Per prepararsi allʹattività sportiva occorre riscaldare i muscoli con lo stretching, o con altra ginnastica. A mano a mano che il ritmo e lʹintensità del lavoro muscolare cresce, la respirazione inizia ad essere irregolare e si comincia a fare fatica. Fino al momento in cui abbiamo respirato bene, è stata fornita ai muscoli, la quantità d’ossigeno che è servita per i processi di produzione d’energia: abbiamo compiuto un lavoro aerobico. Quando lʹallenamento diventa molto intenso, la quantità d’energia richiesta aumenta, ma se non s’introduce abbastanza ossigeno attraverso la respirazione, si produce lʹacido lattico che comincia ad accumularsi nel sangue e nei muscoli (e che verrà poi lentamente smaltito nelle fasi di recupero). Anche la produzione d’anidride carbonica aumenta ed il respiro si fa più intenso. Una respirazione affannosa ed una sensazione diffusa di malessere, segnalano che abbiamo superato la soglia anaerobica. Ciò che distingue il lavoro anaerobico da quello aerobico è appunto la presenza di acido lattico. Si può quindi definire un esercizio ʺaerobicoʺ quando lʹallenamento è al di sotto del punto in cui inizia la produzione di acido lattico, chiamato quindi soglia aerobica.
La tavola che segue, mostra come il battito cardiaco e il respiro aumentino con lʹaumentare del lavoro e come si passi da un utilizzo dei grassi a quello dei carboidrati quando il lavoro diventa più energico. Leggero Moderato Intenso Tipo di sport Camminare Correre Correre velocemente Metabolismo Aerobico Aerobico/Anaerobico
Fonte di energia Grassi/CHO CHO/Grassi CHO/Grassi Battito cardiaco <120 120‐150 >150 Respirazione Normale Si riesce a parlare É difficile parlare Intensità dellʹesercizio Aerobico Dalla tabella si evince come lʹattività aerobica sia il metodo ideale per consumare grasso corporeo. Il Maestro Mauro augura a tutti voi un buon
Natale e felice anno nuovo !!!
Se vuoi scriverci puoi contattare i seguenti indirizzi di posta elettronica: [email protected][email protected] Grazie per la collaborazione Alessandro
DOJO CULTURA E INFORMAZIONE SUL KARATE‐DO
Seishinkan Karate‐Do M°Mauro Mancini A cura di Alessandro Parodi Karate no shugyo wa issho de aru ‐ Il karate si pratica tutta la vita
n°9 - dicembre 2007
Una vita per il karate In questo numero ho pensato di dedicare un piccolo spazio ad un grandissimo Maestro, che spesso mi ha insegnato con la sua sola presenza, quanto importante può diventare un’arte marziale nella vita di una persona e condizionarne l’intera esistenza. Il Maestro Kase lo conobbi tanti anni fa, in una bella giornata di sole primaverile, in quel paese che ospitò per molti anni i suoi preziosissimi seminari. Di corporatura tozza e robusta, capelli bianchi, karate‐gi perfettamente stirato, un sorriso generoso, cordiale e disponibile, il maestro appariva sempre sereno e radioso, nonostante i suoi malanni. Vederlo fuori del dojo, affaticato e dolorante, sostenuto dai suoi allievi, sembrava fisicamente malandato al punto da temere che la lezione saltasse improvvisamente, ma quando saliva sul tatami, con il suo fantastico sorriso, sembrava essersi trasferito in un altro corpo e ogni colpo sprigionava una potenza ed energia tali da far pensare quasi al sovrumano. Era piacevole ascoltare le vicende della sua vita, ammirare quelle tecniche che solo un Maestro come lui aveva la capacità di tirare. Di fronte alla sua grandezza ti sentivi come il primo giorno di palestra, disarmato e inesperto. La figura del M° Kase ha sempre rappresentato, per tutti i praticanti, un esempio di karate che si è mosso su una linea di confine tra il visibile e l’invisibile. La sua speciale figura ha sempre lasciato intendere la possibilità di uno sviluppo dell’arte marziale, che andasse oltre i nostri limiti sensoriali. Nato il 9 febbraio 1929 a Chiba (Giappone), Taiji Kase inizia la pratica dello Judo allʹetà di sei anni; diventa uno dei migliori combattenti per la sua abilità, la velocità d’esecuzione e soprattutto la potenza delle sue tecniche. Nel 1944 il M° Kase, quindicenne e già 2° dan di judo, iniziò la pratica del karate presso il dojo Shotokan di Tokio. La sua formazione avvenne principalmente sotto la guida di Yoshitaka Funakoshi, figlio di Gichin, che influenzò in maniera decisiva tutta la sua carriera e la metodologia d’insegnamento. Il lavoro di Yoshitaka fu caratterizzato, nonostante la sua breve vita, da una fortissima azione evolutiva; infatti, il karate originario d’Okinawa caratterizzato da posizioni alte, movimenti e spostamenti piccoli, fu modificato utilizzando posizioni basse, spostamenti più lunghi ed inserendo delle tecniche innovative come lo yokogeri, il mawashigeri e l’ushirogeri. Queste modifiche furono introdotte al solo scopo di esasperare al massimo l’efficacia delle tecniche. Tale enfasi, era giustificata dallo sforzo bellico che il Giappone stava sostenendo in occasione della II guerra mondiale. Il maestro Kase, durante i suoi seminari, insisteva sempre sulla distinzione “O” Waza, “Chu” Waza, “Ko” Waza, che riguardava sostanzialmente l’ampiezza della tecnica utilizzata e la distanza dell’avversario. Per “O” Waza s’intendono le grandi tecniche: posizioni basse, spostamenti lunghi, ampio caricamento. Sono molto importanti nella fase formativa del karateka perché favoriscono lo sviluppo della potenza, velocità e stabilità. Esse, tuttavia, sono poco utilizzabili in condizioni d’applicazione reale. E’ consigliabile per i livelli più alti (sandan) concentrarsi ed allenare più assiduamente le tecniche “Ko”, caratterizzate da posizioni più corte, spostamenti minimi e tecniche anch’esse corte. In attacco, così come in difesa, il Maestro sosteneva l’importanza di due principi: seite e hente. In seite (quello maggiormente utilizzato), la tecnica consiste nell’adoperare un braccio per eseguire la parata e quello opposto per contrattaccare. In hente si usa lo stesso braccio per parare e contrattaccare. La tecnica di seite è spesso riconducibile all’O‐Waza, mentre quella di hente e strettamente connessa al Ko‐Waza. Secondo Kase anche la nostra capacità respiratoria va esercitata adeguatamente. La respirazione, al pari della muscolatura, deve essere allenata così come i nostri muscoli sono allenati alla velocità, alla forza ed alla resistenza. La nostra respirazione, deve provenire dall’addome (“hara”) e non, come comunemente siamo abituati a fare, dal torace. Per far ciò occorre che la nostra espansione polmonare deve avvenire comprimendo il diaframma verso il basso. Ecco alcune modalità di respirazione, descritte dal Maestro Kase, che è possibile adottare durante l’esecuzione delle tecniche: 
Inspirazione ed espirazione, molto lente 
Inspirazione lenta ed espirazione esplosiva 
Inspirazione rapida ed espirazione lenta 
Inspirazione “istantanea” ed espirazione “esplosiva” 
Inspirazione “istantanea” ed espirazioni “esplosive” multiple in rapida successione 
Inspirazione “istantanea” ed esecuzione di una o più tecniche trattenendo il respiro (apnea) Con la pratica costante, il karateka esperto utilizzerà normalmente quella a lui più consona, in base alle circostanze esterne ed alle proprie caratteristiche. In un’intervista il Maestro Kase affermò, a proposito della respirazione che “Lʹimportanza dellʹHara (punto situato a circa tre centimetri sotto Tecnica Shuto, con caricamento O‐Waza lʹombelico) nel Budo ha due origini: da un lato deriva dalla meditazione Zen. Nello Zen si scoprì che dopo la respirazione ordinaria o pettorale, a livello dei polmoni, esisteva un metodo per far scendere lʹaria mediante la respirazione verso il centro del corpo, fino allʹHara. Questo dava una maggiore stabilità e più facilità per controllare lʹinterno del corpo: i movimenti miglioravano notevolmente. Dallʹaltra parte cʹerano i Samurai ed alcuni di loro sperimentarono che, se invece di utilizzare la forza muscolare delle spalle, si utilizzava una stabilità più puntata verso il basso, vale a dire verso lʹHara, le tecniche divenivano più efficaci e con più possibilità di successo. Dato che già esistevano il Kendo, lo Ju‐
Jutsu, ecc. in Giappone come Arti del Budo, poco a poco si seguì questo cammino anche nel Karate‐do. Si utilizzò perciò, la respirazione in questo modo: comprimere lʹaria verso lʹHara, mantenerla lì compressa ed utilizzare questʹenergia extra come forza esplosiva per la realizzazione delle tecniche. Respirando correttamente verso lʹHara e facendo questa compressione, potremmo generare una forza esplosiva indipendentemente dalla tecnica, per esempio nel Sambon‐Tsuki, nel Sandan‐Tsuki o negli esercizi in Hente (tecniche concatenate con lo stesso braccio), le quali non si potrebbero realizzare con efficacia con una respirazione a livello del petto, né con la forza muscolare delle spalle. La massima efficacia è possibile solo con la forza esplosiva che genera la respirazione, la stabilizzazione e la compressione nellʹHara.” Il Maestro Kase, il giorno 24 novembre 2004 entra ancora di più nella leggenda, e ci lascia una grandissima eredità, che è soprattutto l’aver dedicato tutta la sua vita allo studio del karate. Arigato Gozai Mashita Maestro Kase. Alimentazione e sport Il corpo umano è una macchina complessa che ha la capacità di eseguire contemporaneamente una notevole quantità di funzioni, dove cellule e tessuti comunicano le une con gli altri e tutte le attività sono coordinate tra loro. Il mio cuore batte e pompa il sangue, lʹintestino assorbe i nutrienti, i polmoni estraggono ossigeno dallʹaria, i muscoli delle mani pigiano i tasti della tastiera, il cervello si concentra su ciò che devo scrivere ed elabora le informazioni. Il nostro corpo, dunque, affronta una certa attività anche quando non fa assolutamente nulla. Nel momento in cui il ritmo cambia e lʹattività fisica aumenta, i muscoli hanno bisogno di maggior ossigeno, di più nutrienti, lʹattività metabolica s’incrementa e si produce una quantità maggiore di sostanze di scarto. Come avviene tutto questo? La piramide degli alimenti Lʹalimentazione è il nostro carburante, il mezzo attraverso cui lʹuomo introduce ed assimila, oltre ai nutrienti, anche lʹenergia di cui ha bisogno. Partendo da questi semplici concetti, risulta chiara lʹimportanza dellʹalimentazione in particolare per chi fa sport. L’allenamento, la concentrazione, lʹimpegno, non bastano per migliorare la prestazione se al momento opportuno lʹorganismo, non può disporre di riserve energetiche, per sostenere la competizione, o se i carichi sostenuti dal muscolo lo hanno troppo affaticato. Eʹ inevitabile un compromettente calo di rendimento. Va considerato inoltre il fatto che lʹalimentazione dello sportivo non è molto diversa da quella bilanciata seguita da un soggetto sedentario. La differenza riguarda principalmente la quantità di calorie, che deve essere introdotta quotidianamente, per soddisfare la maggior richiesta d’energia determinata dallʹaumento del lavoro muscolare. A qualsiasi livello lʹattività è praticata, il modo di alimentarsi è fondamentale per una buona riuscita della performance sportiva e soprattutto per garantire la salute. Cattive abitudini legate al cibo, una dieta monotona, una cultura alimentare insufficiente, possono, infatti, non solo aumentare il rischio di sviluppare vari tipi di malattie ma anche, più in generale, portare ad una scarsa efficienza dellʹorganismo. Con il termine “Alimentazione bilanciata” ci si riferisce, infatti, a quel tipo di dieta che mira ad introdurre ogni giorno una buona varietà di alimenti ‐ cereali, legumi, carne, latte, frutta e verdura – ed essere quindi certi di assumere tutti i nutrienti di cui si ha bisogno, sia lo sportivo sia il soggetto sedentario che non pratica sport. Il fabbisogno calorico di uno sportivo può oscillare dalle 2.000 alle 5.000 kcal al giorno, a seconda del sesso, dellʹetà e dellʹintensità e durata dello sforzo sostenuto. Consumando più alimenti, aumenta anche la quantità di sali minerali e vitamine introdotte. Spesso, quindi, è superfluo, ad esempio, ricorrere agli integratori; basta solo rispettare, come in tutte le diete bilanciate e armoniche, la giusta ripartizione tra i nutrienti. Chiunque pratichi attività sportiva dunque, sia a livello amatoriale, sia agonistico, ha bisogno di alimentarsi seguendo determinati criteri. La scelta degli alimenti, prima della prestazione, deve consentire allo sportivo un rendimento ottimale nell’intero arco della stessa, perciò le fonti energetiche saranno scelte in relazione al tipo di disciplina sportiva. Possiamo distinguere sostanzialmente due tipi d’esercizi principali compiuti durante un’attività sportiva: esercizio o sport aerobico ed esercizio o sport anaerobico. Il primo implica unʹattività moderata che utilizza ossigeno per fornire lʹenergia necessaria alla contrazione muscolare. Si parla di lavoro aerobico, infatti, quando lʹintensità dellʹesercizio è leggera, o al massimo, moderata come durante la corsa lenta, la marcia di buon passo, il nuoto prolungato, la bicicletta su percorso pianeggiante, la cyclette, ecc. Si parla invece di lavoro anaerobico quando lʹattività prescelta implica sforzi intensi e di breve durata, con una possibile formazione d’acido lattico che si accumula nel sangue, come nello squash, nel salto in lungo, nei 100 e 200 metri, ecc. 
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