sodio propile
p-idrossibenzoato; Acqua depurata. Soluzione vaginale. Flacone da 10 ml. Eccipienti:
Alcool ricinoleilico; Etanolo; Acqua depurata. Flacone da 130 ml. Eccipienti: Sodio metile
p-idrossibenzoato; Sodio propile p-idrossibenzoato; Acqua depurata. 6.2 Incompatibilità:
Non sono note incompatibilità con altri farmaci. 6.3 Periodo di validità: Crema
vaginale: 3 anni. Soluzione vaginale: 3 anni. 6.4 Precauzioni particolari per
la conservazione: Questo medicinale non richiede alcuna particolare condizione per la
conservazione.6.5 Natura e contenuto del contenitore: MECLON® crema vaginale.
Tubo in alluminio verniciato internamente con resine epossidiche e fenoliche. Gli applicatori
monouso sono di polietilene. Tubo da 30 g + 6 applicatori monouso. MECLON® soluzione
vaginale. Flaconi di polietilene a bassa densità; flaconcini di polietilene; cannule vaginali
di polietilene. 5 flaconi da 10 ml + 5 flaconi da 130 ml + 5 cannule vaginali monouso.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione: Nessuna
istruzione particolare.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO:
ALFA WASSERMANN S.p.A. - Sede legale: Via E. Fermi, n. 1 - Alanno (PE).
Sede amministrativa: Via Ragazzi del ‘99, n. 5 - Bologna.
8. NUMERI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO:
MECLON crema vaginale: A.I.C. n. 023703046.
MECLON soluzione vaginale: A.I.C. n. 023703059.
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE:
11.05.1991 (GU 07.10.1991) / 01.06.2010.
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO:
Determinazione AIFA del 27 Ottobre 2010.
20% + 4% crema vaginale, tubo da 30 g + 6 applicatori
Prezzo: € 10,50
200 mg/10 ml + 1 g/130 ml soluzione vaginale, 5 flac. 10 ml + 5 flac. 130 ml + 5 cannule
Prezzo: € 13,80
Medicinale soggetto a prescrizione medica
CLASSE C
RIASSUNTO
DELLE CARATTERISTICHE
DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE:
MECLON® “100 mg + 500 mg ovuli”.
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA:
Un ovulo da 2,4 g contiene:
Principi attivi: Metronidazolo 500 mg; Clotrimazolo 100 mg.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1
3. FORMA FARMACEUTICA:
Ovuli.
4. INFORMAZIONI CLINICHE:
4.1 Indicazioni terapeutiche:
Cerviciti, cervico-vaginiti, vaginiti e vulvo-vaginiti da Trichomonas vaginalis
anche se associato a Candida o con componente batterica.
4.2 Posologia e modo di somministrazione:
Lo schema terapeutico ottimale risulta il seguente:
1 ovulo di MECLON® in vagina, 1 volta al dì.
4.3 Controindicazioni:
Ipersensibilità verso i principi attivi od uno qualsiasi degli eccipienti.
4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego:
Evitare il contatto con gli occhi. Il consigliato impiego contemporaneo di
Metronidazolo per via orale è soggetto alle controindicazioni, effetti collaterali ed
avvertenze descritte per il prodotto summenzionato. MECLON® ovuli va impiegato
nella prima infanzia sotto il diretto controllo del medico e solo nei casi di effettiva
necessità. Tenere il medicinale fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.
4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione:
Nessuna.
4.6 Gravidanza e allattamento:
In gravidanza il prodotto deve essere impiegato solo in caso di effettiva necessità e
sotto il diretto controllo del medico.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari:
MECLON® non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.
4.8 Effetti indesiderati:
Dato lo scarso assorbimento per applicazione locale dei principi attivi Metronidazolo
e Clotrimazolo, le reazioni avverse riscontrate con le formulazioni topiche sono
limitate a: Disturbi del sistema immunitario: Non nota (la frequenza
non può essere definita sulla base dei dati disponibili): reazioni di ipersensibilità.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: Molto rari (frequenza
<1/10.000): fenomeni irritativi locali quale prurito, dermatite allergica da contatto,
eruzioni cutanee. L’eventuale manifestarsi di effetti indesiderati comporta
l’interruzione del trattamento.
4.9 Sovradosaggio:
Non sono stati descritti sintomi di sovradosaggio.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE:
5.1 Proprietà farmacodinamiche:
Categoria
g
farmacoterapeutica:
p
Antinfettivi ed antisettici ginecologici Associazioni
di derivati imidazolici - Codice ATC: G01AF20. Meccanismo d’azione/effetti
codinamici: Il MECLON® è una associazione tra metronidazolo (M) e clotrimazolo
(C). Il (M) è un derivato nitroimidazolico ad ampio spettro di azione antiprotozoaria
e antimicrobica. Ha effetto trichomonicida diretto ed è attivo su cocchi Gram-positivi
anaerobi, bacilli sporigeni, anaerobi Gram-negativi. Presenta attività spiccata
sulla Gardnerella vaginalis. Non è attivo sulla flora acidofila vaginale. Il (C)
è un imidazolico con spettro antifungino molto ampio (Candida, etc.). È attivo
anche su Trichomonas vaginalis, cocchi Gram-positivi, Toxoplasmi, etc. È stato
documentato che l’associazione Clotrimazolo-Metronidazolo dà luogo ad effetti
di tipo additivo, pertanto essa è in grado di conseguire tre vantaggi terapeutici
principali: 1) Ampliamento dello spettro d’azione antimicrobica, per sommazione
degli effetti dei due principi attivi; 2) Potenziamento dell’attività antimicotica,
antiprotozoaria ed antibatterica; 3) Abolizione o ritardo della comparsa dei
fenomeni di resistenza. Studi microbiologici in vitro hanno dimostrato che l’attività
trichomonicida e antimicotica risulta potenziata quando il (M) e il (C) sono
associati nelle stesse proporzioni che sono presenti nel MECLON®. Anche l’attività
antibatterica esaminata su diversi ceppi di microorganismi è risultata elevata ed
è emerso un potenziamento di essa quando i due principi attivi del MECLON®
vengono associati.
5.2 Proprietà farmacocinetiche:
Dalle indagini farmacocinetiche sui conigli, cani e ratti risulta che dopo ripetute
applicazioni topiche di MECLON® non si rilevano concentrazioni apprezzabili di
Clotrimazolo e Metronidazolo nel sangue. Per applicazione vaginale nella donna il
(M) e il (C) vengono assorbiti in una percentuale che varia tra il 10% e il 20% circa.
5.3 Dati preclinici di sicurezza:
La tossicità acuta del MECLON® nel topo e nel ratto (os) è risultata molto bassa, con
una mortalità di appena il 20% dopo 7 giorni, a dosi molto elevate (600 mg/Kg di
(C) e 3000 mg/Kg di (M), sia da soli che associati). Nelle prove di tossicità subacuta
(30 giorni) il MECLON®, somministrato per via locale (genitale) nel cane e nel
coniglio, non ha determinato alcun tipo di lesione nè locale nè sistemica anche per
dosi molte volte superiori a quelle comunemente impiegate in terapia umana (3-10
Dtd nel cane e 100-200 Dtd nel coniglio; 1 Dtd = dose terapeutica/die per l’uomo =
ca. 3,33 mg/Kg di (C) e ca. 16,66 mg/Kg di (M)). Il MECLON® somministrato durante
il periodo di gravidanza per via topica vaginale nel coniglio e nel ratto non ha fatto
evidenziare alcun segno di sofferenza fetale per dosi die di 100 Dtd, nè influssi
negativi sullo stato gestazionale.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE:
6.1 Elenco degli eccipienti:
Eccipienti: Miscela idrofila di mono, di, tri-gliceridi di acidi grassi saturi.
6.2 Incompatibilità:
Non sono note incompatibilità con altri farmaci.
6.3 Periodo di validità:
3 anni.
6.4 Precauzioni particolari per la conservazione:
Questo medicinale non richiede alcuna particolare condizione per la conservazione.
6.5 Natura e contenuto del contenitore:
10 ovuli in valve in PVC, racchiusi in scatola di cartone.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione:
Nessuna istruzione particolare.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO:
ALFA WASSERMANN S.p.A. - Sede legale: Via E. Fermi, n. 1 - Alanno (PE).
Sede amministrativa: Via Ragazzi del ‘99, n. 5 - Bologna.
8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO:
A.I.C. n. 023703010.
9.DATA DELLA PRIMAAUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE:
27.11.1978 (GU 16.01.1979) / 01.06.2010.
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO:
Determinazione AIFA del 27 Ottobre 2010.
100 mg + 500 mg ovuli, 10 ovuli
Prezzo: € 10,50
Medicinale soggetto a prescrizione medica
CLASSE C
ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE in Colposcopia e Fisiopatologia del Tratto Genitale Inferiore
a cura della SICPCV www.colposcopiaitaliana.it – e mail: [email protected]
DOMANDA DI ACCREDITAMENTO
IL/LA SOTTOSCRITTO/A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .chiede di essere ammesso a
sostenere la prova per l’Accreditamento Professionale in Colposcopia e Fisiopatologia del Tratto Genitale Inferiore a cura della S.I.C.P.C.V.,
nella Sessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
ALLO SCOPO DICHIARA: • di essere nato/a a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .il ____/____/______
• di essersi laureato in Medicina e Chirurgia a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .il ____/____/______
• di possedere le seguenti specializzazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
..................................................................................................................
• di allegare dichiarazione di autocertificazione ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. 20/10/98 n 403;
• di aver eseguito il proprio training in colposcopia e patologia del basso tratto genitale presso le seguenti sedi (indicare anche il periodo):
..................................................................................................................
..................................................................................................................
• di svolgere attualmente l’attività presso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
con una media di esami settimanali (indicare la tipologia dell’attività svolta) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
..................................................................................................................
• di svolgere/non svolgere trattamenti ambulatoriali (n/settimana . . .) • di aver partecipato ai seguenti congressi e/o corsi di colposcopia e patologia del basso tratto genitale negli ultimi due anni (indicare i 4 più rappresentativi allegando il certificato di frequenza
..................................................................................................................
..................................................................................................................
• di voler ricevere eventuali ulteriori comunicazioni al seguente indirizzo
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Tel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Cell. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Fax . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .E-mail . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
• di accettare di essere contattato in prima persona o attraverso il referente di seguito indicato, se la Commissione Esaminatrice ritenesse necessarie
ulteriori informazioni; • di indicare come referente per la tipologia dell’attività diagnostico-terapeutica di colposcopia e patologia del basso tratto
genitale il:
Prof./Dott. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ruolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Indirizzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Tel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .E-mail . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In fede
Data ____/____/______
_____________________________________
DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DELL’ATTO NOTORIO Art. 1 del D.P.R. 20/10/98 n. 403
Il/La sottoscritto/a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .nato/a a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .il ____/____/______
residente a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .prov . . . . . . in via
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . n. . . . . . . .
DICHIARA
sotto la propria responsabilità e consapevole delle sanzioni penali previste dall’art. 26 della Legge n. 15/68 in caso di dichiarazione mendace, che le
affermazioni e le notizie contenute nella domanda di Accreditamento allegata alla presente dichiarazione corrispondono al vero.
In fede
Data ____/____/______
_____________________________________
Requisiti di idoneità
1. Laurea in Medicina e Chirurgia - 2. Iscrizione all’Albo Professionale - 3. Iscrizione alla SICPCV - 4. Almeno 2 anni di attività colposcopica, di
cui 1 sotto il controllo di tutor esperto, certificata da Direttore di Clinica Universitaria o di S.O.C. o da un titolare di studio privato con documentato indirizzo colposcopico - 5. Partecipazione ad almeno 4 eventi negli ultimi 2 anni (può essere incluso il corso propedeutico all’accreditamento): • corsi e congressi nazionali patrocinati dalla SICPCV • corsi o congressi internazionali • corsi di perfezionamento attinenti all’attività colposcopica di elevato livello qualitativo
Compilare la Domanda e la Dichiarazione sostitutiva, inviarle, insieme alla documentazione, all’attenzione del Segretario Generale Dott. Fausto
Boselli al Fax n. 059 5160097. I documenti, in originale, devono essere presentati al momento dell’esame.
• La Domanda, la Dichiarazione e la documentazione devono pervenire almeno 30 giorni prima della Sessione d’esame.
• Una volta accettata la domanda, verranno comunicate: data e ora della Sessione d’esame.
ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE
in colposcopia e fisiopatologia
del tratto genitale inferiore
a cura della SICPCV
Prosegue la positiva esperienza della Società Italiana di
Colposcopia e patologia cervico vaginale (SICPCV) per
l’accreditamento professionale in colposcopia e fisiopatologia del tratto genitale inferiore. Coloro che vorranno sottoporsi a questo test di autovalutazione potranno farlo in occasione del corso di Corsi o Congressi
che ne daranno informazione. L’esame è indipendente
dallo svolgimento e dalla partecipazione al corso.
Vi potranno partecipare, volontariamente e gratuitamente, tutti i soci in regola ed in possesso dei requisiti
di idoneità. Le modalità di iscrizione e di autocertificazione sono indicate nella scheda a fianco, scaricabile
anche dal sito www.colposcopiaitaliana.it.
Con l’Educazione Continua in Medicina (ECM) lo specialista soddisfa i criteri obbligatori per l’aggiornamento
dal punto di vista istituzionale. Le Società Scientifiche
possono attribuire l’accreditamento in materie specialistiche. Quest’ultimo aspetto, contrariamente al primo, è
facoltativo, ma dovrebbe in futuro, diventare una caratteristica fondamentale per garantire ottimali standard di
lavoro. Con queste finalità si è impegnata la SICPCV, riuscendo così ad organizzare, come precedentemente riportato, la prima sessione d’esame per l’accreditamento.
Nel corso dell’anno, date e sedi verranno annunciate al
fine di soddisfare le esigenze di tutti i soci che ne faranno richiesta. Come modalità di valutazione della p
prepap
razione del candidato è stato scelto il metodo dei quiz. È
stato realizzato un programma computerizzato con 500
test. Il candidato dovrà rispondere a 50 di questi test, che
il computer sceglierà casualmente. Naturalmente i testi
delle domande sono protetti da una serie di password
che ne impediscono la lettura e la modifica.
Per ogni domanda sono previste 3 risposte, di cui una sola
sarà esatta. La domanda può essere formulata anche su
un’immagine colposcopica. Per superare il test e quindi
ottenere il diploma di accreditamento, bisogna rispondere ad almeno 40 quesiti sui 50 presenti. Se le risposte
esatte sono inferiori a 30 il test non è stato superato. Se
le risposte esatte sono fra le 30 e le 39, il candidato verrà
sottoposto immediatamente ad un’ulteriore verifica condotta su 30 domande. In questa ultima evenienza il test
sarà superato se le risposte esatte saranno almeno 25.
A giudicare i candidati sarà un’apposita commissione
formata da 4 membri nominati per ogni sessione d’esame dal consiglio direttivo della SICPCV. Allo specialista
che avrà superato la prova l’esame la SICPCV rilascerà
un diploma di accreditamento che avrà la validità di 3
anni. Il candidato che non supera l’esame dovrà attendere almeno 6 mesi prima di ripresentarsi. Dopo 2
esami consecutivi non superati, dovranno trascorrere
almeno 12 mesi per ripresentarsi. Si consiglia inoltre a
tutti i soci di consultare regolarmente il nostro sito web
www.colposcopiaitaliana.it.
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È possibile avere ulteriori chiarimenti inviando una email a [email protected] o un fax
al numero 059/5160097.
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inCItalia
SICPCV
Notiziario della Società
a cura del dr. Fausto Boselli
Le notizie e gli aggiornamenti di Corsi e Convegni saranno disponibili nel nostro sito:
www.colposcopiaitaliana.it
Per contattare la Segreteria della SICPCV potete scrivere a
[email protected]
Infine vi ricordo le modalità di iscrizione o di rinnovo
della quota associativa.
La Quota Associativa Annuale è di € 55,00.
Essa da diritto a:
• diventare Socio effettivo della S.I.C.P.C.V.;
• ricevere la rivista “La Colposcopia in Italia”;
• partecipare gratuitamente al Congresso Nazionale
annuale della Società.
Rinnovo Quota Annuale (per chi è già Socio):
• ritagliare il bollettino stampato a fianco;
• compilare, in modo leggibile, il frontespizio con i propri
dati anagrafici;
• barrare la casella che indica:
Rinnovo quota sociale;
• effettuare il versamento presso l’Ufficio Postale;
• conservare la Ricevuta.
Iscrizione alla Società (per diventare Socio):
• ritagliare il bollettino stampato a fianco;
• compilare, in modo leggibile
gg
, il frontespizio con i propri
dati anagrafici;
• barrare la casella che indica:
Nuovo Socio, Prima iscrizione;
• effettuare il versamento presso l’Ufficio Postale;
• conservare la Ricevuta;
• inviare alla Sede della Società la domanda di iscrizione,
allegando copia del versamento;
• la domanda e copia del versamento devono essere inviate al seguente indirizzo:
S.I.C.P.C.V. Via dei Soldati, 25 – 00186 Roma
• la domanda deve essere scritta su carta intestata o ricettario, occorre specificare: titolo di studio, specializzazione, telefono, attività svolta, luogo di lavoro, recapito per
la corrispondenza.
Variazioni di Indirizzo
Si ricorda a tutti i Soci di comunicare tempestivamente le
variazioni di indirizzo. La comunicazione deve essere inviata sia alla sede di Roma, sia alla Redazione della Rivista:
• S.I.C.P.C.V. Via dei Soldati, 25 – 00186 Roma
tel. e fax 06/6868142;
• dr. Boselli Fausto Redazione “La Colposcopia in Italia”
Via Brescia, 5 – 41041 Casinalbo MO – tel. 059/551685 –
fax 059/5160097 – email: [email protected] (indirizzo da
utilizzare anche per la corrispondenza che riguarda la
Rivista).
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