Contributi scientifici
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Un possibile metodo per il calcolo della
helf-life di un prodotto carneo stagionato
(salame confezionato sotto vuoto)
mediante prova di accelerazione
S
Marco Cristofori
Vincenzo Casaccia
Ce.R.S.Al.
Centro Studi per la Ricerca
biostatistica ed epidemiologica
in Sicurezza Alimentare.
Introduzione
L’entrata in vigore dei regolamenti europei
852-853 del 2004 ha rappresentato una piccola rivoluzione per quanto riguarda la produzione agroalimentare, con queste normative, infatti, il produttore diventa sempre di
più l’attore principale del controllo del proprio processo produttivo ai fini della sicurezza alimentare.
Già il regolamento 178/2002 CE introduceva
il concetto di Risk Analysis e di valutazione
con metodo scientifico della sicurezza del
proprio processo e di tutte le indicazioni
riportate in etichetta anche quelle relative
alla conservabilità e durata del prodotto finito. Da quì scaturisce la necessità per i produttori di applicare tecniche scientifiche
nuove per il calcolo del tempo di conservazione (shelf life) dei propri prodotti.
Per shelf life di un alimento si intende quell’intervallo di tempo entro il quale il progresso dei processi di degradazione permette di poter consumare il prodotto in
condizioni di sicurezza. Questa è dipendente dagli eventi biochimici che si verificano
nel prodotto considerato.
La conservabilità di un determinato alimento e la sua durata commerciale è misurabile
solamente nel momento in cui è possibile
quantificare gli effetti del deperimento in
funzione del tempo e di un parametro essenziale che nel nostro caso è la temperatura. La temperatura di conservazione gioca
un ruolo essenziale nell’evoluzione dei processi degradativi e le prove di accelerazione utilizzate per il calcolo della shelf life si
basano sul principio dello stress delle temperature. Un determinato prodotto alimentare che dovrebbe essere conservato ad una
temperatura stabilita, viene sottoposto ad
una vita commerciale a temperature più alte
valutando periodicamente i parametri di degradazione.
Considerando alcuni protocolli impiegati
negli studi della shelf life si possono espri-
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mere in forma parametrica le relazioni fra la
temperatura e la velocità di un processo di
degradazione secondo l’equazione di
Arrhenius (M. Riva DISTAM Milano):
K = K0*exp (-Ea/RT)
Dove:
• Ea = indica la dipendenza del processo
di degradazione dalla temperatura e si
esprime in Kcal/mole;
• K = velocità di reazione;
• T = temperatura.
Quando le velocità delle reazioni a diverse
temperature sono conosciute si può determinare il valore del parametro che corrisponde al fattore di accelerazione Q10 per
un aumento di 10 °C della temperatura.
L’equazione di Arrhenius è rappresentabile
con una retta dove si può calcolare per ogni temperatura prevista il tempo di durabilità di un prodotto alimentare.
La produzione e la commercializzazione di
prodotti di salumeria comporta problemi di
qualità ed igienico sanitari legati alla conservabilità e alle modalità stesse della conservazione.
Bisogna evidenziare che gli insaccati durante le fasi di stagionatura subiscono una
grande varietà di trasformazioni sia di tipo
microbiologico che di tipo chimico fisico,
queste variazioni sono essenziali per la conservazione igienico sanitaria del prodotto
e per la sua qualità organolettica intrinseca.
Uno dei parametri essenziali per la buona
riuscita di un salume è la variazione giusta
del pH : Il valore del pH dipende come primo parametro dalla qualità della carne che
viene utilizzata e che naturalmente non deve provenire da animali strapazzati o stressati, dove la quantità di glicogeno presente nei muscoli sia molto bassa.
I valori di pH delle carni fresche variano da
6,20 al momento della macellazione fino a
5,20 dopo circa 24 ore dalla macellazione
stessa, il raggiungimento di questi valori è
essenziale per l’ulteriore lavorazione.
Successivamente il controllo periodico e
continuo del pH negli insaccati è un punto
cardine fondamentale e, allo scopo di favorire una acidificazione controllata, le carni macinate vengono additivate con colo-
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nie starter di micrococchi, lottococchi o altri batteri fermentanti il glucosio. Oltre agli
starter possono essere aggiunti alcuni lattoni acidificanti che vengono idrolizzati con
abbassamento rapido del pH .
La temperatura di stufatura dell’insaccato
favorisce sicuramente la velocità di acidificazione.
Un processo errato comporta facilmente la
comparsa di fenomeni di alterazioni qualitative (impasti poco legati, alterazioni di imputridimento, odori anomali, ecc.) e di ordine igienico sanitario (sviluppo di germi
patogeni e delle loro tossine).
Naturalmente una acidificazione eccessiva
comporta comunque modificazioni negative delle caratteristiche organolettiche del
prodotto.
Un altro fattore importante è il calo di umidità che a fine stagionatura può essere anche molto elevato con valori fino al 35-40%.
La riduzione dell’acqua libera, Aw, rappresenta uno dei fattori principali per la non
proliferazione dei germi patogeni e per
una corretta conservazione del prodotto.
Per quello che riguarda la flora microbica
degli insaccati, questa è molto variabile ma
sempre elevata in fase iniziali con valori di
106-107 germi/gr, successivamente la flora
originaria scompare per lasciare il posto alla flora lattica fino poi a ridursi man mano
che il pH e l’Aw si riducono.
L’attività batterica nel prodotto insaccato
comporta un aumento dell’azoto basico
volatile (TVN), degradazione proteica.
Inoltre un parametro di cui bisogna tenere
conto ai fini della conservazione è l’ossidazione dei grassi che è l’alterazione più importante a carico dei lipidi e comporta la
produzione di composti indesiderabili che
spesso sono responsabili di cattivi odori e
sapori degli insaccati.
Alcuni di questi prodotti di ossidazione
possono essere tossici.
I primi prodotti delle reazioni di autossidazione dei grassi sono degli idroperossidi
che successivamente rompendosi alcuni
legami portano alla formazione di numerosi composti che sono responsabili dell’odore sgradevole di ossidato.
Ci sono degli studi deduttivi (che necessitano comunque di approfondimenti) sulla
pericolosità acuta, cronica e mutagena di
queste sostanze.
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Scopo del lavoro
Lo scopo del lavoro svolto è quello di controllare lo stato igienico sanitario di un salame prodotto presso un’azienda alimentare
che era interessata a valutare la conservabilità del prodotto e di valutare l’evoluzione
dei parametri igienici durante tutta la fase
di conservazione. Il prodotto è un salame
tipico dell’alto Lazio e dell’Umbria.
Materiali e Metodi
La ricerca ha preso in considerazione il
prodotto sopra descritto tenendo conto di
alcuni parametri analitici storici del salume
in oggetto che evidenziano la regolarità dei
parametri analizzati e la ripetibilità totale
delle condizioni di stagionatura.
Sul prodotto è stato effettuato inizialmente
uno studio di microbiologia predittiva che
ha ripetuto i parametri già conosciuti ed ha
messo in evidenza l’assenza di germi patogeni e valori di pH e Aw incompatibili con
lo sviluppo microbico.
Da questo si è deciso di non considerare
nei parametri della shelf life i germi patogeni, visto che nello storico non erano mai stati riscontrati, e nemmeno la Carica Microbica Totale in quanto si riscontrano nel prodotto numerosissimi starter lattici.
I parametri presi in considerazione per la
valutazione della shelf life sono stati:
1. pH ;
2. Aw;
3. Azoto basico libero totale;
4. Numero dei perossidi.
È stato individuato un lotto unico pronto
per il confezionamento, dal lotto sono stati
presi 18 campioni e sono stati conservati
sottovuoto secondo le seguenti modalità:
• 6 campioni a 8 °C;
• 6 campioni a 16 °C;
• 6 campioni a 22-24 °C.
I campioni sono stati analizzati a distanza di
40 giorni circa per i parametri sopra riportati fino a quando uno degli stessi non risultasse al di fuori del limite accettabile.
La conservazione a tre diverse temperature
si è resa necessaria per effettuare una prova di accelerazione della shelf life seguita in parallelo da un controllo reale del
prodotto.
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Risultati
L’Aw per effetto forse della temperatura elevata si riduce progressivamente da 0,88 a 0,85 parametri ottimi anche se il prodotto presenta un aspetto un poco essiccato.
L’azoto volatile si stabilizza sul valore massimo di 105 mg./100 g
rimanendo nei limiti dell’accettabilità.
Il numero dei perossidi non viene rilevato (< 10).
Calcolo della shelf life
mediante prova di accelerazione
Si vede come il pH oscilli fra 5,7 e 5,8, l’acqua libera oscilla fra
0,86 e 0,88 evidenziando una stabilità completa dell’insaccato.
L’azoto volatile totale esprime il processo di degradazione, in un
prodotto fermentato il valore massimo di 113 mg./100 g può essere ancora considerato nei limiti.
Il numero dei perossidi non è rilevabile.
I parametri microbiologici non sono stati presi in considerazione
proprio per il bassissimo valore del pH e dell’Aw e in base ai valori di microbiologia predittiva effettuati con il programma PMP wind
versione 7.0 della FDA.
Per questa temperatura possiamo fare alcune considerazioni: Il pH
è rimasto stabile fino al sesto mese di conservazione mentre al settimo mese si è spostato su valori intorno alla neutralità, valore che
indica una alterazione del prodotto.
Il valore dell’Azoto ha avuto una punta di 130 mg./100 g al sesto
mese, valore considerato quasi limite, anche se al settimo mese di
conservazione è ritornato su valori di circa 85 mg./100 g.
Il numero dei perossidi ha un valore di 20 dopo il sesto mese di
conservazione. L’Aw si riduce progressivamente per poi riaumentare nell’ultimo mese, questo parametro indica che il prodotto ha
avuto leggeri fenomeni alterativi.
Con una applicazione per Microsoft Excel (M. Riva DISTAM Milano)
è stato calcolato che il prodotto si conserva alla temperatura dei
banchi frigo dei negozianti (3-6 °C) per un periodo che oscilla tra
i 243 e i 258 giorni, anche la ditta data la scadenza a sei mesi dal
momento del confezionamento quindi prima dei termini risultati
dalla simulazione.
Si è calcolato anche il Q10 che è di 1,35 (coefficiente di accelerazione per un aumento di 10° di temperatura.)
I parametri considerati sono stati confrontati fra loro per vedere
quanto le diverse temperature influissero sul pH e sull’Aw del prodotto, tenendo conto che alcuni salumi in passato venivano conservati a temperature ambiente.
I risultati sono abbastanza interessanti.
I valori di pH e di Aw per le diverse temperature di conservazione, fino al sesto mese sono quasi sovrapponibili, i parametri che si
sono alterati alle temperature più alte di conservazione sono stati
quelli relativi ai perossidi e al TVN.
Inoltre il prodotto conservato a temperatura ambiente risultava
troppo essiccato e non commercializzabile.
Conclusioni
Possiamo dire che il calcolo della shelf life di prodotto preceduto
da prove di microbiologia predittiva in fase di progettazione dello
stesso, e seguito da alcune valutazioni di tipo statistico basate sull’“analisi della varianza” (ANOVA) rappresenta, a nostro modo di
vedere, uno studio completo ai fini della valutazione della conservabilità di un prodotto e permette di avere dei parametri di confronto per validare il processo produttivo e, probabilmente, anche
le specifiche di produzione.
Fattore fondamentale è che questi studi permettono di effettuare
una valutazione del piano di autocontrollo dell’Azienda, rappresentano una fonte di referenza nei confronti dei clienti e forniscono indicazioni utili per l’analisi, la gestione e forse la comunicazione del rischio.
Da non sottovalutare il fatto che con questo tipo di approccio si
mettono in atto i procedimenti base del regolamento 178/2002 CE
e dei regolamenti 852-853/2004 CE.
A temperatura ambiente i valori di pH si mantengono stabili fra
5,56 e 5,75.
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La bibliografia è disponibile sul sito:
www.il progressoveterinario.it
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