APPUNTI DI STORIA ED ARCHEOLOGIA
DEL TERRITORIO SAVINESE
a cura del Gruppo Archeologico "G.F Gamurrini"
Monte San Savino (AR)
Edizioni Magazine S.n.c. Monte S. Savino (AR)
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APPUNTI DI STORIA ED
ARCHEOLOGIA DEL TERRITORIO
SAVINESE
a cura del Gruppo Archeologico "G.F. Gamurrini"
Monte San Savino (AR)
Agosto 1996
1° Edizione
Giugno 2007
2° ristampa (corretta)
Monte San Savino, Giugno 2007 - Edizioni Magazine S.n.c.
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INTRODUZIONE A CURA DEL PRESIDENTE DEL CLUB
ARCHEOLOGICO "G.F. GAMURRINI" Dott. Varo Sonnati
Il Gruppo Archeologico "G.F. Gamurrini" era un'associazione fondata con l'intento di
conoscere e far conoscere la zona archeologica del Comune di Monte San Savino. Infatti tale
comprensorio e rimasto assolutamente "scoperto", sia per quanto riguarda la redazione della
carta archeologica, sia per le segnalazioni di siti che sono state fino ad ora assai scarse e
lacunose. Come si potrà osservare sfogliando le pagine che seguono, quasi del tutto assenti
saranno le indicazioni fatte dal Gamurrini, fra l’altro ampiamente conosciute da tempo e
riportate comunque nell'opera "Storia del Santuario di Vertighe" edita per l'appunto nel 1996.
La nostra opera e tratta da un lavoro più ampio ed impegnativo che abbiamo intrapreso per la
definizione della carta archeologica del comprensorio, questi appunti non hanno certo pretese
dottrinarie, ma sono rivolti essenzialmente ad un vasto gruppo di lettori "non addetti ai lavori",
ma che desiderano sapere di più sulla storia del loro territorio. A tale proposito vogliamo
ricordare che il Gruppo Archeologico "G.F. Gamurrini" ha cercato di sensibilizzare anche il
pubblico dei più giovani, entrando nelle aule scolastiche a contatto diretto con gli allievi, che
si sono dimostrati attenti ed interessati. Cogliamo l'occasione per ringraziare il Preside delle
scuole Medie di Monte San Savino Dott. Sarracino, che ha promosso l'iniziativa e ci è stato
costantemente vicino. In qualità di presidente del G.A.G., e toccata a me la sorte di curare
l'introduzione di questi appunti che, ripeto, non reclamano affatto grosse pretese; forse per tale
caratteristica ci verranno perdonati eventuali errori e lacune. Ci scusiamo infine con gli amici
di Alberoro e Montagnano se abbiamo tralasciato (per ragioni tecniche) la descrizione del loro
interessante territorio. Siamo certi che in futuro altri saranno in grado di rimediare. La nostra
opera inizia con la trattazione del periodo preistorico, con il rinvenimento del "Sasso delle
Fate" e del suo repertorio di iscrizioni rupestri. Trattasi di una scoperta assolutamente
eccezionale e per l'epoca e per l'unicità di questo reperto a sud della regione ligure. Si passa
poi al periodo Etrusco, con i ritrovamenti del Castellare e la fondata ipotesi che il primitivo
nucleo abitativo dovesse trovarsi in località Poggiolo. Segue il periodo Romano con il
rinvenimento di "Ville" tipiche del periodo Post-Sillano e resti di Tempietti Silvani ed
Edicole Viarie. Si chiude infine con il periodo Alto-Medioevale con i numerosi Torrioni di
Avvistamento posti ai confine dei vari comuni in perenne lotta fra di loro. Del tutto assenti
fino ad oggi i rinvenimenti del periodo Longobardo, anche se non disperiamo di ritrovare
qualche indizio di insediamento in località Barbaiano, aberrazione del termine Barbarano
che stava appunto ad indicare un insediamento barbarico.
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Monte San Savino: dalla Preistoria al Medioevo
La presente esposizione documentaria si configura come un'indagine a campione dell'attività
di ricognizione e di ricerca svolta dal Gruppo archeologico "G.F. Gamurrini" di Monte S.
Savino (G.A.G.). In base agli elementi raccolti il territorio savinese, oggetto nel passato di
limitate indagini sistematiche, emerge come un'area di notevole rilevanza archeologica per la
densità delle presenze antiche; dalla preistoria a quella alto-medievale Monte S. Savino con il
suo agro si distingue, inoltre, per l’esistenza di una fitta rete viaria che verosimilmente ha
ricalcato percorsi antichi. Si tratta di un comprensorio che per la sua peculiare posizione
geografica ha sicuramente svolto un ruolo di passaggio obbligato e di comunicazione tra aree
contigue come la Valdichiana, la Val d'Ambra e i distretti senese, Volterrano e le zone
dell'Etruria costiera. Tra l’altro si deve ricollegare la presenza di alcuni tracciati caratterizzati
da tratti selciati all'uso antichissimo della transumanza praticata dal pastori: fino a pochi
decenni fa, che attraversavano il territorio savinese con le greggi provenienti dalle zone preappenniniche e appenniniche per giungere in Maremma e viceversa. Dai dati presentati in
questa sede si delinea un'area che ben si inserisce nella Valdichiana, fittamente abitata dalla
fine del VII Sec. a.C. con un sistema di popolamento di tipo sparso: tanti piccoli nuclei rurali
sorti a controllo dei traffici e posti su due direttrici, una lungo il percorso del Clanis in senso
longitudinale e 1'altra in senso trasversale. In questo contesto, assurgono a significative realtà
insediative antiche Alberoro e Montagnano, note per alcuni importanti rinvenimenti
archeologici, sia di epoca etrusca arcaica ed ellenistica che di epoca romana imperiale. Il
popolamento antico è ampiamente testimoniato nelle zone limitrofe del centro urbano di
Monte S. Savino e si dispone sulle pendici e nelle sommità delle amene colline che circondano
la cittadina. Tali presenze insediative fanno postulare 1'esistenza di un nucleo abitativo
organizzato, il quale deve essersi sviluppato topograficamente, in analogia agli altri siti della
Valdichiana (Cortona, Castiglion Fiorentino), in epoca arcaica e ellenistica. Monte S. Savino
non ha purtroppo restituito, ad oggi, emergenze archeologiche che attestino quanto appena
affermato. Comunque, la conferma ci giunge dai ritrovamenti avvenuti ad esempio al
Castellare, localita molto ampia, occupata in parte da una necropoli etrusca da ricondurre
verosimilmente all'insediamento savinese antico. Il luogo, parzialmente esplorato, nel 1860
dalla Societa Colombaria, risultò caratterizzato da tombe a fossa e pare anche a tumulo: 1'area,
divenuta cava di argilla di una vicina fornace di laterizi, è ormai obliterata. II periodo di
maggior sviluppo della necropoli corrisponde alla seconda meta del IV secolo e a tutto il III
secolo a.C. come si desume dai materiali di tipo volterrano, Kelebai volterrane, ceramiche a
vernice nera e a figure rosse di produzione Chiusina, nonché materiali bronzei ed oreficeria.
La zona non e stata comunque estranea ad altre frequentazioni sia di epoca preistorica che
romana imperiale e tardo antica.
Ad ulteriore conferma dell'esistenza di un fitto popolamento del territorio savinese,
socialmente organizzato, e interessante ricordare la notevole quantità di culti salutari legati
alle acque ritenute curative soprattutto per le malattie cutanee e 1'ipogalattia. Il Gamurrini
descrive il ritrovamento di un bronzetto votivo etrusco arcaico a figura femminile presso un
fonte denominata il Rigo. Pure la Villaccia risulta essere una fonte galattofora con stipe
votiva di epoca etrusca. Pur non rimanendo oggi testimonianze archeologiche pertinenti a
queste fonti, e inevitabile ritenere che anche in questo territorio esistessero sacelli o
edicolette caratterizzate da elementi architettonici (antefisse, lastre decorative) e dal
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simulacro della divinità venerata attestando la presenza di culto che in molti casi si è
perpetuato nei secoli a dimostrazione della sacralità del luogo. Il territorio savinese vivrà,
inoltre, anche dell'esperienza economico sociale della villa Rustica di epoca romana
imperiale. Il sistema tendeva a spopolare le campagne dai piccoli coltivatori diretti e
concentrava la manodopera nelle grandi fattorie, sviluppando la coltura intensiva della vite,
dell'olivo, del grano e dell'allevamento razionale del bestiame (S. Cristoforo, Torena,
Alberoro, podere Avello e Montagnano). Alla fine del II° secolo d.C. tale sistema inizierà a
disgregarsi e, pertanto, il territorio in esame subirà quello stesso processo di decadenza e di
abbandono che caratterizzerà tutta la penisola italica nella tarda romanità. In seguito, con le
invasioni barbariche, la popolazione sparsa per il fertile piano salirà sulle alture dominanti la
valle e si organizzerà con insediamenti di difesa. Si può concludere che nonostante 1'esiguità
degli elementi raccolti, non e da escludere che indagini archeologiche possano fornirci in
tempi futuri dati più certi sulla vita associata, nel territorio savinese, dalla preistoria all'Alto
Medioevo.
In questo lavoro di ricerca e di raccolta dei dati appare di grande importanza 1'attività del
Gruppo archeologico in collaborazione con Soprintendenza Archeologica della Toscana. Al
Gruppo Archeologico va riconosciuto il lodevole intento della conoscenza storica e
soprattutto della salvaguardia del proprio territorio, rendendo possibile con maggiore
capillarità la tutela e la difesa del patrimonio culturale da parte degli enti preposti. Non resta
che auspicare che le iniziative promosse dal G.A.G. creino un ulteriore stimolo nelle
Istituzioni e una crescente sensibilità nella gente per promuovere e favorire continue
scoperte nel comprensorio savinese, come e avvenuto nel caso delle incisioni rupestri del
Sasso delle Fate (4000-3000 a.C.) posto all'incrocio frà la Vescina e la Vescinella.
Margherita Scarpellini Testi: archeologa e ispettore onorario della Soprintendenza
Archeologica della Toscana
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I RITROVAMENTI PREISTORICI
Nel nostro territorio vi sono alcuni luoghi che, come risulta dai ritrovamenti effettuati
negli ultimi anni dal Gruppo Archeologico "G.F. Gamurrini e dagli scritti del passato,
sono stati certamente occupati dall'uomo nel periodo preistorico. Qui di seguito riportiamo
una raccolta di testimonianze relative a questi luoghi ed ai reperti venuti alla luce.
Per notizie storiche e culturali relative alla preistoria, si rimanda all'appendice posta alla
fine di questo libro.
IL SASSO DELLE FATE
Il sito preistorico più antico e quello di Monte Longo, oggetto di scavi archeologici nel 1969
(Borzatti E., Notiziano, Riv. Sc. Preist., XXIV). II materiale litico ritrovato comprendeva
numerosi strumenti caratteristici del Gravettiano Finale, una cultura del Paleolitico Superiore
risalente a più di 18.000 anni fa. L'interesse di Monte Longo e accresciuto dal fatto che si tratta
di un accampamento all'aperto, un caso piuttosto raro, perchè la maggior parte dei siti abitativi
riferibili a questa cultura sono in grotte o ripari sotto roccia.
Un recente ritrovamento preistorico effettuato dal Gruppo archeologico G.F. Gamurrini è
quello in località "Castellare alto" dove, dopo un'aratura profonda, sono venuti alla luce
manufatti in selce che includono un grosso nucleo per la produzione di schegge, lame e una
punta di freccia. Difficile e al momento 1'attribuzione cronologica e culturale di questo scarso
materiale litico raccolto in superficie. E' tuttavia da notare che le punte di freccia peduncolate
sono state prodotte solo a partire dal Neolitico e, se si tratta di un complesso omogeneo, il
limite cronologico superiore dovrebbe essere il V millennio a. C..
Sempre nelle zone limitrofe di Monte San Savino, in località San Bartolomeo delle Vertighe
era presente una tomba con corredo della quale non e ben nota la tipologia perchè è andata
distrutta da lavori agricoli. Si trattava probabilmente di un inumato e il corredo recuperato e
costituito da due pugnali di rame a lama triangolare allungata: uno è con codolo semicircolare
e tre fori per i chiodetti: 1'altro è corroso alla base, ma comunque simile al primo. Fra i
rinvenimenti anche una punta di freccia in selce nera. Il complesso e da attribuirsi alla cultura
di Rinaldone, una fase avanzata dell'Eneolitico risalente alla seconda metà del III millennio,
tale cultura prende il nome dalla necropoli omonima presso Montefiascone (Viterbo). Questa
cultura interessa le regioni Lazio e Toscana ed e poco definita nei suoi vari aspetti perchè
quasi tutti i ritrovamenti sono costituiti da necropoli e non da insediamenti. I corredi delle
tombe comprendono di solito, oltre ai pugnali e agli strumenti litici anche altri materiali come
accette, collanine, aghi e ceramica, quest'ultima caratterizzate da un impasto nero buccheroide
o bruno lucido. Le tipologie più comuni sono ciotole carenate, vasi con forme a fiasco e olle.
Infine uno dei ritrovamenti più recenti e interessanti e il Sasso delle Fate, localizzato dal
Gruppo Archeologico "G.F. Gamun-ini" in occasione di un sopralluogo lungo il fiume
Vescina.
La roccia in questione si trova in un tratto a ripida pendenza, ad un'altezza di c.ca 350 metri
s.l.m., in uno dei punti più suggestivi e panoramici di una stretta gola in fondo alla quale
scorre il Torrente Vescina.
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La gente locale ha sempre chiamato il luogo Sasso delle Fate. Si tratta di un toponimo molto
significativo dal punto di vista archeologico, in quanto è comunemente usato, in tutta
1'Etruria, per indicare ripari, grotte o sorgenti che, quasi sempre, hanno rilevato presenze
preistoriche.
I1 Sasso delle Fate è un'arenaria grigia che fa parte della formazione geologica Terziaria
chiamata Macigno Toscano. I1 Macigno rappresenta la roccia di base locale e affiora in vari
punti della zona.
La natura ha modellato il Sasso delle Fate di Monte San Savino in una forma molto
singolare: con dei fori, delle spaccature, delle parti lisciate e arrotondate che nel complesso
danno alla roccia un’aspetto zoomorfo o antropomorfo. Una forma che, in associazione alla
sua suggestiva posizione topografica, ha senza dubbio ispirato la fantasia dei nostri antenati
che hanno scelto la roccia come supporto per le incisioni e come luogo di culto.
Le incisioni fatte dall'uomo al Sasso delle Fate sono delle raffigurazioni simboliche
localizzate in tre diversi lati della grande roccia : sul "tetto" e sulle pareti laterali sud e nord.
Sul "tetto" si trova la figura schematica di un antropomorfo cruciforme lungo circa 15 cm..
I1 personaggio non fa parte di una scena, ma risulta isolato. La testa e vista di profilo e
guarda verso oriente. I1 corpo è rappresentato da una semplice linea dritta e cosi anche le
braccia aperte, quasi perpendicolari al corpo. A destra 1'antropomorfo impugna uno
strumento arcuato. Le gambe sono rappresentate da una V molto aperta e 1'organo sessuale
maschile è di dimensioni esagerate rispetto a quelle del corpo. Alla sinistra di questo
personaggio ci sono almeno due, tre coppelle. Si sospetta che ne fossero state presenti altre,
ma le loro tracce sono molto incerte. Diverse coppelle si trovano a circa un metro verso nord
dall'antropomorfo, intorno a una esfoliazione naturale della roccia. Alcune sono disposte a
gruppi di due o quattro. Tutte le coppelle presenti sul "tetto" sono di piccole dimensioni:
hanno un diametro di circa un centimetro e sono profonde pochi millimetri.
Sulla parete sud del sasso delle fate sono presenti incisioni di tipo astratto simbolico. C'è una
spirale semplice che si diparte da una coppella centrale, incisa dentro una concavità della
parete di forma ellissoidale e con il diametro più grande di circa 30 cm.. Un po' più in alto
verso sinistra rispetto alla spirale si trova una profonda fessura nella roccia lunga circa 25
cm. E larga 5 cm.. Sul bordo esterno e su una faccia piana interna della fessura sono state
incisi dei solchi lineari. Subito in basso a sinistra rispetto alla fessura c'e un'area della parete
costellata di piccole coppelle.
Passando alla parete nord troviamo una singolare figura che vista da una certa distanza
sembra quasi 1'impronta di una "zampa". Da vicino risulta costituita da un gruppo di
coppelle collegate trà loro da delle linee curve ad U. Altre incisioni della parete nord sono
una linea obliqua, lunga 5/6 cm., e una coppella incisa dentro una concavità rotondeggiante
della parete.
La tecnica di base con la quale le incisioni sono state realizzate è quella della percussione. E'
quindi stato utilizzato uno strumento appuntito, forse una pietra dura di selce o quarzo, per
picchiettare ripetutamente la roccia. Ma a questa prima fase ne sarebbe poi seguita un'altra,
che consiste nello sfregamento delle picchiettature, fino ad ottenere un solco o scanalatura
unica larga circa un centimetro.
Consideriamo adesso separatamente un’altro gruppo di incisioni presenti sul "tetto" del
Sasso delle Fate, che riteniamo più recenti e di tecnica diversa. Si tratta di una fila di solchi
fusiformi, probabilmente fatti per scopi pratici, piuttosto che rituali, cioè per affilare utensili
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da lavoro. Sicuramente di età recente sono poi delle lettere di iniziali, eseguite graffiando la
roccia con uno strumento appuntito, forse un chiodino metallico. Si tratta di diverse T e due
E, che si trovano subito sotto i solchi fusiformi.
Riteniamo molto probabile che un'indagine più accurata del Sasso delle Fate porterà alla
luce altre incisioni. Infatti parte del "tetto" della roccia e attualmente coperto da un deposito
terroso e certe aree delle pareti sono nascoste da muschio e licheni.
In Italia la grande maggioranza di rupi e massi incisi sono localizzate lungo 1'arco alpino,
ma è noto che il fenomeno dell'arte rupestre non risulta esclusivo e peculiare di questa zona,
infatti esistono del casi anche lungo 1'Appennino ligure. Il Sasso delle Fate di Monte San
Savino viene adesso a rappresentare il ritrovamento più meridionale. Si tratta, al momento,
di un caso isolato che non trova altri riscontri nella regione, ma rappresenta comunque
l'indicazione che anche la zona pre-Appenninica e Appenninica toscana erano interessate da
questa tradizione dell'arte parietale, e forse a questo ritrovamento ne seguiranno altri.
La zona di riferimento più importante per l’arte rupestre in Italia è la Valcamonica dove, per
molti millenni, le popolazioni agricolo pastorali locali hanno utilizzato questo mezzo per
esprimere le loro idee religiose e i loro culti. In Valcamonica sono presenti più di
duecentomila incisioni che mostrano una grande varietà tematica, stilistica e tecnica. La
tecnica di esecuzione, lo stile, gli oggetti rappresentati e il fatto che esistono casi di incisioni
sovrapposte, sono stati i criteri di base, utilizzati dagli studiosi di questa valle, per la
ricostruzione di più fasi cronologiche. Ma su questa cronologia non si può fare molto
affidamento. Infatti una datazione abbastanza sicura dell'arte rupestre, potrebbe solo derivare
dal ritrovamento di contesti archeologici nelle vicinanze, che purtroppo è molto rara. In
generale si può dire che la data di inizio più probabile per 1'arte rupestre nell'arco alpino
dovrebbe essere collocata intorno al 4.500 a.C. in cronologia calibrata. In un periodo quindi
durante il quale l'uomo già conosceva e praticava da tempo la pastorizia e 1'agricoltura. E'
comunque soprattutto durante la prima Età dei Metalli che questa forma d'arte conosce il
maggior sviluppo. La maggior parte delle incisioni rupestri della Valcamonica vengono
attribuite all'Età del Ferro, mentre quelle di Monte Bego, un'altro centro importante dell'arte
rupestre localizzato nelle Alpi Marittime, vengono attribuite al periodo precedente, cioè
1'Età del Bronzo.
Considerando gli elementi tematici che più ci interessano, cioè gli antropomorfi e le
raffigurazioni astratto simboliche, i dati raccolti in Valcamonica e in altri siti settentrionali
forniscono le seguenti indicazioni: nelle prime fasi le figure umane sono di tipo schematico
lineare e spesso singole; mentre nelle fasi più avanzate diventano più naturalistiche, sono
ripetute, e spesso inserite in scene descrittive di caccia, danza o lotta. Nelle raffigurazioni di
tipo astratto (coppelle, linee, cerchi, spirali, ecc.) non si osserva invece un'evoluzione
significativa nel tempo. E' stato pero notato che sono molto più presenti nelle prime fasi,
quando sono spesso associate, fra 1'altro, agli antropomorfi di stile schematico.
Se questa evoluzione nel tempo dell'arte rupestre settentrionale può essere estesa anche alla
Toscana, le incisioni del Sasso delle Fate, considerate le caratteristiche sopra descritte,
dovrebbero appartenere alle prime fasi dell'arte rupestre. I1 fatto inoltre che le rupi e i massi
incisi sono localizzati lungo i percorsi delle transumanze è stato notato anche per le valli
alpine e non pensiamo che sia causale.
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Daniela Burroni
archeologa e tutrice all'Università di Leeds (Inghilterra), collaboratrice esterna del
Dipartimento di Archeologa e Storia delle Arti, Sezione Preistoria, Università di Siena.
"Sasso delle Fate" - Monte San Savino (AR)
Incisione Antropomorfa sul Tetto della Roccia "Il Sasso delle Fate"
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Devono essere naturalmente ancora approfonditi gli studi ed i rilievi condotti in
collaborazione con la Soprintendenza ai beni Archeologici della Toscana, 1'Università di
Siena e l'Università di Firenze, ma sembra gia abbastanza chiara l'unicità di questo complesso
litico, si tratterebbe infatti della più meridionale testimonianza di incisioni rupestri venuta alla
luce.
Mappa di distribuzione di menhir, statue e arte rupestre nell’'area Alpina.
STRADA DELLA TRANSUMANZA
Attraverso il nostro territorio passa una strada che nel passato ha rivestito una importanza
vitale per la sopravvivenza delle popolazioni che vi abitavano: si tratta di un percorso ancora
chiamato dagli abitanti del luogo via della Maremma, dove transitavano le greggi dalla
montagna appenninica verso il mare e viceversa.
In epoca preistorica infatti 1'allevamento del bestiame rivestiva una importanza vitale per la
gente e nei vari periodi dell'anno, i pastori o gli allevatori in genere, migravano con il
proprio bestiame verso le zone che offrivano maggiori possibilità di pascolo.
I percorsi che essi usavano divennero poi vie di comunicazione sfruttate per altri generi di
spostamento.
Nel nostro territorio esistono perlomeno due percorsi: uno prosegue dal tracciato che
proviene da Albergo e attraverso il nostro territorio arriva fino alla zona di Palazzuolo, dove
si ricongiungeva probabilmente con il secondo, ben più importante, le cui tracce sono ancora
visibile a partire dalla zona del Cimitero Vecchio, fino al Calcione.
Lungo il secondo percorso si possono ancora trovare i resti di una nutrita serie di
insediamenti che vanno dalla preistoria al medio evo: da est ad ovest si possono trovare la
Pieve di Sant’Egidio e 1'omonima fonte, il Castellare, con le sue tracce preistoriche etrusche
e medioevali, la Villaccia, S. Maria in Trebbiana, il Sasso delle Fate.
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A tutt’oggi sono visibili tracce di selciato, presumibilmente romano, con muri di
contenimento e spazi per lo scambio delle greggi in grandi pietre squadrate.
Da notare che questa strada e stata usata per la pratica della transumanza fino alla fine degli
anni '40.
Tratto della Strada della Transumanza
LE FONTI
Secondo il Gamurrini si tratterebbe del primo insediamento nei pressi della collina occupata
attualmente da Monte San Savino. Nel suo scritto "Le origini di Monte San Savino", egli
sostiene di essere entrato in possesso di un'ascia in pietra di epoca preistorica, proveniente
proprio dalla zona delle attuali "Fonti". L'ipotesi è probabilmente verosimile, difatti le zone
ricche di sorgenti erano le più frequentate dalle popolazioni preistoriche, sia per 1'
approvvigionamento di acqua potabile, che per la possibilità di cacciare gli ammali che vi si
abbeveravano.
Successivamente dopo l’impaludamento della valle, la popolazione si sarebbe spostata a
monte e la fonte venne perfezionata con la costruzione di un bacino di raccolta accessibile
tramite scale ed un arco in pietra che la proteggeva.
Oggi purtroppo sia l’arco che il bacino di raccolta sono completamente interrati e coperti.
Ci auguriamo che le autorità competenti si attivino per il ripristino del monumento, anche
perché è da quest'ultimo che la località trae il proprio nome.
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CASTELLARE ALTO
Risalendo la via della Transumanza verso Pastina, sono state rinvenute dal Gruppo
Archeologico Gamurrini, importanti segni di frequentazione preistorica.
Sono venuti infatti alla luce numerosi reperti di industria litica: residui di lavorazione,
raschietti, nuclei, bulini e una freccia di ottima fattura.
E’ propri di questi giorn il rinvenimento di un probabile fondo di capanna facente parte di un
più vasto complesso abitativo
Negli stessi luoghi sono stati anche ritrovati resti di epoca posteriore che lasciano supporre
un insediamento d'epoca Etrusco-Romana. Tra gli altri reperti, i più importanti sono un peso
da telaio in cotto, Tozzetti in cotto di pavimentazione e pietre squadrate da costruzione.
Prospezioni più ampie del territorio potrebbero portare a nuove scoperte che per ora sono
ristrette ad un piccolissimo appezzamento il quale ha restituito tutto il materiale suddetto.
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I RITROVAMENTI DI ETA' STORICA
CASTELLARE
Si tratta di un colle nei pressi di Monte San Savino, a ridosso del Cimitero Comunale, cosi
chiamato perchè in passato e stato sede di una fortificazione medievale.
In passato è stato oggetto di ricerche condotte sia dal Gamurrini che dalla Società Colombaria
di Firenze, in entrambi i casi i ritrovamenti effettuati hanno confermato la preesistenza di una
necropoli etrusca di cui purtroppo, rimangono pochissime tracce. I1 colle inoltre e andato
ormai quasi completamente distrutto da una cava di argilla.
I ritrovamenti effettuati durante i suddetti studi datano la necropoli al IV Sec. a.C. ma alcuni
ritrovamenti del Gruppo Archeologico, gettano una nuova luce sulla frequentazione del luogo.
Innanzi tutto, ritrovamenti di manufatti in selce testimoniano 1'esistenza di un insediamento
preistorico, mentre il ritrovamento di un frammento di orecchino aureo lavorato con la tecnica
della granulazione databile al V-VI Sec. a.C. potrebbe anticipare la data di inizio della
frequentazione Etrusca.
Tra gli altri reperti, venuti alla luce durante vari sopralluoghi si annoverano ceramiche a
vernice nera, vasi Chiusini e Volterrani, bronzetti.
Testimonianze verbali ci riferiscono la presenza di tombe a camera, urnette cinerarie in
alabastro, anfore in coccio, monili di vario genere, bracieri bronzei.
Frammento di Orecchino Aureo da "Il Castellare"
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Olla a vernice nera proveniente da "Il Castellare" Monte San Savino (AR)
FONTE DEL LATTE
Si tratta di una antica fonte votiva, ritenuta portatrice di virtù galattofore, le cui acque
sono state sfruttate a tale scopo fino a pochi decenni fa.
II Gamurrini in un suo scritto parla del ritrovamento di una statuetta di donna in bronzo
trovata proprio nei pressi di una fonte galattofora, il che fa supporre, contrariamente a
quanto finora creduto, che si tratti di questa fonte e non di quella di Fonte Fredola,
equivoco nato in quanto il Gamurrini parla delle vicinanze della fonte al torrente Rigo
che si trova appunto vicino a Fonte Fredola. Anche nei pressi della Fonte del Latte esiste
un fosso chiamato Rigo, e proprio a questo probabilmente si riferisce il Gamurrini.
La fonte inoltre e situata in una zona ricca di ritrovamenti; si trova infatti a monte sia
della necropoli del Castellare che dell'insediamento preistorico del Castellare Alto; e
nelle vicinanze della Villaccia, oggi convento delle Monache Benedettine rifacimento su
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costruzioni molto più antiche. La zona dove è situata infine prende il nome di Pastina,
che è un toponimo di origine etrusca.
Oggi restano solo alcuni muri in pietra squadrata, e la sorgente e ormai prosciugata.
Da notare inoltre che la fonte, come molti altri siti importanti del nostro territorio, e
posto lungo l’antico tracciato della via della transumanza che abbiamo precedentemente
descritto.
PODERE DELLA MORTE
Si tratta di un vecchio casolare posto su di un'altura sopra la Vescina che, come molti
nelle nostre zone, deve la sua struttura attuale al sovrapporsi di numerosissimi
rifacimenti e 1'impiego di materiali di recupero.
Alcune parti della casa sono infatti costruite con pietre squadrate e bugnate che
sembrano risalire ad un periodo anteriore a quello della restante struttura; la vicinanza di
alcuni tratti di strada selciata lasciano inoltre supporre che si trattasse della chiesa di S.
Maria in Trebbiana, probabilmente posta ad un trivio, dal quale deriverebbe il nome
Trebbiana. I crocevia erano infatti luoghi in cui frequentemente venivano costruite
edicole votive, chiese e tabernacoli; basti pensare agli edifici religiosi più antichi del
territorio come la Pieve di S. Egidio o la stessa S. Maria delle Vertighe.
TORRI DI GUARDIA
Lungo il percorso del fiume Vescina, nel tratto che va dalla fonte dei Pizzi posta in
località Confini, fino a Gargonza, il Gruppo Archeologico “G.F. Gamurrini” di Monte
San Savino, ha individuato i resti ancora ben visibili di almeno cinque torri di guardia
medioevali, che probabilmente erano visibili l’una dall'altra e poste lungo la linea di
confine tra i vari comuni (Perugia, Siena e Arezzo).
FONTE LA BURRAIA
Si tratta di una struttura a volta interrata, la cui acqua sorgiva veniva usata fino a pochi
decenni fa per la lavorazione del latte (da qui il nome), e grazie alla bassa temperatura che
ne caratterizza l’interno, era idonea alla conservazione degli alimenti deperibili.
La vicinanza alla via della transumanza, gli abbondanti pascoli offerti dalla vallata della
bassa Vescina e 1’abbondanza di acqua, fanno supporre una frequentazione del luogo fino
da periodi più antichi, anche se non vi sono stati ritrovamenti che possano suffragare tale
ipotesi.
L'attuale struttura e da riferirsi al periodo alto medioevale.
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Ingresso della "Fonte la Burraia"
CHIESA DI S. GAUDENZIO
Trattasi di ruderi situati sul colle di Pastina Alta, sul versante che guarda la valle della
Vescina, lungo la strada (ancora comunale) che collegava Lucignano con Monte San Savino.
Si possono vedere resti di strutture sia in pietra che in mattoni; vi è stato rinvenuto inoltre un
capitello in pietra di stile romanico. I1 decadimento ed abbandono della chiesa e del
monastero si può datare intorno al 1.200 d.C..
I1 ritrovamento, nelle vicinanze, di una punta di freccia in selce, lascia comunque supporre
che il luogo fosse frequentato anche in epoche ben più remote.
CASTELLO DI MONTEPOLLI
Posto sull'omonimo colle, nei pressi del Sasso delle Fate, trattavasi di un antico castello, di
cui sono ancora ben visibili i resti delle mura perimetrali e del torrione. Secondo il Fortunio
si trattava di un castello di caccia di proprietà dei Conti Cattani, di Monte San Savino.
Purtroppo la fitta vegetazione e le difficoltà poste dal territorio che si presenta alquanto
impervio, hanno impedito ad oggi un più approfondito esame del luogo.
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CAVA DI DREINI
Numerosi resti provenienti da una Cava di pietra serena si rinvengono nei pressi della
località “Dreni”; il terreno circostante e infatti cosparso di avanzi della lavorazione della
pietra sia grezzi che in avanzato stato di lavorazione.
Secondo la tradizione popolare, il materiale proveniente da questa cava venne usato per la
costruzione della Sinagoga di Siena.
S. MARIA MADDALENA
L'antica chiesa era posta nelle vicinanze dell'attuale Casa di Riposo per anziani "S.M.
Maddalena". Semicoperti dalla vegetazione, sono ben visibili i resti dei muri perimetrali
dell'antico edificio religioso che sembra essere suddiviso in due locali. Intorno alla
costruzione principale si possono inoltre scorgere una serie di edifici più piccoli.
I1 fonte battesimale di questo antico luogo di culto si trova attualmente nella chiesa di
Gargonza.
BORRO DEI CASTAGNI
In questo luogo e possibile rinvenire resti di coccio pesto di epoca romana, malgrado gli
scavi abusivi effettuati negli anni cinquanta abbiano completamente distrutto l’assetto di
un'ampia parte del sito.
Secondo testimoni di questi inavveduti interventi, sotto una lastra di coccio pesto, sono
venuti alla luce oggetti antichi alcuni dei quali in oro.
I resti attualmente visibili si trovano a lato di un piccolo borro e sembrano far parte di un
complesso più grande; si trattava probabilmente di un luogo di culto dedicato agli dei silvani
di epoca romana.
Il luogo e noto nella zona anche con il nome di Tesorino o Tesoretto. Da notare inoltre come
lungo la direttrice della strada del Calcione si possano trovare tutta una serie di resti (S.M.
Maddalena, Il Borro dei Castagni, Ospedaletti, una serie di Torri di Guardia) i quali
potrebbero far supporre che questo tracciato ricalchi una più importante e più antica via di
comunicazione, forse la via Cassia Adrianea, che collegava Roma a Firenze. Alla luce delle
attuali conoscenze non è tuttavia possibile sostenere con sicurezza tale ipotesi.
QUERCE ALTE
Nelle vicinanze del borro dei Castagni si trova la località “Querce Alte”, conosciuta dagli
abitanti locali anche con il nome di Ospedaletti. quest'ultima denominazione fa supporre
1'esistenza di una antica locanda o ricovero per i viaggiatori che percorrevano questi tratti di
territorio.
Sono ben visibili resti di mura in pietre squadrate, non sono pero stati trovati resti di
terrecotte che potrebbero agevolare la sua datazione.
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PODERE DEL TONDO
In località Montegianni si trova un piccolo rilievo detto “II Tondo di Montegianni”. In
questo appezzamento di terreno e possibile trovare resti di ossa e pietre squadrate.
Secondo il Fortunio, Montegianni doveva essere il primo nucleo abitativo di Monte San
Savino e suffraga tale ipotesi con il rinvenimento di una tomba nell'area circostante. Il
Gamurrini invece contesta tale deduzione in quanto gli oggetti ritrovati e la forma della
tomba fanno slittare la stessa all'epoca romana.
Purtroppo alcuni rilievi effettuati dal Gruppo Archeologico non hanno fornito reperti o
tracce adeguate a confermare nessuna delle due ipotesi.
LA PILUZZA
Soprastante il torrente Rigo, lungo una antica via che collegava alcuni luoghi dell'entroterra
Savinese, come Fontefredola e Montegianni, esistono resti ben evidenti di un edificio
cultuale di epoca tardo romana, probabilmente riconvertito in edificio di culto cristiano.
Sono tuttora ben visibili i muri perimetrali di quest'ultimo ed una vasca in pietra del
diametro di circa 1,5 metri, alla quale il luogo deve il nome.
In passato vi sono stati recuperati pezzi e fregi in coccio rosso con motivi di frutti e figure
umane di ottima fattura. Alcuni di questi sono da attribuire all’epoca ellenistica.
Si possono inoltre ben scorgere due colonne mozze in pietra e una notevole quantità di muri
a secco, nonché moltissimi frammenti di tegole e laterizi in genere.
Vasca in pietra da "La Piluzza".
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Fregio decorativo fittile da "La Piluzza"
CORNIOLO
Secondo il Fortunio in questo luogo furono rinvenuti i resti di una tomba romana appartenente
a tal console Cornelio, da cui derivo il nome del luogo.
Questa pero e 1'unica testimonianza inerente la località, infatti non sono mai state trovate altre
tracce o reperti che possano far supporre una frequentazione del luogo da parte degli antichi
abitanti di Monte San Savino.
CIMITERO COMUNALE
I1 cimitero comunale di Monte San Savino come molti altri luoghi importanti dal punto di
vista archeologico si trova lungo la strada della transumanza e nelle vicinanze di un quadrivio
che conduceva a Lucignano, a Monte San Savino, verso Arezzo ed infine verso i pascoli della
Maremma.
Sono ben visibili i resti di una antica costruzione inglobata nella struttura attuale, ed in
particolar modo 1’abside che si trova nella parte opposta all'ingresso attuale del cimitero.
Questo ed altri documenti lasciano supporre che si trattasse dell'antica pieve di Sant’Egidio.
FONTE SANT’EGIDIO
A circa 100 metri di distanza dal Cimitero Comunale si può ancora vedere la volta semi
interrata di una fonte. La struttura odierna e riconducibile al 1600 mentre la parte non
visibile risale sicuramente all’età della Pieve attigua. Dalle notizie degli abitanti del
luogo si può dedurre che l’interno sia molto ampio e munito di scalini in pietra bugnata.
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Volta della "Fonte di S. Egidio"
CAPPUCCINI
Gli ampi resti della costruzione originaria ne testimoniano il suo uso come monastero, da
quella che era la cappella del convento parte un tunnel; purtroppo a causa di una frana
che ne interrompe il percorso dopo pochi metri, è rimasto completamente inesplorato.
LA PARITA
Nelle vicinanze di un altro quadrivio lungo la Via della Transumanza si possono scorgere i
resti di una piccola edicola probabilmente di epoca medioevale, costruita in calce e pietre
squadrate. Attualmente si trova a circa cinquanta metri dal tracciato della strada, che con
probabilità, e stata spostata dal percorso originale che doveva costeggiare 1’edicoletta
stessa, come testimoniano i grandi muri a pietre squadrate che vi si scorgono.
Edicola votiva "Loc. La Parita"
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LA VILLACCIA
Attuale sede del convento delle monache Benedettine, nominato anche dal Gamurrini in
alcuni suoi scritti, ingloba al suo interno resti di mura molto grandi che lasciano supporre la
preesistenza di una fortificazione.
Da qui parte inoltre una strada che conduce nella zona del Castellare e che presenta ampi
tratti selciati protetti da muretti di contenimento ed alcuni canaletti di scolo.
IL POGGIOLO
Tra la località del Poggiolo e quella di Capanne Basse sono state rinvenute in passato punte
di frecce in selce e resti di ceramica caratterizzati da un impasto molto grezzo, che
testimoniano un probabile insediamento di epoca preistorica. Purtroppo questi ritrovamenti
sono venuti a conoscenza del Gruppo Archeologico solo tramite testimonianze verbali e non
è stato possibile prendere visione del materiale originale. In località Poggiolo durante i
lavori di rifacimento di un’abitazione, è stato inoltre rinvenuto un avanzo di muro edificato
con mattoni crudi; anche di questo, purtroppo, esistono solo testimonianze orali.
S. ANGELO
Vi si possono scorgere ancora parzialmente in piedi le mura di una antica chiesetta ai bordi
della strada che conduceva a Marciano. Tale strada doveva essere una direttrice di notevole
importanza, infatti lungo il suo percorso si possono incontrare molte chiese ed edicolette
votive, tra le quali S.M. delle Vertighe, S. Bartolomeo, S. Cristoforo e Santa Cristina tutte
poste nel solo tratto del comune di Monte San Savino.
In questi luoghi inoltre il Gamurrini testimonia il rinvenimento di alcune tombe etrusche con
dovizia di particolari: di notevole importanza il ritrovamento di alcuni vasi a figure rosse
risalenti al III-IV Sec. a.C..
SANTUARIO DI S. MARIA
Nel giardino del monastero sono stati ritrovati dal Gruppo Archeologico resti di antiche
mura a secco. Le testimonianze del Gamurrini confermano che il colle delle Vertighe doveva
essere densamente popolato in epoca sia etrusca che romana.
Nel colle accanto a quello di Vertighe inoltre il Gruppo Archeologico ha ritrovato frammenti
di vasi in ceramica e pezzi integri di pianelle da pavimentazione. Il tipo di ceramica
rinvenuta è decorata alla maniera Orvietana e dovrebbe risalire al X-XI secolo d.C.. Se si
legge bene fra le righe del Gamurrini che riporta la notizia dal “Fortunio” sulla dimora della
Contessa Matilde, si può facilmente supporre essere stato questo il suo occasionale
domicilio.
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Per chi volesse saperne di più, la storia del Santuario é trattata in modo completo ed
esauriente, nel libro edito dall’Associazione Pro Loco di Monte San Savino, “Storia del
Santuario di Vertighe” di Gian Francesco Gamurrini.
Frammenti ceramici da "S.M. delle Vertighe"
S. CRISTOFORO
Si tratta di una collinetta nei pressi di quella di Vertighe, al cui apice si trovava una chiesa,
dedicata appunto al culto di S. Cristoforo.
Sulla struttura della chiesa e sorta una casa di civile abitazione, sono però ben visibili le tracce
della struttura precedente. Al di sotto della casa durante alcuni lavori di ripristino e stata
verificata la presenza di un ambiente presumibilmente adibito a cripta.
Nei campi adiacenti alla casa, durante i lavori di aratura per molti anni sono venuti alla luce
resti di ossa umane appartenenti sicuramente ad un cimitero adiacente la chiesa.
Circa dieci anni fa, il Gruppo Archeologico seguendo i lavori agricoli nella zona ha potuto
ritrovare resti di una tomba appartenente alla cultura di "Rinaldone" (3.000 a.C. circa).
Facevano parte del corredo funebre alcuni oggetti, fra i quali un pugnale, una punta di lancia
in rame, e una punta di freccia in selce; sono andate purtroppo distrutte le ossa ed eventuali
resti di vasi tipici di queste sepolture.
Sul terreno sono inoltre reperibili materiali che ad un primo esame sembrano scarti di fusione,
resti di manufatti in coccio, frammenti di selce che ne testimoniano una ampia e numerosa
frequentazione.
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Corredo funebre da una tomba della cultura di Rinaldone "S. Cristoforo"
TORENA
I1 sito di Torena è una delle scoperte più recenti del Gruppo Archeologico “G.F. Gamurrini”.
In questa collina infatti sono venuti alla luce una grande quantità di resti che danno la certezza
dell'esistenza di un grosso insediamento, sicuramente una villa rustica romana o addirittura
precedente.
Sul terreno appena arato, i rilievi di superficie effettuati dal G.A.G., hanno portato al recupero
di una grande quantità di reperti tipici di un centro di lavoro e di una residenza piuttosto
importante.
Affiorano in questo luogo una grande quantità di resti di vasi ed anfore sia a vernice nera con
decorazioni a palmette che corallini o terra sigillata, alcuni dei quali recano sul fondo la
“Planta Pedis”, che era una specie di marchio di fabbrica tipico della produzione aretina di
questi vasi.
Sono venuti alla luce anche resti di mosaici da pavimento, ossa in parte fossilizzate e quindi
molto antiche, cubi da pavimentazione in coccio rosso, pezzi di coccio pesto anch'esso usato
per la pavimentazione di locali.
Per quanto riguarda oggetti di metallo sono stati rinvenuti un ago in bronzo, un raschietto
anch'esso in bronzo e pezzi di tubatura in piombo.
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I1 G.A.G. in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana si
ripropone di approfondire ulteriormente gli studi su questo terreno che potrebbe riservare altri
interessanti ritrovamenti
Frammenti di vasi a vernice nera da "Torena"
Frammento di vaso corallino con "Planta Pedis" da "Torena"
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PALESTRINA
Sotto la collina di Torena fino agli ultimi decenni dell'ottocento era visibile una piccola chiesa
ornata nel suo interno da fregi fittili di sicura provenienza locale.
Sul muro di una vicina casa rustica è ben visibile uno stemma in pietra con simboli di carattere
religioso, sono inoltre presenti nell'attuale struttura della casa materiali di recupero provenienti
sicuramente da un edificio precedente che doveva trovarsi nello stesso luogo.
Nei campi adiacenti, inoltre, durante i lavori agricoli sono venuti alla luce resti in cotto ed in
particolare alcuni dischi di terracotta, del diametro di circa 30 centimetri; questi ultimi
potrebbero essere sia elementi di colonne, ma molto più probabilmente si trattava di spessori
che formavano un intercapedine al di sotto dei pavimenti delle ville romane, all’interno della
quale veniva fatta circolare aria calda per il riscaldamento degli ambienti domestici.
Dal terreno affiorano inoltre elementi di tegole, una discreta quantità di cocci di vasellame
rosso, tipico dell' epoca delle ville rustiche romane ed elementi di decorazione in coccio.
Parte di colonna in coccio da "Palestrina"
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"IL PINO"
Lungo la strada che da Monte San Savino portava ad Alberoro, Montagnano e S. Lucciano, ad
un trivio dove ora sorge il cavalcavia dell'autostrada del sole sono stati rinvenuti molti
frammenti di coccio pesto ed altri resti di vasellame in coccio rosso di epoca romana.
CORSICA
Di recente, in questa zona e venuto alla luce una grande quantità di reperti di epoca romana e
durante lo scavo di una vigna è stata ritrovata una grande vasca, di coccio pesto, pressoché
integra, spaccata in tre tronconi, lunga circa tre metri.
Nei periodi delle arature è possibile veder affiorare moltissimi resti di vasi in coccio di varie
dimensioni, alcuni di notevole ampiezza. La frequenza dei ritrovamenti lascia supporre la
presenza in questo luogo di una fabbrica o, visto la conformazione del terreno e la
collocazione del sito, è verosimile ipotizzare la preesistenza di un piccolo porto fluviale.
Infatti, i piccoli canali o fiumi che segnano il nostro territorio, erano in passato quasi tutti
navigabili ed usati per un più rapido trasporto di merci e persone.
Sono stati ritrovati anche numerosi ornamenti in coccio e resti di piastrelle decorative.
Negli anni sessanta nel campo che sovrasta questa zona (I1 Casone, o campo del tesoro) fu
ritrovato un vaso contenente monete antiche, purtroppo trafugate, ed una statuetta in bronzo
anch’essa scomparsa, della quale il Gruppo Archeologico è riuscito a recuperare il piedistallo
in marmo oggi conservato al Cassero.
Base in marmo da "Corsica"
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PONTE ROMANO
Durante i lavori di ripulitura del fiume Essa sono state scoperte le basi di un antico ponte,
posto lungo 1'antica strada che partendo da quella che è attualmente Porta S. Giovanni
collegava Monte San Savino a Montagnano ed Alberoro.
Dalla zona delle "Docce" si può ancora vedere 1'antico tracciato di questa strada che passa
attraverso 1'attuale stazione ferroviaria, prosegue poi nella zona industriale e infine, giunge
fino a Montagnano.
Proprio nel punto in cui 1'attuale Superstrada taglia questo antico tracciato si trova anche
una fonte, ormai prosciugata, nei pressi della quale e stata rinvenuta una moneta antica ed
alcuni frammenti in coccio.
TORENA ALTA
Lungo i bordi della strada che taglia questa collina e costeggia 1'attuale tracciato
dell'autostrada del sole vennero alla luce nel passato, secondo alcune testimonianze orali,
una tomba alla cappuccina di epoca romana ed una fila di orci interrati, il materiale in
questione e andato distrutto o disperso.
Vaso a figure nere - Museo di Atene - da "Il Castellare"
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INDICE
pag. 4
INTRODUZIONE
pag. 5
MONTE SAN SAVINO DALLA PREISTORIA AL MEDIOEVO
pag. 7
I RITROVAMENTI PREISTORICI
pag. 14
I RITROVAMENTI DI ETA' STORICA
pag. 29
INDICE
29
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appunti di storia ed archeologia del territorio savinese