Algebre a stringa: uso di una filtrazione funtoriale per la classificazione dei loro moduli indecomponibili e delle loro mappe irriducibili Giovanni Cerulli Irelli Il materiale di riferimento per questa lezione é [2], [3], [1]. In tutta la lezione K é un campo algebricamente chiuso. Le algebre saranno sempre K–algebre finito–dimensionali e i moduli saranno moduli finito–dimensionali. In questa lezione analizzeremo la teoria delle rappresentazioni di una classe di algebre finito dimensionali, chiamate algebre a stringa. La definizione generale di queste algebre é stata data da Butler e Ringel nell’articolo summenzionato [2], ed é basata su due lavori precedenti, in cui si studiavano casi particolari: il primo é di Gelfand e Ponomarev in un articolo sullo studio delle rappresentazioni del gruppo di Lorentz [4]. Il secondo é il lavoro di Ringel sullo studio delle rappresentazioni dei gruppi diedrali [5]. Per queste algebre vale un teorema di classificazione degli indecomponibili che generalizza la teoria dei blocchi di Jordan. In effetti la teoria delle rappresentazioni di queste algebre si basa su un’interpretazione funtoriale della teoria dei blocchi di Jordan. 0.1 Stringhe e bande Cominciamo dando la definizione. Sia A = KQ/P un’algebra presentata da un quiver finito Q = (Q0 , Q1 , s, t) con relazioni P. Indichiamo con Γ il grafo non–orientato ottenuto da Q dimenticandone l’orientazione. Spesso scriveremo Q = (Γ, Λ), dove Λ indica l’orientazione di Γ che produce Q. Componiamo le frecce come funzioni, per cui date due frecce α e β tali che s(α) = t(β) scriviamo β◦α per il cammino composto facendo prima α e poi β. Definizione L’algebra A si dice un’ algebra a stringa se 1. in ogni vertice di Q entrano al piú due frecce ed escono al piú due frecce; 2. esistono cammini P1 , · · · , Pt di lunghezza maggiore o uguale di 2 sul quiver Q (ovvero concatenazioni di almeno due frecce) tali che P = (P1 , · · · , Pt ); 3. data una freccia α di Q, esiste al piú una freccia β tale che β ◦ α ∈ /P ed al piú una freccia γ tale che α ◦ γ ∈ / P. 4. A é finito–dimensionale. 1 Tipicamente le algebre a stringa hanno loop, anche se non necessariamente. La condizione (i) e (iii) implicano che “arrivando ad un bivio tramite una freccia, si puó seguire al piú una strada”; queste ipotesi garantiscono quindi che nel passeggiare sul quiver, non ci sono scelte da fare, a parte il vertice da cui partire ed il vertice a cui arrivare. Le relazioni P1 , · · · , Pt si dicono zero–relazioni. Questo nome é motivato dal fatto che dato un A–modulo M, la composizione delle mappe lineari corrispondenti alle frecce che formano Pi é zero. Si tratta di un’ipotesi molto restrittiva. Esempi tipici di relazioni che non sono zero–relazioni, sono le relazioni di commutazione come ad esempio la seguente α2 ?• α1 ?• • α3 α1 ◦ α2 − α4 ◦ α3 α4 • In questo caso l’algebra agisce su uno spazio vettoriale con quattro operatori lineari A1 , A2 , A3 , A4 tali che A2 A1 = A4 A3 . Questo tipo di algebre non rientra nella classe delle algebre a stringa. Esempi tipici di algebre a stringa sono i seguenti: • ) = K[T ]/(T n ) (1) )/(α2 , β 2 , (α ◦ β)n ) (2) 9 • )/(α K( α n • 9•e K( α β • L’algebraa delle matrici triangolari inferiori: / K( • • K( • / • / ··· / / • / • • / ··· •e α • /• )/(α2 ) α K( • β / • γ 2 / • )/(α2 , γ ◦ β) ) • • K • α1 6 ( α2 6 • α3 ( • • α4 /(α2 ◦ α1 , α3 ◦ α4 ) • L’algebra di Kronecker b K( 1 ! >2 ) a Non sono invece algebre a stringa le seguenti: • • α1 • α4 • α1 ( α2 6 • α3 ( • 6• • ( 6• • α2 / • α4 Definizione 0.1.1 Una stringa in Γ é una concatenazione • c1 • c2 • ··· • cn−1 • cn • di lati di Γ tali che ci 6= ci+1 a meno che ci non sia un laccio. Non distinguiamo tra la stringa c1 c2 · · · cn−1 cn e la stringa cn cn−1 · · · c2 c1 , ovvero consideriamo due stringhe equivalenti se una é uguale all’altra leggendola da destra a sinistra invece che da sinistra a destra. Denotiamo con Pi la stringa di Γ indotta dal cammino Pi (i = 1, · · · , t). Una stringa su A é l’orientazione indotta da Λ di una stringa di Γ tale che: 1) non contenga nessun Pi e 2) se contiene due lacci consecutivi allora essi sono componibili (“non é permesso percorrere un lato prima in un verso e subito dopo nel verso opposto”). Denotiamo con W l’insieme delle classi di equivalenza di tutte le stringhe su A. 3 Si noti che una stringa su A é colorata da Q nel seguente senso: ogni lato ci di una stringa C corrisponde ad una freccia α di Q, ed ogni vertice di C corrisponde ad un vertice di Q. Tipicamente, piú lati di C corrispondono ad una stessa freccia di Q e similmente piú vertici di C corrispondono ad uno stesso vertice di Q. Ad esempio, per l’algebra A data in (2) la seguente é una stringa • • α • β • ~ β ~ α • mentre la seguente non lo é • • α • • ~ α ~ α • β poiché contiene α ◦ α = α2 come sotto–cammino. Un altro esempio di cammino che non é una stringa é dato dalla seguente orientazione di un cammino sul grafo Γ dell’algebra data in (1): • • α • α Infatti i due lati etichettati da α non sono componibili. E’ uso comune rappresentare le stringhe come diagrammi a zig–zag, in cui tutti i lati puntano verso il basso. Date due stringhe C e D possiamo comporle in maniera ovvia: se esse sono concatenabili, allora diciamo che la composizione D ◦ C e’ la loro concatenazione, altrimenti diciamo che la composizione non é definita. Si noti che una stringa non é un elemento dell’algebra A, in generale. L’interesse per le stringhe nasce dal fatto che ad ognuna di esse é associato naturalmente un A–modulo (che dimostreremo essere indecomponibile) come segue: Definizione 0.1.2 Sia C ∈ W una stringa su A. Dunque C sará della forma cn−1 c1 c2 cn • • • ··· • • • 4 Siano u1 , · · · , un+1 i vertici di C numerati in modo che ci sia il lato compreso tra ui ed ui+1 . Sia M (C) uno spazio vettoriale di dimensione n+1 con vettori di base indicizzati dai vertici di C come z(u1 ), · · · , z(un+1 ). Per dare ad M (C) una struttura di A–modulo é sufficiente definire l’azione delle frecce. Sia dunque α una freccia di Q e siano ci1 , · · · , cik i lati di C colorati da α. Se k = 0, ovvero se α non appare nella stringa C, allora α agisce come zero. Se invece k ≥ 1, α manda il vettore (corrispondente alla) sorgente di ognuno di essi, nel vettore (corrispondente al) vertice terminale. Su tutti gli altri vettori di base α agisce come zero. Si noti che la definizione é ben posta, nel senso che l’algebra A agisce effettivamente sullo spazio vettoriale M (C). Infatti, per definizione, le stringhe su A evitano le relazioni P1 , · · · , Pt . Lo zoccolo di M (C) é generato dai vettori di base che corrispondono ai vertici di C che si trovano nei pozzi della rappresentazione della stringa C come un diagramma a zig–zag. Dualmente, il top di M (C) é generato dai vettori di base che corrispondono ai vertici che si trovano nei picchi. Questo giustifica la rappresentazione a zig–zag. Data una stringa C = c1 · · · cn con vertici u1 , · · · , un+1 numerati come nella definizione precedente, é conveniente utilizzare la seguente notazione: scriviamo C = cn ◦ · · · ◦ c2 ◦ c1 per denotare che stiamo percorrendo la stringa da sinistra a destra (ovvero leggiamo cn dopo cn−1 dopo · · · dopo c2 dopo c1 ). ci ui+1 é colorato da una Nel percorrere la stringa in questo senso se ui freccia α che punta verso ui , e quindi in direzione contraria rispetto all’orientamento che abbiamo dato alla stringa, allora scriviamo ci = α−1 . Diciamo che una stringa é diretta se é composta da tutte frecce di Q, e diciamo che é inversa se é la composizione di inversi di frecce di Q. Ovviamente una stringa diretta é equivalente ad una stringa inversa, ma questa terminologia ci sará utile nel seguito, quando dovremo spezzettare una stringa in sottostringhe alternativamente inverse e dirette, in conformitá con la sua rappresentazione a zig-zag. Facciamo un esempio: consideriamo l’algebra di Kronecker b A = K( 1 a 5 ! >2 ) e le seguenti stringhe su A (b−1 ◦ a)2 = 1 1 1 b a b a 2 a ◦ (b−1 ◦ a) = 1 2 1 b a a 2 b ◦ (a−1 ◦ b) = 1 2 1 a b (a ◦ b−1 )2 = b 2 1 2 1 b b a 2 a 2 2 La stringa (b−1 ◦ a)2 é la composizione di 4 sottostringhe, di cui due dirette e due inverse. I corrispondenti moduli sono M ((b−1 ◦ a)2 ) = M (a ◦ (b−1 ◦ a)) = K3 ϕ1 M (b ◦ (a−1 ◦ b)) = ϕ2 1 K2 K2 J2 K2 K2 K2 K2 M ((a ◦ b−1 )2 ) = ϕt1 1 K3 J2 ϕt2 dove ϕ1 : K 3 → K 2 é la proiezione sui primi due vettori di base e ϕ2 : K 3 → K 2 é la proiezione sui secondi due vettori di base. É chiaro che le stringhe su A sono le seguenti (b−1 ◦ a)n , a ◦ (b−1 ◦ a)n−1 , b ◦ (a−1 ◦ b)n−1 , (a ◦ b−1 )n , 1, 2, per ogni n ≥ 1. I corrispondenti moduli a stringa formano un insieme proprio dell’insieme delle isoclassi dei moduli indecomponibili. I moduli mancanti 6 sono i seguenti: Kn 1n Kn (3) Jn (λ) per λ ∈ K \ {0}. Questi moduli si chiamano moduli a banda e sono definiti per ogni algebra a stringa nel seguente modo. Definizione 0.1.3 Una banda su A é una stringa C ∈ W su A tale che la composizione C n é definita (e quindi é una stringa) per ogni n ≥ 1, ed inoltre C non é una potenza di un’altra stringa. In particolare una banda B comincia e finisce nello stesso vertice di Q e proviene da un cammino B • c1 • c2 • ··· • cn−2 • cn−1 • cn chiuso su Γ. I vertici di B sono quindi n e non n + 1 (il vertice finale coincide con il vertice iniziale). Diciamo che due bande sono equivalenti se una si ottiene dall’altra tramite una rotazione. Denotiamo con B l’insieme delle classi di equivalenza delle bande su A. Ad esempio, nell’algebra di Kronecker, la stringa ab−1 é l’unica banda (a meno di equivalenze) e ad essa é associata la famiglia di moduli (3). Similmente, per una banda su un’algebra a stringa A associamo una famiglia di moduli nel modo seguente. Definizione 0.1.4 Sia D ∈ B una banda su un’algebra a stringa A. Dato comunque un intero n ≥ 1 ed un elemento λ ∈ K \ {0} definiamo il modulo a banda M (D, n, λ) come segue: ad ogni vertice di D associamo lo spazio vettoriale K n ; scegliamo arbitrariamente una freccia di D a cui associamo il blocco di Jordan invertibile Jn (λ) e alle restanti frecce associamo l’identitá. Il seguente risultato, che si dimostra usando le filtrazioni funtoriali, é dovuto a Butler e Ringel [2, Sezione 3]. Teorema 0.1.5 L’insieme {M (C)| C ∈ W} e l’insieme {M (D, n, λ)| D ∈ B, λ ∈ K \ {0}, n ≥ 1} formano l’insieme completo delle isoclassi degli A–moduli indecomponibili. 7 0.1.1 Mappe irriducibili Butler e Ringel in [2] descrivono esplicitamente tutti i morfismi irriducibili di un’algebra a stringa, ovvero tutte le successione di Auslander e Reiten (AR) o almost split. Per i moduli a banda la cosa é piuttosto semplice: le successione AR che cominciano in un modulo a banda sono le seguenti 0 / M (D, n, λ) / M (D, n + 1, λ) ⊕ M (D, n − 1, λ) / M (D, n, λ) per ogni D ∈ B, n ≥ 1 e λ ∈ K \ {0} (per n = 0 poniamo M (D, 0, λ) := 0). Infatti esse sono indotte dalle successioni AR nella categoria dei moduli per l’algebra K[T, T −1 ]. La classificazione delle successioni AR che partono da un modulo a stringa, si basa sulla seguente osservazione chiave, che segue dagli assiomi che definiscono A: data comunque una stringa C di lunghezza maggiore di zero esiste al piú una freccia β di Q tale che C ◦ β é definita ed al piú una freccia γ tale che C ◦ γ −1 é definita. Abbiamo bisogno della seguente definizione Definizione 0.1.6 Diciamo che la stringa C su A comincia in un picco se non esiste una freccia β di Q tale che C ◦ β é definita. Diciamo che la stringa C su A comincia in un pozzo se non esiste una freccia β di Q tale che C ◦ β −1 é definita. Dualmente, diciamo che la stringa C su A finisce in un picco se non esiste una freccia β di Q tale che β −1 ◦ C é definita. Diciamo che la stringa C su A finisce in un pozzo se non esiste una freccia β di Q tale che β ◦ C é definita. Supponiamo che C non cominci in un picco. possiamo attaccare un uncino sinistro: hC Allora, alla sinistra di C • = • • • • C • ed ottenere la stringa h C che comincia in un pozzo (il pedice h sta per “hook”). (In altre parole un uncino sinistro é la composizione di una stringa 8 / 0 inversa che comincia in un pozzo con una freccia.) Supponiamo che C non termini in un picco. Allora alla destra di C possiamo attaccare un uncino destro: • Ch = • C • • • • ed ottenere la nuova stringa Ch che finisce in un pozzo. (In altre parole un uncino destro é la composizione di una stringa diretta che finisce in un pozzo con una freccia inversa.) Supponiamo che C non cominci in un pozzo. Allora alla sinistra di C possiamo attaccare un councino sinistro: c C= • • • • • C • ed ottenere la nuova stringa c C che comincia in un picco. Supponiamo che C non termini in un pozzo. Allora alla destra di C possiamo attaccare un councino destro: Cc = • • • C • • • ed ottenere la nuova stringa C c che finisce in un picco. Le seguenti sono tutte le succession AR che cominciano con un modulo a stringa. Trattiamo prima i casi “degeneri”: 9 • Sia β una freccia di Q, e sia B = B2 ◦ β ◦ B1 la stringa piú corta, contenente β e che cominci in un pozzo e termini in un picco: •O B= β • • /• B2 B1 Allora abbiamo una successione esatta con termine intermedio indecomponibile 0 / / M (B2 ) M (B) / M (B1 ) / 0 (4) che si dimostra essere AR. Si noti che B = (B1 )c = h (B2 ). • Consideriamo adesso il caso proiettivo. Sia v un vertice di Q e sia P(v) l’A-modulo indecomponibile proiettivo il cui top é il semplice S(v) nel vertice v. Se v é un pozzo, P(v) é un proiettivo semplice e non ci sono mappe irriducibili che si suriettano su di esso. Altrimenti P (v) = M (C1 ◦ C2 ) dove C1 é diretta e termina in un pozzo e C2 é inversa e comincia in un pozzo. v C1 C2 • • In particolare la stringa C1 ◦ C2 comincia e termina in un pozzo. Il radicale di P(v) é somma diretta radP (v) = M (C10 ) ⊕ M (C20 ) dove C10 é la sottostringa massimale di C1 non contenente v e C20 é la sottostringa massimale di C2 non contenente v. Abbiamo quindi i morfismo irriducibili iniettivi M (C10 ) / P (v) , 10 M (C20 ) / P (v) . • Il caso iniettivo é duale al caso proiettivo: sia v un vertice di Q, e sia I(v) l’iniettivo indecomponibile con zoccolo uguale al semplice S(v). Supponiamo che I(v) non sia semplice. Allora I(v) = M (D1 ◦ D2 ) dove D2 é diretto e D1 é inverso e D1 ◦ D2 comincia e termina in un picco. • • D2 D1 v Il quoziente I(v)/S(v) é somma diretta I(v)/S(v) = M (D10 ) ⊕ M (D20 ) dove D10 é la sottostringa massimale di D1 non contenente v e D20 é la sottostringa massimale di D2 non contenente v. Abbiamo quindi i morfismi irriducibili suriettivi I(v) // M (D10 ) , I(v) // M (D20 ) . Nei seguenti casi, assumiamo che la stringa C determini un modulo M (C) che non sia iniettivo e che non sia della forma M (B2 ) del caso (4). In particolare, C non é una stringa inversa. 1. Supponiamo che C non cominci né termini in un picco. Allora abbiamo una successione esatta 0 / M (C) / M (h C) ⊕ M (Ch ) / / M (h Ch ) 0 (5) che si dimostra essere AR. 2. Supponiamo che C non cominci in un picco ma che termini in un picco. Allora C = Dc per qualche sottostringa D di C ed abbiamo una successione esatta 0 / M (C) / M (D) ⊕ M (h C) che si dimostra essere AR. 11 / M (h D) / 0 (6) 3. Supponiamo che C cominci in un picco ma che non termini in un picco. Allora C = c D per qualche sottostringa D di C ed abbiamo una successione esatta / 0 / M (Ch ) ⊕ M (D) M (C) / / M (Dh ) 0 (7) che si dimostra essere AR. 4. Supponiamo che C cominci in un picco e che termini in un picco. Allora C = c Dc per qualche sottostringa D di C ed abbiamo una successione esatta / M (C) 0 / / M (c D) ⊕ M (Dc ) M (D) / 0 (8) che si dimostra essere AR. Facciamo un esempio. Calcoliamo l’AR quiver dell’algebra A = K( 1 β / 2e α )/(α2 ) Le stringhe sono 1, 2, α, β, α ◦ β, α−1 ◦ β, β −1 ◦ α ◦ β. Non ci sono bande per cui A ammette solo un numero finito di isoclassi di indecomponibili. I corrispondenti moduli a stringa sono 1 1 I(1) = S1 , S2 , P (2) = 2, 1, P (1) = 2, 1 2, I(2) = 2 1. 2 2 2 2 2 Le succession AR sono: 1. / 0 1 2 2 / 1 21 2 / S1 / 0 di tipo (4); 2. 0 /2 2 / 1 12 2⊕ 2 2 di tipo (5); 12 / 1 21 2 / 0 3. / 0 / 12 1 2 2 / S2 / 0 di tipo (7); 4. 0 / 1 2 1 ⊕ S2 2 / 12 2 /1 /0 2 di tipo (7); 5. 0 / / S2 1⊕2 2 2 / 12 / 2 0 di tipo (5). Il quiver AR é il seguente P (1) o τ = P (2) o τ ? S2 o ! > 1o 2 = ! I(2) > τ I(1) 12 o 2 τ Si noti che ci sono 3 τ –orbite distinte. 13 τ S2 ? 1 2 0.2 Teoria di Jordan e primo esempio di filtrazione funtoriale In questa sezione illustriamo il metodo di filtrazione funtoriale nel caso ben noto dell’algebre delle matrici n × n nilpotenti. Sia dunque A la seguente algebra A := K( α 9 • )/(αn ) = K[T ]/(T n ) Un A–modulo é una coppia M = (V, ϕ) dove V é uno spazio vettoriale finito– dimensionale e ϕ : V → V é un endomorpfismo di V tale che ϕn = 0. Scrivendo ϕ in blocchi di Jordan nilpotenti, deduciamo che gli indecomponibili sono esattamente M1 , M2 , · · · , Mn dove Mi := (K i , Ji ) = K[T ]/(T i ) dove Ji = 0 1 0 ··· 0 0 1 0 .. .. . . 0 0 0 0 ··· 0 0 .. . 1 0 ∈ Mati×i (K) é l’i–esimo blocco di Jordan nilpotente. Vogliamo dare una dimostrazione “funtoriale” di questo risultato. La seguente proposizione generale mostra come fare. Si tratta del primo esempio di filtrazione funtoriale da tener presente. Proposizione 0.2.1 Sia A un’algebra finito dimensionale su K e sia {Mα }α∈Ω una collezione di A–moduli. Supponiamo che esista una collezione {Sα : A-mod → K-mod}α∈Ω di funtori covarianti e additivi (indicizzati dallo stesso insieme Ω) tali che ( (i) Sα (Mβ ) = K 0 if α = β otherwise (ii) Dato comunque un A–modulo M, lo spazio vettoriale Sα (M ) é finito– dimensionale cosicché lo spazio vettoriale Sα (M ) ⊗ Mα é ancora un Amodulo (finito–dimensionale). Si noti che come A-modulo, Sα (M )⊗Mα non é altro che Mα⊕(dim Sα (M )) . Inoltre esiste una mappa di A–moduli γα,M : Sα (M ) ⊗ Mα → M 14 tale che Sα (γα,M ) : Sα (Sα (M ) ⊗ Mα ) → Sα (M ) é un isomorfismo. (iii) La collezione {Sα } riflette gli isomorfismi nel seguente senso: un morfismo f : M → M 0 di A-moduli é un isomorfismo se e soltanto se il morfismo di spazi vettoriali Sα (f ) : Sα (M ) → Sα (M 0 ) é un isomorfismo per ogni α ∈ Ω. (iv) Per ogni oggetto M di A–mod, esistono solo un numero finito di indici α tali che Sα (M ) é non–zero. Allora ogni Mα é indecomponibile e la collezione {Mα }α∈Ω é una collezione completa di classi di isomorfismo di indecomponibili a due a due non– isomorfi. Dimostrazione Sia M un A–modulo finito–dimensionale. Per (iv) lo spazio L vettoriale α Sα (M )⊗Mα é un A-modulo finito–dimensionale. Per (ii) esiste una mappa di A-moduli X α γα,M : M Sα (M ) ⊗ Mα → M. α L L Dato un indice β ∈ Ω, per (i) si ha Sβ ( α Sα (M )⊗Mα ) = α Sβ (Mα⊕dim Sα (M ) ) = P ⊕dim Sβ (M ) ) da cui otteniamo che Sβ ( α γα,M ) = Sβ (γβ,M ) é un isoSβ (Mβ P morfismo per ogni β ∈ Ω. Da (iii) otteniamo che α γα,M é un isomorfismo di A–moduli. Deduciamo che ogni A-modulo si scrive come somma diretta dei moduli {Mα } e quindi la collezione {Mα } consiste di A–moduli indecomponibili ed ogni A-modulo indecomponibile appartiene a tale collezione. Se esiste un isomorfismo f : Mα → Mβ , allora per (iii) ed (i), Sα (Mβ ) = K e quindi β = α. Questo conclude la dimostrazione. Chiaramente, per un’algebra qualunque la proposizione precedente non ha speranza di essere applicata. Vedremo peró che nel caso di algebre a stringa, essa puó essere opportunamente modificata in modo da fornire una dimostrazione del Teorema 0.1.5. L’idea della proposizione é la seguente: supponiamo di avere un A-modulo M e di scriverlo come somma di indecomponibili M= M mα Mα e supponiamo che la molteplicitá mα in cui compare l’indecomponibile Mα sia la dimensione di uno spazio vettoriale Sα (M ) e che la mappa M 7→ Sα (M ) 15 sia funtoriale in M, allora i funtori della proposizione sono precisamente gli Sα . Ad esempio consideriamo il caso di un’algebra semisemplice, ad esempio l’algebra inviluppante A = U(g) di un’algebra di Lie finito dimensionale. Sappiamo che gli indecomponibili sono semplici e sono indicizzati dai pesi L dominanti di g. Ogni A-modulo si scrive come M = mλ Mλ dove la moltiplicitá mλ del semplice Mλ si ottiene dalla seguente formula, grazie al Lemma di Schur: mλ = dim Hom(Mλ , M ). Sempre per il Lemma di Schur, é facile verificare che la famiglia di funtori {Hom(Mλ , −)}λ soddisfa le ipotesi della proposizione. In effetti i funtori Hom(M, −) sono i migliori possibili, e gli Sα sono quozienti di tali funtori, come vedremo a breve. Consideriamo alcune proprietá dei funtori a cui siamo interessati, osservate da Auslander (si veda [1, sez. 4.8]). Definizione 0.2.2 Sia A un’algebra finito dimensionale su K. Denotiamo con Fun(A) la categoria i cui oggetti sono i funtori covarianti e additivi dalla categoria A-mod degli A-moduli (finito-dimensionali) alla categoria degli spazi vettoriali su K. I morfismi tra due oggetti F e G di Fun(A) sono per definizione le trasformazioni naturali N at(F, G) di funtori. Si vede facilmente che la categoria Fun(A) é una categoria abeliana: dato un funtore F, un suo sottofuntore G (denotiamo G ≤ F per dire che G é un sottofuntore di F) é il funtore che ad ogni A-modulo M associa un sotto-A-modulo G(M) di F(M), e via dicendo... Esempi notevoli di oggetti in Fun(A) sono i funtori Hom(M, −) per ogni A-modulo M. Un’altro esempio é dato dal funtore F che “si dimentica” la struttura di A-modulo. Definizione 0.2.3 Un funtore F ∈ F un(A) si dice fedele se ha la seguente proprietá: un morfismo f : M → M 0 in A-mod é un isomorfismo se e solo se F (f ) : F (M ) → F (M 0 ) é un isomorfismo di spazi vettoriali. Ad esempio il funtore F che si dimentica la struttura di modulo, é un funtore fedele. Diciamo che un funtore F ∈ F un(A) é finitamente generato se é quoziente di un funtore Hom(M, −) per qualche A-modulo M. Si ricordi il fondamentale Lemma di Yoneda: esiste un isomorfismo di spazi vettoriali N at(Hom(M, −), F ) ' F (M ) 16 per ogni M ∈ A-mod ed F ∈ F un(A). La seguente importante osservazione é dovuta ad Auslander. Proposizione 0.2.4 Gli oggetti proiettivi fintamente generati di Fun(A) sono precisamente i funtori rappresentabili Hom(M,-), al variare di M in A– mod. Se M é indecomponibile, allora il funtore Hom(M,-) ha un unico sottofuntore massimale che denotiamo con Rad(M,-), e che consiste di quei morfismi che non sono split-epi. Ogni funtore semplice in Fun(A) é della forma SM = Hom(M, −)/Rad(M, −) per qualche modulo indecomponibile M. La dimostrazione si trova in [1, Theorem 4.8.2]. Questo risultato ci dice che classificare le rappresentazioni indecomponibili di A é equivalente a classificare i funtori semplici in Fun(A). Questo fatto motiva la Proposizione 0.2.1. Vediamo adesso alcuni utili tecniche per poter verificare le ipotesi della Proposizione 0.2.1. Cominciamo con l’ipotesi (ii). Lemma 0.2.5 Se per ogni α ∈ Ω esiste un epimorfismo naturale di fun/ Sα allora l’ipotesi (ii) della Proposizione 0.2.1 é tori u : Hom(Mα , −) soddisfatta. Dimostrazione Dal Lemma di Yoneda sappiamo che N at(Hom(Mα , −), Sα ) ' Sα (Mα ). Sia xα ∈ Sα (Mα ) il vettore corrispondente al dato epimorfismo / / Sα (ovvero xα = u(Mα )). Dato che u é naturale u : Hom(Mα , −) suriettiva, per ogni A-modulo M abbiamo una mappa lineare suriettiva u(M ) : Hom(Mα , M ) // Sα (M ) Quindi, data una base vα,1 , · · · , vα,m di Sα (M ), per ogni indice j = 1, · · · , m esiste un morfismo γα,M,j : Mα → M tale che u(M )(γα,M,j ) = vα,j . Quindi si ha Sα (γα,M,j )(xα ) = Sα (γα,M,j )(u(Mα )(1)) = u(M )(γα,M,j ) = vα,j . Allora la mappa γα,M := richiesta. P j γα,M,j : Mα⊕dim Sα (M ) → M ha la proprietá L’ipotesi (iii) viene garantita dal fatto che la collezione {Sα }α formi una filtrazione di un funtore fedele (si veda Definizione 0.2.3) nel seguente senso. 17 Definizione 0.2.6 Sia F un funtore in Fun(A). Diciamo che una collezione di sottoquozienti o intervalli {Fα0 /Fα00 }α di sottoquozienti di F ricopre F se dato un modulo M in A-mod, ed un vettore x ∈ F (M ) esiste un indice α tale che x ∈ Fα0 (M ) ma x ∈ / Fα00 (M ). Due intervalli Fα0 /Fα00 e Fβ0 /Fβ00 si dicono evitarsi a vicenda se o Fβ0 ≤ Fα00 oppure Fα0 ≤ Fβ00 . Una filtrazione di F é una collezione di intervalli che ricoprono F e si evitano a vicenda. Lemma 0.2.7 Se F é un funtore fedele in Fun(A) e la collezione {Sα } é una filtrazione di F, allora l’ipotesi (iii) della Proposizione 0.2.1 é soddisfatta. Dimostrazione Sia f : M → M 0 un morfismo di A-moduli. Se Sα (f ) : Sα (M ) → Sα (M 0 ) é un isomorfismo per ogni α, allora F(f) é un isomorfismo (e quindi f é un isomorfismo poiché F é un funtore fedele). Infatti, supponiamo che F (f ) : F (M ) → F (M 0 ) non sia iniettiva; allora esiste un vettore x ∈ F (M ) tale che F (f )(x) = 0. Sia α l’unico indice tale che x ∈ Sα (M ). Allora F (f )(x) = Sα (f )(x) e poiché Sα (f ) é un isomorfismo per ipotesi, non si puó avere che F (f )(x) = 0. Per cui F (f ) é una mappa lineare iniettiva. Se F (f ) non fosse suriettiva, esiste un vettore y ∈ F (M 0 ) che non appartiene all’immagine di F (f ). Sia β l’unico indice tale che y ∈ Sβ (M 0 ). Poiché Sβ (f ) é un isomorfismo, il vettore y appartiene all’immagine di Sβ (f ), ovvero esiste x ∈ F (M ) tale che Sβ (f )(x) = y. Ma Sβ (f )(x) = F (f )x e quindi, y appartiene all’immagine di F(f). Viceversa, supponiamo che F (f ) sia un isomorfismo e dimostriamo che Sα (f ) é un isomorfismo per ogni α. Supponiamo che esista un indice α tale che Sα (f ) non sia iniettiva. Allora esiste un vettore x tale che F (f )(x) = 0contro l’ipotesi. Similmente per la suriettivitá. Questo conclude la dimostrazione. Applichiamo la Proposizione 0.2.1 a qualche caso concreto. Consideriamo l’algebra A = K[T ]/(T n ) e dimostriamo che gli A–moduli indecomponibili sono esattamente Mi := K[T ]/(T i ) a meno di isomorfismi (i = 1, · · · , n). Per concretezza poniamo n = 4. Consideriamo i funtori Ker(T i ) e Im(T i ) in Fun(A) definiti come Ker(T i )(V, ϕ) = Kerϕi Im(T i )(V, ϕ) = Imϕi . Sia F il funtore fedele M = (V, ϕ) 7→ V . Abbiamo due filtrazioni V ⊇ Ker(ϕ)3 ⊇ Ker(ϕ)2 ⊇ Ker(ϕ) ⊇ {0} 18 e V ⊇ Im(ϕ) ⊇ Im(ϕ)2 ⊇ Im(ϕ3 ) ⊇ {0} legate una all’altra come segue V ⊃ Ker(ϕ)3 ⊃ Ker(ϕ)2 ∪ ⊃ Ker(ϕ) ∪ Im(ϕ) ⊃ Im(ϕ)2 ∪ ⊃ Im(ϕ3 ) ⊃ {0} Da questo deduciamo un’altra filtrazione intermedia: V ⊇ ker ϕ3 ⊇ ker ϕ2 + Imϕ ⊇ ker ϕ2 ⊇ ker ϕ2 ∩ (ker ϕ + Imϕ) ⊇ ker ϕ + Imϕ2 ⊇ ker ϕ ⊇ ker ϕ ∩ Imϕ2 ⊇ {0} Se denotiamo con mMi la molteplicitá di Mi nella decomposizione di M, e’ facile rendersi conto che mM4 mM3 mM2 mM1 = = = = dim dim dim dim V /ker ϕ3 ker ϕ3 /ker ϕ2 ∩ Imϕ ker ϕ2 /ker ϕ2 ∩ (ker ϕ ∩ Imϕ) ker ϕ/ker ϕ ∩ Imϕ Definiamo quindi i seguenti funtori Si := ker T i /ker T i ∩ (ker T i−1 + ImT ) Verifichiamo che i funtori {Si }ni=1 e i moduli {Mi }ni=1 soddisfano le ipotesi della Proposizione 0.2.1. Si ha Si (Mi ) = K Si (Mj ) = 0 se j > i oppure j < i e quindi (i) é soddisfatta. Poiché Hom(Mi , −) = ker T i vediamo che Si é un quoziente di Hom(Mi , −) e quindi (ii) é soddisfatta per il Lemma 0.2.5. Per verificare l’ipotesi (iii) verifichiamo che la collezione {Si }ni=1 é una filtrazione del funtore F. Consideriamo i funtori Fi,j := ker T i ∩ (ker, T i−1 + ImT j ) 19 Essi sono sottofuntori di F e formano una catena F = Fn,0 ⊇ Fn−1,0 ⊇ Fn−1,1 ⊇ Fn−2,0 ⊇ Fn−2,1 ⊇ Fn−2,2 ⊇ Fn−3,0 · · · L’azione di T definisce un isomorfismo Fi,j−1 /Fi,j ' Fi−1,j /Fi−1,j+1 e quindi Si = Fi,0 /Fi,1 = Fi−1,1 /Fi−1,2 = Fi−2,2 /Fi−2,3 = · · · = F1,i−1 /F1,i Ne segue che Si compare esattamente i volte. La condizione (iii) vale, grazie al Lemma 0.2.7. La condizione (iv) é banalmente verificata. 20 Bibliografia [1] D. J. Benson. Representations and cohomology I. Cambridge University press (1991). Sezione 4.10. Collocazione Biblioteca G. Castelnuovo: COL 59 30. [2] M. C. R. Butler, C. M. Ringel. Auslander-Reiten sequences with few middle terms and applications to string algebras. Communications in Algebra 15 (1987). pp. 145–179. [3] P. Gabriel. Représentations Indécomposables. Séminaire Bourbaki 431 (1973/74). pp. 143–169. Collocazione Biblioteca G. Castelnuovo: COL 1 431. [4] I. M. Gelfand, V. A. Ponomarev. Indecomposabel representations of the Lorentz group. Russian Math. Surveys 23 (1968). pp. 1–58. [5] C. M. Ringel. The indecomposable representations of the dihedral 2–groups. Math. Ann. 214 (1975), pp. 19–34. 21