APPROFONDIMENTI LA SOCIETÀ COOPERATIVA EUROPEA, UNO STRUMENTO DI CRESCITA E SVILUPPO La disciplina della SCE e il potenziale impatto nel tessuto economico-produttivo della Provincia di Simona Amodio (*) La società cooperativa europea, di seguito per brevità soltanto SCE, è disciplinata dal Regolamento CE n. 1435/2003, in vigore in Italia dal 18 agosto 2006, e dalla Direttiva 2003/72/CE. In questa sede la figura della SCE sarà delineata sottolineando da un lato i principali punti di contatto con le società cooperative di diritto italiano, dall’altro le discrepanze fra l’una e le altre, senza analizzare i molteplici problemi di coordinamento fra legislazione di rango comunitario e singoli ordinamenti nazionali1. La fase di costituzione della SCE , per la quale è in ogni caso richiesto l’atto pubblico, presenta alcune peculiarità. La SCE2 può, infatti, nascere per contratto, ma anche per fusione tra due o più cooperative, o per trasformazione di una cooperativa che da almeno due anni abbia una filiazione o succursale soggetti alla legislazione di altro Stato membro. Nel primo caso alla costituzione possono partecipare non soltanto persone fisiche, ma anche persone giuridiche, - quindi anche società lucrative - e più in generale enti di diritto pubblico o privato diversi dalle società. La costituzione per fusione o per trasformazione, invece, è riservata alle (sole) cooperative costituite secondo le leggi di uno Stato membro comunitario. 1 2 3 Una cooperativa italiana può quindi partecipare ad una fusione fra cooperative, che abbia quale risultato la nascita di una SCE con sede in Italia oppure in un altro Stato membro della Comunità Europea. In tal caso, però, il patrimonio netto effettivo della cooperativa italiana partecipante all’operazione, determinato alla data della fusione, deve essere devoluto ai fondi mutualistici. Al socio della cooperativa italiana che partecipi ad una fusione per costituzione di SCE compete, in caso di dissenso rispetto all’operazione, il diritto di recesso. Il capitale sociale ed il numero dei soci della SCE sono variabili3, nel rispetto di limiti minimi prefissati. In particolare il capitale sociale deve essere di ammontare pari ad almeno 30.000 euro, importo che non dovrebbe scoraggiare il ricorso a tale tipo societario. Il capitale sociale della SCE è diviso in quote, obbligatoriamente nominative, e, salvo diversa previsione statutaria, ciascun socio assume responsabilità limitata alle quote sottoscritte. Ne consegue che è consentito introdurre pattiziamente la clausola di responsabilità illimitata dei soci, e sotto questo profilo la SCE si differenzia dalla cooperativa di diritto italiano, per la quale, invece, il codice civile contempla esclusivamente la responsabilità limitata. La SCE presuppone una compagine di almeno cinque soci, non necessariamente persone fisiche. La partecipazione di un’entità giuridica diversa dalla persona fisica è peraltro espressamente subordinata alla condizione che i benefici dell’attività mutualisti- Definizione La SCE si configura come società con scopo mutualistico, avente ad oggetto il soddisfacimento dei bisogni dei propri soci e/o la promozione delle loro attività economiche e/o sociali, e la sua introduzione nel panorama giuridico comunitario è preordinata a consentire che persone fisiche residenti in Paesi membri diversi, o persone giuridiche costituite in virtù della legislazione di Stati membri diversi, possano disporre di uno strumento per esercitare in comune la propria attività su scala internazionale, in tutto il territorio comunitario o quantomeno in parte di esso, superando i confini nazionali. (*) (*) In questo senso si vedano i punti 10,12 e 13 dei Considerata al Regolamento Per un primo approfondimento al riguardo si veda lo Studio n. 9-2006/I del Consiglio Nazionale del Notariato Si veda l’articolo 2 del Regolamento. Così l’articolo 1 del Regolamento. Quieconomia 41 Coordinamento legislativo tra leggi Comunitarie e ordinamenti nazionali La SCE è in primo luogo disciplinata dai provvedimenti comunitari già indicati, ma è poi soggetta alla legislazione nazionale del Paese nel quale si trova la sua sede legale, e quest’ultima, in virtù dell’articolo 8 del Regolamento, deve necessariamente, essere stabilita nello stesso Paese in cui è l’amministrazione centrale (c.d. regime della sede reale). Alla SCE si applica, inoltre, il “principio di non discriminazione” di cui all’art. 9 del Regolamento, a norma del quale una SCE è trattata, in ciascuno Stato membro, come una cooperativa costituita in conformità con la legge del Paese nel quale si trova la sede sociale. La disposizione mira a non penalizzare la SCE rispetto alle cooperative istituite nei singoli Stati membri, ed intende rendere pienamente competitiva la (nuova) forma giuridica rispetto alle cooperative nazionali anche sui mercati locali, attraverso una disciplina per quanto possibile omogenea. ca svolta dalla SCE si riflettano direttamente in capo ai membri - persone fisiche - di tale entità. La traslazione del beneficio mutualistico che la norma presuppone non può, peraltro, attuarsi nel caso delle cooperative di lavoro, in cui i soci sono anche lavoratori nella stessa società4. Come per le cooperative italiane, l’assunzione della qualità di socio, e l’ingresso nella SCE, presuppongono l’accoglimento da parte dell’organo sociale a tanto deputato di un’apposita domanda dell’aspirante socio, cui fa seguito la sottoscrizione del numero minimo di quote determinato nello Statuto. L’uscita dalla compagine sociale dà Organizzazione interna della SCE Per effetto della riforma del diritto societario introdotta dal D.Lgs. 6/2003, per tutti gli aspetti non direttamente ed espressamente regolati nelle disposizioni del codice civile loro riservate, le cooperative italiane fanno riferimento, in linea di principio, alle disposizioni dettate per le società per azioni, se ed in quanto compatibili. Esistono, però, alcune ipotesi nelle quali alle cooperative italiane è permesso - o addirittura imposto - di adottare il modello organizzativo della srl. Ciononostante, dal momento che il Regolamento CEE è indubbiamente ispirato alla SpA, si ritiene che l’organizzazione di una SCE costituita in Italia non possa essere plasmata sul modello della nostra srl, quand’anche ne ricorressero le condizioni. La struttura interna della SCCE si fonda sull’assemblea e su un organo di direzione o di amministrazione(*). In ordine alla scelta e alla configurazione dei sistemi di amministrazione e di controllo, il Regolamento CE contempla espressamente i soli modelli monistico e dualistico, mentre tace in ordine al cosiddetto sistema tradizionale, caratteristico dell’ordinamento italiano e fondato sulla ripartizione di poteri e funzioni fra organo decisionale (assemblea) organo amministrativo (CdA) e organo di controllo. Secondo la Circolare Ministeriale n. 9203/2006 il sistema tradizionale è compatibile con la costituzione ed il funzionamento di una SCE. Pertanto, la SCE con sede in Italia potrà adottare il sistema tradizionale, e la maggioranza degli amministratori dovrà essere formata da soci cooperatori(**). La stessa SCE dovrà, inoltre, dotarsi di collegio sindacale al superamento dei limiti previsti dal codice civile, altrimenti sarà comunque tenuta ad affidare il controllo contabile ad un revisore esterno. Tratto saliente della SCE è il necessario coinvolgimento dei lavoratori all’interno dell’organizzazione sociale, da attuare in conformità con la Direttiva 2003/72 CE. Si tratta di uno dei punti di maggior delicatezza nell’esame della disciplina di una SCE costituita in Italia, a causa del regime giuridico già specificamente previsto nel nostro Paese per quanto concerne la posizione dei lavoratori di società cooperativa. (***) Gli organismi comunitari si sono preoccupati di garantire l’effettiva partecipazione dei lavoratori al punto che, nel caso in cui le regole statutarie della SCE italiana siano in conflitto con la disciplina comunitaria in materia di coinvolgimento dei lavoratori, il Regolamento consente all’organo amministrativo di intervenire e modificare lo statuto senza necessità di apposita decisione assembleare. (*) Si veda l’articolo 36 del Regolamento. (**) Analogamente, nel caso in cui la SCE abbia optato per il sistema dualistico, la maggioranza dei componenti il consiglio di gestione dovrà essere formata da soci cooperatori, e sul rispetto di tale vincolo vigilerà il consiglio di sorveglianza. Si veda, al riguardo, la citata Circolare Ministeriale n. 9204/2006. (***) Si veda, in particolare, la L. 142/1991 (*) In questo senso si vedano i punti 10,12 e 13 dei Considerata al Regolamento 42 Quieconomia diritto esclusivamente alla restituzione della quota di capitale sottoscritta5, senza che il socio uscente possa vantare alcun diritto sull’attivo patrimoniale della SCE, in coerenza con la natura non lucrativa della società. In ordine alla partecipazione ed al ruolo dei soci nella vita della SCE, il Regolamento comunitario è dichiaratamente ispirato a principi di preminenza della persona, di democrazia nella struttura e nel controllo, e di equa distribuzione degli utili netti, che ben si armonizzano con la legislazione italiana in materia di cooperative. Quale espressione diretta del principio di preminenza della persona viene in rilievo la regola per cui nella SCE, come pure nelle cooperative italiane, a ciascun socio compete un solo diritto di voto in assemblea, indipendentemente dall’ammontare della quota di capitale sottoscritta. Nel caso in cui la legislazione nazionale del Paese in cui si trova la sede della SCE lo permetta, il Regolamento consente l’istituzione della categoria dei soci sovventori, come tali non direttamente interessanti allo scambio mutualistico. A ciascuno dei sovventori lo statuto della SCE potrà riservare più di un voto, purché essi complessivamente non dispongano di oltre il 25% dei voti esercitabili in assemblea, un limite più rigido di quello (33%) imposto al numero dei voti attribuibili ai soci sovventori delle cooperative italiane6. La vocazione della SCE consiste, come già ricordato, nell’esercizio di attività a scopo mutualistico. Ciononostante la SCE è concepita come soggetto potenzialmente aperto ad una platea più vasta rispetto al novero dei soci. La normativa comunitaria, infatti, prevede espressamente la possibilità che la SCE eserciti la propria attività anche nei confronti di terzi non soci, purché lo Statuto lo consenta. Tale disposizione richiama la distinzione del nostro codice civile fra cooperative a mutualità prevalen- 4 La stessa Circolare Ministeriale 9203/2006 più volte citata esclude esplicitamente che la disposizione in commento possa coinvolgere le SCE nelle quali lo scambio mutualistico sia contraddistinto dalle prestazioni lavorative dei soci. 5 Si veda l’articolo 16 del Regolamento. 6 In virtù della gerarchia delle fonti e alla luce dell’articolo 8 del Regolamento, ai voti da assegnare ai soci sovventori di una SCE con sede in Italia si applica il limite del 25%. Quieconomia 43 te e cooperative diverse. Pertanto una SCE con sede in Italia, che inserisca nel proprio statuto clausole conformi ai requisiti di cui all’articolo 2513 c.c. e che eserciti la propria attività in via prevalente verso i propri soci secondo i parametri di cui all’articolo 2514 c.c., potrà chiedere ed ottenere l’iscrizione nella sezione dell’Albo Nazionale delle Cooperative riservata alle cooperative a mutualità prevalente, per poi beneficiare dei connessi vantaggi fiscali. In questo senso, tra l’altro, si è pronunciato il Ministero dello Sviluppo Economico, con la Circolare 30.06.2006 n. 9203. Il Regolamento permette il trasferimento della sede della SCE da Stato a Stato, assoggettando peraltro l’operazione ad una serie di cautele e a particolari forme di pubblicità, il cui puntuale rispetto deve essere certificato da un organo giurisdizionale, un notaio o un’altra autorità competente del Paese dal quale ci si vuole trasferire, pena il rifiuto dell’iscrizione della società nello Stato di destinazione. Il trasferimento di sede è comunque vietato alla SCE nei cui confronti sia avviata una procedura di scioglimento, anche se volontario, di liquidazione, d’insolvenza, di sospensione dei pagamenti o analoga. In caso di trasferimento della sede sociale dall’Italia ad altro Stato comunitario, la SCE viene sottratta al diritto italiano, e pertanto, se si è avvalsa dei benefici connessi alla condizione di SCE a mutualità prevalente, è tenuta a devolvere il patrimonio indivisibile ai fondi mutualistici. La devoluzione deve essere concretamente dimostrata, tant’è che, in difetto di dimostrazione, non si può rilasciare il certificato che attesta l’adempimento delle formalità preliminari al trasferimento, ed è preclusa l’iscrizione della SCE nel Paese di destinazione. Alla luce di quanto precede, si può osservare come la SCE fornisca opportunità di sviluppo dell’attività economica in almeno due direzioni. In primo luogo, attraverso questo tipo di società più imprese con sede in diversi Stati membri, pur non essendo di per sé costituite in forma di società cooperativa, possono raggrupparsi ed esercitare un’attività comune in forma mutualistica sfruttando i benefici che la legislazione del Paese nel quale la SCE ha sede riserva alle cooperative. Ciò vale anche e soprattutto in relazione al regime tributario, poiché da questo punto di vista la SCE sarà soggetta alla legislazione fiscale specificamente applicabile a livello della società o succursale7, con la conseguente possibilità che si realizzi, in futuro, un meccanismo di competizione fra ordinamenti. In secondo luogo, e con specifico riferimento al mondo della cooperazione, la figura della SCE può contribuire al processo di crescita delle cooperative che intendano conferire una dimensione internazionale alla propria attività. In questa prospettiva, di particolare L’articolo 16 del regolamento testualmente dispone: “Il presente regolamento non include altri settori del diritto, quali la fiscalità, la concorrenza, la proprietà intellettuale o l’insolvenza. Pertanto nei settori su indicati e in altri settori non contemplati dal presente regolamento si applicano le disposizioni normative degli Stati membri e comunitarie”. 7 44 Quieconomia I dati ufficiali: le cooperative iscritte presso gli uffici del registro delle imprese Al 30 settembre 2006 in Italia risultavano attive 146.115 cooperative(*), per il 27% insediate nelle regioni centrali, per il 49% nel sud e nelle isole e per il 24% nelle regioni settentrionali. Con specifico riferimento al tessuto economico marchigiano, poi, il panorama della cooperazione coinvolge numerosi soggetti, in particolare nella provincia di Ancona, in cui ha sede il 35% delle cooperative che al 30.09.2006 risultavano iscritte presso gli Uffici del Registro delle Imprese della regione, mentre il residuo 65% è diffuso in misura pressoché uniforme nelle altre tre province. Nel territorio provinciale anconetano il quadro della presenza cooperativa si articola in società cooperative, che rappresentano l’87,05% dei 2.429 soggetti iscritti al 30 settembre 2006, seguite dalle cooperative sociali (6,2%), dalle piccole cooperative (6,05%), e infine dalle società cooperative consortili (0,7%). Il quadro è composto in prevalenza da società operanti nel settore delle attività manifatturiere (11%), in quello delle costruzioni (14%), e nel campo delle attività immobiliari, di noleggio, informatica e ricerca (16%). (*) Per tutti i dati ai quali si fa riferimento nell’articolo: Fonte: Infocamere - Elaborazioni: Ufficio Statistica e Studi, Camera di Commercio di Ancona rilievo per un mondo quale quello cooperativo che proprio in ragione delle sue peculiarità può trovare ostacolo all’espansione, è interessante valutare l’ambito di potenziale applicazione della SCE da un punto di vista quantitativo. La distribuzione per ramo di attività descritta nel box rispecchia sostanzialmente il dato disponibile per le Marche complessivamente considerate, salvo per quanto concerne le cooperative agricole, che a livello regionale, come pure presso le altre tre province, presentano un peso leggermente più significativo rispetto a quanto accade nella provincia di Ancona. È a tutti questo soggetti che il nuovo strumento si rivolge, e in considerazione del regime di particolare favore che caratterizza la legislazione in materia di cooperative a mutualità prevalente, l’ordinamento italiano potrebbe rappresentare un fattore di attrazione per società cooperative europee di futura costituzione. (*) Dottore Commercialista, Revisore Contabile e Consulente Tecnico del Giudice Civile Quieconomia 45