QUEL 1973 AMEDEO MINGHI E IL SUO PRIMO ALBUM Niccolò Carosi Si ringrazia Simone Canesi per il suo archivio Siamo nel 1970 e un giovane Amedeo Minghi, dopo aver inciso nel 1966 il suo primo 45 giri per la Dischi Ricordi, scalpita per dimostrare al pubblico e soprattutto a se stesso che oltre a saper cantare ed essere telegenico, sa scrivere canzoni. Si accorge di questa capacità compositiva Edoardo Vianello, cantante e autore di successo, ma soprattutto un ottimo imprenditore di sé e del mondo musicale di quegli anni. «Mi è bastato poco per capire l'abilità e la caparbietà che Minghi già all'epoca possedeva - racconta Edoardo Vianello - . Negli anni Sessanta canzoni allegre e frizzanti come Pinne fucile e occhiali, Guarda come dondolo, I Watussi, Abbronzatissima, Tremarella e Il peperone sono state la colonna sonora degli Italiani e la loro voglia di lasciare alle spalle le tragedie e vivere la vita. Ma stava cambiando qualcosa nel rapporto fra le canzoni e il pubblico, così decisi di aprire una etichetta discografica, l'Apollo Records, con cui ho messo sotto contratto e lanciato, fra gli altri, i Ricchi e Poveri, Amedeo Minghi, Renato Zero. Avevo la possibilità di contare sulla distribuzione della RCA, sull'amicizia di Franco Califano che collaborava con la mia etichetta e su uno studio di registrazione che avevo chiamato Studio 38 in cui si appoggiavano anche altre etichette satellite della RCA. È in questo periodo così effervescente artisticamente che conobbi Minghi e insieme a Califano – ricorda Edoardo – ci diedero la possibilità a me e a Wilma Goich di vivere una seconda stagione musicale con la formazione de I Vianella». Amedeo Minghi in quegli anni compone canzoni che riscuotono un grande successo di pubblico e di critica; se come autore la strada sembrava ormai essere segnata, stenta ancora a trovare una collocazione come cantautore. Scrivere canzoni per I Vianella come la fortunata Vojo er canto de 'na canzone , Canto d'amore di Homeide e Fijo mio, e per l'Apollo pubblica anche il suo secondo 45 giri nel 1971 che porta la firma dei testi di Carla Vistarini. Due anni dopo il primo album intitolato semplicemente Amedeo Minghi. Il disco, prodotto dallo stesso Vianello, si avvale per i testi della collaborazione di Edoardo De Angelis (con il quale Minghi collaborerà in seguito per molti anni) e di un giovane Francesco De Gregori (che vivendo in quell'anno l'esordio da solista con l'abum Alice non lo sa, non compare fra i cediti), due canzoni sono scritte da Carla Vistarini; le edizioni musicali di tutti i brani sono le Edizioni Vianello/Pull. L'album certamente risente delle esperienze eterogenee di quegli anni di sopravvivenza nel modo di una musica dalle mille identità, in cui individuarsi era difficile e a volte pericoloso. L'opera spazia dal progressive di Racconto allo stile più cantautorale di Fratello in civiltà, dal soft-rock di Candida Sidelia al west coast di Mexico; in alcune canzoni, ad esempio in L'uomo e la terra (con un'introduzione strumentale suonata dall'or- chestra d'archi) e in Un uomo grande è però possibile ritrovare le aperture melodiche che caratterizzeranno la produzione futura del cantautore, come accade nel brando di apertura E tu con lei. Gli arrangiamenti vengono curati dallo stesso Minghi e da Aldo Pizzolo, che dirige l'orchestra d'archi; il disco viene registrato presso lo Studio 38 in Roma, di proprietà dell'Apollo Records di Edoardo Vianello con Aurelio Rossitto come tecnico del suono, ed agli studi Ortophonic, situati in piazza Euclide sempre a Roma, in cui il tecnico del suono è Sergio Marcotulli, padre della pianista jazz Rita. L'album non riesce a permeare nel tessuto musicale di quegli anni e passa quasi inosservato, diventando poi presto una rarità e raggiungendo quotazioni alte nel momento in cui Minghi raggiungerà una fama internazionale; verrà ristampato in CD e MC per la prima volta nel 1992 dalla Dig-It (con il titolo mutato in Racconto, numero di catalogo DCD 10004) e solo su CD con copertina originale etichetta RCA nel 2004. Risulta ora interessante riportare integralmente una recensione colorita e arguta di un cultore di musica, sicuramente lontano dal mondo di Amedeo Minghi, ma attraverso una sua interessante interpretazione di quel mondo mai sazio di contaminazioni e sperimentazioni, ci offre un godibile e pungente punto i vista. L'ESORDIO AVANT-POP DI AMEDEO MINGHI ITALIAN FOLGORATI di Demented Burrocacao Per questo nuovo appuntamento prendiamo in esame il primo album di un esponente di spicco della canzone italiana: Amedeo Minghi col suo omonimo, targa 1973. Ultimamente salito agli onori di cronaca per un campionamento da parte di Justin Timberlake, cosa che ovviamente l’ha riempito di gioia come da sopra. Amedeo è stato raramente ben visto dall’underground italico, probabilmente per le prese di posizione fortemente cattoliche e per i brani ultramelodici a rischio diabete. Vero è invece che il nostro ha un passato insospettabile di sperimentatore e autore/interprete di libraries estreme (sullo stile dell’osannata Daniela Casa per intenderci) a parte il brano campionato da Timberlake, ricordiamo so- prattutto "Climax", apparso nella oscurissima compilation Delirium, e non dimentichiamo le collaborazioni con Pasquale Panella, che, a parte la hit “Vattene Amore”, ha prodotto anche “Canzoni”, regalato all’ugola di Mietta. Veniamo quindi all’album in questione: prodotto da Edoardo Vianello—si, quello dei Watussi—Amedeo Minghi è l’opera prima, che si apre con “E tu Con Lei” un pezzo pop con un arrangiamento ricorda il Paul McCartney dello stesso anno ("My Love"), ma è anche il primo assaggio del Minghi dalle ariose melodie che più in là raggiungerà il successo. Un biglietto da visita di gran classe , sorretto dai testi di Edoardo de Angelis e di un inaspettato Francesco De Gregori, i due pezzi grossi del folk studio. I suoni sono potenti, sicuramente sopra la media dell’epoca. Il perché è presto detto: agli strumenti troviamo Ciccaglioni, chitarrista e collaboratore di Morricone e dei Marc4, al basso il socio Piero Montanari (già in "Climax", poi con Ivan Graziani) e Massimo Buzzi poi batterista di Il Giorno Aveva Cinque Teste di Lucio Dalla e di Andrè Sulla Luna di Arturo Stalteri, tutti avvezzi a pestare come assassini. Costoro nel pezzo successivo sfoderano un pop californiano che ricorda gli esperimenti di Battiato con i Genco Puro & Co, pressappoco di quella stessa epoca, con tanto di synth in portamento fisso. Critica alla città e ai suoi abitanti, “Fratello In Civiltà” col suo gioco di parole e testo firmato da Carla Vistarini, nota ai più per la sigla di Cybernella, sembra consegnarci un Minghi tosto. Il brano successivo “L’uomo E La Terra” torna su arie classiche quasi cinquecentesche per sfociare in un brano folk tra Dylan e il medioevale italiano. Testo chiaramente opposto al precedente, è un inno quasi fricchetton/proletario alla terra e alla campagna, con un flauto sintetico a puntellare qua e là. Ma è nel pezzo successivo che troviamo l’anima rock di Minghi: "Candida Sidelia" col suo giro psych hard rock non avrebbe sfigurato cantata da Ozzy Osbourne nei Black Sabbath. Storia di una ragazza agognata sessualmente da molti a cui viene consigliato di “rimettersi le scarpe”, “Mille voci e mille volti stan chiamando te ed una mano sta sfiorando la tua pelle ormai." Insomma, storie di sesso e droghe psichedeliche con tanto di caratteristico “scat psichedelico” di Minghi già sperimentato nel periodo "Climax", con voce direttamente nel leslie che manco i MGMT o gli Stereolab. Sicuramente un picco del disco, lascia il posto a “La Speranza”, che ritorna sui territori melodrammatici e sarà poi—purtroppo— ripresa piu’ avanti per meno nobili utilizzi cattolici.Ma ecco "Mexico" in cui Minghi, eoni prima di Vasco, agogna alla “libertà dal tuo mondo di juke boxe” per andare all’avventura. Pezzo totalmente west coast che non sarebbe stato male nel repertorio della prima Mia Martini (con la quale più avanti in effetti collaborerà): lo sentissero i Rangers sicuramente ne farebbero una cover. Detto questo, scivoliamo verso “Racconto”, grande brano aperto da un basso fluido in cui l’influenza dei King Crimson è evidentissima: la batteria gli dà di cassa completamente random per poi sfociare in un progressive rock mutante con cambi di tempi continui, psycho-scat e flauto traverso che farebbero felici i Flaming Lips. La via pop al prog si concretizza nell’ultimo pezzo, ovvero “Un uomo grande”: pianoforte apertissimo tipo l’Elton John con Buckmaster alla produzione e melodie che si rincorrono in un finale di pop sinfonico che pare anglosassone. Un disco eclettico insomma, che rispetto alle successive prove riesce a mantenere classe e rock nel romanticismo, evitando cadute di stile. Nonostante i collaboratori e tutto il contorno qualitativo, non avrà però alcun successo e porterà Minghi ad unirsi ai Pandemonium, ritentando la carriera solista solo dopo sette anni. Quello che segue è—nel bene e nel male—storia d’Italia. Clicca sopra i titoli dei brani e ti ritroverai ad ascoltare le canzoni protagoniste di questo approfondimento. RIVISTA MULTIMEDIALE Quarta di copertina dell'album d'esordio ALLA RISCOPERTA DI TRIMOTORE IDROVOLANTE La band electro-pop salernitana VIDRA rivisita “Trimotore Idrovolante”, canzone tratta dal disco più futuristico del cantautore romano Amedeo Minghi, “Cuori di pace” del 1986. La canzone scritta da Minghi, insieme al paroliere Gaio Chiocchio, racconta la storia di un soldato, disertore per amore durante la Seconda Guerra Mondiale. Il videoclip, girato tra Matera e Roma da Antonio Andrisani e Amila Aliani, vede la partecipazione dello stesso Minghi nelle vesti del soldato in età adulta, intento a ricordare le sue avventure sentimentali. Il brano ha trovato la sua naturale collocazione nel concept-album “La fine delle comunicazioni”, che affronta il tema delle relazioni amorose con racconti di ambientazione spaziale. Il sound del singolo - nel pieno stile della band - unisce l’elettronica pop-dance alla tradizione italiana, in un intreccio tra synth, voce e viola. BIOGRAFIA I VIDRA sono una band synth-pop/cantautorale fondata a Salerno nel 2006. La formazione attuale è composta da: Antonella "Giga" Gigantino, cantante e autrice di testi, Francesco "Frencio" Fecondo, tastierista e autore musicale, Michela Coppola, violista, e Davide Emanuele Zinna, chitarrista e programmatore elettronico. Il gruppo ha partecipato a Sanremo Rock nel 2007, entrando nella compilation di Area Sonica con il brano "Chiedi alla polvere", distribuito sui canali Mondadori e con il Corriere di Sicilia. Nel 2009 ha pubblicato l'ep autoprodotto “Conti su conti", la cui open-track "John Ford" è stata inserita nella compilation vol.6 di Rockit. Dal 2010 al 2011 la band si è dedicata alla realizzazione di spettacoli multimediali come "J-pop", "Moby Dick, l'Oceano e i relitti musicali" , "S|pace monologo a due voci", "Raed - Requiem aeternam dona" e "Grand Theft Vidra". Nel 2012 ha vinto il Broken Stone Festival, aprendo il concerto della Bandabardò a Contursi Terme. Nel 2014 Frencio ha scritto e arrangiato il primo album solista dell'attore materano Anto- nio Andrisani, "Andrisanissima", contenente i singoli "Convertino", "Kolossal" e “Canzonissima” (feat. Fabrizio Bosso). Nel 2015 la band è entrata a far parte della scuderia Rupa Rupa Records (www.ruparuparecords.com). Il disco in cantiere "La fine delle comunicazioni" è un concept-album sul tema dello spazio. Tra gli ospiti: Alessandro Orlando Graziano, Peppino De Florio degli Heroscimmia, i Tough Tone e Cesare Savastano degli Elettrauti. Il videoclip del primo singolo estratto “Trimotore Idrovolante” vede la partecipazione straordinaria di Amedeo Minghi. Perché TRIMOTORE IDROVOLANTE? Perché Amedeo Minghi? Risponde alle domande Francesco Frencio Fecondo, componente dei VIDRA L’idea di rivisitare “Trimotore Idrovolante” esisteva in me da anni. Il 3 febbraio del 2010 -intervistato da Patrizio Longo per il portale musicale “Distrazioni sonore” - facevo citazione della canzone, parlando dei riferimenti dei Vidra. Di certo in quel periodo stavo già pensando ad una rielaborazione. Vi confesso di aver puntato tre brani: “Trimotore Idrovolante”, “Hallo Hallo” e “Alla leggera” (chissà, magari un giorno riprenderò anche queste ultime due…chi può dirlo?) Mentre stavo lavorando al nuovo disco, mi sono accorto che si era creata la cornice ideale per inserire una cover come “Trimotore”: nelle altre canzoni dell’album si parla di viaggi spaziali, di “relitti dei velivoli”, ma soprattutto di “telecomunicazioni sentimentali”, per dirla con Gaio Chiocchio. Giga - autrice di tutti i testi - ha approfondito un aspetto particolare delle comunicazioni d’amore: la non-sincronizzazione tra le parti, la differita tra gli universi emotivi di due innamorati. Un tema squisitamente minghiano. Il soldato protagonista di “Trimotore idrovolante” aspetta delle lettere dal suo amore lontano, ma lei non scrive mai. Allora lui si fa disertore e prova a raggiungerla. Una storia perfetta. Ho iniziato a lavorare all’arrangiamento con Davide - nostro chitarrista e programmatore ed è stata sua l’idea di trattare la canzone come una sigla di un cartone animato anni 70. Il testo di Chiocchio ha un taglio cinematografico (sembra quasi un aeropoema futurista), allora Davide ha pensato ad un ritmo incalzante di batteria elettronica che accompagnasse il viaggio di questo eroe irreale - da cartoon appunto - che lascia la guerra per amore. Per il sound di batteria si è ispirato a “Planet O” la sigla di Lupin III dei Daisy Daze & the Bumble Bees. Io ho aggiunto un arpeggio di sintetizzatore e dei pad, pensando agli P-model, band giapponese che adoro. Poi è stata la volta di Michela: ha cercato melodie impossibili con la viola, delle frasi arrampicate che disegnassero le traiettorie del trimotore nella testa dell’ascoltatore. Giga, infine, ha cantato il brano ed è venuto fuori ciò che conoscete. Cosa raccontare del video? Emozione indescrivibile incontrare il Maestro, con quegli occhi illuminati pieni di curiosità, con quella gentilezza unica. In una pausa dalle riprese ha suonato il ritornello di “Trimotore” alla tastiera, solo per noi…Non lo dimenticheremo mai. Un saluto a tutti i lettori di Melos e ancora buon ascolto. Qui compone Francesco Frencio Fecondo FANTAGHIRO' SENZA TEMPO di Massimo Mastrogiovanni Quello di FANTAGHIRÒ è uno dei personaggi più amati e più ricordati della televisione italiana. Le sue avventure sono rimaste impresse indelebilmente nella mente, e nel cuore, dei telespettatori di mezzo mondo, cosa più unica che rara, considerando che, contrariamente alle moderne fiction di lunga serialità e telefilm di importazione, la saga non è andata oltre i 5 FILM TV e le 15 ore di programmazione. Secondo una recente indagine di TvZap.it che titolava “I più amati dagli italiani”, la nostra principessa guerriera occupa il 5° posto di una TOP10 dove compaiono altri due capisaldi della fiction italiana: Elisa di Rivombrosa, celebre caso televisivo campione d’ascolti, che ha per protagonista una moderna eroina alle prese con una travagliata storia d’amore ambientata nel ‘700 e il Commissario Montalbano, che da più di quindici anni tiene incollati ai teleschermi milioni di telespettatori, alcuni dei quali già appassionati lettori dei suoi intricati casi, frutto della fantasia di Andrea Camilleri. Ma torniamo alla nostra Fantaghirò! Se la prima miniserie aveva decretato il trionfo di un esperimento che, partito nell’incertezza più totale di una platea televisiva ancora tutta da studiare, aveva finito per incantare un pubblico talmente vasto e variegato, FANTAGHIRÒ 2 si proponeva con aspettative ancora più alte e con l’obiettivo di proseguire un filone fantastico che omaggiasse un cinema di genere d’oltralpe e che attingesse a piene mani all’immenso patrimonio narrativo favolistico mondiale. Come già accennato nei nostri precedenti appuntamenti, infatti, in Fantaghirò 2 lo sceneggiatore Gianni Romoli introduce la tradizionale figura fiabesca della Strega Cattiva (Brigitte Nielsen) che tenta in tutti i modi – ricorrendo, naturalmente, alle arti della magia nera – di contrastare, ed annientare, l’amore tra i due giovani protagonisti. Una libertà narrativa maggiore rispetto al primo episodio che era quello ispirato, e per cui ancorato, con tutte le dovute aggiunte ed invenzioni funzionali alla trama, alla novella popolare di Italo Calvino. Il tema affrontato in Fantaghirò 1 era quello della principessa ribelle (il sottotitolo del primo episodio nella versione francese è, infatti, “La princesse rebelle”) che vuole affermarsi come donna, come essere pensante, non più sottomessa e succube dell’uomo, forse non alla sua altezza quanto a forza fisica ma ricca di altrettante doti come l’intelligenza, l’ingegno e l’astuzia, qualità che serviranno alla nostra protagonista per affrontare, di volta in volta, mille difficoltà, pericoli e nemici sempre più cattivi. Come spiega Gianni Romoli in Fantaghirò. Una favola moderna (documentario contenuto nel cofanetto DVD) «il primo Fantaghirò è una metafora sulla crescita […] come un romanzo di formazione attraverso il quale Fantaghirò scopre il proprio mondo interiore vedendone tutte le sfaccettature […]; una favola sulla presa di coscienza della propria identità sessuale». Il personaggio della principessa guerriera incarna il mito della ragazza moderna, coraggiosa e battagliera che vuole essere padrona del proprio destino e non più pedina nelle mani degli altri. L’occasione per riscattarsi arriverà presto: Fantaghirò, infatti, l’ultimogenita, lo spirito libero domato attraverso continui rimproveri e punizioni, sarà, infine colei che riporterà la vittoria e la pace tra i due regni in guerra, che troverà l’amore per sé e per le sorelle e che riconquisterà l’amore di suo padre dando prova del proprio coraggio e del proprio valore. Superata la fase della propria realizzazione personale, il viaggio nella fantasia continua, appunto, con la riproposizione dello schema tradizionale della struttura fiabesca classica, Eroe, Nemico, Aiutante Magico, ruolo, quest’ultimo, incarnato ancora una volta dalla Strega Bianca, che nella prima serie era stata ‘fata madrina’, maestra e consigliera, sempre presente accanto alla protagonista sotto fattezze ogni volta diverse, come quelle del Cavaliere Bianco, del topolino e dell’Oca parlante. Fantaghirò (Alessandra Martines), donna, regina e guerriera, è ancora protagonista a 360°. Perso ben presto l’aiuto dell’amato Romualdo (Kim Rossi Stuart), succube degli intrighi della Strega Nera, e senza l’aiuto del Re Padre e dell’esercito alleato, la fanciulla dovrà vedersela da sola contro un nemico magico che non combatterà, certo, ad armi pari. La novità di Fantaghirò è proprio il suo doppio ruolo di principessa e di combattente: è tutta qui la modernità della fiaba, una riscrittura che libera la donna dal suo tradizionale ruolo di fanciulla in difficoltà e che la rende personaggio attivo elevandola al rango di eroe. A riconfermare, ancora una volta inaspettatamente, il successo di un genere televisivo in ascesa, contribuiscono il giusto mix di commedia - che stempera talvolta i toni cupi e le atmosfere horrorifiche e claustrofobiche del Castello Nero, eredi del miglior cinema gotico di Lamberto e di Mario Bava, e che conferiscono all’antagonista un aspetto un po’ grottesco e sopra le righe - e la presenza di creaturine fantastiche parlanti, testimoni di un modo di fare cinema molto artigianale che ci apparteneva ma che oggi è stato totalmente soppiantato dalla computer grafica. I mitici personaggi, creati ed animati dal Maestro degli Effetti Speciali Sergio Stivaletti, dell’Oca Parlante, della Pietra Tornaindietro e dell’immancabile destriero Chiomadoro, sono i fedeli compagni di viaggio di Fantaghirò, che donano un ulteriore pizzico di magia alle sue avventure e che divertono indistintamente grandi e piccini, quello stesso pubblico che oggi non può fare a meno di ricordarli con tenerezza e con tanta nostalgia. La grandiosità e la magniloquenza, proprie della musica di Fantaghirò, sono ormai le caratteristiche tangibili di una melodia che incanta e commuove, una melodia sempre all’altezza di una narrazione che richiede alla musica una grande forza e una grande personalità. È la forza della musica di Amedeo Minghi… continua… Guarda e ascolta le interviste... CLICCA QUI Il “tempo”... di una cena di Gianluca Lucchese Questa volta, ho voglia di proporvi un gioco. Però occorrono inventiva e immaginazione! Prendete il chitarrista Pat Metheney, oppure Mark Knopfler dei Dire Straits, poi aggiungete Ken Cailiat, il produttore di Billy Idol e Frank Sinatra, dei The Beach Boys, Alice Cooper e i Fleetwood Mac, tanto per intenderci, invitate anche le nostre giovanissime cantanti Alessandra Amoroso e Chiara, Teo Mammucari e lo scrittore Stefano Benni; metteteli a una tavola imbandita con Amedeo. Un po’ di fantasia, su! Che ci vuole per “Noi che sappiamo viaggiare in poco meno di un secondo”? Che c’entrano tutti questi personaggi col Maestro, direte voi? È “tempo” di pensarci! E non è solo questione di Grammy Awards, concerti, letture, premi, trofei e riconoscimenti. Ah, dimenticavo chiamate pure Mario Balotelli! Mica possiamo lasciarlo a casa o a zonzo con le sue macchine super veloci! Eh sì, a cena con tutti loro vorrei esserci pure io. Amedeo, non so, ma scopriremo dopo il motivo di questa tavola così allestita… E non è un caso! Certo che il tempo per organizzare un prossimo evento del genere potrebbe esserci, visto che “prima di questo futuro dentro un bel tempo passai”. Così, voi lasciate “che il tempo cambi tutto intorno” e immaginate adesso i personaggi citati, conversare spensierati a un tavolo in un giardino perché “com’è il tempo non so com’è ”, anzi sì, “Il tempo è incolore” ma se “vedi prati immensi, vedi il tempo andare via”; sembra un indovinello ma non lo è. Di sicuro Benni e Amedeo sarebbero capaci di intavolare qualche discorso “in un tempo così”. Minghi che tra l’altro ama Cesare Pavese, Mark Twain e Victor Hugo, avrebbe molto da dire al riguardo. “Passare il tempo in silenzio, ringiovanisce gli individui e i popoli” scriveva Pavese, che ha anche intitolato una poesia “Il tempo passa”, oppure cercando tra alcune citazioni di Twain, ne ho trovata una che dice che “Tutti parlano del tempo ma nessuno fa niente per cambiarlo”. Io, invece, adesso, non starò in silenzio e farò di tutto per cambiare il tempo in questo articolo, cercando di giocare come un mago con fogli e mantelle anche se “il tempo apre il mantello e getta via il quaderno”, smascherando presto ogni celato gioco di parole. Come scriveva Hugo, “La libertà comincia dall’ironia” e allora amici fans, sorridete a questa mia licenza! Con Balotelli mi divertirei a sentirlo cantare “è tondo quest’anno, è come un pallone, che tiro diretto e che bell’effetto al mio cuore”: Mario aveva 9 anni quando nel 1983 Amedeo scese le scale di Sanremo, Chiara e Alessandra Amoroso, 3, Benni 36 come Minghi. “Il tempo torna indietro e mi dà la mano” per raccontare una storia che la fantasia ha confezionato in un “tempo che vola lontano con ali sentimentali”. Anche Hemingway è uno scrittore che il maestro ama leggere e tra i suoi preferiti c’è “Il vecchio e il mare”, un romanzo che ha a che fare con l’attesa, la forza d’animo e un volto impassibile in un “tempo che parte dal cuore e che corre sul viso”. Questa cena tra chitarristi, cantanti, comici e scrittori, però, non sarà ideata un giorno a caso anche se “giocare il tempo non si può”. Di sicuro in questo mese di Agosto. Ma non dopo il 12. Anzi a dire il vero si potrebbe organizzare la sera del giorno 11 aspettando la mezzanotte, o al massimo il 12 ma non dopo le 24, perché “non c’è né un prima, né un poi”. Pure tu, se sei un fan arrivato solo adesso qui su Melos e “ti togli l’orologio e ascolti il tempo fra noi ”, non ci metterai molto a capire il senso di questa serata ipotetica, anche se gli auguri “non durano che gli attimi”. Sì! Certo che hai capito! è UN GIORNO SPECIALE! “Il tempo lo soffia in alto” e assieme a tutti noi, vuole fare gli auguri di compleanno ad Amedeo e naturalmente anche agli altri invitati, nati tutti lo stesso 12 Agosto! “Che bel tempo sei tu”! Ecco “tradiscono i decenni, saranno gli anni fa, il tempo li fa belli”! AUGURI, AUGURI, AUGURIII! E ora “è tempo di abbracci e baci”! In questa rubrica un po’ folle come me, “Ho cambiato come cambia il tempo”, giocato con voi “ed il tempo svanì”. Adesso è “tempo di partire, è tempo di affondare, è tempo di cacciare” e che non ci restino male Pat Metheney, Mark Knopfler, Ken Caillat, la Amoroso, Chiara, Mammucari e Balotelli; sì, “ride la vita e fugge via che di certezze non ne dà”, ma noi saremo sempre pronti a festeggiare, solo e incondizionatamente, il nostro Maestro e se “il tempo di una canzone è la durata dell’amore”, le nostre musiche non finiranno mai. E “così è fatto il giro anche del tempo”. Dunque, caro Amedeo, tu che “fermi il tempo e fermi le parole”, perché “ così sei tu, al mondo tu, solo tu”, festeggia con chi vuoi e continua a scrivere per te e per noi “come i romanzi che leggi tu e tutti quei film visti in tv”, “con gli occhi pieni di te”. È una “festa di compleanno” e non ci “manca la tua poesia”, però permettimi di dedicarti, come mio personale regalo, alcuni estratti di versi di Charles Bukowski. Ho ragione di pensare che condividi in pieno questo suo pensiero relativo alla scrittura. Del resto hai sempre professato questo concetto e persino rimborsato il biglietto a tutti, una sera in teatro, quando capisti di non aver dato il meglio di te: “Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo a meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo. Se devi startene seduto per ore a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo. Se lo fai solo per soldi o per fama, non farlo. Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo… … Non essere come tanti scrittori, non essere come tutte quelle migliaia di persone che si definiscono scrittori, non essere monotono o noioso e pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento… … A meno che non ti esca dall'anima come un razzo, a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all'omicidio, non farlo. A meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere, non farlo. Quando sarà veramente il momento, e se sei predestinato, si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te. Non c'è altro modo e non c'è mai stato.” AUGURI AMEDEOOOOO! LE INTERVISTE IMPOSSIBILI DI GIANLUCA LUCCHESE Niccolò mi ha proposto una rubrica per questo sito. Io, vista la mia devozione totale per Amedeo, ho accettato senza nemmeno pensare a cosa scrivere; poi, volando tra testi parole, ho immaginato un’improbabile intervista con il Maestro; a volte distratto, altre cinico, altre ancora, preciso. E mi sono divertito. In un mondo dove tutto diventa inevitabilmente e inverosimilmente serio, vorrei che anche voi, come me, lasciaste spazio tra una domanda e l’altra a qualche nota d’un sorriso… Ciao Amedeo! Basta con questi festeggiamenti! Dai, posa la bottiglia e facciamo l’ intervista! Scendi da quel tavolo e vieni vicino, siamo distanti! C’è troppa gente, ci perdiamo! - Ma davvero distanti persi nel mondo non lo saremo mai. Ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta Festa di compleanno… Forza, ora basta bere! Altrimenti con tutto questo alcol in giro, ti si impasta la lingua sopra, sotto e addio canzoni! E che figure! - Quando uh..., dove uh..., come uh..., cosa uh..., sopra uh..., sotto uh..., detto uh..., fatto uh... Traicionan los decennio, los años que se van, los vuelve el tiempo bellos, Mary, dove vanno gli anni miei e dove vanno i tuoi? Mary? Ma dai! Non ti voglio vedere in questo stato! Datti una pettinata e infilati la tshirt! Io sono serio adesso, sono Gianluca, altro che Mary! Mi riconosci? - Tu che vuoi? Si può sapere in che stato mi vuoi? Tu chi sei? Non s'è capito, ripeti, me lo scrivo o ti dimenticherei. Blam blam blam blam, blam blam blam blam! Gian-lu-ca! Un Maestro ubriaco non s’era mai visto! Ma che figure mi fai fare? - Canto, di ridin din, tra la lallà, sous le Pont Mirabeau, du dududdù ta ratatta tattà, Na na na nanà na, Na nanannà, sous le Pont Mirabeau, nà nanannànna, nanà nanannà. Ma guarda te! E io che pensavo di iscriverti a un nuovo programma televisivo! Ti escluderebbero subito! - Arii, ri riri ri ri ,ah… ariri ri ririii, ma tanto io lo so che vincerò, lo so perché lo sento. E arii, di re ra, nere e e a riririri, diridiridi, aaa rariri, erari erarira didididi o diridi diride… Mi hai fatto venire il mal di testa! ! Avrei bisogno di riposarmi! Non ho idea se siamo noi due qui, mi hai confuso, mi pare di vaneggiare! - Come stai dudù? È ninna nanna oh! Tara tara tata tatta tatta tatta. Ti ripeto tara tatta tattà che si tratta di noi. Ma perché ti sei scolato anche quest’altra bottiglia, Amede’! Perché? - Re, re, re, ri ,ri, ri, il perché io non so . Io che sono quasi astemio, non so più che pensare. Mi tocca venirti dietro come una trottola! - Dirididi dididi diridi diridi di di di, pensa a me… Trottolino amoroso, du du du, da da da. Dai, appoggiati, ti porta a casa… - We can’t forget, we can’t forget! She loves you ye ye, she loves you ye ye Però, però. però… Due passi ancora fra noi, nessuno muore per due passi ancora, fin là. Annesaaa! Almaaa! Niccolò! Ci siete? Mi date una mano? Me lo porto a casa! Guardate che storia è questa! - Qualcuno lo troverai i! Non c’è più posto da te, solo una stanza di là. Buon Natale. La storia il nano la sa. Na, na ,na, Mh, mh, mh rapid movements on your eyes! Di ri riri… Buon Natale? Ma quanto hai bevuto? Amede’, dove vai? Vieni quiii! Annesaaaa, Almaaa! Vocalizzi e testi tratti da: Storia di un uomo solo, L’amore con chi, Decenios, Mary, Hallo Hallo, Vojo er canto de ‘na canzone, Di canzone in canzone, La gara di sogni, Quando l’estate verrà, Amarsi è, Canzoni, Il perché io non so, Pensa a me, Vattene amore, Ricorderò (Another song for guy), Anni 60, Anita. Due passi, Qualcuno, R.e.m. 'AZZI MIEI MA COME MI CONCIAI Linguaggio MINGHIATO QUEGLI ANNI NOVANTA Filippo Alosi Fra gli artisti italiani, come tutti sappiamo, Amedeo Minghi vanta una delle carriere più lunghe e prolifiche in assoluto. Pochi altri, come lui, hanno saputo dare alla luce un numero così elevato – e certamente non solo sul piano quantitativo – di creazioni musicali e cantautoriali. E pochi altri, come lui, hanno saputo superare con tenacia gli anni più difficili – quelli in cui il successo sembrava un miraggio, una sorta di utopica speranza – rimanendo concentrato su se stesso e su quegli sperimentalismi che l’hanno reso uno dei cantautori più geniali, unici e apprezzati dello scenario musicale italiano, europeo e non solo. Uno dei pochissimi che, superata la lunga gavetta, ce l’hanno fatta e sono riusciti a rimanere costantemente sulla cresta dell’onda. Mica come i ragazzetti di oggi, quelli usati e spremuti dai talent per raggiungere un paio d’anni di pseudo-gloria. Amedeo, in sostanza, oltre che un esempio sul piano musicale, lo è anche sul piano motivazionale. Ha creduto in se stesso, nella sua visione, nel suo modo di fare musica ed ha avuto ragione. Un caso che, personalmente, inserirei nei corsi dei più prestigiosi coach (come si chiamano oggi) che insegnano alle persone a non darsi mai per vinte, ad inseguire i propri sogni e credere nelle proprie doti fino a farne la ragione della propria esistenza. Di questa lunghissima carriera, in questo caldo e vacanziero mese d’agosto, approfondiremo proprio uno dei periodi più caldi in assoluto per quanto concerne il nostro melodista del cuore. Parliamo degli anni ’90, un decennio che può essere considerato a pieno titolo uno dei più roventi in termini di successo, vendite, esposizione mediatica, crescita di fan e naturalmente soddisfazioni discografiche e personali. Durante questo viaggio ci soffermeremo soprattutto sull’album “I ricordi del cuore” che, con le sue 600.000 copie, rimane uno dei lavori di Amedeo più venduti in assoluto. E ricordiamoci che, in quel periodo, vendere un numero tale di dischi o CD non era per niente normale amministrazione. Gli anni ’90 per Amedeo partono col botto, come si suol dire. Ed il botto ha un titolo spe- cifico: “Vattene amore”. Ma facciamo un piccolo passo indietro per comprendere meglio da dove nasce questo progetto che, proprio nel 1990, vedrà Amedeo salire sul palco del teatro Ariston di Sanremo assieme alla giovane e talentuosa Daniela Miglietta (in arte Mietta). Nel 1989 Amedeo lanciò “La vita mia”, canzone che vendette 500.000 copie e che rafforzò in maniera impressionante il suo successo in Italia e oltre confine. Basti pensare che, con questa canzone, prese il via quello che divenne il più lungo tour teatrale per un artista di musica leggera. Ci riferiamo, ovviamente, al mitico “Forse sì musicale” (conclusosi dopo tre anni, ben 160 repliche e oltre 1 milione di spettatori paganti). Nello stesso anno, assieme a Pasquale Panella, scrisse per Mietta “Canzoni” con la quale la cantante tarantina si presentò fra le giovani proposte, si piazzò prima e si aggiudicò il Premio della critica e successivamente il Telegatto d’oro. A quel punto Amedeo e quel geniale poeta che è Pasquale Panella, si guardarono negli occhi e compresero che quel periodo eccezionale andava in qualche modo cavalcato perché proseguisse e portasse a qualcosa di ancora più grande e lungimirante. A volte è difficile ripetersi, ma non quando si tratta di nomi come i loro. Fu così che, nel 1990, Amedeo e Mietta si presentarono a Sanremo con “Vattene amore”. Non vinsero, ma arrivarono terzi. E scusate se è poco. Ciò che più conta, però, fu lo straordinario successo che la canzone ottenne praticamente in ogni parte del mondo. Quel trottolino amoroso divenne un vero e proprio tormentone per milioni e milioni di persone che, a distanza di 25 anni, continuano a canticchiare questo motivo e durante i concerti aspettano con ansia il loro momento. Si, perché Amedeo la fa intonare proprio a loro: i fan che, nei teatri o nelle piazze del mondo, inneggiano con piacere a quelle parole e a quel motivo apparentemente semplici che hanno decretato l’estrema popolarità di questa canzone. In realtà stiamo parlando, com’è nello stile dei due personaggi che l’hanno scritta, di qualcosa di molto meno semplice di quanto si possa pensare. Sia sul piano del testo sia su quello mu- sicale, infatti, ci troviamo dinanzi ad un raro capolavoro. I motivi per i quali affermo questo, però, li approfondiremo in qualche altro momento. Qui mi limiterò a sottolineare un semplice aneddoto su cui, negli ultimi anni, è tornato spesso lo stesso Amedeo. Lui e Panella, quando scrissero questa canzone, inserirono volutamente nel testo una citazione del celebre compositore Wolfgang Amadeus Mozart. Eh si, il famoso “trottolino amoroso” altro non è che un omaggio al “farfallone amoroso” di mozartiana memoria. Fu una sorta di “gioco” che vollero fare per vedere in quanto tempo e chi, anche fra i giornalisti, se ne sarebbe accorto. Un paio d’anni fa, resosi conto di quanto poco attenti furono tutti quanti, fu il nostro cantautore stesso a svelare la cosa fra lo stupore generale. Tornando a “Vattene amore” vinse 10 dischi di platino ed un Telegatto d’oro, fece scalare le classifiche ai suoi interpreti e consentì a Mietta di vendere ben 600.000 copie dell’album “Canzoni”, scritto con la preziosa e indispensabile collaborazione di Amedeo Minghi e Pasquale Panella. Due che, con il lavoro sinergico di quegli anni, consacrarono l’artista pugliese e posero le basi per un decennio in cui Minghi poté imporsi definitivamente come uno dei più grandi cantautori italiani. Quanto meno sul piano della popolarità, perché su quello del talento e dell’estrema qualità dei suoi lavori c’aveva pensato già anni prima con “L’immenso” e non solo. Fu proprio sulla scia di questo momento d’oro che Amedeo, il 23 luglio dello stesso anno, si propose in concerto a Santa Maria in Trastevere a Roma alla presenza di ben 40.000 spettatori letteralmente in delirio. Spettacolo che venne registrato in presa diretta e che gli consentì di scalare le classifiche con l’album e l’home video che ne seguirono. L’anno dopo tornò a Sanremo con “Nenè”, che diede anche il titolo ad una raccolta dei suoi più grandi successi. Ovviamente il momento propizio servì a far conoscere, a chi iniziava a seguirlo solo allora, tutto il percorso passato, ovvero quei lavori che dagli albori della sua carriera lo avevano portato dov’era in quel momento. Fu così che sempre più persone si avvicinarono a lui e alla sua musica e che i fan crebbero senza sosta di giorno in giorno. Nello stesso periodo affiancò all’attività cantautoriale quella compositiva. Scrisse la colonna sonora di “Fantaghirò”, la mini-serie televisiva di Lamberto Bava che divenne un vero e proprio cult. Venduta in decine e decine di paesi, ne furono fatte più serie e ancora oggi spesso le reti Mediaset la ritrasmettono durante il periodo natalizio. Di Fantaghirò e del “Fantastico mondo di Amedeo” ne stiamo trattando a lungo e bene sui vari numeri di Melos. Torniamo a questi “mitici anni ‘90” di Amedeo, anni in cui il successo sembra davvero non conoscere soste. Infatti nel 1992 le Reti Fininvest trasmisero “Edera”, la prima vera e propria telenovela italiana. La TV commerciale, resasi conto di quanto questo genere potesse appassionare i telespettatori, decise di produrre per conto proprio questo sceneggiato diviso in ben 22 puntate. Le persone a capo del progetto compresero che, oltre ad una trama importante, era necessaria una colonna sonora di alto impatto emotivo. E’ così che, come sigla della soap, fu scelta l’ormai mitica “I ricordi del cuore”. La canzone catturò l’attenzione di milioni di persone e, a quel punto, Amedeo assieme a Pasquale Panella compresero che c’era un’altra scia da cavalcare, un’altra scia grazie alla quale diffondere le vere e proprie poesie che erano in grado di comporre. Così scrissero e misero insieme velocemente una serie di tracce per dar vita ad un intero album, quello che prese il nome dalla sigla di “Edera” e che divenne praticamente il più venduto nella storia discografica di Amedeo. “I ricordi del cuore”, che prima ancora di arrivare nei negozi, fu prenotato da 140.000 persone, scalò le hit-parade e vendette oltre 600.000 copie. Esso è anche l’album da cui ebbe inizio la mia storia d’amore con la musica del nostro melodista e col suo modo di porsi al pubblico. Ad affascinarmi – oltre alle note, alle parole e alla voce – fu proprio la sua estrema raffinatezza sia sul piano artistico sia su quello personale. Mai una caduta di stile, mai un abito fuori luogo, mai una presenza scenica e una padronanza del palco al di sotto dell’eccellenza. Nel giugno dello stesso anno Amedeo tenne un concerto allo stadio Olimpico di Roma davanti a 25.000 spettatori. Il successo si consolidò con “Notte bella, magnifica”, presentata al Festival di Sanremo del 1993. In seguito Amedeo calcò i palcoscenici dei più prestigiosi teatri italiani in una serie di tour che rimarranno per sempre nel cuore di ognuno di noi. Questa inarrestabile corsa artistica proseguì con la produzione degli album “Come due soli in cielo” (1994) e “Cantare è d’Amore” (1996), nato dopo aver presentato a Sanremo l’omonima e ormai leggendaria canzone. Quella canzone con cui il cantautore romano intese spiegare, una volta per tutte, qual’era la cifra stilistica del suo cantar d’amore ed il perché cantare non può che essere d’Amore. Furono gli anni in cui Amedeo esplose, nel senso più positivo del termine, in Italia e in tutto il mondo. Tenne concerti a San Paolo del Brasile e in tutta l’America Latina, dove l’album “Cantar es de amor” vendette così tanto da portarlo in vetta a tutte le classifiche musicali di quei Paesi per lungo tempo. Contemporaneamente anche la Spagna e l’Europa del Nord, Olanda in testa, lo premiarono attraverso una crescente attenzione nei suoi confronti. nuovo di fare catechesi. Questi “mitici anni novanta” targati Minghi si concludono nel 1998 con la pubblicazione di “Decenni”, album che superò le 300.000 copie e che vinse 4 dischi d’oro. All’interno, fra l’altro, trova posto la struggente “Un uomo venuto da lontano” (testi di Marcello Marrocchi) accompagnata da una traccia video sulla vita di Giovanni Paolo II e la cui diffusione fu entusiasticamente autorizzata dallo stesso Pontefice. Un uomo, appunto, venuto da lontano che aveva capito come funzionavano i Media e che “usò” questo videoclip come parte di un modo --------Facciamo ora un approfondimento dell’album che possiamo definire il più importante degli anni ’90, sicuramente quello che segnò il consolidamento e la continua escalation di successi del decennio. Come in tutte le recensioni, ognuno ci mette del suo in base alle proprie sensibilità e ai propri vissuti. Dunque non me ne voglia chi, in ciascuna canzone, dovesse sentire o vedere qualcosa di diverso da ciò che esporrò. Ma il bello delle canzoni è anche questo, no? Una volta scritte e lasciate andare, diventano di tutti. Intanto iniziamo col dire che l’album è il frutto della collaborazione fra Amedeo Minghi e Pasquale Panella che, a suo tempo, si firmava con lo pseudonimo di Vanda di Paolo. Un’altra cosa importante da sottolineare è il filo conduttore che lega le varie tracce. Come sappiamo, tutti i suoi album sono concepiti in questo modo e non come semplici accozzaglie di testi slegati l’uno dall’altro. Ne “I ricordi del cuore” possiamo affermare che, tra i fili conduttori principali, c’è il tempo col suo trascorrere incessante. Dunque il passato, l’ansietà per il trascorrere del tempo, le “Cose” della vita come gli amori che nascono e muoiono, che oggi sono qui e domani chissà. Altra caratteristica da non sottovalutare, sempre presente nella discografia di Amedeo, è la musica per immagini. Infatti le varie tracce, che siano o meno corredate da un video, sono scritte e musicate in maniera da rendere vivide le immagini come nello scorre- peccato…”. In sogno “i baci sembravano vivi”, le emozioni e le sensazioni si fanno realistiche a tal punto da sembrare tutt’altro che oniriche. Ami una persona, ma devi prepararti a lasciarla perché è solo “il sogno di un sogno lontano”. Un amore non corrisposto? Un amore sfiorato? Un amore vissuto e poi finito? Un amore, senz’altro, motivo di una profonda sofferenza. Vibrante, totalizzante, pieno di pathos e di paura: la paura che tutto debba finire lì. Dunque il doversi preparare a lasciar andare via questo forte sentimento e, nel frattempo, tormentare le mani dell’amata come a non volerla far fuggire via. Come ad augurarsi ardentemente di non svegliarsi mai da quel sogno. Come seconda traccia troviamo “Per sempre”, in cui l’artista sottolinea come nella vita tutto scorra e se ne vada via – appunto – per sempre. Il tempo al centro della traccia, il tempo che scorre via e porta con sé ogni cosa. “Sono i giorni tuoi, sono i giorni miei, giorni senza noi per sempre.” “C’è l’averti qui e c’è il perderti e sarà così per sempre. Tutto il mondo è come il mare che torna e se ne va per sempre.” “Scorriamo via, come lacrime come va la gioventù in fuga.” In sostanza tutto ha un ciclo, dunque anche gli amori. Tutto corre via, e noi dobbiamo cercare di afferrare la vita, cercare di viverla e catturarla prima che se ne vada via… per sempre. Ad aprire l’album è “In sogno”, a mio avviso una delle canzoni più struggenti del nostro melodista. Musica e parole sottolineano come l’amata sia “croce e delizia, dolce ed atroce”. “In sogno non c’è né un prima né un poi, subito è amore fra noi e svegliarsi fa male, è un In “Qualcosa di lei” al centro vi è, semplicemente ed indiscutibilmente, la fine di una storia. Personalmente preferisco parlare di fine di una storia, più che di fine di un Amore, perché la storia può finire ma l’amore non è detto. A volte ci si può lasciare, nonostante vi sia comunque un sentimento acceso da qualche parte. Magari flebile, sfumato e che potrebbe essere salvato. In altri casi può finire per uno dei due, ma non per entrambe. Dunque non sempre si può parlare di fine di un Amore. Quando finisce una storia, dicevamo, c’è sempre qualcosa di lei (o di lui) che rimane “smarrita perché le sfuggì”, qualcosa che non tornerà a riprendersi e lascerà là dove si è vissuto quel sentimento. Una casa che, in un certo senso, diventa un percorso ad ostacoli fra gli oggetti di Lei, rimasti (o lasciati apposta?) nei punti più disparati. E così vi sono “le riviste, una lista di cose da fare e disfare… e poi la boccetta di un certo profumo che esala così come me”. Sulla lista da fare e disfare c’è scritto “meglio dimenticare” e sulla boccetta del profumo “Nuvole su di te”. Così nel procedere della canzone, viene fuori un pensiero: “Io credo che in fondo in fondo son segni del suo dispetto, dice ‘così sei tu che non mi servi più’. Poi c’è dell’altro: la scatolina con il borotalco, mughetto inebriante e bianco che spina qui nel mio fianco. Dice ‘così sei tu, polvere e niente più’”. Sul finale della canzone la frase: “E plastica trasparente, prudente per quando piove. Spero non pioverà, sennò si bagnerà”. Una frase che, come il resto del componimento, può certamente essere letta in due modi. Da un lato, nonostante l’abbandono subito, sottolinea l’Amore ancora vivo in chi canta di questa Lei andata via. Dall’altro lato lascia libero sfogo ad una sorta di rancorosa ironia per essere stato messo da parte e “dimenticato”. Emozioni contrastanti che si fondono e affondano nel cuore del protagonista. Lo struggimento ed il dolore per una storia finita a causa di Lei, che ha deciso di andare via. Al contempo un rabbioso sfogo nei confronti di colei che ha deciso per tutte e due, scrivendo in un biglietto d’addio “eri l’amore mio” e andandosene lasciandolo solo. Adesso lui è ossessionato dal battere del cuore che, nel silenzio, si fa prepotente e lo inchioda per ore ed ore al ritratto del triste amore. “Il mondo è solo… e Lei non s’è ricordata di avermi dimenticato.” In “Marì” si canta, ancora una volta, il tempo che trascorre portando con sé tutto. Anche l’Amore. Assistiamo allo “strazio” e alla consapevolezza di ciò che l’uno perde dell’altra. Il tempo divora ogni cosa e allora ci si chiede: “Dove vanno gli anni miei e dove vanno i tuoi? Sono cose che volano. E dove va il piacere di scaldarsi insieme quel tepore lo porterà via lontano il vento aquilone. Dove andrà quel che penso di Te e quel che pensi di me? Dove vanno le bellezze tue, una per ogni stagione?” E c’è da tremare al pensiero che al mondo non c’è niente che stia fermo, dunque “dove andrà quel che perdo di Te e quel che perdi di me?”. Così viene chiesto a Marì che fine farà tutto ciò che c’è fra loro. E la risposta, sconsolata, la ritroviamo in quel disperato “tu non sai, non sai Marì, come me tu non sai” che definisce la precarietà e l’imprevedibilità della vita, degli eventi, dell’Amore stesso. “Quante notti che ho perso per Te. Soltanto il Cielo lo sa”. Il concetto del tempo lo ritroviamo, declinato in maniera diversa, anche nella tormentata “Ohi né”, dove fra l’altro si affronta il tema della differenza d’età: “Come sei piccola, piccola mia, come possiamo capirci noi due? Come si può, come si fa? Anni da ridere e piccoli i tuoi, io rido meno nel pieno dei miei”. Un uomo giunto già nell’età matura, abituato a passare da una storia all’altra, a fare in qualche modo il playboy “perché è così che si vive”. Un uomo che, ad un certo punto, s’innamora davvero e inizia a tormentarsi per la paura di “cadere nel peccato del passato” e di far male a quella giovane donna che è entrata di prepotenza nel suo cuore. Ed è lui che, in qualche modo, rimane ferito da tutto questo e da uno “schiaffo innamorato”, che sottolinea ulteriormente lo strazio di un individuo che lotta fra la vita di un tempo e quella nuova a cui vorrebbe dedicarsi. Ma ci riuscirà? Perché, comunque sia, torna sempre a costeggiare il mare del passato “e prima o poi cadrò”. Ne “I ricordi del cuore”, che dà il titolo all’album ed esplode alla messa in onda della soap “Edera”, Amedeo e Pasquale Panella affrontano uno dei temi più importanti della vita di ognuno di noi: i ricordi, appunto. Ad essi viene dato del “Voi” in segno di rispetto, a sottolineare quanto siano importanti e parte integrante della nostra esistenza. I ricordi, “speranze che sperai, sorrisi e pianti miei, promesse di allegria e sogni in cui volai”, i ricordi che "non passano mai, stanno con noi, sono molto più forti di noi, più vivi”. Essi affiorano quando meno ce l’aspettiamo, non ne abbiamo per niente il controllo e siamo destinati ad essere semplici spettatori. A noi non è data la possibilità di decidere quando richiamarli o, al contrario, quando tenerli lontani. Arrivano all’improvviso, quasi spietati, e inondano i nostri pensieri e i nostri occhi d’immagini di ogni tipo. A volte belle, altre tutt’altro che piacevoli. L’unica cosa che possiamo fare è attraversarli e averne rispetto. Col tempo, tuttavia, i ricordi si fanno “del cuore” poiché gli anni mitigano e rendono più sopportabili anche quelli più duri. Quelli che, nel pieno degli avvenimenti, ci dilaniano l’anima dal dolore. Infine dobbiamo dire che, spesso, i ricordi del cuore sono il frutto di come noi stessi li abbiamo trasformati e manipolati attraverso i nostri sensi e i nostri sentimenti. “Ma che buoni quei baci fra noi. Forse tu, non vuoi smettere mai. Per vederti mi bastano gli occhi lucidi. Se ti piace e se ancora tu vuoi nel ricordo, anche senza di noi, tutto torna possibile. Anche Tu sei qui… Qui nel cuore mio”. Continuando a scorrere questo meraviglioso album, arriva il turno de “Il perché non so”, traccia in cui gli autori sottolineano, con una musica a prima vista più “leggera e sbarazzina” ma caratterizzata da un crescendo emotivo abbastanza incisivo, come l’Amore sia imprevedibile e spesso scoppi senza che ce ne rendiamo conto. Fra due innamorati tutto si avvera, le emozioni prendono il sopravvento, la parola “per sempre” come promessa d’amore eterno prende piede: “Stringimi, Amore mio, per sempre”. Ma in tutto questo “il perché non so, non sappiamo… Ma ti amai, io scaldai la tua mano, tutto in noi si avverò”. E come l’amore ha inizio, ecco anche la sua fine: “Finirà, te ne andrai, ed il perché non si sa, non sappiamo”. L’Amore che non ha regole o ingranaggi strani. L’Amore che arriva e che se ne va, senza un apparente motivo. E forse non bisogna chiedersi nemmeno perché, godendo di ciò che s’è vissuto senza pensare a quel che finisce. Perché “Tutto in noi si avverò”, quindi al bando i rimpianti e commutiamo in “ricordi del cuore” quei baci il cui perché non sappiamo. “Vicino vicino”, una delle mie preferite in assoluto del repertorio di Amedeo. Qui parliamo dell’attesa di poter essere così “vicino vicino” alla propria amata da poter fare “nasin nasino” e sapere che “il peggio è passato”, che “son fortunato”, che “non dovrò più morire di freddo e non dovrò più sentirmi un bambino”. Qui assistiamo allo struggimento di un innamorato che aspetta la sua “fine del mondo”, ovvero il momento in cui sarà così vicino alla donna che ama da non dover più temere la sua assenza. “Io non lo so se il cuore è innocente. Io non lo so, ma il resto è niente. E quando sarò vicino vicino, il cuore vorrà legarti un pochino e stringerti a me che tu non respiri”. Un sentimento sul nascere è infatuazione, ma una volta vicini il cuore potrebbe sentire di volersi legare all’altro trasformando l’infatuazione in Amore. Un amore così travolgente e irrazionale da diventare quasi “vendicativo”. Per amore si piange, eccome se si piange! Lo sappiamo su di noi, mi verrebbe da dire da persona sensibile che vive questo sentimento senza sfumature. Dunque, la speranza che leggiamo negli ultimi versi della canzone è che – una volta così vicini da definire quel mo- mento la fine del mondo – questo Amore possa vincere sul tempo: “Ho pianto per Te, oh sembravo un bambino! Non farmi più dire: se Tu fossi qui, oh se Tu fossi qui!” Traccia numero 8 del disco ecco “Vivere vivere”, la canzone apparentemente più spensierata, quella che sembra voler essere una ballata giocosa e divertente. Un ritmo incalzante, che non conosce soste e cattura sin dall’inizio. In realtà viene compiuto un salto in un determinato periodo storico, con dei riferimenti tutt’altro che spensierati e privi di spessore. Si parla di Amore, ovviamente, ma anche del dopoguerra e di quel periodo in cui forte era la voglia di vivere e di lasciarsi andare. In “Vivere vivere”, a proposito di salti indietro nella storia, vengono fatti diversi omaggi o citazioni. Uno al grande attore e regista Vittorio De Sica, la cui voce e le cui immagini aprono la traccia ed il video. L’altro, con tanto di citazione, alla mitica Nilla Pizzi e a quella “Papaveri e papere” con la quale si presentò alla seconda edizione di Sanremo nel 1952. Un Festival unico, dato che per la prima e l’ultima volta, una cantante si aggiudicò tutte e tre i posti del podio con Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna prega. Da questa canzone esce il quadro di un certo periodo storico, con dei riferimenti alle “belle macchine e brutte vie” della “gioventù bruciata” alla James Dean ed al fatto che “piaceva calda la vita, calda e dolce sopra l’amara terra che tremò”. Sullo sfondo l’immancabile storia d’amore corredata dalla normale gelosia perché “Tu piacevi a troppi e Tu piacevi troppo a me” e poi “era amore, mica uno scherzo, che ti squadra, dopo ti incarta, e ti porta via”. Infine il desiderio di spensieratezza e leggerezza tipica del periodo: “Vivere vivere, la vita mia, piccole camere ed amarsi così, certi di essere al mondo, contenti d’amarsi così.” Arriva poi I Ricordi del cuore. L’album si chiude con un omaggio molto delicato e impregnato d’amore per Roma, la città del nostro cantautore preferito, la città eterna di cui la maggior parte di noi s’è innamorato e che c’invidiano in ogni parte del mondo. Il titolo? Semplicemente e giustamente “Roma”. Per fare questo omaggio, Amedeo decide di far scendere in campo una delle attrici più apprezzate del nostro bel Paese: Marisa Merlini. Una donna e una professionista d’altri tempi, una di quelle persone che hanno fatto grande la storia cinematografica italiana e senza le quali tutto è meno di valore. E che Amedeo, durante un monologo nel concerto tenutosi nel 1992 allo Stadio Olimpico di Roma, presenta con queste parole: “L’unica attrice che mi ha dato l’impressione di esistere anche nella vita fu Marisa Merlini”. La Merlini, con la sua voce chiara e rigorosamente in romanesco, recita con passione le parole che poi vengono interpretate anche dal coro de “I ricordi del cuore”. Un pezzo oserei dire lirico, nobile ed elegante. Un pezzo che, proprio per queste caratteristiche, mira ad essere eterno. Come Roma e, in fondo in fondo, come il nostro Amedeo e la sua musica senza tempo! LINK UTILI https://youtu.be/r76VrEVJ6EE https://youtu.be/jsMg4MebD84 (Per sempre) (alcune immagini Edera) https://youtu.be/AlwRZ8vyl70 https://youtu.be/hzJ2Mwp199k (Qualcosa di lei) (Sigla Edera) https://youtu.be/jvy8xVRrt7U https://it.wikipedia.org/wiki/Marisa_Merlini (Marì) (Marisa Merlini) https://youtu.be/JVhwgTpwpUs https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_De_Sica (Il perché non so) (Vittorio De Sica) https://youtu.be/DwKYAAJwxtM https://youtu.be/rI-dkqUPVDs (Ohi né) (Roma con Marisa Merlini + coro) https://youtu.be/IryvGpNxP_8 https://youtu.be/vucqkIxwazQ (Vicino vicino) (Roma versione Olimpico – Amedeo parla della Merlini) https://youtu.be/nUFnHDEDVLc (Vivere vivere) https://youtu.be/rI-dkqUPVDs (Roma recitata da M.Merlini) https://youtu.be/raTXqHYdejQ (Vattene amore – Versione Sanremo) https://youtu.be/v_iW4Coo2rI (Farfallone amoroso) https://youtu.be/MdecyjAWsp0 (Clip ufficiale Un uomo venuto da lon- https://youtu.be/OL_dwkB14WQ (In sogno) tano) CONCORSO LETTERARIO LEGGI IL REGOLAMENTO E PARTECIPA ANCHE TU ALLA REALIZZAZIONE DI QUESTO GRANDE PROGETTO EDITORIALE Concorso letterario i ricordi del cuore Racconta la tua esperienza di vita legata alle canzoni, alle melodie di Amedeo Minghi Cinquantanni di vita artistica. Per la prima volta, sarà il pubblico, a raccontare cosa in questi decenni è accaduto attraverso la melodia di Amedeo Minghi, colonna sonora di ognuno di noi. Quale festeggiamento migliore allora, che esprimere, attraverso un racconto, le nostre emozioni, i ricordi, legati alle centinaia di canzoni che nel tempo sono entrate a pieno titolo ne “il nostro comune passato”. corsi letterari, pena l’esclusione dal concorso. Ogni autore potrà inviare un solo testo. Non potrà superare mezza pagina A4 (documento word corpo del carattere 12). art. 3 I partecipanti dovranno inoltre corredare il componimento di Nome e Cognome o Pseudonimo, data di nascita, recapiti telefonici e indirizzo, zona di appartenenza. REGOLAMENTO art. 1 Il concorso nasce da una idea di Amedeo Minghi ed è presieduto da una giuria tecnica che valuterà i racconti partecipanti al Concorso, previa visione e accettazione del regolamento. art. 2 Il concorso è aperto a tutti: con testi in lingua italiana e straniera (purché con traduzione ITALIANA) che raccontino esperienze di vita, emozioni, ricordi, aneddoti, storie legate alle canzoni e alle melodie di Amedeo Minghi. I testi dovranno essere tassativamente inediti (fino al giorno della pubblicazione) e non premiati in altri con- art. 4 L’iscrizione potrà avvenire solo tramite email entro e non oltre il 20 febbraio 2016 (salvo proroghe). INVIO TELEMATICO - Per l’invio telematico bisognerà trasmettere via e-mail, ovvero all’indirizzo [email protected] art. 5 La partecipazione al Concorso implica la piena ed incondizionata accettazione di questo regolamento e la divulgazione del proprio nome, cognome (o pseudonimo) su qualsiasi pubblicazione. L’organizzazione attraverso la presente adesione acquisisce implicitamente il diritto di pubblicare liberamente e senza alcun vincolo, tutti i componimenti ritenuti idonei. modi che l'artista riterrà opportuni. art. 8 La giuria tecnica, mossa da buon senso, laddove lo ritenesse opportuno, potrà intervenire sulla resa in italiano, di quei testi, che pur ritenuti interessanti, siano carenti per linguaggio e stile. art. 9 La giuria, a suo insindacabile giudizio, poart. 6 trà intervenire quindi con un lavoro di ediLe opere saranno valutate a giudizio in- ting sui testi inviati, potrà ridurli e apporsindacabile e inappellabile della Giuria tare modifiche. tecnica che per motivi di serietà non verrà rivelata fino a giudizio espresso. Per garantire la massima trasparenza e regolarità concorsuale tutti i testi saranno valuta> Accetto che ai sensi del D.Lgs. 169/03, i miei dati ti anonimamente e senza possibilità di ri- siano utilizzati ai soli fini promozionali. Dichiaro inoltre di accettare tutte le norme espresse nel regolamento. In condurli all’identità dell’autore. art. 7 Le opere valutate positivamente saranno inserite in una iniziativa editoriale ufficializzata da Amedeo Minghi, nei tempi e nei caso di iscritto minorenne dovrà essere inviata carta di identità di chi ne esercita la potestà genitoriale. La redazione di Melos saluta affettuosamente i lettori tutti ricordando alcuni aspetti caratterizzanti del percorso artistico odierno di Amedeo Minghi. Abbiamo una profilo Facebook ufficiale di Amedeo Minghi gestito da lui stesso e dal suo staff. Clicca qui e metti “MI PIACE” Un canale Youtube ufficiale. Clicca qui e iscriviti gratuitamente Un sito ufficiale in continuo aggiornamento. www.amedeominghi.info Una Radio Web; Primula web radio Un approfondimento culturale mensile Melos Scrivi anche tu, la Attualmente un Concorso letterario per raccogliere in un progetto editoriale le testimonianze più rappresentative di come la melodia Amedeo Minghi faccia alla tuadi storia legata parte del nostra vita. melodia di A tutto ciò si aggiunge l'impegno costante di Amedeo che in occasione dei suoi 50 ANNI di vita artistica sta lavorando ad un ambizioso progetto discografico. Amedeo Minghi, Restiamo uniti e godetevi questa clip inedita di Amedeo e i giovani partecipa al concorso