DOJO CULTURA E INFORMAZIONE SUL KARATE‐DO
Seishinkan Karate‐Do M°Mauro Mancini A cura di Alessandro Parodi Karate no shugyo wa issho de aru ‐ Il karate si pratica tutta la vita
n°10 - gennaio 2008
La forma del karate Abbiamo avuto modo di vedere come il kata nel karate, sia considerato un esercizio individuale fondamentale, che rappresenta un combattimento reale contro più avversari immaginari. Nella lingua giapponese, la parola kata, che nellʹantichità assumeva il significato di simbolo per enfatizzarne il contenuto spirituale, assunse in seguito quello più semplice di forma, ossia un succedersi di tecniche di parata e attacco prestabilito, da esercitare con la stessa costanza prevista per il kihon. Il kata, se non ci si ferma all’aspetto estetico, è un vero combattimento e come tale deve esprimere strategia e tecnica. Racchiude in sé sia lo studio delle tecniche fondamentali (kihon), che il ritmo e la tattica del combattimento (kumite). Si può affermare che studiare i kata equivale a studiare il karate nella sua completezza. Nei kata risiede tutto il karate, e le caratteristiche d’ogni singolo stile possono essere comprese appieno soltanto dallo studio dei kata propri dello stile medesimo. Lo studio dei kata non è esclusivo delle arti marziali ma comprende tutte quelle arti orientali che hanno come obiettivo il dō: ju‐dō (via della cedevolezza), ken‐dō (arte della spada), kyu‐dō (arte del tiro con lʹarco), aiki‐dō (unire lʹenergia), ma anche sho‐dō (calligrafia), ka‐dō (composizione floreale) e sa‐dō (cerimonia del tè). In tutte queste discipline ci si propone di fondere, attraverso la respirazione, corpo e mente eseguendo una predeterminata sequenza di gesti, per raggiungere una più elevata condizione spirituale. Nellʹesecuzione dellʹesercizio, riveste grande importanza la qualità formale delle singole tecniche, delle posizioni e degli spostamenti. Ogni kata presenta delle caratteristiche peculiari che lo differenziano dagli altri in maniera palese (tecniche e loro sequenza), e aspetti più intimi che sfuggono alla comprensione più immediata. I maestri che li hanno creati hanno spesso volutamente mascherato il significato di alcuni passaggi, per evitare che altri se ne impadronissero. Nel periodo in cui ad Okinawa era proibito praticare arti marziali, i kata vennero, infatti, mimetizzati in semplici danze dall’aspetto innocuo. Lʹesecuzione di un kata nel karate deve seguire alcuni punti fondamentali. Ogni kata inizia e finisce col saluto (rei), il quale testimonia l’atteggiamento mentale dellʹesecutore, che da quel momento esprime tutta la sua forza interiore e la massima attenzione (zanshin). Tutte le tecniche devono essere portate con un corretto uso della respirazione e della contrazione addominale (kime) che, in due particolari momenti, esplodono nel kiai. Dimenticare il grido o eseguirlo fuori tempo è indice d’emotività, ed è considerato un errore. Gli spostamenti e i cambi di direzione di ogni kata, seguono un tracciato immaginario (embusen) dove, se viene eseguito correttamente, il punto di arrivo del kata corrisponde a quello di partenza. Ogni karateka deve individuare un tukui kata (forma preferita), scelto in funzione dellʹobiettivo da raggiungere: esame, gara o miglioramento tecnico. Il tukui kata deve quindi cambiare nel tempo per le diverse fasi d’evoluzione del praticante. Lo stile shotokan attinge dalla tradizione dello Shuri ‐ Te, conservando e codificando una trentina di kata. Quindici di questi, considerati la base dello stile, derivano dalle modifiche apportate a scopo didattico dal Maestro Yasutsune ʺAnkoʺ Itosu, allievo del leggendario Sokon ʺBushoʺ Matsumura e a sua volta maestro di Gichin Funakoshi. Si tratta, pertanto, di kata rielaborati nei quali sono certamente visibili le connessioni con i kata originari dello Shuri ‐ Te, ma che tuttavia risultano profondamente diversi da questi ultimi, rappresentandone delle ʺstilizzazioniʺ di abbellimento successive e funzionali allʹaddestramento degli allievi. I quindici kata rielaborati dal Maestro Itosu e ripresi dal Maestro Funakoshi sono: i cinque Heian (così rinominati da Itosu dallʹoriginaria dizione ʺPin‐Anʺ); i tre Tekki; Jion; Jitte; Empi; Hangetsu; Nijushiho; Gankaku; Chinte. I kata tradizionali derivano da due tipologie stilistiche originarie, non inquadrabili in veri e propri stili: Shorin e Shorei, lʹuno caratterizzato da maggior agilità e velocità di spostamento, quindi più adatto ai combattimenti a lunga distanza, lʹaltro basato su tecniche potenti e posizioni stabili e quindi più adatto ai combattimenti ravvicinati. Dieci elementi del kata 1. Stato mentale. Stato di concentrazione in cui il karateka deve immergersi dal momento in cui inizia il kata. Eʹ simile a quello che ha un cacciatore quando si trova in una foresta di animali feroci e si aspetta di essere attaccato. 2. Attacco e difesa. Ricordare durante l’esecuzione questi due aspetti. 3. Forza. Ogni momento e posizione richiede esattamente una specifica forza e uno specifico grado di potenza da impiegare.
4. Velocità. Ogni tecnica e posizione richiedono una specifica velocità. 5. Concentrazione. Ogni posizione e tecnica richiedono un grado di contrazione ed espansione dei muscoli del corpo. 6. Respirazione. La respirazione deve essere controllata e deve essere sempre in perfetta sintonia con ogni movimento. 7. Significato. Eseguire ogni tecnica come se si stesse effettivamente combattendo, rendendo realistico il kata. Ciò è possibile soltanto ricordando il significato d’ogni movimento e visualizzarlo mentalmente. 8. Unione corpo‐mente. Attraverso il Kiai, il karateka esprime il suo spirito combattivo; il kiai è parte del kata e va eseguito nei punti prestabiliti. 9. Posizione. In ogni azione del Kata si deve tenere la giusta posizione. Eseguire delle posizioni sempre uguali e corrette, ci permette di tornare esattamente alla linea di partenza (Embusen) una volta terminato il kata. 10. Guardia. Stato mentale di allerta da tenersi al termine del kata prima di ritornare allo stato di IOI, eseguire il saluto e rilassarsi (Yame). Kata di base Kata di specializzazione 1.
Taikyoku ‐ Prima causa (Shorin) 1. Jitte ‐ Dieci mani (Shorei) 2.
Heian Shodan ‐ Mente pacifica n.1 (Shorin) 2. Tekki Nidan ‐ Cavaliere di ferro n.2 (Shorei) 3.
Heian Nidan ‐ Mente pacifica n.2 (Shorin) 3. Gankaku ‐ Gru sulla roccia (Shorin) 4.
Heian Sandan ‐ Mente pacifica n.3 (Shorin) 4. Bassai‐sho ‐ Penetrare la fortezza (Shorin) 5.
Heian Yondan ‐ Mente pacifica n.4 (Shorin) 6.
Heian Godan ‐ Mente pacifica n.5 (Shorin) 7.
Tekki Shodan ‐ Cavaliere di ferro n.1 (Shorei) 5. Kanku‐sho ‐ Scrutare il cielo (Shorin) 6. Tekki Sandan ‐ Cavaliere di ferro n.3 (Shorei) 7. Sochin ‐ Forza e calma (Shorei) 8. Unsu ‐ Mani di nuvola (Shorin) Kata di stile 9. Nijushiho ‐ Ventiquattro passi (Shorei) 1.
Bassai‐dai ‐ Penetrare la fortezza (Shorin) 2.
Jion ‐ Amore di Budda e riconoscenza (Shorei) 3.
Hangetsu ‐ Mezza luna (Shorei) 4.
Empi ‐ Volo di rondine (Shorin) 5.
Kanku‐dai – Scrutare il cielo (Shorin) 10. Gojushiho‐sho ‐ Cinquantaquattro passi (Shorei) 11. Gojushiho‐dai ‐ Cinquantaquattro passi (Shorei) 12. Chinte ‐ Mano straordinaria (Shorei) 13. Meikyo ‐ Specchio luminoso (Shorei) 14. Jiin ‐ Tempio dellʹamore di Budda (Shorei) 2
15. Wankan ‐ Corona di Re (Shorei) Appunti di storia del karate Lezione n. 4 – La scuola tomarite del M° Chotoku Kiyan Nelle lezioni precedenti abbiamo analizzato come il Te, dal 1870, anno in cui Okinawa cade sotto l’influenza dello Stato giapponese moderno, perde la sua caratteristica esoterica e inizia ad essere insegnato in modo più aperto e alla luce del sole. I maestri cominciano a viaggiare in Cina per approfondire le loro conoscenze e nascono le prime vere scuole: Nahate (Mano di Naha) e Shurite (Mano di Shuri) cui si affiancherebbe la Tomarite (Mano di Tomari), le quali andranno in seguito a caratterizzare quelle che saranno considerate le due correnti principali del karate di Okinawa: Shorei‐Ryu e Shorin‐Ryu. Shurite e Tomarite contribuiranno alla formazione dello Shorin‐Ryu o “Stile della giovane foresta” mentre il Nahate determinerà lo Shorei‐Ryu o “Stile dell’ispirazione”. Abbiamo visto come la Shuri‐te, la scuola del M° Sokon Matsumura, considerato il primo maestro a dare al karate una struttura definita ed organica, si sviluppa attorno al castello del sovrano, nella città di Shuri. La Tomari‐
te invece, fortemente influenzata dallo stesso Matsumura e capeggiata dal suo allievo Chotoku Kiyan (1870‐1945), si sviluppa nei pressi della città omonima, vicina a Shuri e precisamente nelle zone del porto. Le due scuole sono considerate un prodotto della cultura d’Okinawa, mentre la Naha‐te, dove primeggiava Higahonna (1852‐ 1915), fu considerata la scuola dei cinesi residenti nel villaggio di Kume e aveva la sua sede a Naha, la capitale dell’isola. Lʹimportanza storica dellʹarte di Matsumura sta nel fatto che vi si può scorgere lʹintegrazione di tre elementi culturali: 1. La tradizione del te o de, che e lʹinsieme delle tecniche di combattimento praticate dagli abitanti d’Okinawa; 2. Lʹarte giapponese della spada della scuola Jigen‐ryu; 3. Lʹarte cinese del combattimento. Della Tomari‐te si sa ben poco di preciso, poiché riguardava le zone portuali e quindi le classi sociali più basse. Della linea Naha, allievi di Higahonna furono: Miyagi Chojun (1888‐1953), fondatore della linea Goju, Mabuni Kenwa (1889‐1952), fondatore della linea Shito. Della linea Shuri, allievi di Matsumura furono: Anko Asato (1828‐1906), consigliere del re di Okinawa, Anko Itosu (1830‐1915), Kentsu Yabu (1866‐1937), ufficiale nellʹarmata giapponese ed eroe di guerra, Chomo Hanashiro (1869‐1945), Chotoku Kiyan (1870‐1945) ed anche lo stesso Mabuni Kenwa. Chotoku Kiyan nacque a Shuri nel dicembre del 1870 ed era il primo figlio di Chofu Kiyan, discendente del quarto re Ryukyuan Shoshi. Sin dalla nascita Kiyan si rivelò essere un bimbo molto fragile, ma attraverso la pratica delle arti marziali riuscì a diventare un adulto forte e la sua salute migliorò notevolmente. Cominciò lo studio del karate‐do all’età di cinque anni. Per la sua gracilità era soprannominato “Chan mig‐wa” ossia “Kiyan occhio piccolo” per via dei suoi occhi piccoli e la debole vista. A dispetto di questo handicap diventò comunque un gran maestro. Egli è considerato, infatti, uno dei più abili ed esperti maestri del suo tempo, avendo studiato entrambi gli stili Shurite e Tomarite. Lo Shurite lo studiò sotto il maestro Matsumura e Anko Itotsu, mentre il tomarite da Oyadomari Peichin, Maeda Peichin e Kosaku Matsumora. Gli insegnamenti di Kiyan combinavano gli elementi di entrambi questi stili di karate, fino a diventare un vero e proprio stile chiamato dai suoi studenti inizialmente Mi‐gwa‐te, successivamente ribattezzato “Sukunaihayashi‐ryu”. Kiyan amava molto viaggiare e durante la sua carriera soggiornò per un periodo a Taiwan, dove imparò il kata Ananku che poi portò ad Okinawa. Visitò inoltre una delle isole‐confine, dove insegnava il maestro Tokumine Pechin, dal quale apprese Tokumine no Kun; il kata di Bo 3
(bastone). Tokumine Pechin era un signore d’Okinawa che era stato messo al bando alle isole Yaeyama, dopo essere stato coinvolto in un combattimento con trenta contestatori nel quartiere a luci rosse. Chotoku Kiyan visse a Shuri fino all’età di trent’anni dopodichè si trasfeì a Kadena, dove aprì il suo dojo. Visse nel villaggio di Yomitan, dove un karate‐ka chiamato Yara gli insegnò il Kusanku kata. Oltre a quest’ultimo, che presto divenne il suo preferito, imparò anche altri kata da altri importanti maestri: Sokon Matsumura gli insegnò Naihanchi e Gojushiho, da Kosaku Matsumura invece imparò Seisan, mentre Oyadomari gli trasmise Passai e Maeda il kata Wanshu. Kiyan in seguito sviluppò delle versioni personali dei kata Chinto e Passai, e imparò uana forma di combattimento sugli alberi, osservando la danza della scimmia d’Okinawa “saru mari”. A causa della sua reputazione, Kyan è stato spesso contestato. Si presume che egli abbia effettivamente combattuto molte lotte, ma che non sia mai stato sconfitto. Kyan era molto abile nello spostamento del corpo, e poiché era di corporatura molto piccola, utilizzava spesso il tai sabaki per sconfiggere il suo avversario. La sua tecnica consisteva nel non arretrare mai di fronte ad un attacco, ma piuttosto andare avanti rapidamente e colpire, o bloccare e contrattaccare immediatamente. Kyan amava molto assistere ai combattimenti dei galli e spesso vi partecipava portando il proprio animale. Un aneddoto, che rivela Chotoku Kiyan (1870‐1945)
qualcosa in più delle abilità di Kiyan come praticante d’arti marziali, racconta che, in una particolare occasione, durante uno di questi combattimenti, Kiyan aveva deciso di assistere con il suo gallo ben saldo sotto il braccio. Durante il combattimento, i suoi due studenti, – i migliori del dojo che non si separavano mai da lui ‐ Arakaki e Shimabuku, decisero di testare le abilità del loro maestro, e a tal proposito cominciarono a provocare alcuni uomini che erano sul posto, senza farsene accorgere. Una volta che la lotta cominciò i due studenti scapparono e si nascosero in alcuni cespugli, lì vicino. Quando Kyan, attirato dal trambusto, andò a vedere che cosa stava accadendo, cercando di trovare gli studenti che aveva perso di vista, gli uomini furibondi lo attaccarono. Kyan, si dice, combatté con gli uomini e li sconfisse tutti. La particolarità di quest’aneddoto è stata che, durante tutta la lotta, Kyan aveva mantenuto una solida presa con una mano per evitare di perdere il suo gallo, mentre con l’altra mano e con i piedi aveva combattuto contro i suoi avversari. Arakaki e Shimabuku, da dietro i cespugli videro tutta la scena e rimasero stupiti per la competenza e compostezza del loro maestro. Kyan era fortemente influenzato dallʹantico codice del Bushido e riteneva che ogni praticante d’arti marziali doveva seguirlo in maniera totale. Era un perfezionista e molto disciplinato, sia per quanto riguarda la propria formazione che l’insegnamento. Egli credeva che l’auto‐
disciplina e l’ordine sociale e la giustizia andassero di pari passo. Kiyan è stato detto di essere lʹapplicazione della legge nel suo paese. In quel periodo non cʹera né una legislazione uniforme, né un sistema d’applicazione delle leggi. Questa responsabilità era affidata al Maestro del villaggio, considerato una sorta d’autorità. Kiyan credendo nell’ordine sociale e convinto che questo dovesse essere perseguito tramite l’auto‐disciplina, cercava molto duramente di instillarla nel dojo ai suoi studenti. Kiyan è molto famoso per la sua citazione, ʺLotta con la schiena drittaʺ. Egli era inoltre solito affermare che ʺuna condizione superiore può solo essere costruita mediante un instancabile sforzo. La dimensione del proprio corpo è irrilevanteʺ. Il maestro Chotoku Kyan è morto ad Ishikawa City, Okinawa, il 20 settembre 1945 ‐ aveva 76 anni. Se vuoi scriverci puoi contattare i seguenti indirizzi di posta elettronica: [email protected] [email protected]
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Grazie per la collaborazione Alessandro 
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