A.A. 2010-2011
Filosofia del diritto 2
Prof. Adriano Ballarini
Filosofia del diritto A-L A.A. 2010/2011
Primo Semestre
Titolo del Corso
Trasvalutazione dei valori e Ontologia giuridica.
L’ordine giuridico moderno di fronte alla Politica del
governo planetario di Nietzsche.
NOTE INTRODUTTIVE
N.B. Le schede sono a fini didattici. Esse costituiscono il materiale di riferimento delle lezioni svolte
nel corso come introduzione al saggio Trasvalutazione dei valori e Ontologia giuridica, in
pubblicazione presso Giappichelli Ed., nel volume AA.VV. Percorsi di filosofia del diritto negli ultimo
due secoli. Le schede vanno inevitabilmente integrate, quanto al contenuto dei termini e per la
spiegazione delle affermazioni e della successione dei passaggi, con l’intero corso di lezioni
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Delimitazione dei confini di una ricerca sul diritto sul piano della realtà
storica, geografica, istituzionale.
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Delimitazione-A
Considerato come realtà storico- geografica,
il diritto è l’istituzionalizzazione di una specifica
condizione di esistenza.
A questa condizione, che determina in modo specifico l’intero
modo dell’abitare, nell’area storico-geografica alla quale
apparteniamo (europeo-occidentale), è stato storicamente dato il
nome di
a. condizione dell’uomo Subjectum,
b. condizione dell’uomo Soggetto.
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Delimitazione-B
Subjectum e Soggetto: visti come specifiche condizioni di
esistenza ed oggetto di garanzia giuridica, sono per noi i
termini della trasformazione storica dello spazio giuridico
reale che conosciamo come passaggio
dal GIUSNATURALISMO al POSITIVISMO GIURIDICO.
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Delimitazione-C
Questo passaggio, storicamente iniziato con l’Umanesimo giuridico (XV
Sec.), vede attuarsi una radicale trasformazione
- della giustificazione dell’Autorità,
- del sistema delle fonti di diritto,
- della struttura del sociale,
-della situazione individuale e relazionale dell’uomo.
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Attraverso questo passaggio, si imposta ed inizia a svilupparsi nell’area
europea continentale una forma originaria di organizzazione giuridica
del potere.
A. Istituzionalmente, nasce lo Stato moderno.
B. Esistenzialmente, compare l’uomo Soggetto.
C.Giuridicamente, alla garanzia della differenza (imposta di diritto dal
naturale ordine delle cose) si sostituisce la garanzia dell’uguaglianza
(imposta come condizione dal fatto che al diritto si riconosce ormai
esclusivamente una legittimazione materiale).
Alle questioni classiche della verità e della giustizia, si sostituisce, come
prioritaria, la questione del rapporto tra individuo e potere.
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Glossario
Subjectum-Soggetto. Nell’area storico, geografica,
istituzionale alla quale apparteniamo, questi termini
definiscono la condizione di esistenza dell’uomo
garantita, rispettivamente, dall’ordine giuridico classico
e dall’ordine giuridico moderno.
In generale, essi indicano la situazione giuridica nella
quale l’uomo ha valore e dunque diritti solo in quanto
parte-di (ceto, corporazione, ordine delle cose) e quella
nella quale ogni uomo vale ed ha diritti per il semplice
fatto che è e così come materialmente si ritrova
(famiglia, etnia, luogo…).
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Glossario
Sul piano di una prima, provvisoria ed iniziale definizione,
A. è Subjectum l’uomo dell’ordine giuridico classico,
perché, ciò che questo ordine garantisce è un destino
della necessità (sociale, individuale, storico) al quale
uomo e cose sono assoggettati;
B. è soggetto l’uomo dell’ordine giuridico moderno,
perché, ciò che questo ordine garantisce è che nulla di
ciò che attiene alla situazione materiale (sociale,
individuale, storica, naturale) sarà mai giuridicamente
garantito come destino della necessità.
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Glossario
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Destino della necessità.
A. Storicamente, oggetto della garanzia dell’ordine giuridico classico.
B. Teoricamente, situazione riconoscibile in ogni modo o forma di
esistenza ontologica.
C. In generale, condizione di esistenza all’interno della quale lo status
dell’uomo è comunque e senza alternativa quello di Subjectum..
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Glossario
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Assoggettamento dell’uomo ad un destino della necessità.
Condizione nella quale l’uomo si ritrova
A. ogni qual volta ad un dato (storico, individuale, sociale,
naturale) viene giuridicamente conferito il potere di imprimersi
nell’esistere in modo immodificabile ed invalicabile (nascita,
sesso, famiglia, ceto, etnia, religione), così da identificare e
qualificare uno status specifico (nobile, plebeo, legittimo,
illegittimo), status determinante l’ intera esistenza come
carattere indelebile della stessa;
B. ma anche ogni qual volta il giuridico ha in generale il modo
d’essere di garanzia di dati, fatti o valori trattati come assoluti.
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Principi metodologici-1
Troviamo e riconosciamo l’uomo nella condizione di Subjectum in
tutti i casi nei quali, l’ordine giuridico garantisce a qualcosa il
carattere dell’immutabilità, sia questo un dato storico, sociale,
istituzionale, etnico, religioso, scientifico, temporale. Destino della
necessità e Subjectum, sono realtà storicamente impostesi nell’area
europea occidentale. Non configurano tuttavia una condizione di
esistenza che può ritenersi tramontata. Essi vanno piuttosto compresi
come modi d’essere sempre possibili, come maniere di esistere.
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Principi metodologici-2
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Posti di fatto tra queste coordinate, esse costituiscono per noi i
confini primari e non cancellabili per ogni nostra ricerca che abbia
come oggetto il diritto che è.
Ogni qual volta dunque trattiamo di diritto
noi
a. facciamo comunque innnanzitutto riferimento ai due ordini
giuridici che, nell’area geografica alla quale apparteniamo, si
sono storicamente imposti;
b. attraverso questi ordini facciamo riferimento a due specifiche
condizioni di esistenza storicamente determinatesi e che quegli
stessi ordini garantiscono giuridicamente;
c. trattando di specifiche condizioni di esistenza, trattiamo, non di
semplici dati storici e neanche di verità, ma di maniere di esistere
e delle loro condizioni di realtà.
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Principi metodologici-3
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Se, allora, trattiamo di diritto, e lo facciamo attenendoci ai fatti, valgono
per noi almeno tre coordinate principali.
A. Innanzitutto, trattando di diritto noi trattiamo dell’ordine giuridico
moderno, e questo
semplicemente perché per noi un diritto è diritto positivo
quando
a. poggia su una legittimazione materiale dell’autorità e
b. ha come perno la garanzia dell’uguaglianza nella diversità.
B. Trattando dell’ordine giuridico moderno, inevitabilmente trattiamo del
passaggio dal Subjectum al Soggetto, e questo perché è da questo
passaggio che esso stesso nasce.
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Principi metodologici-4
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C. Su questa base, quando trattiamo di ordine giuridico moderno,
il che significa, per noi, del diritto reale che è,
a. noi trattiamo innanzitutto di un fatto storicamente accertabile:
dell’oltrepassamento giuridico, sociale, esistenziale dell’uomo
Subjectum;
b. trattiamo, contemporaneamente, dei modi, delle forme e delle
condizioni attraverso cui si è attuato questo oltrepassamento;
c. trattando di Subjectum e di Soggetto come due specifiche
condizioni di esistenza noi trattiamo dei modi, delle forme, delle
condizioni che rendono giuridicamente reale l’una al posto
dell’altra;
d. se tutto questo ci interessa è perché così storicamente siamo
entrati nella condizione di Soggetto e nell’ordine giuridico al
quale di fatto apparteniamo.
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Prime tesi guida per una ricerca sul diritto trattato sul piano della realtà storica, geografica
istituzionale.
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A. Nel campo storico, geografico, istituzionale al quale apparteniamo,
passare dalla condizione di Subjectum a quella di Soggetto significa
oltrepassare quella che storicamente si è imposta come condizione
ontologica.
B. Trattando di ontologia e del suo oltrepassamento, trattiamo in modo
specifico di positività del diritto,
di quel diritto storico
il cui obbiettivo è garantire per l’uomo le condizioni di realtà attraverso le
quali assume la condizione di Soggetto, e lascia quella di Subjectum.
C. Per il diritto storico, che noi facciamo coincidere con i modi e le forme
dell’ordine giuridico che si instaura nell’Europa continentale a partire dal
XV sec., l’oltrepassamento della ontologia vale come principio
metodologico fondamentale attraverso il quale si configurano, si
riconoscono e si attuano le condizioni di realtà necessarie perché l’uomo
sia un Soggetto, e non un Subjectum.
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Prime linee guida per una ricerca sull’ordine giuridico moderno trattato come realtà storica,
geografica, istituzionale.
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Sul piano delle condizioni di esistenza, destino della necessità,
uomo Subjectum, ontologia, indicano la stessa maniera di
esistere: hanno lo stesso modo d’essere, gli stessi caratteri, si
affermano alle stesse condizioni. L’ontologia è la condizione di
esistenza che assoggetta l’uomo ad un destino della necessità. I
modi e le forme di assoggettamento dell’uomo a destini della
necessità sono modi e forme di una esistenza ontologica.
Giuridicamente, garantire, o non garantire questi modi e queste
forme significa garantire un uomo per diritto assoggettato al
destino della necessità, o, al contrario, un uomo che niente ha il
diritto di assoggettare ai modi ed alle forme di un simile destino.
L’oltrepassamento della ontologia giuridica, cioè di qualunque
ordine giuridico che garantisca condizioni di esistenza determinate
da destini della necessità, è il principio di realtà del passaggio,
dalla maniera di esistere nel modo del Subjectum, alla maniera di
esistere nel modo del Soggetto.
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Inizio di definizione di che cosa deve intendersi per ontologia e prime linee per
comprendere i caratteri di quella che va considerata ontologia giuridica.
Ontologia: pre-comprensione del senso dell’essere
determina una specifica condizione di esistenza.
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che
Pre-comprensione del senso dell’essere:
giudizio su quale sia l’essere nel quale è
possibile sentirsi realmente esistenti.
Pre-comprensione
ontologica:
la
fattualità è estraniante, l’essere, nel
quale è possibile sentirsi realmente
esistenti, è l’essere che assicura da
questa estraniazione.
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Punto di partenza della ontologia e conseguenze del giudizio sulla fattualità posto dalla
ontologia a base di ogni comprensione dell’essere. Elementi base di quella che può essere
definita dinamica ontologica.
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L’ontologia muove da un dato che considera di esperienza primaria: la
fattualità, essa rileva, configura, per l’uomo, una situazione estraniante. La
situazione definita fattuale, afferma cioè, quella dell’essere così come
immediatamente si dà, dell’essere di per sé mutevole, occasionale, precario,
accidentale, seriale, questa situazione, al di là di ogni considerazione, è
tale che, in essa, mai l’uomo potrà sentirsi a casa propria. Da qui, per
l’ontologia, la necessità, imposta dagli stessi fatti, di un giudizio sul divenire,
di una sentenza sull’essere così come immediatamente si dà e nel quale
l’uomo di fatto si ritrova: se il divenire di per sé non è abitabile, è la
conclusione, ciò è perché esso non è quello che l’uomo deve trattare come
proprio essere, se non è abitabile, ciò è perché l’uomo deve muovere
costantemente verso altro dal divenire stesso, vedendo solo questo altro
come il suo reale proprio essere, cioè come l’essere nel quale può sentirsi a
casa propria, non estraniato, realmente esistente.
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La descrizione dei fatti dalla quale muove l’ontologia poggia su una
specifica pre-comprensione del senso dell’essere, pre-comprensione, non
teorica o conoscitiva, bensì vissuta nella differenza tra condizione di
estraniazione e condizione di non estraniazione.
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Alla base del senso che l’ontologia attribuisce all’essere
(naturale, storico, individuale, sociale) c’è la pre-comprensione
che, ciò che vale effettivamente per l’uomo come essere, è non
essere estraniato dal divenire.
Su questo piano, essere, per l’uomo, è sempre innanzitutto una condizione di
esistenza: quella, nella quale, l’uomo può esistere perché non è estraniato dal
divenire.
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Prima comprensione della ontologia come condizione di esistenza.
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La conclusione che il divenire, con la sua insanabile precarietà, è una situazione nella
quale in nessun caso l’uomo può sentirsi esistente, questo giudizio sulla fattualità è il
punto decisivo per comprendere che cos’è quello che storicamente si è affermato
come ontologia. Assumendo questa conclusione come un dato incontestabile di
esperienza primaria, l’ontologia poggia tutta intera su un fatto, che, a questo punto,
accettata l’ estraniazione, deve ugualmente trattare come un dato di pari esperienza
primaria. Il dato è che, proprio perché si danno nella realtà il divenire e la situazione
estraniante da esso determinata, proprio per questo e di fronte a questo, essere, per
l’uomo, non è mai, qualcosa di oggettivo su cui poter sicuramente contare, una
realtà da trattare come scontata. Piuttosto, essere, per l’uomo, è sempre un poteressere, una possibilità, decisa dal sentirsi realmente esistente o dal sentirsi del tutto
estraniato.
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Questo fatto, così come decide dell’essere dell’uomo, decide
della ontologia. Di fronte al dato che essere, per l’uomo, è
una possibilità, che il divenire, con il suo potere estraniante,
può sempre bloccare, l’ontologia si mostra, e storicamente
si impone, come la specifica condizione che garantisce
esistenza all’uomo assicurandolo dal potere estraniante del
divenire. In questi termini essa va compresa.
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Successione dei passaggi attraverso i quali l’ontologia si impone come la specifica
condizione che garantisce esistenza all’uomo assicurandolo dal potere estraniante del
divenire.
Al solo fine di far sì che l’uomo possa sentirsi realmente esistente, cioè
non estraniato dal divenire, l’ontologia definisce la realtà. Mette così in
moto la specifica dinamica di una esistenza posta al riparo dalla
estraniazione della fattualità. Inizia a definirsi il modo d’essere di una
esistenza ontologica. Attraverso questo modo, compare quello che
ontologicamente, cioè per un reale non estraniato dal divenire, è il senso
dell’essere.
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A. Statuto di una esistenza posta al riparo dalla estraniazione della
fattualità: essere e divenire, essere e apparire.
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Il giudizio di estraneità del divenire imprime nel reale una struttura
antinomica, indicandola come la reale costituzione dell’accadere.
Questo significa che il reale va considerato scisso secondo le coppie
essere-divenire ed essere-apparire, indicative del fatto originario ed
insuperabile che, quella che l’uomo nomina attraverso il termine
essere, questa non è la situazione nella quale fattualmente si ritrova
gettato; come i fatti e l’esperienza attestano, questa situazione è
proprio quella che, sul piano dell’essere, l’uomo sperimenta come la
più estranea. L’antinomia ripete il dato incontrovertibile che non è la
fattualità quella che l’uomo può riconoscere come suo essere, perchè
in nessun caso egli potrà sentirsi in essa un essere realmente
esistente. Nonostante l’esperienza immediata, che sembra indicare
l’essere nel solo modo del divenire, essere e divenire vanno
considerate due potenze inconciliabilmente opposte. Del pari, ciò che
immediatamente l’uomo crede di sperimentare, questo va
considerato una falsa apparenza di quello che realmente l’essere è.
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B. Essere di una esistenza posta al riparo dalla estraniazione
della fattualità: essere come dover essere.
Per l’ontologia, la struttura antinomica del reale è la
conseguenza del fatto che, primariamente, essere, per
l’uomo, è essere in una condizione che gli permette di
sentirsi esistente e che, nella fattualità, l’uomo sperimenta
solo estraniazione. Ontologicamente, se l’uomo vuole
adoperare la parola essere, questo deve, e può, farlo solo in
riferimento ad una condizione che si dice di esistenza perché
non è quella fattuale.
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C. Senso di una realtà posta al riparo dalla estraniazione della
fattualità: essere come essere autentico, essere autentico come essere
non fattuale.
La struttura antinomica del reale indica quale è questa condizione e ne
definisce i confini. Infatti,
a. il giudizio di estraneità del divenire scinde l’accadere attraverso le
coppie vero-falso, autentico-inautentico, astratto- reale, effimerosostanziale;
b. così, il giudizio di estraneità del divenire sostituisce all’essere dei
gradi d’essere;
c. a questo punto, essere ha senso se segue la direzione che va, dai
gradi non autentici ai gradi autentici.
Nel seguire questa direzione, l’uomo passa dalla condizione di
estraniazione alla condizione di non estraniazione. Ontologicamente,
che essere abbia un senso e sentirsi non estraniato sono per l’uomo la
stessa cosa. Ugualmente, sono la stessa cosa senso dell’essere ed
essere posto al riparo dalla estraniazione della fattualità.
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Essere come dover essere in una realtà che, se vuole avere senso,
deve muovere costantemente verso l’essere autentico e che, se
vuole mantenersi saldamente in questa direzione, deve
continuamente oltrepassare i modi e le forme dell’essere fattuale
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A. Posto l’essere dell’uomo sul piano del sentirsi o
non sentirsi realmente esistente, il che significa
sentirsi estraniato o non sentirsi estraniato, questo
stesso essere acquista un carattere specifico.
L’uomo potrà sentirsi realmente esistente, dunque
un ESSERE, solo se assicurato dalla estraniazione
del divenire. Nella condizione di esistenza
ontologica, per l’uomo, ESSERE E’ SEMPRE UN
DOVER ESSERE: UN DOVER NECESSARIAMENTE
SEMPRE ASSICURARSI UNA CASA NELLA QUALE
SENTIRSI RIPARATO DAL DIVENIRE.
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B. La casa, nella quale l’uomo può sentirsi certamente
non più estraniato, è senz’altro quella dove il divenire
non ha potere, una casa nella quale non dominano
incertezza, precarietà, occasionalità. Vissuto il divenire
come estraniante perché irrevocabilmente incerto,
giudicato di conseguenza questo divenire come uno
spazio nel quale l’uomo non può sentirsi realmente un
essere, dato che lì non c’è un solo posto dove la
assoluta precarietà gli permetta di esistere, essendo
tutto costantemente ed irrimediabilmente estraneo
(come esistere, se non c’è mai un posto dove
fermarsi?), DATO TUTTO QUESTO, PER ESSERE L’UOMO
DEVE TROVARE UN ALTRO SPAZIO DA ABITARE, uno
spazio che non sia il divenire, uno spazio nel quale
nessun posto sia per lui estraneo o estraniante.
QUESTO E’ IL SUO PRIMARIO DOVER ESSERE, QUELLO
DALLA ATTUAZIONE DEL QUALE DIPENDE IL SUO
STESSO ESSERE COME ESISTENTE.
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C. ALL’INTERNO DI UNA ESISTENZA NELLA QUALE ESSERE EQUIVALE
AD ESISTERE AL RIPARO DALLA OCCASIONALITA’ DEL DIVENIRE, E’
DUNQUE PRIMARIO DOVERE DELL’UOMO OLTREPASSARE L’ESSERE
FATTUALE CON TUTTA LA SUA INVIVIBILE PRECARIETA’. Dalla
attuazione di questo dovere ne va per l’uomo del suo stesso essere.
Infatti, se estraniazione vuol dire non poter esistere là dove il
divenire impone una costante incertezza, l’uomo potrà sentirsi
esistente, solo quando si sentirà al sicuro dal potere del divenire e
dalla condizione di estraniazione che esso determina imponendola
come una condanna senza appello. Non ci sono alternative. ESSERE
ED ESSERE SOTTRATTO ALLA PRECARIETA’ DEL DIVENIRE SONO PER
L’UOMO LA STESSA COSA.
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MA COME PUO’ L’UOMO ATTUARE REALMENTE QUESTO
DOVER-ESSERE, VISTO CHE DEL DIVENIRE NON E’ POSSIBILE IN
NESSUN MODO LIBERARSI, PER QUANTO ESTRANEO ED
ESTRANIANTE ESSO SI DIMOSTRI?
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Nella realtà, il dover essere, imposto dalla situazione nella quale
essere equivale ad esistere al riparo dalla occasionalità
estraniante del divenire, PUO’ ATTUARSI SOLO PERCORRENDO
UNA STRADA. POICHE’ NON E’ POSSIBILE LIBERARSI DEL
DIVENIRE, L’UOMO, PUR RESTANDO UN ESSERE CHE DIVIENE,
POTRA’ REALMENTE SENTIRE CHE LA SUA CONDIZIONE NON E’
PIU’ DI ESTRANIAZIONE SOLO SE IL DIVENIRE STESSO NON SARA’
PIU’ ESTRANEO ED ESTRANIANTE, E QUESTO ACCADRA’ QUANDO
NEI MODI E NELLE FORME DEL DIVENIRE, IN OGNI MODO ED IN
OGNI FORMA DEL DIVENIRE, VERRA’ IMPRESSO IL CARATTERE
DELLA CERTEZZA.
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IMPRIMERE CERTEZZA, STABILITA’, PREVEDIBILITA’ NEL DIVENIRE,
COSI’ CHE ESSO DIVENGA, DA LUOGO DI ESTRANIAZIONE, LA CASA
CHE L’UOMO SENTE COME LA PROPRIA: QUESTO E’ ESATTAMENTE
CIO’ CHE REALIZZA L’ONTOLOGIA.
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Successione dei passaggi attraverso i quali, l’ontologia, impostasi storicamente
come teoria della verità, dovendo essere una condizione che assicura esistenza
all’uomo garantendolo dalla precarietà del divenire, per ciò stesso si dimostra
una teoria del dominio
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A. Ontologia: Teoria della verità e Dottrina delle essenze.
Teoria della verità: spiegazione dell’accadere a partire
dal fatto che il divenire è estraniante perché la vera
casa dell’uomo ha esattamente i caratteri del non
divenire, del permanente. Comprensione del senso
dell’essere come passaggio dalla imprevedibilità alla
previsione, dalla incertezza alla certezza, dalla
precarietà alla salda permanenza.
Dottrina delle essenze: conoscenza della struttura
della casa dell’uomo e delle condizioni di permanenza
in essa. Statuizione del fondamento dell’abitare:
sentirsi realmente esistente solo se in una condizione
nella quale tutto rinvia ad un già-stato ed ha, per
questo, sempre il modo e la forma della prevedibilità.
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B. Storicamente, così, l’ontologia si presenta come la scienza di quello che
l’uomo deve considerare il vero essere, muovendo dalla pre-comprensione
che essere e precarietà si escludono.
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Si considera allora scienza del vero essere perché, sulla base di
tale pre-comprensione, è capace di spiegare il perché il divenire
è estraniante e di indicare la condizione nella quale l’uomo si
sentirà sicuramente al riparo da quella estraniazione.
E’ dunque scienza del vero essere solo rispetto a quella precomprensione e, conseguentemente, nel senso di scienza delle
condizioni necessarie perché l’uomo possa oltrepassare la
precarietà, sentendosi, così, non estraniato, realmente
esistente, a tutti gli effetti un essere.
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C. Se si accoglie la pre-comprensione ontologica, ciò che
immediatamente è in gioco con l’ontologia, non sono idee astratte
(speculazioni), ma la stessa condizione di possibilità dell’abitare,
reso impossibile, si ritiene, dai caratteri del divenire.
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D. Se la pre-comprensione ontologica vale come dato di esperienza
primaria, l’ontologia nasce con un programma imposto dai fatti: realizzare
una condizione di esistenza nella quale l’uomo, sebbene il divenire lo faccia
costantemente ritrovare in una estraniazione di per sé invivibile, può
tuttavia sentirsi realmente esistente. In questo senso, essa è architettura
esistenziale: progetta e costruisce per l’uomo la condizione di esistenza
nella quale non è più estraniato dal divenire.
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Progetto di una condizione che garantisca all’uomo esistenza nonostante la
estraniante precarietà del divenire.
Elemento base. La pre-comprensione che, nella precarietà
del divenire, per l’uomo non c’è esistenza, pone, alla base di
quello che vuole essere un progetto per esistere, il dato che
questo progetto ha bisogno di gettare le proprie fondamenta
necessariamente su qualcosa che non abbia in nessun caso il
carattere estraniante del divenire.
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Fondamenta della costruzione. Per costruire una condizione
nella quale l’uomo si senta realmente esistente, tutto, uomo,
mondo, divenire stesso, deve poggiare su un originario, su un
inizio dato una volta per tutte, su qualcosa di immodificabile,
di definitivamente chiuso nel passato e con ciò di
definitivamente sottratto al potere estraniante del divenire.
Questo permanente va considerato come il principio di realtà
di una condizione di esistenza non estraniata. Un principio
necessario, al di là di qualunque dato dell’esperienza. Un
principio imposto dalla stessa situazione di estraniazione.
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Regola primaria per la costruzione di una esistenza
ontologica è così non derogare dalla necessità di
ricondurre ogni aspetto dell’accadere alla dimensione del
permanente.
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Obbiettivo da raggiungere se si vuole realizzare una condizione che garantisca all’uomo
esistenza nonostante la estraniante precarietà del divenire
L’ontologia: progetto e realtà di una condizione di esistenza non
estraniata dalla precarietà del divenire. Ciò, per tutto ciò che accade,
significa: progetto e realtà di una condizione nella quale il divenire
stesso, da luogo di estraniazione, diviene la casa che l’uomo sente
come la propria.
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Fattibilità di una condizione che garantisca all’uomo esistenza nonostante la estraniante
precarietà del divenire
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CIO’ CHE PERMETTE ALLA ONTOLOGIA DI REALIZZARE IL RISULTATO
DI RENDERE ABITABILE IL DIVENIRE E’ IL PRINCIPIO DEL
FONDAMENTO COME PRINCIPIO DI REALTA’.
Di fatto, questo principio, recita:
a. è estraniante ciò che non ha un appoggio stabile, permanente,
sicuro; mancando di un fondo, manca d’essere;
b. è abitabile ciò che, appoggiandosi saldamente su un sicuro
fondamento, garantisce che là è possibile avere un essere.
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Questo stesso principio stabilisce che, di fronte alla estraniante
precarietà del divenire, posta questa estraniazione come primario dato
di esperienza, considerato il divenire come un luogo dove, per l’uomo,
non è possibile sentirsi realmente esistente, c’è un solo modo attraverso
il quale l’uomo stesso possa sentirsi effettivamente un essere: essere nel
modo del fondamento.
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L’ontologia, attraverso il principio del fondamento, fissa uno specifico
modo d’essere come condizione di realtà per una esistenza non
estraniata dal divenire.
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Tutto dipende da due semplici passaggi.
1. Il carattere che, nel divenire, permette di nominare qualcosa come
principio del fondamento è che esso vale come l’inizio, dunque
come qualcosa che è ormai dato una volta per tutte, che è
sicuramente stabile perché fissato nel passato, che è
immodificabile, perché ormai non più nel tempo è di per sé
irripetibile. Ciò che, rispetto alla assenza di stabilità del divenire, lo
qualifica come fondamento è l’essere una base, un fondo della cui
affidabilità e consistenza non si può dubitare. Nel divenire, vale
come fondamento perché, ciò che è tolto definitivamente dal
mutamento, è anche quanto di più sicuro e di più rassicurante su cui
poggiare volendo una condizione di esistenza non estraniata dalla
precarietà del divenire stesso.
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2. Posto l’oltrepassamento dell’estraniazione determinata dal
divenire come condizione base di esistenza, tutti i modi e le
forme che ripetono il modo del fondamento determinano una
condizione di esistenza non estraniata. COSI’, TUTTO CIO’ CHE
ABBIA IL CARATTERE DELL’ORIGINARIO, PERCHE’ DATO UNA
VOLTA PER TUTTE, O SEMPLICEMENTE PERCHE’ STABILE E
PERMANENTE NEL TEMPO, QUESTO RIPETE IL MODO DEL
FONDAMENTO E GARANTISCE UNA CONDIZIONE CHE PONE AL
RIPARO DALLA ESTRANIAZIONE DEL DIVENIRE.
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RIPETERE IL MODO DEL FONDAMENTO: QUESTO E’ CIO CHE HA
PERMESSO ALLA ONTOLOGIA DI ATTUARSI COME LA SPECIFICA
CONDIZIONE DI ESISTENZA CHE PONE AL RIPARO DALLA
ESTRANIAZIONE DEL DIVENIRE.
TRASFORMAZIONE DELLA ONTOLOGIA IN CONDIZIONE DI
ESISTENZA.
A. PRINCIPIO DEL FONDAMENTO: IL DIVENIRE, SE
RICONDOTTO AD UN INIZIO PERDE IL SUO CARATTERE DI
ESTRANEITA’ ED IL SUO POTERE ESTRANIANTE.
B. CONSEGUENZA: UGUALMENTE, TUTTO CIO’ CHE DIVIENE
NON E’ PIU’ ESTRANEO ED ESTRANIANTE SE RICONDOTTO A
QUALCOSA CHE VALGA COME SUO INIZIO.
C. APPLICAZIONE: NEL DIVENIRE, BASTA RICONDURRE LE COSE
AD UN GIA’-STATO E SI HA UNA RIPETIZIONE DEL MODO
DEL FONDAMENTO.
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Ricondurre le cose ad un già-stato: questo è il dover-essere attuando il
quale l’ontologia storicamente ha impresso nel divenire il carattere della
non occasionalità, facendone un essere non estraneo per l’uomo.
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Riconducendo le cose ad un già-stato, l’ontologia ha reso il divenire
qualcosa di sempre-in-qualche-modo-già-visto e di sempre-comunquegià-conosciuto. Tutto infatti trova nel già-stato la sua spiegazione ed il
suo senso. Niente, di fronte al già-stato, può più dirsi occasionale. Potrà
comunque valere, o essere riconosciuto, come sua conseguenza,
rappresentazione, copia, immagine, maturazione. Potrà anche essere
qualcosa che radicalmente dal già-stato si discosta, che totalmente lo
contesta. Avrà comunque un senso. Non apparterrà in ogni caso al
campo estraniante dell’occasionale, dell’incerto, dell’imprevedibile.
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Ricondurre l’intero accadere ad un già-stato: questo l’ontologia ha
storicamente realizzato sul piano della verità, della conoscenza, della
legittimazione dell’autorità, della struttura del sociale, dell’ordine
giuridico, del senso dell’esistere individuale. Su tutti i piani ha fatto
dell’essere il dovere di ripetere il modo del fondamento, così da
ricondurre sempre le cose ad un già-stato e da fare di questo già-stato
la condizione di esistenza delle cose stesse.
Ontologicamente, l’inizio o ciò che ha i caratteri
dell’inizio, questo è ciò che vale, sia esso un inizio
meta-fisico, o anche fisicamente naturalistico,
storico, teorico.
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La condizione di esistenza ontologica assicura dalla estraniazione
del divenire facendo dell’inizio, quale che esso sia e su qualunque
piano si renda necessario porlo, ciò che, nell’accadere, deve valere
prima di ogni altra cosa ed oltre ogni cosa. Se ripete il modo del
fondamento, una condizione di esistenza è comunque ontologica,
indipendentemente dal piano della realtà sul quale viene costruita.
Accanto alla storica ontologia metafisica, si può così avere uno
ontologia esistenziale, sociale, conoscitiva, giuridica, politica,
istituzionale. E’ il modo d’essere che rende una condizione
ontologica. Se questo modo è quello del fondamento, là è
riconoscibile una condizione, che dà esistenza all’uomo
assicurandolo dal divenire valutato una situazione di estraniazione,
è riconoscibile dunque una condizione di esistenza ontologica.
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Su questa base, la condizione ontologica ha tre caratteri essenziali
che la contraddistinguono.
A. Si impone innanzitutto come condizione che può avere il nome di
condizione naturale, perché, come la natura, imprime nell’accadere
un ordine fisso, gerarchico, causale. Il valore dell’inizio non è
modificabile. Ciò che è posto come inizio vale comunque più di tutto
il resto. E’ un preciso inizio che da senso ad un determinato
accadere. Garantire il rango dell’inizio significa garantire un ordine
delle cose all’interno del quale si è al sicuro dall’estraniazione del
divenire perché in esso nulla è occasionale. L’ordine dell’inizio è un
ordine che, poggiando su un dato immodificabile, è dato una volta
per tutte, così come è dell’ordine che chiamiamo ordine della
natura.
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B. E’ una condizione improntata al dominio. Assicurando dalla
estraniazione del divenire con il renderlo un ordine comunque dato
una volta per tutte, l’ontologia rende questo stesso ordine
rassicurante in quanto sempre comunque prevedibile. La condizione
ontologica sarà allora tanto più rassicurante quanto più garante
della prevedibilità dell’ordine delle cose, quanto più dominerà
l’accadere rendendolo prevedibile. I modi e le forme di dominio
delle cose improntati alla previsione e pianificazione delle cose
stesse si impongono ontologicamente come modi e forme di
esistenze assicurate rispetto alla estraniazione del divenire.
C. E’ una condizione nella quale lo status che assicura dalla
estraniazione è lo status di assoggettamento ai modi ed alle forme
che rendono l’esistenza sicura in quanto prevedibile, e prevedibile in
quanto sempre comunque determinata da un già-stato.
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La condizione ontologica assicura dalla estraniazione del divenire
trasformando il divenire delle cose e dell’uomo in un destino della
necessità.
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In questa condizione, l’uomo, sentendosi realmente esistente solo
se assicurato dalla estraniazione del divenire,
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A. può così sentirsi realmente esistente solo se abita un mondo
dove tutto è già-sempre-visto, già-comunque-saputo: un
mondo che rassicura da qualunque estraniazione perché
sempre certo quanto alla sua prevedibilità;
B. questo mondo, che certamente lo rassicura dalla
estraniazione del divenire, l’uomo lo può avere solo rendendo
prevedibile l’intero accadere;
C. renderà prevedibile l’intero accadere solo riconducendolo
costantemente ad un già-stato.
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La condizione specifica dell’uomo, che l’ontologia rende
sicura dalla estraniazione del divenire, è quella di
assoggettato ai modi ed alle forme di dominio del giastato che, per garantirsi, deve assoggettare l’intero
accadere a questi stessi modi ed a queste stesse forme.
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Oltrepassamento della ontologia e passaggio dal Subjectum al
soggetto: condizioni di realtà.
Percorso effettuato e chiarimenti raggiunti.
A. L’ontologia, identificando la precarietà del divenire con la
situazione nella quale l’uomo non può esistere, si afferma, di
conseguenza, come la specifica condizione di esistenza capace di
porre l’uomo al riparo dalla estraniazione del divenire, garantendogli
così la reale possibilità di sentirsi esistente.
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B. Per assicurare dalla insicurezza estraniante del divenire,
l’ontologia ha come modo d’essere il dominio dell’accadere e
l’assoggettamento dell’uomo.
C. Dominio dell’accadere. Tutto dell’accadere è comunque
ricondotto ad un già-stato come suo principio di realtà. Questa
operazione rende l’accadere stesso qualcosa che, in qualche modo,
ha il carattere del già-visto e del gia-conosciuto. Attraverso il giastato come fondamento, l’accadere acquista il carattere
fondamentale della prevedibilità. Esso diviene non estraneo e non
estraniante perché in ogni caso controllabile e dominabile.
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D. Assoggettamento dell’uomo. Posto nella condizione di sentirsi
realmente esistente solo se assicurato rispetto alla situazione
estraniante propria al divenire, l’uomo deve categoricamente
permanere in situazioni che abbiano il modo del fondamento.
Questo significa per lui che sarà in un mondo nel quale si sentirà
esistente solo se questo mondo avrà i modi e le forme del già-stato,
del già-visto, del già-conosciuto. Per l’uomo ontologico, la
prevedibilità, il controllo, il dominio dell’accadere storico sono
invalicabili condizioni di esistenza. La condizione che assicura l’uomo
dalla precarietà estraniante del divenire è comunque quella che
assoggetta l’uomo alle condizioni di prevedibilità, dominio e
controllo del divenire stesso. Esistenzialmente, l’uomo ontologico è
un essere quando è al sicuro dal divenire. Sarà certamente al sicuro
dal divenire quando l’accadere storico sarà la ripetizione costante di
qualcosa che è già stato e su cui il divenire non ha più potere.
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E. La condizione di esistenza ontologica è comunque una
condizione di esistenza ideologica. Considera infatti estraniante il
divenire sulla base della pre-comprensione che la fattualità, con il
suo spaesamento, non è vivibile. In conseguenza, e solo sulla base
di questa pre-comprensione l’ontologia può affermarsi come una
specifica condizione di esistenza. Ogni esistere muova dalla precomprensione che la fattualità di per sé è invivibile è, con ciò, una
esistenza che potrà sentirsi tale solo se al riparo dalla fattualità, e
avrà questo riparo negli stessi modi e nelle stesse forme della
condizione di esistenza ontologica. Del pari, va riconosciuta come
ontologica ogni condizione di esistenza muova comunque da una
pre-comprensione dell’accadere. Sempre, quale che sia questa
pre-comprensione, essa metterà in moto una dinamica che scinde
l’accadere stesso tra ciò che di fatto è e ciò che si ritiene valga
come essere per l’uomo: la stessa dinamica che muove
l’ontologia.
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F. La pre-comprensione che essere equivale ad essere al sicuro dalla
precarietà del divenire condanna ad esistere nella ripetizione di ciò
che è comunque già-stato, conferendo così all’accadere storico i
caratteri del già-conosciuto e del prevedibile, caratteri attraverso i
quali quello stesso accadere non è mai estraneo, in quanto sempre
controllabile e dominabile.
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G. Dovendo assicurarsi dalla estraniante insicurezza del divenire,
l’uomo ontologico vede un senso nell’accadere e ritiene di esistere
secondo un senso solo quando sperimenta il passaggio dalla
precarietà alla durata, dalla incertezza alla certezza, dalla
imprevedibilità alla previsione. Il senso d’essere dell’uomo
ontologico coincide con l’esperienza di dominio dell’accadere. Egli si
sente realmente esistente quando, rispetto all’accadere, è nella
situazione di reale dominio dell’accadere stesso. Le forme ed i modi
di dominio dell’accadere sono le forme ed i modi d’essere dell’uomo
ontologico.
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H. L’uomo ontologico è un Subjectum perché, avendo
esistenza solo in situazioni nelle quali un già-stato rende
l’accadere prevedibile, controllabile e dominabile, dunque
non estraniante, sempre, per lui, l’esistenza è un destino della
necessità al quale, se vuole esistere, non può sottrarsi. Tutto,
infatti, dell’esistere, per essere assicurato dalla precarietà del
divenire, deve comunque essere in qualche modo già
stabilito. Il carattere della condizione di esistenza che
assicura dalla precarietà del divenire è la necessità.
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Avendo come fine esclusivo quello di determinare una
condizione di esistenza assicurata dalla estraniante e
spaesante insicurezza del divenire, il già-stato può anche
non avere i caratteri o i contenuti dell’ontologia storica.
Vale come già-stato un avvenimento storico, un fatto
naturale, ma anche una idea, così come una semplice
ipotesi. L’importante è che esso venga riconosciuto, o
considerato, come un inizio a partire dal quale l’accadere
non è più occasionale, perché ad esso dovrà comunque
essere ricondotto ed a partire da esso dovrà essere
spiegato.
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Risultato-A: che cos’è ontologia?
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A. L’ontologia, impostasi storicamente come teoria della verità, si
dimostra una teoria del dominio.
B. L’ontologia, in quanto teoria del dominio, ha come carattere
specifico l’assoggettamento di uomo e cose ad un destino della
necessità.
C. L’ontologia, in quanto teoria del dominio, non si esaurisce nei
modi e nelle forme della ontologia così come storicamente si
sono imposte.
D. L’ontologia, in quanto teoria del dominio, è una maniera di
esistere riconoscibile ovunque, nell’accadere, si dia il modo del
fondamento.
E. Se è il modo del fondamento che rende riconoscibile una
condizione come condizione ontologica, tutto ciò che accade può
avere questo modo.
F. Se il modo del fondamento è l’unico modo per essere, là dove
vale come esperienza primaria la pre-comprensione che esistenza
e precarietà del divenire si escludono, ovunque si muove da tale
pre-comprensione, lì è messa in moto una dinamica ontologica.
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Risultato-B: che significa oltrepassamento della ontologia?
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A. Non si compie un solo passo in direzione dell’oltrepassamento della
ontologia finchè si resta all’interno della pre-comprensione che esitenza e
precarietà del divenire si escludono. Tenendo ferma questa precomprensione, resta fermo, anche, infatti, che, per l’uomo, essere ha senso
solo se si sente assicurato rispetto alla estraniante precarietà nella quale lo
pone la sua situazione fattuale. Vale, a questo punto, per lui, e vale come
principio di esistenza il fatto che essere, sentirsi realmente esistente, essere
assicurato rispetto alla precarietà del divenire sono la stessa cosa. La precomprensione, che esistenza e precarietà del divenire si escludono, mette
sempre in moto la dinamica del fondamento, con i suoi modi e le sue
forme.
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B. Oltrepassare l’ontologia significa dunque,
a. innanzitutto, oltrepassare la pre-comprensione che essere vale,
ha senso, è esistibile solo se messo al sicuro rispetto alla
imprevedibilità, occasionalità ed incertezza propri alla fattualità
del divenire;
b. conseguentemente, oltrepassare il modo del fondamento come
maniera di esistere che garantisce esistenza assoggettando
uomo, cose ed accadimenti ai modi ed alle forme della certa
prevedibilità.
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C. Appartiene dunque senz’altro ad un piano, che abbia come
obbiettivo quello di oltrepassare l’ontologia,
a. in particolare, superare l’equazione: esistenza realmente ed
autenticamente
vivibile=esistenza
dominabile,
controllabile,
prevedibile (è segno specifico che ci si trova in presenza di questa
equazione una esistenza che riconosce valore primario ed indiscutibile
al già-stato, già-visto, già-conosciuto; un segno equivalente è dato dal
dominio di modi e forme pianificanti l’esistere; di fatto, ovunque, ed in
qualunque modo, l’obbiettivo sia quello di assicurare l’esistenza, là
quella equazione funziona da principio del senso dell’essere);
b. in generale, superare ogni condizione di esistenza che sia la
garanzia, non dell’essere quale fattualmente si dà, ma di un essere che
si considera quello, l’unico, nel quale l’uomo può realmente sentirsi
esistente (quale che sia questo essere, al quale si riconosce il rango di
essere autentico, è qui in atto una pre-comprensione, di quale sia il
senso dell’esistere, che, per affermare quell’essere di fronte alla
fattualità, e nonostante la fattualità, dovrà imporre questa stessa precomprensione come un destino della necessità).
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Risultato-C: superare l’ontologia per attuare il passaggio, da una condizione di esistenza
nella quale l’uomo è Subjectum, alla condizione nella quale è Soggetto; punto di svolta del
passaggio: la questione della fattualità
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Questione della fattualità-1: Situazione di estraniazione, certezza
come valore, dover essere.
A. La conclusione, che la fattualità costituisce per l’uomo una
situazione di estraniazione, è questa che fa dell’uomo un
Subjectum. Per dominare il divenire ed essere assicurato rispetto
alla precarietà, come assoggetta gli accadimenti, l’uomo
assoggetta se stesso. Assoggettante, per lui, le cose, il divenire è
l’essere che viene posto come quello nel quale esclusivamente si
può esistere.
B. La garanzia di questo essere, contro e di fronte all’essere fattuale,
sarà per l’uomo il valore primario da realizzare. Egli stesso,
rispetto alla necessità che questa garanzia venga assicurata, sarà
sempre ad un gradino inferiore.
C. Ripetere i modi e le forme di questo essere, nel quale si da
esistenza, far sì che ciò accada sicuramente in ogni situazione,
questo per l’uomo è il dovere. Adempiendo questo dovere l’uomo
sicuramente esiste: esiste perché il divenire non lo estrania.
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Questione della fattualità-2: l’oggetto del dovere- essere come aver da
essere secondo il senso della garanzia che la fattualità non ha alcun
valore
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A. Sul piano del dovere di non scostarsi mai dall’adempimento del
compito di garantire, come unico essere nel quale si esiste,
quell’essere che tiene al sicuro dal divenire, su questo piano,
essere, per l’uomo, è un aver-da-essere che diviene realtà
assolvendo il dovere di esistere secondo il senso di un essere non
fattuale.
B. Giudicata la fattualità una situazione invivibile perché estraniante,
non c’è un essere dell’uomo che di per sé valga qualcosa. L’unico
che ha valore è l’essere che l’uomo avrà se e quando avrà
adempiuto il dovere di esistere nello spazio nel quale il divenire
non ha potere.
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Questione della fattualità-3: estraniazione, senso dell’essere,
impero dei valori
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A. La conclusione, che la fattualità è per l’uomo una
situazione estraniante, fonda l’impero di tutto ciò che è
in grado di garantire all’uomo una condizione nella
quale può sentirsi realmente esistente in quanto sicuro
che non sarà costantemente messo in discussione dalla
precaria occasionalità del divenire. Secondo questa
successione, potrà imporsi sull’esistere con dominio
assoluto tutto ciò che renderà l’esistenza una condizione
del tutto prevedibile e certamente controllabile. E tutto,
solo che riceva il rango di valore assoluto al quale va
ricondotto il senso degli accadimenti, tutto è in grado di
assolvere questo ruolo: etnia, religione, scienza, storia,
natura, tradizione, società, istituzioni.
B. L’impero della certezza è l’impero dei valori, di volta in
volta fissati come assoluti al solo fine di avere, nel
divenire, un punto fermo che valga come senso
dell’essere.
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Questione della fattualità-4: Nietzsche
A. La politica del governo planetario di Nietzsche è un
esempio paradigmatico di prassi dell’impero dei
valori.
B. Attraverso Nietzsche si comprende:
a. il rapporto tra ontologia e fattualità;
b. l’ontologia come teoria del dominio;
c. l’ontologia come maniera di esistere.
C. Con Nietzsche, il modo d’essere ontologico copre un
campo che va, dal modo d’essere quotidiano fino alla
ideologia totalitaria
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L’identificazione del senso dell’esistere con la ripetizione di
modelli pre-definiti, anonime rappresentazioni di valori posti
come assoluti, è il carattere in presenza del quale, si è
autorizzati a vedere nel quotidiano un modo d’essere che va
qualificato come ontologico. Ripetendo il modello si attua il
dovere di esistere in spazi nei quali il divenire non ha potere.
Che ci sia un modello pre-definito da ripetere e che questa
ripetizione dia senso all’esistere, ciò garantisce il controllo
sull’esistenza. E’ all’opera, attraverso il modello, un
assoggettamento dell’uomo e degli eventi ad una precomprensione di quale è lo spazio reale per esistere.
L’assoggettamento è totale (destino della necessità) perché,
trattando del modello, l’uomo tratta del suo stesso essere
come esistente: sottrarsi al modello significa infatti entrare
nello spazio della estraniante precaria occasionalità.
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Ciò che il modello attua a livello dell’esistenza singola,
l’ideologia totalitaria rende una necessità collettiva. Anche
qui, ciò che si attua è una maniera di esistere che si dimostra
ontologica. Il punto di partenza è sempre l’essere che si
ritiene valga come spazio reale di esistenza. E’ di fatto già
all’opera una pre-comprensione (idea) del senso di ciò che
deve considerarsi essere. Questo essere assume il rango di
valore primario, perché è rispetto ad esso che si decide
dell’esistere. E’ un valore d’essere, il valore trattando il quale
ne va per l’uomo del proprio essere un esistente. Posto
questo valore, ciò che l’ideologia fa è istituzionalizzare il
dovere di identificare l’esistenza con la rappresentazione di
quel valore, così che essa sia certamente garantita quanto al
suo aver senso. Attuandosi in questa direzione, l’ideologia è
totalitaria in quanto, attraverso il proprio valore d’essere,
fissa un modello di esistenza come l’unico modello ripetendo
ed attuando il quale l’esistere ha senso.
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Trasvalutazione dei valori e Ontologia giuridica. L*ordine giuridico