Université de Fribourg
Faculté des Lettres
Domaine d’Italien
Semestre Autunnale 2012-2013
Corso di storia letteraria moderna
Fondamenti e sviluppi di una tradizione
Prof. Uberto Motta
MIS 3026, martedì 17-19h
1
Calendario delle lezioni
Martedì 18 settembre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 25 settembre
17:15 – 19:00 MIS 3026 > 26 settembre MIS 3028
Martedì 2 ottobre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 9 ottobre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Mercoledì 10 ottobre
17:15 – 19:00 MIS 3026 SOSPESA
Martedì 16 ottobre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 23 ottobre: Giornata di studi italiani
Martedì 30 ottobre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 6 novembre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 13 novembre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 20 novembre: lezione sospesa
Martedì 27 novembre
17:15 – 19:00 MIS 3026
MERCOLEDI’ 28 NOVEMBRE 17:15 – 19:00 MIS 3028
Martedì 4 dicembre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 11 dicembre
17:15 – 19:00 MIS 3026
Martedì 18 dicembre
17:15 – 19:00 MIS 3026
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Bibliografia (1)
• Manuale di riferimento
G. Tellini, Letteratura italiana. Un metodo di studio,
Firenze, Le Monnier, 2011
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Bibliografia (2)
• Opere di consultazione
G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Firenze, Molini Landi, 1805-1813.
F. De Sanctis, Opere, a cura di G. Contini, 2 voll., Torno, UTET, 1968-1969.
F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, a cura di N.Gallo, Torino, EinaudiGallimard, 1996.
G. Getto, Storia delle storie letterarie, Firenze, Sansoni, 1969.
C. Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana, Torno, Einaudi, 1971.
A. Battistini – E. Raimondi, Le figure della retorica: una storia letteraria italiana,
Torino, Einaudi, 1984.
E. Irace, Itale glorie, Bologna, Il Mulino, 2003.
Storia della letteratura italiana, a cura di A. Battistini, 6 voll., Bologna, Il Mulino,
2005.
S. Jossa, L’Italia letteraria, Bologna, Il Mulino, 2006.
C. Vecce, Piccola storia della letteratura italiana, Napoli, Liguori, 2009.
Atlante della letteratura italiana, a cura di S. Luzzatto e G. Pedullà, 2 voll.,
Torino, Einaudi, 2010-2011.
F. Bruni, Italia. Vita e avventure di un’idea, Bologna, Il Mulino, 2010.
4
Prima di Dante
• La tradizione umbra: da San Francesco (m.
1226) a Iacopone da Todi (m. 1306)
• Dai siciliani agli stilnovisti: da Iacopo da Lentini
(m. 1260) a Guinizelli (m. 1276)
• La letteratura settentrionale: Bonvesin de la Riva
(m. 1315ca.)
5
San Francesco, Cantico, 1224 ca.
•
•
•
•
•
•
v. 1: «Altissimu, onnipotente, bon Signore»
v. 4: «et nullu homo ène dignu te mentovare»
v. 5: «Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le tue creature»
v. 10: «Laudato si’, mi Signore, per sora Luna e le stelle»
v. 20: «Laudato si’, mi Signore, per sora nostra madre Terra»
vv. 23-24: «Laudato si’, mi Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo
amore / et sostengono infirmitate et tribulatione»
• vv. 27-31: «Laudato si’, mi Signore, per sora nostra morte corporale, /
da la quale nullu homo vivente pò skappare: / guai a quelli ke morrano
ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime
voluntati, / ka la morte secunda no ’l farrà male»
• vv. 32-33: «Laudate et bendicete mi’ Signore et rengratiate / et
serviateli cum grande humilitate»
6
Giacomo da Lentini
Madonna à ’n sé vertute con valore
più che nul’altra gemma prezïosa,
che isguardando mi tolse lo core,
cotant’è di natura vertudiosa.
Più luce sua beltate e dà splendore
che non fa ’l sole né null’autra cosa,
de tutte l’autre ell’è sovran’e frore,
che nulla aparegiare a lei non osa.
Di nulla cosa non à mancamento,
né fu ned è né non serà sua pare
né ’n cui si trovi tanto complimento.
E credo ben, se Dio l’avesse a fare,
non vi metrebbe sì su’ ’ntendimento
che la potesse simile formare.
7
Italia, 1250 ca.
8
Guido Guinizelli
Io voglio del ver la mia donna laudare
ed asembrarli la rosa e lo giglio:
più che stella dïana splende e pare,
e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.
Verde river’ a lei rasembro e l’âre,
tutti color’ di fior’, giano e vermiglio,
oro ed azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo Amor per lei rafina meglio.
Passa per via adorna, et sì gentile
ch’abassa orgoglio a cui dona salute,
e fa ’l de nostra fé se non la crede;
e no lle pò apressare om che sia vile;
ancor ve dirò c’ha maggior vertute:
null’om pò mal pensar fin che la vede.
9
L’esilio di
Dante:
1302-21
10
Cronologia e diffusione della Comemdia
Le date
• Inferno: 1304-08 o 1307-09
con revisioni fino al 14
• Purgatorio: 1308-12 con
revisioni fino al 15
• Paradiso: 1316-21
I primi lettori
•
•
•
•
•
•
Cino da Pistoia, giurista
Andrea da Barberino, notaio
Anastasio, frate
Andrea Lancia, giurista
Giovanni Quirini, poeta
Tieri degli Useppi, notaio
11
La circolazione della
Commedia nel XIV s.:
antica vulgata: ante
1355
nuova vulgata: post
1355
12
Convivio, IV iv 3-4
Con ciò sia cosa che l’animo umano in terminata possessione di
terra non si queti, ma sempre desideri gloria d’acquistare, sì come
per esperienza vedemo, discordie e guerre conviene surgere intra
regno e regno, le quali sono tribulazioni delle cittadi, e per le cittadi
de le vicinanze, e per le vicinanze de le case, e per le case de l’uomo;
e così s’impedisce la felicitade. Il perché, a queste guerre e a le loro
cagioni torre via, conviene di necessitade tutta la terra, e quanto a
l’umana generazione a possedere è dato, essere Monarchia cioè uno
solo principato, e uno prencipe avere; lo quale, tutto possedendo e
più desiderare non possendo, li regi tenga contenti ne li termini de li
regni, sì che pace intra loro sia, ne la quale si posino le cittadi, e in
questa posa le vicinanze s’amino, in questo amore le case prendano
ogni loro bisogno, lo qual preso, l’uomo viva felicemente; che è
quello per che esso è nato.
13
G. Contini, Preliminari sulla lingua del Petrarca, 1951
Dunque Petrarca, rispetto alla propria tradizione, nega, o almeno limita. Ma per
il nostro punto di partenza, dico l’italiano letterario, bisogna piuttosto ragionare
a rovescio: non che sia lecito valutare un’esperienza dalla sua ‘continuabilità’,
pragmaticamente dal suo successo; ma ogni successo (istituzione, tradizione)
risale a un’iniziativa firmata. La scuola siciliana, ossia l’italiano come lingua
letteraria nazionale, ha una firma probabile, quella del Notaio da Lentini, e
perfino una data probabile, quella medesima dei documenti che lo mostrano
attivo nel decennio fra il 1230 e il ’40. Allo stesso modo la vigente tradizione si
richiama proprio all’iniziativa petrarchesca, e sarà per definizione un’iniziativa
linguistica di tonalità media, di escursione modesta. Allora il nostro punto di
partenza non sarà il genio più ricco e più inventivo, e con tutto ciò anche il più
propriamente intelligente della nostra letteratura, non è Dante, o almeno non è
di sicuro il Dante della Commedia, è il Petrarca volgare, quanto dire il Petrarca
del Canzoniere. Per qualificare tale esperienza, unitaria, esauriente, perciò stesso
autolimitata entro stabili confini, nulla giova meglio d’una rapida e massiccia
opposizione di queste due, come le chiamerebbe Roberto Longhi, ‘persone
prime’ del nostro linguaggio poetico.
14
F. Petrarca, R.v.f. 189
Passa la nave mia colma d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo
siede ’l signore, anzi ’l nemico mio.
A ciascun remo un penser pronto et rio
che la tempesta e ’l fin par ch’abbi a scherno;
la vela rompe un vento humido eterno
di sospir’, di speranze et di desio.
Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni
bagna et rallenta le già stanche sarte,
che son d’error con ignorantia attorto.
5
10
Celansi i duo mei dolci usati segni;
morta è fra l’onde la ragione et l’arte,
tal ch’incomincio a desperar del porto.
15
F. Petrarca, R.v.f. 189: schede linguistiche
verno (al v. 2) è utilizzato ancora dal primissimo Montale, in una delle
“disperse” della sua fase crepuscolare precedente gli Ossi;
rio (al v. 5) ricorre in Gozzano e in Cardarelli;
scherno (al v. 6) vanta occorrenze da Corazzini a Rebora e Pavese, più fitte
nei dintorni di Gozzano, Moretti, Palazzeschi;
desio (al v. 8) è in Corazzini (4 volte), Moretti (9 volte), Rebora e Cardarelli
(1 volta), Saba (3 volte);
lagrimar (v. 9) è tipico di Corazzini e Palazzeschi;
sàrte (al v. 10) è in Gozzano e Moretti (notevole, specialmente, l’uso
gozzaniano, in Paolo e Virginia dei Colloqui: vv. 120-121, «sovra coperta già
fremono i flutti,/ spezza il vento governi alberi sàrte»);
attorto (al v. 11) si legge in Gozzano e Campana, Sbarbaro e Ungaretti
16
G. Contini, Preliminari sulla lingua del Petrarca, 1951
«L’innovazione riduttiva per pacata rinuncia agli
estremi è consentita a Petrarca dalla sua
introversione. Usiamo termini grossolani, e
diciamo: è il suo romanticismo che è condizione
del suo classicismo».
17
F. Petrarca, R.v.f. 189: storia interna
Forma Chigi (1359-62)
in vita
Forma Vaticana (1373-74)
in vita
A: Voi ch’ascoltate, RVF 1 s
A: Voi ch’ascoltate, RVF 1 s
B: Passa la nave mia, RVF 189 s B: Arbor victoriosa, RVF 263 s
in morte
C: I’vo pensando, RVF 264 c
D: Mentre che ’l cor, RVF 304 s
in morte
C: I’vo pensando, RVF 264 c
D: Vergine bella, RVF 366 c
18
F. Petrarca, R.v.f. 189
Passa la nave mia colma d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo
siede ’l signore, anzi ’l nemico mio.
Cfr. Inf. XXVI 100, « ma misi me per l’alto mare
aperto »
19
Intertestualità interna (a)
v. 1, situazioni e immagini molto simili in son. 132, S’amor non
è, vv. 10-12: Fra sì contrari venti in frale barca / mi trovo in alto mar
senza governo,/ sì lieve di saver, d’error sì carca; son. 235, Lasso,
Amor mi trasporta ov’io non voglio, sptt. ai vv. 9-11, Ma lagrimosa
pioggia et fieri venti/ d’infiniti sospiri or l’ànno spinta,/ ch’è nel mio
mare horribil notte et verno; son. 272, La vita fugge, et non s’arresta
una hora, sptt. v. 11-14, veggio al mio navigar turbati i venti; / veggio
fortuna in porto, et stanco omai / il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,
/ e i lumi bei che mirar soglio, spenti. Ma cfr. anche Sap. V 10: …
tamquam navicula qui pertransit fluctuantem aquam
v. 4, cfr. son. 202, D’un bel chiaro…, v. 13, quella dolce mia nemica
et donna, e son. 261, Qual donna attende…, vv. 3-4, quella
mia/nemica, che mia donna il mondo chiama.
20
Intertestualità interna (b)
vv. 7-8, cfr. son. 17, vv. 1-2, Piovonmi amare lagrime dal viso/
con un vento angoscioso di sospiri.
v. 12, cfr. canz. 73, Poi che per mio destino, ai vv. 46-51, Come
a forza di venti / stanco nocchier di notte alza la testa / a’ duo
lumi ch’à sempre il nostro polo, / così ne la tempesta / ch’i’ sostengo
d’Amor, gli occhi lucenti / sono il mio segno e ‘l mio conforto solo .
v. 13, cfr. ancora canz. 73, ai vv. 24-25: sì possente è ’l voler
che mi trasporta;/ et la ragione è morta; e inoltre son. 211,
Voglia mi sprona, Amor mi guida et scorge, v. 7: regnano i sensi, et
la ragione è morta.
v. 14, l’immagine del porto, già in son. 272 vv. 11-14.
21
La vela rompe un vento humido eterno / di
sospir’, di speranze et di desio. / Pioggia di
lagrimar, nebbia di sdegni
Inf. V
vv. 28-30, Io venni in loco d’ogne luce muto, / che mugghia
come fa mar per tempesta, se da contrari venti è
combattuto.
v. 75, e paion sì al vento esser leggieri
v. 82, Quali colombe dal disio chiamate
v. 113, quanti dolci pensier, quanto disio
vv. 117-118, a lagrimar mi fanno tristo e pio. / Ma dimmi: al
tempo de’ dolci sospiri
Purg. II
v. 130, or le bagna la pioggia et move il vento
22
Petrarca
Due navigazioni a confronto
Dante
Passa la nave mia colma d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo
siede ’l signore, anzi ’l nemico mio.
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo e io
Fossimo presi per incantamento,
E messi in un vasel ch’ad ogni vento
Per mare andasse al voler vostro e mio,
A ciascun remo un penser pronto et rio
che la tempesta e ’l fin par ch’abbi a
scherno;
la vela rompe un vento humido eterno
di sospir’, di speranze et di desio.
Sì che fortuna od altro tempo rio
Non ci potesse dare impedimento,
Anzi, vivendo sempre in un talento,
Di stare insieme crescesse ’l disio.
23
Intertestualità esterna
v. 2, per aspro mare, a mezza notte il verno: cfr. Verg. Aen. VI 351-55,
con maria aspera e con hibernas immensa per aeqora noctes (luogo di
grande tensione emotiva: dove il nocchiero Palinuro, che Enea
aveva perduto e ora ritrova agli inferi, rievoca la sua morte
durante la navigazione).
v. 3, enfra Scilla et Caribdi: cfr. Verg. Aen. III 420-25
v.6, la vela rompe un vento traduce Aen. I 102-3, “procella velum
adversa ferit”
vv. 3-4, l’immagine di Amore quale nocchiero è assai rara, e
prima di Petr. si trova solo in un sonetto di Noffo di Bonaguida,
che comincia così: “Io veggio star sul canto de la nave/ Amor...”.
24
F. Petrarca, R.v.f. 1, vv. 1-4
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono.
F. Petrarca, R.v.f. 364, vv. 5-8
Omai son stanco, et mia vita reprendo
di tanto error che di vertute il seme
à quasi spento, et le mie parti extreme,
alto Dio, a te devotamente rendo.
25
Cic. Tusc. disp. III 1
«Nella nostra indole è innato il seme della virtù, e se
esso potesse crescere, la natura stessa ci guiderebbe
alla felicità. Orbene, non appena noi veniamo alla luce
e siamo accolti e riconosciuti, ecco che ci troviamo
subito in mezzo a ogni sorta di storture e al più
grande pervertimento ideologico, sicché sembrerebbe
che, assieme al latte della nutrice, noi avessimo
succhiato anche l’attitudine all’errore. [...] Ci
rimpinziamo di errori così svariati, che sulla verità ha
la meglio l’inganno e un preconcetto consolidato
prevale sulla natura stessa».
26
La letteratura volgare del Trecento
La poesia
La prosa
(primato assoluto della Toscana)
• TOSCANA
• Volgarizzamenti
• Scritture religiose e mistiche
Poesia allegorico-didattica (Fazio
degli Uberti, Dittamondo, 1345-67)
Poesia lirica (tra epigoni dello Stilnovo
e emuli di Petrarca)
Tradizione canterina (i cantari di
Antonio Pucci: 1310-1388)
• VENETO
Poesia lirica (Niccolò de Rossi, ms.
Barb. Lat. 3953)
Letteratura franco-veneta (1320 ca.,
Entrée d’Espagne)
Giordano da Pisa, Domenico
Cavalca, Iacopo Passavanti e S.
Caterina da Siena
• Storiografia
La Cronica di Giovanni Villani
• Novellistica
Il Trecentonovelle di Francesco
Sacchetti (1392-97)
27
Leon Battista Alberti (1404-1472)
Firenze, Palazzo Rucellai, 1450 ca.
Firenze, Santa Maria Novella, 1456
28
Leon Battista Alberti (1404-1472)
Rimini, Tempio Malatestiano, 1450 ca.
Mantova, Sant’Andrea, 1470 ca.
29
L. B. Alberti, I libri della famiglia, Proemio
Repetendo a memoria quanto per le antique istorie e per ricordanza de’ nostri
vecchi insieme, e quanto potemmo a’ nostri giorni come altrove così in Italia
vedere, non poche famiglie solere felicissime essere e gloriosissime, le quali ora
sono mancate e spente, solea spesso fra me maravigliarmi e dolermi se tanto
valesse contro agli uomini la fortuna essere iniqua e maligna, e se così a lei
fosse con volubilità e temerità sua licito famiglie ben copiose d’uomini
virtuosissimi, abundante delle preziose e care cose e desiderate da’ mortali,
ornate di molta dignità, fama, laude, autoritate e grazia, dismetterle d’ogni
felicità, porle in povertà, solitudine e miseria, e da molto numero de’ padri
ridurle a pochissimi nepoti, e da ismisurate ricchezze in summa necessità, e da
chiarissimo splendore di gloria somergerle in tanta calamità, averle abiette,
gittate in tenebre e tempestose avversità. Ah! quante si veggono oggi famiglie
cadute e ruinate! Né sarebbe da annumerare o racontare quali e quante siano
simili a’ Fabii, Decii, Drusii, Gracchi e Marcelli, e agli altri nobilissimi apo gli
antichi, così nella nostra terra assai state per lo ben publico a mantener la
libertà, a conservare l’autorità e dignità della patria in pace e in guerra,
modestissime, prudentissime, fortissime famiglie, e tali che dagl’inimici erano
30
temute, e dagli amici sentiano sé essere amate e reverite.
Delle quali tutte famiglie non solo la magnificenza e amplitudine, ma gli
uomini, né solo gli uomini sono scemati e disminuiti, ma più el nome stesso,
la memoria di loro, ogni ricordo quasi in tutto si truova casso e anullato.
Onde non sanza cagione a me sempre parse da voler conoscere se mai tanto
nelle cose umane possa la fortuna, e se a lei sia questa superchia licenza
concessa, con sua instabilità e inconstanza porre in ruina le grandissime e
prestantissime famiglie. Alla qual cosa ove io sanza pendere in alcuna altra
affezione, sciolto e libero d’ogni passion d’animo penso, e ove fra me stessi, o
giovani Alberti, rimiro la nostra famiglia Alberta a quante avversità già tanto
tempo con fortissimo animo abbia ostato, e con quanta interissima ragione e
consiglio abbino e’ nostri Alberti saputo discacciare e con ferma constanza
sostenere i nostri acerbi casi e’ furiosi impeti de’ nostri iniqui fati, da molti
veggo la fortuna più volte essere sanza vera cagione inculpata, e scorgo molti
per loro stultizia scorsi ne’ casi sinistri, biasimarsi della fortuna e dolersi
d’essere agitati da quelle fluttuosissime sue unde, nelle quali stolti sé stessi
precipitorono. E così molti inetti de’ suoi errati dicono altrui forza furne
cagione.
31
Trovare i classici
nel XV sec. (I)
32
Trovare i classici
nel XV sec. (II)
33
Poggio Bracciolini a Guarino Veronese, 15 dic. 1416
È solo il discorso quello per cui perveniamo ad esprimere le virtù
dell’animo, distinguendoci dagli altri animali. Bisogna quindi essere
sommamente grati sia agli inventori delle altre arti liberali, sia soprattutto a
colore che, con le loro ricerche e con la loro cura, ci tramandarono i precetti
del dire e una norma per esprimerci con perfezione. […] Fra tutti illustre ed
eccellente fu M. Fabio Quintiliano […]. Ma egli presso di noi italiani era così
lacerato, così mutilato, per colpa, io credo, dei tempi, che in lui non si
riconosceva più aspetto alcuno, abito alcuno d’uomo. […] Era penoso e a
mala pena sopportabile, che noi avessimo, nella mutilazione di un uomo
così grande, tanta rovina dell’arte oratoria. […]
Un caso fortunato per lui, e soprattutto per noi, volle che, mentre ero
ozioso a Costanza, mi venisse il desiderio di andar a visitare il luogo dove
egli era tenuto recluso. V’è infatti, vicino a quella città, il monastero di S.
Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per distrarmi, e insieme per
vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mezzo a una
gran massa di codici che sarebbe lungo enumerare, ho trovato Quintiliano
ancor salvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere.
34
C. Dionisotti, Discorso sull’Umanesimo italiano (1956)
«Fin dal Trecento la rivoluzione umanistica si
sviluppò nell’Italia divisa e discorde come un moto
nazionale e unitario, atto a superare, sulla base
della nuova latinità, differenze e contrasti regionali
e municipali, che la sola tradizione toscana,
dantesca, non era in grado di superare a quella
data».
35
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