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Voci dal Sud
Anno II° nr. 11 Novembre 2006
il Cafè degli Amanti
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Gaetano Grillea
Un delicato poeta in vernacolo di cui Rosarno
si gloria e ne porta vanto
fromor
Per volontà dei figli Antonio, Francesco ed Enzo ha visto la luce postumo, per
i tipi di Jonica-Trebisacce, una raccolta
di poesie in vernacolo scritte dal Poeta
rosarnese, Gaetano Grillea.
Una raccolta toccante di spaccati di vita
quotidiana ingentilito dalla prefazione del
prof. Pino Lacquaniti.
Ma chi era il Poeta di cui ci onoriamo
essere compaesani?
Gaetano Grillea nasce a Rosarno il 26 aprile 1917,
da Vincenzo e Concetta De Salvo.
In tenerissima età perde il padre, morto nella prima
guerra mondiale.
Gli anni difficili della sua infanzia gli consentono
di completare solo la scuola elementare, ma la sua
grandissima voglia di sapere, lo stimola a frequentare famiglie in possesso di prestigiose biblioteche, dove
arricchisce la sua cultura.
Durante il secondo conflitto mondiale, richiamato
alle armi, viene catturato e deportato dai Tedeschi in
vari campi di prigionia nei Balcani.
Impiegato comunale dal 1947, dirige l’ Ufficio Elettorale rosarnese per 26 anni.
in occasione degli eventi politici locali e nazionali
del 1946 pubblica i poemetti Votamu pe’ Giordanu,
P’ ‘e votazzioni cumunali i Rosarni, Repubblica o Monarchia?
Di seguito pubblica numerosi componimenti in vernacolo ed in lingua su diversi giornali e prestigiose
riviste, tra le quali in particolare la storica e colta
“Calabria Letteraria “.
Partecipa a varie rassegne di poesie dialettali, ottenendo prestigiosi riconoscimenti e premi.
Muore a Trebisacce (CS) il 6 agosto 1993, all’età di
76 anni.
MI NSONNAI A’ MMAMA
E mi parìa ca ‘a mamma i Filaricu
a mmama ( nt’a putigha ) nci spiava:
“Donna Cuncetta avìstiu
“lìttara i vostru figghiu?
E chi! Non sacciu nenti Donna Rosa,
non sacciu cchiù com’àju pemm’a pigghiu:
Avi tridici misi chi aspettu ncarchi cosa,
jornu pe jornu spiu a Vrigoruzzu,
ma idhu guarda, jiza i pinnolara e carmu mi
rispundi:
No, non c’è nenti ‘onna Cuncetta cara.
Cu’ sa com’ora comu è chi s’a passà,
cu’ sapi se moriu
e comu u tempu passa, o Donna Rosa,
di cchiù jeu mi picciu.
‘A testa mila sbattu mura mura,
penzu ca i l’àutra guerra
pàisa non tornau
e mo stu figghiu pe sta guerra mpama
cu’ sapi undi minau.
O Donna Rosa, su malata e vecchia,
mi resta pocu tempu di campari
e mi pari ca moru
senza m’u vìu tornari.
“Vu’ chi diciti Donna Cuncettuzza?
“Quali penseri strani vi frùscianu la testa?
“Speramu a la Divina Providenza,
“pregamu a Santantoni,
“tenimu fidi, ànimu e pacenza
“e vu’ viditi ca Gaitanu torna.
“M’u dici u cori, sentu la prisenza!
E ngià! Mi ncoraggiati Donna Rosa,
ma nta stu cori i mamma
chi nc’è? Disperazzioni!
E mannaja li guerri e cu’ li voli!
Mannaja cu’ ndi faci mu campamu
affritti e scunsulati.
Jeu paci cchiù no nd’àju,
jeu cchiù non mi cunortu,
i soru soi non pàrranu ca puru idhi pènsanu
ca se no scrivi è mortu.
Gesù! Fammi la grazzia:
na vota sula ancora vidiri lu vorrìa
e poi, se mi fai mòriri,
cuntenta morarrìa.
da Esseg-Delic (Ungheria), ottobre 1944
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Laboratorio Teatrale ‘76
Mimmo Cannizzaro
mette nel carniere dei suoi successi
anche un Premio Europeo
Francesco Condoluci
(Il Quotidiano)
ROSARNO - E’ un trentennale davvero indimenticabile quello del ‘Laboratorio Teatrale ‘76”, la
compagnia di teatro amatoriale di Rosarno che nell’anno in cui ricorrono i suoi primi 30’ anni di
attività, sta facendo letteralmente incetta di premi e riconoscirnenti in tutta Italia.
Per gli attori provenienti dal gruppo teatrale nato
nel 1976 all’interno dello
storico “Centro di Promozione Culturale” di
Rosarno (dove si sono formati anche i promotori dell’altra compagnia locale (La Nuova Compagnia di Teatro Popolare), questo è davvero un anno
costellato di successi che non sembrano
conoscere confini: da Bolzano alla Toscana, da Caltanissetta alla Calabria, l’apprezzamento per l’arte recitativa e la verve comica del Laboratorio Thatrale ‘76, non .
smette infatti di mietere consensi.
Mattatore di questa stagione “dorata”,
passata in tournèe su e giù per lo Stivale,
è senza dubbio Mimmo Cannizzaro, uno
degli attori del nucleo fondatore del
Laboratoriò Thatrale ‘76, uno che, come
affenna il presidente della compagnia,
Carlo Capria, «ha rappresentato e rappresenta degnamente la piu genuina realtà artistica rosarnese».
Il suo talento naturale per la commedia
brillante, la sua punica espressiva da vero
istrione del palcoscenico, ne hanno fatto
negli anni un caratterista di razza capace
di mettere d’accordo aficionados del teatro amatoriale e giurie di ogni parte d’Italia.
Nella recente rassegna europea di Montagnana, inprovincia di Arezzo (promossa dall’Unione Italiana Libero Teatro), nella quale il Laboratorio Teatrale ‘76 ha partecipato rappresentando brilllantemente la commedia “Confetti,
champagne e ... becchini”, Cannizzaro, con il suo personaggio di “Razio Fuicapuzza”, si è superato, esibendo una
performance comica che alla fine gli è valsa l’attribuzione del prestiposo Premio Europeo di Teatro Popolare “ Il
Giogo” come miglior attore non protagonista.
Per Cannizzaro un successo personale, che Impreziosisce quelli già ottenuti In passato dalla sua compagnia a
Laives (Bolzano) e in numerose altre kermesse calabresi e siciliane e che è stato bissato, proprio nel mese di
settembre, dalla conquista di un altro premio come migliore “attore carattenista”, questa volta a Caltanissetta,
nell’ambito della rassegna teatrale “Michele Abbate”.
La compagnia si infine presenata a Rosarno, dove il Laboratorio Teatrale ‘76 ha riproposto in piazza ““Confetti,
champagne e;. .becchini”.
Cannizzaro e la sua compagnia hanno suggellato il trentennale davanti al pubblico di casa loro, presentando anche
i premi conquistati in questa irripetibile stagione.
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Sono morta
Il giorno della mia morte mi vestiranno bene, quasi come una sposa
o come uno di quelle squallide donnine altolocate che sporcano le giornate di sole con la loro inutile presenza.
Qualcuno pettinerà i miei capelli, coprendoli d’un velo di pizzo
nero, come odiosamente s’usa dalle
mie parti, a dare al mio volto pallido e inerme le sembianze di un manichino da vetrina, di quelli orribili,
mutilati dei loro arti superflui, che
tanto mi spaventavano da bambina e che spesso
mi apparivano in sogno a rubarmi la quiete della
mia giovane età.
Attorno me solo gente annoiata, quasi assente.
Un funerale è sempre una bella seccatura, bisogna vestirsi sobri, portare con disinvoltura una
faccia di rito, facendo attenzione a che non sembri tale, salutare quell’odioso parente che ti sta
proprio lì, appeso come una zecca ad un testicolo e vorresti tanto che ci fosse lui dentro la cassa
al posto mio.
Grazie del pensiero!
Poi c’è la Messa, altra rottura di scatole, con
tanto di panegirici letti da qualche amica retorica.
Lo so stai sperando che sia breve, senza tanti
fronzoli, tanto si sa io ero una senza Dio, niente
affatto comunista, piuttosto una sorta di anarchica perenne, che viveva il suo tempo a rincorrere
sogni, a fumare senza ritegno e poi avevo quel
vizietto da invertebrati di scrivere poesie e storie strampalate.
Siamo seri: il momento lo impone.
Certo che è comodo stare distesi, quando tutti
sono in piedi; è un’altra prospettiva, si possono
cogliere frammenti di espressioni che viceversa
sfuggirebbero.
Per esempio quella lì con il naso rosso che si
sistema la gonna stropicciata è la mia vecchia
zia zitella, non troppo acida per la verità, ma rompiscatole proprio fino all’inverosimile.
Non ha fatto mai mistero di tenermi in gran
di Carmen Cafaro
conto, peccato che, durante la mia pur breve vita,
non sia mai riuscita a dimostramelo appieno, specie quando, in tempi non sospetti, a me serviva
solo una parola buona, ma tant’è….!
Laggiù, seminascosto da una colonna della navata laterale c’è un uomo: mi stupisce vederlo
qui in questo frangente.
E’ Stefano, una di quelle persone per cui sia
valsa la pena vivere una relazione, non fosse altro per i bei momenti che mi ha regalato, ed è
l’unico che piange veramente con sentimento.
Toh … c’è anche Elena, elegantissima come
non mai, ma sempre tremendamente sexy, in quel
fasciante tubino nero che ha indossato per l’occ
a
s
i
o
n
e
.
Mi spiace che abbia fatto tanto chilometri, per
assistere a questa sceneggiata, così come mi
spiace vederla affranta, dal momento che non serve assolutamente a nulla struggersi per una donna di poco conto come me.
C’è un nugolo di colleghe, venute apposta con
un permesso orario concesso loro da quell’imbecille di Preside che dirige la mia scuola; la
più provata è Francesca, non ne avevo dubbi.
Pensate che lei scoppiava in lacrime, quando,
nei nostri viaggi per andare a scuola, la tediavo
con i miei racconti di vita e finanche quando le
concessi di leggere i miei scritti, in un freddo
pomeriggio d’aprile.
Che volete, la sensibilità umana, specie quella femminile, non ha confini, né giustificazioni di
sorta, ... ma tant’è …!
E’ che non riesco a muovermi diamine, altrimenti salterei su e me la stringerei forte forte al
petto, asciugando le sue lacrime, con questo velo
orribile che mi hanno poggiato sulla testa.
Ho sempre odiato i foulards, i cappelli e qualsiasi forma di copricapo, come pure i perizoma,
che sicuramente ti fanno tanto sexy in talune circostanze, ma che danno una noia del diavolo,
quando si ficcano nell’incavatura dei glutei, impedendoti di ravanare alla meno peggio, in cerca
d’un attimo di requie.
Le mie figlie son lì, composte e tristi, quasi
adombrate nei loro pensieri; certo non sono stata
una gran madre, perlomeno nell’accezione più
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classica del termine, ma credo d’aver trasmesso
loro, almeno alle ultime due, la mia voglia di libertà, la mia indipendenza da tutte le dipendenze
di questo schifo di mondo; ho sempre cercato di
essere per loro un’ amica più che una madre rompiscatole, anche se a volte, ma non credo proprio
di esserci riuscita.
Vivete, figliole mie e portate avanti le mie idee,
la mia voglia di cavalcare il mondo, la mia fantasia latente che mi ha sempre messo nei casini,
perché vivere di sogni è il peggiore dei delitti,
ma è l’unica libertà che ci è concesso avere, l’unico rifugio dove potersi nascondere al lordume
della realtà.
Però che bel pezzo di giovanotto ha Loredana
accanto, certo non poteva smentirsi, anche in un
momento, sempre impeccabile ed al centro dell’attenzione; che dolce che è!
C’è anche il mio ex marito, assieme a quell’ammasso di lardo che è sua sorella: sembra
davvero affranto, poverino, peccato che non sia
mai riuscito a farmi capire quanto m’amasse.
Ieri sera un manigoldo in camice bianco mi ha
sparato delle sorte di tappi, affinché non iniziassi a perdere dei liquidi indesiderati e
maleodoranti: è stato l’ultimo affronto di una vita
vissuta nel tentativo di schivare le cattiverie di
un’umanità disumana che vive solo per la gioia
di dare dolore, di ferire, di colpire a piene mani
nelle parti più basse, lasciando solchi nell’anima che mai potranno essere ricoperti e nascosti.
Io volevo essere cremata, così da non marcire
inutilmente, invece sono tutti qui che mi guardano curiosi, che mi scrutano fin dentro l’anima e
già sento nei loro silenti pensieri, la solita stupida frase di circostanza: “Era tanto giovane, che
peccato!”.
Vi piace la morte? Non importa le sembianze
che ha!
Potrei essere io o un’altra disgraziata la cosa
non cambierebbe!
Quello che mi da più fastidio è quel sorrisetto
da idiota che mi hanno stampato sul volto, mi sembra rassomigli ad una di quelle maschere tristi
che si vedono nei negozi di Venezia, così bianche, così inutili, così disperatamente tristi.
Forse volevano darmi un illusione di serenità,
o forse crearsi un alibi per le loro coscienze di
peccatori, fatto sta che mi hanno trasformato in
un burattino da esposizione.
Per fortuna è arrivato il prete, si vede che ha
premura di chiudere questa pratica il più velocemente possibile, non gli sono mai andata a genio,
per via delle mie scelte discutibili, ma almeno la
cosa era reciproca.
Non lo ascolto mentre parla, non me ne frega
niente di quello che dice, delle sue
farneticazioni sul Paradiso, sulla redenzione,
sulla remissione dei miei peccati, non vedo l’ora
che finisca e che se ne vada ad diavolo anche lui.
Ecco ora due beccamorti hanno preso il pesante coperchio di legno e tra poco mi chiuderanno dentro questa prigione eterna, dove lentamente mi dissolverò nel nulla, ben nascosta dal
mondo traslucido e patinato, nel quale il resto
dell’umanità continuerà a vivere indisturbata la
sua misera vita, nell’illusione che mai
toccherà loro subire quest’ultima umiliazione
terrena.
Da dove sono vedo i miei monti, vedo i grandi
prati soleggiati della mia infanzia, percepisco
ancora gli odori di pane casereccio che il vecchio forno al centro storico sforna in quantità industriali, odo le voci amiche delle campane che
suonano al mio passaggio e riempire di musica e
poesia la mia mente.
Un ultimo sguardo e poi tutto si fa nero e
silenzioso, ora sì che sono morta davvero.
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Come...quando...
fuori...piove...
di Carmen Cafaro - Lucabalducci - Ceci1959 - Cleo - Fedro - Ishtar - Mitla - Odrey - Parsifal
Un racconto scritto a più mani ed in via telematica per ViviCentro,
ordinato da Carmen Cafaro e Lucabalducci
Camminavo sotto la pioggia, lentamente, lasciando che le gocce mi entrassero
addirittura nelle orecchie, infastidendomi ovattando il suono delle auto…
”...Dov’è la saggezza oggi? La serenità?...”
Le orecchie mi fischiavano come quel
treno che partiva.
Non passerà mai più quel treno.
Era la mia vita senza quel treno che vedevo allontanarsi.
Nessun passeggero. Neanche una tinta.
Solo odore di ferro, di falce, di unto, che si allontanavano
per sempre.
Non era nostalgia che sentivo, né rimpianto.
Era qualcosa di più crudele, secco.
Camminavo in quella stazione come su alti trampoli e
il viso bianco da clown.
Guardavo beffandomi con un sorriso disperato.
La testa: un’ape che ronza.
La carcassa metallica si staccava con lentezza.
Vedevo e riconoscevo una parte di me sui sedili.
Mi guardava senza sguardo, espressione, vita.
Volteggiava, toccando tutt’intorno, spingendo per uscire.
Cercava di esistere, sopravvivere, tornare da me.
Ho sempre amato quel ritaglio di me: è inebriante, un
mio talento autentico.
Ma il treno si allontanava e non sapevo correre con quei
trampoli e non sapevo camminare senza.
Potevo solo ridere con un ghigno da pagliaccio orrendo, sprezzando le mie lacrime che non potevano lavare il
trucco sgraziato, ma lo cementavano.
Lacrime che corrodono la pelle.
Donna rettile, scorticata.
Con la mia pelle, ho rivestito quel vagone di treno che
si allontanava lentamente. Lo guardavo sparire. Esso, evaporando nella pioggia, si colorava.
Ogni volta che mi trovo in una stazione, quel treno,
quelle stesse sensazioni, come oggi qui, stessi pensieri
di allora, stesse emozioni.
E piove…odio la pioggia!
Quella sensazione di umido che ti si appiccica alla pelle, d’estate dopo solo un’ora di pioggia, o il freddo che ti
penetra nelle ossa, d’inverno quando fa troppo freddo per
nevicare.
La malinconia che ti prende, quando guardi fuori dalla
finestra e vedi gocce e fumo rimbalzare sull’asfalto; solo
gli idioti e i poeti traggono ispirazione da gocce d’acqua.
D’acqua poi, tutta la porcheria che liberiamo nell’aria si
racchiude in quelle particelle di H2O.
Mi sento particolarmente cinica stamattina, seduta in
questo bar, in questa piccola stazione, ad attendere che
quella nuvola “fantozziana” si levi dai piedi.
Devo per forza andare in quello studio legale, in una
città che nemmeno conosco, lo devo a me stessa.
E non accenna a smettere.
Osservo la strada: tutti che corrono verso i taxi e le
fermate degli autobus.
“Aiutooo, la pioggia”mormoro, con ironia.
E quella chi è?
Che strana donna! Rimane immobile, ferma, in mezzo
alla strada.
Ma che è stordita? La osservo bene, almeno cerco, la
mia miopia m’impedisce di focalizzare i volti.
Accidenti, ma è giovanissima, avrà al massimo dodici
anni.
E’ tutta bagnata poverina.
Che avrà da fissarmi?
Non sono fatti miei, e poi piove non ho voglia di uscire
da questo buco-riparo.
Eppure c’è qualcosa in lei, mi pare quasi di conoscerla.
Non è possibile, assomiglia tanto a mia mamma da giovane, in una di quelle fotografie in bianco e nero che ogni
tanto guarda con malinconia.
E’ incredibile.
Se solo smettesse di fissarmi.
E poi…
Accidenti a me, perché sento questo bisogno di raggiungerla?
Meglio andare a vedere, magari sta male, ha bisogno d’
aiuto.
Uscirò, nonostante la pioggia … pago il cappuccino
ed esco dal bar.
La ragazza non c’è più; ecco, lo sapevo!
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Raggiungo il marciapiede, mi guardo intorno … maledetta pioggia!
Dove sono? In ospedale? Che succede? Non ricordo
nulla.
O forse si … ricordo che camminavo sotto la
pioggia, lentamente, lasciando che le gocce mi entrassero addirittura nelle orecchie, infastidendomi, ovattando
il suono delle auto...!
Capelli appiattiti sulle guance, senza più traccia della
massa dei miei ricci, il trucco sciolto su tutto il viso, lo
sguardo fisso davanti a me.
Avanzavo a fatica, come un automa, ogni passo più pesante del precedente, sembrava che il mio impermeabile
bagnato mi ancorasse al marciapiede.
Avvertivo vagamente, oltre la nebbia che avvolgeva i
miei pensieri, i passanti che mi sfioravano, che mi urtavano con i loro ombrelli, tutti diretti verso le loro mete, le
loro case, le loro famiglie, ma non li vedevo.
Un ragazzo che passava al mio fianco mi urtò con il
suo zaino, distogliendomi dal mio torpore.
Adesso ero lì, ferma su quel marciapiede, bagnata all’inverosimile, senza né la voglia, né la forza di muovermi.
Sola, negli occhi l’immagine di un documento legale
vecchio e sgualcito che l’inserviente della casa di riposo, dove mio padre era morto aveva provveduto a spedirmi, insieme alle sue poche cose.
In testa una sola parola, che mi martellava dentro, tanto da farmi male: ADOTTATA!
Adesso comincio a ricordare ...
Poco prima ero seduta al tavolino del bar della stazione aspettando che smettesse di piovere e cercando, per
un poco, di concentrare la mia attenzione su qualcosa d’altro che non fosse l’appuntamento con il notaio, che da
sempre aveva curato gli affari di mio padre e, vista l’amicizia che li legava, avrebbe saputo darmi spiegazioni.
Piano piano, i ricordi diventano più nitidi, mi era sembrato di vedere una ragazzina sotto la pioggia che mi fissava, sembrava avesse bisogno d’aiuto, ricordo di avere
pensato che assomigliasse a mia mamma da adolescente.
Mia mamma, no la donna che mi ha cresciuto, che sicuramente mi ha voluto bene come una madre ... ma adesso lo so, non era la mia vera madre.
No, non assomigliava a mia madre, ma allora perché mi
sembrava di conoscerla, di averla già vista? Dove l’ho vista? Che fosse un ricordo legato al periodo prima della
mia adozione?
Dovevo essere piccola, quando mi hanno adottato, ma
quanti anni avevo?
Si dice che una madre sia colei che ti cresce, principio
fondamentale dell’educazione, ma dell’etica?
Scoprire così tardi che mamma ha un senso piuttosto
che un altro?
Vedo ovunque donne incinte, mi reca quasi fastidio vederle, perché mi rendo conto che la donna che ho guardato per anni negli occhi, a cui ho affidato la mia vita non mi
ha mai portato dentro di è, ma solo con sé.
La differenza, a parte linguistica è certamente di concetto e pragmatica.
Già … come lessi da qualche parte “ mamma di pan-
cia “ e “ mamma di cuore”.
L’avevo sentito una sera, quando i miei genitori adottivi stavano litigando, per l’ennesima volta, dopo ch’ero andata di là a dormire.
Non avevo resistito oltre e m’ero messa ad origliare
… così, scoprii la verità!
Sapere d’avere un qualche parte nel mondo una “ mamma di pancia “ non serviva, a questo punto, a placare la
strana sensazione d’irrequietezza che mi portavo addosso
da una vita, perciò fu facile addentrarmi in un guazzabuglio di strade contorte, sudice, fors’anche scomode, in
cui il mio inconscio s’avventurava ogni giorno.
Fu così che la stazione diventò il punto strategico d’osservazione: donne bianche, d’ogni colore e d’ogni foggia
abbigliate, donne in carriera, donne smunte, donne isteriche, donne…
Un rumore forte, metallico, inaspettato si trasforma in
un bagliore che poi lentamente si attenua ed appaiono i
contorni di ciò che mi circonda: un giardino, il mio giardino, le piante, un tavolino in rattan, il mio cuore batte
forte per lo spavento e, disorientata, capisco che stavo
dormendo e sognando.
Un altro colpo, come il precedente, ma ora mi è più
familiare, è Lapo, il figlio dei vicini che uccide la noia,
calciando la palla sulla porta del garage; accidenti a lui,
però, è cosi dolce e così solo, e poi così simpatico, quando passa sotto la siepe e viene a giocare con me, facendomi dimenticare gli acciacchi delle mie stanche ossa.
Una figura in controluce, seduta su una poltroncina è
parzialmente nascosta da un gran foglio di carta, un giornale, ma la riconosco facilmente dalla solita gonna
plissettata, mia madre, o meglio, per precisione, colei che
nella mia vita si è proposta come tale.
Espiro lentamente, tranquillizzando il battito del cuore, e cerco di recuperare le immagini del sogno che stanno evaporando, ma non mi è difficile, poiché il sogno è
spesso quello: la stazione, il treno, la bimba, le madri, il
rutilare delle sensazioni.
Ma, come sempre, qualcosa stona: non è il mio linguaggio, non sono i miei colori e le figure non mi assomigliano, io mi sento diversa ed, inoltre, c’è una sorta di
ricordo confuso che sfocato mi appare, come un’indecifrabile sensazione, in cui mi pare che colei che mi allattava non desiderasse separarsi da me.
Bah! tanti anni in questa famiglia devono aver confuso i
miei riferimenti istintivi.
Mi stiro con un rumoroso sbadiglio, allungandomi sino
a toccare entrambi i braccioli del divanetto in midollino
su cui stavo dormendo ed il mio movimento attrae l’attenzione della figura leggente, che esordisce con un ampio sorriso ed un tono cantilenante ed acuto: “ Finalmente
ti sei svegliata bambolina. Hai sete? Ti ho versato poco
fa dell’acqua fresca, dai vieni dalla mamma a farti fare
le coccole “.
Terminato il lungo sbadiglio, torno a rannicchiarmi, e
lei: “ Dai pigrona, levati da lì, che stanno arrivando
alcuni amici “.
So che insisterà, perciò mi muovo e, con un goffo balzo, atterro sul prato e mi avvio verso la mia piccola
dependance.
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Lungo il percorso, tengo il naso basso, per meglio co- mondo che sembra trasudare odio e violenza da tutti i pori.
gliere il fresco piacere dell’erba tagliata di fresco, ma
Per dirmi che sì, un mondo nuovo è ancora possibile;
con gli occhi fisso, come sempre, quegli strani segni ver- che possiamo fregare il tempo.
gati sopra l’entrata della mia casetta, che non so leggere,
Affondo la spada in un nemico invisibile, poi la ritragma di cui, negli anni, ho imparato il significato.
go e, secondo uno schema vecchio ormai di secoli, inverPrima di entrare, risollevo la testa e le mie lunghe orec- to la presa e l’affondo alle mie spalle.
chie dal pelo fulvo smettono di trascinarsi nell’erba umiMia figlia ha Dolly in braccio e mi guarda divertita e
da e penso alla scritta sulla porta: Dolly, ma che cazzo di anche un po’ perplessa, come fa sempre, quando mi vede
nome.
praticare questi esercizi.
“ Dolly, Dolly…>”
Le sorrido e lei mi sorride di rimando.
La voce della mia bambina è allegra e tintinnante, men“Cristo, quanto mi ricorda mia moglie” penso…
tre chiama la sua fedele compagna, non più cucciola.
Mi asciugo il sudore dalla fronte e interrompo l’eserciAnche lei non è più esattamente una bambina, e piano zio.
piano sta uscendo dal goffo bozzolo dell’infanzia, per traAveva ragione mia moglie, eh si…più guardo mia fisformarsi in una giovane creatura che, scommetto, farà glia, più penso: “Sì, insieme possiamo fregarlo, quel babattere forte il cuore di tanti suoi coetanei.
stardo di tempo! “.
Cerco di non pensare al giorno, in cui mi porterà a
Lapo irrompe, correndo; quasi inciampa nel tubo di
casa il primo “morosino”, o addirittura il fidanzato “uf- gomma che utilizzo per innaffiare le rose bianche, così
ficiale”.
tanto amate da mia moglie.
Dio, che rabbia!
“Ciao Anna. Ti va di venire con me a pescare? Ti ho
Non tanto per freudiane compensazioni, secondo le quali procurato la canna di bambù identica a quella che hai
per un maschio è impossibile diventare davvero amico di visto ieri nel negozio”.
uno che va a letto con tua figlia, quanto per una realtà ben
Mia figlia si gira lanciandomi uno sguardo dipinto: irpiù fredda e crudele: se mia figlia sta diventando grande, resistibile fregio.
io, per contro, sto invecchiando!
Impossibile resisterle.
Me ne accorgo quasi in ogni momento, in ogni moviCamminano vicini, ridono e chiacchierano ed io sento
mento.
che già mi hanno precluso il loro mondo barocco e soPraticare il Tai-Chi mi dà qualche sollievo, ma mi ren- speso.
do benissimo conto del leggero sforzo che mi costa rePer loro è facile vivere con entusiasmo.
stare in equilibrio su una gamba, durante certi esercizi o Trasudano gioia per un insetto insolito o un’esca dal piudel mimimo tremito della mano che regge la spada in al- mino arancio.
tri.
Il loro rumore si attutisce, man mano si allontanano,
Solo due anni fa non lo percepivo, al contrario di ades- fin quando il colore intenso del prato si gonfia e li inso.
ghiotte.
Guarda il filo della lama, come trema.
La mia mente torbida fino a quel momento, si fa più
Impercettibilmente, dirai tu.
leggera.
A me pare il tremito d’un ubriaco, invece.
Anna abita nella mia pelle, ogni giorno sceglie in quale
Tutti sintomi tipici, di un’unica diagnosi, che già mi fece poro.
il barbiere del mio paesino, quando mi trovò il primo caMi ha salvato!
pello bianco, qualche anno fa.
Ero diventato come una bottiglia di plastica, imprigio“Ragazzo, non sei fatto di ferro nemmeno tu”, mi ave- nata in un gorgo naturale a lato di un torrente impetuoso,
va detto, con un sorriso ingenuo, ignaro di come sarebbe imbrigliato da lunghe dita scheletriche che mi tiravano
cambiata la mia vita nell’arco di due anni e delle tragedie sotto, mi liberavano, poi, ancora giù.
che avrei dovuto affrontare.
Anna, mia figlia…la bimba che, con occhi tramortiti,
La spada si muove decisa e sibila fendendo l’aria e, mi dice sorridendo “Fortuna che ho te”, mi ha
mentre le mie gambe cercano di adeguarsi alla velocità resuscitato.
delle mie braccia, rivedo il carabiniere che mi suona alla
Dolly abbaia ...
porta e che mi dà la notizia che lui non avrebbe mai voluto
“Tesoro, eccomi” mi precipito “Tutto bene?”.
dare e che io non avrei mai voluto sentire.
“Papà, papà, abbracciami, ho fatto un sogno terri“Sono desolato, ma c’è stato un incidente sulla A21. bile”
Sua moglie…”.
”Mio miele sono qui accanto a te, non avere paura”.
Un ringhio mi esce dalla bocca, mentre la spada diseL’uomo con un gesto morbido spostò i capelli grigi e
gna arabeschi, destinati a tenere a bada i fantasmi che già capricciosi che lasciavano trasparire la dolorosa
si affollano alla mia mente.
incontrollabilità del tempo, liberando la bella fronte alta,
“Dolly, Dolly!”: la voce di mia figlia, spezza l‘incan- inequivocabile segno di un DNA profondo e complesso e
tesimo.
con voce rassicurante le parlò come solo un padre può
La mia bambina, leggera e fresca, come la schiuma del fare: “Ti ho mai parlato di Dolly? Per un attimo ho cremare o le nuvole del cielo, l’unica che mi ha dato e conti- duto ... piccola, io sono accorso perché tu ... non so come
nua a darmi la forza.
dirtelo ... Tu stavi abbaiando”.
Vorrei che ci fosse ancora mia moglie, al mio fianco,
Da quando sei nata registro ogni tuo movimento, ogni
per aiutarmi nel difficile compito di educarla, in questo tuo gemito, ogni tuo risolino perché tu sei la mia musica,
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la mia letteratura, la mia arte...Poco fa, sentendoti abba- dotta chissà dove se la voce di un giovane uomo non si
frapposta,
un
po’
inopportuna:
iare però ho capito! Tu sei molto di più e del tuo bau bau fosse
“Venga signora, da questa parte, … quando nascerà,
m’illumino.
Tu figlia adorata sei Dolly, la mia cagnolina morta sot- maschio o femmina?” chiese l’infermiere, facendole segno di entrare nella seconda stanza sulla sinistra.
to le rotaie di un treno ad alta velocità.
Non aveva voluto vederla, nemmeno quando quel picOh mia amata, persa e ritrovata.
Adesso è tutto chiaro, eccetto ... sono assalito da un colo capino riccioluto era uscito dal suo ventre ..., così
l’avevano portata via in tutta fretta, alla nursery, dove un’adpensiero intruso: se tu sei un cane, io chi sono?
Dal corridoio arrivano i rumori di gente che corre, che detta del Tribunale dei minori, già allertata da giorni, comcoordina e che ordina. Il rumore si avvicina, una chiave pilava una serie di moduli, per l’affido.
Perché quella strana sensazione di ansia, nel raggiungira, una volta, due, tre e la porta si spalanca.
Tre uomini vestiti di bianco irrompono senza chiedere gere lo studio legale?
Tutto sommato si trattava di sbrigare una pratica buropermesso e da lì a poco comincia un nuovo sogno.
cratica, almeno così le aveva detto al telefono il notaio, il
Elettroshock ...
Ancora i muscoli infuriati per l’affronto, l’abuso Dottor De Magistris.
Lapo De Magistris, brillante cinquantenne romano, seterapeutico: elettroshock ...
Camici bianchi mi afferrano, mi legano … sghignaz- deva dietro la sua scrivania di ciliegio, immerso nella letzo, temporali nelle vene … la carne si arriccia, i pensieri tura d’un atto di compravendita, quando il cicalino
dell’interfono lo interruppe: “La signorina che stava
cuociono, mulinellano.
Rivedo la macchina accartocciata in autostrada ... l’inu- aspettando, è in sala d’attesa, la faccio accomodare?”
tilità del risveglio all’interno del mio oscuro e fetido poz- gli disse la sua segretaria.
“Certo, due minuti e la faccia entrare”, rispose lui,
zo ... la carrozza del treno, dentro la ragione, la passione
la voglia di vivere che lievitando si allontanano... quasi seccato.
Quando la ragazza entrò nello studio, lui era girato di
mia madre che mi accarezza e mi abbandona regalandomi
per sempre la paura di essere amato … fiumi di persone spalle, intento a rimettere a posto alcune carte nel mobile dietro la scrivania.
estranee mi sorridono.
Impallidì improvvisamente: stessi lineamenti, d’una inTutto gira, turbinante tornado dissonante.
Mi sento ardere, non oppongo resistenza … nebbia, poi tensità sconcertante.
Lei dovette accorgersene, dal momento che rimase in
alba.
Qualcosa si rifugia nella mia mano: ciniglia soffice, piedi sulla porta, senza osare avvicinarsi alle due morbide
poltroncine in pelle scura.
delicata, fresca, ma calda … limpida, dissetante.
Lapo si ricompose, sebbene, quello che le si parava
Spalanca la sua fronte al mio sguardo.
dinanzi agli occhi sembrava il fotogramma d’una pellico“Ciao Anna” … tutto torna a scorrere.
Squilla il telefono; il sussulto notturno anticipa di po- la in bianco e nero, come un film già visto.
Rivedeva con la mente Anna, le sue corse al fiume, suo
chi secondi la corsa affannata verso la cornetta: “Pronpadre, i versi di Dolly … quanti anni erano passati? Venti
to…”
Anna avanza goffamente lungo il corridoio dell’ospe- … no, forse venticinque…
“Che stupido, ho la data di nascita dinanzi, sul tedale.
Non è la prima volta che un’emergenza la rovescia giù stamento”, pensò, cercando di dare il giusto tono alla
dal letto, ma la pancia informe si è ingrossata a dismisura voce, frammezzata d’una emozione vibrante ed
inequivocabile.
dall’ultima volta.
Le lesse il testamento, spiegandole i passi da fare, per
Un mese, manca soltanto un mese alla nascita della loro
entrare in possesso dell’eredità, nonché tutti gli
bambina e non era così che aveva immaginato l’attesa.
A dire il vero aveva immaginato tutto diversamente o adempimenti da assolvere, in caso di accettazione.
La ragazza sembrava non ascoltarlo affatto, presa coforse non aveva immaginato abbastanza, altrimenti si sam’era a guardare il suo sguardo e i suoi capelli e, in verirebbe fermata prima.
tà, il notaio pareva anche averlo notato.
Quanto prima?
“Sa, signorina, che conoscevo la sua famiglia?” disLa risposta appena abbozzata si ferma bruscamente davanti al piccolo specchio accanto alla porta di servizio se lui, tentando di sviare il discorso, che pareva non interessarla affatto.
antistante le scale di sicurezza.
Non aveva bisogno d’ascoltare altro … aveva detto al
I solchi scuri sotto gli occhi lasciano intravedere le
tracce inequivocabili di una bellezza che non si lascerà De Magistris, che intendeva rinunciare all’eredità … che
sciocca eh? Eppure quella cifra le avrebbe garantito un
sopraffare facilmente.
Non aveva mai preso troppo sul serio il suo aspetto futuro dignitoso per il resto della vita e, di fronte alla sequela di leggi e norme che lui le aveva sciorinato, aveva
fisico.
Aveva giocato di tanto in tanto godendo, divertita e sor- frettolosamente liquidato la situazione, manifestando la
presa, dell’effetto che provocavano sugli uomini quelle sua volontà di devolvere l’intera somma, in beneficenza.
Uscii fuori e pioveva … camminavo sotto la pioggia,
fattezze imperfette ma abilmente assemblate.
Nulla di più: non era mai stata disposta a puntare su lentamente, lasciando che le gocce mi entrassero addirittura nelle orecchie, infastidendomi ovattando il suono
qualcosa che non poteva controllare.
La mente disegna un sorriso ironico e l’avrebbe con- delle auto…
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il Cafè degli Amanti
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white_sharck71 su Vivicentro riporta la delicata poesia di
Vincenzo Giandomanico che noi ospitiamo con vivo piacere
“O
NONNO “
Avisse arapì ll’uocchie, oj mamma
mia!
Vita passata mia .... pare nu suonno!
Aiere cu’’e guagliune ‘nmiez’a via,
oggie nu viecchio e otto vote nonno
Io quanno parlo ‘e Te mamma mia
cara ritorno n’ata vota piccerillo
e dint’o suonno quanno Tu m’appareveco ca Tu faie ‘a nonna all’angiulille
Io quanno stongo ‘nmiez’ a sti nepu
te oj mamma t”e vulesso fà vedè
so accussì belle e nu’ ll’he cunusciute, comme vurrio ca stisse ‘nziem’a
mmè
P”a casa songhe otto palummielle!
Pe n’attimo nun trovene arricietto
ll’urdimo nato me fà o’ cianciusiello
quann’o pàzzeo ruciulea p”o lietto
Pe mmè so comm’a tante pazzielle
e spisso tutte ‘nzieme pazziamme
m’ha ditto aiere ‘o chiù strappuliatielle: O no’, ma pure tu tenive ‘a
mamma?
Io nun l’aggiu risposto, m’ha guardato e tale e quale comm’ ‘ a dduje
cumpagne cu’ ‘e ddoje braccelle forte m’abbracciato e pò m’ha ditto:
O no’, ma pecchè chiagne !?
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Queste pagine fanno parte del gemellaggio fra la Fromo
Editore di Rosarno e le Edizioni Damiano di Villa Verucchio
(Rimini). Articoli, firme e foto appartengono alla rivista
Vignettopoli edita dalla Editrice Damiano
http://www.edizionidamiano.net/
Si è spenta la voce della nostra
coscienza : Oriana
Nicoletta Damiano
Firenze - Una voce critica forte,
la voce della coscienza del mondo,
spesso scomoda, si è spenta!
Al di là del dispiacere di averla
persa, come scrittrice e giornalista,
non posso non riconoscerle il merito di aver messo in “ombra” gli uomini tutti, ed andare controcorrente
con i suoi scritti, dimostrando una
volta di più la capacità innata che è
propria di tutte donne, che quando
vogliono sono capaci di affrontare
gli ostacoli peggiori che la vita dissemina sul loro cammino.
Non poteva che essere una donna a tracciare questo significativo
percorso.
Nonostante non fossi d’accordo
sul fatto che la volevano Senatrice
a vita, perchè ho sempre sentito la
cosa strumentale e non lo trovassi
giusto
nei
confronti di una bella persona, profonda e al contempo con una mente analitica e attenta ai fatti della vita
e del mondo.
Devo confessare che la sua vivacità intellettuale, il sapere ogni cosa
su tutto, il non aver paura di niente
... continua ad affascinarmi.
La paura Lei sapeva bene cos’era, non parlava mai per sentito
dire, ma raccontava e urlava di
quelle paure che gli uomini avrebbero dovuto sopportare e che si sarebbero fatte avanti, un giorno dopo
l’altro,
senza
che nessuno ne arginasse la piena
del terrore.
Purtroppo, mi sono resa conto
che la gente, prende sempre fischi
per fiaschi e non capisce mai! Leg-
ge, ma pensa ad altro, guarda, ma
vede ciò che gli altri ti vogliono
far vedere.
Tu uomo, tu che di Lei hai dato
un lapidale giudizio nel riceverne
la notizia del suo decesso, non hai
capito un tubo ... ma non ti preoccupare, siamo in molti in tua
compagnia, a nuotare in questa magnifica ignoranza.
Un giorno, anche se troppo tardi,
ci
sveglieremo,
ma come dico ... sarà troppo tardi!
... perchè quando cominceremo a
ragionare con la nostra testa e
finalmente a capire cosa ci voleva
dire Oriana Fallaci, a leggere i suoi
scritti con la mente scevra da padroni indotti, quando finalmente
avremo ripulito il cervello di tutte
quelle scorie che appesantiscono di
stupidità la testa, ed insudiciano
occhi e cuore ... non sapremo più a
chi dirlo! ... ma non ci saremo più
nemmeno
noi
a sparare parole.
Oggi perdiamo una figura esemplare nel mondo del giornalismo,
ma anche una grande donna, e le
Donne, Noi donne, perdono molto
con la sua scomparsa; gli uomini
invece, dovrebbero riflettere su di
L
e
i
,
in questa società che si sono impacchettati ad immagine e somiglianza, dove vince chi corre di più:
da una responsabilità, da una sfida,
da una scopata, da un amore.
“La società degli uomini in
fuga” che fino ad arrivare ai più
alti vertici, giocano ancora con le
vite di tutti e se ne fregano della
nostra.
Cara Oriana, come giornalista
perdo personalmente un punto interessante di riferimento ed una
voce vera, limpida, chiara. Oggi la
nostra categoria dovrebbe essere a
lutto stretto, perchè di giornalisti
così, com’eri tu, mi spiace dirlo, ma
non ne sono più.
Si faranno in quattro per esprimere i loro dolore davanti alle telecamere, mentre dietro la schiena ti
combattevano e disapprovavano.
Ci sarà la corsa alla lacrima, a chi
le spara più grosse, ed ancora una
volta, dovrai da lassù assistere all’ennesima rappresentazione teatrale
di ipocriti con l’abito scuro e occhiali neri.
Hai fatto bene a lasciarci in silenzio, ti eri già sgolata anche troppo,
ma sai “non c’è peggior sordo di
chi non vuol sentire!”.
Che la tua nuova strada sia meno
pesante di quella che hai dovuto
sopportare in vita.
Buon viaggio cittadina del mondo e grande donna da me, una piccola ignorante che sopravvive facendo la scribacchina.
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Scaduti i termini per partecipare al concorso letterario nazionale
di scrittura femminile
“MA ADESSO IO”
COMPIE DIECI ANNI
Faenza - Scaduti i termini per partecipare al concorso letterario nazionale di scrittura femminile
“MA ADESSO IO” COMPIE DIECI ANNI
Presidente della giuria è la scrittrice e giornalista Lisa
Bellocchi.
Le opere vanno presentate entro il 31 ottobre 2006
Il concorso letterario nazionale di scrittura femminile “Ma adesso io” compie dieci anni. La manifestazione è promossa dall’assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Faenza, d’intesa con gli assessorati alle Pari Opportunità dei Comuni dell’area
faentina (Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Riolo Terme e Solarolo), in collaborazione con
l’associazione Nuovi Materiali, la società editrice “Il
Ponte Vecchio” di Cesena, il settimanale faentino
Sette Sere e con il contributo dell’Ufficio provinciale
della Consigliera di Parità, della Provincia di Ravenna,
della Regione Emilia Romagna, di Legacoop, di
Casacooptre e della Cooperativa Zerocento.
La macchina organizzativa della decima edizione
di “Ma adesso io” è partita proprio in questi giorni.
Al concorso possono partecipare tutte le donne che
hanno compiuto il sedicesimo anno d’età, ovunque
residenti. Tre le sezioni previste: Poesia, Narrativa
(racconti, romanzi brevi) e Memorialistica (testimonianze e diari). La partecipazione al concorso è gratuita. Le partecipanti dovranno inviare le loro opere
(testi inediti, a tema libero e in lingua italiana), in
quattro copie per la sezione Poesia, in sette per le
sezioni Narrativa e Memorialistica, entro il 31 ottobre
2006 alla segreteria del Concorso di scrittura femminile - assessorato Pari Opportunità del Comune di
Faenza (piazza del Popolo, 31).
E’ consentita la partecipazione a una sola sezione.
Non sono inoltre ammesse al concorso le vincitrici
dell’edizione precedente.
Per la sezione Poesia si possono inviare da un minimo di tre a un massimo di cinque poesie; per la sezione Narrativa i testi dovranno essere al massimo di 100
cartelle; 50 cartelle, infine, per la sezione
Memorialistica. Le cartelle devono essere contenute
nei limiti di trenta righe per sessanta battute l’una.
Gli elaborati saranno valutati da una giuria nominata dall’Amministrazione comunale e presieduta que-
st’anno dalla scrittrice e giornalista Lisa Bellocchi, di
cui faranno parte esponenti qualificati del mondo della
cultura.
Per ciascuna sezione la giuria sceglierà un’opera
vincitrice e una rosa di opere segnalate. Alle opere
vincitrici andrà un premio di mille euro.
E’ inoltre previsto un premio speciale per ogni sezione – il premio “Migliore Opera” – del valore di 500
euro, riservato alle scrittrici residenti nel territorio
faentino (Faenza e comuni del comprensorio).
Le opere vincitrici e quelle segnalate di ciascuna
sezione saranno presentate pubblicamente domenica
11 marzo 2007, in occasione delle manifestazioni dell’8
marzo, Giornata Internazionale della Donna.
Per ulteriori informazioni sul concorso rivolgersi all’assessorato alle Pari Opportunità del Comune di
Faenza (tel. 329.1715499; fax 0546.691679; e-mail:
[email protected]), dal lunedì al venerdì, dalle
ore 12.00 alle 14.00; il martedì e giovedì anche il pomeriggio, dalle 14.30 alle 16.30.
MARILY
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Appello al Governo italiano perché la Convenzione ONU sui diritti del
fanciullo venga rispettata in tutti i Paesi membri dell’Unione
Pedofilia? no grazie!
L’Istituto degli Innocenti manifesta la propria preoccupazione per quanto sta avvenendo in Olanda dove un
gruppo filo pedofilo potrà partecipare alle prossime elezioni.
In forza del proprio impegno plurisecolare a fianco
dell’infanzia e dell’adolescenza l’Istituto degli Innocenti sollecita il Governo italiano a farsi promotore in sede
europea di un’iniziativa di denuncia di questa vicenda, richiamando i membri dell’ Unione all’applicazione e al rispetto delle norme e dei principi della convenzione ONU
del 1989.
A tutte le associazioni, alle realtà e ai cittadini che si
battono per promuovere una cultura favorevole all’infanzia, l’Istituto chiede di aderire per sostenere questo appello.
Nonostante l’opinione pubblica olandese ed europea,
almeno in alcuni suoi settori, abbia condannato fortemente
le gravi posizioni filo pedofile del neo costituito partito
NVD ( Carità, Libertà e Diversità), il Tribunale dell’Aja
ne ha stabilito l’ammissibilità alle elezioni di novembre.
Fra le proposte del NVD ci sono l’abbassamento dell’età del consenso sessuale da 16 a 12 anni, con conseguente possibilità per i minori di partecipare a film pornografici e anche prostituirsi, la depenalizzazione del
possesso di pornografia infantile, la libera trasmissione
di film pornografici, anche di giorno, sui canali televisivi, tranne quelli violenti, comunque proiettabili nelle ore
notturne.
Questi sono alcuni dei capisaldi di un programma che
intende far diventare comportamenti normali e leciti una
insieme di atti che, solo grazie a decenni di impegno e di
mobilitazione civile, sono stati finalmente riconosciuti
quali crimini contro la persona, da perseguire a livello
nazionale e internazionale.
Il fondatore e i sostenitori di NVD utilizzano
argomentazioni tipiche di chi commette abusi sessuali su
bambini e bambine per giustificare la loro scelta: “le nostre proposte vogliono ampliare i diritti dei minori all’amore e alla sessualità; vogliamo lacerare il velo
dell’ipocrisia, vogliamo favorire l’educazione sessuale
dei minori”.
Dietro pretese democratiche e progressiste si vuole
invece legittimare lo sfruttamento sessuale di bambini e
bambine, negando i gravi e drammatici effetti a breve e
lungo termine che gli abusi sessuali producono sui piccoli, e il fatto che tra un adulto e un bambino che ne
subisce gli atti sessuali non potrà mai esserci un rapporto di parità.
Il Tribunale dell’Aja ha motivato la propria decisione
di ammettere alle elezioni il NVD anche per non ledere
il diritto alla libertà di espressione.
Ma come viene garantita quella di bambini e bambine?
Sono stati ascoltati? Quale attuazione reale ha in tutta
Europa il loro diritto all’ascolto e alla partecipazione?
Il mondo degli adulti deve impegnarsi, oggi, a garantire
la libertà e la possibilità di espressione dei bambini e delle bambine, non di chi si approfitta della loro posizione
di dipendenza e di mancanza di parola per rivendicare la
libertà di abusare di loro.
Ciò che è avvenuto è particolarmente inquietante perché viola i principi normativi contenuti in convenzioni,
protocolli e dichiarazioni sui diritti dell’infanzia e contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale di bambini e bambine, che sono stati sottoscritti e ratificati anche dall’Olanda, in primis tra tutti la Convenzione Onu dei sui diritti
del fanciullo.
In questo atto, promulgato a New York nel 1989, gli
Stati si impegnano ad adottare misure legislative, amministrative, sociali ed educative per tutelare i soggetti minorenni contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di
brutalità fisiche, compresa la violenza sessuale (art.19),
e ad assumere a livello nazionale, bilaterale e multilaterale
ogni iniziativa utile a impedire che i bambini siano incitati o costretti a dedicarsi a una attività sessuale illegale,
sfruttati a fini di prostituzione, di altre pratiche sessuali
illegali o della produzione di spettacoli o di materiale a
carattere pornografico (art.34).
Poiché per il diritto italiano gli atti sessuali con minorenni, la pedopornografia e la prostituzione minorile costituiscono reato le proposte del Ndv potrebbero essere
considerate come “istigazione a delinquere” (art. 414
c.p.).
La propaganda fatta dal nuovo partito olandese potrebbe integrare tale fattispecie di reato perché chi istiga a
commettere uno o più reati viene condannato con pene
detentive e/o pecuniarie a seconda dei casi e le richieste
del NDV integrano comportamenti idonei a provocare la
commissione di reati ai danni di bambini e bambine.
da l’Istituto Degli Innoncenti
girato a voi tutti
dall’editore Nicoletta Damiano
Per aderire inviare una mail a:
[email protected]
Tel. +39 055 2037331, 324, 220
www.istitutodeglinnocenti.it
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QUESTI
QUESTI NOSTRI…”FANTASMI”
NOSTRI…”FANTASMI”
Virtuali, remoti, sociali, storici - Edizioni Damiano di Nicoletta Damiano
Ci credete ai fantasmi? ...... In questa raccolta della scrittrice milanese ne potete trovare di ogni tipo e per ogni
gusto. Fantasmi dell’entroterra romagnolo: ricco di storia e di castelli, ognuno con la sua “presenza”....ma i fantasmi
non sono solo di tipo storico o legati a leggende popolari, infatti, Nicoletta Damiano, ne ha trovati alcuni, che vivono
perennemente con noi... I fantasmi “sociali”, meccanismi in grado di convincerci che non siamo chi siamo e che
riceviamo nel momento in cui si lancia il primo vagito. I fantasmi “virtuali”, i miti o gli idoli cui vorremmo assomigliare per un’ansia di piacere, che non ci appartiene ma che viene alimentata, giorno dopo giorno dai media. I fantasmi
“remoti”, quelli che appartengono solo a noi e che incarnano le nostre paure più profonde e che talvolta emergono,
producendo risultati, devastanti...Credeteci ai fantasmi. Ogni giorno, senza saperlo conviviamo con lo spettro di
qualcuno ed in questa intrigante e variegata sequela di personaggi, da Azzurrina a Marilyn Monroe, da Cagliostro a
Berlusconi... Un’investigazione tra i Misteri “dentro e fuori di noi” e che appartengono da sempre ad ogni popolo,
antico e moderno.
Questi nostri fantasmi e l’approfondimento dei fantasmi storici che aleggiano sulla nostra vita li potete approfondire nel volume edito dall’editrice Damiano nel volume
12345678901234567890123456789012123456789012345678901234567890121234567890123456789012345678901212345678901234567890123456
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