Italian daily news for key players and wine lovers
di: Fabio Piccoli
Lo spumante italiano tutto sulle "spalle" del Prosecco
Ormai da alcuni anni il Prosecco ha assunto un ruolo di leadership
della spumantistica italiana sui mercati internazionali. Nel 2014
addirittura ha superato come valore lo Champagne nei canali
dell’off–premise negli Usa. Sempre più fondamentale a questo punto la
salvaguardia del suo posizionamento e reputazione ma anche un miglior
equilibrio nella nostra offerta spumantistica a livello internazionale
Per anni abbiamo sobbalzato quando nei tg pre-natalizi qualche famosa organizzazione
professionale annunciava funambolici sorpassi dello spumante italiano alle prestigiose
bollicine dello Champagne sui mercati internazionali. Sapevamo bene, noi addetti ai lavori,
che intanto non si parlava di solo metodo classico quindi il confronto con lo champenoise
francese non era così corretto e poi eravamo ben consci che il sorpasso avveniva solo sul
fronte dei volumi e non certo sui valori.
I dati (Nielsen) che però ci arrivano dal 2014 e dal mercato Usa per la prima volta vedono le
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bollicine italiane superare nell’off-premise (fuori casa) anche in valore lo Champagne: 246
milioni di dollari contro 231. Un valore, però, come puntualmente riportato dal Corriere
Vinicolo, dettato soprattutto dalla straordinaria ascesa del nostro Prosecco che nel 2014 ha
registrato un incremento del 30% raggiungendo i 150 milioni di dollari superando il milione
di casse (circa una decina di milioni di bottiglie). Un dato che porta il Prosecco a
rappresentare il 61% degli spumanti italiani venduti negli Usa, il 26% sul totale degli
importati e il 13% di quello venduto nei supermercati e liquor store.
Purtroppo all’ascesa del Prosecco non corrisponde altrettanta crescita di altri spumanti
italiani che nel 2014 hanno invece registrato una diminuzione del 3%, a partire dal Moscato
che è sceso del 4%.
Sempre fonte Corriere Vinicolo interessante evidenziare come il Prosecco nel triennio
2012-2014 ha tenuto sostanzialmente sul prezzo che è attestato intorno ad una media di
15,90 dollari/litro. Non male se si considera poi che il prezzo medio delle altre bollicine
italiane (non Prosecco) nel medesimo periodo è stata di circa 12,50 dollari/litro. Per la
cronaca il prezzo medio dello Champagne negli Usa nello stesso triennio è stato di circa 67
dollari/litro.
Morale, è sempre più chiaro che praticamente gran parte della forza delle bollicine italiane
è sulle spalle del Prosecco. E’ evidente che tutti dobbiamo fare il tifo per questa nostra
tipologia di vino ed esortare il sistema produttivo a gestire la produzione con intelligenza ed
oculatezza al fine di evitare rischi di svalutazione e perdita di posizionamento. Negli Usa
come si è visto la situazione sembra sotto controllo, molto meno nel Regno Unito dove dai
dati del 2014, sempre riportati dal settimanale dell’Unione Italiana Vini, a fronte di una
crescita in volume delle vendite di spumante italiano di ben l’86,7%, si è registrata una
crescita del valore di "solo" il 33% che tradotto significa un calo del prezzo medio dello
spumante italiano del 28,8% (2,36 sterline/litro). E se osserviamo il dato sul Prosecco, le cui
vendite sono quasi raddoppiate lo scorso anno rispetto al 2013, il calo del prezzo medio/litro
è stato meno drastico, attestandosi attorno a 2,57 sterline (-15%). E’ noto come da tempo il
mercato del Regno Unito sia quello, per usare un eufemismo, il più aggressivo sul fronte
prezzi. Quindi non va preso come termine di paragone ideale, va però evidenziato che su
questo mercato, comunque, lo scorso anno sia lo Champagne che il Cava hanno perso meno
sul fronte prezzi, rispettivamente -9,6% e -12,9%. Tutto questo per sottolineare come la
"responsabilità" del Prosecco per garantire immagine e reputazione dello spumante italiano
sia altissima.
Non ci possiamo permettere, quindi, nessuno svarione o sottovalutazione di qualsiasi
segnale di debolezza del sistema Prosecco.
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Ci permettiamo, infine, di aggiungere anche un’altra ultima annotazione che in parte
riprende quanto già espresso nell’articolo "Sempre più bollicine sul mercato Usa, e se fosse
tempo per il metodo classico?" (link). Alla luce di questa crescita vertiginosa del Prosecco a
questo punto non solo pensiamo che vi sia spazio anche per un maggior quantitativo di
metodo classico italiano da proporre sui mercati internazionali, ma che questo sarebbe un
elemento di maggior garanzia pure per la bollicina veneto-friulana.
E questo perché a differenza del sistema Champagne, che potrà anche avere fluttuazioni
congiunturali sui mercati, ma ha ormai da tantissimo tempo un suo preciso percepito a
livello mondiale, che lo rende tendenzialmente invulnerabile alle evoluzioni "modaiole", la
piramide qualitativa dello spumante italiano, passateci questa metafora, ha buchi un po’
ovunque. O per essere più corretti, si basa su fondamenta molto fragili, a nostro parere e
basta andare a vedere gli andamenti, ad esempio, di una nostra bollicina storica come il
Moscato, l’Asti, per non dormire sonni tranquilli.
Per questa ragione noi pensiamo che oltre a migliorare il più possibile la percezione sulla
piramide qualitativa del Prosecco (e su questo fronte ne siano ben consapevoli anche i
produttori della doc, ben venga una più chiara evidenziazione dei valori della docg
Conegliano Valdobbiadene Superiore) è arrivato il momento di costruire una casa più forte
di tutta la spumantistica italiana.
Il successo del Prosecco ci riporta inevitabilmente ai fasti del passato di Lambrusco,
Moscato; il non essere riusciti a far capire che esisteva una gerarchia produttiva molto più
forte di quello che veniva percepito sui mercati ha generato i danni che ben conosciamo e le
difficoltà attuali di recuperare una corretta reputazione.
Perché, quindi, non provare proprio adesso che le cose vanno bene, a costruirci basi più
solide?
Lasciamo aperta, per il momento, questa domanda e la sottoponiamo ai nostri lettori,
esortandoli a darci loro opinioni e, se possibile, anche consigli, grazie.
26 / 02 / 2015
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