Anno 1, n. 2,
food&tec
Le monografie
Foodandtec è una testata registrata al Tribunale di Milano n. 92 del 27/02/2012
Soluzioni innovative
per il prolungamento
della shelf life
Studio monografico
tratto dal corso di aggiornamento “In-Formare. La qualità del cibo a Convegno”
Milano, 20 settembre 2012
ottobre 2012
SOMMARIO
a cura di
Stefania Nuccini
Stima della shelf life dei prodotti
confezionati: principi teorici
e applicazioni pratiche
Luisa Torri
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Tecnologie “mild” per prolungare
la shelf life degli alimenti
Andrea Brutti
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Trattamenti termici di stabilizzazione a flusso continuo: il controllo automatico predittivo dei parametri critici per minimizzare il
danno sensoriale e nutrizionale
Roberto Massini
14
food&tec
Food&Tec è una testata
giornalistica on line
dedicata al settore
agroalimentare
Direttore Responsabile
Bruna Moroni
Editore:
OM snc
via Euripide 7
20145 Milano
tel. 0291534731
fax 1782264489
Registrazione
Tribunale di Milano
n. 92 del 27/02/2012
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ottobre 2012
Il Challenge Test Integrato, un nuovo
approccio per la valutazione quantitativa
del rischio Listeria nei prodotti RTE
Marco Romani
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Esempi applicativi di previsione della
shelf life: casi aziendali di test accelerati e
modelli predittivi
Alessandro D’Alessandro
20
Shelf Life Conference: laboratorio
di analisi sensoriale per la valutazione
della shelf life degli alimenti
Silvia Abbà
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food&tec
INTRODUZIONE
È finita l’era dei conservanti e dei trattamenti drastici per prolungare la conservabilità degli alimenti.
Più che aggiungere giorni alla shelf life dei prodotti,
oggi l’industria alimentare mira ad aggiungere vita ai
giorni, adottando tecnologie e soluzioni di packaging
innovative che preservano il più possibile le caratteristiche sensoriali e nutrizionali dei cibi.
Durante il corso organizzato il 20 settembre a Milano,
il tema della shelf life è stato affrontato in tutte le sue
sfaccettature, anche attraverso la presentazione di
interessanti casi studio e il coinvolgimento diretto del
pubblico in un laboratorio di analisi sensoriale esemplificativo.
Un estratto di tutti gli interventi è riportato di seguito.
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Stima della shelf life dei prodotti
confezionati: principi teorici
e applicazioni pratiche
Luisa Torri, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Pollenzo (Cuneo)
Tradotta alla lettera, la locuzione shelf
periodo di tempo che corrisponde, in
life significa “vita di scaffale”, ma in
definite circostanze, a una tollerabile
italiano suona meglio come “vita com-
diminuzione della qualità di un prodot-
merciale”. Viene definita come “quel
to alimentare”.
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Figura 1
Luisa Torri ha sottolineato che la shelf
contaminanti), fattori biologici (micror-
life viene sempre espressa in funzione
ganismi, macrorganismi) e fattori fisici
delle circostanze di conservazione, os-
(caldo, freddo, luce, ossigeno, umidità).
sia temperatura, umidità, luce.
Durante la conservazione di un formag-
Poi si è soffermata sul concetto di “tol-
gio come il taleggio, ad esempio, avven-
lerabile diminuzione della qualità”: «Il
gono reazioni di natura chimica (proteo-
deperimento qualitativo di un prodotto
lisi e lipolisi), che portano ad alterazioni
riguarda l’insieme delle caratteristiche
di tipo sensoriale come sviluppo di odore
sensoriali, nutrizionali, igieniche e sa-
sgradevole, comparsa di occhiature, al-
nitarie. Si devono prendere in conside-
terazione del colore (figura 1).
razione alcune di esse per vedere fino a
Se la conservazione viene prolungata
che punto il loro decadimento è tollera-
ulteriormente si possono sviluppare an-
bile, accettabile».
che muffe.
A determinare il decadimento qualita-
Per stabilire la shelf life di un prodotto
tivo degli alimenti concorrono diversi
dobbiamo fondamentalmente decidere
fattori, raggruppabili essenzialmente
fino a che livello accettiamo che il pro-
in tre categorie: fattori chimici (enzimi,
dotto si modifichi nel tempo.
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GLI STUDI DI SHELF LIFE:
lazione della shelf life del prodotto reale.
DIVERSI APPROCCI
È l’approccio classico, quello più diffusa-
Lo studio della shelf life si articola in cin-
mente adottato. Funziona così: si prende
que fasi fondamentali:
il prodotto, lo si conserva nelle condizioni
1 - individuare quali sono gli attributi di
di stoccaggio reali e si va a monitorare nel
qualità più importanti (ad esempio dimi-
tempo come cambia l’attributo di qualità
nuzione del contenuto di vitamine, modi-
che abbiamo prescelto. È un approccio
ficazioni del profilo aromatico, aumento
semplice, sicuro (dice esattamente qual è
della carica microbica, reazioni di ossida-
la shelf life del prodotto) ma molto lungo.
zione) che siano anche facili da monitora-
Impensabile, ad esempio, fare la prova di
re nel tempo;
simulazione su una conserva, che ha una
2 - elaborare una procedura di controllo
shelf life di circa 5 anni!
attendibile e ripetibile nel tempo;
• Approccio previsionale: si basa su mo-
3 - studiare un protocollo di azione sem-
delli di previsione della shelf life. Si studia-
plice ed efficace;
no le caratteristiche di qualità e gli eventi
4 - valutare il rapporto costo/beneficio;
5 - verificare la dipendenza delle reazioni
di degradazione dal confezionamento.
Si parte quindi dalla scelta dell’attributo di qualità da controllare, che può ad
esempio essere l’attributo che vogliamo
si conservi più a lungo, oppure quello che
si deteriora più rapidamente, o ancora
uno dettato dalla legge.
Scelto l’attributo, dobbiamo stabilire
in che modo possiamo monitorarlo nel
tempo (analisi strumentali, analisi sensoriali).
A questo punto si sceglie il protocollo di
azione fra i quattro seguenti:
• Approccio simulativo: si basa sulla simu-
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primari secondo le peculiarità del prodot-
modo da favorire un invecchiamento più
to, del processo produttivo, dell’imbal-
rapido.
laggio e del ciclo distributivo, riferendosi
La difficoltà sta poi nell’individuazione
alle conoscenze reperibili in letteratura. È
del fattore di accelerazione, che ci con-
un approccio teorico basato su stime de-
sente di trasformare il dato di shelf life
rivanti da calcoli matematici. È piuttosto
ottenuto con il test accelerato in dato di
complesso, ma molto poco oneroso e ab-
shelf life che si avrebbe nelle reali condi-
bastanza rapido. I risultati che si ottengo-
zioni di conservazione.
no sono però approssimativi.
Bisogna però tenere presente che a volte,
• Test di invecchiamento accelerato: si ef-
stressando le condizioni di stoccaggio, si
fettua nel caso di prodotti con una shelf
possono innescare reazioni secondarie di
life molto lunga. Viene fatta sempre una
degradazione che potrebbero mascherare
simulazione della shelf life, ma in condizio-
l’evento primario da monitorare.
ni di conservazione (temperatura, umidi-
• Integratori tempo-temperatura: fanno
tà) più drastiche rispetto a quelle reali in
parte della famiglia degli “imballaggi intelligenti”.
Sono etichette in grado di modificare il proprio colore a seconda delle
condizioni di temperatura a cui è
stato sottoposto il prodotto nel tempo. Qui bisogna avere l’accortezza
di scegliere l’integratore tempotemperatura con la stessa cinetica
dell’evento di degradazione che interessa l’attributo di qualità scelto.
LA DIPENDENZA DAL PACKAGING
«Per una corretta previsione della shelf life dobbiamo anche sapere
che ruolo gioca l’imballaggio — ha
affermato Luisa Torri, che vanta
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una approfondita esperienza nell’ambito
cinetiche delle alterazioni del prodotto.
della ricerca scientifica sul packaging —.
Quando invece il packaging non è imper-
Non sempre la confezione influenza la
meabile a luce e gas, le sue prestazioni
shelf life del prodotto, dipende dalle sue
condizioneranno la conservazione del-
caratteristiche. Se il suo ruolo è passivo
la qualità dell’alimento. In questi casi i
si parla di shelf life prodotto-dipenden-
modelli di previsione sono più complessi
te, se invece è attivo si parla di shelf life
perché devono coniugare le caratteristi-
packaging-dipendente». Il primo caso si
che dell’imballaggio (permeabilità ai gas,
verifica quando l’imballaggio non inte-
alla luce, al vapor d’acqua) con quelle del
ragisce in alcun modo con l’alimento, ad
prodotto.
esempio un imballaggio metallico, che
non lascia passare né luce né gas.
TECNICHE INNOVATIVE
La shelf life dipenderà allora solo dai bio-
PER GLI STUDI DI SHELF LIFE
chimismi propri dell’alimento e i mo-
La relatrice ha concluso il suo intervento
delli di previsione si baseranno sulle
presentando alcune tecniche innovative
Figura 2
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che lei stessa ha avuto modo di speri-
mula il sistema olfattivo umano. Si basa
mentare, quali l’analisi dell’immagine e
sul campionamento dello spazio di te-
l’utilizzo del naso elettronico.
sta di un campione e lo analizza dando
La prima consiste nell’acquisizione
poi una risposta globale. «Non funziona
dell’immagine di un prodotto mediante
come un gascromatografo, il quale è in
tecniche diverse (scanner, fotocamera,
grado di identificare e quantificare tut-
videocamera) e nella sua elaborazione
ti i composti volatili che costituiscono
con software che consentono di ricavare
una miscela gassosa, ma dà la cosiddet-
parametri di aspetto e di interpretarli in
ta “impronta olfattiva” di un aroma», ha
funzione del tempo. In una ricerca con-
osservato l’esperta, chiarendo il concet-
dotta qualche anno fa dal professor Mar-
to con un esempio: «Quando annusiamo
co Riva presso il Distam dell’Università
il caffè lo riconosciamo per l’aroma nel
di Milano, ad esempio, mediante analisi
suo insieme, ma non siamo in grado di
dell’immagine è stato misurato il colore
distinguere le 400 molecole che insieme
della carne bovina macinata. Nella figu-
danno l’aroma. La stessa cosa fa il naso
ra 2 si può osservare come la tinta (Hue)
elettronico, che dà un’idea complessiva
resta stabile più a lungo nel campione
dell’aroma di un prodotto». Fra gli esem-
conservato alla temperatura più bassa.
pi di applicazione riferiti dalla relatrice,
Il tempo dopo il quale la tinta diminui-
uno riguardava il settore dei prodotti it-
sce notevolmente corrisponde al tempo
tici: con l’impiego del naso elettronico è
di stabilità. Un altro lavoro a cui ha par-
stato possibile distinguere branzini fre-
tecipato Luisa Torri ha permesso invece
schi da quelli vecchi. Il naso elettroni-
di valutare, sempre con questa tecnica,
co, che è disponibile in diversi modelli e
l’occhiatura del taleggio, che tipicamen-
dimensioni, compreso il formato porta-
te diventa sempre più intensa durante
tile, può essere utilizzato anche in con-
la maturazione. Misurando questo para-
tinuo, inserendo una sonda in una cella
metro gli autori della ricerca sono riusci-
di stoccaggio e osservando come evolve
ti a determinare il tempo di stabilità del
nel tempo l’aroma dell’alimento. In que-
formaggio in esame.
sto caso può essere utile per studiare, ad
Passando al naso elettronico, come sug-
esempio, l’evoluzione dell’aroma duran-
gerisce il nome, è uno strumento che si-
te la cottura di un prodotto in forno.
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Tecnologie “mild” per prolungare
la shelf life degli alimenti
Andrea Brutti, Ricercatore presso il Dipartimento Tecnologie Innovative,
Stazione Sperimentale delle Conserve Alimentari (SSICA) di Parma
biologico, con shelf life il più possibile
prolungata, minimizzando però i danni
provocati dai trattamenti convenzionali. Nei confronti di questi ultimi si propongono come alternativa, ma anche
come integrazione.
Andrea Brutti ha passato in rassegna
alcune mild technologies, soffermandosi
in particolare sulle alte pressioni, che
sembrano essere le più promettenti.
RISCALDAMENTO OHMICO
Alte pressioni isostatiche, filtrazione
Ormai è una tecnologia abbastanza con-
su membrana, campi elettrici pulsati
solidata, sono molti gli impianti in fun-
(Pulsed Electric Fields), radiofrequenze,
zione che la impiegano (nella figura 3,
microonde, riscaldamento ohmico, pla-
un impianto pilota). Si basa sull’effetto
sma freddo, acqua elettrolizzata: sono
Joule: una corrente elettrica attraversa
tutte tecnologie denominate mild (deli-
l’alimento che, di conseguenza, si ri-
cate) in quanto consentono di ottenere
scalda. Il rendimento di un riscaldatore
alimenti sicuri dal punto di vista micro-
ohmico (ossia la conversione dell’ener-
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Figura 3
gia elettrica in calore) è molto elevato:
cedonie ecc. Presso la SSICA di Parma è
95-96%. È conveniente nei Paesi in cui
stato messo a punto un impianto pilo-
la corrente elettrica ha un costo basso.
ta a riscaldamento ohmico per il tratta-
Il relatore ha fatto notare che si tratta
mento del succo di mandarino, un pro-
comunque di un trattamento termico,
dotto che nei Paesi orientali è richiesto
il cui obiettivo è di fare una pastoriz-
con le caratteristiche cellette del frut-
zazione o una sterilizzazione, ma con
to intatte. Un altro riscaldatore ohmico
velocità di riscaldamento più elevate ri-
installato a Parma è invece costruito
spetto ai trattamenti tradizionali.
appositamente per i liquidi coagulanti
Un altro grande vantaggio è dato dal-
come uova e sangue (quest’ultimo per
la possibilità di trattare efficacemente
il mercato francese) in quanto dotato di
prodotti in pezzi come minestroni, ma-
una cella a getto in cui è stato eliminato
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il tubo posto tra i due elettrodi, che al-
pulsi ad alto voltaggio fino a provocare
trimenti, con questo genere di prodotti
la rottura delle membrane delle cellule
si incrosterebbe.
microbiche (elettroporazione) con mo-
Attenzione però: il riscaldamento ohmi-
desti innalzamenti termici. È applica-
co funziona solo su prodotti che hanno
bile solo ad alimenti liquidi (latte, yo-
una conducibilità. Non va bene, di con-
gurt), sempre in accostamento ad un
seguenza, per oli e grassi.
trattamento termico tradizionale.
RADIOFREQUENZE
ALTE PRESSIONI IDROSTATICHE
Attualmente gli impianti a radiofre-
(HPP - HIGH PRESSURE PROCESSING)
quenza sono utilizzati soprattutto nel
L’impianto (figura 4) ha il suo cuore in
settore dei prodotti da forno, general-
una autoclave idrostatica in cui si cari-
mente per la lievitazione dei dolci da ri-
ca il prodotto preconfezionato. L’auto-
correnza (come panettoni e pandori) o
clave viene quindi pressurizzata pom-
per la rimozione dell’umidità, di solito
pando al suo interno ulteriore fluido
in combinazione con forni tradiziona-
(acqua), il quale trasmette la pressione
li. In Italia qualche azienda li usa anche
al prodotto (principio di Pascal). I prin-
per la pastorizzazione in continuo delle
cipali vantaggi sono i seguenti: tutti i
marmellate.
punti del prodotto vengono sollecitati
Il concetto alla base del loro funziona-
dalla stessa pressione, pertanto i pro-
mento è quello del riscaldamento oh-
dotti restano integri (è possibile, ad
mico: portare il prodotto a una tempe-
esempio, trattare delle fragole immer-
ratura elevata in un tempo più breve
se nel loro liquido senza che collassino
possibile per ridurre il danno termico.
o si rompano); il trattamento avviene
Come il riscaldamento ohmico, le radio-
sostanzialmente a freddo, con bene-
frequenze non vanno bene per prodotti
ficio delle caratteristiche sensoriali
ricchi di olio.
e nutrizionali degli alimenti. L’inattivazione dei microrganismi è legata
CAMPI ELETTRICI PULSATI
all’azione delle elevate pressioni rag-
Si tratta sempre di un’elettrotecnolo-
giunte (600 MPa, sei volte la pressione
gia: all’alimento si applicano brevi im-
che si misura in fondo alla Fossa delle
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Marianne!), che provocano la lisi delle
Ghezzi Alimentari, un’azienda italia-
cellule batteriche.
na di prodotti ittici che, installando un
Proprio perché entrano in gioco pres-
impianto HPP, è riuscita a prolungare
sioni considerevoli, gli impianti pos-
la shelf life del baccalà ammollato (il
siedono
suo prodotto di punta) fino a 40 giorni,
caratteristiche
costruttive
peculiari che ne determinano l’elevato
contro i 3-4 garantiti in precedenza.
costo. Ciononostante si stanno diffon-
Nel settore ittico un’altra interessan-
dendo in diversi mercati (anche italia-
te applicazione della tecnologia HPP
no, seppure in misura molto inferiore
riguarda la sgusciatura dei crostacei
rispetto ad esempio a quello america-
(ostriche, aragoste).
no) per prodotti come succhi di frutta,
Oltre al minore danno termico, il pro-
piatti pronti, salse.
dotto trattato con le alte pressioni va
In alcuni casi il passaggio alle alte pres-
incontro a un calo peso molto minore
sioni ha significato per alcune aziende
rispetto a quello trattato con vapore,
un incremento notevole del proprio
aspetto per nulla trascurabile nel caso
business.
di alimenti così costosi. Presso la SSICA
Il relatore ha portato l’esempio della
di Parma, Brutti e la sua équipe hanno,
tra l’altro, testato con successo
l’HPP
per inattivare
l’Anisakis
nel pesce, il
norovirus nelle vongole e
la Listeria monocytogenes
nei prosciutti
cotti.
Figura 4
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Trattamenti termici di stabilizzazione a
flusso continuo: il controllo automatico
predittivo dei parametri critici per minimizzare il danno sensoriale e nutrizionale
Roberto Massini, ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari, Dip. di Scienze
degli Alimenti, Università di Parma, responsabile scientifico del Centro interdipartimentale SITEIA.PARMA (sicurezza, tecnologia e innovazione alimentare)
«Per fare una valutazione razionale cir-
Nelle produzioni in larga scala a flusso
ca la convenienza delle nuove tecnologie
continuo il controllo di processo non
bisogna che il confronto con le tecnolo-
può essere manuale ma necessariamente
gie convenzionali sia fatto solo dopo che
automatico. «Di solito — ha commentato
queste ultime siano state ottimizzate»,
Massini — si dice che il limite del con-
ha osservato il professor Massini, che ha
messo in luce le criticità degli impianti
tradizionali di pastorizzazione/sterilizzazione dal punto di vista del danno
termico (imbrunimento, perdita di vitamine ecc.) arrecato al prodotto. Impianti
di questo genere funzionano a temperature molto elevate, pertanto il controllo di processo (nel senso di regolazione,
dall’inglese control) è un elemento assolutamente vincolante innanzitutto per
minimizzare gli effetti collaterali non
desiderati (danno termico), ma anche
per ridurre tutte le dissipazioni inutili
e, di conseguenza, i costi di produzione.
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trollo automatico rispetto all’optimum è
zione europea. La regolazione del siste-
dovuto alla mancanza di sensori adatti
ma di riscaldamento è di tipo feedback,
e alla mancanza di conoscenza del pro-
cioè si misura la temperatura in uscita
cesso. Oggi dimostro che ci sono applica-
e, come retroazione, si modula la valvo-
zioni (anche trattamenti termici a flusso
la di entrata del fluido riscaldante. Se la
continuo) per le quali esiste tutta la co-
temperatura di fine riscaldamento (dal-
noscenza tecnologica e ci sono i senso-
la quale dipende quella di sosta termica
ri necessari. Se si applica male è solo a
e, quindi, l’entità della distruzione mi-
causa dell’empirismo ascientifico di chi
crobica) risulta anche istantaneamente
progetta e costruisce gli impianti e di chi
inferiore al limite minimo stabilito in
li utilizza».
fase di progettazione, per garantire la
Il relatore ha analizzato in particolare
sterilità commerciale del prodotto è ne-
uno schema di impianto di sterilizzazio-
cessario: deviare tempestivamente (in
ne tipo, disegnato rispettando le linee
automatico) il flusso del prodotto, così
guida del Codex Alimentarius indiretta-
da non compromettere l’asepsi nel ser-
mente richiamate dalla vigente legisla-
batoio polmone e nella linea di confezionamento; quindi, svuotare l’impianto di
trattamento, lavarlo, detergerlo, risciacquarlo, risterilizzarlo, riportarlo in equilibrio termico e sostituire l’acqua con il
prodotto da trattare. Per fare tutto ciò in
genere si perde almeno un turno di lavoro di quattro ore. Pertanto un tale evento sarebbe accettabile solo se accadesse
raramente. In pratica, invece, questi impianti hanno frequenti casi di deviazione
per bassa temperatura perché non sono
sotto controllo le molteplici variabili che
influiscono: temperatura e portata del
prodotto in ingresso, temperatura e/o
portata del fluido riscaldante. I costrut-
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tori di impianti hanno perciò pensato di
e chiudere la valvola di immissione del
inserire un riciclo corto a caldo, a monte
fluido riscaldante. Questo tipo di con-
della parte asettica, che si attiva quando
trollo si chiama a loop chiuso feedback,
la temperatura di riscaldamento è insuf-
cioè retroattivo. Il controllo feedback è
ficiente e permette di riprendere diretta-
generalmente utilizzato perché non im-
mente la produzione quando la corretta
plica la necessità di conoscere il proces-
temperatura è stata ristabilita. Massini
so, ma presenta forti limiti: anzitutto è
ha però spiegato che, a causa dell’assen-
necessaria una accurata sintonizzazione
za di sovrappressione del fluido e, talora,
delle funzioni PID (progressiva, integrale
anche di una non idonea lunghezza del
e derivativa) che pochi sono in grado di
tubo compreso tra il sensore di tempe-
fare, ma comunque la regolazione non è
ratura e la valvola di riciclo corto, non si
efficace in presenza di rapide variazioni
può garantire l’effettivo mantenimento
dei parametri operativi (quali gli inevita-
della asepsi. Il relatore ha preso in esa-
bili transitori di sostituzione dell’acqua
me anche il problema del tempo di rispo-
con il prodotto e quelli di portata).
sta dei sensori di temperatura e degli at-
Il tipo di controllo suggerito dal professor
tuatori, che in genere è all’origine della
Massini è invece denominato feedforward
sottostima delle oscillazioni di tempera-
(predittivo), e permette di ridurre mol-
tura rapide e delle corrispondenti cadu-
tissimo la banda di oscillazione. L’aper-
te di valore sterilizzante applicato. Per
tura della valvola del fluido riscaldante
cercare di ridurre le deviazioni di tem-
in questo caso è preregolata mediante
peratura al minimo generalmente si im-
un algoritmo in funzione delle variazio-
piega un controller (o regolatore), di soli-
ni dei parametri in ingresso misurabili
to un PLC (Programmable Logic Controller)
con normali sensori. Lo schema di im-
il quale, acquisito il segnale dal senso-
pianto resta quello di Codex Alimentarius
re, ne calcola l’errore rispetto al valore
e il costo aggiuntivo della preregolazio-
prefissato (set point) e, se questo esce dal
ne feedforward, compresa la competenza
range di tolleranza fissato (banda di tol-
necessaria per il corrispondente algorit-
leranza), calcola la eventuale azione cor-
mo, è largamente inferiore al costo della
rettiva e invia un corrispondente segna-
componentistica per le varianti di “rici-
le all’attuatore. Quest’ultimo fa aprire
clo corto”.
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Il Challenge Test Integrato, un nuovo
approccio per la valutazione quantitativa
del rischio Listeria nei prodotti RTE
Marco Romani, direttore scientifico Silliker Italia
Visto l’elevato tasso di mortalità della li-
mo tasso di crescita giornaliero). Il primo
steriosi e la crescente richiesta di alimen-
è uno studio sperimentale realistico, che
ti pronti per il consumo, il Regolamento
permette di definire qual è la concen-
(CE) n. 2073/2005 e, successivamente,
trazione massima di Listeria al tempo 0
l’Agenzia francese per la sicurezza alimentare (AFSSA) hanno gettato le fondamenta per effettuare una stima quantitativa del rischio di Listeria monocytogenes.
Lo studio di questo rischio è stato effettuato attraverso il challenge test, una prova di laboratorio con lo scopo di valutare
la crescita del patogeno inoculato artificialmente in un alimento.
Nel novembre 2008 l’AFSSA ha, nello specifico, emanato due metodi per la valutazione del rischio di Listeria monocytogenes
nei prodotti ready to eat che supportano la
crescita di questo microrganismo: Growth
Potential (valutazione del potenziale di
crescita) e Maximum Growth Rate (massi-
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(prodotto appena fatto) per evitare che si
mette di stabilire la concentrazione del
superino le 100 ufc/g alla fine della shelf
patogeno ogni giorno della shelf life. Ha
life (valore limite stabilito dalla norma-
però il limite di basarsi solo sul tasso di
tiva comunitaria). Al cambiare del tem-
crescita, senza tener conto né della fase di
po di scadenza e/o della temperatura di
latenza (tempo necessario al microrgani-
stoccaggio bisogna però allestire ex novo
smo, dopo la contaminazione, per inizia-
il test.
re a moltiplicarsi) né di quella staziona-
Il Maximum Growth Rate è invece uno stu-
ria (quando, il microrganismo smette di
dio sperimentale che si avvale della mi-
aumentare in numero) della crescita dei
crobiologia predittiva. Ha due vantaggi:
microrganismi né della flora lattica indi-
se cambiano le condizioni di temperatura
gena, che è molto importante in quanto
e/o di tempo non occorre ripetere il test
può produrre sostanze con attività anti-
(è sufficiente ricalcolare il tasso di cre-
microbica come acidi organici, perossidi
scita alle nuove condizioni), e in più per-
e batteriocine che inducono l’entrata in
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fase stazionaria di Listeria monocytogenes .
È stata innanzitutto identificata la flora
Per ovviare a questi limiti, Silliker pro-
lattica predominante (Leuconostoc mesen-
pone un nuovo metodo denominato
teroides), e le sostanze antimicrobiche da
Challenge Test Integrato in quanto integra
essa prodotta (acidi organici, quali aceti-
i dati relativi alla fase di latenza, al tasso
co e lattico). In seguito i campioni sono
di crescita e alla fase stazionaria sia della
stati inoculati con tre ceppi diversi di Li-
flora lattica che di Listeria.
steria monocytogenes e incubati a tre tem-
Tale test permette di stabilire la concen-
perature diverse (4, 8 e 12°C). I calcoli pre-
trazione di Listeria monocytogenes tutti i
dittivi sono stati effettuati sulla base di
giorni della shelf life, conoscendo la con-
due diversi approcci; uno basato sulla dif-
centrazione della flora antagonista e del
ferenza di tempo (giorni) che intercorre
patogeno in un qualsiasi giorno della
tra l’entrata in fase stazionaria della flora
stessa.
lattica e di L. monocytogenes, e l’altro sulla
«Siamo partiti da un’analisi giornaliera
concentrazione critica di flora lattica tale
del prodotto, quantificando Listeria mono-
da indurre l’inibizione del patogeno.
cytogenes (che avevamo inoculato al tem-
Romani ha riferito con soddisfazione
po 0) e flora lattica (tipicamente presente
come, applicando il metodo da lui svilup-
nel prodotto) — ha spiegato il relatore —
pato, è riuscito a dimostrare alla catena
Tramite il Combase (software predittivo)
distributiva che commercializza questo
abbiamo ottenuto una curva che ci indi-
prodotto, che un prodotto in vendita, nel
ca: quanti giorni dura la fase di latenza,
quale era stata rilevata la presenza di Li-
quando inizia la fase stazionaria, il tasso
steria monocytogenes, non avrebbe causato
di crescita (espresso in logaritmi al gior-
problemi di sicurezza poiché la concen-
no) e la concentrazione logaritmica del
trazione del microrganismo si sarebbe
microrganismo nella fase stazionaria».
mantenuta al di sotto del limite di legge
Marco Romani ha spiegato come funziona
grazie alla presenza della flora lattica an-
il Challenge Test Integrato portando come
tagonista.
esempio applicativo i risultati di un lavo-
In conclusione, il relatore ha riassunto i
ro da lui condotto sul paté di fegato, un
punti di forza del Challenge Test Integrato:
tipico prodotto usato per la preparazione
“È un modello predittivo molto realistico;
dei “crostini toscani”.
conoscendo la concentrazione della flora
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lattica e di L. monocytogenes in qualsiasi
risulta sempre 100 ufc/g in ogni momen-
momento della shelf life, consente di pre-
to della shelf life per cui non è necessario
dirne la concentrazione iniziale, la mas-
eseguire altri studi. Anche in caso di cre-
sima concentrazione giornaliera per non
scite abnormi di Listeria monocytogenes
superare le 100 ufc/g e la massima con-
non conviene fare altre indagini. Risulta
centrazione al termine della shelf life”.
invece molto utile effettuare il Challenge
L’approccio consigliato è il seguente: in-
Test Integrato nelle seguenti concomitan-
nanzitutto conviene eseguire il challenge
ti circostanze:
test col metodo del Growth Potential.
- il Growth Potential è maggiore di 0,5 Log
Se il valore del Growth Potential non supera
ma comunque non molto elevato;
gli 0,5 Log, cioè se non viene dimostrata
- esiste una flora microbica competitrice
una reale crescita del patogeno nel pro-
efficace e uniformemente distribuita nel
dotto, il limite di Listeria monocytogenes
prodotto.
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food&tec
Esempi applicativi di previsione della
shelf life: casi aziendali di test accelerati
e modelli predittivi
Alessandro D’Alessandro, Research manager di Barilla
Ogni anno Barilla conduce almeno cen-
La procedura che D’Alessandro ha ri-
tocinquanta progetti di ricerca nei suoi
percorso ha come prima tappa la ricer-
sei centri di sviluppo dislocati in Italia,
ca di un marker capace di dare un’idea
Stati Uniti, Francia, Germania, Russia e
dell’invecchiamento del prodotto. Se si
Svezia, e lancia qualcosa come cinquan-
conosce già bene il prodotto è piuttosto
ta nuovi prodotti. Tenuto conto di que-
semplice individuare il marker più adat-
sti numeri importanti, diventa basilare
to. In alternativa, si eseguono ricerche
arrivare il più velocemente possibile
bibliografiche e/o test preliminari ac-
a capire quali sono i prototipi giusti e
celerati (si induce l’invecchiamento in
quale sarà la shelf life del prodotto fina-
un prodotto simile o in un prototipo e
le. In che modo? Con gli studi di shelf
si vede cosa succede). Una volta indivi-
life, essenzialmente raggruppabili in
duato il marker, si studia la sua cinetica
due tipologie: test di stabilità relativa e
accelerata e la si confronta con la velo-
test previsionali.
cità della reazione di degradazione dei
prototipi.
TEST DI STABILITÀ RELATIVA
Per chiarire meglio il relatore ha por-
Sono utili per mettere a confronto un
tato tre esempi di studi di stabilità re-
prodotto standard con alcuni prototipi
lativa da lui condotti su alcuni prodotti
allo scopo di vedere qual è il più stabile
Barilla.
nel corso della conservazione.
Esempio 1: pasta cotta pronta per il con-
food&tec
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21
sumo shelf stable (conservabile a tempe-
film erano sostanzialmente equivalenti
ratura ambiente). La finalità dello stu-
dal punto di vista della shelf life di tale
dio era di capire se due differenti film di
prodotto. «Si trattava di una caso sem-
chiusura della vaschetta influenzavano
plice, tuttavia ci sono voluti tre mesi
in modo diverso la shelf life del prodot-
per poter dare una risposta», ha com-
to oppure potevano essere considerati
mentato l’esperto di Barilla.
equivalenti. Come marker è stato scelto
Esempio 2: tortellini ricotta e spinaci.
il colore, anche perché risulta facilmen-
In questo caso l’obiettivo era di valu-
te misurabile. Si è visto che nell’arco dei
tare otto ricette che differivano per il
120 giorni in cui è stato eseguito il test,
tipo di olio impiegato. È stata misura-
il colore dei campioni cambiava nel
ta la stabilità all’ossidazione mediante
tempo in maniera simile nei due gruppi
oxitest (figura 5), uno strumento che mi-
di campioni confezionati con i due film
sura quanto ossigeno viene consumato
diversi. Si è pertanto concluso che i due
dal campione (anche matrici complesse
come il tortellino con il suo ripieno).
Come risultato si ottengono il tempo
Figura 5
di induzione (cioè dopo quanto tempo
il prodotto si ossida) e la velocità a cui
avviene la reazione di ossidazione. Poiché la shelf life del prodotto era di nove
mesi, il test è stato accelerato sottoponendo i campioni a una temperatura di
90°C per 120 ore. Al termine del test è
stato possibile individuare le ricette
con la stabilità relativa migliore rispetto alla ricetta standard. Lo studio di shelf
life classico, quindi, è stato poi condotto
solo su quelle anziché su tutte.
Esempio 3: tortellini al formaggio. Il
degrado di questi prodotti durante la
shelf life era legato all’imbrunimento
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food&tec
non enzimatico dovuto alla reazione
di Maillard. Sono stati perciò misurati i composti di Maillard mediante determinazione della fluorescenza di un
estratto acquoso del prodotto. Nell’arco di ventiquattro giorni i ricercatori
di Barilla sono riusciti a stabilire quale
fosse la ricetta più stabile.
TEST PREVISIONALI
Figura 6
D’Alessandro li ha definiti come gli studi
più sfidanti. Sono utili per ottenere indi-
con le quali è stata costruita la retta che
cazioni sulla shelf life finale dei prodotti.
permette di prevedere quale sarà la co-
Anche nei test previsionali bisogna co-
stante di velocità a diverse temperature
noscere bene il marker che “spiega” il
(equazione di Arrhenius). Utilizzando
degrado del prodotto e stabilire a quale
questa retta è stato così predetto che
valore del marker il prodotto è da rite-
conservando il prodotto a 25°C la sua
nersi non più accettabile. Il relatore ha
shelf life è di cento giorni. Tale risultato
portato due esempi applicativi di test
è stato confermato analiticamente, fa-
previsionali, dei quali uno solo ha avuto
cendo le analisi di controllo su campio-
un buon esito, a dimostrazione del fat-
ni mantenuti a 25°C.
to che tali studi richiedono una grande
Esempio 2: tortelloni ricotta e spinaci.
cautela nell’interpretare i risultati.
Come marker per studiare la shelf life di
Esempio 1: purea di frutta (figura 6).
questi prodotti è stata scelta la clorofil-
Dopo varie prove è stato stabilito come
la, e in particolare il rapporto tra la clo-
marker il colore (scala CIE Lab). I cam-
rofilla e una molecola che si forma dalla
pioni sono stati conservati a quattro
sua degradazione, la feofitina. In questo
temperature (30, 35, 40, 45°C, oltre il
caso il test previsionale portava a risul-
controllo a 25°C) e analizzati a sei tempi
tati molto diversi dalle analisi condotte
diversi. Per ciascuna temperatura sono
sui campioni in condizioni reali. Nello
state ricavate le costanti di velocità,
specifico, con i test previsionali si sti-
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mava una shelf life di quarantadue gior-
e tenendo conto della necessità di di-
ni, mentre dalle analisi di controllo ri-
sporre di un campionamento “robusto”
sultava una shelf life di ottantuno giorni.
per poter replicare le analisi. Ciò impli-
Il modello, evidentemente, non funzio-
ca un importante aggravio in termini di
nava e solo in seguito si è capito il per-
lavoro.
ché: nella degradazione della clorofilla
I risultati vanno comunque confrontati
da un certo momento in poi il rapporto
con risultati dei test sensoriali, ai quali
tra clorofilla e feofitina rimane costan-
spetta sempre l’ultima parola.
te.
Il messaggio che ha voluto dare Alessandro D’Alessandro attraverso questo
esempio è che i test previsionali vanno
sempre “maneggiati con cura”, facendo
grande attenzione alla scelta del marker
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food&tec
Shelf Life Conference: laboratorio
di analisi sensoriale per la valutazione
della shelf life degli alimenti
Silvia Abbà, Biofortis Sensory & Consumer, Silliker Spa
A proposito di analisi sensoriale, Silvia
nella validazione e controllo della shelf
Abbà ne ha parlato come strumento in-
life dei prodotti alimentari», ha detto,
dispensabile ed efficace per la determi-
presentando una procedura operativa
nazione e la validazione della shelf life. «È
basata sui test sensoriali messa a punto
importante sia nella determinazione che
dal comitato di ricerca di Biofortis, business unit di Silliker dedicata, appunto,
all’analisi sensoriale e alle ricerche di
marketing.
La procedura in questione propone un
approccio bilaterale alla determinazione e controllo della shelf life dei prodotti alimentari, che tiene conto da un lato
di un criterio di tipo oggettivo affidato
a giudici addestrati ai metodi sensoriali
e in grado quindi di esprimere giudizi
tecnici-obiettivi sulla qualità percepita,
e dall’altro del giudizio puramente soggettivo espresso dai consumatori. Tale
approccio vuole spiegare come evolve
la qualità sensoriale del prodotto du-
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rante la sua conservazione, e scoprire
descrivono la qualità sensoriale del pro-
fino a che punto tale evoluzione rima-
dotto “fresco” (standard); individuare il
ne nell’area dell’accettabilità per chi lo
livello entro il quale la qualità sensoriale
consuma.
rimane inalterata rispetto allo standard
La relatrice ha dapprima chiarito qual è
(prodotto atteso); valutare a quale livel-
l’obiettivo dello studio sensoriale, ossia
lo il prodotto conservato mostra cambia-
valutare la qualità sensoriale dei prodot-
menti della qualità sensoriale rimanendo
ti durante la loro vita per fornire indi-
tuttavia ancora accettabile (area di ac-
cazioni utili sull’evoluzione della quali-
cettabilità); determinare il punto in cui il
tà sensoriale originale, durante diversi
prodotto presenta modifiche sostanziali
step della vita del prodotto, in modo da
della qualità sensoriale tali da non essere
cogliere quei cambiamenti in grado di
più commestibile (punto finale).
comprometterne il gradimento e de-
La tabella di marcia di uno studio senso-
ludere le aspettative del consumatore.
riale prevede le seguenti tappe:
Per raggiungere questo obiettivo biso-
- selezionare il “prodotto standard”
gna: individuare le caratteristiche che
(campione impiegato come confronto);
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food&tec
-
stabilire
condizioni
le
di
conservazione
(ideali, effettive,
estreme);
- scegliere i campioni da sottoporre allo studio
di shelf life (rappresentativi della produzione ed, even-
di 10-12 giudici addestrati.
tualmente, della sua variabilità);
Un test descrittivo è strutturato in tre
- definire i tempi del controllo (tempo
fasi:
zero o di base, almeno due punti inter-
1 - fase qualitativa: addestramento sulla
medi, punto finale atteso);
matrice specifica e descrizione delle va-
- programmare la numerosità del cam-
riabili sensoriali;
pione (in funzione dei tempi del control-
2 - fase quali-quantitativa: definizione e
lo, delle condizioni di conservazione, ad
scelta dei riferimenti quali-quantitativi
esempio a differenti temperature, dal
per ciascuna variabile, definizione delle
tipo di test sensoriale).
scale di intensità;
3 - fase quantitativa: assegnazione di
TEST DESCRITTIVO
punteggi su scala da 1 a 9, espressione
Silvia Abbà ha spiegato in cosa consisto-
dell’intensità di ciascuna variabile sen-
no i test sensoriali, distinguendone due
soriale confrontata con il riferimento
tipologie: test descrittivi e product test. I
quali-quantitativo, presentazione mona-
test descrittivi vengono condotti secon-
dica e randomizzata dei campioni, rea-
do la norma UNI EN ISO 13299 (Guida
lizzazione di tre repliche.
Generale per la definizione del profilo
I risultati si elaborano con l’analisi stati-
sensoriale), che prevede l’esecuzione dei
stica basata sull’analisi della varianza a
test in ambiente controllato (cabine di
tre fattori (campioni, giudici, repliche).
assaggio realizzate secondo le indicazio-
Sui dati si fa poi un test del confronto
ni della norma UNI ISO 8589) e l’impiego
multiplo (LSD, Differenza Minima Signi-
food&tec
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ficativa) per capire quali sono i campioni
le e/o altre caratteristiche del prodotto
che risultano eventualmente diversi.
(aspetto, odore ecc.).
L’esperta di Biofortis ha quindi messo in
guardia il pubblico dai punti critici che
LABORATORIO PRATICO
si possono incontrare quando si appli-
L’intervento si è concluso con un labora-
ca l’analisi sensoriale allo studio della
torio pratico in cui il pubblico ha parte-
shelf life: rispetto delle condizioni di base
cipato attivamente all’esecuzione dei test
dell’analisi sensoriale (aree a norma, tem-
sensoriali sopra descritti (test descrittivo
peratura degli ambienti e dei prodotti
e product test) su un alimento scelto a ti-
ecc.), coinvolgimento dello stesso grup-
tolo puramente esemplificativo (biscotti
po di giudici nei diversi step dello studio,
frollini).
controllo della deriva del panel attraverso
I partecipanti si sono così lasciati coinvol-
test di ripetibilità e riproducibilità, crea-
gere con interesse in un momento inte-
zione di riferimenti esterni per standar-
rattivo in cui, sotto la guida di Silvia Abbà,
dizzare le scale di valutazione.
hanno assunto il doppio ruolo inconsueto
di giudice addestrato e consumatore. Da
PRODUCT TEST
un lato quindi hanno assaggiato il prodot-
Il product test si svolge parallelamente al
to (campioni standard e campioni sotto-
test descrittivo. Prevede il coinvolgimen-
posti a invecchiamento accelerato), indi-
to di almeno cento consumatori che siano
viduato i descrittori sensoriali più adatti
heavy consumer dei prodotti in test e che
e, infine, assegnato i punteggi a ciascun
corrispondano a un target ben preciso
descrittore e dall’altro, sugli stessi cam-
(età, sesso, abitudini di consumo del pro-
pioni, hanno espresso un giudizio di gra-
dotto). I prodotti che vengono analizzati
dimento.
con il product test sono gli stessi sottopo-
Al termine della presentazione sono stati
sti al test descrittivo. La valutazione, che
presentati, attraverso una case history su
avviene secondo uno schema randomiz-
pasta fresca per celiaci, i risultati della
zato a blocchi completi (tutti i consuma-
correlazione tra i dati sensoriali e quelli
tori devono valutare tutti i prodotti), sarà
di gradimento allo scopo di determinare
espressa attraverso l’assegnazione di un
il punto finale della shelf life sensoriale del
punteggio da 1 a 9 al gradimento globa-
prodotto.
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ottobre 2012
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