2
T ONINA PABA
1
Canzoniere ispano-sardo
SCRITTORI SARDI
2
T ONINA PABA
3
Canzoniere ispano-sardo
A mia madre
4
T ONINA PABA
5
Canzoniere ispano-sardo
CANZONIERE ISPANO-SARDO
DELLA BIBLIOTECA BRAIDENSE
Edizione
Studio introduttivo e commento
di Tonina Paba
Commento ai testi in sardo
di Andrea Deplano
CUEC EDITRICE
T ONINA PABA
6
SCRITTORI SARDI
Collana diretta da Giuseppe Marci
ISBN 88-87088-03-9
CUEC Editrice © 1996
Prima edizione dicembre 1996
Ufficio editoriale:
Via Is Mirrionis, 1 - 09123 Cagliari
Tel. e Fax 070-271573
email: [email protected]
Grafica:
Biplano
7
Canzoniere ispano-sardo
PARTE PRIMA
TESTI IN LINGUA SPAGNOLA
8
T ONINA PABA
9
Canzoniere ispano-sardo
Introduzione
È al gesuita Miquel Batllori che si deve la segnalazione dell’esistenza, presso
il Fondo Manoscritti della Biblioteca milanese di Brera, del codice AC
VIII 7 di cui si dà ora, per la prima volta e integralmente, l’edizione.
Già nel 1934, in una ricognizione dei fondi di interesse ispanistico delle
Biblioteche d’Italia, lo studioso catalano ebbe modo di consultare la raccolta e, successivamente, vari studiosi di Università americane vi ricorsero per collazionare i testi in comune con altri manoscritti1. Nel 1967 se
ne occupò Cesare Acutis nell’ambito di una più vasta ricerca finalizzata
ad attestare la presenza della romanza spagnola in Italia nel Cinque e
Seicento2.
È lui che offre la prima descrizione del canzoniere, del quale vengono
presentati, limitatamente al genere oggetto della ricerca, venti testi inediti3.
Recentemente, l’interesse attorno ad esso si è rinnovato grazie allo studio di Giovanni Caravaggi4 sui codici spagnoli custoditi presso le Biblioteche lombarde, nel quale viene ribadita la necessità di un’edizione totale dei testi contenuti, nella raccolta in modo da poter far luce sulla genesi di quest’operazione antologica così peculiare.
Il titolo, infatti, di Canzoniere ispano-sardo, con cui il codice viene indicato
dagli studiosi con riferimento alle lingue che vi compaiono, gli è stato attribuito proprio in virtù di questo insolito bilinguismo che lo caratterizza.
1
Come risulta dalle note vergate sullo schedone di accompagnamento dello
stesso.
2
Ricerca condotta da G.M. Bertini., C. Acutis e P. Luis Avila e confluita nel
volume: La romanza spagnola in Italia, Torino, Giappicchelli Editore, 1970.
3
Nella breve descrizione del manoscritto e del suo contenuto, Acutis elenca tra i
vari tipi di componimento anche le loas. La classificazione del materiale testuale
da noi operata non conferma tale indicazione. Inoltre, il curatore della ricerca
indica in 26 il numero dei romances, tralasciando di annotarne uno di Alonso de
Ledesma, Después que la negra muerte, f.143r.
4
Cancioneros spagnoli a Milano, a cura di G. Caravaggi, Firenze, La Nuova Italia
Editrice, 1989.
10
T ONINA PABA
Descrizione del manoscritto
Si tratta di un manoscritto cartaceo, di piccolo formato (160 mm. x 110),
rilegato in pergamena, di complessive 253 carte, scritte apparentemente
dalla stessa mano anche se in alcuni punti la grafia presenta leggere
differenze.
Oltre il foglio di guardia del rilegatore, una mano moderna, a matita, ha
numerato a piè di pagina le carte (in numeri arabi). Fino al f.28 la numerazione è doppia, in quanto compare anche in alto a destra, poi continua
in maniera alterna, ora solo in basso ora doppia, fino a ricomparire doppia ogni dieci fogli circa.
In un punto il codice mostra in maniera evidente che alcuni fogli sono
stati tagliati, per cui due testi risultano incompleti [verranno segnalati
nella trattazione delle poesie] nonostante il copista li abbia trascritti, come
lascia intuire il richiamo al foglio successivo (ff. 240v; 242v). La numerazione delle pagine non registra questa recisione e ciò significa che è
posteriore ad essa.
La trascrizione, tranne che in qualche caso, non ha presentato particolari
problemi. Il copista ricorre a poche abbreviazioni [xpto, xptiano per Christo,
Christiano] che abbiamo sciolto. In certi punti il passaggio dell’inchiostro
da una pagina all’altra, la presenza di macchie d’umidità e la legatura, che
riduce il margine interno, hanno reso disagevole la lettura del testo.
L’acquisizione del manoscritto da parte della Biblioteca Braidense è avvenuta tramite acquisto, effettuato nel 1914 nella libreria della vedova
del libraio Calligaris, attivo a Milano in quegli anni.
Le ricerche da noi condotte tese a ricostruire, per quanto possibile, la
storia materiale del codice e risalire, in tal modo, ai suoi antichi proprietari e alla sua provenienza originaria, sono risultate infruttuose.
Datazione e contenuto
Il manoscritto appartiene alla seconda metà del XVII secolo. Contiene,
infatti, due riferimenti cronologici espliciti. Il primo è un’annotazione di
carattere redazionale: “Se trasladaron estas cansiones en la Virgen de Lugar
santo por el mes de majo a’11 de 1683", l’altro riguarda, invece, un appunto di viaggio del raccoglitore/trascrittore del codice: “El año 1684 a’ 26
de febrero me enbarcé de Cáller para Madrid y de Cáller partimos primer día
de março, día martes y desembarqué (en) en Málaga a los del... y a los de
dicho mes partí para la Corte y entré en ella a los ...”.
Vi compaiono esclusivamente componimenti poetici, di vario metro, in
castigliano e in lingua sarda. In latino figurano delle litanie alla Vergine
(ff. 90r-91v) e a Sant’Antonio da Padova (ff.147r-149r). In prosa è da
segnalare un brevissimo testo che accenna alla leggenda dell’unicorno
(f.118r), un appunto curioso sui verbi latini (f.110v) che rimanda alla
Canzoniere ispano-sardo
11
tradizione mnemotecnica scolastica e quella che parrebbe la riflessione
di un innamorato (f.172v)5.
Il manoscritto si presenta in una veste ordinata e curata. Non ha segni di
cancellature o di ripensamenti del dettato poetico che possano essere
letti come testimonianze di una creazione sofferta o di un esercizio di
continua rielaborazione dei testi da parte dell’autore. Le uniche aggiunte sono da imputare a dimenticanze, inserite poi nello spazio interlineare
o richiamate in margine, o palesi errori di copiatura nell’ordine dei versi, chiaro segno che il trascrittore attingeva anche a testi scritti. Quando
questi erano pliegos sueltos o un volume a stampa, la trascrizione appare
più omogenea in quanto ai grafemi adottati.
Il Canzis6 non presenta alcun tipo di fregio o di ornamento nelle lettere
iniziali. Siamo in presenza di uno di quei quadernetti (in origine fogli
sciolti sovrapposti e successivamente cuciti) dove un appassionato di poesia ha copiato una serie di testi che lo interessavano. L’antologista non
pare animato da intenti classificatori o dal desiderio di raccogliere l’opera
di qualche autore in particolare. Tuttavia è avvertibile una volontà organizzatrice del materiale raccolto, nel senso che la copiatura non è frutto
del caso e la disposizione dei testi ubbidisce a impulsi di aggregazione
molto precisi. Altre volte, la loro successione riflette la collocazione di
provenienza. È il caso, per esempio, delle poesie che apparivano in appendice al libro di Nieremberg, Sobre lo temporal y eterno, che abbiamo
riscontrato, nello stesso ordine, in altri manoscritti o canzonieri.
Per quanto attiene al contenuto il Canzis si configura come una raccolta
di testi di autori diversi, varia sia per i temi trattati che per le forme
strofiche adottate.
Pur essendo buona parte delle poesie di carattere religioso, ne figurano
altre che sviluppano tematiche amorose e profane, qualcuna persino irriverente nei confronti di certi comportamenti ipocriti della vita conventuale
[Qué discretas que anduvisteis, f.226v].
Questo non esclude, tuttavia, l’ipotesi che l’antologista o l’autore stesso
appartenesse a un ordine religioso, o fosse comunque una persona di
cultura, buon conoscitore della poesia spagnola della propria epoca e
sensibile alla produzione poetica in lingua sarda.
5
Trascriviamo tutte e tre le annotazioni: Volo ves está henojado / con fero fers su
cuñado / porque le quitó el supino / de quien está enamorado. (f.110r); Ruyno seronte,
este es un animal / que se cria en las Indias y es tan feros / que rinde quantos animales/
hay en el mundo, asta el elefante / y à el le coxe una donsella / donsella con enseñarle los
pechos / y en esto vienen los casadores y / le coxen. (f.118r); Buelue, buelue / que as hecho
mayor mi cariño / con tu ausencia / porque [es] espanto en los amantes / hazer de un
desdén fineza... (f.172v).
6
Indicheremo, d’ora in poi, il Canzoniere ispano-sardo con questa forma contratta.
12
T ONINA PABA
Il numero poco significativo di composizioni “colte” a favore dei metri
più popolari o tradizionali (romances, seguidillas, villancicos, redondillas,
quintillas, coplas...) riflette l’inclinazione del raccoglitore verso uno stile
più basso e colloquiale, prodotto e fruito spesso negli ambienti
conventuali, come illustri esempi (si pensi anche solo a Santa Teresa
d’Avila) possono confermare.
Diamo di seguito la tavola dell’assetto metrico dei componimenti:
- romances II, VIII, IX, XII, XIV, XXVI, XXVII, XXXI, XXXIII, XLIX,
LXI, LXIV, LXV, LXVII, LXVIII, LXXI, LXXIV, LXXVIII, LXXXIV,
XCII, CIV, CVI, CVIII, CIX, CXI, CXII, CXVI
- redondillas III, X, XI, XIII, XV, XXII, XXIII, XXVIII, XXIX, XXXII,
XXXIV, XXXV, LXXXIII, LXXXVIII, XC
- romancillos LX, C, CII, CVII
- décima espinela LXII
- décimas (glosas) XLII, XLIII, XLIV, XLVII, XCVI, CV
- octavas reales (glosas) XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XXXIX
- octavas XLV, XLVI, LXXXVI
- coplas LV, LVI, LVII, LVIII, LIX, LXIX, LXXIII, LXXXIX
- quintillas XVI, XXX
- sonetos LXXXVII, XCI, XCV
- endechas XIX
- letrillas XCIX
- gozos LI, LII
- villancicos V, VI, XL, XLI, LXVI, LXXV, LXXVI, CXVII
- seguidillas IV, XVII, XVIII, XX, XXI, XXIV
- seguidilla chamberga L
- coplas castellanas LXXVII, LXXXV, XCVII
Canzoniere ispano-sardo
13
- liras LXXIX, CXIV
- cuartetas asonantadas VII, XXV, XLVIII, LIV, LXXII, LXXXI, LXXXII,
CI, CXIX, CXX
- estrofas polimétricas I, LIII, LXIII, LXX, LXXX, XCIII, XCVIII, CIII,
CIV, CX, CXIII, CXVIII.
Trascrittore
Il Canzis è anonimo. L’annotazione che figura nel f.118r, solo parzialmente leggibile a causa dell’inchiostro svanito [“El año 1684 à 26 de
febrero me embarcé de Cáller para Madrid y de Cáller partimos primer día
de Março día martes y desembarqué en (en) Málaga a los del .. y a los de
dicho mes partí para la Corte y entré en ella à los...”] scritta dalla stessa
mano che trascrive i testi, consente di abbozzare dei tratti utili a delineare la figura del copista.
Le ricerche condotte presso i vari archivi di Cagliari, l’Archivo Histórico
Nacional di Simancas e l’Archivo de la Corona de Aragón di Barcellona
sui movimenti delle galere, sulla quale trovavano posto anche i passeggeri che partivano o toccavano il porto del capoluogo sardo dirette in
Spagna, non hanno messo in luce elementi utili all’identificazione del
personaggio che dice di essersi imbarcato a Cagliari diretto a Madrid7.
Si può tuttavia supporre verosimilmente, dato il riferimento alla Corte,
che si trattasse di una persona appartenente a ceto sociale elevato, forse
un nobile, un diplomatico o un funzionario dell’amministrazione
viceregia8.
Dimostra una buona padronanza dei due codici linguistici allora in uso
in Sardegna, il castigliano e il sardo, per cui riteniamo si tratti di un
7
Non esistono liste di passeggeri fino al XVIII secolo inoltrato. Infatti l’isola,
durante la dominazione spagnola, non solo non era dotata di un regolare servizio
di trasporto di passeggeri e merci ma non disponeva nemmeno di una flotta militare propria; solamente vi era un battello che assicurava il servizio postale con
Barcellona. Le persone che intendevano imbarcarsi per la costa italiana o spagnola
dovevano attendere per lungo tempo l’opportunità di un passaggio su una galera.
Cfr. a questo proposito, anche se si riferisce a un secolo prima, quanto scrive R.
Turtas in Alcuni rilievi sulle comunicazioni della Sardegna col mondo esterno durante la
seconda metà del Cinquecento in La Sardegna nel mondo Mediterraneo, Atti del II
Convegno di Studi geografico-storici, Università di Sassari, Edizioni Gallizzi, Sassari,
1984; G. Sorgia, La Sardegna spagnola, Sassari, Chiarella, 1982 e F. Corridore,
Storia documentata della marina sarda dal periodo spagnolo al savoino, Bologna, 1900.
8
Cfr. B. Anatra, Corona e ceti privilegiati nella Sardegna spagnola in Problemi di
storia della Sardegna spagnola, Cagliari, 1975 e Chiesa e società della Sardegna barocca , “Istituto di Studi Storici”, Facoltà di Magistero, Università di Cagliari, 1985.
14
T ONINA PABA
sardo bilingue9, ipotesi più probabile rispetto a quella di uno spagnolo
(un predicatore?) che dovesse, per urgenze comunicative, conoscere la
lingua locale, la più diffusa a livello popolare e a volte l’unica posseduta
dai ceti sociali più umili10.
Più difficile appare il giudizio sull’adeguatezza o “correttezza” della trascrizione grafica condotta dal copista, in quanto egli operava in assenza
di precise norme che ne sancissero l’ortografia11. Tale osservazione, valida per la lingua spagnola, è quanto mai estendibile al sardo. Nella scrittura
del sardo del Seicento, infatti, l’aspetto più significativo è l’aderenza al
sistema grafico dello spagnolo, in quel secolo il codice scritto maggiormente alla portata dei lettori sardi. È del tutto giustificata, pertanto, l’interferenza che sul piano grafico questo esercita sulla lingua sarda, priva
di una codificazione e il cui uso era prevalentemente orale12. La presenza dei grafemi spagnoli nel sardo scritto non sono da ritenersi una mar9
“La cultura de las ciudades sardas en los siglos XVI y XVII era principalmente
española; españoles eran los usos y costumbres y, sobre todo, la moda” scrive M.L.
Wagner, España y Cerdeña, “Arbor”, 90, 1953, e riguardo alla diffusione dello spagnolo nell’isola fa notare che “sigue hablándose y usándose durante todo el siglo
XVIII, sobre todo en las iglesias, como se infiere de los numerosísimos sermones y
oraciones fúnebres redactados en español hasta 1797. En las escuelas y los tribunales
el español quedó como lengua oficial hasta 1764”. E J. Arce, (España en Cerdeña,
CSIC, Madrid, 1960, p.123) precisa che “los sardos de los núcleos de población
más frecuentados eran bilingües, dependiendo el uso mayor o menor de una u otra
lengua, de la clase social”.
10
Sulla situazione linguistica della Sardegna e sulle difficoltà di comunicazione
tra la popolazione locale e gli evangelizzatori che provenivano da fuori dell’isola ha
indagato in maniera approfondita Raimondo Turtas. Si vedano in particolare La
questione linguistica nei collegi gesuitici in Sardegna durante la seconda metà del Cinquecento, “Quaderni sardi di Storia”, 2, gennaio-giugno, 1981 e Breve storia della
Chiesa in Sardegna in AA.VV., La Sardegna, Cagliari, 1982.
11
“El concepto de corrección linguística era más amplio que en los períodos
posteriores, y entre el vulgarismo y las expresiones admitidas no mediaban límites
tajantes” osserva R. Lapesa, Historia de la lengua española, cap: Cambios lingüísticos
en el Siglo de oro, Madrid, Gredos, 1967, p. 367. Si veda anche A. Rosenblat, La
ortografía castellana en el siglo XVII in “Prólogo” a Andrés Bello, Estudios
gramaticales, Ministerio de Educación, Caracas, 1951.
12
La bibliografia sulla lingua e sulla linguistica sarda non annovera contributi
recenti riguardo allo studio diacronico del sardo per cui rimane valido l’autorevole
saggio di M.L. Wagner, La lingua sarda. Storia, spirito e forma, Casa Editrice A.
Francke S.A., Berna. Si veda anche E. Blasco i Ferrer, Storia linguistica della Sardegna, Max Niemeyer Verlag, Tubingen, 1984 e, limitatamente al periodo che ci
interessa, i lavori di G. Mura, Aspetti linguistici e letterari delle fonti scritte per lo
studio dell’età barocca in Sardegna, in T. Kirova (a cura di), Arte e cultura del ‘600 e
‘700 in Sardegna, Napoli, 1984 e di G. Mancini, “Lo spagnolo in Sardegna nei
secoli XVIII e XIX”, Studi Sardi, anno VIII, Fasc.I-III, 1948.
Canzoniere ispano-sardo
15
ca a favore della tesi di un copista non sardo ma vanno letti, invece,
come prestiti dal sistema grafico della lingua iberica tant’è che nel secolo successivo sarà la lingua italiana ad assolvere la stessa funzione13.
Un indizio della preminenza del codice scritto spagnolo, o comunque
della sua prevalenza nell’ordine delle competenze linguistiche del
trascrittore, se si esclude che debbano intendersi in funzione dell’eventuale destinatario/comittente del canzoniere, è dato dai titoli dei componimenti che sono sempre in spagnolo, anche nel caso dei testi sardi e del
fatto che le poche annotazioni in prosa di carattere redazionale che vi
figurano sono anch’esse in lingua spagnola.
Autori
I testi in lingua spagnola che abbiamo potuto identificare rimandano ad
autori noti del Siglo de Oro e ad alcuni cancioneros del Seicento. Figurano
tra essi Alonso de Ledesma, Luis de Góngora, con varie romanze e alcune letrillas satiriche, Lope de Vega e Calderón de la Barca.
Altre poesie provengono dai pliegos sueltos, la cui massiccia esistenza e
circolazione negli ambienti religiosi e culturali del capoluogo dell’isola
e del suo circondario sono attestate da una cospicua raccolta della Biblioteca Universitaria di Cagliari14.
Inoltre, lo studio dei manoscritti custoditi presso le Biblioteche Universitarie e Municipali di Cagliari e Sassari ha permesso di individuare alcuni testi, o frammenti di essi, inseriti nei contesti più vari15. Non compaiono, infatti, in antologie poetiche bensì in raccolte di sermoni, novene,
agiografie, panegirici, ecc. Ciò può essere indizio che si tratta di poesie
13
Molti lessemi sardi, pur mantenendo inalterata l’esecuzione fonetica, assumeranno una veste grafica prossima all’italiano, adottandone i grafemi propri come,
per esempio: guerra/gherra; oñi/ogni; desdichadu/desdiciadu; cumpañia/cumpagnia;
paciencia/pasiensia; ecc...
14
La Biblioteca Universitaria di Cagliari dispone di un ricco fondo di interesse
ispanistico recensito e catalogato. Si veda il Catalogo degli antichi fondi spagnoli
della Biblioteca Universitaria di Cagliari, (a cura di M. Romero Frias e G. Ornelli,
introduzione di G. Ledda), Giardini Stampatori, Pisa, 1982-84; il Repertorio delle
“Relaciones de comedia” esistenti nell’antico fondo della Biblioteca Universitaria di
Cagliari, Cagliari, Università degli Studi, 1980 a cura di P. Ledda e Catalogo dei
Pliegos sueltos poéticos della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Giardini Editori e
Stampatori, Pisa, 1985 (a cura di P. Ledda e M. Romero Frias).
15
Riguardo ai manoscritti e ai testi a stampa consultati presso gli Archivi e le
Biblioteche pubbliche e private dell’isola si rimanda alle voci specifiche della
Bibliografia finale. Ci piace qui segnalare che il manoscritto del XVIII secolo, contenente versi in latino e in spagnolo, descritto da P. Tola, (Dizionario biografico degli
16
T ONINA PABA
che godevano di una certa popolarità, conosciute a memoria dai fruitori
di quei testi, (principalmente religiosi dei vari ordini, stando alle frequenti note di possesso che vi figurano) i quali le ricopiavano a mo’ di
ritornello. È il caso, per esempio, delle Coplas à la Muerte: “Yo para que
naci? para saluarme”, massicciamente diffuse in Sardegna e attestate nel
Ramillete de diuinas flores para el desengaño de la vida umana (1629) e nel
Romancero espiritual para reglarse el alma con Dios di Lope de Vega (1622,
1625).
Altre composizioni ancora, di autore anonimo, fanno parte del ricco corpus
della lirica tradizionale, a sua volta raccolta in vari cancioneros, dove le abbiamo riscontrate, e già oggetto di approfonditi studi16. Le testimonianze, e
le relative varianti, verranno segnalate testo per testo. Data l’ingente mole
del materiale esistente, e la conseguente impossibilità di una verifica esaustiva,
non si può affermare con certezza che tutte le composizioni non identificate,
che qui si presentano, siano inedite o di autore ignoto17.
Un autore sardo?
Tuttavia l’aspetto più interessante del manoscritto ispano-sardo è rappresentato da un folto numero di componimenti posti dal compilatore in
apertura della silloge. Essi costituiscono un vero e proprio corpus che
vale la pena di esaminare con attenzione.
Questi testi, infatti, presentano tra loro caratteristiche comuni e affinità tali
da imporsi come un blocco compatto e quasi autonomo.
Si tratta delle poesie comprese nei ff.1r-45r (35 componimenti) che presentano le seguenti peculiarità esterne:
uomini illustri di Sardegna, a.v. Sebastiano Suñer, Torino, 1837-38) che ne era proprietario e da E. Toda y Güell, (Bibliografía española de Cerdeña, Madrid, 1890) che
l’aveva potuto consultare, e della cui scomparsa si dolevano autori più recenti come
F. Alziator, (Storia della letteratura di Sardegna, Cagliari, 1956), è “ricomparso” e fa
parte del Lascito Cosme Tola dei fondi antichi della Biblioteca Comunale di Sassari,
presso la quale ho potuto consultarlo con la seguente segnatura: Miscellanea Variarum
Rerum scripta a Frate Sebastiano à S. Joseph Calaritano, Romae, die viii Dece.bris
1662, Mss.D. IV.C.31.
16
Cfr. M. Frenk, Corpus de la antigua lírica popular hispánica, (siglos XV a XVIII),
Madrid, Castalia, 1987.
17
Solo i repertori dei manoscritti della Biblioteca de Catalunya di Barcellona
contengono 3880 schede mentre lo spoglio delle opere manoscritte della Biblioteca
Nacional di Madrid, che ammontano a circa 30.000, è ancora in fase di attuazione.
Si rimanda alla Bibliografia finale per l’indicazione dei repertori e degli schedari
consultati.
Canzoniere ispano-sardo
17
- 30 sono di chiaro argomento religioso e le restanti cinque sono ad esso
correlate;
- 7 sono indirizzate a santi e martiri sardi (o venerati in Sardegna) o
muovono da avvenimenti verificatisi nell’isola;
- 7 sono dedicate a santi della Compagnia di Gesù;
- 4 citano espressamente i nomi di alti prelati e funzionari del Viceregno
di Sardegna.
Queste caratteristiche hanno fatto supporre a Cesare Acutis che la composizione del manoscritto fosse avvenuta in Sardegna e che il suo autore
fosse legato all’ambiente dei gesuiti isolani18. La prima ipotesi, alla luce
dei numerosi riscontri interni al codice e all’approfondimento dello studio dell’ambiente culturale sardo in cui poté maturare l’opera, è da ritenersi veritiera mentre va relativizzata l’influenza diretta esercitata dai
seguaci di Sant’Ignazio di Loyola sulla sua genesi.
Che la raccolta del materiale sia avvenuta in terra di Sardegna trova
conferma in un’esplicita indicazione di carattere cronotopologico redatta dal compilatore stesso: “Se trasladaron estas cansiones en la Virgen de
Lugar santo por el mes de majo a’11 de 1683", che situa l’opera di trascrizione, limitatamente ai testi in sardo, nella località di Luogo Santo, presso Tempio, nella Sardegna settentrionale.
La seconda ipotesi, vale a dire la maturazione della silloge nell’ambiente della Compagnia di Gesù andrebbe sostenuta con argomentazioni più
probanti: non basta il solo riscontro della presenza nel Canzis di testi
dedicati ai santi gesuiti. Abbiamo potuto verificare infatti, sia in opere
coeve al manoscritto sia in altre del secolo successivo, come il culto per
questi santi fosse nell’isola molto vivo, fatto che risulta attestato anche da
moltissimi “gosos” in sardo e in spagnolo e da numerose opere che hanno per oggetto la venerazione dei santi in Sardegna19.
18
C. Acutis, Presenza del Romancero in Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII in La
romanza spagnola..., op cit., p.313.
19
La bibliografia a questo riguardo è davvero copiosa. Cito solo alcuni autori:
Juan Francisco Carmona, Santuario de Sardeña, ossia Alabanças de los Santos de
Sardeña, 1631 Ms BU di Cagliari; Dimas Serpi, Cronica de los Santos de Sardeña,
Barcelona, Carmellas, 1600; Dionisio Bonfant, Triumpho de los santos de Cerdeña,
Caller, en la Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, por Bartholomeo Gobetti,
MDCXXXV. Per quanto riguarda, invece, il versante poetico, si veda G. Sechi,
Goggius. Raccolta completa delle lodi sacre sardo-logudorese-campidanese per le solennità e le feste dei santi della Chiesa cattolica celebrantesi in tutta la Sardegna, Oristano,
Tipografia Pascuttini, 1934.
18
T ONINA PABA
Indubbiamente la genesi del Canzis è da collocare a stretto contatto con
gli ambienti religiosi in quanto, come più studiosi hanno fatto notare,
non è pensabile immaginare, nella Sardegna di fine Seicento, la produzione di qualsiasi opera svincolata dall’influenza che gli ordini religiosi
nell’isola esercitavano in maniera ampia e profonda20. La letteratura
ispano-sarda è ricca di testimonianze dell’impegno personale di vari religiosi nell’ambito letterario e storico21, impegno documentato da numerose opere, molte delle quali permangono ancora manoscritte nelle biblioteche dell’isola.
Un chiaro esempio della religiosità e della forte componente spirituale
della personalità dell’uomo barocco si può leggere nell’opera di José
Delitala y Castelví, Cima del Monte Parnaso Español, pubblicata a Cagliari nel 167222.
20
Molto utili a dare un quadro approfondito e articolato della realtà sarda in
epoca spagnola sono i volumi di AA.VV., La società sarda in età spagnola, a cura di
Francesco Manconi, Consiglio Regionale della Sardegna, 1992, 1993. Si veda, in
particolare, il contributo di G. Pirodda, La letteratura del Seicento, vol.II, pp.66-75.
Sul ruolo quasi monopolistico della Compagnia di Gesù nel campo dell’istruzione
e dell’editoria in generale informa Raffa Garzia ne La cultura in Sardegna e la
letteratura nel Seicento e nel Settecento in Un poeta latino del Settecento: Francesco
Carboni, Cagliari, 1900.
21
Ricordo, fra i numerosissimi casi, Fray Maria de Estercili, “sacerdote capuchino
en Sellury”, (Libro de comedias), il gesuita Antioco del Arca, (El saco imaginado),
Francisco Vico, arcivescovo di Cagliari, (Historia General de la Isla y Reyno de
Sardeña, Barcelona, MDCXXXIX) e il predicatore capuccino Jorge Aleo (Historia
cronologica y verdadera de todos los sucessos y casos particulares sucedidos en la isla y
reyno de Cerdeña del año 1637 al año 1672..).
22
José Delitala y Castelví è considerato dalla critica (Joaquín Arce, Francesco
Alziator, Siotto-Pintor ed altri) la figura più rilevante del panorama letterario ispanosardo del Seicento. Oltre al volume di versi, è autore di una Loa, pubblicata in
appendice alla Cima... in cui celebra il compleanno di Carlo II nel 1666 e che
venne rappresentata nel palazzo del Vicerè Marchese di Camarassa. Durante le
nostre ricerche presso i fondi antichi delle Biblioteche isolane abbiamo rinvenuto
un’altra opera finora sconosciuta di José Delitala. Ne ignora l’esistenza anche il suo
maggior studioso Louis Saraceno che al Delitala ha dedicato una monografia, Vida
y obra de José Delitala y Castelví Poeta hispano-sardo, Cagliari, 1976 (trad. it. di Luigi
Spanu: Vita e opera di José Delitala y Castelví, Ed. Castello, Cagliari, 1994). Il titolo
dell’opera è Loa en la Comedia que en el salon de Su Casa representó el Illustre Don
Artal de Alagon y Pimentel, Marques de Villasor, Conde de Monte santo, etc... festejando
la celebridad del felis parto de la Excellentissima Señora Doña María Antioga de
Alagon y Pimentel su hermana, princesa de Pomblin y de Venosa, escrita por Don
Ioseph delitala y Castelví... en Caller, en la Estampa del Dr. Don Hilario Galcerin,
Por Nicolas Pisà, año 1670.
Tale loa è custodita presso la Biblioteca della Facoltà Teologica di Cagliari.
19
Canzoniere ispano-sardo
Non è azzardato osservare che se quest’opera fosse stata anonima, più di
uno studioso nella ricerca della paternità di essa si sarebbe interrogato
sul ruolo dei religiosi e in special modo dei gesuiti e per alcuni aspetti
ciò può risultare illuminante riguardo all’origine del Canzis. La Cima del
Monte Parnaso presenta, infatti, straordinarie affinità non solo d’ordine
tematico ma anche, e soprattutto, di carattere stilistico con la prima parte
del nostro manoscritto. Si tratta di una raccolta di poesie in lingua spagnola, di vario metro e tripartita per tema, epico, amoroso e funebre,
secondo il canto delle tre Muse Calliope, Euterpe e Urania23.
Diamo di seguito i titoli dei componimenti del Delitala affiancati dalle
corrispondenti trattazioni nel Canzis, non nell’ordine con cui compaiono nel volume ma raggruppate per soggetto per meglio evidenziarne le
affinità.
Cima
Canzis
Al Duque de San Germán,
Virrey de Cerdeña
Romance para el Duque
de San Germán que uino
a Cerdeña por la Pasqua
de Navidad y juró primer
día de año.
A Don Artal de Alagón,
Marqués de Villasor.
Redondillas que se
cantaron al fin del
opulento combite que
dio el S. Don Pedro de
Alagón Arçobispo de
Oristán en la consagración del Obispo de
Alg[u]er don Francisco
Roger.
En la consagración
del P.D. Pedro de
Alagón, Obispo de
Ampurias.
23
Per uno studio dell’opera rimandiamo al saggio di L. Saraceno cit. Vogliamo
qui segnalare solamente una discordanza (non rilevata, stranamente, né da questo
né da altri studiosi) tra quanto appare nel frontespizio dell’opera del Delitala (pubblicata nel 1672) e un documento originale conservato presso l’Archivio Storico del
Comune di Cagliari. Tra i vari titoli di cui l’autore si fregia, com’era consuetudine
in quel tempi, figura anche quello di “Gouernador del Cabo de Caller y Gallura”.
Dal documento [facente parte della “Rubrica de privilegios, patentes y demas despachos
que se registran en el officio del ... al presente año 1677 por Miguel Pirella notario
T ONINA PABA
20
Relación de las fiestas que se
celebraron en la ciudad de Cáller
al casamiento del Príncipe de Pomblín
con la señora Doña María de Alagón y
Pimentel, dama de la reyna Nuestra
Señora y Hija de los Marqueses de
Villasor.
A San Francisco de Borja
en la fiesta de Villasor.
A la Señora doña Isabel de Alagón
y Pimentel en día que tomó el hábito
de monja en el Convento de Santa Luzia
de frailes franciscos que fue el del
Niño Perdido.
Para una dama que
tomó el hábito de
monja.
A una dama a quien quitaron la vida
violentamente.
Décimas a una dama
a quien mató su marido
con un puñal.
A San Francisco Xavier
Apóstol de las Indias.
A San Francisco Xavier.
A San Francisco Xavier. Romance.
Al mismo santo.
A San Ignacio de Loyola.
Al san Ignacio.
A San Francisco de Borja.
A S.Fr.co de Borja.
A la Assumpción de Nuestra Señora
en alusión de el ave feniz.
A la Assumpción de la
Virgen.
A la Natividad de Nuestra Señora.
A la Presentación de
la Virgen.
A la Purissima Concepción de Nuestra
Señora.
A la Purificación de
la Virgen.
publico, ciudadano desta ... y magnifica ciudad de Caller”, f.88r/v] risulta che la concessione del titolo suddetto “es merçed de cortes del año 1677”. La concessione della
carica di Governatore del Capo di Cagliari e Gallura avvenne con carta reale del
31 agosto 1677, con la quale il Sovrano spagnolo distribuì le ricompense a favore di
coloro che si erano distinti nei lavori del Parlamento, celebrato dal marchese de las
Navas, Conte di Santo Stefano, conclusisi il 9 novembre 1677 e iniziati il primo
aprile dello stesso anno. Cfr. G. Pillito, Memorie tratte dall’Archivio di Stato in Cagliari, riguardanti i Regi Rappresentanti che sotto diversi titoli governarono l’isola di
Sardegna dal 1610 al 1720, Cagliari, Tip. del Commercio, 1874 e J. Mateu Ibars, Los
virreyes de Cerdeña, Padova, 1962-68.
Canzoniere ispano-sardo
21
Alcuni titoli dei componimenti del Canzis lasciano supporre l’appartenenza del loro autore al ceto nobiliare sardo. In particolar modo implicano la frequentazione e l’amicizia con il Marchese di Villasor (nipote di
Pedro de Alagón, Vescovo di Oristano) e con l’ambiente della Corte
vicereale.
Questi dati biografici coincidono con la figura dell’autore della Cima del
Monte Parnaso, José Delitala y Castelví, grande amico degli Alagón e
intimo dei vari vicerè che si sono avvicendati nell’isola, governatore del
Capo di Cagliari e Gallura e vicerè egli stesso in un periodo di
interregno24.
Gli insistiti riferimenti ai santi gesuiti presenti nel Canzis, inoltre, potrebbero essere letti come indizio dei rapporti esistenti fra l’autore dei testi
e la Compagnia di Gesù o come attestazione della provenienza da uno
stesso contesto e ambiente culturale.
A questo proposito segnaliamo come nel caso di José Delitala questo
rapporto sia esplicito, oltre che nei testi, nei vari “nulla osta” all’imprimatur
concessi in larga misura dai gesuiti25.
Le affinità finora evidenziate, tutte di carattere esterno alla trattazione
dei temi, pur se degne di essere considerate, non provano la paternità di
José Delitala riguardo al microcorpus che apre il canzoniere e che potrebbe essere opera di un unico autore.
Le corrispondenze di carattere stilistico che si presentano in entrambe le
raccolte, certi stilemi e certi topici letterari,26 benchè alcuni comuni ad
altre raccolte attribuite a religiosi, ci pare possano essere ricondotti a
un’unica matrice in quanto connotatori di uno stile personale. Vediamone alcuni:
24
Nonostante per nascita fosse un membro del casato dei Castelví, Marchesi di
Laconi (ai quali apparteneva don Agustín de Castelví, il rappresentante inviato
dagli Stamenti sardi a trattare col Sovrano spagnolo una serie di richieste), rivali
dell’altra nobile e potente famiglia degli Alagon, marchesi di Villasor, José Delitala
fa una scelta di campo a favore di quest’ultimi e del Vicerè. Sui motivi di tensione
tra le due famiglie, che si fronteggiarono aspramente, (e a causa delle quali don
José Delitala dovette trascorrere un periodo a Madrid, sotto la protezione del Re) e
sulle circostanze che portarono all’uccisione di don Agustín di Castelví prima e del
Vicerè poi, gli storici si dimostrano discordi. Cfr. D. Scano, “Donna Francesca
Zatrillas, Marchesa di Laconi e di Siete Fuentes”, Archivio Storico Sardo, vol.XXIII,
1942.
25
Le “aprobaciones” sono infatti di Joseph de Villamayor, Provincial de la
Compañia de Jesus, 1 de octubre de 1672 e di Padre Juan Garcia Marin de la C. de
J., Predicador de su Majestad, 6 de octubre de 1672.
26
È il caso, per esempio, dell’affettazione di modestia “diffusissimo in tutte le
letterature e ritenuto psicologicamente efficace nell’oratoria” come ricorda B. Mortara
Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, Milano, 19959, p.66.
22
T ONINA PABA
- presenza massiccia dell’io poetante. Molti componimenti sia nella Cima
del Monte Parnaso che nel Canzis sono in prima persona; in particolare
viene enfatizzata la contrapposizione yo/los demás.
- in vari testi viene ribadita l’inadeguatezza del poeta ad affrontare certi
temi, considerati ineffabili o molto al disopra dei suoi mezzi espressivi e
delle sue possibilità. Pur trattandosi di un topos molto diffuso, la frequenza, il tono e gli argomenti addotti lo rendono molto personale:
Cima
“[...] es mi albogue baxissimo instrumento” (A San Ignacio de Loyola)
“Cancion, si ruda emprendes / sus alabanças, tanto mas le ofendes / que
pues desnuda vas de ciencia, mira / que mal tu tosca lyra / podra acertar à
ponderar sus glorias / si por pobres no admite estas memorias” (A santo
Thomas de Villa Nueva)
“[...] mas para cantar tus glorias / es corto numen mi ingenio”
(Al Beato Saluador de Horta)
“ [...] y pues peligra el discurso / en mi pluma, solo abone / mi obsequioso
rendimiento / lo rudo de estos borrones” (Relación de las fiestas que se
celebraron en la ciudad de Cáller, al casamiento del Príncipe de Pomblín
con la Señora Doña María de Alagón...)
Canzis
“[...] dudaua cantar / por no errar en cosa tan delicada” (A la Presentación
de la Virgen)
“[...] para hablar de sus cosas / falta el discurso” (A San Francisco Xavier)
“[...] en cosas tan profundas / yo no me meto” (A San Saturnino Mártir).
“[...] callo lo demás que es mengua / no hablar dello como deuo” (Redondillas
que se cantaron al fin del opulento combite que dio el S. Don Pedro de
Alagón)
“[...] callo al fin porque alcanzar / no puedo cosas tan altas / pues no tiene
belo aunque / tenga passos la garganta” (A la Assumpción de la Virgen)
[...] Aquí es fuerza que desista / de mi canto arrebatado” (A lo mismo)
Canzoniere ispano-sardo
23
- è da notare, in entrambe le opere, un ricorso massiccio a congiunzioni
di tipo concessivo e a strutture sintattiche ascrivibili a un registro linguistico colloquiale/parlato:
Cima:
No es mucho que la veneren / pues...
Y pues .../ no hay duda que
Que triumpho antes de nacer / no se duda pues...
Que es perfecta, no ignora...
Y pues... / no hay duda que...
No es mucho ciñan tu frente / pues ...
Aunque ... / yo sé ...
Hoy dizen que ...
Canzis:
No lo duden que es cosa clara...
Y no duden que este niño...
esto ninguno lo dude...
no es dudable que...
Dizen que...; Muchos dizen que...
Aunque es cosa manifiesta...
Por mas que ...; pues que...; pues aun...; pues por.
“Salga en vozes la fama desatada / rompa en canora trompa el dulce accento” (Cima A S. Ignacio de Loyola)
“Rompa sonora mi voz / el silencio tan profundo” (Canzis, Al Nacimiento
de Christo)
“Salga mi trabaxada voz y rompa” (Canzis, Canciones Castellanas)
“En graves acentos mueva / mi sonora voz su tono” (Canzis, A la Assumpción
de la Virgen)
“Pues de Francisco Xavier / quereis saber los prodigios / atended a tantos
ciegos / que os cantarán lo que han visto” (Cima, A San Francisco Xavier)
“Oigan, sepan, entendan, / miren atentos / lo que de Xavier dizen / hasta los
ciegos” (Canzis, A San Francisco Xavier. Quintillas de un ciego)
“Para ver del amor los prodigios / atended estas raras finezas”
(Canzis, A Santa Teresa de Jesús)
24
T ONINA PABA
- nei componimenti dedicati a esponenti del ceto nobiliare sardo, Delitala
scinde nella trattazione i due cognomi su cui poi realizzare la interpretatio
nominis:
A la desgraciada muerte de don Francisco Sarmiento y Luna, Marqués de
Camarassa, en alusión de los dos apellidos.
A Don Christóval Crespi de Valdaura, Vicecanciller de Aragón, en alusión de
los dos apellidos.
Nel Canzis la romanza dedicata al Duque de San Germán termina con
questi versi:
“Tu mismo nombre en efecto / está al reyno assegurando / si como Duque
grandeças / como san Germán milagros”.
Il raffronto tra le grafie del Canzis e alcune lettere autografe di José Delitala
y Castelví27 porterebbe a escludere che egli sia stato il raccoglitore materiale e il trascrittore dei testi. Avanziamo, pertanto, l’ipotesi che possa trattarsi di una persona facente parte del suo ambiente sociale, culturale o
familiare che poteva con una certa facilità accedere a una produzione
poetica destinata, per chissà quali motivi, a non essere pubblicata.
Il Canzis si apre, infatti, con un corpus di testi chiaramente d’ispirazione
sarda, omogeneo per stile, trattazione, tematica e riferimenti alla società
politico-mondana del tempo, e che costituiva, forse, la parte espunta dal
più ponderoso materiale testuale confluito nella Cima del Monte Parnaso
nel 1672.
Si sa che J. Delitala, oltre al figlio Mathia, anch’egli poeta28, aveva un
fratello maggiore, Jerónimo, che si dedicò alla vita ecclesiastica e divenne canonico teologale della Cattedrale cagliaritana29. La figura di questo
religioso ben si attaglia a quella del trascrittore che dice di aver copiato
27
Dobbiamo la possibilità della collazione alla cortese disponibilità di L. Saraceno
che ci ha inviato dagli Stati Uniti copia di questi documenti. È da notare come
leggere differenze nella scrittura siano presenti anche in queste lettere, a meno che
non si consideri l’ipotesi che qualcuna sia stata redatta da un segretario personale
di Castelví e da questi solo firmata.
28
Un suo sonetto compare tra le composizioni preliminari della Cima del Monte
Parnaso. Secondo i biografi (P. Tola, Dizionario biografico..., op. cit.) non sopravvisse al padre. V. Floris S. Serra, Storia della nobiltà in Sardegna, Edizioni della Torre,
Cagliari, 1986 e F. Loddo-Canepa, Cavalierato e nobiltà in Sardegna, Arnaldo Forni,
1985.
29
Anche di lui si conserva, in prosa, una Funesta declamacion contra la Muerte. En
la del Illustrissimo y Reuerendissimo Señor Don Pedro Vico, Arçobispo de Caller, Presidente y Capitán General que fue de este reino de Sardeña, Caller, en la Emprenta del
Doct. D. Hylario Galcerin, por Nicolas Pisà, 1676.
Canzoniere ispano-sardo
25
i testi in sardo “en la Virgen de Lugar Santo”. Infatti è storicamente attestato, e si mantiene vivo tuttora, il culto per la Madonna di Luogosanto,
che confluiva in solenni celebrazioni presso il santuario omonimo30. Per
l’occasione, l’Arcivescovo di Ampurias si spostava con tutto il Capitolo
e un ampio seguito di ospiti e pellegrini e prendeva alloggio nelle casette costruite tutt’intorno al Santuario dove si tenevano i festeggiamenti in
onore della Madonna31.
Il repertorio profano copiato dal nostro antologista non deve sembrare
stridente rispetto alla circostanza che li dettò. Già Sigismondo Arquer,
un secolo prima, scriveva, riguardo ai costumi dell’isola, come in Sardegna si fosse soliti far seguire ai festeggiamenti religiosi, all’interno della
stessa chiesa, canti e balli profani e banchetti a base di carne32.
Va, tuttavia, sottolineato che accanto a questa congettura trovano plausibilità altre ipotesi, come quella che il Canzis raccolga nella parte iniziale l’opera di più autori che sancivano coralmente e pubblicamente l’appartenenza a uno stesso ambiente, omogeneo dal punto di vista sociale e
culturale. La cornice, infatti, in cui la maggior parte di questi componimenti di circostanza venivano “eseguiti” (fossero cantati come esplicitamente indicano a volte le rubriche o semplicemente recitati) era quella
delle “fiestas” per la canonizzazione di Santi o per la consacrazione di
alti prelati a vescovi. Tali feste, in cui convivevano il sentimento religioso e il gusto per lo sfarzo mondano33, avevano spesso per scenario l’interno delle chiese sontuosamente addobbate, dove, in seno a un fitto programma veniva ritagliato lo spazio per una justa poética o certamen, ossia
per una competizione in versi dinanzi a un folto auditorio34. Ciò spiegherebbe, per esempio, la presenza di vari testi (di metro diverso) su uno
30
Vedi A. Pirredda, Luogo santo in Gallura, Tempio, 1988; G. Doneddu, Tempio
in La Sardegna, op. cit., pp.290-294; G. Piras, Storia del culto mariano in Sardegna,
Cagliari, 1961 e A. Casu, I frati minori in Sardegna. Notizie storiche, Cagliari, 1927.
31
Pare che queste feste fossero il momento d’incontro delle popolazioni galluresi
che “contemporaneamente alle manifestazioni religiose, onoravano la Madonna
con festeggiamenti civili: corse di cavalli, gare di canto a chitarra, poesia dialettale,
fuochi d’artificio” in A. Pirredda, op. cit., p.48.
32
Cfr. M. Cocco, Sigismondo Arquer. Dagli studi giovanili all’Auto de Fe, Cagliari,
Editore Castello, 1987, p.414 (Sardiniae brevis Historia et Descriptio) e G. Mele, La
musica in AA.VV., La società sarda in età spagnola, op. cit.
33
Cfr. a questo proposito J. Díez María Borque, Teatro y fiesta en el Barroco,
Ediciones del Serbal, Barcelona, 1988.
34
“La poesía se hace pública en las fiestas que, cuando son abiertas, ofrecen a un
amplísimo auditorio la oferta de voces y música en la palestra. De ahí que la mayor
parte de los discursos y hasta de los mismos poemas, serios o jocosos, esté escrita
con el pensamiento puesto en el auditorio al que va dirigida y ante el que va a ser
recitada, cantada o leída” scrive A. Egido in “Literatura efímera. Oralidad y escritura
en los certámenes y academias del Siglo de Oro”, Edad de oro, VII, 1988, p.70.
26
T ONINA PABA
stesso soggetto35, come il caso dei componimenti dedicati a Sant’ Ignazio
di Loyola, a San Francesco Saverio, a Sant’Efisio, a Santa Caterina, ecc.
Non cessa di sorprendere, però, l’omogeneità stilistica di questo corpus
che apre il canzoniere, caratterizzato da una marcata predilezione per i
giochi retorici basati sull’equivoco. Le fitte allusioni, le antanaclasi, i
calembours, le dilogie e le anfibologie che li sorreggono mettono in luce
la manipolazione linguistica a cui vengono sottoposti, che, più che un
espediente di maniera, parrebbe un tratto connotante uno stile personale.
Criteri dell’edizione
Nel rendere pubblico questo lavoro ci guida soprattutto il desiderio di
far conoscere il contenuto del canzoniere e non quello di dare l’edizione
critica (quando possibile) dei suoi testi.
Trattandosi, pertanto, di un’edizione il cui scopo principale risiede nella
descrizione del codice, abbiamo optato per la pubblicazione integrale di
esso. Le poesie di autore noto, quelle che abbiamo potuto individuare e
che sono già edite, rappresentano una parte esigua del corpus testuale
del Canzis. Si è ritenuto di non estrometterle per offrire una visione completa del gusto del compilatore.
I testi del canzoniere vengono proposti nell’ordine originario, fatta eccezione per quelli in lingua sarda, accorpati e studiati separatamente nella
seconda parte del volume.
Per quanto riguarda gli interventi editoriali è opportuno segnalare che:
- sono nostri la punteggiatura, l’uso delle maiuscole, l’accentuazione, la
numerazione delle poesie e dei versi;
- sono stati sistematicamente ripristinati i segni diacritici nei grafemi ñ e
ç (+ a ed o) non sempre apposti dal copista;
- gli emendamenti al testo si limitano agli interventi di espunzione, indicati entro parentesi tonde, e di integrazione, segnalati da parentesi quadre.
L'emendamento di interi versi o strofe viene segnalato in corsivo tra
parentesi quadre. I puntini di sospensione racchiusi in parentesi quadre
segnalano una lacuna;
- in presenza di chiaro errore del copista si apporta la correzione in
carattere corsivo nel testo dando in nota la lezione errata. Verranno indicate le eventuali varianti sia interne al codice, nel caso di versioni ripetu-
35
Si vedano, a questo proposito, i numerosi lavori di A.Egido, alcuni dei quali compendiati in Fronteras de la poesía en el Barroco, Ed. Crítica, Barcelona, 1990.
Canzoniere ispano-sardo
27
te dello stesso testo, che relative ad altri manoscritti o testi a stampa
antichi.
- vengono sciolti i pochi segni tachigrafici (Xpto, xptiano)
Per quanto riguarda la veste grafica, si è optato per una riproduzione
fedele del testo del manoscritto considerando che tale operazione può
risultare di maggiore utilità a chi voglia intraprendere uno studio di carattere più specificamente linguistico dell’opera e per documentare le
peculiarità dello spagnolo scritto in Sardegna.
A questo proposito è da notare che:
- nella maggior parte dei casi (e in maniera sistematica nei testi di soggetto “sardo” che lasciano suppore una composizione in loco) a livello di
grafema non c’è distinzione tra la sibilante sorda /s/ [grafia: s e ss] e la
interdentale fricativa /z/ [grafia: ce, ci , ze, zi, ç]:
(alegrarce, ocacion, ocasiones, llorozo, siertos, vos, esperança, perçona)
- il copista usa alternativamente y e j per indicare la /i/ con valore di
semiconsonante (desmajado e desmayo, jelo, cuydado, arrojo e arroyo)
- in numerosi casi rende ancora con x il fonema /x/, (successivamente
indicato con la j) (paxas, madexa, muxer, dixo,...)
- scrive n o m indifferentemente davanti a esplosiva labiale (tanbien,
inpossible, emperatriz, compañia)
- permane l’alternanza, puramente grafica, tra la v iniziale di parola o in
posizione interna, resa con u (nueua, conserua, viuir, hauiendo,
gouernaua)
- il ricorso alla h è del tutto asistematico. Eccettuati i casi in cui esprime
derivazione etimologica (hilo, hambre) la sua presenza è arbitraria
(henbidia, hesta, hodio, hocio, herizar)
- il verbo haber, alla terza persona singolare, non è mai reso con la h ma
con un accento sulla vocale. Allo stesso modo la preposizione a, per cui
viene a cadere la funzione grammaticale del segno;
- persiste la derivazione etimologica nei grafemi qua, que, qui, quo (qual,
quanto, quaresma, quenta).
Segnaliamo, infine, come una particolarità, il ricorso del copista a un
segno di apostrofo sulla lettera g. Escludiamo che debba essere inteso
come un segno diacritico convenzionale in funzione di un destinatario
non ispanofono in quanto appare anche nei testi in sardo e la sua presenza, che ha i tratti dell’incoerenza, non svolge funzione di discriminante
fonologica (larg’a, dilig’encia, ang’el, reneg’ado, rog’aua, og’era, g’erra).
Si dà di seguito la siglatura delle Biblioteche mentre per i manoscritti
consultati si rinvia alla voce specifica della bibliografia finale.
28
ACA
ACC
ACO
AHS
ASC
AVA
BBC
BBM
BCA
BCAC
BCB
BCC
BCO
BCS
BCR
BNM
BSS
BFT
BSAC
BSAO
BUB
BUC
BUS
T ONINA PABA
Archivo Corona de Aragón Barcellona
Archivio Storico Comunale Cagliari
Archivio del Capitolo della Cattedrale di Oristano
Archivo Histórico Simancas
Archivio di Stato Cagliari
Archivio Vescovile Alghero
Biblioteca Convento Nostra Signora di Bonaria Cagliari
Biblioteca Braidense Milano
Biblioteca Comunale Alghero
Biblioteca dei Padri Cappuccini Cagliari
Biblioteca de Catalunya Barcellona
Biblioteca Comunale Cagliari
Biblioteca Comunale Oristano
Biblioteca Comunale Sassari
Biblioteca Consiglio Regionale della Sardegna
Biblioteca Nacional Madrid
Biblioteca Francescana “S. Pietro in Silki” Sassari
Biblioteca Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna
Biblioteca Seminario Arcivescovile Cagliari
Biblioteca Seminario Arcivescovile Oristano
Biblioteca Universitaria Barcellona
Biblioteca Universitaria Cagliari
Biblioteca Universitaria Sassari
Canzoniere ispano-sardo
29
30
T ONINA PABA
31
Canzoniere ispano-sardo
I (f.1r-v)
[...]
y que su luz sombras no ofusq [...]
no lo duden que es cosa clara.
5
10
15
Eres la tuna más agraceada
y eres lo grande que hay que admirar
que aunque a la luna [h]oy te comparan
nunca vió tu pureza lunar.
Eres la palma que más descuella
que plantaron manos más santas
tierno pinpollo te ve la tierra
pero al cielo víctores canta.
Eres ciprés nada funesto
cuyo verdor a todos combida,
a cuyo tronco, por muy derecho
naïde dize cosa torcida.
f.1v
Eres d[el] valle blanca azuz(u)ena
cuyo puro candor admira
y la fragançia que nos consuela
nunca muere si bien espira.
20
25
Eres cristal diáfano y terzo
en quien el sol an[h]ela luzir
y en que reçibas muchos reflexos
no hay más dudar ni más refletir.
Eres la torre Plaza de Paz
a quien nada da que temer,
y assí las mismas armas están
ya colgadas de mucho vençer.
Componimento acefalo. Serie di cuartetas di decasillabi. Schema rimico:
ABCB. Dedicato alla Vergine, introduce questo corpus di testi di carattere religioso composto con molta probabilità da autore sardo. Al v.15
naïde,(“vulgarismo” per il LAPESA) già notato da ACUTIS, per nadie
caratterizza questo blocco di testi redatti nell’isola.
T ONINA PABA
32
II (ff.2r-3r)
AL NACIMIENTO DE CRISTO
Romance
Atended que va de historia,
si bien no es historia larga,
pues toda ella si se atiende
es cosa de una palabra.
5
10
15
20
Un niño parió María,
y aunque de Gran Dios le aplaudan,
yo le aseguro a su madre
que ya tiene un [h]ombre en casa.
Naze el chico en un portal,
raro fauor, dicha estraña
que tanbién se nos venga
hasta las puertas de casa.
Y no duden que este niño
es cosa muy señalada,
pues aun a la media noche
a luz su madre le saca.
Aunque inmensamente sabio
en todas siencias le llaman
la [h]umanidad solamente
esta noche saca a plaza.
Entre el ajre del deciembre
nace conque no me espanta
que los ángeles le canten
con ajre mil alabanzas.
25
30
Ni el deciembre solamente
le maltrata con escarchas,
pues con él tanbién mostraron
grande sequedad las pajas.
Aun el llorar este niño
lo haze con muy linda gracia,
pues que de perlas le caen
las lágrimas que derrama.
f.2v
33
Canzoniere ispano-sardo
35
40
Sol le llaman de justicia
y de verdad no se engañan,
de justicia está, pues él
de pedir pechos no se [h]arta.
Ni el ver que pide a su madre
los pechos con tanta instancia
quita que muchos le tengan
por perçona muy humana.
f.3r
Bien se ve que diligencia
el bien del mundo con ancia,
pues por remediar al mundo
se nos vino en cuerpo y alma.
45
Y esto ninguno lo dude
siendo cosa aueriguada
que por saluarnos a todos
empeñó Dios su palabra.
Romance, con assonanza a-a, già in ACUTIS.
III (ff.3r-4v)
AL MISMO
Redondillas
Rompa sonora mi voz
el silencio tan profundo,
lleg[u]e de una vez al mundo
ya la palabra de Dios.
5
10
El cielo miel desti(l)laua
y aunque quiso serenarce
la tierra, en vez de alegrarce,
[h]echa una noche se estaua.
Teníala assí su malicia
pues rezelosa del sol
dixo, al tapar su arrebol:
“en casa está la justicia”.
Pero, aunque a primera faz
tema la tierra, ya [h]a oydo
f.3v
T ONINA PABA
34
15
20
dezir del que a ella ha uenido
que es [h]ombre de buena paz.
Tanbién su Padre le abona
pues si es el que hoyó nombrar,
de los que hay en el lugar
es la primera persona.
Su madre es muy conocida
y ella professa a(f)fición,
porque ella en esta ocación
es quien le [h]a dado la uida.
25
30
35
40
Joseph muy tierno de amor
llorozo de agradecido
dize que quanto en él uido
toda es cosa superior.
f.4r
Mas por guardar el estilo
hilo a hilo el niño llora
y si preguntan la [h]ora
fue a media noche por hilo.
Dormían entre unos abrojos
incautos siertos pastorez
y al dar un ángel clamores
él les hizo abrir los (h)ojos.
Despertaron con cuidado,
dones al niño ofrecieron
y [h]asta entonces no supieron
que tenían mucho ganado.
Era este el gozo major
que [h]ambreauan ver los mortales
pues hasta los animales
dauan al cielo calor.
45
No tiene ya que temer
el hombre si bien lo mira,
ya de sus males respira
pues le uino Dios a ver.
Redondillas. Schema: abba.
v.2 Ms. en
v.41 este, aggiunto in interlinea.
f.4v
35
Canzoniere ispano-sardo
IV (ff. 4v-5r)
AL MISMO
Seguidillas
Buenas noches señores
vengan albricias
que les traigo unas nueuas
recién salidas.
5
10
15
20
No son vanas las nueuas
pues tengo cartas
y el que escriue lo afirma
en su palabra.
Sucedió que en Betlem,
un lugarsito
donde todos parecen
unos judíos,
ha parido una virgen
quedando intacta
y el lugar (h)está alegre
como una pasqua.
f.5r
Fue su parto feliz
y el tierno infante,
sin que añadan ni quiten,
todo es su padre.
Esta en suma es la nueua,
yo no la inuento
vean las cartas que cantan
el euangilio.
Seguidillas, con assonanza, sempre diversa, nei pentasillabi. Il tono del
linguaggio, volutamente basso e colloquiale, riproduce il registro di un
umile, secondo la tradizionale presentazione dei pastori.
v.24 evangilio, per evangelio.
T ONINA PABA
36
V (ff.5r-7v)
LOS PASTORES DEL NACIMIENTO
Corre, Gil, verás
un rico tesoro,
a Dios chiquito
que está como un oro.
5
10
15
20
25
30
35
Sus labios parezen
más que fina grana,
sus dos carrillitos
qual roxa mançana,
tiene forma [h]umana
diuino decoro
nuestro Dios chiquito
que está como un oro.
f.5v
Luego que lleg[u]é
oy que lloraua,
porque el fiero çierço
mucho le aquexaua,
la alma me robaua
sólo oyr su lloro
aunque está llorando
está como un oro.
Un cielo es su frente,
rayos sus cabellos,
sus ojos dos soles
más que este sol bellos,
hay no sé qué en ellos
conque me enamoro
de Dios chiquitico
que está como un oro.
Aunque en duras paxas
le vi reclinado,
parecióme un cielo
todo arrebolado,
vide despojado
mas con tal decoro
a Dios chiquitico
que está como un oro.
f.6r
37
Canzoniere ispano-sardo
40
45
50
55
60
65
70
75
Arroba las almas
sólo su llorar
y sus lagrimillas
hazen descansar,
cosa singular
que es risa su lloro
y aunque está llorando
está como un oro.
Le estaua arrullando
su Madre y dezía
“vida de mi vida,
duerme vida mía,
fuente de alegría
templa un poco el lloro”,
duerme Dios chiquito
que está como un oro.
f.6v
“Dexa, niño, el llanto,
que tiempo tendrás
quando en duro (l)leño
la vida darás,
quando dexarás
el primer desdoro,
duerme agora niño
mi madexa de oro”.
“Dime, fiero çierço,
porque se embrauese
tu furia que tanto
a mi niño empece,
que es causa que crece
más y más su lloro,
no ves como es bello
que está como un oro”.
“Y tú, sueño, que eres
del mundo reposo,
vence aquí a mi niño
más que el sol hermoso,
seas con él piadoso
y aplaca su lloro,
no ves como es bello
que está como un oro”.
“Calle, agora, calle
todo lo criado,
f.7r
T ONINA PABA
38
80
85
90
95
100
105
que empieza a dormirse
mi niño dorado,
que ja de cansado
dio fin a su lloro,
pues velle durmiendo
que está como un oro”.
“Mas, (h)ay si supiesse
lo que está soñando,
mi niño dormido
que duerme velando;
vendrá tiempo quando
sepa esto que ignoro,
dirámelo el niño
que está como un oro”.
f.7v
“Dirame este sueño,
dirá su soltura
quando otra ves duerma
en cama más dura:
ya sin hermosura
sin lustre y decoro,
el que a[h]ora es niño
y está como un oro.”
Llorando su madre
assí le aclamaua,
esto y más dezía
mientras descansaua,
más y más gustaua
oyendo su lloro
porque quando llora
está como un oro.
Fin.
Villancico. Cabeza di quattro senari, seguita da sestine di esasillabi con
un distico per ritornello. Schema rimico: xyzx / abcbbxex. Testo delicatissimo e particolarmente vivace per il continuo inserimento del discorso
diretto della Madre che si rivolge agli elementi (il sonno, il vento e l’intero creato) per conciliare il sonno al suo bambino. Lo stesso testo, con
varianti imputabili alla trasmissione orale, è stato segnalato da due autori (PALOMBA, 1911; SCANU, 1964) nell’area catalana di Alghero come
39
Canzoniere ispano-sardo
influenza della lingua e della cultura castigliana. Sono canti natalizi, raccolti dalla viva voce di un cantore e di un vecchio banditore algheresi.
“Il professor Pellegrini crede di poter ascrivere questo componimento al
primo ‘400 perchè esso conserva la forma metrica delle laudi antiche”
(SCANU).
Joaquín Arce allude a un piccolo manoscritto in lingua spagnola (attualmente introvabile) che ha potuto consultare presso il Convento delle
Suore Cappuccine di Cagliari, contenente in maggior parte villancicos.
Secondo l’autore sono poesie, attribuibili alle religiose, non anteriori al
XVIII secolo. Una delle strofe che cita nel suo studio riecheggia il tono
e alcuni versi sparsi di questa composizione: Duerme, duerme chiquitico,/
duerme que estás como un oro/ duerme, duerme vida mía/ mi Rey, mi rico
tesoro. (ARCE, trad. it., 369-370)
Un componimento di sole tre strofe, che parrebbe derivare da un testo
più esteso, si riscontra anche in lingua sarda, nella variante gallurese di
Aggius, col titolo L’anninna di lu Puppu bellu. Sono, rispettivamente, le
strofe 4, 6 e 7 del testo del Canzis (RTPI, 1893).
v.83 velle per verle, agglutinazione.
v.89 vendrá, ms. verna
VI (f. 8r-v)
AL NIÑO JESÚS
5
10
15
Niño delicado
diuino Cupido
vos sois mi querido
y mi enamorado,
el alma os he dado
porque la abrazéis
en llamas de amor
en que vos ardéis.
Por amaros muero
y uiuo de amores
dos indicios claros
de amor verdadero,
muero porque quiero
que vos me abrazéis
en llamas de amor
en que vos ardéis.
T ONINA PABA
40
20
25
30
[H]auer sido un jelo
mi Jesús no niego,
pero en vos ya fuego
sólo aspiro al cielo,
todo mi consuelo
es que me abrazéis
en llamas de amor
en que vos ardéis.
f.8v
Essos (h)ojos bellos
en sus arreboles
representan soles,
rayos los cabellos,
a mi alma en ellos
quiero que abrazéis
en llamas de amor
en que vos ardéis.
Altro villancico, privo di cabeza. Schema rimico:abbaacdc.
Il contenuto del testo, una sorta di riflessione sul “matrimonio mistico”,
implica una voce femminile e potrebbe situarne la genesi in un convento femminile.
VII (ff. 8v-9v)
A LA PRE[SE]NTACIÓN DE LA VIRGEN
Por ser tan niño el objeto
de mi música dudaua
cantar por no errar en cosa
tan delicada.
5
10
Es tan donosa y plausible,
es tan airosa su entrada
en el templo que a fe mía
que toda es gracia.
Son tan medidos sus passos
sin que ella tropiece en nada
que es milagro el verla andar
desenfadada.
f.9r
41
Canzoniere ispano-sardo
15
20
En el dexar a sus padres,
en darse a Dios no repara
quando en ella solamente
todos reparan.
No es nouedad el retiro,
ni el biuir tan apartado
quando no se [h]alla con su esposo
muy bien hallada.
Fue de mucha conueniencia
al cielo y tierra su entrada
pues ella uino a ver a Dios
hasta su casa.
25
f.9v
Desta su presentación
huélgase el uerbo pues [h]alla
para redimir al hombre
muy buena grada.
Estrib[illo]
30
Venid serafines
velda y veneralda
que es por vuestra Reina
de Dios consagrada.
Serie di cuartetas asonantadas, di versi de pie quebrado, (tre ottonari e un
pentasillabo).
VIII
(ff. 9v-10r)
A LA PURIFICACIÓN DE LA VIRGEN
5
Passados quarenta días
obseruante del preceto,
si es muxer de buena ley
María no falta en el templo.
Que murmurar de su vida
no haurá si ella, muy a tienpo
por que no la noten, trata
de purificarse luego.
f.10r
T ONINA PABA
42
10
15
20
Tal admiración al vella
María dio que, en juramento,
el sacerdote depone
que lleua un Dios en el pecho.
Un niño que en brazos lleua
dio y, al tomalle, el buen viejo
tal gozo tuuo que piença
luego morir de contento.
“Jesús parece este niño”,
la dixo,”y Dios en efecto,
y al passo que tú le adoras
te dará sus sentimientos”.
Blancas palomas ofrece
por rescate de su dueño
porque en sus tiernos arru(l)los
dan a entender sus estremos.
Romance, con assonanza e-o, già edito da ACUTIS.
v.9 vella per verla, agglutinazione.
v.14 tomalle per tomarle, agglutinazione.
IX (ff. 10v-11v)
A LA ASSUMPCIÓN DE LA VIRGEN
Romance
5
10
15
[H]oy muriendo burla al mundo
la más hermosa zagala,
y naïde dude que fue
la burla más coronada.
Dizen que es lleuada al cielo
por la perfe[c]ción y gracia
que tiene, mas yo sé
que es por el ajre lleuada.
Dizen que con reuerencia
los ángeles la agazajan,
mas yo he sabido que al uerla
todos del suelo se alçan.
Yo no sé como a su hijo
puede amar mucho esta dama,
pues por él [h]asta este día
43
Canzoniere ispano-sardo
20
25
30
35
40
45
jamás se le arrancó el alma.
Aun no acabo de entender
porque su pobresa alaban,
si [h]oy por ella tiene el cielo
una lindíssima entrada.
Y aunque la entrada es tan buena,
tiene el cielo dicha tanta
que la [h]a logrado cantando:
vean si le viene barata.
Aunque con mucho cariño
siempre a los hombres amaua,
sé de cierto que [h]oy el cielo
se le lleuó toda el alma.
Y por más que su retiro
con admiración aplaudan,
yo sé que no fue de aquellas
que están siempre sepultadas.
Si otros santos en su uida
como difuntos se tratan,
en su muerte esta señora
hurta al cuerpo la mortaja.
Muchos dizen que está en pie
junto a Dios aquesta dama,
pero yo la otra opinión
tengo por más assentada.
Dios le o(f)frece una corona
y es (de) della tan apreciada,
que la tiene y tendrá siempre
sobre su cabesa santa.
Callo al fin, porque alcanzar
no puedo cosas tan altas,
pues no tiene belo aunque
tenga passos la garganta.
f.11r
f.11v
Estrib[illo]
Miren con qué donaire
y con qué gracia
llega al cielo María
como a su casa.
Romance con assonanza a-a, già in ACUTIS.
v.48 pasos de garganta, “inflexión de la voz o gorjeo en el canto” (MOLINER)
T ONINA PABA
44
X (f. 12 r-v)
A LO MISMO
Redondillas
En graues acentos mueua
mi sonora vos su tono,
que cuanto canto y pregono
todo el aire se lo lleua.
5
10
15
20
Pero no tengan cuidado
que el ayre lo lleue todo,
porque jusgo que el modo
del cantar será pesado.
[...] graue homicida
de nuestra Reyna su amor,
rindióse mas su ualor
supo dar a Dios la uida.
Si pagó lo suyo al hado
Dios nos la dio Reyna nuestra,
pues poniéndola a su diestra
la tuuo en muy buen estado.
Pero no me de[sa]grada
el puesto que allí la dieron,
pues por Reyna no pudieron
ponella en más alta grada.
Aquí es fuerza que desista
de mi canto arrebatado,
que si más sube de grado
la perderemos de vista.
f.12v
Redondillas, schema rimico: abba.
L’ultima strofa, come nel romance precedente, ripete il topos della modestia e dell’inadeguatezza dell’io poetante a trattare certe esperienze e
situazioni ineffabili.
v.3 Ms. preguno
v.9 illeggibile
v.20 ponella per ponerla, agglutinazione
45
Canzoniere ispano-sardo
XI (ff.12v-13v)
A LA VIRGEN DEL ROSARIO
Redondillas
Si canto a mil maravillas
no os paresca estraordinario
que en las cuentas del Rosario
hallé lindas redondillas.
5
10
15
20
Pero puedo assegurar
hablando muy a lo serio
que ensierran misterio
y nos dan que meditar.
Con el Rosario el blasón
aumentan los más luzidos
y hasta los más desualidos
perçonas de quenta son.
Y aunque la (h)enbidia lo sienta
viéndoles assi realçarse
sepa que esto es leuantarse
pero no caer en la quenta.
Queden pues asseguradas
las perçonas que le tienen
que si a cuentas con Dios uienen
traen sus cuentas ajustadas.
Y no dude el menos diestro
(de) que las podrán ajustar
pues las sabrá decorar
como el mismo Padre Nuestro.
25
30
Conque a muy poca costa
gran bien logra toda gente
pues con rezar solamente
se va al Cielo por la posta.
Y assí de feliz se abona
nuestra fortuna estos días
si en pocas aue marías
se nos da mucha corona.
f.13r
T ONINA PABA
46
Estrib[illo]
35
Zagaleja que alegre vienes
y aún por el otubre tienes
entre manos rosas bellas,
franquéalas, pues que ellas
encierran del cielo las gracias y bienes.
f.13v
Serie di redondillas, schema rimico: abba con estribillo finale polimetrico
di cinque versi, aabba.
Testo ricco di allusioni e giochi linguistici derivanti dalla polisemia del
lessema cuenta e dalle sue varie combinazioni in espressioni idiomatiche.
v.7 ipometro
XII (ff.13v-14v)
A LA VIRGEN DEL PILAR
[H]oy el río Ebro dará
toda la obra a la alabança,
que pues alabo a María
ha de ser a lengua de agua.
5
10
15
Templo de Dios es María
y aunque es fábrica tan alta
en un pilar solamente
toda por milagro carga.
Si nunca la derribó
ni aun [h]oy podrá derribarla
el ayre de los aplausos
porque la halla bien fundada.
Si en essa columna estriba
es cosa muy asentada
que todos los que la aplauden
con fundamento [h]ablan.
f.14r
47
Canzoniere ispano-sardo
20
Tanta deuoción influye
con su vida soberana
que [h]asta las mismas piedras
quedan muy edificadas.
No es mucho que este prodigio
del pilar el mundo aplauda,
si él es una de las cosas
más constantes y más raras.
25
30
35
40
Antes de morir María
este fauor hizo a España
conque pudo su patrón
muy a lo biuo mirarla.
Ni fue en vano este fauor,
agradecimientos halla:
porque en Santiago halló un hombre
que leuantase su casa.
f.14v
Con su patrón agradeçe
este fauor toda España
y aunque el fauor es tan alto
por alto no se le passa.
Y pues en esta columna
non plus nuestras dichas hallan
si ella es non plus a la dicha
sea non plus a la alabança.
Estrib[illo]
Qué lindas que son
aquellas dos plantas,
que aunque en una piedra estriben
fructos dan con linda gracia.
Romance, con assonanza a-a, già edito da ACUTIS.
È chiaro il riferimento al Santuario del Pilar di Saragozza. Come nel
testo precedente con rosario, l’autore attua una sorta di divertissement
sulla bisemia del termine pilar e sulle metafore legate all’edificazione.
T ONINA PABA
48
XIII (ff.15r-16r)
AL SAN IGNACIO
Redondillas
De Ignacio la santidad
examinar es forçoso,
mas será examen ocioso
si él no admite diñidad.
5
10
15
20
No sé como un dilgado
que en todos halló cabida
si no [h]uuo quien en su uida
le viesse ni aun pintado.
Quien me dirá que son raras
sus prendas, pues he sabido
que fue de un pintor tenido
por hombre de muchas caras.
Y por más que su pureza
pregonan por singular,
yo sé que le hizo coxear
de Francia una buena pieça.
En el templo de María
castidad votó una vez
aunque se buscó después
una buena compañía.
En su coraçón enojos
dizen que no conseruó
mas yo sé que miró
a naïde con buenos ojos.
25
30
De su condición sé más
y lo pudiera jurar
que no se pudo ajustar
con el mismo Satanás.
Que tuuo en letras gran luz
quieren muchos presumir,
mas yo sé llegó a morir
sin saber más que el Jesús.
f.15v
49
Canzoniere ispano-sardo
35
40
45
En su hablar bien se bosquexa
que Ignacio soldado [h]a sido
si aún después de conuertido
el botar a Dios no dexa.
A los de su religión
tratar de canto vedó
desde que le maltrató
un canto en cierta ocación.
Cómo puede ser criada
su virtud yo no lo entiendo
si el Papa sacó en muriendo
los procesos de su vida.
f.16r
Finalmente, aunque quisiera
viendo en su sepulcro estrellas
no puedo negar al vellas
que es santo de mucha esfera.
Serie di redondillas, schema abba, dedicate a Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, canonizzato nel 1622. Il testo contiene
numerosi riferimenti alla biografia del santo, tra cui l’episodio di
Pamplona. Durante l’assedio dei Francesi, Ignazio rimase ferito a una
gamba da una palla di cannone (v.15) che lo rese zoppo tutta la vita.
Continua, da parte dell’autore, il dispiego dei giochi linguistici fondati
sulle dilogie (vv.38-40) e sulle antitesi (vv.18-20).
v.42 Ms. y
v.47 vellas per verlas, agglutinazione.
XIV (ff.16r-17r)
ROMANCE AL MISMO
Con el papel en la mano
cantaré a Ignacio eloquios
porque dizen que en su Iglecia
naïde sabe [h]ablar de coro.
5
Que fue santo de gran nombre
no sé como dizen todos
T ONINA PABA
50
pues dexó tan poco dél
a sus mismos religiosos.
10
¿Cómo me podrán prouar
que fue Ignacio hombre muy docto
si en el libro de Jesús
se sifran todos sus tomos?
15
Aunque fue soldado Ignacio
y alientos mostró no pocos
quedándose una ves helado
al topar con cierto mozo.
20
f.16v
Que fue Ignacio muy prudente
en sus obras no lo ignoro,
mas que fue un arrebatado
en Manresa dizen todos.
¿Quién dize que dirigió
a gloria de Dios sus tomos,
si en Loreto hay otra suia
dirigida a los demonios?
25
Dizen a los moribundos
daua consejos deuotos
pero ajudando a un ahorcado
le trata de desa[h]ogos.
30
Porque en un juego salió
de un letrado vittorioso
intentó quitarle en pago
su alma en todo y por todo.
35
Aunque al seruicio de Dios
acude Ignacio gustoso
yo sé que el rezo le cuesta
las lágrimas de los ojos.
40
f.17r
Esto he dicho y por agora
no le quiero dezir otro
porque en su casa no es justo
hablar a Ignacio con tono.
Romance con assonanza o-o, già edito in ACUTIS. Allude a vari momenti
della vita del santo, in particolare a quando per allontanare dal peccato
un lussurioso si gettò in uno stagno d’acqua gelata (v.15) e al periodo di
51
Canzoniere ispano-sardo
preghiera e penitenza che trascorse a Manresa. Il possessivo su, che apre
e chiude il testo (vv.3 e 39,) sembrerebbe contestualizzare la circostanza
della creazione del romance in ambito gesuitico.
v.16 y al topar Acutis
v.30 vittorioso, italianismo grafico
v.39 su aggiunto nello spazio d’interlinea
XV (ff.17r-18v)
EN LA FIESTA QUE EL DOCTOR JULIÁN MURO
DEDICÓ A S. IGNACIO
Redondillas
Todos dan por assentado
que Ignacio es santo de tomo
aunque yo no entiendo el como
pues [h]oy busca un abogado.
5
10
15
20
f.17v
Porque es muy justo argüio
si Ignacio abogado toma
porque me dizen que en Roma
hay mucho processo suio.
Bien haze si no resela
Ignacio en fiar mucho dél,
que le hará muy buen papel
a costa de mucha vela.
Y assí puede estar seguro
Ignacio con tal Doctor
que [h]a jurado de su honor
será costantíssimo Muro.
Si su cara un ingenioso
pintor no pudo copiarla,
[h]oy de Ignacio esta muralla
es lienço muy primoroso.
Si de Pamplona una vez
su pierna el muro quebranta
quien hoy tanto le leuanta
un Muro altíssimo es.
f.18r
T ONINA PABA
52
25
30
En fin se [h]a cansado tanto
el doctor porque lusiesse
que no hay jues que no confiesse
que es Ignacio un hombre santo.
Mas tengo por cosa resia
que aunque el doctor [h]a prouado
que es un santo Ignacio [h]a dado
en no salir de la Iglecia.
Estribillo
35
40
Oy[g]an como festeja
al gran Ignacio
un Doctor sin que sea
mal de su grado.
Siempre fue grande Ignacio
pero esta vez
se lleua los aplausos
a toda ley.
Por más que se pregone
siempre su zelo
[h]oy le dan alabanças
con más derecho.
f.18v
Serie di redondillas (abba) con estribillo finale formato da tre seguidillas
(settenari e pentasillabi, abab) assonanzate.
La rubrica contiene il riferimento a Julián Muro y Sahoni, che fu “Fiscal
del Reyno”, “Abogado del Estamento Real” e membro del “Consejo de
Aragón”. Ottenne il titolo di caballero dal Re di Spagna per essersi distinto nelle sedute del Parlamento presieduto dal Vicerè Marchese de
las Navas, Conte di Santo Stefano, conclusosi nel 1677 (v. PILLITO,
MATEU-IBARS e Origen del caballerato y de la nobleza, ms. BUC). Anche questo testo è costruito sul continuo riferimento al cognome MURO
e ai giochi linguistici che ne derivano e sulle allusioni alla professione
di avvocato dello stesso (Doctor, processo, ley, derecho...).
53
Canzoniere ispano-sardo
XVI (ff.18v-20r)
A SAN FRANCISCO XAVIER
Quintillas de un ciego
Estrib[illo]
Oigan, sepan, entiendan
miren atentos
lo que de Xavier dizen
hasta los ciegos.
Coplas
5
Ardiendo en piadoso fuego
cantó alegre un cierto día,
no sé si serio o por juego,
estas quintillas un ciego
sin mirar lo que decía.
10
“Ciego”, dixo a un hombre siego,
“no hay miedo que me pierda,
que si es de siegos amigo
y lleua cuerda consigo
él me dará cuerda.
15
Hasta lo que se soñava
era en Xavier maravilla,
soñó que en hombros lleuaua
a un judío y cómo pesaua
jusgó que era pesadilla.
20
Un poder omnipotente
dizen que su brazo encierra,
y esto que llama la gente
obrar milagrosamente
lo haze por mar y por tierra.
25
Al bonço más atreuido
su virtud encoleriza
y el negocio anda perdido
que si Xavier lo ha aduertido
Xavier te le catequiza.
f.19r
f.19v
T ONINA PABA
54
30
Dize un Indio que le vio
una vez en una mesquita
y aunque un millón bauptizó
dize que dello se salió
Xavier con (h)agua bendita.
35
De sus sermones hablara
mas quien en esso se mete
siendo que es cosa muy clara
que tuuo savia tan rara
que él solo hablaua por siete.
40
Que muera de amor diuino
y en viernes yo no me espanto,
pero lo más peregrino
es dezir que el año vino
en deziembre el viernes santo.
45
No quiero aquí encareçer
lo que mis ojos no han uisto,
mas sé que muerto Xavier
si otro como él ha de hazer
que sudará Jesuchristo.
50
Su cuerpo entero se [h]a hallado,
dé la razón quien quiziere,
con lo poco que he estudiado
digo que assí se ha quedado
porque Dios assí lo quiere.
55
Lo que obró difunto ja
pide mejor cronista,
todo por milagros va
y a mí harta pena me da
perderme tan linda vista.
60
Pero mientras biuo assí,
sólo me queda un consuelo
y es que, aunque jamás le ví,
yo le digo desde aquí
a más vernos en el cielo”.
f.20r
Serie di quintillas (abaab), con seguidilla assonanzata come estribillo iniziale, dedicate a San Francesco Saverio, altro santo gesuita, del quale si
magnificano le vicende in vita e i miracoli post mortem.
55
Canzoniere ispano-sardo
v.5 l’incipit, qui a lo divino, è attestato in altri mss. come Ardiendo en rauioso
cielo /saltó de la cama Orlando (ms. 3168 BNM, III, f.18v).
v.24 Ms. le
v.26 Ms. encoloriza
v.29 Ms. categiza
v.33 Ms. diz
v.36 Ms. me
v.38 Ms. labia
v.56 Ms. coronista
XVII (ff.20v-22r)
AL MISMO SANTO
Estrib[illo]
5
Escuchad las cosas más lindas
de un apóstol nueuo
de (h)allá de las Indias,
dexad que dél hable
cosas peregrinas
y aunque de passo
sus passos os diga.
Seguidillas
10
15
Con raçón todo el orbe
se regosija
porque si a Xavier tiene
tiene la India.
Para hablar de sus cosas
falta el discurso
porque es hablar de cosas
del otro mundo.
Si en dos partes le vieron
a un mismo instante
no es dudable que es hombre
de muchas partes.
20
Aunque espanta lo mucho
que [h]a caminado
f.21r
T ONINA PABA
56
el caminar es cosa
que hizo de passo.
25
30
35
40
45
50
55
Hablar de sus sermones
yo no quisiera
porque esso fuera hablaros
en varias lenguas.
Aunque es tan aplaudida
su penitencia
jamás a los rigores
suelta la cuerda.
Con lo que les predica
son más de quatro
los que salen del templo
muy bien lauados.
Aunque a muchos dio vida
no he de [h]ablar dello
que esso es cosa que saben
hasta los muertos.
Su pureza es tan clara
que Xavier mismo
podrá bien defenderla
aunque dormido.
f.21v
Callo que al mar salado
puede endulçarle,
que en sus cosas no pienço
[h]oy engolfarme.
El entrar en la China
tanto apetece
que por entrar en ella
Xavier se muere.
Aun después de difunto
cuesta un milagro
que otro alguno le quiera
tomar la mano.
Al tra(h)er su cuerpo a Goa
publican todos
que no se ha hallado en Indias
igual tesoro.
f.22r
57
Canzoniere ispano-sardo
60
Buscar achaque al viernes
ya no es gran culpa
pues de Xavier los viernes
achaques curan.
Serie di seguidillas assonanzate nei versi pari, precedute da un estribillo
polimetrico con assonanza i-a che trova prolungamento solo nella prima
strofa.
Anche questo testo illustra vari episodi della vita di San Francesco Saverio,
che svolse buona parte del suo apostolato in Oriente, per dove si imbarcò nel 1541. Visse in India, Giappone e nelle Molucche, paesi dei quali
imparò anche le lingue. Morì a Sancian, di fronte alla Cina, dove sognava di entrare. Venne canonizzato insieme a Sant’Ignazio di Loyola e
Santa Teresa di Gesù nel 1671.
Si noti la struttura semplice e ripetitiva della strofa, organizzata in due
distici del quale il secondo rappresenta la conclusione di una premessa
enunciata nel primo, e a essa raccordato con pues, porque, que...
XVIII (ff.22r-23r)
PARA SAN MIG[U]EL
Seguidillas
Si a San Mig[u]el retrato
será prodigio
pues Angel retratado
jamás se [h]a visto.
5
Aunque de Mig[u]el dicen
por muy constante
que si no es retratado
no le vio naïde.
10
15
Feruoroso nouicio
parece cierto
pues sabe hollar al diablo
con tal denuedo.
Si espiritual le atiendo
poco me admira
f.22v
T ONINA PABA
58
pues entre los novicios
gustoso [h]abita.
20
25
Dechado es al novicio
más penitente
pues jamás de las llamas
sus plantas mueue.
No argüían por sus alas
que es muy ligero,
que siempre haze las cosas
con mucho peso.
Espíritus discierne
con tanta gracia
que dirán que los pesa
con la balança.
30
35
40
45
Pero, aunque está entre gente
tan feruorosa,
yo sé que muchas alas
Mig[u]el se toma.
f.23r
Que es de Dios gran priuado
tengo por cierto
pues Dios puso en sus manos
cosas de peso.
Aunque Dios le dé silla
junto a su trono,
aquí con mal estribo
le vemos todos.
Pues aunque una gran fiesta
[h]oy le dedican
no hay diablo a quien agrade
ver su tarima.
En fin afirmar puedo,
sin engañarme,
que él entre los novicios
parece un ángel.
Ancora una serie di seguidillas assonanzate.
Anche questo testo pare rimandare, come circostanza che ne motiva la
59
Canzoniere ispano-sardo
creazione o l’esecuzione, a una festa in onore di San Michele. A Cagliari
esisteva il Noviziato di San Michele, che i gesuiti gestivano dal 1572 e il
cui edificio dalla bella facciata barocca, convertito in Ospedale Militare
nel 1848, si conserva tuttora a fianco della chiesa omonima.
v.12 hollar, nel senso di humillar
v.13 denuedo, lit. valor. Nel libro della Rivelazione è uno dei protagonisti della
santa battaglia contro il diavolo.
vv.25-28 Allude alla tradizione iconografica che lo rappresenta come “giudice” del destino delle anime (con la bilancia della giustizia).
XIX (ff.23v-24v)
A SAN FRANCISCO DE ASSÍS
Endechas
Permítanme todos
que aunque hay gran fiesta
a un pobre llagado
cante unas endechas.
5
10
15
20
[H]oy con nouedades
no esperéis que venga
si es Francisco amigo
de las cosas viejas.
De su [h]ábito menos
diré sutilesas
que es cierto que fue
cosa muy grosera.
Dél pregonan todos
por cosa muy cierta
que sabía dar alma
a las cosas muertas.
Aunque por devoto
el pueblo le tenga
en sus pies y manos
desgarros obstenta.
Y assí es cosa rara
si el mundo le aprecia
siendo que ser hombre
entero no muestra.
f.24r
T ONINA PABA
60
25
30
35
40
De entender no acabo
como en él se auenga
ser tan manirroto
con tanta pobresa.
Por más que orden sacro
Francisco no quiera
con quatro menores
él no se contenta.
Tal vez el demonio
bate su pureza
mas él se defiende
con una fiera.
No sé porque todos
su piedad veneran
si de vertir sangre
sus manos se precian.
f.24v
Los enfermos cura
con mucha destresa
y aunque él tiene llagas
no se cura dellas.
45
Su cuerpo incorrupto
dizen se conserua
que en cuerpos llagados
es cosa bien nueua.
Estribillo
50
Alegres instrumentos
clarín del cielo sean
y a sus sonoras vozes
el ayre se suspenda,
porque de San Francisco
la fiesta se celebra.
Endecha, come dichiarato nella rubrica, in forma di romancillo esasillabico,
con estribillo finale di settenari assonanzati nei versi pari.
Motivo ispiratore, anche qui, è la celebrazione della festa del Santo.
61
Canzoniere ispano-sardo
v.12 Allusione ai poveri abiti di cui Francesco si vestì dopo aver rinunciato alla
ricca eredità paterna.
v.20 Ms.descarros. Si riferisce alle stimmate.
v.22 Ms. mando se
v.27 Ms. miniroto; si noti, ancora una volta, il ricorso alle dilogie (le stimmate e la
facilità di scialacquare).
XX (ff.25r-26r)
A SANTA TERESA DE JESÚS
Seguidillas
Jesús a hablar me ayude
pues en el orbe
por Jesús fue Teresa
santa de nombre.
5
10
15
20
Lo que dentro del pecho
siente Teresa
si no son serafines
no lo penetran.
Si ella su vida escriue
no es muy dichoso
que hayan sido sus obras
obras de tomo.
Y assí por más que algunos
malean su vida
ella dize sus cosas
con buena tinta.
De muy pobre la alaban
pero es bien claro
que en [h]ábito andava
muy renouado.
Aunque es planta escogida
del gran Carmelo
sólo an[h]ela Teresa
ser su renueuo.
f.25v
T ONINA PABA
62
25
30
35
40
No admiro si sus hijas
mucho la aman
siendo ella tan humilde
que las descalça.
Aunque tuuo al scilicio
por compañero
por él no pocas vezes
se vio en aprieto.
Por más que siempre al cielo
Teresa an[h]ela
de ordinario descansa
sobre la tierra.
De Dios en la milicia
cosa es bien clara
que es Teresa perçona
disciplinada.
f.26r
Exemplos da bien grandes
de santa vida
pues a los mis(mos) muertos
Teresa abiua.
45
50
Si enfermos en su muerte
sana, no dudo
que de verla ya muerta
se curan muchos.
Estribillo
Para ver del amor los prodigios
atended estas raras finezas
de Jesús y de Teresa en que entrambos
estremados amantes se muestran,
pues Teresa de Jesús es toda
y Jesús es todo de Teresa.
Seguidillas con estribillo finale di sei versi polimetrici, (decasillabi ed
endecasillabi), assonanzati nei versi pari.
Sviluppano il tema della vita di Santa Teresa d’Avila (1515-1582) con
riferimento alle regole dell’ordine delle Carmelitane scalze, da lei fondato. Fu canonizzata nel 1622.
v.14 Il contesto della strofa accoglierebbe, forse, mal lean.
63
Canzoniere ispano-sardo
XXI (ff.26v-27v)
A SAN SATURNINO MÁRTIR
Estribillo
Pues [h]oy a Saturnino
queréis que alabe,
mucha atención os pido:
de coplas va: señores, escuchadme.
Seguidillas
5
Ya que a un moço mis versos
[h]oy se endereçan
naïde diga que vengo
con cosas viejas.
10
Pero si he de dezirle
ciertas verdades
concluimos la historia
con mucha sangre.
15
Saturnino es su nombre,
su sangre callo,
pues por toda tierra
se [h]a derramado.
20
En la noblesa a todos
ventajas lleua
pues ven que hasta el cielo
su sangre aprecia.
Pues si Dios le corona
ya todos saben
que se ha merecido
su illustre sangre.
25
30
Por Christo su amor obra
finesas raras,
pero su amor por Christo
nunca idolatra.
Por reir de los gentiles
pierde la vida,
y por sus sacrificios
muere de risa.
f.27r
T ONINA PABA
64
35
40
Aunque su gran martirio
todos placean
es cosa que él se saca
de su cabesa.
f.27v
No estraño si en su fiesta
se le dedican,
si él es patrón tan grande,
velas tan lindas.
Y assí en Santa Cecilia
preuiene Cáller,
para este patrón suio,
tres lindas naues.
45
No sé porque en un pozo
a él le sepultan
porque esta es una cosa
harto profunda.
50
Auerigüe quien quiere
la causa desto
que en cosas tan profundas
yo no me meto.
55
Vea quien quiere sus cosas
en el santuario
que allí le hallarán todo
bien trasladado.
Seguidillas, questa volta precedute da un estribillo, (costituito da una
seguidilla anomala, con assonanza in tutti e quattro i versi, l’ultimo dei
quali endecasillabo), ispirate a San Saturnino, patrono di Cagliari.
L’”arca” contenente i resti del martire venne ritrovata il 4 ottobre 1621
(CARMONA, f.66r) nella basilica a lui intitolata, dove anni prima furono rinvenute molte reliquie di altri supposti martiri. Vi fu una solenne
traslazione di queste reliquie al nuovo Santuario fatto costruire nella
Cattedrale cagliaritana dall’arcivescovo Francisco D’Esquivel. I vv.4346 fanno riferimento ai festeggiamenti organizzati nella chiesa di Santa
Cecilia, vale a dire la cattedrale.
v.25 ipometro
v.34 placean: hacer pública una cosa (AUTS)
v.42 Ms. callar
v.48 Ms. harta
65
Canzoniere ispano-sardo
XXII (ff.28r-30r)
REDONDILLAS QUE SE CANTARON
AL FIN DEL OPULENTO COMBITE QUE DIO
EL S.DON PEDRO DE ALAGÓN
ARÇOBISPO DE ORISTÁN EN LA CONSAGRACIÓN
DEL OBISPO DE ALGUER DON FRANCISCO ROGER
dedicadas a algunas cosas que entre otras
hauía en el aparato de la mesa que son un
carro triunfal, cuyas riendas tiraua la fama,
una ág[u]ila, las estatuas de Hércules, Adán
y Eua, el mançano, quatro perfumeras, y unos
ángeles que mantenían en sus manos las armas
de los prelados y dos estatuas suias todo
artificiosamente labrado de açúcar.
Puedo esperar con raçón
dar buen fin a lo empeçado
pues donde [h]ay tanto prelado
empieço con bendición.
5
10
15
20
f.28v
Que me entiendan es muy justo
pues no los pienço enfadar,
y quanto vengo a tratar
todo es materia de gusto.
No es la materia tan poca
que a muchos callar no hiziera,
pero ella es tal que qualquiera
puede tomarla en la boca.
En dezir lo peregrino
del aparato no miento,
dirélo como lo siento
pan por pan, bino por bino.
Naturaleza no suele
formar águila tan bella:
hablo aquí primero della
que temo no se me buele.
Del carro triunfal la hechura
y la materia publica
que en lo que assí se fabrica
siempre triunfa la dulçura.
f.29r
T ONINA PABA
66
25
30
35
40
De la verdad tan ageno
parece el triumfo a nombrarle
que la fama al pregonarle
es bien que vaia con freno.
Con corteses agasajos
a deçir [H]ércules viene
que en estos prelados tiene
[h]oy por dulçes sus trabaxos.
Con obsequios cortesanos
a los dos grandes prelados
que veo de açúcar formados
yo les besaré las manos.
No es possible que me quadre
formar de açúcar a Adán,
pues tanta rabia me dan
que me comiere a mi padre.
Eua, tú [h]as hallado quien
cumpla tu an[h]elo y querer,
que si an[h]elas saber
[h]oy Eua sabes muy bien.
45
50
55
60
El que con deuida (h)estima
querrá al mançano llegar,
podrá de sí pregonar
que a muy buen árbol se arrima.
Las perfumeras, blaçón
son de aparatos tan sumos,
y no es mucho tengan humos
si cosa soberuia son.
Aunque de armas pertrechados
a unos ángeles veo,
si al reñir llegamos, creo
me los comería a bocados.
Mas no está puesto en razón
que trate de riñas quando
lo que aquí estamos tratando
es de buena digestión.
f .29v
67
Canzoniere ispano-sardo
Callo lo demás que es meng[u]a
no hablar dello como deuo,
ni es oluido, pues lo lleuo
en la punta de la lengua.
65
70
f.30r
Todo esto es cosa que espanta,
y con todo yo estoy tal
que, aunque dello habla tan mal,
no passa de mi garganta.
En finis, mi voz cançada,
de sagrado perdón pido
que si yo lo huuiera comido
fuera mi voz regalada.
Laus Deo
Serie di redondillas, schema rimico: abba.
L’estesa rubrica si diffonde ampiamente sulla circostanza che ha motivato tale componimento: si tratta quasi sicuramente di versi estemporanei,
cantati alla fine di un lauto banchetto offerto dal vescovo di Oristano,
Pedro de Alagón, tra i cui invitati sedeva con una certa probabilità l’autore di essi. Va rilevata, tuttavia, un’imprecisione, forse un lapsus calami.
Non fu Francisco Roger, che era Procurador Real, ma il fratello Luxorio,
che venne innalzato al soglio vescovile di Alghero lo stesso giorno del
vescovo di Oristano, il 15 gennaio 1672. (v. TOLA, BONU, ALEO,
ms.BUC, f.217)
L’abilità dell’anonimo autore ha modo di dispiegarsi attraverso il riferimento alla dolcezza e agli attributi correlati, da intendere qui non
metaforicamente ma in senso referenziale, trattandosi di oggetti di pasta
di zucchero.
vv.43-44 l’autore gioca sulla bisemia del verbo saber, riferito sia all’ansia di conoscenza sia al gusto.
T ONINA PABA
68
XXIII (ff.30r-32r)
EN LA CONSAGRACIÓN DEL P.D.PEDRO DE ALAGÓN
OBISPO DE AMPURIAS
Redondillas
Cosa me mandan bien recia
por rematado me doy
si a un prelado he de hablar [h]oy
en alta voz y en la Iglecia.
5
10
15
20
Pero con sinceridad
protesto para mi abono,
que es forçoso hablar con tono
pues que he de hablar la verdad.
Blasonan que un gran fauor
el Papa le [h]a concedido,
mas yo sé que sólo ha sido
admitirle a ser pastor.
Con festiuos aparatos
muchos por sí se desuelan,
y otros a quitarle an[h]elan
hasta los mismos sapatos.
Pero bien claro se ve
que (h)esto no le da cuidado,
pues [h]oy sapato [h]a topado
muy ajustado a su pie.
Voz ha sido general
que el (h)adorno le (h)está bien,
pues juran quantos le ven
que (h)está de pontifical.
25
30
f.30v
No dudo que ha de mostrar
con todos mucha piedad
pues con tal publicidad
las manos se dexa untar.
Pero que es santo prelado
naïde me podrá negar,
pues assistir al altar
le ven [h]oy tan inclinado.
f.31r
69
Canzoniere ispano-sardo
35
40
Su virtud tan (h)estremada,
¿a quién, señores, no admira?
pues [h]oy el mundo le mira
como cosa consagrada.
Yo de su prudencia siento
con muchíssima certeza
que [h]oy la mitra en su cabeça
ha de hallar muy lindo asiento.
Aunque en edad no es anciano
tal cargo es el que le han dado
que el hombre se vio obligado
a traer báculo en su mano.
45
50
55
60
Naïde diga que se holgó
con el báculo dorado,
porque quando se le han dado
sé que mucho le pesó.
Pero, ¿quién no ha de estrañar
que hauiendo bien respondido
quando interrogado ha sido,
le quieran hoy maniatar?
Ni enbargan estas prisiones
a su gran piedad porque
a quien le hata y mira sé
que [h]a de dar mil bendiciones.
Los dedos que (h)están (h)atados
en tan público teatro
a su tiempo a más quatro
harán (h)ir bien ordenados.
Caso es por Dios peregrino
que inquietara al más [...]yente
maniatar a un inocente
aunque a la Iglecia se uino.
65
f.31v
Pero su piedad se abona
de muy grande a todas luzes,
pues con hazerles mil cruzes
beniño a todos perdona.
f.32r
T ONINA PABA
70
70
Si a su sangre los blasones
[h]oy con su virtud aumenta,
aunque es prelado, consienta
que le (h)echemos bendiciones.
Estrib[illo]
75
En festiuos aplausos
todos repitan:
¡biva el nueuo Prelado,
mil siglos biva!
Serie di redondillas, (abba) con redondilla assonanzata finale come estribillo.
Qui la rubrica mantiene un fondo di ambiguità riguardo la circostanza
che ha dettato il componimento. Non è chiaro, infatti se si allude alla
consacrazione di Pedro de Alagón a Vescovo di Ampurias, Civita e
Tempio (1669) o di Oristano (1672) (TOLA; BONU; ALEO). Pedro de
Alagón apparteneva a una delle famiglie più nobili del viceregno di
Sardegna, gli Alagón, signori del Marchesato di Villasor, che si distinsero storicamente per la fedeltà alla Corona spagnola (ALEO; LODDOCANEPA; SCANU). Se, come sembra più probabile, si riferisce alla
consacrazione del 1669, la collocazione di questa poesia nel canzoniere
non segue un ordine cronologico, essendo questo avvenimento anteriore a quello del testo che lo precede.
L’incipit indica che l’esecuzione dei versi (cantati o recitati) avveniva
all’interno della stessa chiesa in cui aveva luogo la cerimonia sacra, mentre
l’estribillo finale pare sollecitare, come nella maggior parte dei testi finora esaminati, la partecipazione corale dei presenti al rito.
XXIV (ff.32v-33v)
A SAN FRANCISCO DE BORJA EN
LA FIESTA DE VILLASOR
Si canto a Borja en nota
aqueste día
es por darme él sus obras
a mi letrilla.
5
Cantaré con lindo ayre,
muy estremado,
que un estremo a Francisco
le paró santo.
71
Canzoniere ispano-sardo
10
15
20
De ver la emperatriz
muerta, tal susto
le dio que luego exclama
“Ya no hay más mundo”.
Si murió la Duquesa,
se halló mi santo
con esta compañía
muy bien hallado.
Y aunque en ella uiuió
como en su centro,
yo sé que tuvo en ella
sus sentimientos.
Fue jesuita y capelos
dexó, por tanto
sale hoy Borja por santo
canonizado.
25
30
f.33r
Santo es y gran fiesta
con mucho aplauso
le dan, y él repaga
de aquesse halago.
Si alumbró a la marquesa
de un parto estraño
no es mucho lo venere
santo alumbrado.
Estribillo
35
40
Venid todos, bolad
que un santo veréis
que en luzes hermosas
que en nuevo esplendor
de nueuo [h]a venido
más claro que el sol.
Pero si mirar queréis
en Francisco todo un sol
corred llegad
que preuiene mucho ardor
su devoto en tantas luzes
luzes en tanto esplendor.
f.33v
T ONINA PABA
72
Seguidillas, assonanzate nei versi pari, con estribillo finale composto da
due sestine polimetriche. La circostanza ispiratrice della poesia è la festa
per la canonizzazione di Francesco Borgia, altro santo gesuita, avvenuta
il 12 aprile 1671 sotto il pontificato di Clemente X.
La località in cui avvengono i festeggiamenti, Villasor, situa tali celebrazioni sotto il patrocinio della famiglia Alagón, a cui apparteneva il Marchese di Villasor, nipote di Pedro de Alagón, arcivescovo di Ampurias
prima (1669) e di Oristano poi (1672).
XXV (ff.33v-34v)
AL MISMO SANTO EN LA FIESTA DEL
P.D.PEDRO DE ALAGÓN ARÇOBISPO DE
ORISTÁN.
Estribillo
5
Para aplaudir a un santo nuevo
se nos uienen a pares las fiestas,
unas tras otras se vienen,
vienen, festejan, aplauden, celebran,
y si un prelado le festeja
se nos viene la fiesta de perlas.
Letra
10
15
De deziros no me arredro
no es mucho, quiero aplaudir Pedro
aplaudan de circumspectas
cosa es cierta que sus ojos
poco miramiento ostentan.
Por más que al tratar con Dios
tan dulces lágrimas vierte,
naïde lo estrañe por raro
si son tan corrientes ellas.
Por raro lo confesaron
los Ángeles en pureza,
dándole la comuni(on)ón
los mismos que le confiessan.
f.34r
73
Canzoniere ispano-sardo
20
25
30
35
Por apassible le aplauden
aunque es cosa manifiesta
que su pecho al comulgar
de muy fogoso da muestras.
Aunque a diez meses cabales
de su nouiciado muera,
las obras destos diez meses
veo que han entrado en dozena.
Muere en fin de amor de Dios,
vean si es rara pobreza
querer que aun la misma muerte
por amor de Dios le venga.
f.34v
Y siendo tal su virtud
naïde estrañe que meresca,
aunque es hermano nouicio,
que le demos reuerencia.
Estribillo
Atiéndanme todos
porque en esta fiesta
de un santo nouicio
diré cosas nuevas.
Serie di cuartetas asonantadas (e-a) nei versi pari, con due estribillos, uno
in apertura e uno in chiusura del componimento, motivate ancora una
volta dalla festa per la canonizzazione di Francesco Borgia (1671). Il
componimento precedente e questo sono da ascrivere con certezza allo
stesso autore, per quanto si evince dai vv.2-3. La rubrica fa riferimento a
Pedro de Alagón, arcivescovo di Oristano, al cui soglio accedette nel
1672; pertanto o la rubrica è successiva alla composizione del testo o
esso ha come termine post quem il 1672.
T ONINA PABA
74
XXVI (ff.35r-36r)
PARA UNA DAMA QUE TOMO’
EL HÁBITO DE MONJA
Romance
Señora, pues que de bodas
tratais con Dios, mucho admiro
ver para obra tan seria
con tal gracia hauéis venido.
5
10
15
20
Y no es lo menos que estraño
el veros con tanto aliño,
sabiendo que vuestro esposo
es el hombre más bendito.
Pues aunque de su hermosura
os hayan dicho prodigios,
con verdad deciros puedo
que está como un crucifixo.
Pero que es rico no niego,
siendo caso muy sabido
que a no ser señor de estados
no os diera (h)estado tan lindo.
Y por más que del silencio
vuestro esposo es muy amigo,
luego que lleg[u]éis al coro
os da el hablar por officio.
Además que esto del rezo
no es un trabaxo excessiuo,
pues es officio que todos
cantando pueden cumplirlo.
25
30
Aunque quiere vuestro esposo
ser con fineza seruido,
en el hábito no gusta
que andéis con él a lo fino.
Si os señís este cordón
que allá os tienen preuenido
f.35v
75
Canzoniere ispano-sardo
yo juraré que tenéis
mucho de cuerda por Cristo.
35
40
Si vuestro hermoso cabello
es libre, aunque bien prendido,
en esta ocación por Dios
romper con él es preciso.
Quando os [h]able vuestro esposo
de gran virtud preuenios,
que aunque es muy manzo, tal uez
llegan al alma sus dichos.
Ni dudéis que es esta casa
de uirtud exemplo biuo,
aunque naïde entrando en ella
buena salida ha tenido.
45
f.36r
Pero con mucha razón
larga vida os pronostico,
que siempre viuieron mucho
los que con regla han biuido.
Estribillo
Ved desta dama
el alentado brío
pues le lleuó la palma
al mismo Cristo.
Romance (assonanza i-o) scritto in occasione della monacazione di una
dama, già edito da ACUTIS. L’estribillo finale (una quartina di settenari
e pentasillabi, con assonanza alterna) nel Ms. è disposto come un distico
di endecasillabi (così lo trascrive ACUTIS).
v.4 Ms. heveis
v.41 Ms. cosa
T ONINA PABA
76
XXVII (f.36r-v)
DE OTRA MONJA
En algún lançe apretado
jusgo (h)esta muger se vido,
pues sin reparar en nada
se está dando a Cristo.
5
10
15
20
Dexa el mundo y sus riquezas,
su casa pone en oluido,
conque muger tan dexada
como ella ver no imagino.
f.36v
Y con dexar essas galas
y tan costosos vestidos
da a entender que lo que dexa
no es más que un poco de aliño.
¡Jesús! ¡cómo a essa cabeça
essas obras de oro fino
quita, como si quitara
solo(s) cabellos! ¿Han uisto?
No puede llegar a más
[h]oy su más noble delirio,
pues huyendo de sí misma
consigo entra en el retiro.
Y no pudiendo atinar
a cosa, sólo les digo
que su discurso y mis verços
juntamente han fenecido.
Altro romance, ispirato da una circostanza analoga, già in ACUTIS.
v.2 Ms. jusjo
v.8 Ms. alla
v.14 probabilmente è da intendere [h]ebras [de oro], metafora ricorrente per
indicare i capelli biondi, presente anche in XXVIII, v.14
77
Canzoniere ispano-sardo
XXVIII (f.37r-v)
A LO MISMO
Redondillas
Señora, naïde se iguala
a tu discurrir profundo,
con que burlas todo un mundo
y esso con muy linda gala.
5
10
15
20
Tal vez a los entendidos
el mundo puso en cuidado,
mas tú lo dexas burlado
con sólo mudar vestidos.
Si el mundo te enseñó danças
todo fue para su mal
pues a ti naïde es igual
en hazer buenas mudanzas.
Quando despojas tu cuello
desse oro hilado, asseguras
que del mundo y sus locuras
no se te da ni un cabello.
Burlado el mundo se [h]a visto,
con hecho tan ingenioso
y él, del lançe pesaroso
te está dando a Jesucristo.
f.37v
Y si gustoso [h]a quedado
con lo que gustosa dexas,
ni se quexa ni te q[u]exas
y mal haya el engañado.
Redondillas (abba) ancora sullo stesso tema della rinuncia al mondo da
parte di una dama.
T ONINA PABA
78
XXIX (ff.37v-38v)
A SAN LORENÇO MÁRTIR
Redondillas
Atención que hablo de veras
pues si canto, según pienço,
la muerte de San Lorenço
no dirán que hablo frïezas.
5
10
15
20
Por gran santo es alabado
sin seruirle de desdoro
distribuir tanto tesoro
por andar de un Papa al lado.
Dízenme que de repente
mucho tesoro allegó
y es el caso que burló
a no sé qué presidente.
f.38r
Bien mereçe todo honor
pues claramente se ha visto
que hizo la causa de Cristo
con muchíssimo calor.
Fue su aliento denodado,
si he de dezir lo que siento,
pues en su mayor tormento
de miedo no quedó helado.
Por más que apassiblemente
viuiendo a todos trató,
en su muerte declaró
ser Lorenço muy ardiente.
25
30
Para dar a ciegos luz
no necessitaua ruegos,
pues daua vista a los ciegos
en sólo un hazer de cruz.
Y aunque la gente deuota
dize que a muchos curó
a otros sí que les dexó
los pies no con poca gota.
f.38v
79
Canzoniere ispano-sardo
35
40
En fin, tengo aueriguado
que estando a morir cercano
combidó a cierto tirano
para comer a su lado.
Que estaua immoble no niego,
padeçiendo contento
aunque (h)estaua en el tormento
como entre brasas de fuego.
Redondillas, per illustrare la vita di un altro santo, San Lorenzo. Contiene, nel rispetto del modulo già sperimentato nelle composizioni precedenti, numerosi rimandi a episodi biografici del martire tra i quali la
burla giocata all’imperatore Valeriano che si vide presentare come tesori della Chiesa, affidati a San Lorenzo dal papa Sisto II, tutti i ciechi e gli
zoppi che aveva incontrato per strada. Non mancano, inoltre, nel solco
di una consolidata tradizione, le allusioni al terribile martirio della graticola cui, si suppone, il santo venne sottoposto.
XXX (ff.38v-40r)
A SAN BARTOLOMÉ
Quintillas
5
A Bartolomé esta uez
pintar possible no es
aunque lo quiera intentar,
que no es possible pintar
a quien careçe de tez.
10
Pero esto no estorua nada
que aunque es cosa aueriguada
que toda su tez perdió,
sé que después le quedó
la color muy encarnada.
15
Por más que alabarle quiero
mal sus alientos infiero,
pues le dan mortal desmayo
las heridas de los rayos
que llegan sólo al cuero.
f.39r
T ONINA PABA
80
20
Desde que a Christo sig[u]ió,
pobre y desnudo se vio
de toda humana riquesa,
y aunque fue tal su pobreza
sé que en cueros no murió.
25
Dióle Dios prerrogatiuas
a toda luz exessiuas,
pues he sabido de cierto
que su cuerpo (h)estando muerto
se ha quedado en carnes biuas.
30
Con verdad puedo dezir
que no llegó a consumir
vestido, y porque perdió
el mismo con que nació,
de pena llegó a morir.
35
Su aliento es tan excessiuo
que no se [h]allará motiuo
conque nieg[u]e el ser christiano,
aunque le amenaçe el tirano
que le desollará biuo.
40
Algunos han diuulgado
que murió crucificado
y otros que murió sin piel,
yo sólo sé dezir dél
que en santa cruz le he mirado.
45
No ando fuera de camino
si le trato, le imagino
viéndole en este co(l)legio,
y si buscan priuilegio
trae muy lindo pergamino.
50
Pero a dezir lo que siento
su pobreza no es portento,
porque sé de un aut(h)or fiel
que por quitarle una piel
se murió de sentimiento.
f.39v
f.40r
Quintillas, schema rimico: aabba, dedicate a San Bartolomeo.
Il martirologio romano gli attribuisce un apostolato in India e in America, dove si dice sia stato scorticato vivo prima di venir decapitato. Il
riferimento al colegio del v.43 getta luce sul contesto in cui tali poesie
venivano composte o fruite, un ambiente religioso connotato dalla presenza della Compagnia di Gesù.
81
Canzoniere ispano-sardo
XXXI (ff.40r-41r)
PARA SAN AGUSTÍN
Romance
No sé como retrat(r)ar
de Agustino los prodigios,
pues sus cosas naïde puede
retratarlas sino él mismo.
5
10
15
20
Sus grandes letras no canto
que es escusado capricho
querer en una letrilla
letras grandes descriuiros.
No es milagro si un prelado
en su Bautismo es padrino,
si después el mismo Papa
ha confirmado sus hijos.
Todos águila le llaman
pero con raçón me admiro
de ver que buele tan alto
con una pluma Agustino.
Muchos le tienen por docto
mas yo digo por Dios trino
que en llegando a disputar
le hará callar [h]asta a un niño.
Habló de todos muy bien,
de palabra y por escrito,
pero la vez que [h]abla mal
ni la perdona a si mismo.
25
30
Por más que digan que fue
de donaires enemigo,
sé que en materias de gracia
escriuió no pocos libros.
Aunque por él [h]a logrado
la Iglecia fructos crecidos
pero que son más las [h]ojas
de sus libros lo coligo.
f.40v
T ONINA PABA
82
Estribillo
35
Quien en virtud y letras
busca milagros
con mirar a Agustín
los verá raros.
Continua la serie di poesie sui santi. Anche in questo romance, (assonanza
i-o), già pubblicato in ACUTIS, dedicato a Agostino di Ippona, vescovo
e padre della Chiesa, si possono riscontrare le numerose dilogie (letra/
letrilla, pluma [penna-piuma], volar alto) e giochi linguistici (fructos/hojas
[foglie e fogli dei libri] che caratterizzano il linguaggio poetico di questi
componimenti iniziali del manoscritto.
v.20 a un, aggiunto nell’interlinea superiore
XXXII (ff.41r-42v)
A SANTA CATELINA VIRGEN Y MÁRTIR
Redondillas
Cantar linda letra es justo
a santa tan peregrina
que si es docta Catelina
le darán las letras gusto.
5
10
15
Mas no me podré seruir
de equíuocos este día,
que con philosophía
me los sabrá distinguir.
Referiré pues su vida
si me la escucháis con gana,
que aunque ella no es cosa llana
es cosa muy entendida.
Desde chiquilla mostraua
mucha apassibi[li]dad,
pero creciendo en edad
siempre en disputas andaua.
f.41v
83
Canzoniere ispano-sardo
20
Ni es mucho si con rasón
defendió su candidez,
que si filósofa es
defenderá su opinión.
Asunpto será muy vano
negar que Christo es su esposo,
pues de fauor tan glorioso
tiene la prueua a la mano.
25
30
35
40
Vençer la fa(l)lacia vana
de la más gentil doctrina,
cosa es que hizo Catelina
con la doctrina christiana.
En vano el tirano trata
de atarla a la rueda un día,
porque la philosophía
es la que enredos desata.
f.42r
Pero la acción más errada
del tirano fue querer
que una tan docta muger
muriesse descabeçada.
Y aunque a un mar de penas la heche
pençar hundirla es delirio
que ella el mar de su martirio
hizo se parasse en leche.
Que su sepulcro descriua
cosa inpossible será,
que si él en un monte está
se me haze muy cuesta arriba.
45
Aquí quiero interrumpir
porque es incurrir en nota
si hablo a perçona tan docta
el tratar de concluir.
Estribillo
50
Oygan, señores, y atiendan
las más raras marauillas
conque en santidad y en letras
resplandeçe Catalina.
f.42v
T ONINA PABA
84
55
Esté pues todo hombre atento
que con su philo[so]phía
da Catelina este día
a mi letrilla argumento.
Serie di redondillas (abba) dedicate a Santa Caterina. L’estribillo finale è
formato da due quartine unite, la prima con assonanza alternata, la seconda con rima completa abba.
Nonostante quanto dichiara nella seconda redondilla, che ben evidenzia
la consapevolezza del poeta riguardo all’impiego di una raffinata
strumentazione retorica, l’autore dei versi non rinuncia agli usuali giochi di parole, alle dilogie e anfibologie che caratterizzano il suo stile. Da
segnalare le numerose allusioni ad episodi della vita della santa: alla
disputa (v.15) sostenuta con cinquanta filosofi chiamati a convincerla
degli errori della dottrina cristiana, alle stimmate (v.24), alla tortura della ruota che durante l’esecuzione si ruppe andando a colpire i presenti,
alla decollazione (v.36) e al latte che sgorgò dalla testa mozzata (v.40) e,
infine, alla credenza che il suo sepolcro si trovi sul Monte Sinai, dove gli
angeli ne avrebbero trasportato il corpo (vv.43-44).
Si noti come, eccetto che nel v.52, scrive sempre Catelina, forse per pressione dell’italiano.
v.39 Ms. al
XXXIII (ff.42v-43v)
A LA MISMA SANTA
Romance
Aunque tanta gala ostente
[h]oy esta dama luzida,
muchos juran que es
una santa Catalina.
5
10
Que es grande doctora muy bien
lo publica su doctrina,
pues aquel por quien aboga
tiene segura su dicha.
Y no dudo que sus letras
deuen de ser peregrinas,
f.43r
85
Canzoniere ispano-sardo
pues la busca por su esposa
la misma sabiduría.
15
20
Su esposo le da un anillo
y en essa prenda publica
que aun el cielo jusga que es
muy de prendas Catalina.
Para que dexe a su esposo
el cruel tirano la insta,
mas no hay instancia que valga
contra su philosophía.
Su cuello en lugar de sangre
vierte leche de la herida,
y assí en fe de su constancia
ser toda pechos publica.
25
El premio que le da el Cielo
por azañas tan luzidas
lo callo porque me diçen
que es cosa de la otra vida.
Estribillo
30
35
f.43v
Si el Cielo en (h)esta fiesta
se regosija
muestre tanbién la tierra
mucha alegría
y el orbe todo
a Catalina aplauda
con mil elogios
y todos digan
¡vivan vivan las glorias
de Catalina!
Romance (assonanza i-a) con estribillo finale formato da una seguidilla
composta (settenari e pentasillabi), anomala per quanto riguarda lo schema rimico. Già pubblicato in ACUTIS.
v.16 Ms. calanina
v.35 Ms. elegios
T ONINA PABA
86
XXXIV (ff.43v-45r)
A SAN EPHISIO MÁRTIR
Redondillas
Para que con mucha luz
al grande Ephisio alabemos
será bien que comencemos
con la señal de la cruz.
5
10
15
20
Pues si con ella el christiano
se arma en todas ocaciones,
ésta Ephisio en sus acciones
la tuuo más a la mano.
f.44r
Y si de todas las penas
es la cruz compendio breue,
su pecho a tanto se atreue
que las tiene a manos llenas.
Si toda riquesa y don
viene en la cruz a esconderse
tiene Ephis de enriqueserse
entre manos la ocasión.
Mas se endereza essa traça
para que esté siempre dando,
y esperamos mucho quando
todo por su mano passa.
Y porque el bien que assegura
naïde piençe que es en vano,
si le miráis a la mano
por esa cruz os lo jura.
25
30
Si con atención se aduierte
digo yo, sin ser gitano,
que en dos líneas de su mano
le pronostico su suerte.
Ni falta quien diga al vello
que si una cruz van a hazer
esas líneas han de hauer
en él un grande degüello.
f.44v
87
Canzoniere ispano-sardo
35
40
Y no me den por aut(h)or
de lo que aquí queda dicho,
pues no pareçe capricho
quando lo dice un doctor.
Ni es passión en el sujeto
querer a Ephisio alabar
sino que llego a formar
del santo mucho concepto.
Ni estriba si bien se apura
su affecto sólo en hablar,
pues ya lo puede prouar
con muchíssima escritura.
45
Esto es quanto hizo Jesús
por Ephis, y ha sido tanto
que admirado el mismo santo
se queda haçiendo la cruz.
f.45r
Serie di redondillas (abba) nelle quali si illustra la vita di Sant’Efisio, particolarmente venerato a Cagliari, a cui vengono tributati solenni processioni e pellegrinaggi dal 1656, per aver liberato la città dalla peste.
Viene diffusamente sviluppato il riferimento al segno della croce sul palmo
della mano che gli lasciò la visione notturna di Cristo.
XXXV (ff.45r-46r)
OTRAS
Oygan la insigne victoria
del más heroico valor
y no me den por aut(h)or
si para en sangre la historia.
5
10
A Ephisio mi musa aclama
cuya sangre conocida
con la fama de su vida
por el lugar se derrama.
Dan a su nombre gran luz
los hechos en que campea
T ONINA PABA
88
y aunque de hábito no sea
es cauallero de cruz.
15
20
Pero aunque tanto luzió
su nombre no le ha valido
pues llegó a verse caído
por una voz que salió.
f.45v
Y aun el verse derribado
no ha sido mucho desaire
mas fue que por cosas de ayre
se viesse bien santiguado.
Por auiso soberano
tuuo (h)esto y mudando atajo
[...]
luego dio en ser buen christiano.
25
Mostróse la (h)ira aplacada
con tan nueua mutaçión,
mas como (h)obra la passión
él la tiene señalada.
30
Y como el que gouernaua
era un tira[no] gentil
trató ser affecto de vil
pues por él no idolatraua.
35
40
45
Quiso salir con su intento,
echa a Ephisio entre prisiones
y haziendo él más confessiones
él le daua más tormento.
En ellas tan poco visto
estuuo que quando entró
un hombre a velle, pensó
ver al mismo Jesuchristo.
Y aunque sentencia tan necia
le da castigos muy malos,
a Ephisio aquello de palos
se le hizo cosa muy recia.
No huuo sossiego en el pecho
del tirano [h]asta matarle,
y matarle y coronarle
todo de un golpe se [h]a hecho.
f.46r
89
Canzoniere ispano-sardo
Ancora redondillas dedicate a sant’Efisio. Vari i riferimenti alla vita del
santo e alla sua conversione da persecutore di cristiani a martire della
nuova fede, sotto l’imperatore Diocleziano.
v.41 Jesu, aggiunto nell’interlinea superiore.
XXXVI (ff.46r-48r)
COPLAS A LA MUERTE
5
¿Yo para qué nací? para saluarme,
que tengo de morir es infalible,
dexar de ver a Dios y condenarme
f.46v
triste cosa será, pero possible.
Possible, duermo, río, y quiero holgarme
possible, y tengo amor a lo visible,
¿qué hago? ¿en qué me ocupo? ¿en qué me encanto?
loco deuo de ser pues no soy santo.
GLOSA
10
15
20
25
¿Yo cómo vine al mundo? condenado.
¿Dios cómo me libró? dando su vida.
¿Yo cómo le perdí? por un bocado
que fue del mundo todo un homicida.
¿Dios qué me pide a mí? lo que me [h]a dado.
¿Yo qué le pido a él? la eterna vida.
¿Dios para qué murió? para librarme.
¿Yo para qué nací? para saluarme.
De tierra soy, y a tierra he [de] boluerme
y a siete pies de tierra reduzido
y una pobre mortaja en que enboluerme
tendré del mundo el pago mereçido.
No puedo deste passo defenderme
ni el rezar puede ni el [...] temido
miseria eternal, cosa terrible,
que tengo de morir es infalible.
Allí de los amigos más amados,
del alma tiernamente más queridos,
f.47r
T ONINA PABA
90
30
35
40
45
50
55
60
65
los últimos abraços regalados
recibirán con llantos y gemidos.
Allí será el mayor de mis cuidados,
los deleites y viçios cometidos,
pues puedo por ellos no saluarme
dexar de ver a Dios y condenarme.
Pues, como de la emienda y penitencia
tan descuidado uiuo en esta vida
¿cómo no limpio y curo la consciencia
antes que lleg[u]e al fin desta partida?
porque si llega y falta diligencia
daré en los infiernos una cayda
hasta el centro profundo más horrible
triste cosa será, pero possible.
f.47v
Dispuesto con cuidado y preuenido
conuiene estar al tránsito forçoso,
que si me coge desapercebido
tendré el castigo como perezoso.
¡O’ loco, torpe, necio endurecido
falso, liuiano, desleal, vicioso!
que puede ser venir a condenarme
possible, duermo, río y quiero holgarme.
En este paso mil esclamaciones
con lágrimas, sollozos y alaridos
harán sin dar aliuio a mis passiones
Padres, hermanos, deudos, conocidos.
¿qué ancias? ¿qué congoxas? ¿qué afliciones
turbarán mis potencias y sentidos?
[esto tengo de ver y esto es possible]
possible, y tengo amor a lo visible.
f.48r
Agonizando para dar la vida
el cuerpo flaco con la amarga muerte,
el alma triste teme la partida
el diuorcio penoso y dura suerte.
Amargo cáliz de mortal bebida
pues que tengo de passarte y de beuerte
¿cómo de la uirtud me oluido tanto?
¿qué [h]ago? ¿en qué me ocupo? ¿en qué me encanto?
Allí me assombrará la cuenta larga
las uisiones horrendas infernales.
91
Canzoniere ispano-sardo
70
la memoria terrible tan amarga
del falso que condena y otros males.
Pues, ¿cómo, [h]oy ciego, grande carga
de angustias y tormentos tan desiguales,
no tiemblo, no me emiendo, no me espanto?
loco deuo de ser, pues no soy santo.
Glosa in ottave di endecasillabi (ABABABCC) della copla ¿Yo para qué
nací? para salvarme, che Lope de Vega attribuisce a Fray Pedro de los
Reyes e della quale esistono “infinidad de ediciones y copias manuscritas,
así del texto solo como de las glosas que se le hicieron. La paternidad no
está fijada aún con certeza” (RODRÍGUEZ MOÑINO 1976).
Testimonianze: Ms. 192 BUC, ff.204v-205r; BBM Ms AD XI 57 ff.22r23r; RAMILLETE 1629, f.87; Ms. D. IV C. 31 BCS, f.228 (solo l’ottava
da glossare).
v.11 le, la Ms.192
v.17 a tierra en tierra RAMILLETE
v.22 rezar cesar RAMILLETE
v.23 eternal, cosa general, caso Ms 192
v.28 recibiran recibiré RAMILLETE
v.30 deleites, pecados Ms.192
v.31 pues pues que Ms.192, RAMILLETE
v.47 ser venir seruirome Ms.192
v.49 paso caso Ms.192
v.55 esto tengo de ver? Esto es posible ms.192, RAMILLETE
v.66 terrible horrible Ms. D. IV C.31
v.67 falso fallo Ms. D.IV C.31
XXXVII (ff.48v-50v)
OTRAS
5
Oy’, palpé, gusté, vi y tuue olfato,
viuí con carne, sangre, y sentimiento
tuue, aunque estoy agora en tal retrato,
memoria voluntad y entendimiento.
Juntas aquestas cosas que relato,
con otras infinitas que no cuento,
todas las consumió la sepultura
dexándome qual ves en tal figura.
T ONINA PABA
92
Glosa
10
15
20
25
30
35
40
45
Si quieres ver el fin triste que espera
a todas nuestras vanas fantasías,
abre los ojos, mira y considera
el miserable fin de nuestros días.
Mira en este retrato y calauera
en que paran los gustos y alegrías,
mira que, aunque me ves en tal retrato,
oy’, palpé, gusté, vi y tuue olfato.
f.49r
Contempla en el cristal de aqueste espejo
el desengaño de la vida humana,
el Papa, el Rey, el grande, el Niño, el viejo
el que peina la barba negra y cana,
el ignorante y el que da consejo
el que uiste sayal, púrpura o grana
que yo en algún tiempo, aunque no siento
viuí con carne, sangre y sentimiento.
Imagina que soy un Rey, un Papa
un señor titulado, un grande, un chico
un bizarro galán, uno sin capa,
un mercader famoso, un pobre, un rico
porque si bien lo miras soy un mapa
de todas estas cosas que publico,
pues los bienes y males de que trato
tuue, aunque estoy agora en tal retrato.
Estos áridos huessos fríos y secos,
esta funesta sombra, esta figura,
estas quijadas secas, cuyos huecos
ocupan los dientes que en blancura
excedían las perlas, ya son secos.
De la miseria humana acerba y dura
todo me falta, vida y sentimiento
memoria, voluntad, y entendimiento.
No viuas sólo un punto descuidado,
huie el (h)ocio, siencia y mentiras
del des[h]onesto vicio azibarado,
el (h)odio, las venganças y las iras
la soberuia y el tiempo mal gastado
que serán contra ti, si no lo miras,
testigos que condenen su mal trato
juntas aquestas cosas que relato.
f.49v
93
Canzoniere ispano-sardo
50
55
60
65
70
Ajusta bien la cuenta que es forçosa
y ten por cierto no te escandalize
que te la han de tomar tan rigurosa
que de temor el pelo se te (h)erize,
porque será tan triste y espantosa
que el más constante más se entemorize,
siendo tus culpas puestas por assiento
con otras infinitas que no cuento.
f.50r
¿Qué siruió el pelo a oro semejante,
frente, ceja, nariz, menudo diente
de blanca nieue y púrpura brillante,
ni los ojos de sol puesto en oriente,
los labios de coral si en un instante
dientes, labios, nariz, ojos y frente
cabellos, cejas, púrpura y blancura
todo lo consumió la sepultura?
Quando por el camino desta vida
al parecer segura caminando
rica, lozana, hermosa y guarnecida
de perlas, plata y oro, no pençando
me asaltó la muerte que atreuida
al camino salió y me fue quitando
vestidos, perlas, plata, y hermosura
dexándome qual ves en tal figura.
f.50v
Glosa in ottave reali (ABABABCC) della copla Oy’, palpé, gusté, vi y tuue
olfato.
Testmonianze: Ms.192 BUC, ff.207r-v; BBM, Ms.AD XI.57 f.17v;
RAMILLETE 1629, ff.94-95.
Rubrica De la Muerte, Ms. 192.
v.8 dexandome quedandome RAMILLETE
v.11, los, tus Ms.192
v.17 contempla contempleen RAMILLETE
v.26 grande, un chico, un gran rico Ms.192
v.35, huecos, huesos Ms.192
v.37 secos ecos RAMILLETE
v.42, siencia, licencia Ms.142, lisonjas RAMILLETE
v.55 siendo viendo RAMILLETE
v.58 brillante el semblante RAMILLETE
v.66 hermosa y guarnecida yua la hermosura guarnecida RAMILLETE
v.67 no pençando imaginando RAMILLETE
v.68 asaltó salteó RAMILLETE
v.70 y hermosura oro y hermosura Ms.192, RAMILLETE
T ONINA PABA
94
XXXVIII (ff.50v-51v)
A LA VANIDAD DEL MUNDO
Aprendet flores de mí
lo que va de ayer a [h]oy,
que ayer marauilla fuy
y [h]oy sombra mía aún no soy.
Glosa
5
10
15
20
25
30
35
Gentes que nacistes flores
en los campos de la vida,
¿qué importan vuestros verdores,
si no tenéis quien impida
de la muerte los rigores?
Yo era flor, fragante fui
ayer naçí, y [h]oy morí,
y pues al mismo fin vais
porque no os desuanezcáis
aprended flores de mí.
f.51r
Era yo quando viuía
pomposa, altiua y lozana
y aunque cada instante veía
morir la flor más ufana
mil siglos me prometía,
mas ya escarmentada estoy
pues la flor que fui no soy,
desde ayer acá de suerte
que está enseñando mi muerte
lo que va de ayer a [h]oy.
Esta vida que gozáis
dulçe, agradable y sabrosa,
y como tanto la amáis
aunque pasa presurosa
que no pasa imagináis.
Mas sabed que no es assí
y tened flores de mí
un espejo y un dechado,
pues bien sabe todo el prado
que ayer marauilla fui.
El brio y la gentileza
que la uanidad alaba
f.51v
95
Canzoniere ispano-sardo
40
de vuestra naturaleza
mañana a viuir acaba
porque [h]oy a morir empieza;
en mí el exemplar os doy,
mil flores dixeron [h]oy
que era yo ayer muy hermosa,
muy bella, alegre y ayrosa
y [h]oy sombra mía aún no soy.
Glosa in decime, schema rimico:ABABACCDDC.
La cabeza da glossare è la letrilla V, del 1621, di Luis de Góngora, “en
persona del Marqués de Flores de Avila, estando enfermo” (JAMMES).
Testimonianze: Ms.192 BUC f.205r (solo la letrilla), Ms.3884 BNM, f.320;
RAMILLETE 1629, f.82;
Rubrica: A la muerte temprana de un ingenio ilustre, RAMILLETE;
v.1 aprendet, catalanismo?
v.42 hermosa pomposa Ms.3884
v.43 ayrosa hermosa Ms.3884
XXXIX (ff.52r-54r)
A LA LARGA CUENTA QUE HA DE DAR
DE SU VIDA EL HOMBRE A DIOS
Octauas
5
Larga cuenta que dar de tiempo largo
término breue, tránsito forçoso
terrible tribunal, juizio amargo
aun a los mismos santos espantoso;
muchas las culpas, débil el descargo,
recto el juez y entonces riguroso,
pleito en que va [a] gosar de Dios eterno
o’ penar para siempre en el infierno.
Glosa
10
Si por obra, palabra o pensamiento,
en una vida de peligros llena
puede el hombre pecar en un momento,
al infierno un pecado le condena.
Si son sus enemigos tan sin cuento
f.52v
T ONINA PABA
96
15
20
25
30
35
40
45
50
tan fuertes, y él tan flaco, ¿con qué pena
aurá de estar teniendo con tal cargo
larga cuenta que dar de tiempo largo?
Si desta estrecha cuenta algún culpado,
se pudiera escapar humanamente,
o’ a lo menos viuiera asegurado
de vida, penitencia suficiente,
pudiera su dolor ser aliuiado.
Mas da Dios por castigo al negligente
en un caso tan arduo y peligroso
término breue, tránsito forçoso.
Así como con suaue melodía
llama Dios en el mundo al más perdido,
haziendo mil milagros cada día
con aquellos que más le han ofendido,
assí como es de pecadores guía
[assí con sólo verle embrauecido]
los ha de ser al tiempo del descargo
terrible tribunal, juizio amargo.
f.53r
Auierta el pecador más engolfado
en medio de las olas deste suelo,
si fuesse de repente presentado
delante del señor de tierra y cielo:
de breues pensamientos acusado,
¿quién le podrá ayudar a dar consuelo,
puesto en un tribunal tan riguroso
aun a los mismos santos espantoso?
Si tiene en sus obras confiança,
que son las que aseguran su partida,
pese bien su justicia en fiel balança
pues lo ha de hazer por ella compelido:
que si quiere mirar si Dios le alcança
según lo que ha pagado y recebido
verá que son de su proceso largo
muchas las culpas, débil el descargo.
Mírese de sus yerros acusado
y acusado con furia inex(h)orable,
según recta justicia condenado
a fuego eterno y pena perdurable.
Verá que para un hombre tan culpado
f.53v
97
Canzoniere ispano-sardo
55
60
65
70
cosa no puede hauer más miserable
que tener en un pleito tan dudoso:
recto el juez y entonces riguroso.
Y pues que Dios le da lugar bastante,
agradéscale humilde su ventura,
considere este mundo un solo instante
verá que cieno quanto en él procura.
Procure de enmendarse en adelante
porque no puede hauer mayor locura
que perder por un bien que es casi infierno
pleito en que gozar de Dios eterno.
f.54r
Y pues que Dios el aluedrío le ha dado
para que escoger pueda libremente,
pues a su semejança le ha criado
dándole natural tan exelente;
mire a quál de los dos se ve inclinado,
quál le parece es más conueniente:
gozar de vida eterna y bien eterno,
o’ penar para siempre en el infierno.
Glosa in ottave reali, schema rimico: ABABABCC.
Testimonianze: Ms.192 BUC., solo l’ottava da glossare; RAMILLETE
1629, f.82.
Rubrica: Del juizio final, Ms.192
v.7 gosar el gozar RAMILLETE
v.21 aliuiado escusado RAMILLETE
v.25 asi como y como RAMILLETE
v.30 assi con solo verle embrauecido RAMILLETE
v.31 ser hazer RAMILLETE
v.34 olas cosas RAMILLETE
v.42 partida partido RAMILLETE
v.54 cosa caso RAMILLETE
v.60 cieno es cieno RAMILLETE
v.63 gozar el va gozar
T ONINA PABA
98
XL (ff.54v-64r)
DEL DOLOROSO ARREPENTIMIENTO Y LASTIMOSA
DESPEDIDA QUE HAZE LA ALMA DEL CUERPO
AL PUNTO DE LA MUERTE
Dize el autor
5
Cristianos y redemidos
por Jesús suma clemencia,
los que en uicios estáis metidos
dispertad uestros sentidos
y examinad la conciencia.
10
Mirad que la muerte uiene
muy a menudo y essenta,
que punto no se detiene
y que Jesuchristo tiene
de pedir estrecha cuenta.
15
Y tan presto llamará
al moço jouen temprano
como al viejo más anciano.
Y quien (h)esto dudará
será su juicio vano.
20
Los reies y emperadores,
los papas y cardenales,
caualleros de primores,
Grandes, Medianos, Menores
todos han de ser iguales.
25
Assí no uale tener
faustos, riq[u]esas ni galas
iguales hemos de ser
ante Dios do se han de uer
las obras buenas y malas.
30
Y pues con tan alta voz
llama nuestro presidente,
note la cristiana gente
la despidida feroz
que el alma del cuerpo siente.
f.55r
99
Canzoniere ispano-sardo
Habla el cuerpo
35
Recuerda alma dormida
de uicios mundanos [h]arta
que ya es la [h]ora venida
de dar fin a nuestra vida
pues la muerte nos aguarda.
40
Los deleites muy gustosos
alma ya son acabados,
y aquellos faustos pomposos
y los días festejosos
con los regalos sobrados.
45
Las joyas y gran tesoro
de baxillas y ducados
y los anillos dorados
y las cadenas de oro
con eslauones doblados.
50
El vestido guarnecido
de terciopelo y brocado,
y el cauallo ensalçado,
las armas y arnés lucido
y puñal sobre dorado.
55
Aquel caçar por oteros
con devaneos y risa,
corriendo como troteros
con perros y ballesteros
los domingos mientras missa.
60
Cuenta darás desta caça
y quando andauas jugando
por los cantones y plazas
parlando como picaça
lo que en el naipe ba pintado.
65
En esto te exercitauas
y era tu deleytación:
alma ¿por qué no cuidauas
más de la missa, y rezauas
y oyas algún sermón?
El eterno mayoral
que es la diuina Justicia
f.55v
f.56r
T ONINA PABA
100
70
en la corte celestial
de todo bien y mal
tiene cumplida notiçia.
75
Y pues la [h]ora es llegada
de mi fin y de tu g[u]erra
tu serás de Dios juzgada
y mi carne sepultada
en mi madre que es la tierra.
Responde el alma
80
O cuerpo crüel peruerso,
causa de todos mis daños,
autor de cien mil engaños,
¿a[h]ora me eres aduerso
al cabo de tantos años?
85
Desconosido crüel
pestífero cenegal
so color de panal y hiel,
duro, desleal y infiel,
causa de todo mi mal.
90
Yo por tu boca me[n]tí,
comí tanbién demasiado,
con tus orejas oí,
con anbos tus pies corrí
a lo que me fue vedado.
95
Y con tus manos así,
cosas susias y dañadas,
tanbién con tus ojos vi
las partes do me perdí
por seguir yo tus pisadas.
100
De contino rebuscaua
apeti[to]sos manjares,
siempre el comer te sobraua
y tus tristesas quitaua
con músicas de juglares.
105
Mientras te daua más uicios
me ordenauas más traición
cuerpo no tienes razón
en pago de buen servicio,
darme tan mal galardón.
f.56v
f.57r
Canzoniere ispano-sardo
101
[H]abla el cuerpo
110
Esto de comidas ciertas
con las viandas sobradas,
fueran muy bien empleadas
quando llega a tus puertas
el pobre dando aldauadas.
115
Dístele la capa al tru[h]án
por dezirte un cantarcito,
y al mísero pobresito
nunca le distes del pan
estando [h]ambriento y aflito.
120
Descuidáuaste a ti
de toda gracia diuina,
y con música maliña
me gorgeauas a mí
que soy hedionda piçina.
125
Dizes que yo te engañaua,
por cierto tú te engañaste
y de ti misma burlaste:
alma yo no te dañava
que tú misma te dañaste.
130
Yo, ánima, tierra soy
y pesada como plomo,
por do me lleuas me voy
a donde tú estás estoy
quanto me das tanto tomo.
135
Tu como g[u]ía g[u]iaste
y como señora hisiste:
si pequé tú consentiste,
si mal hize tú otorgaste,
si erré tú lo quisiste.
140
Si ayunaras, yo ayunara
y si fueras al desierto
alma yo te acompañara,
y no te huyera la cara,
esto tenlo por muy cierto.
Pues en deleites te uiste,
gusta de la hiel amarga,
f.57v
f.58r
T ONINA PABA
102
145
y pues no te arrepentiste
ni penitencia hiziste
lléuate toda la carga.
Responde el alma
150
O pestífera pissina,
cieno susio atossegado,
al (h)erizo comparado,
que esconde el rostro y espina
con su cuerpo enerizado.
155
Todos los bienes del cielo
me encubriste y apartaste,
y con vicios me mostraste
los deleites deste suelo,
con los quales me [e]spantaste.
160
¡Ay de mí que me cubrí
con tan engañosa dama!
mas compararte he yo a ti
al estiércol que entre sí
se quema sin salir llama.
165
Si los fuegos barruntara,
que tan encendidos son,
yo triste los apagara
con lágrimas que llorara
salidas del coraçón.
170
¡Ay cómo siento mi pena
y se me acerca el morir!
o[h], ¿quién pudiera viuir
tan sola una quarentena
para llorar y gemir?
175
Cuerpo, pues te acompañé
en este mundo cien años,
no te vaias, déxame
sólo un año para que
llore mis vicios y daños.
f.58v
f.59r
Canzoniere ispano-sardo
103
Dize el cuerpo
180
Tarde acuerdas alma triste,
tus obras han sido varias,
mil jubileos tuuiste
y hartas quarantenas viste
y indulgencias plenarias.
185
Perdiste, como perdida,
aquel tesoro sagrado
de Jesuchristo embïado;
a[h]ora, al fin de la vida
lloras el bien que [h]as passado.
190
Deuieras considerar
como tu madre murió
y el padre que te engendró,
y pues hauías de passar
lo que por ellos passó.
195
Y que yo que soy mortal
y que mis herencias son
una pala y açadón,
en mi fausto un esportón
te siruirá liberal.
200
Y que de tela muy baxa
o de sávana podrida
que me será proueyda,
una mísera mortaja
en acabando la vida.
205
Tú, ánima, bien pudieras
heredar el bien supremo
si penitencia tú hizieras;
mas por tus maldades fieras
(h)arderás en el infierno.
f.59v
Responde el alma
210
Fantasma espantable y fiera,
visión hecha de dos caras
descompassada cimera,
si acusadores no huuiera
tu peruerso me acusaras.
f.60r
T ONINA PABA
104
215
Ya que yo [h]aya ofendido
a la Magestad Gloriosa
como ingrata y aleuosa
en algo le hauré serbido,
aunque muy pequeña cosa.
220
A mis amigos y hermanos,
e hijos aministré,
doctrina les enseñé
con auisos soberanos
de Dios y su santa Fe.
225
Quando alguno le ofensaua
al diuino Redentor,
y el santo nombre juraua
sus vicios luego reptaua
con doctrina del Señor.
Habla el cuerpo
230
Has viuido comparada
a tablilla de ventero
que combida con posada,
y ella se queda colgada
al graniso y ventisquero.
235
Deste modo hiziste tú,
que a muchos administrauas
y para ti no guardauas
sólo un grano de virtud
y en tinieblas te quedauas.
240
Si tuuiste por costumbre
de dar doctrina assí,
de la soberana cumbre
¿por qué como dauas lumbre
no guardauas para ti?
245
Si el pecado venial
del próximo reprendías,
alma, ¿por qué no veías
el gran pecado mortal
en que tú siempre assestías?
f.60v
f.61r
Canzoniere ispano-sardo
250
Jusgauas la culpa agena
de tu próximo y hermano,
y no jusgauas tu pena:
que estás de ponsoña llena,
vana por tu viuir vano.
255
Delante Dios verdadero,
será acusado tu mal,
do verás tu daño entero,
no por espejo de azero,
ni por un claro cristal.
105
[Allí no valdrá la hacienda
ni número de ducados
ni vale volver la rienda
pues te engolfaste en la senda
de los malaventurados.]
260
Allí pagarás tu culpa
de quantos males hiziste,
pues tanto tiempo tuuiste
de penitencia y disculpa
en cien años que viuiste.
Responde el alma
265
Si cien años he viuido,
sepultada siempre en ti,
mejor fuera para mí
que te huuiera aborrecido
desde que te conocí.
270
¡Ay de mí, quán lastimada
me siento y quán afligida!
de vicios acompañada,
de buenas obras priuada
y del cuerpo repr[h]endida.
275
Con que verguença iré
delante del Jues diuino,
pues ofendido le he.
¿A qué santo llamaré
que quiera ser mi padrino?
f.61v
T ONINA PABA
106
280
Mi viuir ha sido vario,
que a ningún santo ayuné,
llorando pongo mi fe
en Vos, Virgen del Rosario,
pues la corona os rezé.
285
Soberana Emperadora,
Virgen y Madre [de] Dios,
a[h]ora es tiempo, Señora,
que seais mi intercesora
y que rog[u]éis por mí Vos;
290
Suplico[o]s Virgen y Madre,
preciosa flor de las flores,
rog[u]éis a vuestros amores,
Jesús mi diuino Padre
que perdone mis errores.
295
Y que me quiera aguardar
algún tiempo limitado,
para que pueda llorar,
gemir y penitenciar
mi graue error y pecado.
f.62r
Habla la Virgen
300
Hijo mío y mi Señor,
el ánima pecadora
me llama con gran feruor
pidiéndome por mi amor
que sea su intercessora.
305
Suplico[o]s con humildad,
soberano Rey Eterno,
que della hayáis piedad
y que Vuestra Magestad
no la condene al infierno.
Responde Christo
310
Madre, harto tiempo le di
de vida y no se enmendó,
y pues de mí le apartó
no la quiero para mí
pues penitencia no obró.
f.62v
Canzoniere ispano-sardo
315
Mis tesoros celestiales
quiero para mis hijitos,
que en seruirme son leales,
y sus bienes temporales
parten con los pobresitos.
320
La vida le di, sobrada
salud y mucha hazienda,
y al pobre no le dio nada;
no quizo ser adornada
de penitencia ni enmienda.
107
f.63r
Dize la Virgen
325
Dulcíssimo Emperador,
pues estoy yo de por medio
cesse vuestro gran rigor
y suplicoos por mi amor
que le deis todo remedio.
330
Pues me demanda fauores,
perdonadla, dulce Padre,
sus delitos y errores
que yo por los pecadores
he de rogar como madre.
335
Muchas vezes me rezó
mi rosario esclarecido,
con viua fe me llamó
y siempre me suplicó
le huuiesse fauorecido.
340
Por la leche que mamastes
Hijo de mi santos pechos,
y este vientre do encarnastes,
y la passión que passastes
por su salud y prouechos.
345
Que la queráis esperar
a que laue su conciencia,
y sane de su dolencia
con oración y ayunar,
y limosna y penitencia.
f.63v
T ONINA PABA
108
Responde Christo
350
Clemente Madre piadosa,
pues que Vos me lo rogáis
[h]ágase lo que mandáis,
pues jamás os neg[u]é cosa
de quanto me demandáis.
355
Pues que siente su gran daño,
y assí lo publicáis Vos,
gimiendo su ierro estraño,
si de plaço pide un año
yo, madre, le otorgo dos.
f.64.r
Dize el Autor
360
Gózate, alma christiana,
con tan grande regosijo,
pues la Virgen soberana
continuamente nos gana
perdón de su santo Hijo.
365
Christiano, buelue la rienda,
dexa el mundo, que es escoria,
y camina por la senda
de la verdadera emienda
por que Dios te dé su gloria.
Serie di quintillas di ottonari. Schema rimico: abaab.
Testimonianze: Pliego suelto BNM (V.E. 129-40), Apartamiento del cuerpo
y del alma compuesto por Mateo Sánchez de la Cruz, s.a.; Pliego suelto
BUC, Diálogo entre el cuerpo y el alma, s.a., compuesto por el Bachiller
Don Joseph de Bascones, en Madrid; CHIS, V, 302; CCVIII; DE
SANCHA (Anónimo, Pliego Suelto, en Madrid, por Luis Siges, sin año
de impresión).
v.2 suma nuestra BNM
v.18 de primores y señores BNM, BUC
v.21 assi allí BNM, BUC
v.35 aguarda aparta BNM, BUC
v.36 muy mas BNM
v.39 festejosos mas sabrosos BNM, y los dias festejosos de tantos dias gozosos BUC
v.43 dorados preciados BNM
Canzoniere ispano-sardo
109
v.48 ensalçado enjaezadoBNM, BUC
v.50 puñal espadin BNM,BUC
v.55 los domingos mientras las Fiestas mientra la Missa BUC, las fiestas sin oir BNM
v.60 lo que en el naipe ba pintado lo que el naype yba pintando BNM [vv.5160 non figurano BUC]
v.61 exercitauas deleitavas BNM
v.63 alma ¿por qué no cuidauas? mas de la misa y sermon BNM
v.64 mas de las misa y rezauas alma ¿por que no cuidabas, BNM,
v.65 y oyas algun sermon? que es senda de salvacion? BNM, BUC
[vv.66-70 non figurano BUC]
v.72 tu mi BNM
v.75 mi madre que es el centro de BNM, BUC
v.77 causa de todos mis daños autor de todos los daños BNM
v.78 autor de cien mil causa de tantos BNM
[vv.81-85 non figurano BUC]
v.86 metí mentí BNM
v.87 comí tanbién y con mi amor BUC
v.95 seguir imitar BUC
v.96 rebuscaua te buscava BUC
v.102 ordenauas adornabas BNM
v.106 Esto esso BUC
v.108 muy mas BNM
v.109 llega llegaba BNM
[vv.111-115 non figurano BUC]
v.115 aflito astio BNM
v.116 descuidauaste desnudabaste BNM, te desnudabas BUC
v.121 engañaua engañé BNM, BUC
v.124 dañaua cegué BUC, engañé BNM
v.125 dañaste cegaste BUC, engañaste BNM
v.131 g[u]ia norte BNM, Norte BUC
v.134 hize dixe BNM
v.140 tenlo por muy tuuieras por BNM, BUC
v.141 en deleites te uiste el deleite tuviste BNM
v.149 el rostro cuerpo BNM
v.152 me encubriste y apartaste me cubriste y guardaste BUC, apartaste me
tapaste BNM
v.153 mostraste enseñaste BNM
v.154 suelo sucio BNM
v.155 spantaste engañaste BNM
v.157 dama rama BNM
v.158 compararte he yo compárente BNM
v.161 los tus BNM
v.162 encendidos encubiertos BNM, BUC
v.163 apagara atajara BNM
v.172 cien tantos BUC
v.175 llore dexe BNM
v.178 tuuiste perdiste BUC
v.179 quarantenas viste quaresmas tuuiste BUC
v.202 supremo sempiterno BNM
v.205 harderas heredaras BNM
v.221 le ofensaua pecaba BNM
T ONINA PABA
110
v.222 al diuino contra el sacro BNM
v.245 assestias vivias BNM
[vv.246-250 non figurano BUC]
v.255 ni por un claro mas de muy fino BNM
[vv.256-260 figurano solo nel pliego della BNM]
v.261 cien años tanto tiempo BNM, BUC
[vv.266-270 non figurano BUC]
v.274 llamaré nombraré BNM
v.281 emperadora y bella Aurora, BNM, BUC
v.285 Vos a Dios, BNM
v.289 diuino piadoso BNM
v.291 aguardar otorgar BNM
v.295 error culpa BNM, BUC
v.303 della hayais tengais de ella BNM, BUC
v.308 le se BNM
v.312 mis hijitos los contritos BNM, BUC
v.319 adornada dotrinada BNM
v.335 le huuiese fauorecido que no la tengo en olvido BNM, que no la tenga en
olvido BUC
v.337 santos pechos casto pecho BNM, BUC
v.340 su salud nuestro bien BNM
v.352 publicais suplica a BNM, BUC
v.353 ierro daño BNM
v.357 grande santo BNM, BUC
v.365 por que Dios te de su que es camino de la BNM, BUC
XLI (ff.64v-65v)
VILLANCICO
Ya haze el diuino Amor
gente contra los pecados;
sus a la g[u]erra, soldados,
que tocan el atambor.
5
10
Es amor el capitán,
voluntad es el sargento,
memoria y entendimiento
cabos de esquadra serán.
Ea que a enbarcarse van
a la tierra de dulçor,
sus a la g[u]erra, soldados,
que tocan el atambor.
Confesión y penitencia
se ponen en delantera,
Canzoniere ispano-sardo
15
20
25
30
35
40
45
50
la Fe lleua la bandera,
y la munición paciencia,
y el vagage prouidencia,
diligencia gastador;
sus a la g[u]erra, soldados,
que tocan el atambor.
111
f.65r
Los suspiros son espías,
las lágrimas corredores,
limosnas exploradores,
las velas son obras pías,
los remos auemarías
y el comitre es el temor,
sus a la g[u]erra, soldados,
que tocan el atambor.
Contra la culpa y pecado
se leuanta aquesta g[u]erra,
vana conquista la tierra
del hombre desacordado:
con el bien que Dios [h]a (h)obrado
sueltan los tiros mejor,
sus a la g[u]erra, soldados,
que tocan el atambor.
A la isla de esperança
el patrón la naue guía,
nauegando todo el día
que en la noche no hay bonança.
Y si la tormenta alcança
ay, triste del pecador,
sus a la g[u]erra, soldados,
que tocan el atambor.
f.65v
El temor suelta cañones
del castigo y de la pena,
quando el alma viene llena
de infinitas tentaciones;
ea, pues, fuertes varones,
muera Luzífer traidor:
sus a la g[u]erra, soldados,
que tocan el atambor.
Villancico di ottonari con una redondilla (xyyx) como cabeza. Schema
rimico:abbaaxyx.
T ONINA PABA
112
Testimonianze: Pliego suelto BUC: Aquí se contienen dos romances..., con
dos villancicos muy sentidos, en la imprenta de F.co Sanz, en la calle de la
Paz, s.a.
v.6 Ms. sergento
v.10 de del BUC
v.24 velas valas BUC
v.31 vana conquista van à conquistar BUC
XLII (ff.66r-67r)
DÉCIMAS
Al fin tráxome mi suerte
al más benturoso puerto,
pues quiero ser cuerpo muerto
antes que lleg[u]e la muerte.
Glosa
5
10
15
20
De las banderas de Marte
y de los tercios de amor,
a tu diuino estandarte
bengo perdido, Señor,
por si pudiera ganarte,
sin armas llego a tu fuerte
de la cruz en donde bierte
tu costado auierto amores,
que a ti, porque me mejores,
al fin tráxome mi suerte.
Corrí benturosas lanças
en el mundo licencioso,
pero al son de sus mudanças
hallé por lançe forçoso
frustradas mis esperanças.
Mas pues hallo campo abierto
en tu pecho descubierto,
aunque vengo derrotado
entraré por tu costado
al más benturoso puerto.
f.66v
113
Canzoniere ispano-sardo
25
30
35
40
En una ocasión tan grande
en que del mundo me alexo,
pues he ganado la llabe
de tu pecho en Mar Bermejo,
es bien ancorar la nabe
al mar de tu sangre apuerto
y en tus penas me diuierto,
que si te gano por justo
es que a tus penas me ajusto
pues quiero ser cuerpo muerto.
Alumbrado de tu luz
ganancioso al mundo muero,
pues que ganándote en [la] cruz
y muriendo en ella espero
ser al biuo otro Jesús.
Al mundo por no perderte
muero en que biue mi suerte,
porque solamente bibe
el que muerto se concibe
antes que lleg[u]e la muerte.
Glosa in décimas di una redondilla.
XLIII (ff.67v-68v)
OTRA A LO MISMO
Al fin tráxome mi suerte
al más benturoso puerto,
pues quiero ser cuerpo muerto
antes que lleg[u]e la muerte.
Glosa
5
10
La experiencia en pocos años
pareçe me quizo hazer,
con sucessos tan estraños,
exemplo en el padecer
y blanco en los desengaños.
Con desengaños me aduierte
f.67r
T ONINA PABA
114
que quando más moço y fuerte,
en la tierra y en la mar
mil bezes para acabar
al fin tráxome mi suerte.
15
20
25
30
35
40
Mas pues mi suerte atreuida
quiera porque quize yo,
no llegó a ser mi homicida
la vida que me dexó
quiero yo que muera en bida.
Esto tengo por acierto,
tenerme en bida por muerto,
porque quien muere biuiendo
llega sin duda, muriendo,
al más benturoso puerto.
f.68r
En esta vida mortal
una muerte es cada instante
la misma bida es neutral
caduca en lo más constante
en los principios, final.
Todo bibir es incierto
y el más seguro concierto
con mi bida, mientras dura,
bibir, como en sepultura,
pues quiero ser cuerpo muerto.
Bien sé que menester es
al que quiere bien biuir
y bien acabar después,
más de mil vezes morir
por acertar una bez,
pues, porque a biuir acierte
y a morir, que es trançe fuerte,
biuir quiero de manera
que, teniendo bida, muera
antes que lleg[u]e la muerte.
f.68v
Un’altra glosa alla stessa redondilla. Entrambi i componimenti sviluppano il tema del trascorrere del tempo e dei giorni come graduale avvicinamento alla morte. Il sentimento del desengaño e l’onnipresenza della
morte caratterizzano questa riflessione tipicamente barocca sulla vita
umana. La sequenza dei testi mette in evidenza come il materiale di cui
il raccoglitore dispone ubbidisca a determinati criteri dispositivi, sia di
carattere tematico che d’ordine metrico.
115
Canzoniere ispano-sardo
XLIV (ff.68v-70v)
DÉCIMAS A LA MUERTE
Omnia vincit Mors
No [h]ay poder contra la muerte,
estas insignias lo digan;
míralas, que aunque fatigan,
es lo que mejor le aduierte.
5
10
15
20
25
30
35
Quien viue para morir
halla la vida en la muerte
mas ¡ay del que se diuierte
el instante del biuir!
Nacer y espirar es yr
a la muerte por la vida
o, como siempre mentida,
su duraçión siempre haçe
que lo que caduco naçe
tiene entrada por salida.
f.69r
Mitras, coronas, tiaras,
te ponen aquí delante
para que en tu semejarte
puedas ver en lo que paras.
No la mires con dos caras
si al naçer vieres la Muerte,
porque verla y detenerte,
en no jusgarte mortal,
es tener (¡oh graue mal!)
muchos ojos y no verte.
Esto fue, y por hauer sido
ya no es de tu consejo;
has la Muerte, que es espejo
en que se ve lo mentido
más curioso que aduertido.
Naïde a (h)esta imagen se lleg[u]e,
que puede ser que se çieg[u]e
su vana curiosidad,
para no ver la verdad
quando a su fuerça se entreg[u]e.
Es un sepulcro, un cristal
donde te imprimas y mires
f.69v
T ONINA PABA
116
40
45
50
55
60
65
70
75
porque primero que esperes
mueras de verte mortal.
Obre en ti lo raçional
más prudente y aduertido,
y tan atento el sentido
se fixe: que oygan los ojos
lo que en aquestos despojos
esté mirando el oído.
Es[cu]cha en un momento
un cadáuer que te aduierte,
que para esperar la muerte
es la uida un pensamiento.
No viuas tan desatento
pues del naçer a morir
si el tiempo se [h]a de medir
no tiene medida el tiempo:
porque nunca tuuo tiempo
la certesa del viuir.
f.70r
Muerto estás de aduertido:
si no te despierta (h)esto
buelue en ti, y buelue presto
que ha mucho que estás dormido.
Un instante el tiempo ha sido
mas como viues de suerte
que jusgas lejos la muerte
sin tener cierta la vida,
pareçe que se te oluida
de lo que aquí se te aduierte.
Lo imperioso en el reynado
de la [h]ermosura, el hechizo,
¿quán dura? ¿qué se hizo?
¿Adónde está? sepultado,
pues ¿cómo tan descuidado
viues tú, no siendo más?
Falto de discurso estás,
pues no te miras ceniza,
de una vida que agoniza
como ciego asido vas.
Mira en este desengaño
tu confiança des[h]echa,
tanto auiso ¿qué aprouecha,
si se está ciego el engaño?
f.70v
117
Canzoniere ispano-sardo
80
No lo mires como estraño,
esto has de ser, sin que esperes
otro fin, seas quien fueres;
esto fue ayer, ya no es [h]oy,
mire yo pues lo que soy,
jusga tú pues lo que eres.
Coplas reales con redondilla iniziale (abba) non glossata, che pare rimandare a una illustrazione raffigurante la Morte. Continua la riflessione poetica
su uno dei temi su cui si impernia il manoscritto, quello della vanità della
vita terrena e della imprevedibilità della sua fine, che deve trovare il buon
cristiano preparato in ogni momento della propria esistenza.
XLV (ff.71r-75r)
MEDITACIONES DE LA PASSIÓN DE
NUESTRO SEÑOR JESUCHRISTO REPARTIDAS POR LAS SIETE HORAS CANÓNICAS
JUNTO CON LA UIRTUD DE QUE EN CADA
UNA DELLAS SE HAN DE HAZER ACTOS
Compuestas en esta forma por vn
religioso descalço.
Aduierta el lector que cada uno de los versos comiença
en las letras de la virtud de aquella hora;
que por esto se pusieron frontero de cada renglón.
A maytines se ha de meditar
la presión del Señor.
No son menester cadenas
Para prender al Señor.
Palmas me dan de dolor.
5
10
Luego que el Saluador huuo acabado
Aquella misteriosa y santa çena,
Figura del cordero inmaculado
En el qual libró el Padre nuestra pena,
Vase a Getsemani huerto sagrado
Y su oraçión al Padre Eterno ordena.
Viendo a Judas con tanta gente junta
Amigo,”¿a qué veniste?”, le pregunta.
f.71v
T ONINA PABA
118
A laudes meditarás al Señor
presentado ante los pontífices.
Dan palma de honra al que vence.
Y a mí, vençido de amor
Palmas me dan de dolor.
15
20
25
30
Sal fuera ánima mía de tu nido,
Pregunta dónde está tu enamorado:
En casa de Cayfas está afligido
Reparando los daños del pecado.
Allí su lindo rostro es mal herido,
Ninguno allí verás tan maltratado,
anZelos de tu remedio se hazen g[u]erra,
¡Ay, ingrata, cruel y seca tierra!
f.72r
A prima meditarás como fue
el Señor açotado en la coluna.
f.72v
Mis yerros fueron las plumas
y vuestro cuerpo el papel
y el notario el pueblo infiel.
Con llanto amargo y voz muy dolorosa
Habla la esposa y dize a su querido:
¡Ay, rostro de color y fina rosa,
Rosa de aquel jardín siempre florido!
¿Y quién, mi dulce esposo, es el que osa
Deslustrar esse sol esclarecido?
¿A quién se da licencia para que ate
Tu cuerpo a la coluna, y le maltrate?
A tercia meditarás como fue
el Señor coronado de espinas.
35
40
En vuestro cuerpo y cabeça
la púrpura y las espinas
son brocado y clauellinas.
Humana presunción ¿a do has llegado?
Vilíssima soberuia ¿a do has venido?
Mira a tu Dios de púrpura vestido
Y de agudas espinas coronado.
Las manos le verás atrás atado,
De todos despreciado y abatido
¡Ay alma, si con esto no se cura
De tus torres de viento la locura!
f.73r
Canzoniere ispano-sardo
119
A sexta meditarás como lleuó
el Señor la cruz a cuestas.
45
50
55
La carga de tus pecados
Me lleuan muy fatigado
A ser por ti ajusticiado.
f.73v
Con una cruz a cuestas muy pesada
Al caluario camina el Rey del Cielo,
Sus ojos baxos puestos en el suelo,
Toda su hermosura ya eclipsada.
Y a la afligida Madre tan amada
Dexa en graue dolor y desconsuelo,
A ti su ingrata (h)esposa va buscando
De solos tus descuidos quexas dando.
A nona meditarás como fue
el Señor enclauado en la cruz
Tus duros yerros, oh ingrata,
me traspasan vida y alma
que essotros sola la palma.
60
65
Oh sol, oh luna, estrellas o elementos
BEnid a ver el rostro y la figura
Del que os excede en gracia y hermosura,
Y la suya borrando con tormentos.
EN este punto estad un poco atentos
Con la afligida Madre Virgen pura,
Y veréis como enclauan en la cruz
A las manos que os dieron Vuestra luz.
A vísperas meditarás la
muerte del Señor.
La Muerte y Amor trocaron
sus flechas en esta hora:
él mata y ella enamora.
70
75
f.74r
Ponga luto la tierra, llore el cielo,
Oluiden sus efectos en un punto.
Bístase de tristeza y desconsuelo,
Rebiente de dolor el mundo junto:
En el caluario monte con gran duelo
Zelebren las obsequias de un difunto,
A quien despedaçó la bestia fiera
Della embidia sangrienta y carnicera.
f.74v
T ONINA PABA
120
A completas meditarás la
soledad de la Virgen.
80
85
f.75r
El sol y la luna están
juntos al pie de la cruz,
él muerto y ella sin luz.
Sola queda la Madre sin consuelo,
Y de graue dolor acompañada,
Los ojos leuantados en el cielo
En las llagas del hijo sepultada.
No admite gusto deste baxo suelo,
Con sólo el recién Muerto abraçada,
Y al cuerpo que en sus braços muerto v[e]ía
“Oh lumbre de mis ojos”, le dezía.
Serie di ottave intercalate da terzine di ottonari che la rubrica attribuisce
a un religioso “descalço”. Ciascuna terzina è scritta attorno alla figura
geometrica di un rettangolo che richiude all’interno i versi dell’ottava. Il
motivo della meditazione, in corrispondenza di ogni ora canonica, precede la terzina. Si noti come gli acrostici, messi in risalto nel manoscritto
dalle lettere maiuscole più scure, rimandino alle virtù che regolano la
vita monacale: Fede, Speranza, Carità, Umiltà, Castità, Obbedienza,
Povertà e Silenzio.
XLVI (ff.76r-89v)
LA DISPIDIDA QUE HIZO JESUCHRISTO
SEÑOR NUESTRO DE SU SANTÍSSIMA MADRE
MARÍA SACRATÍSSIMA
5
Dize Christo Señor nuestro
“Madre mía quiero partir
para ser crucificado”.
Su Madre santíssima:
“Hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
Glosa
“Madre mía aquí he uiuido
mucho tiempo a vuestro lado,
ya mi plaso se ha acabado
Canzoniere ispano-sardo
10
15
20
25
30
35
40
45
de cumplir lo prometido;
no cunple (h)echar en oluido
lo que está profetisado,
pues Madre quiero partir
para ser crucificado”.
121
f.76v
“Hijo mío, está mi uida
pues de la vuestra colgada,
estando Vos enclauado
estará con Vos herida.
Quedaré tan afligida
que más valdrá no viuir,
pues hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
“Madre mía desconsolada
más de quantas [h]an parido,
yo siempre os he obedeçido
[h]asta el fin desta jornada.
Manda [h]oy mi Padre, oh mi amada,
que cumpla lo començado,
pues Madre quiero partir
para ser crucificado”.
“Hijo mío, en este día
Vos me tomastes por Madre,
yo os offreçí a Vuestro Padre
con gran contento y alegría;
¡ay qué gran pena es la mía,
que en tal fiesta os queréis (h)ir!
Oh hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
“Madre mía, es gran cordura
querer lo que quiere Dios,
y pues Él quiere de Vos
que trag[u]éis esta amargura,
passat por esta estrechura
que será más acertado
de que me dexéis partir
para ser crucificado”.
“Hijo mío, mi plazer,
mi bien, mi paz y mi gozo,
mi regalo y mi reposo
f.77r
T ONINA PABA
122
50
55
60
65
70
75
80
85
Vos, hijo, soliades ser;
y pues todo he de perder
con este vuestro partir,
hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
f.77v
“Madre mía, gran dolor siento
con esso que me acordáis,
pues, oh Madre, no queráis
ser mi primero tormento,
reglat vuestro pensamiento
con lo que Dios [h]a ordenado.
Madre dejatme partir
para ser crucificado”.
“Hijo mío, ¿por qué queréis
morir en tan verde edad?
A la vejes aguardad
si compassión me tenéis,
y si Vos por mí no hazéis
lo que os acabo a pedir,
hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
“Madre mía, quedarían
los profetas mentirosos,
los del limbo congoxosos
y en Dios mudança pondrían;
y muchos sospecharían
que muriesse de cançado,
pues madre quiero partir
para ser crucificado”.
“Hijo mío, si no es razón
dilatar tanto la muerte,
tenga yo tan buena suerte
que en esta triste sazón
que muera mi coraçón
antes de veros partir,
que si no, hijo muy amado,
yo con Vos quiero morir”.
“Madre, a mí mucho pesa
no poderos contentar,
pues Vos hauéis de quedar
f.78r
Canzoniere ispano-sardo
90
95
100
105
110
115
120
125
por columna de firmesa,
por amparo y fortalesa
deste pobre apostolado,
(h)ea, que es ora de partir
para ser crucificado”.
123
f.78v
“Hijo mío, si he de quedar
desamparada de Vos,
¿cómo podré tener voz
de poderos consolar?
¡Ay! ¿cómo podré tragar
lo que no puedo dezir?
Hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
“Madre mía, Dios siempre [h]a(s)sido
nuestro firme y fuerte amparo,
y Vos seréis el reparo
del que estuuiere caído;
pues Madre de graçia os pido,
ante Vos arrodillado,
de que me dejéis partir
para ser crucificado”.
“Hijo mío, ¿qué es lo que hazéis
en estar arrodillado?
Vos de mí ser adorado
y ser seruido deuéis,
hojos míos ¿cómo podéis
ver esto y no derretir?
O[h] hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
“Madre mía yo he venido
por seruir y obedecer,
y assí a mí conuiene ser
muy humilde y comedido,
esto mi Padre ha querido
y desto me he contentado,
pues Madre quiero partir
para ser crucificado”.
“Hijo mío, sola vna cosa
pido, pues morir queréis,
y es que hijo no toméis
f.79r
T ONINA PABA
124
130
135
140
145
150
155
160
165
una Muerte tan penosa,
tan vil y tan afrentosa
como os queréis sufrir,
que si no, hijo muy amado,
yo con Vos quiero morir”.
f.79v
“Madre mía, grande amor
no sufre essos pensamientos,
quiere que sufra tormentos
con grandíssimo dolor;
oh Madre, tened valor
y un coraçón esforçado,
pues lo tengo en partir
para ser crucificado”.
“Hijo mío, es muy terrible
este passo en que me ueo,
y pues en vano dezeo
lo que no ha de ser fatible,
¿cómo podrá ser possible
siendo Vos muerto, yo viuir?
Oh hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
“Madre mía, de rodillas
vuestra bendición os pido
y del todo me despido
que he de andar algunas millas,
estas amargas mancillas
me tiene[n] muy congojado.
Madre, dexatme partir
para ser crucificado”.
“Hijo, la bendición
Vos a mí la deuéis dar,
pues que tengo de quedar
con tan amarga afliçión;
rómpase hoy mi coraçón
que más no pueda sufrir,
oh hijo mío muy amado
yo con Vos quiero morir”.
“Madre mía, Vos lo mandáis,
yo de mi parte os bendigo:
Dios sea siempre vuestro abrigo
f.80r
Canzoniere ispano-sardo
170
175
180
185
190
195
200
205
como Vos lo dezeáis,
os dé fuerças a que sufráis
este pesar tan pesado
deste mi amargo partir
para ser crucificado”.
125
f.80v
“Hijo mío y mi Señor,
Dios igual a vuestro Padre,
muy major que vuestra Madre
del cielo y tierra criador,
el esfuerço y el valor
de Vos lo he de recebir,
aunque flaco al parecer
pues que os vais para morir.
Con todo pues Madre soy,
aunque triste y afligida,
mandándolo Vos en vida
yo mi bendición os doy,
y pues muy segura estoy
de todo lo por venir,
hijo mío tened esfuerço
pues que os vais para morir.
Y aunque veo que es menester,
con todo, es cosa muy fuerte
consentir en vuestra Muerte
y que yo la haya de ver,
pues mirad si puede ser
cosa más reçia que es sufrir
que yo haya de querer
que Vos andéis a morir.
Y no a morir solamente
sino para ser matado,
para ser crucificado
tan injusta y cruelmente;
y pues he de ser presente
a lo que hauéis de sufrir
hijo mío, tened esfuerço
pues que Vos queréis morir.
Hijo mío, bendito os sea
lo que Vos de mí escogistes,
la sangre con que fuistes
f.81r
T ONINA PABA
126
210
215
220
225
230
235
240
245
250
concebido en Galilea,
la leche que os di en Judea
en el portal de Betlem
y las lágrimas que he de (h)echar
por Vos en Jerusalem.
f.81v
Hijo, os doy mi bendición
por lo que empecé a tragar
cuando os vi circuncidar
con tan amarga passión;
rómpase hoy mi coraçón,
pues más sangre hauéis de (h)echar
y en tantas llagas abierta[s]
más pena hauéis de passar.
Todo os bendigo hijo mío
lo que por Vos he passado,
los trabaxos que he tomado
con contento y sin astío,
sufriendo calor y frío
[h]anbre y sed y escasesa,
passando toda la vida
con una estrema pobresa.
Los seruicios que os he hecho
en façiar y desfaçiar,
el comer y el mamar
que hisisteis Vos a mi pecho,
todo el jus y el derecho
que tengo en vuestro viuir
hijo mío muy amado
os lo bueluo a bendezir.
Los regalos que yo os dy
siendo Vos, mi bien, chiquito,
quando os lleuaua en Egito
os sean benditos de my,
todo lo que padeçy
por Vos en aquel huir
de coraçón os bendigo
en este vuestro partir.
Os bendigo los dolores
que proué quando os perdy,
quando el tercer día os vy
disputar con los doctores,
f.82r
Canzoniere ispano-sardo
hoy mis penas son majores
y mi dolor es doblado,
pues que os tengo de perder
muriendo Vos enclauado.
255
260
265
270
275
280
285
290
127
f.82v
Hijo mío muy amado,
pues que os tengo de perder
dexadme Vos padeçer
y morir a vuestro lado;
perdonadme si os he hablado
con poco acato y razón
que por ser mi dolor tanto
se me rompe el coraçón.
Y si yo no asierto a hablar
ni a trataros como deuo
por seros Madre me mueuo
con Vos hijo a porfiar,
no me queráis Vos dexar
pues todo pierdo con Vos,
yo con Vos quiero morir
mi bien, mi goso y mi Dios.
Ab[r]assadme, no os partáis
sin mí, pues queréis morir
hijo, yo quiero venir
con Vos do quiera que vais;
a Vuestra Madre dexáis
y a otros vais a buscar,
con Vos quiero ser atada
junto a Vos quiero espirar.
f.83r
Vos en vuestra compañía
acoxéis buenos y malos,
y les hazéis mil regalos
con amor y cortesía,
¡ay, qué gran pena es la mía
pues sin mí os queréis partir!
Y si Vos andáis con tantos,
¿yo por qué no he de venir?
Con todos sois amoroso,
dándoles bezo de pas
conmigo, a quien deuéis más,
¿por qué no seréis piadoso?
Rostro diuino y [h]ermoso
f.83v
T ONINA PABA
128
a quien todos deçean ver,
pues otros le han de gosar
¿yo por qué lo he de perder?
295
300
305
310
315
La sangre que derramar
Vos, hijo, queréis sin mí,
acordaos que yo os la di
y conmigo se [h]a de dar,
yo con Vos quiero pagar
lo que Vos por mí pagáis,
por Vos quiero dar mi vida
pues que Vos por mí la dais.
¿Dónde estáis, oh Madalena?
o vos Marta ¿qué haçéis?
Mirad que el tiempo perdéis
en aparejar la çena,
ayudadme en esta pena
y rogadle vos tanbién,
detened vuestro Maestro
mi Dios, mi goso, mi bien.
Vos, apóstoles sagrados,
estoruad vuestra partida,
preocupad la salida,
tened los passos serrados;
hijos míos muy amados
ayudadme en este caso,
[h]aued de mí compassión
que en dolor y amor me abraso”.
f.84r
Habla la Madalena
320
325
“Mi Señor, Maestro y Dios
liberal en perdonar
¿no lo seréis en quedar?
pues en todo lo sois Vos;
escuchad la triste boz
de Vuestra Madre afligida,
contentalda Vos Señor
mi bien, mi paz y mi vida”.
Santa Marta
“Huésped sagrado y Diuino,
consuelo desta posada,
f.84v
Canzoniere ispano-sardo
330
129
conçolad a Vuestra Madre
no toméis esse camino;
si a serviros yo no atino
os seruirá Vuestra Madre,
contentalda Vos pues siempre
contenta ella a Vuestro Padre”.
San Pedro
335
340
“Yo no meresco Señor
lo que a pediros me atreuo,
pero hago lo que deuo
conuencido del dolor
de Vuestra Madre; el amor
es tan grande, tal y tanto,
que mereçe la otorg[u]éis
lo que os pide con su llanto”.
San Andrés
345
350
“Vos, mi bien, Dios encubierto,
de la turba os apiadastes
quando allí la regalastes
con milagro en el desierto;
pues ¿cómo no será abierto
Vuestro tesoro por una
a quien, por ser Vuestra Madre,
adora el sol y la luna”?
f.85r
San Jacobo Major
355
“Si vuestra Madre y mi tía
de Vos no alcança, o’ Señor,
lo que os pide con dolor,
¿qué esperança es hoy la mía?
Será grande mi osadía
con todo os quiero pedir
que quedéis aquí esta Pasqua
antes que andéis a morir”.
San Juan
360
“Vos, mi maestro Diuino,
a mí, Juan, a vuestro amado,
siempre me hauéis regalado
f.85v
T ONINA PABA
130
365
con amor muy peregrino;
hoy me [h]allo el más mesquino
por vuestra Madre y mi tía:
contentalda pues, Señor,
que su pena es vuestra y mía”.
Santo Thomé
370
“Ya de mi parte, Señor,
estoy muy pronto
do quiera que queráis (h)ir
y morir por vuestro amor;
mas este grande dolor
de vuestra Madre me mueue
a deziros que quedemos
pues tantas lágrimas llueue”.
San Jacobo Menor
375
380
“Mi cara y mi coraçón
siempre fue conforme a Vos
por ser mi maestro y Dios,
y muy conforme a razón;
mas agora, en tal sazón,
a vuestra Madre me inclino,
por ella os ruego, Señor,
no toméis esse camino”.
f.86r
San Felipe
305
390
“Yo, con Vos, por los gentiles
pude tanto que alcanzaron
todo lo que decearon
aunque eran perçonas viles,
y por los ruegos siuiles
de vuestra Madre llorosa,
¿no podré tanto con Vos
de alcançar alguna cosa”?
San Bartholomé
395
“Yo, Señor, aunque viejo
algo flaco y no muy fuerte,
no re[h]úso (h)ir a la muerte
y dar por Vos mi pellejo;
pero pláseme el consejo
f.86v
Canzoniere ispano-sardo
131
de vuestra Madre, pues vemos
que si no quedáis aquí
a Vos y a ella perdemos”.
San Mateo
400
405
“Si el hauer dexado todo
a vuestra sola y simple vos,
mostrádmelo en este modo:
que no pisemos más lodo
por esta Pascua, oh Señor,
quedemos con vuestra Madre
que aquí estaremos mejor”.
San Simón
410
“Si yo, conforme a mi nombre,
el sí os suplico esta ves,
no lo [h]ago por vejés
que del padeçer se assombre;
es una muger y un hombre
y es un hombre por muger
que os suplica que quedéis
esta Pascua aquí a comer”.
f.87r
San Judas Tadeo
415
420
“Señor mío, a lo que veo
no gustáis que yo os enpida
vuestra muerte, ni que os pida
lo que yo mucho dezeo.
Yo siempre he creído y creo
que lo que hazéis es razón,
pero ved que a vuestra Madre
se le rompe el coraçón”.
Judas Escariotes
425
“Rabí, si os queréis quedar
quedaos en hora buena,
pero mirad que la çena
muy a punto deue estar
y no conuiene tardar,
pues que aquel hombre de bien
deue de estar aguardando
que andéis a Jerusalén”.
f.87v
T ONINA PABA
132
Jesuchristo Nuestro Señor
430
435
440
445
450
455
460
465
“¡(h)Ay, mi Dios, en qué estrechura
entre dos hombres me veo!
Pues (h)ir y quedar dezeo
y el hazerlo es cosa dura.
Vos criador y ella criatura,
Padre y Madre, yo, hijo vuestro
querría a todos contentar
aunque a todos no lo muestro.
Madre mía, si yo me mueuo
a cumplir lo prometido
es porque yo me he ofrecido
a pagar lo que no deuo;
pero aquí más dolor prueuo
[en] veros tan afligida
que por subir a la c(h)ruz
perdiendo en ella mi vida.
f.88r
Sossegados, Madre mía,
no queráis Vos impedir
mi voluntario morir
que dello daño os vendrá,
y pues ya se acaba el día
no me puedo detener.
Madre mía, quedad en paz
que otro día me podréis ver.
A vos Marta y Madalena
mi pobre Madre encomiendo,
ved que llorando y gimiendo
se le acresienta su pena.
Llamalda con vos a çena
que yo tanbién voy a cenar,
tened cuenta de mi Madre
pues yo no puedo quedar.
Vos, apóstoles amados,
no reparéis en venir
pues yo solo he de morir
y vos no seréis atados,
hijos míos desconçolados
acompañad a vuestro Padre,
y pues yo muero por vos
tened cuenta de mi Madre.
f.88v
Canzoniere ispano-sardo
470
475
133
Mirad, Juan, no la dexéis
aunque yo he de ser dexado,
estalde siempre a su lado
seruilda en lo que podréis,
y quando vos me veréis
(h)ir callando y padeciendo
tened cuenta de mi Madre
que mi Madre os encomiendo”.
La S.S. Virgen María
480
485
490
495
500
“Hijo mío, no os curéis tanto
de mí pues que os oluidáis
de Vos, tanto que trocáis
vuestra sangre por mi llanto.
¡Oh mi Dios y Padre Santo,
Padre eterno y soberano,
con otro medio más fácil
librad el linage humano!
f.89r
Que este medio es muy terrible,
muy [h]orrendo y espantoso,
y aunque sea tan provechoso
le tengo por insufrible.
¡(h)Ay, mi Dios! ¿será possible
que por viles pecadores
queráis que muera nuestro hijo
con tan estremos dolores?
A vos colegio sagrado,
pues que veo que assí ha de ser,
quando le veréis prender
os encomiendo mi amado;
quando le tendrán atado
los sayones con estruendo,
a vos, señaladamente,
a vos Judas le encomiendo.
FINIS LAUS DEO
Estos versos son sesenta y dos
según los años que biuió en
este mundo la Madre
de Dios la Virgen María
Nuestra Señora.
f.89v
T ONINA PABA
134
Estesissima composizione in ottave, quasi sicuramente concepita per la
drammatizzazione durante i riti della Settimana Santa. Notevole la vivacità dei toni e la freschezza dei dialoghi che unitamente alle
argomentazioni, così umane, che i vari personaggi adducono per fermare l’ineluttabile destino di Cristo, rendono molto sofferto e credibile questo
commiato tra Madre e Figlio. A testimonianza degli scambi e delle mutue influenze che intercorrevano tra le culture sarda e spagnola, si possono riscontrare varie composizioni in sardo logudorese costruite su una
struttura dialogica analoga, limitatamente però alle figure principali, il
Cristo e la Madre. Una di esse, intitolata Beata Vergine Addolorata Commiato di Gesù alla Madre, viene da qualche autore (SECHI) attribuita al
gesuita Bonaventura Licheri vissuto nel XVIII secolo, parroco di Ardauli,
in provincia di Oristano. Si compone di 15 sestine, di cui otto (in una
progressione diversa) compaiono anche nel Canzis. Testi analoghi vengono raccolti da CARIA, (scheda n°46 e n°53) e una strofa compare
anche in MELE. La conoscenza del componimento è attestata a tutt’oggi
nella Sardegna centrale dove i fedeli continuano a cantarle nei riti della
Settimana Santa. Citiamo solo le due trofe di apertura: Su partire m’est
forzadu / E fagher de te ausenzia / O Mamma dammi lassenzia / Ch’ando
a morre inclavadu (Gesù); Già chi non potto negare / Fizzu, su chi mi
domandas / Eo benzo si tue andas / A morrer ambos impare (Maria).
v.43 passat, v.59 reglat, v.61 e v.155 dexatme, catalanismi?
v.63 Ms. quieres
v.97 Ms.vos
XLVII (ff.92r-97r)
DÉZIMAS A LA MUERTE
COMPUESTAS POR VN LASTIMADO CORAÇÓN
5
10
Piensa que te has de morir,
piensa que hay gloria y infierno,
bien y mal y todo eterno
y que a cuyzio has de venir;
ponte luego a discurrir
tu vida y modo de obrar,
y que agora, sin pensar,
si te diesse vn acidente
que muriesses de repente
¿dónde irías a parar?
Canzoniere ispano-sardo
15
20
25
30
35
40
45
50
Piensa bien lo que te digo,
trata de emendarte fïel:
mira que aun este papel
será contra ti testigo.
A que no oluides te obligo
muerte, juizio, infierno y gloria,
dexa toda vana gloria
y con cristiano talento
no hagas loco pensamiento
de vna tan cuerda memoria.
135
f.92v
Si tener has presumido
en la postrera ocasión
con un acto de contrisión,
muy pocos lo han conseg[u]ido;
y aunque algunos le han tenido
¿quién, di, tan loco será
que en tal riesgo se pondrá
y cosa tan importante
dexará para un instante
que no hay otro si se va?
Si de vna gran cantidad
con cuenta errada te hallaras,
para ajustarla ¿aguardaras
a estar con enfermedad?
Pues como tu voluntad
mal entendida se aduierte,
y de vn negocio tan fuerte
que te importa eterna vida,
¿quieres la mayor partida
dexarla para la Muerte?
f.93r
Tu no deues de saber
la ocupación del morir,
harto harás en resistir
sin que tengas más que hazer;
en un momento has de ver
un libro todo verdad
escrita tu corta edad
entre una y otra congoja,
donde, al boluer de la hoja,
verás una eternidad.
El tacto, el gusto, el oído,
olfato, vista y conciencia
f.93v
T ONINA PABA
136
55
60
65
70
75
80
85
90
anda, en hauiendo dolencia,
su exercicio confundido;
inobediente el sentido,
torpe le hallarás y vano
pues, ¿cómo quieres, cristiano,
estando en la enfermedad,
mouer a vna voluntad
si no puedes una mano?
¿Qué importará que te den
el Sacramento y la Unción
y que hagas tu confessión,
si no te confiessas bien?
¿Quántos serán los que estén
con tus mismos pensamientos
en los eternos tormentos?
¿Quántos, quántos haurán sido
los que al infierno se han ido
con todos los sacramentos?
Aprisa no se han de hazer
cosas que importantes son,
y una buena confessión
tiempo, tiempo [h]a menester.
Sobrado tendrás que hazer,
quando enfermo hayas caydo,
en cuydar de tu sentido
sin que más viuo tu amor
ande a buscar vn dolor
que en su vida le ha tenido.
f.94r
Que loco engaño recibes,
quando mucha vida quieres,
en el tiempo que te mueres
aun muriendo lo que biues;
en tal ocasión no estriues,
buelue en ti y en lo que obraste,
y pues sin susto pec(c)aste,
a Dios le da sin çoçobra
contra un olvido que sobra
una memoria que baste.
Si a la hora de la muerte
aun sin pecado mortal
lo que diuierte haze mal
f.94v
Canzoniere ispano-sardo
95
100
105
110
115
120
no más de porque diuierte;
como quando el daño es fuerte
has de buscar la uirtud,
¿cómo podrá tu inquietud
sossegando la violencia
tomarse con la conciencia
que no se atreuió en salud?
Ofender a Dios viuiendo,
y morir a Dios amando
si lo estás assegurando
mira que es juizio tremendo,
porque [h]as de estar conociendo
que sobre nunca quererle,
toda una vida ofenderle
y un solo instante buscarle,
más que en su bondad amarle
será en tu reisgo temerle.
Aquel que llega a biuir
como si piedad no huuiera,
jamás la justicia espera
quando se pone a morir.
No hay aquí que discurrir
porque a la uerdad entiendo
que aquel que temió viuiendo
ha de morir confïado,
y [h]a de morir reçelando
el que no viuió temiendo.
130
Tus culpas se han de saber,
no las quieras encubrir,
o tu las has de dezir
o en público se han de le[e]r,
y si se leen han de ser
en vniuersal gouierno
para tu castigo eterno,
pues no es mejor con vitoria
dezirlas para la gloria
que oyrlas para el infierno.
135
La justicia y la razón
según fuere tu conciencia,
te han de (h)echar una sentencia
que no tiene apelación,
eterna resolución
125
137
f.95r
f.95v
T ONINA PABA
138
140
145
150
155
160
165
170
175
tomarán de tu pecado;
hombre que estás bauptizado
por las entrañas de Dios,
que meditemos los dos
la eternidad de vn cuidado.
Eterna no hay cosa buena
en podiendo mejorarse;
pues, ¿cómo podrá lleuarse
vna eternidad de pena?
Quanto en tu gusto se ordena,
aunque si más sensible,
lo hará el deçeo insufrible
si durasse eternamente,
que el ver a Dios solamente
haze a lo eterno apasible.
¿Es fáçil allí un dolor,
propósito y confessarse,
y luego al punto passarçe
desde un oluido a un amor?
No es fácil, que aunque el fauor
de la graçia es tan valiente,
aun está de ti pendiente;
mira que es neçia ignorançia
negocio de tal sustancia
fïarle de un accidente.
f.96r
Una sentencia, una muerte
[h]aurá sola, el jues es Dios
que desto no [ha de] hauer dos,
donde se emiende tu suerte.
¡Jesús, qué lançe tan fuerte!
Mira que es para temblar,
que remedio no has de hallar
en el cielo ni en la tierra
si sola una vez se yerra
y que esta se puede errar.
Mira que has perdido el juizio,
pues de ti propio homicida
te vas quitando la vida
con uno y con otro uicio;
por que del loco artificio
temporalmente te ves
lleno de humano interés:
f.96v
Canzoniere ispano-sardo
180
185
190
195
200
139
agora estás muy ufano,
pero repara christiano
que esto es agora: ¿y después?
Este después considera
que este agora [h]a de faltar,
y el después [h]a de durar
eternamente a qualquiera;
este después que se espera
es el que cuydado da,
que este agora claro está
que es ligero mouimiento,
nacido de un corto aliento
que quando viene se va.
Dispón tu cuenta ajustada,
que aun assí quando informases
del tiempo que allí encontrares
aun no ha de sobrarte nada.
Mira que desta jornada
no se ha de boluer jamás,
mira el pasage en que estás,
que es cosa para aturdir
el saber que has de partir
sin saber adónde vas.
f.97r
Ancora décimas sul tema del desengaño e sullo svilimento dei beni terreni
che situa il Canzis tra le opere barocche di matrice controriformista.
Questo blocco di poesie di tipo penitenziale si fa veicolo di un continuo
memento mori sulla fugacità della vita terrena e sulla fallacia dei suoi
valori. Il testo, che si inserisce in quel filone di poesia ascetica composta
da frati e monaci “en las soledades del claustro”, [DE CASTRO] e che
circolava in pliegos sueltos, figura col titolo di Décimas en donde están
resumidos los sermones que predican en sus misiones por toda España, con
orden de su Santidad, los Padres Predicadores Apostólicos, de la Orden de
Nuestro Padre San Francisco nel volume Poetas líricos de los siglos XVI y
XVII, XLII, B.A.E.
v.4 cuyzio per juicio
T ONINA PABA
140
XLVIII (ff.98r-99r)
DESENGAÑOS DE UN ALMA
Esdrúxulos
A mí, Jesús hermosíssimo,
displiega tus dulces párpados,
no precipites colérico
a quien te espera flemático.
5
10
15
20
Ya me aquexan melancólicas
mil ancias con [h]orror trágico,
no me diuierten los módulos
de los más sonoros pájaros.
Sin ti, Jesús, lloro huérfano,
sin ti, Jesús, quando páruulo
sin ti suspiro a lo tímido
en aqueste triste páramo.
No me agrada lo mañífico
ni me alegra lo mecánico,
quisiera viuir paupérrimo
por lograr tu tabernáculo.
Empeçaré nueba fábrica
siendo tú mi diestro bájulo,
más fuerte que todo el lybaro
más lebantado que un plátano.
Con esto el alma cultíssima
desprecia los gustos bárbaros,
reduzida a estrecha clúsula
refrene su curso rápido.
25
30
De culpas horrible número
la precipitan al báratro,
siendo sus acciones díscolas
el perseg[u]idor themático.
No la engañe lo político
del mundo con tal vil tráfago,
tenga por sus más domésticos
del cielo sagrados aúlicos.
f.98v
141
Canzoniere ispano-sardo
35
40
No más gustos(os) que ya próuido
me pesa hauer sido Tántalo;
oh, ¿y quién con saber cherúbico
logrará un amor seráfico?
Dexatme esperanças trémulas,
indiñas de nobles ánimas
que no me pasman coléricos
de la vanidad relámpagos.
f.99r
Assistit, celeste médico,
en este sagrado tránsito,
por que accidentes frenéticos
no me den mortales tártagos.
45
Soltad ya plazeres rústicos
que en la apariença aromáticos
sin señas de bondad sólida
me engañastes por fantásticos.
Serie di cuartetas di ottonari sdruccioli, assonanzati in a-o. Questo tipo di
esercizio poetico era molto in uso nel “Siglo de Oro”, accanto ad altre
prove di abilità versificatoria (tra cui la glosa e le rime con eco) nelle
quali si cimentavano, in occasione di certámenes e justas poéticas, tutti i
poeti, grandi e piccoli, dell’età barocca (BAHER, NAVARRO TOMÁS).
v.17 Ms. frabica
v.35 cherubico, non va considerato un italianismo ma un cultismo (ROSENBLAT)
v.37 dexat, v.41 assistit, catalanismi?
XLIX (f.99v)
5
10
Aquella tórtola amante
que en el ast(r)il de una hiedra
seloza canta sus males
que en bes de aliuiar (h)aumenta:
“¡(h)Ay, qué de beçes tenía
amor segura la prenda,
y la possesión turbaua
sólo el temor de perderla!
Era tu lecho mis plumas,
y tú, mal hallada en ellas,
T ONINA PABA
142
15
para buscar otro nido
arrullos y plumas dexa[s].
¿De qué me dexes? no gimo,
¿que a otro busques? es mi pena,
en tu mano está mi aliuio,
mas en poca firmesa
no te harán co[n]stante
los arrullos de la nueua.”
Romance di soggetto amoroso, con assonanza: e-a, già edito da ACUTIS.
La brevità del testo e il fatto che il tema si discosti dal contesto in cui è
inserito, lasciano supporre che sia stato scritto in un secondo tempo nel
foglio rimasto in bianco. L’inchiostro è più tenue rispetto agli altri testi,
anche se la mano è la stessa.
L (ff.100r-104r)
EL AVE MARÍA A LA CHAMBERGA
5
A Madril [h]a uenido
para que note
lo que en el mes [de] enero
passó en la Corte;
Cupido,
abre bien el sentido,
atento,
porque no tiene cuento.
15
Atención que mi pluma
sin temor buela,
para escriuir el verso
de la Chamberga,
pronta,
mi pluma se remonta
tanto
que pareçe encanto.
20
Atención que [h]a salido
la luna clara,
desterrando tinieblas,
dando esperanças.
Lo dice
10
f.100v
f.101r
Canzoniere ispano-sardo
25
30
35
40
45
50
55
60
143
la librea que viste,
la gala
saque por la mañana,
de día
Dios te salue María.
Aunque de madrugada
bien os conosco;
aunque os pongáis la toca
con el emboso,
Princesa
soys de grande clemencia,
descalça
eres llena de gracia.
f.101v
En el mundo no he uisto
tal disimulo,
la suprema belleza
y espexo puro,
y digo
el Señor es contigo.
Asusena fragante
muy [h]olorosa,
es la Virgen María
de Dios espoça;
más pura
que toda criatura,
y excedes
a todas las mugeres.
Castillo de uirtudes
muy bien sercado,
a todas luzes grande(s)
santo y sagrado;
la [h]oja,
clauellina y hermosa
que güele
a todo lo que quiere,
soys luz
de tu vientre, Jesús.
Alma que de nonada
fuistes crïada,
alabes la Belleça
tan soberana
f.102r
f.102v
T ONINA PABA
144
65
70
75
80
85
90
95
que adora
a Jesús enamora
su rostro y
tan beniño y hermoso
mis ojos
ruégale por nosotros.
Bandera I[n]maculada
llena de dones,
ruégale al Soberano
que nos perdone;
me llego,
a su clemencia apelo,
corona
a su misericordia
candores
y por los pecadores.
Perdonadme, Señora,
mi corta pluma,
siendo mi amparadora
buena fortuna
tendremos;
si con Vos nos haçemos
a[h]ora
esperamos Señora
remedio
y en la muerte consuelo.
f.103r
f.103v
f.104r
Si he errado algunos puntos
de mi chamberga,
pretendió mi desuelo
que fuera buena,
por esso
para dar fin al verso
(h)iréme
porque ya lalua viene
con luz
Digo amén Jesús.
FINIS LAUS DEO
Seguidilla chamberga, costituita da una seguidilla semplice seguita da
tre distici (un trisillabo e un settenario) legato ciascuno da assonanza
diversa. Le prime due strofe sono prive di un distico.
145
Canzoniere ispano-sardo
LI (ff.104v-107r)
GOSOS A LA VIRGEN DEL CARMEN
Pues soys de nuestro consuelo
el medio más poderoso,
sed nuestro amparo amoroso
Madre de Dios del Carmelo.
5
10
15
20
25
30
Desde que en la nubesilla
que morena os figuró,
de Virgen Madre adoró
Elïas la marauilla,
a vuestro culto capilla
erigió en primer modelo.
f.105r
Tan primeros para Vos
los hijos de Elïas fueron,
que por timbre merecieron
ser de la Madre [de] Dios
título (y) este que Dios
les dio a su heredad an[h]elo.
Por esso, Vos, honras tantas,
Señora, al Carmelo distes,
que viuiendo les assististes
mil vezes con vuestras plantas,
con vuestras pláticas santas
doblaste su antigo zelo.
f.105v
Del Carmelo defendieron
de Elïas los sucessores,
y en la Iglesia con Autores
de los Apóstoles fueron,
del Evangelio esparzieron
la Verdad por todo el suelo.
A San Simón General
el escapulario distes,
señal que Vos nos pusistes
de hijos para señal;
contra el incendio infernal
es defensiuo consuelo.
f.106r
T ONINA PABA
146
35
40
45
50
55
Vuestro escapulario Santo
escudo es tan verdadero
que no hay plomo ni azero
de quien reciba quebranto;
puede, aunque es de lana, tanto
que mata el fuego y el hielo.
Quien bien viuiere y muriere
con tal señal, es notorio
que por Vos del Purgatorio
saldrá presto si allá fuere;
el primer sábado espere
tomar a la gloria buelo.
f.106v
De vuestro Carmelo flores
son la variedad de Santos,
Prophetas, Mártires Santos,
Vírgines y Confessores,
Patrïarcas y Doctores
que haçen vuestro Monte Cielo.
Pues soys de nuestro consuelo
el medio más poderoso,
sed nuestro amparo amoroso
Madre de Dios del Carmelo.
f.107r
Gozos, formati da sestine di ottonari. Ogni strofe si conclude con la ripresa, nel verso finale, dell’ultima rima della redondilla (xyyx) che apre e
chiude il componimento, secondo lo schema rimico seguente: abbaax.
LII (ff.107r-109r)
OTROS GOSOS DE LA VIRGEN DEL CARMEN
Al eterno preseruada
para ser Madre de Dios,
Señora, rogad por nos,
Virgen del Carmen sagrada.
5
Con aquel grande contento
que vuestra alma recebía
f.107v
Canzoniere ispano-sardo
10
15
20
25
30
35
40
45
147
quando os dixo Ave María
Grabiel en vuestro aposento,
y luego en aquel momento
fue la encarnasión obrada.
Por aquel sumo plazer
que recebistes, Señora,
en aquella santa hora
que vistes de Vos naçer
aquel que os pudo haçer
su Madre sin ser tocada.
Por la exelente alegría
que vistes, Virgen Prudente,
quando vinieron de Oriente
los Reyes en romería,
y cada qual le ofrecía
una toga sublimada.
f.108r
Por aquel júbilo tal
de la glorificación,
quando en la ressurreción
le vistes hecho i[n]mortal,
vistes con Dios hecha igual
vuestra I[n]maculada.
Por el goso que sentistes,
Vírgen Santa [del Carmelo]
quando vistes (h)ir al çielo
al mismo que Vos paristes,
allá vuestra carne vistes
de ángeles reuerenciada.
f.108v
Por aquel jucundo día
en que vuestro amado hijo
y el Padre con regosijo
el paráclito os embía,
y en lenguas se aparecía
del fuego que os inflamaua.
Por la Diuina canción
que los ángeles cantaron
quando al Padre os presentaron
en vuestra santa asunción,
con grande jubilación
y prossesión consertada.
f.109r
T ONINA PABA
148
Señora, rogad por nos,
Virgen del Carmen sagrada.
Por siempre seais alabada
Amén
Jesús
Altri gozos con lo stesso schema dei precedenti.
LIII (ff.109v-110r)
SALUE GLOSADA
5
10
15
20
A la Aurora del sol de la gracia,
de rayos sitiada y de estrellas prendida
[h]oy humilde saludan los hombres
y cantan alegres con dulce armonía.
Salue Regina
Mater Misericordie Mariae
Eres vita dulcedo de todas
y assi nayde estraña (galán vida mía)
que te canten et spes nostra
si en ti tienen todos goso y alegría.
Salue Regina
Mater Misericordie Mariae
Solos somos gementes et flentes
de nuestra tarea la triste fatiga
in hac valle dolor lacrimarum
donde (h)Eua fue causa de tanta ruina.
Salue Regina
Mater Misericordie Mariae
Essa prenda Jesum Beneditum
fructum ventris tui o(h) árbol de vida,
nobis post hoc exilium ostende
para que en el Cielo se gose mi dicha.
Salue Regina
Mater Misericordie Mariae
f.110r
149
Canzoniere ispano-sardo
25
Cordial regosijo del alma
o[h] nétar suaue, o[h] clemens, o[h] pía
o[h] cordera que a Dios nos amantas
o[h] Mulier Virgo, o[h] dulcis Maria.
Salue Regina
Mater Misericordie Mariae
Glosa a la Salve Regina, composta di quartine dalla struttura polimetrica,
con assonanza i-a nei versi pari e un distico come estribillo. Testimonianze: Ms. 52 BCB, ff.11-12; Ms.78 BCB, f.103 r-v; CHIS, Poesías varias,
XXXIII, n°55, f.54v.
Rubrica: Salue muy curioso Ms.78; Salve a la Virgen María Santíssima sin
pecado concebida CHIS.
v.7 vita dulcedo vita, dulcado Ms.52
v.10 goso y alegria el gozo y la mira Ms.52
v.13 solos somos sollozamos Ms.52, Ad te suspiramus Ms.78
v.15 dolor que es lacrimarum Ms.52
v.16 ruina desdicha Ms.78
v.20 o’ que es Ms.52
v.22 se te Ms.52, le Ms.78
v.25 Cordial O cordial Ms.78
v.27 amantas amanças Ms.52, amanyas Ms.78
v.28 O Mulier Virgo O Mater, o Virgo Ms.52, O clemens, o dulcis Ms.78
LIV a (ff.111r-112r)
Dulçe encanto de mis ojos,
hechizo del alma mía
en quien lo lindo y discreto
se compiten y litigan.
5
10
En el ara de tu frente
de nueuo se sacrifica
mi amor a tus bellos ojos
y es una vista diuina.
Dos almas, mi dueño, tienes
con la que yo posseía,
no es mucho pues que tanta alma
te haga parezer tan biua.
Que yo idolatre en tu rostro
es lo más que en mí se admira,
f.111v
T ONINA PABA
150
15
20
mostrándome, tan sangrientas,
con mis ojos tus mexillas.
Vn simulacro animado
de cristal, por ser tan limpia,
pareçes, aunque tus labios
son de fina cochinilla.
Como el papel son tus manos,
y la mayor marauilla
es que, siendo tales, nayde
puede hauer que los descriua.
25
30
35
Todo te pareçe poco
quanto con tus plantas pisas,
y es que son tus pies tan breues
que en un punto casi estriban.
No me meto en más dibuxos
que fuera empresa atreuida
querer ver lo que en tu cielo
ocultan castas cortinas.
Supla mi bien el afecto
de tu beldad esta sifra,
ya que es como tu hermosura
mi voluntad: infinita.
LIV b (ff.112v-113r)
Hauéis visto quán alegres
sus dos soles peregrinos
amaneçen en la frente
del hermoso dueño mío.
5
10
A fe que el verlos es gloria
bien que de luto vestidos,
porque en ellos el matar
y el dar la gloria es lo mismo.
Arcos forma de su[s] sejas
esse rapás Dios Cupido,
f.112r
151
Canzoniere ispano-sardo
y con essas flechas rayos
con que logra qualquier tiro.
15
20
Dándoles a todos muerte
de ninguno son mal vistos,
porque ellos dan uida al passo
que cometen homicidios.
¿Negros son? mas en sus tiros
muestran que son bien nacidos,
que lo hidalgo de lo hermoso
se vincula lo beniño.
f.113r
En sus luzes fino amante
siempre yo me sacrifico,
y estas mis ofrendas pagan
con mostrárseme propicios.
25
Biuan, pues, ojos tan bellos
porque en afectos crecidos
sepa el mundo los adora
quien los confiessa divinos.
LIV c (ff.113v-115r)
¡Ay, amor, muriendo estoy!
Ved, pues, amor, por qué muero
y veis que muero bien:
¡amor, matadme más presto!
5
10
Mátame una calentura
que la causó, a lo que creo,
el sereno de una frente
con el sol de tez.
Y sobre un sereno, un sol
por peligroso lo tengo,
que si se juntan contrarios
es major el crecimiento.
Si no aprouáis este achaque
esso es mi mal, sin remedio,
f.114r
T ONINA PABA
152
15
20
pero más cierto es ser ojos
que me [h]an mirado y me [h]an muerto.
Y pençáis que me jacto
de que me matan por bello:
que matan más unos ojos
si está la beldad en ellos.
Mi infierno son essos ojos,
siendo sus niñas mi cielo,
mas mi infierno y gloria son
de que goso y por quien muero.
25
30
35
40
De entre dos arcos de luzes
publican discretos zelos,
luzes traen con que me alumbro
y los zelos por que veo.
f.114v
Pero si será mi mal
nieue de un diuino puerto,
que [h]elándome con sus llamas
todo me abraza con hielos.
Si ponsoñoso carmín
que creçe en un prado ameno,
áspid nacido en mexilas,
veneno en flores enbuelto.
¡Ay amor! (y) si no me matan
las dolencias que he propuesto,
¿qué puede matarme, amor,
si no me matan los zelos?
f.115r
Si me matáis vos, amor
esto jusgo que es más cierto,
queda quien a ciegas cura
muerte en ves de dar remedio.
45
Mas a ciegas me curáis
mas no os pese amor de [...]
que muero tan dulcemente
que ya quisiera hauer muerto.
Serie di quartine di ottonari con assonanza i-a (fino al v.36). Le prime
nove strofe presentano gli stessi moduli stilistici delle poesie che com-
153
Canzoniere ispano-sardo
pongono il corpus iniziale del Canzis, unitamente al topos della modestia
(vv.29-32) riscontrato in quei testi. Nel secondo blocco cambia l’assonanza
(i-o), oltre alla persona grammaticale, e così pure nell’ultimo (e-o). Si
tratta, pertanto, di un ciclo di testi diversi pur se tematicamente affini,
accomunati dalla descrizione delle sofferenze amorose in rapporto allo
sguardo. Benchè non fornisca indicazioni che li identifichino come testi
autonomi, il raccoglitore ha fatto coincidere l’incipit di ogni blocco con
un nuovo foglio.
LV (f.129r)
COPLAS
De vn olmo graue y soberuio
se vengaua el sol de otubre
de que por mayo sus hojas
no dieron passo a sus luzes.
5
10
Los pájaros en el viento
ni se peinan ni se pulen
que [h]asta los irracionales
de la vil pobresa [h]uien.
Con su fragancia las flores
seden al campo perfumes
y los humos contra el tiempo
de la uil pobresa [h]uien.
Tre cuartetas asonantadas, u-e nei versi pari.
Testimonianze: Ms.4103 BNM, ff.54-55.
v.5 los pajaros en el viento las Aues en sus pimpollos Ms.4103
v.6 ni se pulen sí se pulen Ms.4103
v.7 Ms. inracionales
v.9 su fragancia sus fragancias Ms.4103
v.10 Ms. se dan al campo, dan al campo sus Ms.4103
v.11 los sus ms.4103
v.12 de la vil pobresa uien a las narices se suben Ms.4103
T ONINA PABA
154
LVI (f.129v)
COPLAS
Majo se [h]a buelto deciembre
en competencias de abril,
visten claueles los campos
calçan los vales jasmín.
5
10
15
Despéñanse de los montes
en consonancia sutil
copos de nieue, cristal
almas de hielo, marfil.
Las más apressiadas flores
despreciando su carmín
no aspiran [a] ser estrellas
pero a ser coturno sí.
Que mucho si Clori [h]ermoso
baxó a su campo gentil
que regonosca la reina
recatos del fardellín.
Serie di cuartetas asonantadas, con assonanza ossitona -i- nei versi pari.
Testimonianze: Ms.3914 BNM, f.346v, (contiene una “vuelta a lo divino” del testo).
v.1 deciembre el deciembre Ms.3914
v.2 en y en Ms. 3914
v.5 montes Cielos Ms.3914
v.6 en a Ms.3914
v.7 copos de nieue espiritus de Ms.3914
v.8 almas de hielo en serafies Ms.3914
v.9 apressiadas estimadas Ms.3914
v.12 pero a ser coturno pajas de un pesebre Ms.3914
v.13 Clori ermoso Dios inmenso Ms. 3914
v.14 baxo a su campo gentil cubriendo su carmesí Ms.3914
v.15 que regonosca la reina de nuestro hermano sayal Ms.3914
v.16 recatos del fardellin naçe en figura infantil Ms.3914
155
Canzoniere ispano-sardo
LVII (f.130r-v)
COPLAS
De un pan de escollo pendiente
cítara corre un arroyo,
cuyas cuerdas en la roca
el sol [h]iló copo a copo.
5
10
15
A quien las doradas g[u]igas
traste(te)s son del mar sonoro,
instrumento que [h]a pulsado
el séphiro soplo a soplo.
Llorando canto mis males
y con mis gemidos roncos
tan sentida es la armonía
que desata escollo a escollo.
Este, pues, dulce instrumento,
quando canto y quando lloro
la ingratitud me repite
y me mata poco a poco.
f.130v
Cuartetas asonantadas, con assonanza o-o- nei versi pari.
Testimonianze: Ms.4103 BNM, ff.65-66, che lo presenta come testo unico, senza la suddivisione in strofe, come fosse un romance.
v.1 pan de pardo Ms.4103
v.3 roca rocas Ms.4103
v.6 mar más Ms.4103
v.10 y con mis gemidos roncos con mis gemidos dolorosos Ms.4103
LVIII (ff.130v-131v)
COPLAS
Enamorado y zeloso,
dos desdichas [h]arto grandes,
de vna ventana soberuia
a Laura [h]ablaua Don Pablo.
T ONINA PABA
156
5
10
15
20
“Laura que lauros y palmas
tu vencimiento y valor
se tributa de los pechos
a quien Cupido abrassó.
Escucha de amor las quexas
ablanda un poco el rigor:
que quien amante se quexa
bien se mereçe atención.
f.131r
Dime Laura, no te ofendas,
¿qué ley, justicia o raçón,
la luz de tus bellos (h)ojos
pudo negar a mi amor?
El cabrero en la montaña,
la roca, risco o peñón,
aunque inassibles substancias
logran la luz de tu sol.
Y a quien tan argos se obstenta
por contemplar tu primor,
se niega la claridad
del sol que a tantos se dio.
25
30
35
No más quexas por mi amor
que dicen suelen sejar
aquel solo segado
que niega la luz del sol.
f.131v
En medallas esculpido
el sol de tu cara está,
pero es un sol retratado
que ni luz tiene ni da.
A tu deidad se consagra
desta medalla el metal,
toma Laura, que el retrato
busca su original”.
Ancora cuartetas asonantadas, con assonanze varie. Nella prima e nella
settima strofa manca l’assonanza.
Testimonianze: SEGUNDA PARTE RG 1605, f.75.
v.26 Sejar per Cegar
v.27 Ms. Segaio
157
Canzoniere ispano-sardo
LIX (f.132r-v)
COPLAS
El [...] a un nobio
Dime Blas por qué te [h]uies,
Dime Blas por qué te vas.
Ay, que te sig[u]en los cuernos
y entre las cabras cabrás.
5
10
15
20
Quando veas en tu frente,
abiertas de par en par,
los alcornoches enzinas
que [h]ablo de veras verás.
Mira Blas, mira tu Gila,
a tu esposa mira ya:
que en la montaña y la selua
[h]arto poco onesta está.
Y tú, Gila, dizen que
tu amor con Juanillo va
y con palabras fingidas
dizen que tú [h]ablas a Blas.
f.132v
Ni le faltan tus requiebros,
pues en donaires rompió
y en concertados assentos
a tu dulce encanto cantó.
Perdonadme Blas, Gila
si con enfado conté,
y si lo que passa en metro
muy poco agra[da]ble [h]ablé.
Serie di cuartetas asonantadas in -a (le prime quattro) nei versi pari tronchi, arricchite dal ricorso, nel verso quarto, alla rima ad eco con spostamento dell’accento (da piana a tronca). Nella penultima e ultima strofa
l'assonanza cambia, rispettivamente, in o ed e.
Il tono burlesco veicola uno dei motivi ricorrenti della poesia satirica,
enunciato nel v.3: "los cuernos".
v.14 Ms. conduanillo
T ONINA PABA
158
LX (f.133r-v)
COPLAS
Gigante cristalino
que al cielo se oponía
el mar en blancas torres
de espumas fugitivas.
5
10
15
20
Era de tronco inútil
cuyas ramas solían
[h]aser dosel a un prado
que fue de un majo embidia.
Pescaua yo corales
y como se corrían,
de verlos en sus labios
más finos paresían.
De mi cabaña pobre
las paredes sospiran
en donde yo gosaua
mi dulce compañía.
f.133v
Baxa fortuna (y) corre
y en poco la vida estima
quien todo lo desprecia
su muerte solicita.
Romancillo, con assonanza i-a nei versi pari, privo di alcune strofe.
Testimonianze: Ms.4103 BNM, ff.245-46; MARAVILLAS DEL
PARNASO 1637, ff.57r-58v; f.66r-v. DURÁN lo attribuisce a Lope de
Vega (La barquilla, n°1784)
v.2 se oponia te oponias Ms.4103
v.3 el mar en del mar con Ms.4103, MARAVILLAS, el mar con DURAN
v.5 era de quando un MARAVILLAS, quando de un DURAN
v.8 majo rayo MARAVILLAS, DURAN
v.9 pescaua cogia Ms.4103, sacava MARAVILLAS, DURAN
v.10 corrian cojian Ms.4103
v.11 de verlos en sus al verse entre tus Ms.4103, al verse con tus MARAVILLAS, de
verse con tus DURAN
v.13 pobre humilde MARAVILLAS, DURAN
v.15 en donde adonde DURAN
v.16 mi tu MARAVILLAS, su DURAN
v.17 fortuna y corre fortuna corre Ms.4103
v.18 y en poco la vida poco la vida Ms.4103, DURAN
v.20 su muerte solicita y al campo se retira Ms.4103, y a todo se retira MARAVILLAS
159
Canzoniere ispano-sardo
LXI (ff.133v-134v)
A UN DIESTRO ARTILLERO A QUIEN
POR UN TIRO CONDENARON A [A]ÇOTES
Romançe
5
10
15
20
25
Va de prólogo al lector
en que le aduierto que aduierta
que es el sujeto muy [h]onrado
aunque esta ues mal [h]uela.
Digan si es cosa aun oída
que con un soplo no pueda
ponerse a cauallo bien presto
sin estribo desde tierra.
Algunos niegan que el tiro
asestó a que naide [h]iriera,
siendo que los que se [h]allaron
en la narís aún les queda.
A naide la uida aseguro,
viuan todos muy alerta
que al más amigo dispara
por un soplo si se altera.
Cogióle por las espaldas
la tempestad bien des[h]echa
de açotes pero ¿qué mucho
que después de un tr[u]eno llueua?
Ni me imaginen tan cruel,
pues que sola es digna pena
por disparar al más cauto
morir en [h]orca o galera.
Señores, ya por su [h]onor
naide a ofenderle se atreua,
pues podrá [h]aser un mal tiro
si se empeña a qualquiera.
f.134r
f.134v
Romance con assonanza e-a, già edito in ACUTIS.
Questo testo e il seguente potrebbero essere dello stesso autore, per affinità di stile e di costrutto. L’uso di naide per nadie, accomuna i due testi
al corpus iniziale del manoscritto.
v.23 Ms. cauta
T ONINA PABA
160
LXII (ff.134v-137v)
DÉCIMAS A UNA DAMA A QUIEN
MATÓ SU MARIDO CON UN PUÑAL
5
10
15
20
25
30
35
Va de prólogo al letor
en que le aduierto que aduierta
que ni [h]ablo mal de la muerta
ni menos del matador;
motivóme mi buen [h]umor
[h]ablar, entre bien y mal,
un rato con el puñal
que con fieresa atreuida
fue riguroso [h]omicida
de una beldad sin igual.
f.135r
“Puñal, di lo que [h]a passado,
que murió María escucho,
esso para dicho es mucho
y mucho para callado.
¿Fue a caso rigor del [h]ado
o de la Parca osadía,
la que la lus de María
apagó? Di puñal, dy
¿quién pudo eclipsar assí
los resplandores del día?
Relata, puñal, el hecho
en una breue resunta,
pues te franqueó la difunta
lo más secreto del pecho.
¿Murió María en su lecho?
¿Allá murió? mas ¿de qué?
Esso no sé, sólo sé
que algunos [h]an presumido
que su muerte el yerro [h]a(s)sido
y otros que el asero fue.
¿[H]aurá sido opilación
su mal? Fatible es que sea,
que achaques desta realea
achaques de dama son.
Y el seg[u]ir esta opinión
no es porque assí me lo quiero,
de los remedios lo infiero,
f.135v
Canzoniere ispano-sardo
40
45
50
55
60
65
70
75
161
pues es cosa aueriguada
que a toda dama opilada
suele aplicarse el azero.
¿Algún dolor de costado
le quitó acaso la uida,
o fue dolencia escondida
que ninguno [h]a penetrado?
¿Mal de madre le [h]a apretado
o algún mal de suegra [h]a sido?
No hay tal, ni en lo referido
hay achaque que me quadre:
no murió de mal [de] madre
sino de mal de marido.
f.136r
Di, puñal, la verdad pura,
si procedió esta dolencia
de la común influencia
que padece la hermosura.
No sé tal, mas si se apura
conosceráse sin duda
toda la verdad desnuda,
y es que el mal que la mató
no fue mal tanto sino
una enfermedad aguda.
¿Fiebre fue? Yo no sé tal,
ni lo niego ni lo digo
pues siendo el puñal testigo
no me lo ha dicho el puñal.
¿Y no sabremos el mal
de que padece María,
si es gota o apopexlía,
si es susto o dolor ve[he]mente?
No lo sé, sé solamente
que murió de una sangría.
Ya se acabó esta bellesa,
y por más que se acabó
no he de [h]ablar del caso yo
que no lo sé con certesa.
El puñal con su agudesa
diga en esto lo que siente,
y pues se halló tan presente
con raçón [h]ablar le toca,
que aunque carece de boca
f.136v
f.137r
T ONINA PABA
162
80
85
90
95
100
[h]abla agudisamente.
El puñal [h]abla, ¡atención!
Naide escuse el escuchar,
pues tiene un modo de [h]ablar
que penetra el coraçón.
A las damas va el sermón,
que pues no se [h]azen mejores
con los fructuosos sudores
del púlpito, podrá ser
que pueda un puñal [h]azer
más de mil predicadores.
Sabed que assí se marchita,
o[h] damas, toda beldad,
sabed que su enfermedad
no la cura la visita,
tened en el alma escrita
esta lición aunque agena,
en su cama sana y buena
sangran a ésta, naide duerma,
que a la que hallaren enferma
quisás picaran la vena.
f.137v
Serie di décimas espinelas. Schema rimico: abbaaccddc.
Entrambi i componimenti sembrano ispirarsi a fatti di cronaca e presentano forme linguistiche e lessicali già riscontrate nelle poesie collocate in
apertura del Canzis, con le quali hanno in comune anche le allusioni di
carattere dilogico. Le due ultime strofe veicolano la morale, in questo
caso rivolta alle donne e resa ancor più marcata dal tono monitorio e
didattico che lascia supporre un autore religioso.
v.9 Ms. rigurosa
v.15 Ms. de lado
v.18 Ms. de
v.19 Ms. exilisar
v.22 Ms. resumta
v.39 Ms. opolida
v.54 Ms. parece
163
Canzoniere ispano-sardo
LXIII (ff.137v-138v)
COPLAS
Paxarillo que vas por [las] seluas
y cantas alegre con dulce primor,
huie, buela, te ausenta y resulta
adonde tus siluos la selua escuchó.
5
10
15
20
Si te quexas porque te enamoro,
pues tus (h)oxos me dan la ocación,
quéxate de tus (h)oxos Anarda,
tus (h)oxos son flechas que el alma me hirió.
f.138r
Descuidado a la selua baxaua
quando entre las ramas vide un arrebol
que dorando las [h]ojas las flores
sol nueuo del prado mi voz le llamó.
Murmuraua un arroyo que perlas
bañaua en cristales quando se rompió
una vos que con dulçes encantos
al bello arroyuelo luego adormeció.
Quiso dar por bisarra a tus passos
por la selua y la rústica flor,
desmayada, a tus plantas se postra
pidiendo la abiue su roxa color.
f.138v
Girasoles conuierte las plantas
que miran alegres este nueuo sol,
que dexándose el prado y la selua
de negro capús luego los vistió.
Cuartetas polimetriche (decasillabi e dodecasillabi) con assonanza ossitona
in -o- nei versi pari tronchi. La stessa poesia viene trascritta nel f.149v
(LXIX) e nel f.156r (LXXIII).
v.1 por las seluas, LXIX, LXXIII
v.3 ausenta y suelta, LXIX, LXXIII
v.10 miré, LXIX, LXXIII
v.17 sus, LXIX
v.18 Ms. rística
T ONINA PABA
164
LXIV (ff.138v-141r)
ROMANCE
5
10
15
20
25
30
35
40
En la naue de San Pedro,
que por otro nombre llaman,
el galeón Santa Fe
famosa y real capitana.
En la cámara de popa
que es la religión christiana
va en busca del nuevo esposo
Doña Margarita de Austria.
Las Indias de la gloria
haze su felís jornada
que en el nombre de Dios tiene
todo su bien y esperanza.
Tal prissa le dio el Amor
de la Naue do se enbarca
que aun no se aguardó a calçar
y assí se enbarcó descalça.
No de tres emperadores
ser hija nieta y [h]ermana,
ni sobrina de Felipe,
señor de las dos Españas.
Hace que carg[u]e el nauío
de pompa soberuia y uana,
que este vagaje del mundo
pessa mucho y mal se passa.
Ni por adquirir riquesas
de las nuestra[s] haçe carga,
que más en lo que se dexan
que en lo que lleuan se gana.
Antes, como ya nauega
por mar de tantas borrascas,
vi[s]to que son obras muertas
con tiempo las (h)echa al agua.
Que aunque a las cosas de acá
las llaman todas liuianas
como son hechas de tierra
es fuerça que sean pesadas.
Embarcóse a la ligera,
porque no la estorue nada,
que en la naue de la Igleçia
lo demaciado enbaraça.
Es Dios Patrón desta naue,
f.139r
f.139v
f.140r
Canzoniere ispano-sardo
45
50
55
60
65
70
75
80
y va tan bien artillada
que en vez de tiros, la puso
los açotes y la lança.
Con los clauos de la Cruz
por más firmesa la c[l]aua
y con su sangre la brea
porque no pueda haçer agua.
En el [h]orno del amor,
donde jamás fuego falta,
del grano de trigo Christo
cozió el viscocho que enbarca.
La carta del marear
es nuestra ley sacrosanta,
que descubre los bagíos
los grados y las distancias.
De velas sirue la Fe,
de áncoras la Esperança,
de farol la Caridad,
la Cruz de mastil y gauia.
La [h]Umildad y Pacencia,
la Obediencia y la Templança
van por [l]astre del nauío
que es la más segura carga.
Es lastre y es mercancía,
y aunque se compre barata
en las Indias de la gloria
vale un ojo de la cara.
El ayre es blando y sutil,
que para que mejor vaya
sopla el Espíritu Santo,
ved si promete bonança.
En tal naue y con tal viento,
vos, Sereníssima Infanta
llegaréis a Puerto Rico
sin [h]auer tormenta o calma.
Que, aunque es muy largo el viaje
y la mar inquieta y braua,
en la naue de San Pedro
quien no quiera no se salua.
165
f.140v
f.141r
Romance di Alonso de Ledesma, (Conceptos espirituales, 1605), già edito
in ACUTIS.
v.24 Ms.passa
v.54 Ms. socro santa
v.66 Ms. so
T ONINA PABA
166
LXV (ff.141v-142r)
A LA VIRGEN DE LOS MÁRTIRES
Romance
5
10
15
20
El sufrimiento es preciso,
si desta Señora hoy trato,
pues es Señora que a todos
nos tiene martirizados.
Cierto que es cosa que pasma
haya deuoto encontrado
la que sólo a fuego y sangre
admite gente a su amparo.
Su condición es estraña,
pues dizen tiene ordenado
que solas roxas libreas
vista su gente en el año.
Viste sagrados ropages,
a rubias perlas sembrados,
que a los sanguíneos
de mártir tanto engastaron.
De piedad, hoy, el blazón
darle sin duda reparo,
pues que de gente sangrienta
haçe en verdad hoy más caso.
Hoy los de su valía
son los más descabesados,
y aquellos más ella aprecia
que son los más desgarrados.
f.142r
Romance, con assonanza a- o, già edito in ACUTIS; dallo stile si potrebbe
considerare opera dello stesso autore a cui appartengono i testi del corpus
che apre il canzoniere.
LXVI (f.142v)
VILLANCICO
Como buen soldado viejo
diuino Bartolomé(o),
peleastes por la fe
[h]asta dexar el pellejo.
167
Canzoniere ispano-sardo
5
10
15
20
No os amedranta ni espanta
ser el enemigo fuerte,
ni el uer al ojo la Muerte
ni el cuchillo a la garganta.
Que como soldado viejo,
veiendo el premio cual se ve
peleastes por la fe
hasta dexar el pellejo.
El cielo [h]auéis escalado
a pura fuerça y valor,
que en el peligro major
se conoçe el buen soldado.
Y como en el Real Consejo
todo se sabe y se ve
peleastes por la fe,
hasta dexar el pellejo.
Villancico di Alonso de Ledesma, (Conceptos espirituales, Lisboa 1605).
v.2 Bartolomeo: italianismo.
LXVII (ff.143r-144r)
5
10
15
Después que la negra muerte,
triste y oscuro nublado,
cubrió del sol de justicia
sus hermosíssimos rayos.
Después de aquel torbellino,
estando el cielo cerrado,
descargando el agua y piedra
sobre la lana del manso.
Después del último trueno,
tal que puso al mundo espanto,
pues hisieron sentimiento
los insensibles peñascos.
En las empinadas torres
y edificios leuantados,
de major grandeza y pompa
cajó un fortíssimo rajo.
Sois rajo, diuino Amor,
f.143v
T ONINA PABA
168
20
25
30
35
40
pues con vuestro fuego santo
abraçáis los coraçones
dexando los cuerpos sanos.
Sois [h]orno donde se cuezen
unos quebradizos barros,
haziendo dellos ladrillos
para torreones altos.
Y adonde las culebrinas
y los tiros reforçados,
vazía el artífice diestro
para dar un nueuo assalto.
Sois fragua do (se) forja espadas
de dulces filos, y amargos
para el enemigo cuello
del poderoso contrario.
Petos fuertes y sensillos
con tal destreza templados
que no fueran petos fuertes
si fueran petos doblados.
Sois la[s] lenguas con que oran,
en este [h]umano teatro,
en defença de la fe
los retór[i]cos más sabios.
Sois la paloma que muestra,
con su pacífico ramo,
que después de tal diluuio,
[hay ya para el cielo paso].
[...]
después que Dios subió al cielo
está en el lugar más alto.
f.144r
A la venida del Espíritu Santo, romance di Alonso de Ledesma, (Conceptos
espirituales, Lisboa, 1605). Il testo non è completo, mancano infatti i vv.4465. Gli ultimi due versi trascritti dal copista sono quelli conclusivi del
romance. La composizione è sfuggita a C. Acutis, in quanto inglobata,
senza soluzione di continuità, nel testo che lo precede. L’integrazione
(v.44) è stata apportata sulla base dell’edizione di D’ORS.
v.8 Ms. mayo
169
Canzoniere ispano-sardo
LXVIII (ff.144v-146r)
ROMANCE
5
10
15
20
25
30
35
40
Aquel peregrino Rey
que a nuestra Señora uino,
a sólo cumplir el uoto
que ante su Santidad hizo,
después de hauer uisitado,
con grandíssimo peligro,
las deuotas estaçiones
que por más devoción quiso,
hoy buelue a su Reyno y Corte
en trage de peregrino,
que de la romería
se queda con el vestido.
Cinco ueneras que lleva
pueden seruir de testigos
de los passos en que [ha] andado
y si cumplió con su oficio.
No están blancas sino roxas,
señal de que en el camino
[h]a uertido sangre Real
pues las tiñó todas cinco.
El bordón se dexa acá
para que sirua de aliuio,
en tan larga romería,
al passagero mendigo.
Por aquesta Crus de Dios
que es bordón y estoque fino,
bordón para caminar,
[y] arma contra el enemigo.
Es espada de dos manos
y tales las [h]a tenido,
que en un monte con él solo
un vandolero [h]a rendido.
Cortó su infame cabeça
y quitóle mil cautiuos,
que en una masmorra obscura
tuuo gran tiempo metidos.
Eran grandes de su Corte
que, muertos y no uencidos,
pelearon por su Rey
con noble corage y brio.
Con este acompañamiento,
f.145r
f.145v
T ONINA PABA
170
45
50
bien a su grandeza diño,
entra en la Corte triunfando
lleno de despojos ricos.
Como a su rey natural,
desde el mayor al más chico,
le salen a recebir
con fiesta[s] y rigosigos.
El Cielo y tierra se alegra
y el Padre abraça [a] su Hijo
dándole cetro y corona
y sentándole consigo.
f.146r
A la Ascensión de Christo Nuestro Señor, romance di Alonso de Ledesma,
(Conceptos espirituales, Lisboa, 1605), già edito in ACUTIS.
v.51 Ms. donde el
LXIX (ff.149v-150r)
Vedi LXIII
LXX (f.150v)
5
10
Respira ira mi pecho
y en pechos se tributa,
de lágrimas des[h]echo
todo se uierte en rabia
por uer Fuente[r]rabia
teatro de amores hecho.
Una llama ama que brilla
mi coraçón y no ue(e)
que le quema la llama a(f)fé.
Brama por amar continuo,
rabia porque amores ue(e)
y al fin llora un no sé qué.
Conque brama y ama [a] mí
y bramar y amar es una
171
Canzoniere ispano-sardo
15
la causa de mi duelo.
Gemidos, idos de aquí,
suspiros, iros conuiene
que uiene mi amor florido.
Tre sestine di settenari, di cui solo la prima ha uno schema rimico preciso: abacca. Composizione particolarmente ricca di rime interne e a eco.
LXXI (ff.151r-152v)
ROMANCE PARA EL DUQUE DE
SAN GERMÁN QUE VINO A CERDEÑA
POR LA PASQUA DE NAUEDAD, Y JURÓ
PRIMER DÍA DE AÑO.
5
10
15
20
25
Se principia tu gouierno
ultimado el año infausto,
hoy enbuelto en buenos fines
tendrá su principio el año.
Tu uenida y la [de] Christo
con razón se combinaron,
y siendo uno y otro numen
uenís entrambos humanos.
Dizen que apa(us)sible Christo
está en el orbe jugando,
y es uerdad, pues [h]echo hombre
lindamente [h]abrá triunfado.
Imitador tú [de] Christo,
deponiendo lo soldado
sin que jueg[u]es la espadilla
uienes al hombre ganando.
Si la gala está en uencer
con los triunfos ordinarios,
esclúiga los matadores
tu gouierno en todo caso.
Elije el triumfo luzido,
que no es el Reyno tan uasto
que el oro de su nobleza
pida que reynen los palos.
Espero uer tu gouierno
con tal arte barajado,
f.151v
f.152r
T ONINA PABA
172
30
35
40
45
50
que respondiendo a tu gusto
ninguno se [h]alle con fallo.
No piençe contigo naide
que, después de [h]auer robado,
para excluirse de juego
han de ualerle los passos.
No harán uasa las mal(l)illas
contigo, siendo tan sabio,
y para mostrar lo discreto
excluie tanbién los ganzos.
Para este juego, ta[h]úres,
en cada consejo hay quatro,
mas si contigo es sinquillo
el hombre será ayudado.
Desde el principio del juego
no dudes salir triumfando,
pues los triumfos asseguran
sólo tener tú la mano.
Lo liberal de tu nombre
quien no lo atiende zifrado,
pues aun quando lo comprimen
a todos les enseña franco.
Tu mismo nombre, en efecto,
está al Reyno assegurando
si como Duque grandeças
como san Germán milagros.
f.152v
Romance, assonanza in a-o già edito in ACUTIS. Appartiene allo stesso
corpus di componimenti ispirati a eventi e personaggi della società sarda
della seconda metà del XVII secolo, opera forse di uno stesso autore. La
rubrica fa riferimento al duca di San Germano Francesco di Tutavilla,
già generale d’esercito e vicerè di Navarra, che venne inviato come vicerè
in Sardegna nel 1669 dopo la morte del Marchese di Camarassa, assassinato un anno prima per mano di ignoti. “Duro e intransigente fino alla
ferocia” (LODDO CANEPA), per il suo operato, e soprattutto per come
condusse l’inchiesta su quel fatto criminoso e per i suoi esiti, lasciò fama
di uomo crudele (ALEO, SCANO, BULFERETTI, MATEU IBARS). Le
cronache manoscritte coeve agli avvenimenti e i documenti dell’Archivio di Stato di Cagliari discordano rispetto a questo romance sulla data
del giuramento come vicerè. Secondo l’ALEO e gli altri storici, il duca
di San Germán giurò il giorno dopo esser giunto in Sardegna, il 26 dicembre, e non “primer dia de año” come recita il nostro testo.
173
Canzoniere ispano-sardo
José Delitala y Castelví gli dedica un componimento nel suo Cima del
Monte Parnaso Español (1672).
Il romance è costruito sulle allusioni al gioco con le carte denominato
juego del hombre, “juego de reflexión, con reglas harto complicadas”
(ETIENVRE), passatempo a cui erano dediti in particolar modo esponenti del clero e dell’aristocrazia. Esiste una discreta testimonianza (in
versi e in prosa) della passione nel Siglo de Oro per il linguaggio cifrato
dei giocatori di carte, vero e proprio topos letterario (ETIENVRE).
v.1 Ms. si
v.15 espadilla: “as de espadas en la baraja de naipes” (AUTS)
v.16 hombre: “el que en ciertos juegos de naipes dice que entra y juega contra
los demás” (D.R.A.E)
v.18 triumpho: “en el juego de naipes se llama la carta de palo, que ha salido,
o se ha elegido, para jugar dél, la qual es privilegiada, y vence a qualquiera
de los otros palos” (AUTS)
v.19 matadores: “en el juego de baraja del hombre, cualquiera de las cartas
del estuche” (D.R.A.E.)
vv.22-23, basto, oro, con espadas e copas costituiscono i palos, cioè i semi
delle carte
v.28 fallar “en el juego del hombre es tomar con triunfo el rey o carta de otro
palo que uno salió jugando” (AUTS)
v.32 passos: allude all’espressione “paso” con cui il giocatore rinuncia al suo
turno di gioco per opportunità o perchè non favorito dalle carte
33 malilla: “término del juego del hombre. La segunda carta del estuche, superior
a todas, menos a la espadilla” (AUTS)
v.33 uasa (Acutis legge nada) per baza: “la junta de dos, tres o mas cartas qua
uno ha cogido y ganado en el juego de los naipes con la suya [...]” (AUTS)
v.37 ta[h]úres: giocatori
v.48 si riferisce a Franc.o, forma abbreviata di Francisco
LXXII (ff.153r-156r)
BUENAS PASQUAS AL NIÑO JESÚS
Aunque [h]aya de negar nombre
de perdido y de [...]
quiero uer si en este lançe
podré hazer primera o flux.
5
Mas cierto que no me mueue
solamente el Dinguindux,
que a mí no me hazen cosquillas
los dixes ni el aluxú.
T ONINA PABA
174
10
15
20
Ni aunque en premios prometieron
quantos en sus [h]ombros el Gur
trassiega con ricas flotas
a san Lucas del Pirú.
Ni quando algún tiempo en Lebia
apremió el rico baul
de Cresso, ni lo que se merca
el mercadante en Ormuz.
f.153v
Recabaron de mi musa
que al cojer almoradux
fuera al Pindo y que allí hiziera
al señor Apolo el buf.
Que ya con mi diestra mano
tengo hecha una larga crus,
por [h]auerme tantas ueçes
dado en certamen capús.
25
30
35
40
Ya tengo razón bastante
de estar enojado aún,
por pençar que no entendieron
de mi canto llano el ut.
Con todo, porque no digan,
mi amado niño Jesús,
si no os doy la buen uenida
que soy de Calatayud.
Y que mi ta(r)taragüelo
fue antenado de Abiud
y guardamos sus nietos
las leyes de Salamud.
Digo que Felices Pasquas
tengáis, que ya en su laúd
gloriosamente os lo canta
el más gallardo Cherub.
Y de Vos a boca llena
pas, año bueno y quietud
promete el Cielo y lo entona
y en cítara ya en Adús.
45
f.154r
Pas porque nació el caudillo
que con la espada de luz
f.154v
Canzoniere ispano-sardo
175
ha de segar la cauessa
al pérfido Bersebú.
50
55
60
Año bueno, pues, a todos
daréis colmado el alm(a)ut
del trigo que nuestros Padres
llamaron mana manaú.
Y no será necesario
(de) hoy con tal pan que algún
ángel trayga de un cabello
por los ayres al bachur.
Ni que de pobres espigas
haga su regoso Ruth,
o se compren mayorasgos
por lentejas a Esaú.
f.155r
Pues, aunque todos tengamos
estómago de avestrús,
bastará a matar el hambre
tal es su fuerça y virtud.
65
70
75
80
Mas que dicen de otras graçias
que por uos, como arc(h)adús,
ha querido que nos vengan
uuestro celestial Jesú.
Pues tras toda esta abundancia
[h]aurá tan grande salud
que se [h]aurá de estar ocioso
de la muerte el ataúd.
Y aunque tuuiesse más flechas
su carcax y arcabús,
más balas que tiene un fuerte
todos le harán figa y bus.
Por esto uendrán a ueros
de la Arabia y Malipur,
tres Reyes para ofreceros
las parias de mancomún.
Para recebir en torno
de tesoros un Pirú,
f.155v
T ONINA PABA
176
de ricos dones un Nilo
y de gracias un Asud.
85
90
Mas yo que ofrecer no puedo
como soberano Asur
y de mi caudal no alcanço
aun para quatro de Atur
bastárame [h]aueros dado,
en señal de gratitud,
Buenas Pasquas aunque diga[n]
“habló el buey y dixo mu(r).
f.156r
Cuartetas asonantadas con assonanza ú nei versi pari, fitte di riferimenti a
personaggi e luoghi del mondo biblico, quasi sicuramente opera dello
stesso autore del romance precedente.
v.4 hacer flux:”en ciertos juegos, la circunstancia de ser de un mismo palo todas
las cartas de un jugador” (COROMINAS)
v.18 Ms. el moradux, “hierba que por otro nombre se llama mayorana” (AUTS)
v.20 buf: “modo de interjección, que significa enfado u disgusto de alguna
cosa, imitando al sonido que hacen algunos animales quando se enojan” (AUTS)
v.62 Ms. yvestrus
v.76 hacer figa: “se llama la acción que se hace con la mano cerrado el puño,
mostrando el dedo pulgar por entre el dedo índice y el de enmedio, con la
qual se señalaba a las personas infames y torpes o se hacía burla y desprecio
de ellas. También se usa contra el aojo quando se alababa o se miraba con
atención alguna cosa” (AUTS); buz:”el beso de reverencia y reconocimiento
que da uno a otro”(AUTS)
v.80 parias:”tributo que paga un principe a otro en reconocimiento de
superioridad” (AUTS)
v.92 Ms. buus; il verso riproduce un proverbio “que se dixo por el hombre que
siendo ignorante calla continuamente; y si le acontece hablar alguna vez, dice
alguna necedad u disparate” (AUTS)
LXXIII (ff.156r-157r)
Vedi LXIII
Canzoniere ispano-sardo
177
LXXIV (ff.157r-158v)
A UNA CABEÇA O SELUA DE PEOJOS
5
10
15
20
25
30
35
40
En unos bosques frondosos,
tan espessos de [h]ojarasca,
que sólo[s] para cassar
los dedos tienen entrada;
y si del fértil ganado
talués crecen la manada
ad sumum, por su arboleda,
el perro los dientes passa.
Son estas fieras de letras,
son Argos en su mirada,
pues que todos, y aun ojos,
a boca llena los llaman.
Ansí talués se lastiman
dellos las matas preñadas,
que en sólo tocando a vna
a mil a mil della saltan.
No tanto niño mató
del fiero Herodes la rabia,
quantos deste bosque caen
en una sola matança.
Ni tanto del firmamento
tachonan astros la falda
ni el ponto en sus brauesas
estupetan muchas hauas.
Deste animal tan saluaje
la mançedumbre es bien rara,
pues su candor bien diestro
con las manos los agarra.
Dizen que su cassador
no se cura desta cassa,
mas yo sé que es lo que a él más
por la cabessa le passa.
La estima que [h]a desta fiera
su cassador, más espanta,
pues que sobre su cabeça
tiene siempre esta cassa.
En los dedos hallan quiebra
tus memorias, con raçón,
que en paz no saben biuir
afuera del coraçón.
f.157v
f.158r
f.158v
T ONINA PABA
178
Romance con assonanza e-a, già edito in ACUTIS.
v.7 Ms. alboleda
v.22 Ms. tochonan
LXXV (f.158v)
Tu madre te casó
y tu obedeçer quisiste,
que mueras o biuas triste
¿qué culpa le tengo yo?
5
Coraçón, pues tú no quisiste
amar a quien te perdió,
que mueras o biuas triste
¿qué culpa te tengo yo?
Due quartine di taglio popolare; schema rimico abba baba.
LXXVI (ff.159r-160r)
Madre, la mi madre,
guardas me ponéis:
que si yo no me guardo
mal me guardaréis.
5
10
15
Dizen que está escrito,
y con gran raçón,
ser la privación
causa de apetito;
crece en infinito
el ençerrado amor,
por esso es mejor
que no me encerréis:
que si yo no me guardo
mal me guardaréis.
Si la uoluntad
por sí no se guarda,
Canzoniere ispano-sardo
20
25
30
35
40
no la harán guarda
miedo ni calidad.
Romperá en verdad
por la misma muerte,
hasta hallar la suerte
que uos entendéis:
que si yo no me guardo
mal me guardaréis.
179
f.159v
Quien tiene costumbre
de ser amorosa,
como mariposa
irá tras su lumbre;
y aunque muchedumbre
de guardas le pongan,
por más que propongan
de hazer lo que hazéis,
que si yo no me guardo
mal me guardaréis.
Es de tal manera
la fuerça amorosa
que a la más hermosa
la buelue en quimera,
el pecho de cera,
de fuego la gana,
las manos de lana,
de fieltro los pies:
que si yo no me guardo
mal me guardaréis.
f.160r
Coplillas o cantar. Testimonianze: la prima strofa figura nel
ROMANCERO MUSICAL di Torino, ff.23v-24r. Le cita Miguel de
Cervantes ne El Celoso extremeño (1613) e nell’ultimo atto de La
Entretenida. Un confronto tra le numerose versioni esistenti lo offre
CANAVAGGIO.
T ONINA PABA
180
LXXVII (ff.160r-161v)
A UNA DAMA MELINDROSA
5
10
15
20
25
30
35
No quiero, no quiero nada,
sólo quiero mantequillas,
párdulas, sí quesadillas,
y por postre una granada,
no quiero no quiero nada
Ni la cáscara de las nueçes,
ni de las (h)uvas el gajo,
ni de la quajada el agua,
ni de los vinos las hezes,
menos gusto de entremeses
ni de comedia fingida,
quisiera sólo en comida
lo que cubre una empanada,
no quiero no quiero nada.
f.160v
No quiero de amor lo[s] zelos,
ni lo que los amadores
padeçen con sus amores
y encendidos monjibelos,
quiero sólo lacayuelos
que con pollos y capones,
ricos tordos y gamones,
me frequentan la posada,
no quiero no quiero nada.
Del pollo la pechug[u]illa,
de las aues la perdís,
de los confites anís,
de la uaca la ternerilla;
quiero quiero almondiguilla,
gallinas, pauos, halcones,
del carnero los riñones,
quiero al fin capirotada,
no quiero no quiero nada.
Pan y queço y rabanillo,
con empanadas flamencas,
de los cardos quiero pencas,
y del Dios Baco el uinillo;
f.161r
Canzoniere ispano-sardo
40
45
50
55
181
mas no quiero el tabardillo,
ni calenturas tercianas,
quiero sí por las mañanas
confites y naranjada,
y no quiero no quiero nada.
Comiera por la mañana,
sin que falte el apetito,
los sesitos del cabrito;
por almuerço a la mañana
una perilla u mansana,
tres palmos de longanisa,
un pollo comido aprissa
sin que tenga camarada,
no quiero no quiero nada.
f.161v
Quisiera en una comida
quanto comestible encierra
selba, cielo, mar y t[i]erra
dispuesto en olla podrida,
y después de digerida,
boluiéndose a renouar,
lo daré a mi paladar
como cosa consagrada,
y no quiero no quiero nada.
Strofe di otto versi di ottonari, l’ultimo ripreso dall’estribillo; schema
rimico: abbaaccd + d. Il tono giocoso, quasi un divertissement, rimanda
per stile e arguzia di linguaggio al corpus testuale del probabile autore
sardo. Una chiara spia della sua composizione in Sardegna è il termine
párdulas (v.3), che rimanda a un dolce di formaggio tipico della Sardegna.
v.18 riferimento al vulcano Mongibello
v.21 forse per jamones
v.28 Ms. almondongilla, per almondeguilla “voces corrompidas de albondiguilla,
guisado compuesto de carne picada, huevos y especias con que se sazona”
(AUTS)
v.47 Ms. langonisa
T ONINA PABA
182
LXXVIII (ff.162r-163r)
QUEXAS DE UN DESVALIDO
5
10
15
20
25
30
35
40
Desmenusado un arroyo,
entre g[u]ijas de marfil,
quexándose de su suerte
en alta uos dixo ansí:
“De la cumbre de más garbo
tube el principio feliz,
mas quien tiene malos medios
desgarbado tiene el fin.
En mis niñezes y cunas,
hechiso del risco fuy,
que hechisan fuentes de plata
al risco más infelís.
Texióme la [h]ermosa Clori,
con flor de rosa y jasmín,
las faxas y mantillinas
y ricas telas de abril.
Adormecían mi llanto
con su ayroso gardín
las cítharas de las aues
en consonancia(s) sutil.
Al uerme sierpe de plata,
enamorada y gentil,
armóme lazos de flores
la campaña más feliz.
Mas mi fortuna de uidr[i]o,
con ser cristal mi luzir,
me dio luego a conocer
estar mi suerte en un triz.
Porque pelado el agosto,
más sediento que aguazil,
me chupó viuo las uenas
en lo mejor del viuir.
Y uengo a ser despreciado
el que ayer marauilla fuy
de la campaña y la selba,
del prado, risco y jardín.
Desmayándose el arroyo
hizo fin y punto aquí,
y bostezando la tierra
se le acabó de engullir.
f.162v
f.163r
183
Canzoniere ispano-sardo
Romance, con assonanza ossitona in í, già edito in ACUTIS.
Il v.34 evoca il v.3 (que ayer maravilla fui) della letrilla V di Luis de
Góngora, Aprended flores de mí, glossata nel manoscritto, ff.50-51 (v.
XXXVIII).
LXXIX (f.163v)
5
10
Si para uer mis males
me dio los ojos la naturaleza,
siruirán de cristales
porque se uean con mayor uiuesa
las lágrimas que vierten en raudales.
Si con llorar alibio
siente mi pena por llorar
será el llorar más tibio,
más flojo mi quebranto
porque cresca mi lloro con el llanto.
Finis.
Strofa polimetrica di dieci versi, composta di settenari, ottonari, novenari
e endecasillabi. Schema rimico: ababacdcee.
LXXX (f.164r)
5
10
15
Los sercados de Betulia
cantan al salir del sol,
y en las tiendas de [H]olofernes
llora el confuzo esquadrón,
y la casta y uiuda Judid,
con ánimo de varón,
puesta encima el alto muro
assí dixo en alta vos:
“Llorat cobardes,
llorat a vuestro señor,
que este feminio braço
os le mató”.
Y ellos llorando
ar[r]astran las banderas,
alçan el campo
y marchan las [h]ileras.
T ONINA PABA
184
Composizione formata da un romance e due seguidillas (pentasillabi e
settenari), caratterizzata fino al v.12 dall’assonanza in ó nei versi pari.
Nell’ultima seguidilla i versi dispari sono assonanzati, mentre i pari hanno rima. Il testo viene ripetuto nel f.231, CIV, con poche varianti e seguendo una distribuzione in cuartetas. Rientra nel ciclo romanceril di
tema biblico e riferisce l’epilogo dell’assedio di Oloferne alla città di
Betulia, grazie all’audace azione di Giuditta che penetrata nel campo
nemico decapita Oloferne nel sonno.
v.1 Ms. Butulia; CIV
v.5 ipermetro; judia, CIV
vv.9-10 llorad CIV
LXXXI (ff.164v-165v)
COPLAS AL SANTÍSSIMO SACRAMENTO
Aquí que nayde nos oye,
sino todo el mundo y Dios,
murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
5
10
15
20
Ya saben que el Pueblo Hebreo
por el maná murmuró,
figura del sacramento
aunque no tubo razón.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
Desían que empalagina
y era manjar sin sabor,
mas eran unos judíos
vayan con la maldición.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
Pero que hoy guste de darnos,
y diga que es gran sabor,
pan que de quantos le comen
nayde substancia le halló.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
f.165r
Canzoniere ispano-sardo
25
30
35
40
45
50
185
Diz que quien le come biue,
mas yo digo y con razón
que a muchos que le comieron
después se los lleuó Dios.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
Que tal deue ser el pan
a que Dios nos combidó,
pues aún antes de comido
da dolor de coraçón.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
A nuestra salud nos brinda
de un soberano licor,
que no es vino y lo pareçe
y hemos de hazer la raçón.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
f.165v
Ello es berdad que del cielo
dizen que este pan baxó,
pero de que allá le coman
mucho lo dudo Señor.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
Si los Angeles dezían
mirarle con atención,
miren muy en [h]ora buena
pero probarle, esso no.
Murmuremos un poquito,
uaya de murmuración.
Serie di cuartetas asonantadas nei versi pari, tronchi, con vuelta di due
versi (quelli finali dell’estribillo), sulla discesa della manna. Il tono ironico-giocoso rimanda al corpus del presunto autore sardo, come pure alcuni stilemi e l’impiego di nayde per nadie.
T ONINA PABA
186
LXXXII (f.166r-166v)
EXEQUIAS DE UN DESESPERADO
5
10
15
20
Del sepulcro de mis penas,
en donde muerto me tiene
una perdida esperança,
quiero entonar las exequias.
Mas no sé por do’ comiençe
si el comienço bien no uiene,
a un muerto desesperado
que ni en su muerte halla el requie.
Y si dexando a una parte
el reposo, tomar quiero
lo que sig[u]e, siendo eternam
no puede ser sino pena.
Si de un desesperado
uiene a ser la pena eterna
la priuación de su lux
que será sino perpetua?
Si miran iniquitates
antíphona de mi pena
me sacará la justicia
del profundis de mi muerte.
Mas como éstas se obseruan
por hauer quien las sobstenga,
me dexan a[d] portas infery
de donde la pas se ausenta.
f.166v
Cuartetas asonantadas nei versi pari, con assonanza e-a.
v.12 Ms.pueda
LXXXIII (ff.166v-167v)
A UN PEOJOSO
Por no estar a toma y daca,
por no deçir daca y toma
entiendan que soy perçona
a quien sirue gente blanca.
f.167r
187
Canzoniere ispano-sardo
5
10
15
20
25
Los que quizieren sauer
las astucias de mi gente,
quien no lo cree lo experimente
que le sabrán bien comer.
La gente de mi milicia
es gente justificada,
pues donde le dan entrada
pareçe que entra justicia.
Son doctos en el argüir,
yo muy bien lo [he] experimentado,
si al hombre más graduado
te le harán bien rebullir.
Tal respeto me [h]a cobrado
del lugar toda la gente,
que con uerme solamente
todos huyen de mi lado.
Y si algún atreuido
se me quisiera açercar,
él tendrá bien que rascar
y reiremos al sonido.
Es corriente la opinión,
y no muy mal fundados,
que qualquier de mis soldados
come más que un sabañón.
f.167v
Redondillas, schema rimico: abba, con rima imperfetta nella prima strofa. Un caso di ipermetria al v.14 e di ipometria al v.21.
LXXXIV (ff.168r-172v)
ROMANCE
5
Grande Emperador de [E]spaña
en cuyo[s] [h]ombros la Igleçia,
como segundo pilar,
sus edificios sustenta;
uencedor famoso en Tuñes,
de las árabes banderas,
y de Zelís solimán
temido, junto a Binea;
si queréis saber mis males,
T ONINA PABA
188
10
15
20
25
30
35
40
45
50
que bienes diuinos truecan,
la Virgen de Guadalupe,
que el cielo llama su Reyna,
preste a mis breues discursos
las imperiales orejas
que bienes tiene mi [h]istoria,
pues procuráis de saberla.
Yo naçí de padres nobles
en las islas de Serdeña,
casé en llegando a tre[i]nta años,
que de industria lleg[u]é a tre[i]nta.
Deste primer matrimonio
dexó mi esposa dos prendas,
entonces entrambas dulces
mas después no fueron buenas;
un hijo hermoso fue el uno,
la otra una hija bella;
del parto murió la madre,
fue la querida Isabela,
y quando su hermano ingrato
de dies y seis años era
salió temerario al Cielo
y aborrecible a la tierra,
y a sus deudos afrentoso
y escándalo de Serdeña.
No inuentó uicio el infierno
que no supo en su experiencia,
el mucho amor en los hijos
es causa que los enferma.
Pues, preguntándole un día,
fue tanta su in(s)obediencia
que en estas canas humildes
puso sus manos soberuias.
De mi casa entonces huió
y con una bandolera quadrilla
de monte en monte andaua,
alborotaua la tierra.
Determinóse una noche
de entrar por mis anchas quintas
con dos o tres de los suios
y otras tantas escopetas,
y a mi pequeña infanta
tiranamente me lleuan,
que de los braços de una ama
a boçes llora su afrenta.
f.168v
f.169r
f.169v
Canzoniere ispano-sardo
55
60
65
70
75
80
85
90
95
Dio con ella en un nauío
dándole uiento a las uelas,
y a un cosario berberisco
por cinco marcos la feria
vendióla al fin; supe el caso,
y como animosa sierua
que (h)echa menos a su hijuelo
animéme y fuy tras (h)ella
muchas provincias del mundo,
nunca de mí descubierta.
Pelegriné nueue años
[h]asta que di en las riberas
de Argel, donde me prendieron
dos cosarias carauelas.
Entré en la ciudat a tiempo
que se hacían grandes fiestas
por [h]onras de un renegado,
que [h]onran mucho al que reniega.
Entré en la plaza enemiga
donde uide entrar por ella
dos o tres quadrillas moras
caualgados en las ieguas
que al ruido de los cauallos
[...]
bolaua por ir a uerlos
con las narizes abiertas.
Mirélo con sobresalto
porque a su mano derecha
me pareció uer un hombre
que toda el alma me lleua:
barba rubia y el pelo riso,
y adereçado de telas
azul al uso africano,
lleno de laurel y perlas
y el mozo que me lleuaua
me dixo desta manera:
“[H]onra el rey a un renegado
que aquí uino de Serdeña”.
Apenas me dixo el moro
estas palabras postreras,
quando conocí a mi hijo
que he hallado en tan alta ausencia.
Consideré en la ocación
y faltándome las fuerças
cay al suelo desmajado,
189
f.170r
f.170v
f.171r
T ONINA PABA
190
100
105
110
115
120
125
130
que puede mucho una pena;
y boluiendo del desmayo
entré en una sala cubierta
de ricos doseles de oro,
do’ me hallé rico de afrentas.
Quando mi enemigo hijo,
que ufano estaua a la mesa,
alçó los ojos, miróme
a la luz de mucha sera
que aunque en [h]ábito de cautiuo,
si el [h]ábito diferencia,
conoció a su padre triste.
¡Pluguiera Dios no me uiera!
Hízome llamar, mandóme
que le siruiera a la mesa
y con un zelo christiano
le quité de la cabeça
aquella infame corona,
tirana contra la Iglecia.
Condenáronme a quemar
y, estando ardiendo la [h]og[u]era,
por mí sin fruto rogaua
una morisca donzella
que era hermana del alcajde,
tan hermosa como bella,
que por llamarme su padre
la amé como si lo fuera;
y encomendé a la Virgen
de Guadalupe y llaméla,
rompió la cárçel, libróme
y me traxo a su presencia.
Esta es, gran Carlos de [E]spaña,
la lastimosa tragedia
que mis funerales triunfos
su fortuna representan.
f.171v
f.172r
f.172v
Romance, con assonanza e-a, già pubblicato in ACUTIS. Notevole la
introductio fino al v.16, nella quale viene evocata la figura del narratario.
E’ un esempio di romance di genere misto, essendo sia di carattere storico che personale-narrativo e sviluppa entrambi i temi del bandolero e del
cautiverio, sui quali esiste un’abbondante produzione romanceril
(MENÉNDEZ PIDAL). Trova i motivi ispiratori in personaggi e avvenimenti legati alla Sardegna, con riferimenti a fatti storici del XVI secolo.
Testimonia uno dei problemi delle popolazioni costiere sarde in epoca
191
Canzoniere ispano-sardo
spagnola, le incursioni barbaresche e il triste destino dei prigionieri. La
descrizione fisica del rinnegato (v.85) rimanda al leggendario Barbarossa,
ma si hanno notizie di rinnegati di origine sarda come l’Hascen-Aga
“fatto schiavo da Barbarossa, e da questo iniziato nel piratico mestiere;
dopo abiurata la religione avita, cotanto si rendette caro a quel suo capitano ed alla corte imperiale di Costantinopoli, che fu elevato a governatore di Algeri” (MARTINI).
v.6 Ms. en las alarbes
v.69 ciudat, catalanismo?
v.112 Ms. pruuiera
v.125 Ms. llamar
LXXXVI (f.187r)
CANCIONES CASTELLANAS
5
Salga mi trabaxada voz y rompa
el son confuso y mísero lamento,
con eficasia y fuerça que interrompa
el celeste y ter[r]estre mouimiento;
la fama, con sonora y clara trompa,
dando más furia a mi cansado aliento,
derrame en todo el orbe de la tierra
las armas, el furor y nueua g[u]erra.
Ottava. Schema rimico: ABABABCC. Più che una composizione finita si
direbbe l’incipit di una serie di strofe, come lascia intendere anche il
plurale della rubrica.
LXXXVII (f.187v)
SONETO
Mísera Francia que sustentas gentes
apóstatas, heréticas, viciosas,
que machinando fraudes cautelosas
perturban infinitos inocentes.
T ONINA PABA
192
5
10
Predicando doctrinas diferentes,
falças, imundas, leues, perniciosas,
cauta(la)mente alegando fabulosas
historias, peregrinas, aparentes,
¡quántas angustias, quántas turbaciones
causas, dando tan pérf(ed)idas personas
que contra puras ánimas sinceras
sacrílegas inuenten opiniones!
Si, Francia, tales príncipes coronas,
¿quáles fines de gente(s) insana esperas?
Sonetto. Schema rimico: ABBA ABBA CDE CDE. Allude, con molta probabilità, a una delle tante alleanze tra Francesi e Turchi in funzione
antispagnola. Si noti l’abbondanza di attributi (vv.2,6,8) e, sul piano formale, i frequenti enjambements e l’iperbato (v.12).
LXXXVIII (f.188r)
REDONDILLAS
5
Aunque agora el uiento espira
de la bienauenturança,
en medio de la bonança
buelue el cielo su ira.
Y en esta n[av]egación,
donde el mar es el mundo,
en no lleuando el timón
se ua la naue al profundo.
Coppia di redondillas; schema rimico: abba cdcd.
v.1 Ms aspira
193
Canzoniere ispano-sardo
LXXXIX (f.188r)
5
Quan presto passa el plazer
como después de (h)acordado
da dolor,
como a nuestro parecer
qualquiera tiempo passado
fue mejor.
Frammento della copla 49, Recuerde el alma dormida, di Jorge Manrique
(Coplas para la muerte de su padre, ed. ALDA TESAN). E’la seconda
delle due sestine, rigorosamente simmetriche, che formano la copla de
pie quebrado o estrofa manriqueña.
XC (ff.188v-189v)
ESTACIONES DE LA VERA CRUZ
Considera, alma perdida,
que en aqueste passo fuerte
se dio sentencia de muerte
al Re(m)demptor de la vida.
5
10
15
20
Por ser tu culpa infinita,
la crus a Christo [h]as cargado,
y es tan graue tu pecado
que tu perdón facilita.
Pecador ¿quién te disculpa?
Mira, aduierte, considera
que en esta estación tercera
me inclinó a tierra tu culpa.
Con un exessiuo amor,
buscando a Christo, María
aquí saltó quien traya
las armas del Redemptor.
Por cumplir su mal deçeo,
aquella peruersa gente
dan al cordero inocente,
por su alivio, un cirineo.
f.189r
T ONINA PABA
194
Con un exessiuo llanto,
la Verónica buscó
a Christo, de quien sacó
en premio su Rostro Santo.
25
30
35
40
45
La grauedad de su esfera,
segunda vez con exsesso,
rindió a tierra con el peso
a la Magestad imensa.
Abrasado en caridad,
aquí dexo el sumo bien.
¡Hijas de Jerusalém,
sobre nosotras llorad!
Pecador, anda aduertido,
pues lleuando tu pecado
¡Mira como me [h]as cargado,
que tres vezes he caydo!
f.189v
Aquí, desnudo y sangriento,
Christo la mirra prouó,
y el beberla re[h]usó
por no aliuiar su tormento.
Después que a Christo clauaron
para remediar la gente,
como diuina serpiente
en ello le leuantaron.
Pecador, mira tu empleo,
considera a Christo aquí:
crucificado por ti,
siendo tú el culpado y reo.
Serie di dodici redondillas, schema rimico: abba.
Fanno parte del Romancero espiritual para reglarse el alma con Dios, con
las estaciones del Via Crucis, di Lope de Vega.
195
Canzoniere ispano-sardo
XCI (f.190r)
RETRATO A LA MUERTE
Retrato biuo, que entre sombras muertas
nos dises a la fin en qué paramos,
triste cadáuer, que si te miramos
eres espexo de uerdades siertas.
5
10
¿De qué te siruen, di, tus pieças yertas
que de tanto valor las respetamos?
¿qué es de los gustos? pues si reparamos
se hui[e]ron quando vieron tus rejertas.
¿Qué es de tu talle? pues si considero,
[y contemplo despacio tu figura],
[h]as quedado tan feo que yo infiero
que si el que más amaua tu hermosura
viesse retratos de tu rostro fiero,
ni aun mirarlos quisiera en la pintura.
Sonetto, ripetuto nel f.220r, XCV; schema rimico: ABBA ABBA CDC
DCD.
Testimonianze: Ms.229 BUS, [Rubrica: Sonetto a’ la Muerte].
Le correzioni sono state apportate sulla base delle varianti del f.220 che
coincidono col Ms. 229 BUS.
v.5 Ms. rejertas
v.6 Ms. dolor
v.11 Ms. frio
XCII (f.190r)
Admirado encanto mío,
que con inuincible llama
hisisteis bolcar mi pecho
y con él abrasá(ste)is mi alma.
5
Baste el estrago que lloro,
y aunque de tan noble causa,
déualo yo al sentimiemto
mas que deuí a la esperanza.
f.190v
T ONINA PABA
196
10
15
20
Que eres rigor lo conosco
en cuyo mar no hay bonança,
que eres fuego ya lo siento
que eres piedad lo jusgaua.
Quanto persuade un deçeo,
o quanto miente y [h]alaga,
pues, exepción de dichosos,
¿quién [h]a podido lograrla?
O[h], quánto se solicita
(h)un desengaño que mata,
y él me mata primero
lo mismo que desengaña.
Si no fueres impossible
aún mas lo si(e)ntiera el Alma,
pues quitara a la finesa
méritos de confianza.
25
f.191r
Ya me niega el sol sus rajos,
que possibles los [h]allaua,
y para quedar sin vista
mi propia sequedad basta.
Romance, con assonanza a-a, già edito in ACUTIS.
XCIII (ff.191r-193r)
ANCIAS AMOROSAS DE UNA ALMA
CONTRITA A UN CHRISTO
5
Dulce Jesús y que ley, mi Rey
o[h] qué bárbaro homicida, mi Vida
os tiene tan lastimoso, mi Esposo
ai[h], querido dueño hermoso,
yo soy aquel delinquente
que aquí te puso pendiente
mi Rey, mi Vida, mi Esposo.
Quién [te] puso esas diuinas espinas
y ésta que tu amor pregona corona
f.191v
Canzoniere ispano-sardo
10
no oluidando, mi Jesús, la cruz
yo, que perdiendo la luz
de la gracia te offendí,
y tú sufristes por mí
espinas, corona y cruz.
15
No es verdad, dixistes uos, mi Dios
que oluidaréis los enojos, mis (h)ojos
si llegare con dolor, mi amor
a pediros, Redemptor,
clemencia; pues ya la pido,
dexadme con uos unido
mi Dios, mis (h)ojos, mi amor.
20
25
30
35
40
45
Quando tu imagen adoro, lloro
quando tu retrato miro, suspiro
de ueros todo sangriento, lamento
con notable sentimiento
admirando estoy tu muerte,
pues solamente de verte
lloro, suspiro, lamento.
197
f.192r
Quando os miro sin aliento, sangriento
con essa cruz, Jesús mío, frío
donde estáis por mi pecado, [h]elado
el coraçón desmajado
llora, lamenta y suspira,
porque a su Redemptor mira
sangriento, frío, [h]elado.
Passan los clauos tiranos manos
y la lanza de un soldado el costado
un hierro que mío es, los pies
generoso seréis pues
os ostentáis, si lo noto,
liberal y manirroto
de manos, costado y pies.
Quando os miro en esse leño, mi dueño
derramar sangre abundante, mi amante
estoy confuso conmigo mi amigo.
Pero desde agora os digo
que si no me perdonáis
uuestra sangre no lográis,
mi dueño, mi amante, mi amigo.
f.192v
T ONINA PABA
198
50
55
60
65
70
Lo que me aflige tanbién, mi bien
es lo mal que os he seruido, querido
mas ya estoy desengañado, mi amado
supuesto hauéis derramado
la sangre por mi provecho,
mirad que el gasto ya está hecho
mi bien, querido y amado.
Dadme Dios por tanto amor, fauor
que me daréis no reparo, amparo
y por vuestra prouidencia, clemencia
rigurosa mi sentencia
oir espero mi Dios,
si no recibo de vos
fauor, amparo y clemencia.
f.193r
Conceded para mi alma, palma
y, pues, ya que en uos blasona, corona
para que cante en la gloria, vitoria
que, aunque soy del mundo escoria,
vuestra sangre lograréis
mi rey, si me concedéis
palma, corona y vitoria.
Strofe di ottonari. Sono sestine più un verso finale che raccoglie le parole in
eco dei primi tre versi di ogni strofa. Schema rimico: abccddc.
Testimonianze: Ms. 52, ff. 69-70-71, BCB; Ms. 229, ff.43-44, BUS
v.5 Ms. diligente
v.8 Ms. quien puso
v.40 Ms. teneis
XCIV (ff.193r-219v)
INUECTIVA CONTRA EL FAUORECIDO DESENGAÑO
EN FAUOR DE LA DESUALIDA MODESTIA
5
Dama hermosa que pretendes
con tus ojos cristalinos
atraer las voluntades
de los jóuenes lassiuos,
tú, que con boca de nácar,
Canzoniere ispano-sardo
10
15
20
25
30
35
40
45
50
aunque de color fingido,
imaginas ablandar
los diamantes más finos;
tú, que adornas la cabeça
con lasos, trenças y rizos,
las mexillas con color,
las orejas con zarcillos,
el cuello con alabastro,
los dedos con los anillos,
con agua de olor las manos,
y finalmente el uestido
con el oro, con la plata,
con la seda y ámbar fino
para detener al jouen
a tu uoluntad cautiuo,
atiende humanado ángel,
ángel he dicho, ¿qué digo?
Demonio, fiera crüel,
espantoso basilisco,
que sólo con un mirar
de tus ojos, de improuiso,
sin que lleg[u]es a tocar
con lança, espada ni tiro,
matas, destruies, sujetas
al Aquilis más temido,
sirena siempre engañosa
que con solapados siluos
atraes los nauegantes
rendidos a tus suspiros.
Dragón, rajo, trueno y áspid,
sierpe ferós, precipicio,
tigre que nos despedasas,
hidra del horrendo abismo,
atiende, repara, escucha,
mira, aduierte que te digo
eres del major mal causa
que Elena al trojano hiso.
¿Quántos jóuenes bisa[r]ros
están en llamas [h]undidos,
sin remedio en el infierno,
porque miraron tu aliño?
¿Quántos Reies, qué Monarcas,
quantos Príncipes altiuos,
Priuados, Duques y Condes
Valientes, Pobres y Ricos
199
f.194r
f.194v
T ONINA PABA
200
55
60
65
70
75
80
85
90
95
Eclesiásticos, Seglares,
medianos, grandes y chicos,
pueden ser desta verdad
por experiencia testigos?
Dirás que se condenaron
porque siempre inaduertidos
anduuieron en mirar
lo que desear no es lícito.
Está bien, pero, ¿quién duda
que quien fue de un gran delito
causa, no esté por la ley
sujeto al mesmo suplicio?
No te mueue esta razón
por euitar el peligro
en que tantos tropeçaron
pues tiene un justo castigo.
Y si aquesto no te uence,
aduierte que [h]abla contigo
quien esto experimentó
no en otro sino en sí mesmo.
Yo sé bien que muchas veces
-Dios es desto buen testigono reparara en tu cara
ni huuiera a Dios ofendido
si no incitara el color
de tu rostro y tu aliño,
de la cabeça atauiada
con uarios lazos y rizos.
Yo sé bien, pero más uale
callar labios, que aun desirlo
no podréis sin offensión
de los honestos oydos.
Si, acaso, alegar pretendes
que lleuarlas es preciso
porque tu sublime estado
no pierda de su puntillo.
¿Quién más que Isabel de [H]ungría
y otras Reynas que [h]an viuido
[h]onestamente, pudiendo
rosar uestidos muy ricos?
O si no dime, ¿hay más gala
ni noblesa nunca oyda
como la uirtud? ¿Qué dizes?
Ea, muda ya de estilo:
y que para que mejor ueas
f.195r
f.195v
f.196r
Canzoniere ispano-sardo
100
105
110
115
120
125
130
135
140
como por los mesmos filos
te convenço, estáme atenta
y uerás que con el mismo
argumento que me hazes
uendrá a quedar conuencido
tu entendimiento, si ya
no está del todo rendido.
Dizes que por ser noble
es fuerça, pero yo digo
que por ser tan noble estás
obligada a resistirlo.
Ya deues saber, sin duda,
el uso que [h]an adquirido
las ilustres catedrales
de poner muy poco aliño
quando hay más celebridad;
y la razón de mi arbitrio
es porque en qualquier parte
llenan un día festiuo
el altar de variedad
y pareçe un auanico.
Agora, pues, ya me entiendes,
la moralidad aplico.
Por lo mesmo que eres noble,
uiendo que todo el bullicio
de la gente popular
está llena deste uicio
deuías ser singular
lleuando honesto el uestido.
Y si quisieres saber
con quanta raçón lo digo,
atiende y uerás bien claro
quantas nobles lo han seg[u]ido.
Y primero te propongo
el gran Monarca Filipo
el Quarto, de quien refieren
sus historias cosas dignas
de eterna e imortal memoria.
Este, pues, Rey sabio y pío,
y con razón el prudente,
una premática hizo
en que reformó las galas
començando de sí mismo.
Tácito emperador siempre,
aun después que fue elegido,
201
f.196v
f.197r
T ONINA PABA
202
145
150
155
160
165
170
175
180
185
constante perseueró
sin querer mudar uestido.
Teodosio, Arcadio y Honorio,
Césares todos inuictos,
uedaron con el rigor
de un decreto executivo
la seda, el oro y la plata;
y los Romanos lo mismo
en la ley uestiaria hisieron,
todo lo qual es indicio
de que los nobles sig[u]ieron
el traje llano y sensillo.
Tanbién Alisandro Rey,
a quien el gran Deonisio,
de Sicilia Rey tirano,
presentó ropajes lindos
para adorno de sus hijas,
jamás admitirlos quiso
dando por satisfación
que, antes, aquellos uestidos
a sus hijas priuarían
de su gentilesa y brío,
pues con ellos perderían
lo que hauían adquirido,
que era la opinión de honesta[s].
Y Clemente Alejandrino,
con la eloquencia que siempre
suele, dize en sus escritos
que los de Lacedemonia
sólo hauían permitido
a las mugeres infames
el lleuar tales aliños.
Finalmente Julio César,
estándose en su retiro,
le entró a visitar su hija,
bizarra y con grande aliño,
y quando imaginó hallar
agrado en su padre, vido
que con mostrarse seuero
apenas hablarla quizo.
Ella, prudente, entendió
la ocasión deste desuío,
y assí en el día sig[u]iente,
dexando el traxe lusido
y bisarro, boluió a ver
f.197v
f.198r
f.198v
Canzoniere ispano-sardo
190
195
200
205
210
215
220
225
230
a su padre, el qual, beniño,
mostrando el rostro risueño,
con grande agrado le dixo:
“¡O[h], quánto mejor le está
aqueste honesto atavío
a la hija natural
del emperador!” Y uisto
por Julia el deceo y gusto
de su padre, jamás quiso,
por no darle más pesar,
ponerse tales uestidos.
Considera agora, pues,
los exemplos referidos
y uerás como es de nobles
lleuar uestidos sensillos.
No puedo, dirás, que soy
casada y a mi marido
he de obedecer que quiere
vaya bisarra, y Dios quizo
que la muger agradasse
a su esposo, y el aliño
me parece ser buen medio
para ganar sus cariños.
¡Cómo ciega la passión,
ay Dios, a quién el oydo
cierra [a] la raçón del todo!
Tú mesma, señora, [h]as sido
la que tu duda conuences,
y de tu argumento mismo
saco la razón más fuerte
para roborar el mío.
Si tú dices que Dios quiere
agrades a tu marido,
¿cómo, pues, estando en casa
-seas tú mesma el testigoteniendo siempre presente
a quien dices que [h]as querido
agradar, jamás reparas
en estar sin esse aliño,
sin color, sintas y galas,
sin balona y aun anillos?
Y ¡quántas ueçes se ofreçe
ir al baile, prado o río
comedia, sarao o otra
fiesta y passeo nociuo,
203
f.199r
f.199v
T ONINA PABA
204
235
240
245
250
255
260
265
270
275
donde jamás apareçe
otro que el galán laciuo,
el que te escriuió la carta,
el que te habló con cariño,
el que te solicitó
donde todo es precipicios,
donde todo es decear,
donde [h]ablar es permitido
al laciuo con su Dama,
y a la Dama con su amigo!
Allí pones tu cuydado
en imitar al armiño,
en teñirte los cabellos,
en haçer trenças y risos,
en acomodar los lazos,
en apretar el justillo,
en componer el color,
y acomodar el uestido
a un cuerpo que en breue tiempo
quando esté más diuertido,
quando esté más bien [h]allado,
quando más puesta en oluido
tenga la cuenta que Dios
le [h]a de pedir ofendido,
le cogerá un graue mal,
quedará todo tendido
en el potro de una cama,
donde lleno de suspiros,
de angustias y de temores,
perdiendo todo el sentido
quedará como una piedra.
El color amortecido,
sin olfato, sin el tato,
sin uista, gusto ni oydo,
arrojáranle de casa
a toda prissa, y metido
en una asquerosa hoya
de siette palmos medidos,
dexarán al desdichado
parientes, padres y amigos,
sin acordarse jamás,
como si no fuera amigo,
como si no fueran padres,
ni para los padres hijo.
Y quando tu cuerpo triste
f.200r
f.200v
f.201r
Canzoniere ispano-sardo
280
285
290
295
300
305
310
315
320
será todo consumido
del poluo y de la polilla,
de la podre y gusanillos,
quedando todo des[h]echo
feo, orrendo y podrecido,
se irán a casa tus padres,
y llorando un poquitico
en breue se alegrarán,
oluidado ya el tendido.
Considera esto despacio,
mira quien tiene rendido
tu coraçón, tu prudencia,
tu razón, alma y sentidos,
mira si es justa raçón,
que por un cuerpo abatido
sujetar quieras el alma
a arder siempre en el abismo.
Basta ya, dexemos esto,
uamos a coxer el hilo,
donde pueda conuencer
la raçón que me [h]as traído
disiéndome gusta dello
tu esposo. ¿Cómo desillo
puede tu esposo y gustar
de aquesto? Quando es preciso
que en estas uistas se pierda
una de dos: o el cariño
a tu consorte y esposo
o el más precioso uestido
y gala de uuestro honor,
frágil como el débil uidr[i]o.
Pero la mejor raçón
y el más eficás motiuo,
dexando muchos aparte,
sea tu prouecho mismo.
Dexo a parte que tendrán
más dote tus hijas y hijos;
tanpoco meterme quiero,
que entiendo es capricho mío,
pero quizás te hallarás
al año con menos uicios,
con menos remordimientos
en la conciencia, y afirmo
con menos quenta que dar
a Dios uno, sumo y trino.
205
f.201v
f.202r
T ONINA PABA
206
325
330
335
340
345
350
355
360
365
Dexo tanbién que serás,
-perdóname si me expliconotada y muy murmurada,
siendo blanco del uil uicio
de la murmuración, peste
deste y de todos los siglos.
Sólo pretendo que atiendas
a tu prouecho y no mío,
a tu quietud, tu descanço,
y de tu cuerpo el aliuio,
Dime ¿es major el tormento
que padece un capuchino,
un cartuxo, un hermitaño
y un mártir en el martirio?
Un capuchino, si duerme
en duras tablas de pino,
tú, aún de día desuelada,
lleuas tu cuerpo çeñido
de costillas de ballena,
horrendo animal marino.
Si el cartuxo rodeado
está todo de un cilicio,
yo entiendo atormenta más
a tu pie el calçado mismo.
Si el eremita con yeruas
satisface a su apetito
a fin de (h)estar más hermoso
delante de Jesuchristo,
tu presumes ser más blanca
comiendo barro cosido.
Y si los mártires todos
padecieron un martirio,
tú sola padeçes tantos
y tan grandes que me admiro,
mas con esta diferencia:
que ya aquellos han tenido
su galardón en el cielo,
pero temo que el abismo
no te espere con el premio
que tú mesma has merecido.
Aduierte que no pretendo
dezir en esto que he dicho
que sólo precisamente
por lleuar aquesse aliño
se cometa culpa graue,
f.202v
f.203r
f.203v
Canzoniere ispano-sardo
370
375
380
385
390
395
400
405
410
que esso toca desidillo
al theólogo prudente.
Sólo digo es precipicio
y causa de muchos males,
que a quien, como leal hijo,
ama a Dios, su tierno padre,
basta sólo este motiuo,
a más de que, aunque no sea
pecado, está tan unido
con otros muchos que causan
estas galas, que me admiro
como hay muxer que se atreua
lleuarlas nunca consigo.
Y porque ueas mejor
si es uerdad lo que te digo,
quiero que sepas lo que
sucedió a Santo Domingo,
el qual, pasando una calle,
del espíritu mouido,
leuantó al cielo los ojos
y encima (h)una casa vido
muchos ángeles que alegres,
placenteros y jarifos
se ocupauan en guardar
muy atentos aquel sitio.
Entró pues el santo en ella
para saber qué prodigio
o misterio contenía,
y [h]alló que, con gran retiro,
tres donzellas se ocupauan
cada qual en su exercicio;
a pocos lanzes halló
toda su vida hauía sido
muy exemplar y tan santa,
que le hauía confundido.
Alabó a Dios y entendiendo
que eran muy pobres, las hizo
socorrer con breuedad,
que los santos son muy ricos.
Boluiendo de allí a tres días,
en lugar de paranimphos
halló assistida la casa
y texados de maliños
demonios, lo qual causó
admiración en Domingo.
207
f.204r
f.204v
T ONINA PABA
208
415
420
425
430
435
440
445
450
455
Entró dentro por saber
la ocasión, y halló motiuos
de dolor y sentimiento,
pues en lugar de cilicios
y disciplinas, topó
que ya con uestidos ricos,
muy bisarros, que mercaron
con aquel socorro mismo
que les dio muy liberal
un cauallero, mouido
de Domingo, se adornauan,
oluidadas de su antigo
y más que feliz estado
las donzellas que antes vido
de los ángeles seruidas,
de lo qual compadecido
más lloroso que enojado
les dio un eficaz auiso,
referiéndoles al punto
lo que entrando [h]auía visto.
Mira tú si será daño
de quien no sólo uestidos
bizarros lleua, sino
tantos sainetes laciuos.
Y assí, prudente señora,
por las lágrimas de Christo,
por sus dolores y clauos,
por los piadosos suspiros
que en su passión arrojó,
por tu amor y por el mío,
por sus açotes, espinas,
por sus sudores, caminos,
trabajos, cançancio, sed,
ayunos, desprecios uiuos,
y por el ardiente amor
en que siempre de continuo
se abrasaua deseando
lleuarnos al Paraíso.
Por los raudales de penas,
y dolores exeçiuos
que a María, pura y virgen,
en la muerte de su Hijo
cercaron y atormentaron,
sin hallar en algo aliuio,
te suplico eficásmente
f.205r
f.205v
f.206r
Canzoniere ispano-sardo
460
465
470
475
480
485
490
495
500
y humildemente te pido
que no seas ocasión
que no quieras ser motiuo
de tanta ofença de Dios,
ni de tanto precipicio.
Y si sientes repugnancia
en uencer esse apetito
de lleuar galas y afeites
con ostentosos uestidos,
recójete a la oración,
fixa los ojos en Christo,
considera sus libreas,
contempla sus atauíos.
Mira, mira si está bien
que estando todo uestido
de sangre, açotes y clauos,
de penas y de martirios,
de desprecios, bofetadas,
burlado y escarnecido,
tu Dios, tu Criador, tu Padre
tu Redemptor compasiuo,
tu esposo, tu Rey, Maestro,
tu señor y tu caudillo,
esté adornado de rosas
el uil crïado y el Hijo.
¡Ea, que no está bien!
Rompe de una uez el hilo
con que te tiene cautiua
tu passión y tu delirio.
Imita en algo a Isabel,
Reyna de [H]ungría, que [h]a sido
exemplo de hermosas Damas
qual el mundo haya tenido.
Esta, pues, prudente Reyna,
estando un día festiuo
en templo, toda llena
de galas y adornos ricos,
leuantó acaso los ojos,
mira atenta un Crucifixo
y contemplando despacio,
en aquel retrato uiuo
de dolores y de penas,
otro diuerso atauío
del que sus terrenas carnes
y güessos (h)iuan uestidos,
209
f.206v
f.207r
T ONINA PABA
210
505
510
515
520
525
530
535
540
545
herido su coraçón
de un inmenso dolor dixo:
“Vos de espinas coronado,
mi Dios, y a mí, gusanillo,
rodean coronas de oro,
perlas, lazos, rubíes finos,
la cabeça vana y loca.
¡Oh, qué grande desatino!
Vos, en vez de anillos, clauos,
yo, en vez de clauos, anillos,
vos açotes y yo [h]olanda,
vos, de vergüença vestido,
de oprobios y bofetadas,
el pecho medio partido,
y finalmente de sangre,
sudor y poluo teñido,
y yo, poluo miserable,
no sé si podré desillo,
cubierta de vanidad,
de joyeles y zafiros,
de ricas telas de plata,
de aromas y de ámbar fino.
¡Ea, que no! ¡Vayan fuera,
fuera, fuera desatinos!
Desta suerte estaua hablando
esta señora consigo,
y estendiendo entre ambas manos
el coraçón encendido
de amor de su dulce esposo,
arroja guantes, anillos,
perlas, lazos, diamantes,
corona, joyas y hizo
a la tierra donación
de todo; mas su encendido
espíritu, ya descargado
de tanto peso, hizo nido
volando en el coraçón
de su amado Jesuchristo,
y el cuerpo, con un desmayo,
cayó en el suelo tendido,
que la fuerça del amor
le quitó todo el sentido.
Pregunto agora, ¿es major
tu entendimiento, y más uiuo
que el desta prudente Reyna,
f.207v
f.208r
f.208v
Canzoniere ispano-sardo
550
555
560
565
570
575
580
585
590
y de otras sabias que ha hauido
qual fue Isabel de Bois,
de hermosuras un prodig[i]o,
que uiendo que su beldad
y galas eran deslizo
de muchos, se sugetó
quarenta años a un ritiro,
donde no fue jamás uista
de ningún hombre naçido?
Saco, pues, la conclusión:
si estas muxeres han sido,
y otras muchas que no cuento,
exemplo de lo que digo,
pregunto por uida tuya
si confessar no has querido
ser más sabia ni prudente
que estas Damas, no es indicio
de que aquellas anduuieron
por el más cierto camino.
Y assí más, para que entiendas
quán justo sea y preciso,
para cuitar tantos daños
como tengo referidos,
el quitarles la ocación
y apartar este deslizo,
te propongo un raro exemplo
de honestidad y un prodigio
de ualor, que en duro bronze
merece estar esculpido.
Contempla atenta aquel jouen
Espurina, en quien beniño
el Cielo depositó
sus gracias, de que fue indicio
su eloquencia en el orar,
el acierto en su juicio,
la agudesa de su ingenio,
su ualor, nobleza y brío.
Este bello jouen, pues,
de memoria eterna digno,
conociendo que dotado
de su autor hauía sido
de una tan rara beldad
y gracia, que era el hechiso
de todas quantas mugeres
su rostro y talle fue uisto,
211
f.209r
f.209v
T ONINA PABA
212
595
600
605
610
615
620
625
630
635
para euitar este daño
tomó brioso un cuchillo
con el qual cicatrizó
su bella faz, que más quiso,
por no ser causa de mal,
ser del todo aborreçido.
Esto, señora, hizo un hombre
siendo menor el peligro
que en su rostro considero
que no el que en tu cara miro.
Y tú, aún no satisfecha
de agradar con tu natiuo
y hermoso rostro, procuras
otros muchos artificios
indignos de un pecho noble,
casto, cuerdo y entendido,
y lo que más dolor causa,
y me corro de dezillo,
escotar tanto el jubón
como si el uil apetito
necesita de saynetes
para darse por rendido.
¿No es un público pregón
esse tu cuello, e indicio
del ardor con que se abraza,
pues necesita de aliuio?
O si no dime, Señora,
el pan y ramo ¿no es signo
puesto a la puerta, de que
se uende allí pan y uino?
¡Oh, Dios mío, y qué dolor,
hazed, Señor, que dos ríos
de sangre mis (h)ojos lloren
semejantes desatinos!
¿Dónde (h)está vuestra justicia,
que con los cortantes filos
de su espada, no reprime
desacato tan iniquo?
¡Cómo vuestra Magestad,
desde lo alto de su citio,
no arroja rajos que abrasen
a los que tan atreuidos
se oponen tan claramente
a vuestros nobles desinios!
¡0h, cómo no concentís
f.210r
f.210v
f.211r
Canzoniere ispano-sardo
640
645
650
655
660
665
670
675
680
se abra la tierra y que viuos
los sepulte en las cauernas
más ínfimas del abismo!
Pero, qué digo, Señor,
¿castigos os he pedido?
¿Vuestra justicia he inuocado?
De dolor perdí el juycio.
No, mi Dios, misericordia,
clemencia y perdón os pido,
y juntamente, Señor,
a vuestra bondad suplico
les comunique su luz
y gracia, como confío,
para que de hoy conoscan
el peligro en que han biuido,
el mal que han hecho a las almas
y el agrauio que a vos mismo.
Y tú, señora, repara
el daño que ha seg[u]ido,
si no es que quieras prouar
qué cosa es Dios ofendido.
El qual si ha dissimulado,
si tanto tiempo ha sufrido,
mira que [se] cançará:
teme un [h]orrendo castigo.
El amor, que en pechos nobles
es eficás atratiuo,
dime, Dama sabia y cuerda,
¿no tendrías por indigno
de la vida al hombre que
hiziesse del benefiçio
armas contra el bienhechor,
de quien fue fauorecido?
¿No fuera merecedor
de infame y atroz suplicio?
No jusgas deuiera ser
de todos aborrecido?
No hay duda, dirás, pues ¿cómo
no arroja el pecho suspiros,
no brotan agua los ojos
hechos dos fuentes o ríos,
como la lengua y labios
no han del todo enmudecido,
y como entrambos a dos
no lloramos y gemimos
213
f.211v
f.212r
T ONINA PABA
214
685
690
695
700
705
710
715
720
725
amargamente con sangre
de las uenas si hemos sido
los que contra al bienhechor
esta crueldad hizimos?
Yo soy el primero que ...
mas callo, porque dezillo
sin perder la vida fuera
dos vezes major delito.
Voy a prouar la otra parte,
porque veas quán benigno,
quán clemente y amoroso
se [h]a mostrado Dios contigo.
Pregunto, agora, señora,
responde: ¿no es beneficio
essa hermosura que gozas,
esse talle y esse brío,
essas galas, joyas, perlas
de que [h]asta aquí te [h]as seruido?
¿No es fauor essa salud,
esse entendimiento viuo,
essa açertada eloquencia
y essas gracias que el Diuino,
y sumo Dios colocó
en ti, porque fuesse indicio
de su poder y bondad,
de su amor y su cariño,
y desta suerte lo amasses
qual buen hijo agradecido,
valiéndote de essas prendas
para ganar premios ricos
de gloria, conque le gozes
por los siglos de los siglos?
Y tú -oh igratitud- te sirues
dellas en lugar de tiros,
açotes, espinas, clauos,
lança crüel y martillos
conque a tu Padre y Señor
causas segundo martirio,
pues te sirue la hermosura,
esta riqueza y aliño,
esse caudal y talento
para que el jouen laciuo
traído con el reclamo
de tu compuesto atauío,
con tantos risos y lazos
f.212v
f.213r
f.213v
Canzoniere ispano-sardo
730
735
740
745
750
755
760
765
770
se quede preso y cautiuo.
¿No son don de Dios las hijas
a las quales con ahinco
procuras dar a beuer
con la leche este apetito?
Quando deuieras haçer
que aprendiessen exercicios
de virtud y deuoción,
la Doctrina y el retiro,
la deuoción con la Virgen,
socorrer los pobrecitos
y frequentar las Igleçias.
Cierto que ya no me admiro
se vean tan desdichados
fines, quando los principios
suelen ser tan mal fundados
con el viento de los vicios.
¿Qué quenta darás a Dios,
en el día del juycio,
de las prendas que te dio,
quando sólo te han seruido
para despeñar las almas
en la centina del uicio?
¿Quántos hombres clamarán
a Dios del infierno mismo
contra ti que fuiste causa
de su tormento excessiuo?
Pues si la sentencia en contra
te diesse el jues infinito
-aquí quisiera tener
el espíritu encendido
de un San Pablo- ¿qué sintieras,
dama hermosa, de los lindos
y largos ratos en que
empleaste(s) los sentidos
para el adorno del cuerpo?
¿Qué de los lazos y rizos?
¿Qué de los guantes, holandas,
frangones de oro y zarzillos?
¿Que [de] las galas, joyeles,
espejos, perlas, vestidos,
balonas, cadenas de oro,
rubíes, diamantes y anillos?
¿Qué de aquellos albayaldes,
color y afeites que han sido
215
f.214r
f.214v
f.215r
T ONINA PABA
216
775
780
785
790
795
800
805
810
815
todo tu Dios en la vida?
¿Qué de los ambares finos,
peuetes, aguas de olor,
y almiscles, en que [h]a viuido
esse cuerpo enbalsamado?
¿Qué de tanto desperdicio
de brocados que rozaste?
¿Qué de los bayles nociuos?
¿Qué de las muchas comedias?
¿Qué de los cantos laciuos?
¿Qué sintirás finalmente
de tanto tiempo perdido?
¡Oh, cómo si te dexaran,
si te fuera concedido
boluer a aqueste emispherio,
no sólo huuieras querido
no hauerlo vsado jamás
pero ni (h)aún conocido!
¡Cómo muy de voluntad
arrojaras esse aliño
en el suelo, le pisaras
y pusieras en oluido!
Pues ¿qué sería si luego,
cogiéndote, los ministros
infernales començassen
a ponerte a los pies grillos
y manillas en las manos
de yerro, que conuertido
en fuego te atormentasse?
¿Qué, si en lugar de sintillo,
te cercassen con cadenas,
y diessen luego contigo
en el lugar preparado
para tu eterno martirio?
Pues, ¿qué, si luego empeçasen
a descargar sus martillos
en essa cabeça que antes
no sufría un dolorçillo?
¿Qué, si luego te metiessen
en algún horno encendido,
con cujo ardor comparado
es el de acá aun fingido?
¿Qué, si después te arrojassen
en medio del yelo frío,
de dónde en saliendo luego
f.215v
f.216r
Canzoniere ispano-sardo
820
825
830
835
840
845
850
855
860
estuuiesse preuenido
un açador con el qual
te açasen como a cabrito?
Y a la fin ¿qué sintirías
de las cosas deste siglo
si uiesses que [h]a de durar
por los siglos de los siglos?
¿Qué remedio no intentaras?
¿Quál suficiente peligro
fuera para reprimirte?
Pues, Dama hermosa, lo mismo
deues agora sentir,
y haçer que huuieras sentido,
y hecho entonces si te hallaras
en semejante peligro.
Considera atentamente
lo que en una ocaçión dixo
fray Jordán a un cauallero
que estaua todo metido
en galas y passatiempos,
sin que pudiessen auisos,
premios, amor, ni amenaças
a sacarle de sus uiçios.
Díxole: “Señor, si quisiera,
pience los ratos perdidos,
quánta lástima será
que su hermoso talle y brío
se uea después cercado
de llamas, tan denegrido
y feo como el Demonio,
de todos aborrecido”.
Hísolo sólo una uez
y quedó tan conuencido
y mouido que dexó
sus padres, deudos y amigos,
galas, riquesas y quanto
el mundo tiene y se hiço
religioso en cuyo estado
halló muy seguro asilo.
Esto mesmo te aconsejo,
que si lo hisieres confío
quedarás desengañada,
y acertarás el camino.
Y si acaso me concedes
ser uerdad quanto te he dicho,
217
f.216v
f.217r
f.217v
T ONINA PABA
218
865
870
875
880
885
890
895
900
905
y (h)aún con todo no hazes caso
tratando de diferillo,
dime, dime, ¿le abo[r]reces?
¿Quieres a un perpetuo oluido
sugetarte por querer
parecer bien un poquito?
Buelue, buelue sobre ti,
muestra tu ualor y brío
en uencer essa afición
y uerás en ti cumplido
el gozo que te prometo,
la paz y quietud que he dicho.
A más que Dios obliga[do],
desta acción agradecido,
no sólo lo pagará
en este presente siglo,
con dichas y bienes grandes
y colmados beneficios,
sino que en el uenidero,
en el constante y macizo,
en aquella eterna gloria,
y abundante parayso,
donde el gozo siempre dura,
donde el uiuir es continuo,
donde cada qual pareçe
un astro bello, un sol biuo,
donde todos en su Reyno
reynan sin algún peligro,
donde nunca se conose
la enfermedad, el fastidio,
la sed, el calor, la [h]ambre,
el sueño, cansancio y frío,
donde el temor no amedranta,
ni el dolor es conocido,
ni tiene lugar la Muerte
ni hay allí ningún peligro.
Todo es ya seguridad,
todo gozo, todo aliuio,
todo gloria, todo fiesta,
[todo sumo regozijo]
todo descanso, alegría,
plazer, [h]ermosura, aliño,
donde el séfiro recrea,
donde se pisa el safiro,
la esmeralda y el diamante,
f.218r
f.218v
f.219r
Canzoniere ispano-sardo
910
915
920
y finalmente el uestido
es gloria, luz, claridad.
En este, pues, gran retiro,
en este eterno descanso,
en aqueste ameno sitio
te lo pagará Dios todo,
y en lugar del atauío
de que en uida te priuaste,
por su amor y su cariño,
te uistirá el Rey de gala
tan rica que [ni] aun desillo
puede alguna humana lengua,
y puesta en un alto citio,
de oro, rubíes y estrellas,
gozarás eternos siglos
de la dicha que, priuándote
desse adorno, [h]as merecido.
219
f.219v
Estesissimo romance, con assonanza i-o, già pubblicato in ACUTIS. Per
contenuto, stile e abbondanza di exempla didattici, trova collocazione
nel repertorio che i predicatori riservavano alle donne.
Testimonianze: Ms. 229 BUS, rubrica: Corrección contra las mujeres
inmodestas por sus atavios. Tale manoscritto, datato 1738 e recante nel f.1
la firma di Juan Nabarro, presenta in comune col Canzis, oltre a questo,
altri due testi. Questo microcorpus nel manoscritto della Biblioteca Universitaria di Sassari reca la seguente attribuzione “Nieremberg, temporal
y eterno” . Delle varie edizioni dell’opera De la diferencia entre lo temporal
y eterno di Eusebio de Nieremberg, della Compagnia di Gesù, né quella
di Barcellona del 1643, né quelle di Madrid del 1659 e del 1675 contengono versi, mentre sì appaiono corredate di un’appendice poetica le
edizioni del 1670 di Barcellona e del 1685 di Valencia. Con molta probabilità il trascrittore del Canzis ha potuto maneggiare l’edizione del
1670 che presenta gli stessi testi del Canzis, nell’ordine e coi titoli seguenti: Invectiva contra el fauorecido desahogo en fauor de la desvalida modestia, Soneto a la Muerte, Ansias amorosas de un alma contrita a un Crucifixo.
Il CERIELLO cita un’edizione barcellonese dell’opera di Nieremberg
(presso lo stampatore Cormelles) del 1620, non rinvenuta nelle nostre
ricerche, mentre il PALAU fa riferimento solo a una prima edizione
madrilegna del 1640. Degna di essere rilevata, per gli studiosi di
musicologia, è l’annotazione contenuta nel ms.229 BUS accanto a un
pentagramma e relativa al testo che qui commentiamo: “Tono para cantar canciones à la española: y se prosigue siempre con este tono alternando y mudando siempre la voz no mudando la llave en la vigüela”(f.62r).
T ONINA PABA
220
v.6 Ms.dolor
v.21 humano ms 229
v.30 Aquiles ms.229
v.85 Ms. siblime
v.102 Ms.vendido
v.103 dizesme ms.229
v.132 casos dignos ms.229
v.133 Ms.y mortal
v.137 Ms. el
v.159 donde ms. 229
v.166 Ms. Alegrandino
v.215 salió ms.229
v.216 Ms. reborar
vv.220, 322, 713 e 755-757 sono tra parentesi nel Ms.
v.256 rendido ms.229
v.307 mayor ms.229
v.311 dexa ms.229
v.366 el dezillo ms.229
v.371 Ms. eterno
v.532 Ms. joyes
v.697 Ms. jogas
v.788 Ms. concedido, conocido ms.229
XCV (f.220r)
RETRATO A LA MUERTE
Soneto a la Muerte
Vedi XCI
XCVI (ff.220v-224v)
AL DESENGAÑO DE LA VIDA de Lope de Vega
Dézimas
5
O[h] tú que estás sepultado
en el sueño del oluido,
si para tu bien dormido
para tu mal desuelado:
dexa el letargo pesado,
Canzoniere ispano-sardo
10
15
20
25
30
35
40
45
221
dispierta un poco y aduierte
que no es bien que dessa suerte
duerma, y [h]aga lo que haze
quien está desde que naçe
en los brasos de la Muerte.
Da lugar al pensamiento,
para que discurra y veas
que lo más que aquí deseas,
es todo un poco de uiento;
no labres sin fundamento
máchinas de uanidad,
pues la mayor magestad
en un sepulcro se encierra,
donde dise, siendo tierra,
“aquí biue la uerdad”.
f.221r
Pues te auisa la memoria
del próximo en essas calles,
mira en ella, porque [h]alles
méritos para la gloria.
Pues la muerte es tan notoria,
en el jouen más ualiente
como sagaz y prudente,
te aparta de qualquier uiçio,
mira que por justo juisio
de Dios uendrá de repente.
Mira cómo passó ayer,
veloz como tantos años,
euidentes desengaños
del limitado poder.
Lo que fue dexó de ser,
y no quedó dello más,
desto [h]a sido, tú que uas
por este mundo inconstante,
mira que el que ua delante
auisa al que ua detrás.
La corona y la tiara,
que tanto el mundo estimó,
¿qué se hizo? ¿En qué paró?
si no en lo que todo passa.
¡O[h], mano del mundo auara!
Pues tanto el bien nos limitas,
f.221v
T ONINA PABA
222
50
55
60
65
70
75
80
85
¿para qué, di, nos incitas
a aspirar [a] más y más
si lo que despaçio das
tan de prissa nos lo quitas?
Si te engaña el propio amor,
para que no ueas tu daño,
la muerte, que es desengaño,
sirua de despertador.
Hoy naçe la tierna flor
y hoy su curso se termina,
todo a la muerte camina;
la estatu(r)a del más bizarro,
como está fundada en barro,
la des[h]ase qualquier china.
f.222r
¿En qué piensas, o [a] qué aspiras,
quando tras tu gusto uas,
pues dél no te queda más
que enemigos que conspiras?
Si es que adelante no miras,
mira la uida passada,
que si en tan corta jornada
lo más passó desta suerte,
[h]asta llegar a la muerte
que te queda poco o nada.
Desde el naser al morir
casi se puede dudar
si el partir es el parar
o el parar es el partir.
Tu carrera [h]as de seguir,
y pues con tal breuedad
passa la más larga edad,
¿cómo duermes y no ues
que lo que acá un soplo es,
es allá una eternidad?
Mira el tiempo uolador
cómo passa, y considera
cómo uan tras la carrera
desde el mayor al menor;
el esclauo y el señor
corren parejas (h)iguales,
que como nasen mortales
(h)iguales uan a la hoya,
f.222v
Canzoniere ispano-sardo
90
95
100
105
110
115
120
125
130
223
de cuya des[h]echa Troya
aun no quedan los señales.
La juuentud más losana
¿en qué paró? ¿qué se hizo?
Todo el tiempo lo dess[h]iso
y anochesió su mañana.
La muerte siempre es temprana
y no perdona a ninguno,
goza el tiempo oportuno,
grangea con tu talento
que acá dan uno por siento
y allá dan çiento por uno.
¿Qué eternidades te ofrese
la más dilatada uida,
pues apenas es uenida
quando se desaparese?
[H]oy piensas que te amanese
y es el día de tu [o]caso,
término breue y escasso
más que mucho si uolando
te ua la muerte buscando,
[y] quando tú uas passo a passo.
f.223r
f.223v
A la dama más celebrada,
lazo en que tantos caieron,
ella, y ellos, di, ¿qué fueron
si no tierra, poluo y nada?
¡Oh, limitada jornada!
¡Oh, frágil naturalesa!
La humildad y la grandesa
todo en nada se resuelue,
es de tierra y a ella buelue,
y assí acaba en lo que empiesa.
¿De qué te sirue anhelar,
por tener y más tener,
si esto en tu muerte [h]a de ser
fiscal que te [h]a de acusar?
Todo acá se [h]a de quedar,
y pues no [h]ay que adquirir
en la uida que el morir
la tuia rige de modo,
pues está en tu mano todo,
que mueras para uiuir.
f.224r
T ONINA PABA
224
Décimas di ottonari. Schema rimico: abbaaccddc. L’attribuzione a Lope de
Vega è dovuta a J.E. Nieremberg, che inserisce questi e altri versi in appendice al suo libro Diferencia entre lo temporal y eterno, al quale ha attinto
con molta probabilità il raccoglitore del Canzis. Tuttavia “la fecha en que
debió de imprimirse por vez primera la obra de aquel docto jesuita, ni el
estilo y lenguaje de esta composición, hacen creible que sea de Lope”
(ROSELL, p.285).
v.37 Ms. acido en
XCVII (f.226v)
5
¡Qué discretas que anduuisteis
en el himno que cantasteis!
El ser de Madre tomasteis
y el virgo a los frailes les disteis;
¿qué inporta al recato uuestro
que serréis, schola mía,
la puerta a la ave María
si la abrís al Padre nuestro?
Copla castellana. Schema rimico:abbacddc. Sembrerebbe alludere a certe forme di ipocrisia nel comportamento delle monache.
XCVIII (ff.226v-227r)
5
10
Pajarillo que esplicas alegre
con dulçe armonía festejas tu amor,
deja el canto, que causas tormento
a quien por amarte sus penas lloró.
Llorar esso sy: cantar esso no.
El que canta sus males aujenta,
oluida sus ansias, su fiero dolor,
pero ¿quándo un amante adorando,
sus penas, sus ansias, su mal oluidó?
Llorar esso sy: cantar esso no.
Que me causas enbidia te juro
mirando que esplicas tu afecto interior,
pero, ¡hay de my! que lo oculto callando;
¿qué haré? que no puedo templar mi pauor.
f.227r
225
Canzoniere ispano-sardo
15
20
25
Llorar esso sy: cantar esso no.
Despeñado un arrojo bajaua
risueño y alegre por (h)oír tu voz,
pero son arroyuelos mis ojos
que lágrimas vierten por una atençión.
[Llorar esso sí: cantar esso no.]
A tus voses el alma despierta,
vistiendo de perlas la rústica flor,
y a mis eccos la noche se aserca
vistiendo de luto lo que el sol doró.
[Llorar esso sí: cantar esso no.]
La alegría que gosas ostentas,
pues ya de tu dicha llegó la ocasión;
¡hay de aquel que en continua fatiga
que ni una esperanza jamás mereció!
Llorar esso sy: cantar esso no.
Serie di strofe polimetriche di quattro versi (decasillabi i versi dispari e
dodecasillabi quelli pari) più uno di ritornello, con assonanza nei versi
pari in o. Testimonianze: Ms. 78 BCB, rubrica: Otra [marisapula] con
retintin. Dal contenuto, il testo sembra essere pensato per il canto; ciò
spiegherebbe, anche, la relativa irregolarità metrica.
v.1 explicas al ayre Ms.78
v.2 tu festiuo amor Ms.78
v.3 que no cantes te pido pues matas Ms.78
v.6 males espanta Ms.78
v.7 su pena y dolor Ms.78
v.8 pero ay que estoy desgraciada Ms.78
v.9 ¿qué haré que no puedo templar su rigor? Ms.78
v.13 ipermetro
v.19 por una passión Ms.78
XCIX (f.229r-v)
OTRA BURLESCA
Da bienes fortuna
que no están escritos,
quando pitos flautas
quando flautas pitos.
5
¡Quán diversas sendas
se suelen seg[u]ir,
T ONINA PABA
226
10
15
20
25
en el repartir
[h]onras y [h]asiendas!
A unos da encomiendas,
a otros sanbenitos.
Quando pitos flautas
quando flautas pitos.
A ues[es] despoja
de chosa y apero
al mayor cabrero,
y a quien se le antoja
la cabra más coja
parió dos cabritos.
Quando pitos flautas
quando flautas pitos.
Porque en una aldea
un pobre mancebo
[h]urtó sólo un huevo,
al sol uanuonea,
y otro se passea
con cien mil delitos.
Quando pitos flautas
quando flautas pitos.
f.229v
Letrilla di Luis de Góngora.
Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di
JAMMES.
v.5 Ms. diverses
v.13 Ms. ayero
v.14 Ms. el
v.24 Ms. passa
C (ff.229v-231v)
OTRA
5
Llorava la niña
y tenía rasón
la prolija ausencia
de su dulce amor.
Dexóla tan niña
que apenas creo yo
Canzoniere ispano-sardo
10
15
20
25
30
35
40
45
50
que tenía los años
que aquel la dejó.
Llorando la ausencia
del galán traidor,
la dexa la luna
y la halla el sol.
Añadiendo siempre
passión a passión
memoria a memoria
dolor a dolor.
Llorad coraçon
que tenéis raçón.
Dísele su madre:
“Hija, por mi amor,
que cesse el llanto
o me acabe yo”.
Llorad coraçón
que tenéis raçón.
Ella le responde:
“No es possible no,
las causas son muchas
los ojos son dos”.
Llorad coraçón
que tenéis raçón.
“Satisfagan, Madre
tanta sinrasón
y lágrimas lloren
en esta ocasión”.
Llorad coraçón
que tenéis raçón.
“Tantas como dellas
un tiempo tiró
flec[h]as amorosas
el arquero Dios”.
Llorad coraçón
que tenéis raçón
“Yo no canto Madre
y si canto yo
muy tristes endechas
mis cansiones son”.
Llorad coraçon
que tenéis raçón.
“Porque el que se fue
con lo que llevó
227
f.230r
f.231v
T ONINA PABA
228
dexóme el silencio
lleuóse la uos”.
Llorad coraçón
que tenéis raçón.
Romancillo di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell'edizione di DÁMASO ALONSO.
v.3 Ms. proliga
v.6 Ms. creió
v.38 Ms. en
CI (f.230v)
OTRA
Ya se murió mi muger,
Dios en el cielo la tenga
y téngala tan tenida
que nunca más acá buelua.
5
10
15
Muriósse en quinçe de março,
en mitad de la quaresma
pues quiso Dios en un año
darme dos carnestolendas.
Todos desían que era un ángel
quando me casé con ella
y siendo un demonio viua
parecióme un ángel muerta.
Murmura la uesindad
que muy bien puesto me dexa,
y no pude quedar mejor
pues he quedado sin ella.
Cuartetas asonantadas di ottonari, assonanza e-a nei versi pari. Il tono giocoso permette al poeta di sviluppare con arguzia uno dei tópoi della letteratura burlesca: il rapporto tra marito e moglie.
229
Canzoniere ispano-sardo
CII (f.231r)
OTRA
Entre essas aguas turbias
del sacro Guadalete
que las del mar de España
se mesclan en el Vetis,
5
10
15
sabed, Lisarda mía,
que desque estuue ausente,
se uieron en mis ojos
dos caudalosas fuentes.
Enternecía mi llanto
a la roca más fuerte,
al toro más robusto
y al árbol más siluestre.
El pastor más grosero,
quando me [h]ablaua, siempre
gentil me parecía
agudo y eloquente.
Romancillo, disposto in cuartetas con assonanza e-e.
CIII (f.231r)
OTRAS
Atambié atambié
Fernandico me llamo
y naide me toque
porque me callo.
Strofa di versi anisosillabici (quinari e settenari). Si tratta, forse, di una
strofetta popolaresca. Ricompare naide per nadie.
v.3 Ms. toce
T ONINA PABA
230
CIV (f.231v)
vedi LXXX
CV (ff.232r-233r)
OTRAS
5
10
15
20
25
30
Apurar, cielos, pretendo,
pues que me tratáis ansí,
que delitos cometí
contra uosotros naciendo.
Y si nací ya entiendo
que delito he cometido;
bastante causa [h]a tenido
uuestra justicia y rigor,
pues el delito mayor
del hombre es [h]auer naçido.
Pero quisiera saber
para apurar mis desuelos,
dexando a una parte, cielos,
el delito del naçer,
¿qué más os pude ofender
para castigarme más?
¿No nascieron los demás?
y si los demás nascieron,
¿qué priuilegio[s] tuuieron
que yo no gosé jamás?
Nace el bruto, y con la piel
que dibuxan manchas bellas,
apenas si[g]no es de estrellas
graçias al docto pinzel,
quando tirana y cruel
la humana necessidad
le enseña(ua) a tener crueldad,
monstruo de su labirinto;
¿ yo, con major istinto
tengo menos libertad?
Naçe el aue y con las [g]alas
que le dan bellesa suma
apenas es flor de pluma
o ramillete con galas
f.232v
Canzoniere ispano-sardo
35
40
45
50
55
60
65
quando las etéreas salas
rompe con uelocidad,
negándose a la piedad
del nido que dexa en calma;
¿y teniendo yo más alma
tengo menos libertad?
Nace el arroio, culebro
que entre flores se desata
apenas, sierpe de plata,
entre la g[u]ijas se quiebra
quando músico celebra
(con corona magestad
del campo la amenidad)
[de las flores la piedad
que le dan la majestad
del campo abierto a su huida]
¿y teniendo yo más vida
tengo menos libertad?
Nace el pes, que no respira
aborto de ovas y lamas
apenas, vajel de escamas,
entre las olas se mira
quando a todas partes g(u)ira
midiendo la imencidad
de tanta capaçidad
que le da su cerebro frío
¿y yo, con más aluedrío
tengo menos libertad?
En llegando a esta sasón
un bolcán, un Etna hecho,
quisiera arrancar del pecho
pedaços del coraçón;
¿qué ley, justicia o raçón
a los hombres negar sabe
priuilegio tan suaue,
exception tan principal,
que [h]a dado Dios a un cristal
a un bruto, a un pez, a un aue?
231
f.233r
Decime. Schema rimico: abbaaccddc. Si tratta del monologo di
Segismundo (I, 2) de La vida es sueño di Calderón de la Barca, la cui
prima edizione apparve nel 1636. Gli emendamenti sono stati apportati
sulla base di VALVERDE.
v.52 Ms. ocas y ramas
T ONINA PABA
232
CVI (ff.233r-234v)
ROMANCE
5
10
15
20
25
30
35
40
En el baile del exido,
-nunca Menga fuera al baileperdió sus corales Menga
un día santo por la tarde.
Diçen que se los dio en ferias
tres o quatro días antes
el [Piramo] de su aldea
el sobrino del alcalde.
Los corales no tenían
los estremos que ella haze
y porque de cristal fuessen
lloró Meng[u]illa cristales.
¿Quién oyó, sagales,
desprecios tales
que derrame perlas
quien busca corales?
Veinte los buscan perdidos
y no es mucho en casos tales
que un perdido [h]aga ueinte
pues un loco ciento hase.
En el exido los buscan
que (h)iendo Menga a lauarse
se los dexó en la juncia
del arrojo de los sauçes.
Do en pago de su blancura
menosprecian arrogantes
sus blancas espumas que orlan
el uerde y florido margen .
Que la nieue es sombra obscura
y el marfil negro azabache
con la garganta de Menga
coluna de leche y sangre.
¿Quién oyó, sagales,
desprecios tales
que derrame perlas
quien busca corales?
Ya el cura se preuenía
de los antojos que saben
en rubricas coloradas
hazer las letras más grandes.
Quando albricias pidió a uoses
Barcolillo con donaire
f.233v
f.234r
233
Canzoniere ispano-sardo
45
50
55
por [h]auer [h]allado Menga
en sus labios sus corales.
Los ojos fueron de Antón
los que descubrieron antes
en la juncia los jaueles
en la arena los granates.
Y uiendo purpurear
las roxas prendas del Ángel
al son dix del salterio
que tenía Gil Perales.
¿Quién oyó, sagales,
desprecios tales
que derrame perlas
quien busca corales?
f.234v
Romance di Luis de Góngora.
Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di
DÁMASO ALONSO.
v.24 Ms. suaçes
v.42 Ms. pariolillo
v.45 Ms. de antojos
v.48 Ms. granales
CVII (ff.234v-235v)
OTRO ROMANCE
5
10
15
La más bella niña
de nuestro lugar
[h]oy viuda y sola
ayer por asar.
Viendo que sus ojos
a la g[u]erra uan
a su madre diçe
que escucha su mal:
“dexadme llorar
orillas del mar.
Pues me diste, madre,
en tan tierna edad
tan corto el plazer
tan largo el pesar.
Y me cautiuastes
de quien hoy se ua
f.235r
T ONINA PABA
234
20
25
30
35
40
45
50
55
60
y lleua las llaues
de mi libertad.
Dexadme llorar
orillas del mar.
En llorar conuiertan
mis ojos de hoy mas
el sabroso oficio
del dulce mirar.
Dexadme llorar
orillas del mar.
Pues que no se pueden
mejor ocupar
yéndose a la g[u]erra
quien era mi paz.
Dexadme llorar
orillas del mar.
No me pongáis freno,
ni queráis culpar
que lo uno es justo
y lo otro por demás.
Si me queréis bien
no me [h]agáis mal
[h]arto peor fuera
morir y callar.
Dexadme llorar
orillas del mar.
Dulçe Madre mía,
quien no llorará
aunque tengo el pecho
como un pedernal.
Y no dará voses
uiendo marchitar
los más verdes años
de mi mosedad.
Dexadme llorar
orillas del mar.
Váianse las noches,
pues ido se han
los ojos que hazían
los míos velar.
Váianse y no uean
tanta soledad
después que [en] mi lecho
sobra la mitad.
Dexadme llorar
orillas del mar”.
f.235v
235
Canzoniere ispano-sardo
Romancillo di Luis de Góngora. L’integrazione del v.58 è stata apportata
sulla base dell’edizione di DÁMASO ALONSO.
V.8 Ms. escuche
CVIII (ff.236r-237r)
ROMANCE
5
10
15
20
25
30
35
En los pinares de Xúcar
ui bailar unas serranas
al son de la agua en las piedras
y al son del uiento en las ramas.
No es blanco coro de ninfas,
de las que aposenta el agua,
o las que uenera el bosque
seg[u]idoras [d]e Dïana.
Serranas eran de Cuenca,
honor de aquella montaña,
cuyo pie besan dos ríos
por besar dellas las plantas.
Alegres coros tañían,
dánse las manos blancas
de amistad, quisá temiendo
no la truequen las mudanças.
¡Qué bien bailan las serranas!
¡Qué bien bailan las serranas!
El cabello en crespos nudos
luz da al sol, oro a la Arabia
qual de flores impedido
qual de cordones de plata.
Del color uisten del Cielo,
si no son de la esperança,
palmillas que menosprecian
al safiro y la esmeralda.
El pie, quando lo permite
la brúxula de la falda,
lazos calsa y mirar dexa
pedaços de nieue y nácar.
Ellas, cujo mouimiento
honestamente leuanta
el cristal de la coluna
sobre la pequeña uasa,
¡Qué bien bailan las serranas!
f.236v
T ONINA PABA
236
40
45
50
55
¡Qué bien bailan las serranas!
Una, entre los blancos dedos
hiriendo g[u]icas bizarras,
instrumento de marfil
que las Musas lo embidiaron,
las aues enmudeció
y enfrenó el curso del agua;
no se mouieron las [h]ojas
por no impedir lo que canta:
“Serranas de Cuenca
iuan al pinar,
unas por piñones
y otras por bailar.
Bailando y partiendo,
las serranas bellas,
un piñón con otro,
si ya no es con perlas,
de Amor las saetas
huelgan de trocar
unas por piñones
otras por bailar”.
f.237r
Romance di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di DAMASO ALONSO.
v.25 Ms. por millas
v.29 Ms. cassa
v.53 Ms. de
CIX (ff.237r-238v)
ROMANCE
5
10
Según buelan por el agua
tres galeotas de Argel
un Aquilón africano
las engendró a todas tres.
Y según los uientos pisa(n)
un bergantín genoués
si no uiste el temor alas
de plumas tiene los pies.
Mortal casa uienen dando
al fugitiuo vaxel
f.237v
Canzoniere ispano-sardo
15
20
25
30
35
40
45
50
55
en que a Nápoles passaua
en conserua del virrei.
Un español con dos hijas
una sol y otra clauel
que tuuieron a León
por Oriente y por uerjel.
Derrotóle un temporal
y la que no dió al traués
a vista dio de Morato,
renegado calabrés.
El tagarote africano
que la española garça ue(e),
en su noble sangre piença
esmaltar el cascabel.
Peinando le ua las plumas
mas el uiento burla dél,
interpuesto entre las alas
y entre la garra (el) cruel.
Ya surcan el mar de Denia
ya sus altas torres ue(e)n,
grandesa del Duque a[h]ora,
título ya del Marqués.
De sus torres los descubren
y en distinguiendo después
la cruz en el tafetán,
la luna en el alquizel,
ocho y dies pieças disparan
que en ocho globos o dies
embueluen de negro humo
al cossario su interés.
Los braços del puerto ocupa
con fatiga y con plaser
el bergantín destrosado
desde la (a)quilla al garçés.
El leonés agradecido
al cielo de tanto bien,
de libertad coronado
dize, si no de laurel:
“O[h] puerto, templo del Mar,
cuya húmida pared,
antes faltara que tablas
señas de naufragios den.
Fortaleza imperiosa,
terror de Africa y desdén,
yugo fuerte y Real espada
que reprime y que da ley.
237
f.238r
f.238v
T ONINA PABA
238
60
65
70
Defensa(s) os deuo y abrigo,
mi libertad vuestra es,
y mi lengua desatada
en alabanças tanbién.
Con tus altos muros viua
tu ínclito dueño, a quien,
como a ti el Mediterráneo
la embidia le bese el pie.
Immortal sea su memoria
en la gracia de su Rey
por galardón protegida
si començó por merçed.
Que seruicios tan [h]onrados
y de Acates tan fiel
immortalidad mereçen
si no de uida, de fe”.
Romance di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di DAMASO ALONSO.
v.3 Ms. aquilán
v.32 de
CX (f.239r)
Es un rapasillo ingrato
que no llega a mereçer
ni a mi sapato
su madre, ni él.
5
10
De la viña uino Antón
enamoradito aier
y con razón
que [h]a uisto a Inés.
Y el triste sus ojos uió
que [...] no dudaré
porque sé yo
que son para uer.
Combinazione di ottonari, quinari e senari in strofe di taglio popolare.
Schema rimico:abab.
239
Canzoniere ispano-sardo
CXI (ff.239r-240v)
ROMANCE
5
10
15
20
25
30
35
40
Funestos y altos çipresses,
frondosas y uerdes ramas
cercan un campo cubierto
de abrojos y [h]ieruas largas.
En medio estaua un sepulcro,
al pie de una palma ingrata,
que, cómo da el fruto tarde,
con la muerte se compara.
La noche estaua en silencio,
medrosa, fría y [h]elada,
y la siniestra cornexa
[h]echa sentinela y guarda.
Quando, al rajo de la luna
que baxaua entre unas ramas,
uide quatro bultos negros
que lleuauan unas andas.
Al uno llaman oluido,
al otro desconfïança,
los otros dos se desían
el engaño y la mudança.
Alumbrauan en sus manos
quatro funerales achas,
negras ellas, y el (es)pabilo
(y) negro el [h]umo y las llamas.
[H]asta la luz era negra,
porque en su región tirana
con su obscuridad se alumbran,
porque siempre a escuras andan.
Entrados que fueron dentro,
al pie del sepulcro paran,
dando, de los firmes [h]ombros,
al suelo la inútil carga.
Y con manos liberales,
de las funerales andas,
sacaron un muerto viuo
que gemía y suspiraua.
Señido estaua de cadenas
y en la boca una mordaça,
que quien muere de su mal
muere y por su honra calla.
Metiéronle en el sepulcro
f.239v
f.240r
T ONINA PABA
240
45
50
55
donde otros muertos le guardan,
que, en son triste, al huésped nueuo
con gemidos saludauan.
Confuso yo, y codicioso
de saber a quién lleuauan,
llegándome hasia el sepulcro
que solo y desierto estaua,
vi unas letras que desían
en la piedra figuradas:
“Aquí se entierran los muertos
de perdidas esperanças.
Entre éstos yase Menalio,
enterrándole, sin causa,
los zelos, muerte de viuos,
que ésta es su propia morada”.
f.240v
Romance di Luis de Góngora. Sviluppa, attraverso la metafora funebre,
il motivo della gelosia, “morte dei vivi”.
v.2 Ms. frondosos
CXII (f.240v)
OTRAS
5
10
Con el retrato de Adonis
Venus dormida se queda,
y, embidioso de sus dichas,
Amor quitárselo intenta.
Mucho aduentura quien duerme
pues que de sí se enagena,
y, por más que esté presente,
de quien le adora se ausenta.
Menos deue a su cuidado,
quando más la lisongea,
pues que a uistas del peligro
del sueño uençer se dexa.
“¡Dispierta, dispierta!
Que quien ama
no es justo que duerma”.
Romance, già edito in ACUTIS, con assonanza e-a presente anche nei vv.
13 e 15, anisosillabici. Gli ultimi due versi, disposti nel manoscritto come
241
Canzoniere ispano-sardo
fossero uno, segnano, insieme al v.13, il passaggio dal tono impersonale
della descrizione al coinvolgimento emotivo del poeta, espresso dalla
voce verbale in seconda persona e dal tono monitorio della conclusione.
CXIII (f.240v)
OTRAS
Diuina y [h]ermosa Casandra,
pues que ignoras que es amor
que sólo ignorarlo tú
[...]
Frammento di una strofa di ottonari. Nel canzoniere è stato trascritto
come l’inizio del componimento successivo, indizio di distrazione del
copista e del fatto che, forse, questi attingeva a dei fogli scritti.
CXIV (f.241r-v)
5
10
15
[Siéntome a la ribera de los ríos
donde estoy desterrado y lloro tanto]
que los [h]asen creser los ojos míos;
si alguna ues, por consolarme canto,
es cosa para mí de grande pena
que tengo por mejor boluerme al llanto.
Unos, por se alegrar,
buscan floridos prados y sombríos,
mas yo, para llorar
los tristes males míos,
siéntome a la ribera de los ríos.
Más ásperos que abrojos
son para mí estos árboles y cantos,
mas, ¿qué podrán mis ojos
mirar que no sea llanto?
donde estoy desterrado y lloro tanto.
Testigos de mis males
son estas peñas y peñascos fríos,
T ONINA PABA
242
20
25
30
35
los fieros animales,
testigos son los ríos
que los [h]asen creser los ojos míos.
Testigos son las peñas
que continuo risuenan a mi llanto,
también las duras peñas,
cuyo rigor quebranto
si alguna ues por consolarme canto.
El verme triste, ausente,
tan lejos de mi luz clara y serena,
el uerme claramente
que biuo en tierra agena,
es cosa para mí de grande pena.
Y si en el gran tormento
mis miembros se adormesen algún tanto,
[tantas congojas siento],
tan triste me leuanto,
que tengo por mejor boluerme al llanto.
Lira garcilasiana. Glosa di un sestetto acefalo. Schema rimico: aBabB.
Testimonianze: Ms. 52 BCB; VERGEL, solo la “cabeza” della glosa, [Rubrica: Tercetos à la Santa Cruz]. L’integrazione (v.34) è stata apportata
sulla base della lezione del Ms. 52 BCB.
v.1 destos VERGEL
v.5 tanta VERGEL
v.18 estas breñas Ms.52
v.20 son las breñas Ms.52
v.28 tan ciego Ms. 52
v.29 y el ver tan Ms. 52
v.31 tanta pena Ms.52
v.34 tantas congojas siento, Ms. 52
CXV (ff.241v-242v)
OTRA BURLESCA
¡Asoluamos el sufrir,
deseemos el callar,
mucho tengo que llorar
poco tengo que reír!
Canzoniere ispano-sardo
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Deseado he desde niño,
y antes, si puede ser antes,
ver un médico sin guantes
y un abogado lampiño,
un poeta sin aliño,
un romance sin orillas,
un saión sin pantorrillas
y unas ferias sin prestar.
¡Mucho tengo que llorar
poco tengo que reír!
243
f.242r
Al [h]umo le deue cejas
la que al sepulcro cabellos,
de ojos graues, porque dellos
aun las dos niñas son viejas;
este miro de sus rejas,
y de los muchac[h]os juego,
a[h]ogado aier de un çiego
hoy se nos quiere morir.
Mucho tengo que llorar
poco tengo que reír.
Con la gala el interés
indignada han descubierto,
que no se dé perro muerto
sin ella aun en Leganés,
quanta uerdad esto es
Madrit, que es grande, lo digo,
aunque diga cierto amigo
que es mejor gala pagar.
Mucho tengo que llorar
poco tengo que reír.
Médico [ha]y, aunque lego
que la mejor calentura
se cura, no siendo cura,
da el olio y entierra luego
y aunque la çiencia le niego
le considero de grado
a un [pergamino] arrullado
y un engastado azafir.
Mucho tengo que llorar
poco tengo que reír.
Truxo en dote un seraphín
cassa de jardín gallardo,
unos alanes al Pardo
f.242v
T ONINA PABA
244
50
y un postigo al Balsaín
mientras pisan el jardín
visita el maridón,
[espejo hecho el balcón,
sus canas ve pardear].
Mucho tengo que llorar
poco tengo que reír.
Letrilla XXIII di Luis de Góngora (1625) di argomento satirico (nei confronti di una vecchia), priva della sesta strofa. Vari manoscritti e edizioni
a stampa danno come strofa iniziale la stessa riportata qui, che è di
Francisco de Quevedo. La confusione era già stata segnalata nel 1648
dall’editore dell’opera quevediana (JAMMES).
v.2 desatemos JAMMES
v 4. mucho tengo que reír JAMMES
v.9 con aliño JAMMES
v.10 con pantorrillas JAMMES
v.16 Ms al se puso
v.18 Ms las demás
v.27 se dio JAMMES
v.30 lo diga JAMMES
v.31 bien que juzga cierta amiga JAMMES
v.36 a la menor JAMMES
v.37 Ms si, su JAMMES
v.41 integrazione JAMMES
v.50 Ms maradir
vv.51-52 integrazione JAMMES
CXVI (f.242v)
OTRA
5
“¿Quién es aquel cauallero
que a mi puerta dixo:¡abrid!?”
‘Cauallero soy, señora
cauallero de Motril.
Nieto soy de quatro grandes
de a tres uaras de medir,
tan deudo del Conde Claros
que me aquesto sin candil.
Mi hasienda es un escudo
[orlado de treinta mil]’”
...
245
Canzoniere ispano-sardo
Frammento di un romance di Luis de Góngora, di argomento satirico. Il
richiamo in calce al foglio indica: orlado, ma è privo di seguito. Il manoscritto presenta chiari segni che sono stati recisi dei fogli.
v.4 Moclín DÁMASO ALONSO
CXVII (ff.243r-244r)
DEL PECADOR A CRISTO JESÚS
Coplas
Soy gran pecador
mi misero ei
Christo soberano
misere mei.
5
10
15
20
25
He sido traidor,
confiéssome Dios,
ofendiendo a vos
que sois mi Señor,
dadme gran dolor
mi misero ei.
Christo soberano
misere mei.
Yo maluado he sido,
siendo uos tan bueno,
pues sin tassa y freno
tanto os he ofendido
conque he tran[s]gredido
vuestra Santa Ley.
Christo soberano
misere mei.
Luzbel, que es engaño,
mi Dios, me engañó
conque me apartó
de vuestro rebaño,
a llorar mi daño
vengo a vuestra grei.
Christo soberano
misere mei.
f.243v
T ONINA PABA
246
30
35
40
45
50
55
Con tanto pecado,
neçio pecador,
(h)ay, mi Redentor,
que os he dexado,
pues he quebrantado
sic mandata Dey
Christo soberano
misere mei.
Con grande dolor
de mi coraçón,
os pido perdón
Christo Redentor,
perdonat Señor
mi Dios y mi Rey.
Christo soberano
misere mei.
La oueja soy yo
que andaua perdida,
soy la que dejó
la senda de mi uida,
bueluo arrepentida
[h]eme aquí a tu grei.
Christo soberano
misere mei.
f.244r
Pues, para alcançar
diuina clemencia,
plenaria indulgencia
vengo con pesar,
prometo guardar
siempre vuestra Ley.
Christo soberano
misere mei.
Estribillo tetrastico, seguito da sette mudanzas che lo riprendono secondo
la struttura del villancico. Schema rimico: abbaac (fa eccezione la strofa
n° 7: ababbac).
Parrebbe far parte di quella abbondante produzione di carattere
penitenziale che i fedeli mandavano a memoria. Da notare nel v. 50,
riferito alla Divinità, il passaggio dalla seconda persona plurale a quella
singolare, che rimane però isolato.
v. 41 perdonat, catalanismo o italianismo
Canzoniere ispano-sardo
247
CXVIII (ff.244r-246v)
A LA VIRGEN RESIÉN PARIDA
5
10
15
20
25
30
35
La aldeana graciosa
resién parida,
visitándola Reies
no les da sillas.
Una obscura noche
del sol embidia,
parió la aldeana
de nuestra villa.
Fuimos sus parientes
a uella un día
de riquesas pobre[s]
claros eni[g]mas.
[H]allámosla sola
pero tan linda,
que baja[ba] el cielo
todo a seruilla.
Mas aunque su Madre
fue un tiempo rica,
ella estaua pobre
mas siempre limpia.
No tuuo en la cama
ricas cortinas
que el suelo era Cielo
que la cubría.
La cuna fue pajas,
y las mantillas
lirios, azuzenas
y clauellinas.
Eran los cristales
y selosías
pedaços del Cielo
por donde mira.
Reies de Oriente
también caminan,
oro le presentan,
incienso y mirra.
Cómo [no] las tenía
la [h]ermosa niña,
visitándola Reies
f.244v
f.245r
T ONINA PABA
248
40
45
50
55
60
65
70
75
80
no les da sillas.
Colunas y palazes,
ricas cortinas,
de antiguo edificio
rotas ruinas.
Y así os descubren
donde fabrican
de nieue los uientos
paredes frías.
Para las paredes
donde se arrima[n]
en tapices que andan
figuras biuas.
Esta casa tiene,
y esta familia
que en este aparato
Reies reçiba.
Reies que cubiertos
de oro de Síbar
arrastran(do) brocados
que el mundo estima.
Silla[s] le [h]an dado,
naide las pida
adonde los Cielos
ven de rodillas.
Y aunque las promete
para otro día
visitándola Reies
no les da sillas.
Dauid era esto,
Dios lo confirma,
sabio Salomón,
buen[o] Ezequías.
Mas no fue la causa
no [h]auer quien sirua
sillas a los Reies
en la uisita.
Pajes hay que buelan
y sillas ricas
en otros palacios
que tiene arriba.
Ser Reino tan grande
será por dicha,
pues es la gloria
f.245v
f.246r
Canzoniere ispano-sardo
85
90
95
100
del que le mira.
No se sientan Reies
donde él [h]abita,
que alguno que quiso
perdió la silla.
Desde su soberuia
se están vacías,
que las [h]vmildades
a Dios obligan.
María lo sabe
que es bendita,
por los que en su alma
los Cielos miran.
Como el ser [h]vmilde
tanto lo estima,
visitándola Reies
no les da sillas.
249
f.246v
Testo appartenente a Pastores de Belén, (Madrid, 1612), opera non teatrale di Lope de Vega che ha avuto il maggior numero di edizioni. Si
tratta di una composizione “en verso fluctuante de fondo de seguidilla
[...] pero con asonancia sostenida de romances, en las que los versos
impares son hexasílabos [...] y los pares son pentasílabos” (NAVARRO
TOMÁS). Non figura la rubrica.
v.59 Ms. bracados
v.69 Ms. Divid
v.77 Ms. buelen
v.85 Ms. sienten
v.93 Ms. no
v.94 Ms. pues es
T ONINA PABA
250
CXIX (ff.246v-247v)
COPLAS A LA VIRGEN DEL CARMEN
La risa de nuestra aurora
en el Carmelo se ve,
donde la alegría es flor
y fruto de todo plaser.
5
10
15
20
Llora Lusbel por sus risas
el [h]vmo de su altiués,
es que en el cielo rendidos
quedan su soberuia y ser.
Ciego el hombre de ignorancia
por el ancia de saber,
quedó allá del paraíso
fuera, priuado de bien.
Llore, pues, una mansana,
llore su mal proçeder,
pero en el Cielo a Elías
ríe que se alegra el bien.
Aquesa aurora es María
en quien encarnó el Clauel,
que es sol que nasce de Madre
tan pura como dize.
Pura quando se concibe,
quando aurora nascis[t]es,
que de su primer instante
de luzes luzero es.
25
f.247r
Rabia Luzbel por sus luzes,
que en este cielo Carmén
si el hombre perdió la graçia
mejora todo su ser.
Cuartetas asonantadas; assonanza ossitona in e, nei versi pari.
v.20 Ms. pero
v.26 Ms. Carmelo
f.247v
251
Canzoniere ispano-sardo
CXX (f.254r-v)
Tórtola que amante gimes,
solitaria, en tu recámara,
si me anhelas por consorte,
¿hasta quándo lo dilatas?
5
10
15
20
Heche tu fogosidad
desperesas de tardansas,
que tendrás mucho de fuego
si es amor el que te abrasa.
f.254v
Que me quieres, dises, alma,
mas mi congoxa no aplacas,
pues me atormentas más resio
quando quieres y no abraças.
No puede tu amor ser fino,
quando tu querer no basta
a resoluerse en obrar
si el de tu padre se aparta.
Riscos de inpossibles halla
quien con amores se enlaza,
y sabe bolar los montes
quien se uistió de sus alas.
No te nieg[u]es al consorcio
(h)aliento de mi esperança,
ni dudes de mi querer
pues todo biue en tus llamas.
25
Yo, Yoseph, y tú, María,
¿qué unión más acertada?
Pues el Cielo se empeñó
un tiempo por recabarla.
Cuartetas asonantadas, assonanza a-a. Lo sviluppo del tema sembra orientato a scuotere l’indecisione di un amante, mentre l’ultima strofa lo situa
chiaramente in ambito sacro. Si tratta, forse, di un’unione mistica (v.9)
tra l’anima e Dio.
v.3 Ms. conserte
v.17 Ms. huella
v.26 Ms. asortada
252
T ONINA PABA
253
Canzoniere ispano-sardo
I NDICE DEI PRIMI VERSI
A Bartolomé esta uez
Admirado encanto mío
A la aurora del sol de la gracia
Al eterno preseruada
Al fin tráxome mi suerte
Al fin tráxome mi suerte
A Madrid a uenido para que
A mí Jesús hermosíssimo
Aprendet flores de mí
Apurar cielos pretendo
Aquel peregrino rey
Aquella tórtola amante
Aquí que nayde nos oye
Ardiendo en piadoso fuego
Atambié atambié
Atención que hablo de ueras
Atended que va de historia
Aunque agora el uiento espira
Aunque haya de negar nombre
Aunque tanta gala ostente
f.38v
f.190r
f.109v
f.108r
f.66r
f.67v
f.100r
f.98r
f.50v
f.232r
f.143v
f.99v
f.164v
f.18v
f.231r
f.37v
f.2r
f.188r
f.153r
f.42v
Buenas noches señores
f.4v
Cantar linda letra es justo
Como buen soldado viejo
Con el papel en la mano
Con el retrato de Adonis
Con raçón todo el orbe
Considera alma perdida
Corre Gil verás
Cosa me mandan bien recia
Cristianos y redemidos
f.41r
f.142v
f.15v
f.240v
f.20v
f.188r
f.52r
f.30r
f.54v
Da bienes Fortuna
Dama hermosa que pretendes
De deziros no me arredro
De Ignacio la santidad
De las banderas de Marte
De un olmo graue y soberuio
De un pan de escollo pendiente
Del sepulcro de mis penas
Desmenusado un arroyo
f.229r
f.193r
f.33v
f.15v
f.66r
f.129r
f.130r
f.166r
f.162r
254
T ONINA PABA
Dime Blas porque te uies
Dize Christo señor nuestro
Diuina y [h]ermosa Casandra
Dulce encanto de mis ojos
Dulce Jesús y que ley mi rey
f.132r
f.76r
f.241r
f.111r
f.191v
El sufrimiento es preciso
En algún lance apretado
En el baile del exido
En graues acentos mueva
En la naue de san Pedro
En unos bosques frondosos
Enamorado y zeloso
Entre essas aguas turbias
Es un rapasillo ingrato
f.141v
f.36r
f.233r
f.12r
f.138v
f.157r
f.130v
f.230v
f.239r
Funestos y altos cipresses
f.239r
Gigante cristalino
Grande Emperador de España
Haze el diuino Amor
Jesús a hablar me ayude
La aldeana graciosa
La experiencia en pocos años
La más bella niña
La risa de nuestra aurora
Larga cuenta que dar de tiempo largo
Los pájaros en el uiento
Los sercados de Betulia
Luego que el Saluador huvo acabado
f.133r
f.168r
f.64v
f.25r
f.244r
f.67v
f.234v
f.246v
f. 52r
Lloraua la niña
f.229v
Madre la mi madre
Majo se a buelto deciembre
Mísera Francia que sustentas gentes
f.159r
f.129v
f.187v
No hay poder contra la muerte
No quiero no quiero nada
No sé como retratar
f.68v
f.160r
f.40r
Oh tú que estas sepultado
Oygan la insigne victoria
[H]oy el río Ebro dará
[H]oy muriendo burla al mundo
Oí, palpé, gusté, ui y tuue olfato
f.219v
f.45r
f.13v
f.10v
f.48v
f.231v
f.71r
Canzoniere ispano-sardo
255
Pajarillo que esplicas alegre
Para aplaudir a’ un santo nuevo
Para que con mucha luz
Paxarillo que vas por selua
Paxarillo que vas por las selvas
Pasados quarenta dias
Permítanme todos
Pescaua yo corales
Piensa que te has de morir
Por no estar a toma y daca
Por ser tan niño el objeto
Puedo esperar con raçón
Pues oy a Saturnino
Pues soys de nuestro consuelo
f.226v
f.33v
f.43v
f.137v
f.149v
f.9v
f.23v
f.156r
f.92r
f.166v
f.8v
f.28r
f.26v
f.104v
Quán presto passa el plazer
Quién es aquel cauallero
f.188r
f.242v
Respira ira mi pecho
Retrato uiuo que entre sombras muertas
Rompa sonora mi voz
f.150v
f.220r
f.3r
Salga mi trabaxada voz y rompa
Señora naide se iguala
Señora pues que de bodas
Según buelan por el agua
Se principia tu gouierno
Si a San Mig[u]el retrato
Si canto a Borja en nota
Si canto a mil marauillas
Siéntome a la ribera de los ríos
Si para ver mis males
Si por obra, palabra o pensamiento
Soy gran pecador
f.187r
f.37r
f.35r
f.237r
f.151r
f.22r
f.32v
f.13r
f.241r
f.163v
f.52r
f.243r
Todos dan por assentado
Tórtola que amante gimes
Tu madre te casó
f.17v
f.254r
f.158v
Va de prólogo al letor
Va de prólogo al letor
f.133v
f.134v
[...] y que su luz
Ya se murió mi muger
¿Yo para que nací? para saluarme
f.1r
f.230v
f.46v
256
T ONINA PABA
257
Canzoniere ispano-sardo
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
I. Manoscritti
Manoscritti Biblioteca Nacional Madrid
1132; 3168; 3657, 3665; 3667; 3670; 3671; 3673; 3674; 3675; 3721; 3736;
3741; 3746; 3771, 3772; 3785; 3798; 3884; 3889; 3904; 3907; 3914; 3937;
3950; 4049; 4052; 4062; 4103; 4141; 4271; 5829; 6620; 6880; 6886; 7746;
7749; 8427; 8489; 10756; 19537; 11976; 13424; 13751; 14838; 17556;
17717; 17556; 18667;
Manoscritti Biblioteca de Catalunya Barcellona
3, Cançoner de vides de Sants.
52, Cançons de Nadal y altres (en català i castellà).
78, Recull de poesies diverses, originals i copies d’altres autors, recopilat per
Josep Bori i Santinyà (1706).
111, Cançoner de Nadal.
995, Cartas de su Magestad Felipe V escritas al Ill.mo Señor Don Pedro
Martinez Rubio durante la visita general que hizo en el Reyno de Cerdeña el
año 1649 hasta el 1655.
1130, Cançoneta al Naixament de Christo.
1191, Goigs catalans.
1223, Desperdicios del Parnaso. Poesies en català i castellà, s.XVII, recopilat
per Emanuel Mas y Soldevila.
1358, Recreo y jardi del Parnas y Musas catalanas, recopilat per Batista
Miranbell, s.XVII.
1495, Cançons de Nadal i lletres per esser cantades. En castellà. S.XVII.
3521, Recull de poesies castellanes, s.XVIII.
3982, Recull factici de poesies de tema nadalenc.
Manoscritti Biblioteca Universitaria Barcellona
161, Cancionero castellano: I, 25, 147-49.
166, Silva de varias flores que huelen a lo divino: I, 215, 6.
828, Poesias de varios autores, ss. XVII-XVIII, II, 361.
888, Sermones y platicas espirituales, s.XVIII.
1113, Antologia poetica, III, 166.
258
T ONINA PABA
1136, Poesias religiosas, III, 186.
1146, Florilegio poetico, III, 193.
1151, Poesias religiosas, III, 198.
1207, Acto de contricion de un pecador, III, 258.
Coleccion de poesias religiosas, I, 206, 7.
Poesias diversas, II, 401, 468.
Coplas a lo divino, decimas y loas, II, 428.
Glosa poetica, III, 168.
Poesia religiosa, III, 186.
Poesias varias, III, 305.
Manuscritos con poesias, III, 11, 14, 106, 107, 186, 193.
Manoscritti Biblioteca Braidense Milano
Ms. Ad. XI. 57
Manoscritti Biblioteche Sarde
1. Alabanças de los santos de Sardeña por el Doctor Iuan Francisco
Carmona, sardo calaritano, conpuestas y ofresidas a honrra y gloria de
Dios y de sus Santos, año 1631 [ BUC].
2. Obra poetica, sermon y novenario con otras sagradas noticias y milagros del
prodigioso Beato Salvador de Horta, religioso Liego Observante de N.s.p.s.
Francisco, Oriundo de la Ciudad de Caller e hijo de la Santa provincia
de San Saturnino, Martir calaritano, en Sardeña.... por el R.P.F. Juan
Maria Contu [BUC].
3. Libro de Comedias escripto por Fray Antonio Maria de Estercily, sacerdote
capuchino en Selluri, año 1688 [BUC].
4. Vida, martirio y milagros de San Antiogo - sulcitano-, patron de la isla de
Sardegna..., conpuesta, escrita y recopilada de la historia y oficio antigo
del dicho santo por el R.do P. Fray Salvados Vidal... [BUC].
5. Libro de varios exenplos collegidos y varios auctores anno 1669. [Ms. 192
BUC].
6.Historia cronologica y verdadera de todos los sucessos y casos particulares
sucedidos en la isla y reyno de Cerdeña del año 1637 al año 1672 por el
padre Jorge ALEO Predicador Capuchino de la Provincia de Sardeña y
natural de la ciudad de Caller. [BUC, BCS].
7. Carta o consulta para la Señora Reyna Nuestra del Consejero don Juan de
Herrera dando quenta de todo lo que obro en el reyno de Cerdeña en la
Comision que se encargo de la averiguacion de la muerte del Marques
de Camarassa Virrey de dicho reyno y de todo lo que se obro en esta
ocurrencia sobre este caso, en Caller, 15 de julio de 1669 [BUC].
Canzoniere ispano-sardo
259
8. Varios canticos sacros in sardu idioma de su sacerdote Joanne Baptista
Madeddu benefiziadu de sa primaziale calaritana e in ateru tempus Rectore
de sa parrochia de Tadasuni, [contenente una] Comedia sacra a sa Resurrezione de Jesu Christu, in sesta-lyra sarda pro recreazione de sos
seminaristas tridentinos [inizio sec. XIX, BUC].
9.[Memorie del padre Antonio Sisco, contenente versi in lingua spagnola tra cui] Composiciones de la Madre Clara Maria Escoto, Monja Capuchina
del Monasterio de Sacer [ms. n°45 BUS].
10. [Manoscritto opera del padre Antonio Sisco contenente le Coplas
para bien morir [ ms. n°177 BUS].
11. Manoscritto di “canzonette e varietà” contenente versi in lingua spagnola. Opera di Juan Nabarro [XVIII sec., ms. n°229 BUS].
12. Historia de la vida y hechos del nobilissimo cauallero calaritano Apostol
del Reyno de Sardeña e invicto Martyr San Luxorio compuesta, de quanto
se halla escripto en varios codices, kalendarios, Martyrologios y Autores
sardos y forasteros, por el R. Juan Pedro Quessa Cappay, Doctor en
ambos derechos, Rector de las Villas de Borore y Noragugume y
Examinador Synodal del obispado de Alguer dedicada à la Soberana
Magestad de la reyna de los Cielos Maria Santissima, Madre Virgen del
mismo Dios Humanado Jesu Christo nuestro Señor, año 1551 [BCS].
13. Ensalada de papeles varios [contenente versi in spagnolo e in sardo,
ms. n°161 BUS]
14. Vida y milagros de los Santos Martires Gavino Proto y Januario , [opera
del gesuita Simon Soggiu , BCS]
15. Miscellanea Variarum Rerum, scripta a Frate Sebastiano à S. Joseph,
Calaritano, Romae, die viii Decebris 1662 [opera di Sebastiano Suñer
contenente versi in spagnolo tra cui il] Romance a la Soledad de Maria
Nuestra Señora, Villansicos à varios Santos y al Nasimiento de Christo, Al
Nasimiento de la Virgen Maria Nuestra Señora Soneto, Sobre Santa Chaterina
Virgen y Flor de Siena, Quintillas; De San Migel Arcangel, Quintillas; Octava;
Otra coplilla a la muerte; ecc. [BCS].
16. Meditaciones para los ordinarios exercicios espirituales annuos por 8 dias
entresacadas del Libro del Temporal y Eterno y otras meditaciones. Para
uso de los religiosos de las escuelas Pias y estos entresacados el P.
Bernardo de la Madre de Dios Provincial en este Reyno en 8bre año
1696 [ms. n°237 BUC]
17. Crisol de Virtudes Christianas y Avisos de la Perfecion Religiosa del
Admirable Siervo de Jesu Christo el Venerable Padre Josef Calasanz de
la Madre de Dios, dividido en tres tomos y comentado por el Padre
Nicolas de la Concepcion Sacerdote de la misma religion, año de 1720,
260
T ONINA PABA
[contenente il] Catalogo de los Varones Ilustres de los Clerigos Regulares
Pobres de la Madre de Dios de las Escuelas Pias que florecieron en la
primera edad de la religion y fueron del Venerable Padre Fundador el
Padre Josef Calasanz de la Madre de Dios contemporaneos [ms.46-48
BUC]
II. Opere a stampa
ACORRA Andres de, El Fenix de Sardeña renace de sus cenizas. Oraciones
postumas que dixo el muy R.P.M. Fr...., hijo de la ciudad de Caller y de
su real Combento de N. Señora de Buenayre..., Tomo I. Sacalo a luz el
P. Lector fr. Matheo Contini, Hijo de la misma ciudad y combento...,
dedicalo a don Saluador Zatrilla Vico Dedoni y Manca, año 1702, en
Caller en la Emprenta de Onofrio Martini.
ACUTIS = ACUTIS Cesare, Presenza del Romancero in Italia nei secoli
XVI, XVII e XVIII, in La romanza spagnola in Italia, a cura di BERTINI
Giovanni Maria, Torino, Giapichelli, 1970.
AGENO Fridericus, Librorum saec. XV impressorum qui in Bibliotheca
Universitatis Studiorum Sassarensis adservantur Catalogus, Florentiae,
Leo S. OLSHKI - Bibliopola, MCMXXIII.
ALDA TESÁN = ALDA TESÁN Jesús Manuel, (ed.) Jorge Manrique
Coplas para la muerte de su padre, Madrid, Cátedra, 1982.
ALEO = ALEO Giorgio, Storia cronologica di Sardegna (1637-1672), traduzione di Padre Attanasio da Quartu, Cagliari, Editrice Cattolica Sarda, 1926.
ALÍN José María, El cancionero español de tipo tradicional, Madrid, Taurus,
1968.
ALMAGRO Francisco (ed.), A. De Ledesma, Conceptos espirituales y
morales, Madrid, Editora Nacional, 1978.
ALONSO = ALONSO Dámaso, (ed.) Luis de Góngora, Obras en verso
del Homero español, que recogió Juan López de Vicuña, Madrid, CSIC,
MCMLXIII.
ALONSO Dámaso, BLECUA José María, Antología de la poesía española.
Poesía de tipo tradicional, Madrid, 1956.
ALZIATOR Francesco, Storia della cultura in Sardegna nel secolo XVII,
in “Atti del 3° Convegno Internazionale di Studi Sardi”, Cagliari, 1952.
ALZIATOR Francesco, La Passion de Christo di Francisco Carmona,
“Studi Sardi”, anno VIII, 1948.
Canzoniere ispano-sardo
261
ALZIATOR Francesco, Storia della letteratura di Sardegna, Cagliari, 1956.
ANATRA Bruno., Corona e ceti privilegiati nella Sardegna spagnola, in
“Problemi di storia della Sardegna spagnola”, Cagliari, 1975.
ANATRA Bruno, Editoria e pubblico in Sardegna tra Cinque e Seicento in
CERINA G., LAVINIO C. E MULAS L. (a cura di), Oralità e scrittura
nel sistema letterario, Roma, 1982.
ANATRA Bruno, Chiesa e società della Sardegna barocca, “Istituto di
Studi Storici”, Facoltà di Magistero, Università di Cagliari, 1985.
ARAGÓN Juan de, Sermon para la soledad de la Virgen Maria Señora
Nuestra, Caller, en la Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, 1632.
ARAOLLA Hieronimu, Rimas diversas spirituales de su Dottore in Calaris,
per Joanne Maria Galcerin, 1597.
ARAOLLA Hieronimu., Sa vida, su martiriu et morte dessos gloriosos
martires Gavinu, Brotu e Gianuari, in Mondovi, appresso Gio. Tomaso
de’ Rossi, MDCXV.
ARAMU Angelo, Storia della Compagnia di Gesù in Sardegna, Genova,
Ediz. S.I.G.L.A., Pellas e Pala, 1939.
ARCE = ARCE Joaquín, España en Cerdeña, Madrid, Instituo Jerónimo
Zurita, 1960, (trad. it.: La Spagna in Sardegna, a cura di Luigi Spanu,
Editrice T.E.A., Cagliari, 1982).
ARELLANO Ignacio, CAÑEDO Jesús, Observaciones provisionales sobre la
edición y anotación de textos del Siglo de Oro, en Edición y anotación de textos del
Siglo de Oro, Ed. Universidad de Navarra, 1987.
ARNAL DE BOLEA Jacinto, El Forastero, en Caller por Bartholomé
Gobetti, MDCXXXVI.
ARNAL DE BOLEA Jacinto, Encomio en octavas al torneo que defendio el
Illustrissimo y Excellentissimo Señor D. Geronymo Pimentel, Marques de
Vayona, Virrey y capitan General en el Reyno de Cerdeña, en Caller, en la
Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, por Bartholome Gobetti,
MDCXXVII.
ARULLANI Vittorio Amedeo, Echi dei poeti d’Italia e rimatori sardi dal
500 ai dì nostri, “Archivio Storico Sardo”, vol.VI, 1910.
ATZORI Luxorio, Sermon de la purissima Concepcion de Maria Santissima
Señora nuestra, Caller, 1670.
AUBRUN Charles V., Chansonniers espagnols du XVIIe siècle. II. Les
recueils de Modène, “Bulletin Hispanique”, LII, 1959.
262
T ONINA PABA
AUTS = Diccionario de la lengua castellana (de “Autoridades”, Madrid,
Hierro, 1727-1739, 6 voll.; ed. facsimile Madrid, Gredos, 3 voll., 1964.
AVENOZA G., Repertori dels manuscrits en llengues romaniques conservats
en biblioteques barcelonines, Barcelona, Universitat de Barcelona, 1991.
AVISOS = AVISOS PARA LA MUERTE, escrito por varios ingenios de
españa, Lisboa, 1659.
BALBINO Marcos, Literatura religiosa en el Siglo de Oro español in Historia
de la Iglesia en España, Madrid, La Editorial Católica, 1980.
BALSAMO Luigi, La stampa in Sardegna nei secoli XV e XVI, Firenze,
1968.
BASCONES Jose de, Aqui se contienen dos obras maravillosas: la primera,
un Dialogo entre el cuerpo y el alma: la segunda un juego de esgrima a lo
Divino. Compuestas por el Bachiller Don Joseph de Bascones, Madrid,
por Francisco Sanz (s.a.).
BATLLORI Miquel, La cultura sardo-catalana nel Rinascimento in I
Catalani in Sardegna (a cura di Jordi Carbonell e Francesco Manconi),
Consiglio Regionale della Sardegna, 1985.
BECCARIA Gian Luigi, Spagnolo e spagnoli in Italia. Riflessi ispanici sulla
lingua italiana del Cinque e del Seicento, Torino, Giapichelli, 1968.
BELLORINI Egidio, Saggio di canti popolari nuoresi, Bergamo, 1893.
BELLORINI Egidio, Canti amorosi raccolti a Nuoro, Bologna, 1968.
Bibliotheca Scriptorum Ordinis Minorum S.Francisci Capuccinorum, Retexta
et extensa a F. Bernardo a Bononia, Venetiis, MDCCXLVII, apud
Sebastianum Coleti.
BLECUA José Manuel, Poesía de la edad de oro, Madrid, Castalia, I
(Renacimiento),1982; II (Barroco), 1984.
BOI DESSI Antonio, Poesie profane e sacre del M.R.P. Giovanni Pietro
Luca Cubeddu, (raccolte e commentate a cura di), Cagliari, Tipografia
Unione Sarda, 1905.
BONFANT Dionisio, Triumpho de los Santos del Reyno de Cerdeña, en
Caller, en la Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, MDCXXXV.
BONILLA Alonso de, Peregrinos pensamientos, de mysterios diuinos, en
varios versos, y Glosas dificultosas, Baeza, 1614.
BONILLA Y SAN MARTÍN Alfonso., Flores de poetas ilustres de los siglos
XVI y XVII, Madrid, Ruiz Hermanos, 1917.
BONU RAIMONDO, Serie cronologica degli arivescovi di Oristano, Sassari,
Gallizzi, 1959.
Canzoniere ispano-sardo
263
BORJA Francisco de (Principe de Esquilache), Obras en verso del Principe de Esquilache. Las obras en verso de don Francisco de Borja. Edicion
segunda, reuista y muy añadida, Amberes, 1654.
BOSCH Rafael, Vida y milagros del Beato Salvador de Horta de la Orden
del glorioso P.S. Francisco. Recopilada de su processo y de otros autores,
Barcelona, en la Emprenta de Iayme Romeu, a costa de Juan Sapera,
1639.
BOVER I FONT August, I goigs sardi, in I Catalani in Sardegna a cura di
Jordi Carbonell e Francesco Manconi, Consiglio Regionale della Sardegna, 1985.
BRAVO-VILLASANTE Carmen, Villancicos del siglo XVII y XVIII,
Madrid, E.M.E.S.A, 1978.
BRIGAGLIA Manlio, Intellettuali e produzione letteraria dal Cinquecento
alla fine dell’Ottocento, in, La Sardegna, Cagliari, 1982, 3 vol. l.
BRONDO Antioco, Parte primera del libro llamado historia y milagros de N.
Señora de Buenayre de la Ciudad de Caller de la isla de Cerdeña, 1596.
BULFERETTI L., La Sardegna nell’Archivio Generale di Simancas, “Archivio Storico Sardo”, vol.XXV, 1-2, Padova, 1957.
BULLEGAS Sergio, Il teatro in Sardegna da Sigismondo Arquer ad Antioco
del Arca, Cagliari, 1976.
BULLEGAS Sergio, L’effimero barocco. Festa e spettacolo nella Sardegna
del XVII secolo, Cagliari, CUEC, 1996.
BVRAÑA Jvan Bauptista, Ramillete espiritual...(compuesto por el doctor),
en Nápoles, 1662.
CALLEJA Diego, Poema español en que las Musas Castellanas cantan la
conversion de San Francisco de Borja, a vista del cadaber de la señora
Emperatriz D. Isabel, in FOMPEROSA y QUINTANA Ambrosio, Dias
sagrados y geniales... celebrados en la Canonizacion de S. F. de Borja,
Madrid, 1672.
CANAVAGGIO = CANAVAGGIO Jean, “Madre, la mi madre” Textes
et contextes, “Bulletin Hispanique”, 92, 1990.
CANCIONERO ANTEQUERANO. Recogido por los años de 1627-1628
por Ignacio de Toledo y Godoy y publicado por D. Alonso y Rafael
Ferreres, Madrid, CSIC, 1950.
CANCIONERO de 1628, edición y estudio del Canc.250-2 de la Biblioteca Universitaria de Zaragoza por J.M. Blecua, Madrid, CSIC, 1945.
CANCIONERO de Nuestra Señora: en el qual ay muy buenos Romances,
Canciones y Villancicos..., Barcelona, 1591 (ed. di A. Pérez Gómez,
Valencia, 1952).
264
T ONINA PABA
CANCIONERO de poesias varias, ms. n°617 de la Biblioteca Real de
Madrid, (ed., prólogo y notas de J. Labrador, A. Zurita e R. Di Franco),
Madrid, Ed. El Crotalón, 1986.
CANCIONERO del Bachiller Jhoan Lopez, ms. 3168 de la BN de Madrid,
ed. por R. J. Gabin, The Catholic University of America, José Porrua
Turanzos, 1980.
CANCIONERO General recopilado por Hernando del Castillo (Valencia,
1511), ed. facsímil por la Real Academia Española, (introducción
bibliográfica, índices y apéndices de A. Rodriguez Moñino), Madrid, 1958.
CANCIONEIRO DE CORTE e de magnates, ms. CXIC/2-2 da Biblioteca
Pública e Arquivo Distrital de Evora, (Ediçao e Notas por A.Lee-Francis
Askins), University of California Publications in Modern Philology,
Berkeley, 1968.
CANNAVERA Juan Bauptista (fray), Vida de San Antonio Abbad, en
octavas, en Caller, en la Imprenta de Santo Domingo, 1700.
Canzoneddas e sentimentus spiritualis a usu de is missionis de sa Cumpangia
de Gesusu in Sardigna - Tradusius po sa maggiori parti e parafrasaus de
s’italianu, Casteddu, 1843, de sa Tipografia Arcibiospali.
CARAVAGGI Giovanni (a cura di), Poeti cancioneriles del secolo XV,
L’Aquila-Roma, Japadre Editore, 1986.
CARAVAGGI Giovanni (a cura di), Cancioneros spagnoli a Milano, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1989.
CARIA = CARIA Clemente, Canto sacro-popolare in Sardegna, Oristano,
Editrice S’Alvure, 1981.
CARREÑO Antonio, El romancero lírico de Lope de Vega, Madrid, Gredos,
1979.
CARRILLO Martin, Relacion del reyno de Sardeña al rey don Phelipe Nuestro
Señor del nombre, sitio, planta, conquistas, christiandad, fertilidad, ciudades,
lugares y gouierno del reyno de Sardeña por el Doctor ..., Canonigo de la
Santa Iglesia de la Seo de Caragoça, Visitador general y Real del dicho
Reyno, en el año 1611, impressa en Barcelona, en casa de Sebastian
Matheuad, año MDCXII.
CARRUS Maurizio, Sa Passione et morte de nostru Signore Jesu Christu
segundu sos battor Evangelistas, Firenze, 1882.
CASTILLA Gabriel de, Discurso sobre la vida de el B.P.Francisco de Borja,
Xerez de la Frontera, 1625.
CASTRO Adolfo de, Poetas líricos de los siglos XVI y XVII, Madrid,
Atlas, B.A.E. XXXII, XLII, 1950-1951.
Canzoniere ispano-sardo
265
CASTRO Manuel de, Manuscritos franciscanos de la BN de Madrid,
Ministerio de Educación y Ciencias, 1973.
CASU Alfonso, I frati minori in Sardegna, Cagliari, 1927.
CATÁLOGO de Villancicos de la Biblioteca Nacional, Siglo XVII,
Ministerio de Cultura, Madrid, 1992.
CEBRIÁN José, El mito de Adonis en la poesía de la Edad de Oro, PPU,
Barcelona, 1988.
CERIELLO = CERIELLO G.R., Carte e manoscritti spagnoli e portoghesi
della R. Biblioteca Universitaria di Sassari, “Revista de Archivos,
Bibliotecas y Museos”, XXXII, 1916.
CHERCHI Luigi, Devozionario poetico sardo, Cagliari, 1897.
CHERCHI Luigi, Gli arcivescovi di Cagliari (314-1983), Cagliari, 1983.
CHEVALIER Maxime, Los temas ariostescos en el Romancero y la poesía
española del Siglo de Oro, Ed. Castalia, Madrid, 1968.
CHIS = RODRIGUEZ MOÑINO Antonio, BREY DE MOÑINO María,
Catálogo de los manuscritos poéticos castellanos existentes en la Biblioteca de
“The Hispanic Society of America”(siglos XV, XVI y XVII), New York, The
Hispanic Society of America, 1965-1966, 3 vol. l.
CIRESE Alberto Maria, Poesia sarda e poesia popolare nella storia degli
studi, Cagliari, Edizioni 3T, 1977 (ristampa anastatica 1961).
CIRESE Alberto Maria, Alcune questioni terminologiche in materia di poesia popolare sarda: “mutu, mutettu, battorina, taja”, Edizioni 3 T, Cagliari,
1977 (ristampa anastatica 1959).
COCCO Marcello, Sigismondo Arquer. Dagli studi giovanili all’auto da fe,
(con edizione critica delle Lettere e delle Coplas al imagen del Crucifixo),
Cagliari, Edizioni Castello, 1987.
COCCO-ANGIOY Marisa, La poesia spagnola in Sardegna nei secoli XVI
e XVII, (edizione a cura dell’Autrice).
COLOMA Juan, Decada de la passion de Nuestro Señor Iesy Christo, Cagliari, Sembenino editore, Tipografo di Nicolas Canyelles, 1576.
CORONA POETICA en alabanza de la Virgen Nuestra Señora (Pliegos de
los siglos XVI y XVII), intr. de V. Castañeda y Alcover, Madrid, 1956.
CORRIDORE Francesco, Storia documentata della marina sarda dal periodo spagnolo al savoino, Bologna, 1900.
COSME DE VILLIERS, Biblioteca carmelitana, Aurelianis, 1752.
266
T ONINA PABA
CROCE Benedetto, Illustrazione di un canzoniere manoscritto italo-spagnuolo
del secolo XVII, Napoli, 1900.
COVARRUBIAS Sebastián de, Tesoro de la lengua Castellana o Española,
según la impresión de 1611, con las adiciones de Benito Remigio Noydens
publicadas en la de 1674, ed. Martín de Riquer, Barcelona, 1943.
CUBEDDU Gian Pietro (Padre Luca), Cantones e versos, Cagliari, 1982.
CUGIA Vincenzo, Nuovo itinerario dell’isola di Sardegna, Ravenna, 1892.
DEL PILAR PALOMO María, La poesía de la Edad Barroca, Madrid,
Sociedad General Española de Librería, 1975.
DE SANCHA = ROMANCERO Y CANCIONERO sagrados, colección
de poesías sagradas morales y divinas, sacadas de las obras de los mejores
ingenios españoles por don J. de Sancha, Madrid, B.A.E., 1950.
DEL ARCA Antioco, El saco imaginado, comedia famosa del M.R.P. ...,
de la Compañia de Iesus, Aguila de los laureados y primer Lope Sardo,
compuesta a honor de los Illustrissimos Martyres y Patrones deste reyno
de Cerdeña..., en Sacer, en la imprenta de Hieronymo de Castelví y
Logu, por Antonio Seque, año 1658.
DELEITO Y PIÑUELA José, La vida religiosa española bajo el cuarto Felipe.
Santos y pecadores, Madrid, Espasa-Calpe, 1952.
DELICIAS de Apolo, recreaciones del Parnaso, por las tres Musas Urania,
Euterpe y Caliope. Hechas de varias poesias de los mejores ingenios de
España, Zaragoza, Juan de Ybar, 1670.
DELITALA Pietro, Rime diverse, Cagliari, per Giouanne Maria Galcerino,
1596.
DE LITALA Y CASTELVÍ Joseph, Loa con que se introduxo la Celebridad de
los felicissimos años que cumplio a 6 de noviembre de 1666 la Real y Catholica
Magestad de D. Carlos segundo deste nombre N. Rey y Señor en la comedia
que represento en el Palacio del ... Marques de Camarassa, Virrey del Reyno
de Cerdeña, el illustre Don Artal de Alagon Pimentel, Arborea,... Marques
de Villasor,..., en Caller, en la emprenta de don A. Galcerin, por Nicolas
Pisa, año 1666.
DELITALA Y CASTELVÍ don Ioseph, Loa en la comedia que en el Salon
de Su casa represento el ilustre D. Artal de Alagon y Pimentel, Marques de
Villasor, conde de Monte Santo... festejando la celebridad del feliz parto
de la excellentissima señora Doña Maria Antioga de Alagon y Pimentel,
su hermana, princesa de Pomblin y de Venosa, escrita por ..., Cauallero
de la Orden de Calatraua y Caualleriço de Su Magestad en este Reyno
de Cerdeña, en Caller en la Estampa del Dr. Hylario Galçerin, por Nicolas
Pisà, con licencia, Año 1670.
Canzoniere ispano-sardo
267
DELITALA Y CASTELVÍ Ioseph, Cima del Monte Parnaso español con
las tres musas castellanas, Caliope, Urania y Euterpe, de ..., Cauallero de
la Orden de Calatraua, Cauallerizo de Su Magestad en el Reyno de
Cerdeña, Pregonero Mayor de El y Gouernador de los Cabos de Caller
y Gallura ..., en Caller, por Honofrio Martin, 1672.
DEPLANO Andrea, Tenores. Canto e comunicazione sociale in Sardegna,
AM&D Edizioni, Cagliari, 1994.
DEVILLA Costantino, I frati minori claustrali o conventuali in Sardegna,
Sassari, 1942.
DICCIONARIO de Historia Eclesiástica de España, dirigido por Q. Aldea
Vaquero, T. Marín Martínez, J. Vives Gatell, Madrid, Instituo Enrique
Florez, 1972.
DIEZ BORQUE José María (dirigido por), Teatro y fiesta en el Barroco,
Barcelona, Ediciones del Serbal, 1986.
DI STEFANO Giuseppe, “Introducción” a Pliegos poéticos españoles de la
Biblioteca Universitaria de Pisa, (ed. de M. C. De Enterría), Madrid, 1974.
DI STEFANO Giuseppe, El Romancero, (estudio, notas y comentario de
texto), Madrid, Narcea, 19
DI TUCCI Raffaele, Librai e tipografi in Sardegna nel Cinquecento e nei
primi anni del Seicento, “Archivio Storico Sardo”, vol. XXIV, Cagliari,
1954.
DOMÍNGUEZ ORTIZ Antonio, La crisis del siglo XVII. La población.
La economía. La sociedad in Historia de España, dirigida por J.M. Jover
Zamora, Madrid, Espasa-Calpe, 1989.
DORE Giovanni, Gosos e ternuras. Testi e musiche religiose popolari sarde, Nuoro, Istituto Superiore Regionale Etnografico, 1983.
DURÁN = DURÁN Agustín, Romancero General o Colección de romances
anteriores al siglo XVIII, Madrid, Atlas, B.A.E., Tomo X, XVI, 1945.
EGIDO Aurora, Fronteras de la poesía en el barroco, Barcelona, Editorial
Crítica, 1990.
ELIAS DE TEJADA F., Cerdeña hispánica, Madrid, Ed. Montejurra, 1960.
ELIZALDE Ignacio, San Francisco Xavier en la literatura española, Madrid, CSIC, 1961.
ELIZALDE Ignacio, San Ignacio en la literatura, Madrid, Universidad
Pontificia de Salamanca, 1983.
ERA A., Tre secoli di vita cittadina - 1479/1720- dai documenti dell’Archivio Civico di Oristano, Cagliari, 1937.
268
T ONINA PABA
ESQUIRRO Juan Efis, Sacra invocacion de Apolo en la fiesta que se celebro en la Primacial Calaritana por la nueba construcion del templo hecha
por el Illustrissimo Don Pedro Vico, Arçobispo de Caller..., en Caller,
en la emprenta del Doctor Hylario Galçerin por Nicolas Pisà, año 1674.
ESQUIRRO Juan Ephis, Loa en la Comedia que se represento en el salon de
Palacio del Excellentissimo Señor don Phelipe Conde de Egmont..., Virrey
del Reyno de Cerdeña, en Caller en la estampa del Doct. D. Hylario
Galçerin por Nicolas Pisà, 1681.
ETIENVRE Jean-Pierre, Márgenes literarios del juego. Una poética del naipe.
Siglos XVI-XVII, Londond, Támesis Books Limited, 1990.
FALCONI Juan, Obras espirituales, Zaragoça, 1631.
FALCHI E., Gli ebrei nella storia e nella poesia popolare dei Sardi, Sassari,
1935.
FERRARO Giuseppe (a cura di), Canti popolari in dialetto logudorese,
Torino, Ermanno Loescher, 1891.
FILIA Damiano, La Sardegna cristiana, Sassari, 1913.
Flor de romances, glosas, canciones y villancicos, Zaragoza, 1578 (ed. di A.
Rodríguez Moñino, Valencia, 1954).
FLORESTA de varios romances, (Valencia, 1652) ed. de A. Rodríguez
Moñino, Madrid, Castalia, 1970.
FOMPERANA y QUINTANA Ambrosio, Dias sagrados y geniales
celebrados en la Canonizacion de San Francisco de Borja por el Colegio
Imperial de la C. de I. de Madrid..., en Madrid, año de 1672.
FRENK ALATORRE Margit, Estudios sobre lírica antigua, Madrid,
Castalia, 1978.
FRENK ALATORRE Margit, Corpus de la antigua lírica popular hispánica
(siglos XV a XVII), Madrid, Castalia, 1987.
GALLARDO = GALLARDO José Bartolomé, Ensayo de una biblioteca
española de libros raros y curiosos, Madrid, 1863-89, 4 voll. (ed. facsímil,
Madrid, 1968).
GARCÍA Francisco, Vida, virtudes y milagros de San Ignacio de Loyola,
Madrid, 1685.
GARCÍA DE ENTERRÍA María Cruz, Catálogo de los pliegos poéticos
españoles del siglo XVII en el British Museum de Londres, Pisa, 1977.
GARCÍA DE ENTERRÍA María Cruz, Pliegos poéticos españoles de la
Biblioteca Universitaria de Pisa, (ed. facsímil precedida de una
Introducción por G. Di Stefano), Madrid, 1974.
Canzoniere ispano-sardo
269
GARZIA Raffa, La cultura in Sardegna e la letteratura nel Seicento e nel
Settecento, in Un poeta latino del settecento. Francesco Carboni, Cagliari, 1900.
GÓNGORA Y ARGOTE Luis de, Letrillas, (ed. R. Jammes), Paris,
Ediciones Hispano-Americanas, 1963.
GÓNGORA Y ARGOTE Luis de, Obras en verso del Homero español que
recogió Juan López de Vicuña, (ed. facsimile a cura di D. Alonso), Madrid, CSIC, 1963.
GUGLIERI NAVARRO Araceli, Inventario de los documentos de la
Compañía de Jesús en el Archivo Histórico Nacional, Madrid, Ed. Razón y
Fe, 1967.
INVENTARIO GENERAL de manuscritos de la Biblioteca Nacional de Madrid, Ministerio de Cultura, Dirección general del Libro y Bibliotecas,
Madrid.
JAMMES = GÓNGORA Y ARGOTE Luis de, Letrillas, ed. di Robert
Jammes, Paris, Ediciones Hispano-Americanas, 1963.
JARDIN DE APOLO, Academia celebrada por diferentes ingenios. Recogida
por don Melchor de Fonseca y Almeida..., en Madrid, por Julian de
Paredes, 1655.
JAURALDE Pablo, El público y la realidad histórica de la literatura española
de los siglos XVI y XVII , “Edad de Oro”, I, Universidad Autónoma de
Madrid, Departamento de Literatura Española, 1982.
JAURALDE Pablo, NOGUERA D., REY A., La edición de textos. Actas
del Primer Congreso Internacional de Hispanistas del Siglo de Oro,
London, Thamesis Books United, 1990.
JENNER Hans, La glosa española, estudio histórico de su métrica y de sus
temas, “Revista de Filología Española”, XXVII, 1943.
LABERINTO AMOROSO de los mejores y mas nuevos romances... recopilado
por Juan de Chen, Barcelona, 1618 (ed. di J.M. Blecua, Valencia, 1953).
LAISECA ARTECHE María Teresa, Un cancionero sacro español del siglo
XVII. El manuscrito 4.154 de la Biblioteca Nacional de Madrid, Barcelona,
1964.
LAPESA = LAPESA Rafael, Historia de la lengua española, Madrid, Ed.
Gredos, 1968.
Laudi sacre del Bambino Gesù, a cura del Canonico Teologo Federico
Saddi, Cagliari, Tipografia Commerciale, 1898.
LEDDA Giuseppina, “Introduzione” al Catalogo degli antichi fondi spagnoli della Biblioteca Universitaria di Cagliari a cura di Marina Romero
Frias e Gabriella Ornelli, Giardini stampatori, Pisa, 1982-84.
270
T ONINA PABA
LEDDA Paola, (a cura di), Repertorio delle “Relaciones de comedia” esistenti nell’antico fondo della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Cagliari,
Università degli Studi, 1980.
LEDDA Paola, ROMERO FRIAS Marina, (a cura di), Catalogo dei Pliegos
sueltos poéticos della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Giardini Editori
e Stampatori, Pisa, 1985.
LEDESMA BUITRAGO Alonso de, Tercera parte de Conceptos espirituales,
con las obras hechas a la Beatificacón del glorioso patriarca Ignacio de Loyola,
Fundador de la C. de J., Madrid, por Juan de la Cuesta, año de 1612.
LEYES SYNODALES del Arçobispado Arborense estatuydas y promulgadas
en la synodo que en su Santa Metropolitana Yglesia celebro el Illustrissimo y
Reverendissimo Señor Don Pedro de Alagon, Arçobispo de Oristan y sus uniones
en el año 1680, en Caller, en la Emprenta del Doctor Don Hylario
Galçerin, año 1684.
LODDO CANEPA Francesco, La Sardegna dal 1478 al 1793, vol. I. Gli
anni 1478-1720, Sassari, Gallizzi, 1974.
LODDO CANEPA Francesco, Cavalierato e nobiltà in Sardegna. Le prove
nobiliari di Sardegna, Bologna, Arnaldo Forni Editore, (ristampa anastatica
1931).
LO FRASSO Antonio de, Los mil y dozientos conseios y avisos discretos
sobre los siete grados y estamentos de nuestra humana vida, para uiuir en
servicio de Dios y honra del mundo, (compuesto por...), Militar sardo de la
ciudad de Lalguer, en Barcelona, en la Emprenta de Pablo Corte y Pedro
Malo, a costa del Autor y con licencia del Ordinario, 1572.
LOPEZ DE UBEDA Juan, Cancionero general de la doctrina cristiana,
Alcalá de Henares, Juan Iñiguez de Lequerica, 1579.
LOPEZ DE UBEDA Juan, Vergel de flores divinas, Alcalá de Henares,
Juan Iñiguez de Lequerica, 1582.
LOPEZ DE UBEDA Juan, Romances de Nuestra Señora y de Santiago patron
de España, Cuenca, Cornelio Bodan, 1602.
MACHÍN DE AQUENA Ambrosio, Sermon predicado en la Beatificacion
de San F. de Borja, Sacer, 1624.
MADAU Matteo, Saggio di un’opera intitolata il Ripulimento della lingua
sarda, Cagliari, 1782.
MADAU Matteo, Le armonie dei Sardi, Cagliari, Stamperia Reale, 1787.
MANCINI Guido, Un romanzo sardo-ispanico del secolo XVII, “Annali
della Facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari”, XV, 1948.
Canzoniere ispano-sardo
271
MANCINI Guido, Lo spagnolo in Sardegna nei secoli XVIII e XIX, “Studi
Sardi”, anno VIII, fass. I-III, 1948.
MANCONI Gavino, Sermon predicado en la Fiesta de la Canonizacion de
San Ignacio, Sacer, 1623.
MANRIQUE Jorge, Coplas para la muerte de su padre, (ed. di Jesús Manuel
ALDA TESÁN), Madrid, Cátedra, 1982.
Manual bibliográfico de Cancioneros y Romanceros impresos durante el siglo
XVII, por A. Rodríguez Moñino, Madrid, Castalia, 1978.
MARAVALL José Antonio, La cultura del Barroco, Barcelona, Ariel, 1975.
MARTÍNEZ FERRANDO J.E., Influencia hispánica en la literatura sarda, “San Jorge”, n°46, abril 1962, Barcelona.
MARTINI = MARTINI Pietro, Storia ecclesiastica di Sardegna, Cagliari,
1840.
MARTIS Antonio, La vida y milagros de las B.B. Virgines Iusta, Iustina y
Enedin, sacada del Archivo de la S. Yglesia de Oristan..., en Sacer, en la
Emprenta del Ill.mo y Rev.mo Señor Don Ant. Canopolo, Arçobispo de
Oristan, por Bartolomeo Gobetti, año MDCXVI.
MATEU IBARS = MATEU IBARS Josefina, Los virreyes de Cerdeña, 2
voll., Padova, 1962-68.
MATEU IBARS Josefina, Las bibliotecas de Cáller, “Boletín de la
Dirección General de Archivos y Bibliotecas”, Madrid, XI, 1962.
MATEU IBARS Josefina, Los manuscritos de los siglos XVII y XVIII de la
Biblioteca Provincial y Universitaria de Barcelona, estratto da
“Biblioteconomia”, any XXXIII, n°80, 1976.
MAZZOCCHI Giuseppe, Comendador Román. Coplas de la Pasión con La
Resurrección, (edizione critica, studio introduttivo e commento di), Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1990.
MELE Eugenio, BONILLA Y SAN MARTÍN Alfonso, Cancionero de
Mathias Duque de Estrada, “Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos”,
6, 1902.
MELE Eugenio, BONILLA Y SAN MARTÍN Alfonso, Dos cancioneros
españoles (descritos por), “Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos”, 1904.
MELE Giampaolo, Un manoscritto di canto liturgico contenente “Gozos” e una
passione inedita in sardo logudorese, “Biblioteca francescana sarda”, I, 1987.
MELE = MELE Giampaolo, La passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
(Testi liturgici, paraliturgici e musicali in un manoscritto sardo del Settecento), Oristano, Editrice S’Alvure, 1989.
272
T ONINA PABA
MENÉNDEZ PIDAL Ramón, Romancero hispánico, Madrid, EspasaCalpe, 1953, 2 voll.
MEREGALLI Franco, Presenza della letteratura spagnola in Italia, Firenze, Sansoni, 1974.
MOLINER = MOLINER María, Diccionario de uso del español, Madrid,
Gredos, 1977, 2 voll.
MURA Giovanni Antonio, Aspetti linguistici e letterari delle fonti scritte
per lo studio dell’Età barocca in Sardegna, in KIROVA Tatiana, (a cura
di ), Arte e cultura del ‘600 e ‘700 in Sardegna, Napoli, 1984.
NAVARRO TOMÁS = NAVARRO TOMÁS Tomás, Métrica española,
Syracuse-New York, Syracuse University Press, 1956.
NAVIDAD y Corpus Christi, festejados por los mejores ingenios de España,
en Diez y seis autos a lo divino y diez y seis Loas, y diez y seis Entremeses ...
Recogidos por Isidro de Robles, Madrid, 1664.
Novena del glorioso San Francisco de Borja, Quarto Duque de Gandia y
despues Tercero General de la Compañia de Jesus, Sacer, en la emprenta
de Joseph Centolani y Simon Polo, con licencia.
NURRA Pietro, La poesia popolare in Sardegna, Sassari, 1893.
Ociosidad entretenida en varios entremeses, bailes, loas y jacaras. Escogidos
de los mejores ingenios de España, Madrid, 1668.
d’ORS Miguel, Vida y poesía de Alonso de Ledesma. Contribución al estudio
del conceptismo español, Pamplona, 1974.
PALOMBA = PALOMBA Giovanni, Tradizioni, usi, costumi di Alghero,
“Archivio Storico Sardo”, VII, 1911.
PAULIS Giulio, L’influsso linguistico spagnolo in La società sarda in età
spagnola, a cura di F. Manconi, Cagliari, Consiglio Regionale della Sardegna, 1992.
PES Gavino, Tutti li canzoni, Cagliari, 1981.
PILLITO = PILLITO Giovanni, Memorie tratte dall’Archivio di Stato di
Cagliari riguardanti i regi rappresentanti che sotto diversi titoli governarono
l’isola di Sardegna dal 1620 al 1720, Cagliari, 1874.
PINNA Girolamo, Storia del culto mariano in Sardegna, Cagliari, 1961.
PINTUS Sebastiano, Vescovi e arcivescovi di Ottana e Alghero, “Archivio
Storico Sardo”, voll.IV-V, 1907-08.
PIRODDA Giovanni, La Sardegna in Letteratura italiana. Storia e geografia. III: L’età contemporanea, Torino, Einaudi, 1989.
Canzoniere ispano-sardo
273
PIRODDA Giovanni, Sardegna, Brescia, Editrice la Scuola, 1992.
PIRODDA Giovanni, La letteratura del Seicento in La società sarda in età
spagnola, (a cura di F. Manconi), Cagliari, Consiglio Regionale della
Sardegna, 1993.
PISANU L., La presenza francescana in Sardegna, Frati minori d’Italia,
Città di Castello, 1981.
POESIAS VARIAS de grandes ingenios españoles recogidas por Josef Alfay
y dedicadas a don Francisco de la Torre, Caballero del Habito de
Calatraua, con licencia, en Zaragoza, por Juan de Ybar, año 1654.
PONCE Bartholome, Primera parte del libro intitulado Puerta Real de la
Inescusable Muerte, Caller, 1584.
PREGÓN GENERAL que manda publicar el Señor don F. Tuta Vila...,
Caller, 1669.
PRIMAVERA Y FLOR de los mejores romances,(Zaragoza 1629), de
Francisco de Segura, ed. de A. Rodríguez Moñino, Madrid, Castalia,
1972.
PUTZULU E., Carte reali aragonesi e spagnole dell’Archivio Comunale di
Cagliari, Padova, 1959.
QUEVEDO Francisco de, Obras completas, I. Poesía original, (ed.
J.M.Blecua), Barcelona, 1963.
RAFFAELE DA SANTA GIUSTA (padre), I frati cappuccini in Sardegna, 1590-1946, Milano, ed. Lux de Cruce, 1958.
RAMILLETE 1629 = RAMILLETE de divinas flores para el desengaño de
la vida humana, recopiladas con deligencia de los mejores y mas famosos
poetas de nuestros tiempos, por P.F.G.C.D., en Amberes, por Cesar Ioachim
Trognesius, MDCXXIX.
REDONDO DE FELDMAN Susana, Apuntes sobre la evolución del
romance en el Siglo de Oro, “Revista Hispánica Moderna”, XXIV, 1968.
Reglas de sa Congregazioni de sa Natividadi de Maria Virgini fundada in su
Colleggiu de Gesus de custa ciutadi e ultimamenti cambiada a sa domu
de Santu Micheli gia noviziadu de is Gesuitas, cun is precis e orazionis
chi solinti narriri is congregantis e is Indulgenzias chi podinti godangiai,
tradusidas de s’idioma Spagnolu in su quali si fianta imprimidas in Calaris
s’annu 1724, in su sardu nostu calaritanu, po utilidadi de tottus..., Calaris,
1797, in sa Stamperia Reali.
RIBADENEYRA Pedro, Flos Sanctorum, Venezia, 1651.
RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, BREY DE MOÑINO María, Catálogo
de los manuscritos poéticos castellanos existentes en la Biblioteca de “The
274
T ONINA PABA
Hispanic Society of America”(siglos XV, XVI y XVII), New York, The
Hispanic Society of America, 1965-1966, 3 voll.
RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Flor de romances, glosas, canciones y
villancicos, Zaragoza, 1578 (ed. facsímil).
RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Cancionero General recopilado por
Hernando del Castillo (Valencia, 1511). Sale nuevamente a luz reproducido
en facsímil por acuerdo de la Real Academia Española, con una introducción
bibliográfica, índices y apéndices, por ..., Madrid, 1958.
RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Tres cancioneros manuscritos. (Poesía
religiosa de los siglos de oro), “Abaco”, 2, 1969; 3, 1970.
RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Diccionario bibliográfico de pliegos
sueltos poéticos (siglo XV), Madrid, 1970.
RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, La transmisión de la poesía española
en los Siglos de Oro, Barcelona, Ariel, 1976.
ROGIO Y FIGONI Quirigo, Relacion verdadera de las cosas marauillosas
que sucedieron en la ilustre y noble ciudad de Sacer en el año 1648.
ROMANCERO ESPIRITUAL para reglarse el alma con Dios, y redencion
del genero humano, con las estaciones de la via Crucis compuesto por Lope
de Vega Carpio, a devocion de los Hermanos de la Tercera Orden del
Serafico Padre S. Francisco, con Licencia, en Madrid, por Andres Garcia.
ROMANCERO Y CANCIONERO sagrados, colección de poesías sagradas
morales y divinas, sacadas de las obras de los mejores ingenios españoles
por don J. de Sancha, Madrid, B.A.E., 1950.
ROMERO FRIAS Marina, Una polémica sobre la edición de “las tres musas”
de Quevedo, “Annali della Facoltà di Magistero”, 7, 1979.
ROMERO FRIAS Marina, Note sulla situazione linguistica a Cagliari nel
periodo 1598-1615, “Estudis universitaris catalans”, XXV, 1983.
ROMERO FRIAS Marina, GABRIELLI Ornella, Catalogo degli antichi
fondi spagnoli della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Pisa, Giardini
Stampatori, 1982-84.
RONQUILLO Juan, Duelo espiritual. Combate entre la Carne y el Espiritu,
Sevilla, 1678.
ROSELL = ROSELL Cayetano, Colección escogida de obras no dramáticas
de Frey Lope de Vega Carpio, Madrid, B.A.E. Tomo XXXVIII, 1950.
ROSSEL MIQUEL Francisco, Inventario General de Manuscritos de la
Biblioteca Universitaria de Barcelona, Madrid, Direcciones Generales de
Enseñanza Universitaria y Archivos y Bibliotecas, 1958-69.
Canzoniere ispano-sardo
275
RTPI = “Rivista delle Tradizioni Popolari Italiane, (diretta da Angelo de
Gubernatis), Anno I, fascicolo 2°, Roma, Tipografia Forzani, 1893.
SACRO MONTE PARNASO de las Musas Católicas de los reynos de
España .... en elogio del Prodigio de dos mundos y sol del Oriente san F.
Xavier de la C. de J., en Valencia, por F.co Mestre, año 1687.
SARACENO = SARACENO Louis, Vida y obra de José Delitala y Castelví,
poeta hispano-sardo, Cagliari, Tip. Editoria Grapfical, 1976.
SCANO = SCANO Dionigi, Donna Francesca Zatrillas, marchesa di Laconi
e di Siete Fuentes, “Archivio Storico Sardo”, XXIII, fasc. 1-4, Cagliari,
1942.
SCANO E., Saggio critico-storico sulla poesia dialettale sarda, CagliariSassari, 1901.
SCANU = SCANU Pasquale, Alghero e la Catalogna, Cagliari, Fossataro
Editrice, 1964.
SECHI = SECHI Giovanni, Goggius. Raccolta completa delle lodi sacre
sardo-logudorese-campidanese per le solennità e le feste dei Santi della Chiesa Cattolica celebrantesi in tutta la Sardegna corretta sulla scorta di numerosi manoscritti e stampe e ordinata secondo la disposizione del Messale Romano, Oristano, Tip. Pascuttini, 1934.
SIMON Francesco, Origine e genealogia delle famiglie nobili di Sardegna,
Cagliari.
SIMÓN DÍAZ José, Bibliografía de la literatura hispánica Siglos de Oro,
Madrid, C.S.I.C., Tomo XII, XIII, XIV 1984; XV 1992; XVI 1994.
SIMÓN PALMER María del C., Manuscritos dramáticos del Siglo de Oro
de la Biblioteca del Instituto del Teatro de Barcelona, Madrid, CSIC, 1977.
SIOTTO PINTOR Giovanni, Storia letteraria di Sardegna, Cagliari,
Tipografia Timon, 1843.
SOLSONA CLIMENT Francisco, Documentos referentes a Cerdeña en
la sección de manuscritos de la Biblioteca Nacional de Madrid, Madrid,
1959.
SORGIA = SORGIA Giancarlo, La Sardegna spagnola, Sassari, Chiarella,
1982.
SPANU Luigi, Antonio Lo Frasso. Poeta romanziere sardo-ispanico del Cinquecento, Cagliari, 1973.
STERZI Mario, Una sacra rappresentazione in logudorese, Dresden, 1906
(ediz. mod. di DELOGU IBBA G., Tragedia in su Isclavamentu de su
sacrosantu corpu de nostru sennore Iesu Christu).
276
T ONINA PABA
TABLA de los principios de la poesía española, siglos XVI-XVII, preparada
por José Labrador y Ralph A. Di Franco, Cleveland State, University
Cleveland, 1993.
TODA Y GÜELL Eduart, Bibliografia espanyola d’Italia dels origens de
la imprempta fins a l’any 1900, voll.5, Castell de Sant Miquel
d’Escornalbou, 1927.
TODA Y GÜELL Eduart, Bibliografía española de Cerdeña, Madrid,
Tipografía de los Huérfanos, 1890.
TOLA Agustin, La corona de los triumphos de los Santos de Sardeña, Roma,
1658.
TOLA = TOLA Pasquale, Dizionario biografico degli uomini illustri di
Sardegna, Torino, Chirio e Mina, 1837-38.
TURTAS Raimondo, La questione linguistica nei Collegi gesuitici in Sardegna durante la seconda metà del Cinquecento, “Quaderni sardi di Storia”,
2, 1981.
TURTAS Raimondo, Breve storia della Chiesa in Sardegna in La Sardegna, (a cura di Manlio Brigaglia), Cagliari, 1982.
ULLOA Y PEREIRA Luis, Obras de... Prosas y versos añadidas en esta
ultima impression, recogidas y dadas a la estampa por Don Juan Antonio
de Ulloa Pereira, su hijo..., dedicado al Serenissimo Señor Don Juan de
Austrias, en Madrid, por Francisco Sanz, año 1674.
URIARTE Eugenio P.J. de, Catálogo razonado de obras anónimas y
seudónimas de Autores de la Compañia de Jesus pertenecientes à la antigua
Asistencia española: con una apéndice de otras de los mismos dignas de
especial estudio bibliográfico, 5 vols, Madrid, Establecimiento
Tipográfico “Sucesores de Rivadeneyra” Impresores de la Real Casa,
Paseo de San Vicente n°20, 1904.
VALDIVIELSO José de, Romancero espiritual en gracia de los esclauos del
Santissimo Sacramento, para cantar quando se muestra descubierto. Por el
maestro Iosef de Valdiuielso su Capellan, y de la Capilla Muzarabe en su
Santa Iglesia de Toledo. Añadida y enmendada en esta impression por el
mismo autor, Madrid, 1648 (ed. J.M.Aguirre, Madrid, Castalia, 1984).
VASSALLO Juanne Baptista, Su parrocu in s’altare promotore de sa devocione
de Maria SS.ma, ( discursos familiares compostos dae su celebri
Missioneri), et traductos dà idioma italianu in sardu po ateru sacerdote
amigu sou, adjuntas in fine algunas laudes devotas, Tatari, Annu 1777,
in s’imprenta de Simone Polo.
VEGA CARPIO Lope de, Los pastores de Belén, (ed. S. FERNANDEZ
RAMIREZ), Madrid, Renacimiento, 1930.
Canzoniere ispano-sardo
277
VEGA CARPIO Lope de, Romancero espiritual, (ed. Luis GUARNER),
Valencia, Jesús Barnés, 1931.
VEGA CARPIO Lope de, Obras escogidas, (ed. F. Carlos Sainz de Robles),
Madrid, Aguilar, 1961, tomo II.
VEGA CARPIO Lope de, Obras poéticas, (ed. J.M.Blecua), Barcelona,
Planeta, 1969.
VERGEL = VERGEL DE FLORES DIVINAS. Compuesto y recopilado
por el Licenciado Iuan Lopez de Ubeda, natural de Toledo... impresso
en Alcala de Henares, año 1582.
Vestigia vetustatum. Documenti manoscritti e libri a stampa in Sardegna dal
XIV al XVI secolo. Fonti d’archivio: testimonianze ed ipotesi. Catalogo pubblicato in occasione della mostra tenutasi a Cagliari, Cittadella dei Musei, 1 aprile/31 maggio 1984, Cagliari, Ed. Democratica Sarda, 1984.
VICO Francisco, Historia General de la Isla y Reyno de Sardeña, Barcelona,
MDCXXXIX.
VILLANCIOSA Sebastian de, Loa del SS. Sacramento, Madrid, 1668.
VILLEGAS Alfonso de, Flos sanctorum, I e II parte (trad. it.: Leggendario
dei Santi, 1594).
VIRDIS Antonio, Sos battudos, movimenti religiosi penitenziali in Logudoro,
Sassari, L’Asfodelo Editore, 1987.
XIRRONIS Miguel Angel (traduttore), Espejo espiritual. Del principio y
fin de la vida, Caller, 1631.
ZATRILLAS Y VICO DEDONI Y MANCA José, Engaños y desengaños
del profano amor, Napoles, 1687-88.
ZATRILLAS Y VICO DEDONI Y MANCA José, Poema heroico al
merecido plauso del unico oraculo de las Musas, ..., Soror Juana Ines de la
Cruz..., escriviole el Conde de Villasalto..., Cauallero de la Orden de
Alcantara, Barcelona, en casa Cormellas por Thomas Loriente, año 1696.
ZESPEDES Ignacio Bernardo de, Pensamientos christianos para todos los
dias del mes, escrito en lengua francesa por el P. Domingo Bours de la
Compañia de Jesus (y traducidos por), en Saçer por Ioseph Centolani,
con licencia, Año 1740.
T ONINA PABA
278
INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI DEL CANZONIERE
Agostino (sant’)
Alagon Pedro de,
Algeri
Alghero
Ampurias
Arabia
d’Assisi Francesco (san)
Balsaín
Bartolomeo (san)
Borgia Francesco (san)
Cagliari
Calatayud
Calderón de la Barca
Caterina (santa)
Cecilia (santa)
Cervantes Miguel de,
Cina
Cuenca
Duca di san Germano
El Pardo
Efisio (sant’)
Francia
Gao
Góngora Luis de,
Guadalete
Indie
Isabella di Bois
Isabella d’Ungheria
Ledesma Alonso de,
Leganés
di Loyola Ignazio (sant’)
Lorenzo (san)
Luca del Perù(san)
Luogosanto
Madrid
Malaga
Malipur
Manrique Jorge
Margherita d’Austria
Michele (san)
Motril
81
65, 68, 72
189, 236
65
68
175
59, 60
244
79, 164
70, 72
10, 64,
174
231
82, 83, 84, 85
64
179
56
235
171
243
86, 87
91, 192
56
95,183, 226, 228, 233, 235, 236, 238, 240, 244, 245
229
55, 56
211
200, 209
165, 167, 168, 170
243
51, 52
78
174
10, 17
10, 142
10
175
193
164
57, 58
244
279
Canzoniere ispano-sardo
Muro Julián
Napoli
Oristano
Ormuz
Pedro de los Reyes fray
Porto Rico
Quevedo Francisco de,
Roger Francesco
Sardegna
Saturnino (san)
Saverio Francesco (san)
Teresa di Gesù (santa)
Tunisi
Villasor
Vega Carpio Lope de,
Zenis Solimano
51
237
65, 72
174
91
165
244
65
171, 188, 189
63
53, 54, 55, 56, 57
61, 62
187
70
91, 158, 194, 220, 221, 224, 249
187
280
T ONINA PABA
281
Canzoniere ispano-sardo
PARTE SECONDA
TESTI IN SARDO
a cura di
Andrea Deplano
282
ANDREA DEPLANO
Canzoniere ispano-sardo
283
Canzones anticas
Nel vedere questi componimenti per la prima volta ho pensato a quale
favolosa ricchezza era contenuta nel Canzoniere e al significato che questi documenti rappresentano per la poesia, per la lingua e per la cultura
della Sardegna. Nei diciassette componimenti sono attestate strutture
poetiche - su Trintases a retroga doppia e su Chimbantachimbe, le forme
dei Gosos - e forme metriche - sa Quintiglia, sa Sesta Lira - quasi scomparse nella versificazione contemporanea.
La forma grafica utilizzata nei versi mi aveva spinto a ritenere che la
persona che ce li trasmetteva avesse progettato di darci delle grafie differenti per indicare la provenienza dei compositori delle poesie. Un esame
approfondito della scrittura fu sufficiente a distogliermi da quella convinzione e si delineò presto l’idea che si trattasse di poesie diverse, di
tanti autori differenti, scritte in momenti distinti. A volte vergate sotto
dettatura del compositore o di un cantore che perpetuava e divulgava il
testo, altre trascritte da documenti pre-esistenti.
Non si giustificherebbe in altro modo la presenza di tante esclamazioni
(he) o di voci fonosimboliche (anina anina), in inizio di versi perfettamente eseguibili in forma di canto, e in coda agli stessi componimenti.
Né è possibile la trascrizione a memoria di poemi tanto estesi come la
Rima elegiaca por la muerte de un amigo o taluni Gosos, o ancora, su
Chimbantachimbe in lingua gallurese.
Solo nell’analisi particolareggiata di ognuno dei diciassette testi al momento di abbozzarne il commento mi sono reso conto che si trattava di
una raccolta antologica tesa a illustrare i vari generi della produzione
poetica isolana del periodo.
Stilistica
Le diciassette poesie differiscono:
- per codice linguistico (lingua logudorese e lingua gallurese), - per strutture metriche (Quartine e Battorinas, Quimbinas o Quintillas, Sestinas e
Sestas Liras, Ottave),
- per dimensione dei componimenti (Ottava, Cantones, Gosos, Trintases,
Leonorodia),
- per lunghezza dei versi (Senario, Settenario, Ottonario, Novenario,
Decasillabo, Endecasillabo, Dodecasillabo),
- per i temi che le caratterizzano (Amore, Amicizia, Dolore, Morte, Religione, Satira),
- per la differente estrazione culturale dei poeti (popolare, colto, ecclesiastico, uomini e donne).
ANDREA DEPLANO
284
La lingua
Non è ancora chiara la ragione per cui nel Canzoniere sono state utilizzate diverse forme grafiche per esprimere i medesimi suoni all’interno
degli stessi vocaboli. Segni (l’apostrofo) e grafemi (i più varii) sono stati
impiegati in maniera differente spesso per scrivere gli stessi suoni o le
stesse parole.
Capita così che la semiconsonante italiana i /j/ (come in ieri), palatalizzata
nel logudorese del Marghine e del Montiferru, venga espressa talvolta
con il grafema y (poyos) e altre con j (hojos).
Il fonema /i/ nei poemi galluresi viene reso sia con i che con y (meni e
teny).
Il suono velare sordo /k/ con c + i oppure + e (circes) oppure con qu +
vocale (cerfisi e querfisi).
Spesso g seguito da apostrofo indica suono velare /k/ sordo (spagnolo)
oppure sonoro /g/ (logudorese) -ang’ela - ma anche suono medio palatale
- leg’g’e - che nel verso successivo diventa - legge -. Altrove il grafema g
seguito da i ha suono velare (segides, pronuncia italiana seghides), ma
nel verso successivo (segis) ha suono interdentale /sezis/.
I nessi cl e ps risultano in certi componimenti e scompaiono in altri:
eclipsada > elisada.
Il suono nasale che precede bi-labiale sorda o sonora /p/ o /b/ è quasi
sempre n.
La preposizione a viene spesso seguita da un apostrofo per indicare raddoppiamento della consonante iniziale che segue: a’ tanta /attanta/.
I suoni dentali /d/ e /t/ si scambiano sovente e il verbo dovere è sia tes
che des.
Normare tutto questo -e tant’altro-, avrebbe significato alterare la valenza
del documento e questa convinzione mi ha spinto a preferire la scelta
grafica operata nel manoscritto. Parimenti, non si è attuato nessun intervento di tipo editoriale optando per il rispetto totale del dettato originario, anche quand’esso presenta incongruenze semantiche o metriche.
Il mio intervento si limita al commento delle forme e delle strutture
strofiche e metriche di ognuno dei componimenti con un approccio di
tipo linguistico e non interpretativo, in modo da lasciare al lettore il
gusto della decodifica personale dei versi.
I (ff.115v-117v)
Il presente componimento consta di 71 w totali distribuiti in nove strofe.
La prima di queste risulta assai diversa dalle altre, per il numero dei
versi che la compongono (sette) e per la lunghezza del sesto verso. Questo, a differenza di tutti gli altri del poema è un senario sul piano sonoro
mentre graficamente è articolato su otto sillabe. Poiché non esiste nella
Canzoniere ispano-sardo
285
produzione poetica sarda siffatta strofa se ne deduce che ci sia giunta
una versione incompleta nel sesto verso e mancante del settimo.
Le altre strofe sono delle Ottave ottavas serradas di schema ABABABCC.
Il metro dei restanti versi è endecasillabo.
Sul piano del contenuto si distinguono due segmenti: una prima parte di
Invocazione fino al verso 23°, e una parte di Svolgimento su tema di
natura amorosa dal verso 24° fino alla fine.
Il poeta, culturalmente dotato, come si può evincere dal vocabolario e
dalle figure retoriche che utilizza, descrive le struggenti pene d’amore
perché un’altra persona si dice innamorata della sua Diosa.
La narrazione ha tre fruitori: le Muse, alle quali il poeta si invoca per
ottenerne il favore; il destinatore che è anche primo destinatario,
evidenziato nel pronome personale Tue più volte espresso nelle ultime
due strofe anche attraverso pressanti imperativi Nara, Respondemi e
Remedia; e un pubblico di lettori al quale racconta in modo apparentemente sintetico la relazione vissuta.
Il tema proposto si riscontra spesso nella produzione poetica logudorese
di epoche a noi più vicine. Due titoli per esempio sono S’amore cambiadu
in odiu di B. Serra e Littera perdìda di G. Pinna.
Sul piano linguistico si segnala la particolare ricchezza di aggettivi adoperata per descrivere stati d’animo e sentimenti.
5
10
15
Muza de sos cantares deleitosa
qui eternale isfera as ilustradu
aliuia sos tristes dolorosos
ya que varia fortuna as perturbadu
concedimi sos versos pius curiosos
prestami in custa ora [...]
[...]
sa musica suave tua serena.
O suprema Caliope eterna et pia
de sas musas felice inperadora
isculta custa aflita boge mia
ya qui ses de sos tristes protetora
apuntas a celeste cumpañia
qui favore mi dian in custa ora
et pro qui megus reste fauoridu
procura qui bi vengat deus cupidu.
Proponilis qui uengo cun justicia
pedendolis consiju uniuersale
pro tantu qui mi mustren amicitia
reparare mi quergan tantu male
f.116r
ANDREA DEPLANO
286
20
25
30
35
40
45
50
55
pretendo no tratare cun malixia
ne nexunu mi tenet pro su tale
antis lis quergo dare si es bisong’u
su quelu terra et mare in testimong’u.
Su pletu meu est lite eterna Diosa
restat qui mi cerfisi inamorare
de una celeste isfera luminosa
in virtudes et gracia singulare
issa cun cudda cara g’enerosa
pro amante mi querfisit acetare
acudende doñi ora note et die
heo a vider a issa et issa a’ mie.
Meda tempus restemus cunsertadus
sensa bi haer algunu impedimentu
de sa amorosa flecha traspasados
cun gloria de ambas partes et cuntentu
sos coros penso fin incadenados
non pensende faltare unu momentu
cuntu qui ispant’a doñi perçone
de videre tanta intrinseca aficione
f.116v
Istende in su mejus cunfiadu
sa roda mi voltesit sa fortuna
su sole si mustresit eclipsadu
sa lug’e mi neg’esit sa alta luna
vidisi de Cupidu ja sicadu
su artu cantu amorosu totu in una
et currende sa flicha disuariada
si restesit in ater asentada.
Subitu custu amigu traspasadu
de sa venerea flicha incontinente
mi naresit qui mi esser apartadu
cun unu astutu modu inpertinente
narende qui fit issu sa acetadu
de te bianca columba preminente
ja qui cun tegus faeddo a tie mi volto
pro qui figuras pius dare non poto
Custu est nara columba et biancu nie
su pagu qui mi tenes preparadu
et proite nara et proite mas gasie
ultimadu sa vida disgraciadu
f.117r
287
Canzoniere ispano-sardo
60
65
70
pro ite tantos tormentos nara a’ mie
respondemi alta ninfa tan amada
tantu graciosa bela et rabicunda
qui iguale non conosces nen segunda
Respondemi lugente et charu norte
et remedia si queres tanta pena
pius prestu ti suplico qui sa morte
tue e’ totu mi la dias Diosa amena
resta cale disigno a’ bona note
et soltami ja qui podes sa cadena
et si criada ti istesi in su passadu
resto pius de presente aparichadu
f.117v
Finis coronat opus
II (f.118v)
Spesso nei piccoli componimenti di sapore popolare sono racchiusi quadretti deliziosi, affrescati con eccezionale sintesi, la cui decodificazione è
lasciata alla fantasia del lettore.
Il presente poema è composto di soli otto versi che strutturano una ottava.
Il metro alquanto irregolare (la divisione in sillabe grafiche non corrisponde alle sillabe sonore: otto nei primi sette versi) farebbe pensare
all’unione di due quartine, ma la mancanza di uno schema strofico lineare (ABCBDEFE) anche per un’ottava, fa intuire che i versi siano stati
composti per l’aspetto contenutistico più che per cure stilistiche.
La narrazione è assai scarna, priva di quell’aggettivazione pesante dell’Arcadia che caratterizza buona parte della produzione poetica sarda
passata e presente. I due soli aggettivi esistenti nel testo, “fioriddu” e
“mia”, servono a: delineare un paesaggio pieno di vita - la fiorescenza
primaverile simbolo del perpetuarsi del ciclo della vita e della fecondità
- e a indicare una donna comune, nient’affatto eterea o irraggiungibile.
Una donna, infine, che dorme, ride, parla, ama.
Nei canti popolari galluresi a chitarra (e particolarmente nel canto in Re)
sopravvivono strofette di questa natura mentre nelle altre varianti linguistiche sono riscontrabili nelle differenti misure dei Muttos e dei Muttettus.
Suta un arboru fioriddu
si dormia la donna mia
et tantera adormentada
que isicillar no si podia
8
8
8
8
ANDREA DEPLANO
288
et yo li tocay lu pedi
et issa mi disse a’a’
et amuri si mi uoy bene
un altru pocu piu en goba ua.
8
8
8
10
III (ff. 119r-120r)
Il componimento, formato da un totale di 57 w distribuiti in nove sestine
e una terzina di effetto sonoro per la chiusura, attesta il primo esempio
di Trintases nella poesia sarda logudorese.
Ogni strofa (costituita da sei versi settenari con rima baciata AA BB CC)
risulta composta da quattro w di contenuto e due di retroga:
1
2
3
5
4
6
Sa die de mesu martu
Pinone de mare artu
ando pro mi imbarcare
[...]
a portu de Longone
[...]
Pinone de artu mare
[...]
de mare artu Pinone
C1
C2
C3
C4
retroga
retroga
L’estensione del metro (versi settenarii) e la scelta della struttura strofica
(sestine) più i tre versi di chiusura accodati alla nona sestina, fanno ipotizzare che il testo fosse cantato, e non già scritto, nella forma di ballo
(Ballu Seriu o Passu Torradu), oppure anche nella forma di Muttos.
Di sicuro non si può parlare di improvvisazione del testo, questo esisteva
già. Ma la presenza di “he” in inizio di molti versi, che sarebbero altrimenti senarii oppure settenarii, ci porta a immaginare che la regolarità
del canto richiedesse l’omologazione metrica attraverso l’assunzione di
questa forma di protesi assai diffusa nel canto popolare sardo-logudorese.
L’esecuzione nella forma di Ballu Seriu (solitamente in verso ottonario)
giustifica la presenza dei tre versi finali usati spesso in chiusura di danza
con dei non-sens (anina anina) più la ripetizione del primo verso del
componimento come suggello del poema.
La trasposizione canora in forma di Muttos è tuttavia maggiormente attendibile poiché il metro di questa forma di canto tradizionale è sempre
rigorosamente quello settenario.
289
Canzoniere ispano-sardo
L’ipotesi che questo poema fosse cantato nella forma di Muttos, oltre che
sul piano sonoro, si avvalora anche per la particolare confezione del
contenuto che nei Muttos ha una parte non significante che si completa
nelle strofe successive.
Il messaggio autenticamente significante è custodito nei w 1°, 3° e 5° di
ogni sesta: 1 Sa die de mesu martu
3 ando pro mi imbarcare
5 a portu de Longone.
Il secondo verso di ogni sesta sembrerebbe pertanto un verso riempitivo
che non completa il valore semantico dei versi predetti. In realtà esso
nasconde un significato allegorico lanciato verso l’oggetto del proprio
amore che di volta in volta è:
2
8
14
20
26
32
38
44
50
Pinone de mare artu
señora posta in mantu
ojos belos de amare
juges su meu coro
bela ses et cumplida
faeddu friscu sanu
sempre portada in mente
cara que oro hiu
masinas que arancu
Albero maestro
nobile di alto lignaggio
occhi belli da amare
possiedi il mio cuore
sei bella e completa
di favella chiara e assennata
sempre presente in mente
il viso color oro vivo
guance color arancio
Insomma il poeta fa il ritratto della sua señora e ne cela i tratti nelle varie
sestine depistando non poco il fruitore dei versi.
Sul secondo verso di ogni sesta si articolano i giochi di virtuosismo del
rimatore, il quale, inverte la posizione dei lessemi nel seguente modo:
2 /A//B//C/
4 /A//C//B/
6 /C//B//A/
ottenendo nuove rime da intrecciare coi versi terzo e quinto di contenuto.
La regola della versificazione vorrebbe che le rime ottenute fossero sempre esatte e combacianti con le terminazioni dei versi di contenuto, ma il
gioco della composizione non sempre rispetta le leggi. Questo produce
delle assonanze e delle consonanze, quando non delle imprecisioni, particolarmente nella rima alla seconda retroga.
La lettura del testo riserva altre sorprese. Se spostiamo l’attenzione dalle
romantiche immagini usate per descrivere la donna amata, rimane un
testo di racconti di viaggio non senza un intrigante attacco a un castello.
1
2
3
Sa die de mesu martu
Pinone de mare artu
ando pro mi imbarcare
C1
C2
C3
ANDREA DEPLANO
290
4
5
6
Pinone de artu mare
a portu de Longone
de mare artu Pinone
retroga
C4
retroga
7
8
9
10
11
12
he canxo a’ Logu santu
señora posta in mantu
qui bi at cente nostra
señora in mantu posta
he mi tratenco una ora
posta in mantu señora
C5
C6
C7
retroga
C8
retroga
13
14
15
16
17
18
he mi ponco a’ bustare
ojos belos de amare
petas de una istela
ojos de amare bela
he bisi abba de mojos
de amare belos ojos
C9
C 10
C 11
retroga
C 12
retroga
19
20
21
22
23
24
he mi peso he ma adoro
juges su meu coro
he mi incumando a’ Deu
juges su coro meu
he mi fato sa ruge
su coro meu juges
C 13
C 14
C 15
retroga
C 16
retroga
25
26
27
28
29
30
duminiga a’ sa essida
bela ses et cumplida
vidimus cudda istela
cumplida ses et bela
qui fidi in grande artesa
bela e cumplida ses
C 17
C 18
C 19
retroga
C 20
retroga
31
32
33
34
35
36
Marti die mancanu
faeddu friscu sanu
fatemus cuddu ariscu
faeddu sanu friscu
a’ tener su casteddu
sanu friscu faeddu
C 21
C 22
C 23
retroga
C 24
retroga
37
38
39
40
41
42
qui fimos meda cente
sempre portada in mente
fimos una brigada
sempre in mente portada
qui intramos in unu ortu
sempre in mente ti porto
C 25
C 26
C 27
retroga
C 28
retroga
f.119v
291
Canzoniere ispano-sardo
43
44
45
46
47
48
in s’ortu fit su riu
cara que oro hiu
in s’oru su mare
que oro hiu cara
bi apo tentu unu moro
cara hia que oro
C 29
C 30
C 31
retroga
C 32
retroga
49
50
51
52
53
54
he bi lanpo una cantu
massinas que arancu
e bi tenco una ambina
que arancos massinas
he ne dono unu cartu
sa die de mesu martu
C 33
C 34
C 35
retroga
C 36
ripetuto
55
56
57
anina anina
sa die de mesu martu
anina anina
FIORE
ripetuto
ripetuto
f.120r
IV (ff.120v-122v)
Il presente componimento consta di 92 w totali distribuiti in undici Sestas
Serradas il cui refrain è espresso nei versi 3° e 4° della quartina iniziale
di schema ABBA.
Un gioco di alternanze saggiamente calcolate, fra significato e significante, struttura l’incipit del poema.
La quartina iniziale ha un forte effetto semantico nella scelta in forma
contrastiva :
a) del pronome del destinatario Tu - ti opposto all’io narrante
Ameni,
b) del movimento di Andesti che contrasta con la staticità di
Lassadu,
c) delle significazioni legate a Fiori e a Lagrimi,
d) dell’opposizione del gerundio Ridendi con Li Lagrimi Falendi.
Il refrain raggiungerà la forma definitiva nella chiusura della prima sestina
passando da ameni lay lassadu a qui may a’ cussi lassadu come per rafforzare lo stato di abbandono.
Il metro è ottonario regolare mentre lo schema delle rime risulta assai
variegato nell’alternanza fra ABBCCD DE, ABABBC CD, ABBAAC CD,
ABCBBD DE, ABCAAD ED, ABCBBD ED.
Il contenuto, che rientra nel filone della produzione amorosa, non colpisce l’odierno lettore per originalità: i temi proposti si riscontrano, per
forma e stile, nella produzione di quasi tutti i poeti classici galluresi.
ANDREA DEPLANO
292
CANCIÓN COMPUESTA À LA
AUSENCIA DE UNA SEÑORA
Tu ti nandesti ridendi
lu me fiori dilicaddu
ameni lay lassadu
cun li lagrimi falendi.
Tu andesti alegru fiori
penonditi a’ ridiny
he a’ meni mi fichisti ixini
lagrimi di lu me cory
par pag di tantu amory
qui may ta aessi amadu
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
Par pag di tanta istima
ca apu auuddu sempri a’ teni
mi lassesti cun tanta crima
cun tanti tormenti he peni
no na hay di parmeni
Di tarrul a’ doñi laddu
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
No naia di parmeni
di sicaria he di g’ay
qui ancora tu mi ni day
istimendi tantu a’ teny
ancu par fino li angeny
ag’u a esser tribuladdu
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
No naia di rigory
di sicaria he di susti
qui mi day tanti tiry
in log’u di darmi gusty
donosa par qui non mustry
comu hay cominchaddu
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
f.121r
Canzoniere ispano-sardo
Amustrati cun lu amory
comu cominchatu a’ hey
ta amenti qui mi dichy
tu se solu lu me cory
he hogy incarnatu fiory
se tu la piu qui ma ofendy
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
293
f.121v
He hog’y fiori incarnatu
sey tu la qui mi atormenty
tenendimi cory amaddu
in meçu di fiami ardenty
sensa apartassi nienti
si non continu bruxendy
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
Candu da me ti ispicasti
tu ti ponisti a’ cantany
he a’ me ti lasasti
sensa pode faenany
non ti podisi mustrany
un siñu determinadu
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
Fu tantu lu qui pensesi
qui si mi imprimisi in lalma
qui uidisti bianca palma
qui mancu lochi ta alcesi
si no qui mi dismag’esi
cun un dolori stremadu
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
Cunu stremadu dolori
mi g’unsi un certu dismayu
qui mi passi que era un rayu
qui mi passaua lu cory
he cussi a’ toti lo ory
mi vay riginciendy
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
f.122r
ANDREA DEPLANO
294
Cussini di tantu in tantu
mi veni biancu g’asminu
un dismayu qui mi spantu
comu andu par lu caminu
cussi ma ag’abu he mi finu
comu he log’u suleurendy
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
f.122v
A’ Dios uia g’oj
atendi a’ regalaty
ha vieng’o par vita toia
carci uolta a faenaty
he mantinimi li paty
comu hay cominchatu
qui may a’ cussi lassadu
cun li lagrimi falendi.
V (ff.123r-124v)
Gli 85 w che seguono sono difficilmente definibili per il differente numero racchiuso nelle otto unità strofiche che compongono questo terzo
poema in lingua Gallurese.
L’autore ha usato un gioco di progressione e diminuzione matematica
per dare movimento e dimensione vitale alle strofe e, la creazione dei
contenuti è il risultato più evidente di questa invenzione.
Il gioco della dilatazione testuale ha inizio negli ultimi tre dei cinque
versi (Quimbina o Quintiglia) di Istèrrida che forniranno la Serrada alle
strofe successive, ed esattamente nell’enjambement fra il terzo e il quarto verso - tu sey la qui catiuadu / ma hay - riproposto fra il quarto e il
quinto verso: he lu cory arrobatu / di li me intrañi donosa.
La costruzione del poema attraverso Retrogas, versi Ripetuti e Fiores (versi
che ripropongono con minime variazioni versi già espressi in precedenza) farebbe pensare al tentativo di composizione dei Modellos e in particolare alla Leonorodia o LV (benché la strutturazione del presente componimento sia lontana dall’esempio storicizzato in Ortografia Sarda II di
G. Spano). Cinquantacinque sono comunque i versi di contenuto escludendo i primi cinque di Istèrrida.
Le strofe risultano essere, tranne la prima e l’ultima, Serradas dai tre
versi di refrain già indicati.
Tutte queste particolarità stilistiche denotano la sicura abilità del compositore.
295
Canzoniere ispano-sardo
Il metro è ottonario mentre lo schema delle rime è il seguente: ABCBA,
ABBBAAC CDE, ABBBCAAD DEF, ABBBAAAAC CDE, ABBBAAAC
CDE, ABBBAAACD DEF, ABBBBAAAAC CDE, ABBBAAACDEE.
Il contenuto rientra nel filone della produzione amorosa e, in qualche
misura arcadica. Non si discosta molto dal componimento precedente se
non sul piano formale e stilistico.
1
2
3
4
5
Cara di incarnata rosa
cintu belu perfilatu
tu sey la qui catiuadu
ma hay he lu cory arrobatu
di li me intrañi donosa
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Donosa da li intrañy
lu cory arrobadu ma hay
a’ la tempu ca tu say
li me tormenti he li g’ay
he tu di ca so lan’gi
tu dormi e discansi he mañi
et heiu sempri in cuidadu
tu sey la qui catiuadu
ma hay he lu cory arrobatu
de li me intrañi donosa
retroga
retroga
C1
C2
C3
C4
C5
ripetuto
ripetuto
ripetuto
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Par te cara da alegria
so’gu sempri in pensamentu
qui no hag’u lu sustentu
que era lu tretenimentu
cori qui da te hay
cun afani he agonia
par te passu vita mia
cun cadeni incaddenadu
tu sey la qui catiuadu
ma hay he lu cory arrobatu
de li me intrañi donosa
C1
C2
C3
C4
C5
C6
C7
C8
ripetuto
ripetuto
ripetuto
Par te incarnatu fiory
vivu sempri cun dispetu
in tarra sia o’ in letu
sog’u sempri cun suspetu
si ma hay o’ no ma hay in cory
tuti li momenti he lory
ag’u intessu un gran calory
qui mi bruxa cun rig’ory
FIORE
C1
C2
C3
C4
C5
C6
C7
1
2
3
4
5
6
7
8
f.123v
ANDREA DEPLANO
296
9
10
11
12
qui in tutu ma ag’abadu
tu sey la qui catiuadu
ma hay he lu cory arrobatu
de li me intrañi donosa
C8
ripetuto
ripetuto
ripetuto
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Un gran calori agu intensu
incarnata alegru lig’u
qui vali lu me disigu
si a’ me incontivig’u
mi lassi sempri suspensu
a quidu tempu ca pensu
da dami lu to cunsensu
ma hagatu disamparadu
tu sey la qui catiuadu
ma hay he lu cory arrobatu
de li me intrañi donosa
retroga
FIORE
C1
C2
C3
C4
C5
C6
ripetuto
ripetuto
ripetuto
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Di dami la to lisencia
asetu friscu g’asminu
di intra in lu to g’ardinu
por vig’u di continu
qui mi trati di passiencia
di me non fa ausencia
di perdi la to presencia
fadi modu qui non sentia
cistu tempu tribuladu
tu sey la qui catiuadu
ma hay he lu cory arrobatu
de li me intrañi donosa
C1
C2
C3
C4
C5
C6
C7
C8
C9
ripetuto
ripetuto
ripetuto
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
Cistu tempu di margura
apraca belu Narcisu
he mandami di improuisu
qui vinerag’u a’ la auisu
g’ulcu belu que na angisu
par videti cun gran cura
bela non ti mustrà dura
mustra la to hermosura
par burrà la me tristura
qui sario consoladu
tu sey la qui catiuadu
ma hay he lu cory arrobatu
de li me intrañi donosa
C1
C2
C3
C4
C5
C6
C7
C8
C9
C 10
ripetuto
ripetuto
ripetuto
Par burrà la me tristesa
salu cissu discreta
FIORE
C1
1
2
f.124r
f.124v
297
Canzoniere ispano-sardo
3
4
5
6
7
8
9
10
11
in doña modu perfeta
incarnata violeta
damilu di gran prestesa
mustrami la to finesa
par vide la to grandesa
da la tantu ta amadu
turrendi lu la arrobatu
ma hay dame g’raciosa
cara di incarnata rosa.
C2
C3
C4
C5
C6
C7
C8
C9
ripetuto
SE TRASLADARON ESTAS CANSIONES
EN LA VIRGEN DE LUGAR SANTO ...
EL MES DE MAJO À ... 1685
VI (ff.125r-128v)
Un interrogativo martellante e ossessivo regge l’impianto del contenuto
del seguente componimento.
La domanda “hue ses?” viene usata in modo strumentale per poter attribuire tutti gli aggettivi possibili a quell’angela humana.
Viene così espressa una interminabile sequela di comparazioni, che va
da “belu Narcisu” all’esaltazione di tutte le qualità fisiche e morali, estesa
dalla quartina iniziale e lungo tutte le 23 sestine che compongono il poema in versi ottonarii.
Il poeta crea raramente sulla lunghezza totale del verso ottosillabico.
Egli ha costruito un’Istèrrida di senso e di non senso di tre sillabe (hu /
e / ses /) alla quale aggiunge, in un facile gioco compositivo di addizione, solo cinque sillabe. Questa cifra si raggiunge senza difficoltà con la
scelta di un aggettivo e di un sostantivo (lu / ghen / te / so / le) o viceversa (ca / sted / du / pin / tu). Solo quando la coppia formata da aggettivo
e sostantivo lo richiede, il poeta dilata nel verso successivo la accezione aggiungendo la comparazione, la lamentazione, il rimprovero: hue
ses serenu Mare / qui non curas custa piaga, a motivare la scelta del
sintagma serenu Mare.
L’interrogativo sul quale è imperniata la struttura testuale si ritrova (con
uso moderato) in Paolo Mossa (“Ue est Dori mia?” da A Dori lontana,
“Ue ses? a ue mi ses dada” da Elegia A un’ingrata) e in Melchiorre Murenu
(“Ue ses fidelissima cumpagna” da S’amoradu abbandonadu).
La monotonia della ripetizione dei contenuti è felicemente alternata dal
ricco variegare dello schema delle rime. Talvolta la creatività difetta e i
contenuti vengono riproposti con varianti minime nei versi iniziali delle
ANDREA DEPLANO
298
Seste o nell’uso di similitudini. Ma si arriva perfino a riprodurre con
varianti ininfluenti la quarta sesta nella 23ma strofa di chiusura:
Hue ses qui in biuu piantu
a’ doñi ora mi disfato
non poto isplicare tantu
sa pena qui pro te pato
pro sa isperanca mi agato
de di uer prenda amada.
A
B
A
B
B
C
Hue ses qui in biuu piantu
a doñi ora mi disfato
non poto assistire tantu
sas penas qui pro te pato
pro sa isperanca mi agato
de di vider coro Amadu
A
B
A
B
B
C
Sul piano lessicale si registra il cambiamento grafico di elisada (3° verso)
rispetto a eclipsada del 1° poema della presente raccolta.
Sul piano ortografico è utile sottolineare l’uso del grafema j per indicare
il suono medio palatale della j (jour francese) nel sostantivo jogu, 4° v
della 17ma sesta “ de hue totu es risu et jogu”. Mentre si può solo ipotizzare che nel 2° verso della 10ma sesta, nel vocabolo “hojos”, lo stesso
grafema potesse avere valore di semiconsonante (j come in italiano ieri).
Hue ses ange’la humana
hue ses hue ses dada
hue ses queste elisada
pro me si stela diana.
A
B
B
A
1
Hue ses qui non ti miro
nen ti bido in sa g’ana
hue ses qui a’ boge mana
ti chamo piang’o et suspiro?
hue ses quinde regiro
de tanta pena sobrada.
A
B
B
A
A
C
2
Hue ses qui ti ando infatu
sempre cun su pensamentu
hue ses visu da arg’entu
qui ti circo et non ti agato
hue ses qui mi disfato
cale et candela alumada.
A
B
B
A
A
C
3
Hue ses cando que hae
bolende pro ti circare
hue ses serenu Mare
qui non curas custa piaga
A
B
B
C
f.125v
299
Canzoniere ispano-sardo
de custu coro sa chrae
cun tegus ti las portada.
A
D
4
Hue ses qui in biuu piantu
a’ doñi ora mi disfato
non poto isplicare tantu
sa pena qui pro te pato
pro sa isperanca mi agato
de di uer prenda amada.
A
B
A
B
B
C
5
Hue ses qui no intendes
bog’es mias ne lamentos
hue sun cuddos cuntentos
sos qui istaia g’osende
hue ses quisto passende
sa vida disisperadu.
A
B
B
A
A
C
6
Hue ses qui solu solu
biuo cun tanta ag’onia
lassadu gloria mia
mi as in mesu a’ tantu dolu
hue ses qui pro consulu
no mandas carci inbaxada.
A
B
B
A
A
C
7
Hue ses casteddu pintu
hue ses lug’ente istela
hue ses in totu bela
bela in biancu et bela in tintu
hue ses sutile in quintu
donosa bela in colana.
A
B
B
A
A
C
8
Hue ses rugu g’rauelu
hue ses biancu g’asminu
hue es cuddu ru’gu belu
qui mirao de continu
hue ses ricu g’ardinu
pianta bela preciada.
A
B
A
B
B
C
9
Hue ses lug’ente sole
hue ses lug’ente luna
A
B
f.126r
ANDREA DEPLANO
300
hue es cuddu resplandore
relaxadu in una in una
sa bonanca in sa fortuna
pro me prestu ses passada.
C
B
B
D
10
Hue es dadu su mirare
de cuddos hojos lug’entes
qui paren in su g’irare
duos soles resplandentes
cuddas cristalinas dentes
de cudda buca incarnada.
A
B
A
B
B
C
11
Hue es dadu cuddu risu
de cudda huca donosa
qui g’osas in doñi cosa
g’loria de su paradisu
hue ses belu Narcisu
cun sa cara plateada.
A
B
B
A
A
C
12
Hue ses qui non ti amentas
de qui morit pro ti amare
hue ses qui det torrare
creo qui non ti cuntentas
hue ses qui non sustentas
sa paraula impiñada.
A
B
B
A
A
C
13
Hue ses qui non ti vido
de lagrimas formo rios
hue ses qui consumidu
mi tenen sos dolos mios
hue son dados sos brios
de cudda g’alera armada.
A
B
C-A
B
B
A
14
Hue ses qui non ti vido
g’og’ende peri sa piata
qui mi oluides benefata
no inno no lu cunfido
hue ses pro qui mi isquido
sempre cun tegu abracada.
A
B
B
A
A
C
f.126v
f.127r
301
Canzoniere ispano-sardo
15
Hue ses qui in g’raue pena
passo su note et su die
hue qui huna cadena
iuto qui non vido a’ tie
hue ses candidu nie
de su log’u capitana.
A
B
A
B
B
C
16
Hue ses qui mi as lassadu
in tanta confusione
cando comente et pug’one
qui su nidu li an leadu
hue es cussu log’u biada
qui abitas rosa incarnada.
A
B
B
A
C
C
17
Dichosu et biadu su log’u
su qui coro abitende istas
cada a’ g’osare huna vista
de hue totu es risu et jogu
et heo so in su fog’u
que anima cundenada.
A
B
B
A
A
C
18
Mandami a’ narrer a’ mie
a’ bener a’ ti leare
pro qui no tepo faltare
a’ denote, o’ a’ dedie
cun meg’us cara de nie
tes esser asseg’urada.
A
B
B
A
A
C
19
Ci heo so in su inferru
su dolu mi est alimentu
pro me tet esser eternu
si non torras cun cuntentu
ponedi in su pensamentu
de tin dener coro amadu.
A
B
C-A
B
B
C-D
20
Hue ses reale portu
hue ses campu de fiore
ca non ti vido so mortu
de tristura et de dolore
A
B
A
B
f.127v
f.128r
ANDREA DEPLANO
302
hue es dadu cuddu amore
qui mi auias dilicada.
B
C
21
Hue ses qui cun lamentos
non mi intendes si ti adoro
hue ses qui sende ausente
ti yuto sempre in su coro
hue ses mag’ine doro
in custa alma retratada.
A
B
C
B
B
D
22
Hue ses qui biuo in calma
que barca qui no a’ bentu
hue ses qui su tormentu
non aplasas de custa alma
tantu prestu bianca palma
de me ti ses oluidada.
A
B
B
A
A
C
23
Hue ses qui in biuu piantu
a doñi ora mi disfato
non poto assistire tantu
sas penas qui pro te pato
pro sa isperanca mi agato
de di vider coro Amadu.
A
B
A
B
B
C
f.128v
VII (ff.173r-180v)
La poesia è per i sardi la massima forma letteraria se non l’unica. Colui
che volesse cercare bene nella produzione di ogni epoca troverebbe,
oltre alla semplice versificazione, delle vere e proprie forme di teatro o
di romanzo, con numerosi attori dai ruoli differenti guidati da un io
narrante spesso coinvolto in prima persona nella narrazione e nella realtà dei fatti esposti.
La confusione che si crea nella mente del lettore, nella decodifica di
questo poema, è generata proprio da questa particolare articolazione
della struttura narrativa.
La linearità della narrazione scompare improvvisamente e non si riesce
più a individuare l’interlocutore fra i tanti che presumibilmente sono
entrati nell’intreccio: un io poetante che dovrebbe rispondere al nome
303
Canzoniere ispano-sardo
di Don Filigu Cabudoro (strofa 18ma), un moribondo Don Pedru del
Arca (15ma strofa e segg.) e uno stuolo di familiari fra i quali la madre di
Don Pedru e la dama dello stesso. Questo ci fa pensare che il poema non
ci sia pervenuto nella sua interezza e globalità.
Il componimento consta di 216 versi distribuiti in 27 ottave di versi
endecasillabi.
La narrazione è strutturata attraverso uno schema lineare di rime, sempre uguale (ABABABCC), per non far scemare il senso di tragico legato
all’assunto: la morte di un amico. Più che alle ottavas, la struttura strofica
utilizzata somiglia a un collage di distici in cui si riconosce un’Introduzione (1° e 2° v.), lo sviluppo con l’accentuazione della gravità del contenuto dell’introduzione (3° e 4° v), un’iperbole (5° e 6° v) che conduce
alla Conclusione o Serrada (7° e 8° v).
Le prime quattro ottave servono di Introduzione al pathos. La crudele
morte contro una giovane vita: di fronte al volere del destino non è
facile trovare parole.
Nella quinta strofa viene individuato un destinatario, la Parca sambinosa,
su cui sfogare il dolore, e alla quale si chiede “non fures”. Questa negazione nelle ottave sesta e settima ripropone il gioco compositivo visto nel
poema precedente.
Alla ripetitività delle forme e dei contenuti seguono esempi di involuzione
che sanno di artifizio o forzatura come nell’ottava strofa:
fina quili cobergian de arg’entu
sa testa uenturosa pilos canos.
Il poema continua caratterizzato da un uso fortemente ridondante di
aggettivi per descrivere il dolore degli Attori, l’ineludibilità della morte,
l’obbligo alla rassegnazione, il consiglio alla pazienza. Fino a uno sconcertante finale in cui è ormai perso di vista il locutore che chiede sa
matessi sepoltura dopo aver condiviso con il morto “una domo, unu letu,
una uentura”.
Forte immedesimazione causata da reale dolore o imperizia nel poetare?
L’abbondanza di aggettivi, sintagmi, metafore e di tante figure retoriche
ci permette di rilevare il senso del teatro e della teatralità dei sardi.
RIMA ELEGÍACA A LA MUERTE DE UN AMIGO
1
Su coro si mi istracat de dolore
su sanben si mi sicat in sas venas
in su dossu si mi isfritat su sudore,
qui dad signale a’ sas mortales penas
peri sos membros sento unu tremore
peri sos ojos mios funtanas pienas
5
ANDREA DEPLANO
304
turbadu su colore, isto de sorte
qui sumbra so de sa matessi morte.
2
Sa limba muda, o miseru parente,
queret, pero non poded faeddare
lig’ada de unu subitu acidente
qui su alenu mi queret afog’are.
Pero ja qui non podet su dolente
limba su sentimentu declarare,
contare ti lu tet sa uoluntade
de Amigu, de Parente, et pius de frade
3
cun bogue lastimosa et baxu istilu
ti pregunto, crude ingrata sorte
orpiladu de ispantu dogni pilu
pro uiderty castigu de sa morte
et prite dessa vida a’ mesu filu
tantu prestu as segadu a su pius forte
senza ponner sa manu dessa fama
a’ pius anos de vida imensa trama
4
vida fuit cussa, o’ maleditu fadu
de acabaresi tantu in una in una
vida digna de uiuer in su istadu
qui tenet sende prospera sa luna:
o’ jovanu in su uiuer desdichadu,
o’ furiosa roda de fortuna?
comente sende tue tantu lizera,
a su mezus li acurtas sa carrera?
5
Vida fuit cussa (o sambinosa Parca)
de furare a’ su mundu in tanta gloria
vida fuit de passare in cudda barca
qui portat a’ oluidu ogni memoria.
Non fures cussa ispada a’ sos del Arca
no fures tantos fatos a’ sa historia
non fures tale pignus a sa mama
non fures tantas pinnas a’ sa fama
6
Non fures unu amigu a’ sa amistade
dessos menzus qui at uistu su ualore
10
f.173v
15
20
25
f.174r
30
35
40
f.174v
305
Canzoniere ispano-sardo
non lases tantos frades sensa frade
non lasses tantas damas sensa amore
non fures tantos anos a’ sa edade
non fures a’ sos fiores custu fiore
non fures a’ sos campos custu lizu
non fures a’ su babu tale fizu.
7
Non fures a’ sa terra unu diamante
non fures unu Marte a’ sa alta isfera
a’ su mare una perla rutilante
a’ sos uentos una agila lizera
non fures a’ sas fiamas unu amante
non fures a’ su tempu sa carrera
non fures su consig’u a’ sos antigos
non fures custu amigu a’ sos amigos
8
vida digna de biuer anos quentu
lassala yomper morte a’ sos ancianos
fina quili cobergian de arg’entu
sa testa uenturosa pilos canos.
Pero deite mi seruit su lamentu
videnti su sanben in sas manos
ite importat su piantu, o morte ingrata
si non ualet penetu a’ cosa fata?
9
O’ Morte sensa tempus rigurosa
de cale ispantu furia de su Inferru
sa uida pius g’allarda, et amorosa
o’ ispietade condenas a’ disterru.
Sensa qui crescat sa incarnada rosa
la truncas cun mortale acutu ferru
sensa istare su fiore abutonadu
suta terra lu pones isfossadu.
10
Prite sa ingrata sambinosa manu
at burradu sa legge a’ sa natura,
qui a su jovanu forte, friscu et sanu
vida promittit longa et depius dura:
sensa poner in testa pilu canu
unu teracu as mortu, o morte dura
qui sende su mundu sapius leg’g’e
non si agatat pro te fide, nen legge
45
50
55
f.175r
60
65
f.175v
70
75
80
ANDREA DEPLANO
306
11
non ti mouen, crudele, a’ cumpassione
sos pag’os anos de sa teraquia
sa zentilesa in totu a perfexione,
su sanben, sa riquesa, et ualentia
uolta sos ojos, Morte, a’ sa naxione
no nos priues a’ totus de alegria
uoltalos a’ sa domo qui est restada
de su menzus puntelu abandonada.
12
Uoltalos a’ sa aflita iscura mama,
qui mouet unu marmuru a’ piedade
uoltalos a’ sos ojos dessa dama
qui pianget sa amorosa soledade
aplaca, morte, s’homicida fiama
cun lagrimas, amigu, babu et frade
et si custu non bastat, ojos mios,
de sanben bos fag’ide largos rios.
13
Pero prite mi istraco cun su uentu
prite in uanu peleo cun su Mare
si non piantu, non boge, non lamentu
sa morte surda queret iscultare:
si pro uider su anzenu sentimentu
ojos non tenet pius de mirare
fager non li podimus resistencia
su pius forte remidiu es sa paciencia.
14
Paciencia, amigos, frades et parentes
paciencia, aflita mama in sa ocasione
paciencia, babu, et sorres qui ausentes
den hauer de su mortu relacione,
paciencia bracos fortes et ualentes
rendidos a’ sa humana oblig’acione
paciencia juventude sa pius forte,
qui fuire non g’alet a’ sa Morte.
15
E’ tue paciencia amadu frade meu
qui non tenes remediu ateramente
dispedire ti podes cale reu
de totus sos empleos, uida et gente:
f.176r
85
90
95
f.176v
100
105
f.177r
110
115
307
Canzoniere ispano-sardo
Don Pedru qui ti morzas, queret Deu,
et ualer non ti podene niente
sos qui dent querrer dare uida
restan aparizare sa partida.
16
Aparizadi a’ morrer miserinu
ca de uiuer non tenes pius isetu
mira qui est longu meda su caminu
asperu, estrintu, nou, et non deretu;
ya si acabat Don Pedru, su destinu
ya sa morte si acostat a’ su letu
ya su alenu ti queret afog’are
pero iscultami inantis de ispirare.
17
O’... mesu de custa anima afligida
non mi naras niente in tantu dolu
non mi das unu abracu in sa partida
videndimi restare tantu solu:
mira qui a’ su partire dessa uida
est in sa morte sultimu consolu
declarare a’ su amigu in libertade
su hultimu testamentu et uoluntade.
18
Ite lassas, Don Pedru in testamentu
a’ sos amigos tuos ite tesoro,
ite pingus de amigu, ite contentu
lassas a’ Don filigu Cabudoro:
hay’, risponded cun graue tormentu
cun ambas manos postas in su coro:
custu lis lasso in sa partida mia
a’ sos caros amigos qui tenia.
19
Ya sa alenu pius debile et sutile
(cun suspiru mi nait meda profundu)
sensa uider mi morzo unu fradile
su pius caru qui apo apidu in su mundu.
Morte tarda su passu in su janile
detene cussu bracu furibundu
lassa qui a’ Don filigu inantis bida
et isolue su nodu a’ custa uida.
120
f.177v
125
130
135
f.178r
140
145
150
f.178v
ANDREA DEPLANO
308
20
Tantu tempus impare in sa prexone
tantu tempus impare in su patire
sempre de una matessi condixione
unidos in sa mesa, in su dormire;
pero como a’ sa mezus ocaxione
istende de sa uida pro partire,
comente no ti uido frade amadu?
pro morrer a’ su macu consoladu.
21
De una cosa mi alegro in custu tratu
qui mi indulcat custa ora transitoria
qui si Don Pedru morit fadu ingratu,
non morit de Don Pedru sa memoria.
In Don filigu lasso unu retratu
dessu qui como passat a’ sa gloria
biue tue Don filigu in logu meu
pero menzus uentura ti det Deu.
22
Cando penzo qui de issu ya mi ausento
mi cresquet de sa morte su dolore,
mas ay! miseru me, qui non mi amento
qui sensa uider parto a’ mi señore
custa es sa cosa humana qui pius sento,
si conosquies, o amore, ite este amore!
a’ mi señore lassa mi abraçare,
et cando queres beni a’ mi leare.
23
Lassa, li nait, su piantu lastimosu,
lassa de suspirare tantu a’ ispissu
et si babu disizas, amorosu
uoltadi a’ cuddu santu crucifixu;
mira qui in cudda sedia de roposu
ti mirat cun sas culpas qui as comissu,
pro ti dare sos bracos istirados
generale perdonu de pecados.
24
Lassa, ya non est hora de quircare
babos, frades, amigos, non parentes,
quirca Don Pedru meu de ti saluare
qui de custu, est raxone qui ti amentes
155
160
f.179r
165
170
175
f.179v
180
185
309
Canzoniere ispano-sardo
Ya de sa Morte in su alteradu mare
ti afogan sos mortales acidentes:
abraca custa ruge pro sustentu
sin de queres bessire in saluamentu.
25
Ya qui custu iscultait su moribundu
su Cristu abraçat sa trementu manu
et cun suspiru debile et profundu
custu li nait cun animu cristianu:
eternu Redemtore de su mundu
diuinu preciu de su rescatu humanu
custa anima riscata de sas penas,
qui su sanben ti costat de sas uenas.
26
Et cun custu acabende boge et piantu
ya difuntos lasseit sos membros sanos
cobertos de mortale et nieddu mantu
dessa Morte in sos bracos inhumanos:
su sentimentu meu istessit tantu
serrendeli sos ojos custas manos,
qui mi pensare sa alma mia
pro fagerli in sa morte cumpañia.
27
Pero prite mi has quersidu lassare
viuer sensa Don Pedru, ingrata sorte,
lassa milu a’ su mancu acumpañare
si queres qui in custa hora mi aconorte
qui sa uida passa sempre impare
rexone fit tener sa matexi morte
una domo, unu letu, una uentura
ambos una matessi sepultura.
190
f.180r
195
200
205
f.180v
210
215
Die 23 Aug’. 1682.
VIII (f.181r-v)
Il metro congeniale alla creazione della danza nella rima sarda costruisce questi tre brevi ma intensi poemi strutturati sull’alternanza di un
verso settenario con un verso endecasillabo.
ANDREA DEPLANO
310
Le sedici Sestas così formate sono di facile ascolto, dirette, immediate,
benché il significato sia serio fin dall’iniziale sintagma Ranquidos
pensamentos, amari pensieri, che apre la prima serie di sei sestas con
schema aBaBcC.
Il genere di alcuni aggettivi: desdichada, poverita, privada, sola, trista,
adolorida e solitaria, riferiti all’io narrante, ci permette di indicare in una
donna l’autore delle prime sei strofe.
È il canto accorato di una persona costretta al silenzio e alla clausura
(forse una suora?) che esprime la disperazione per una condizione di
vita non determinata dalla sua volontà.
Tuttavia non chiede vendette, non avanza pretese né rivendica nulla.
C’è tanta obbedienza e rassegnazione in quei versi chiusi da un auspicio
che suona però come chimera: mi accontenterei di vivere solitaria nei
boschi, dove canterei agli uccelli tante pene varie.
Forse la poesia era l’unico strumento che, in qualche misura, permettesse alla poverina di assaporare la libertà.
Il canonico G. Spano pubblicò questa poesia in Sesta Lira (Canzoni popolari inedite in sardo centrale, ossia logudorese, Cagliari 1865 pagg. 91/93
n° XXX.) commentando: Una giovinetta abbandonata che piange la sua
solitudine.
SEXTAS SARDAS
1
Ranquidos pensamentos
qui custa alma tenides amargada
fantasticos intentos
lassade pianger a’ una desdichada
permitide a’ sos ojos,
qui de lagrimas feten largos poyos
2
Lassademi qui isfog’e
sa pena qui in su petus alimento
qui timo no mi afog’e
custa burrasca, qui mischina sento
in custu tristu mare
hue por horas isto pro acabare
3
In sa mezus edade
primauera fiorida de sos anos
et sensa libertade
mi uido pouerita in tantos daños
5
10
15
311
Canzoniere ispano-sardo
priuada de omñi cuntentu
tenende pro prexone unu aposentu
4
Non conosco ite est g’ente
oluidadu si mi est su cunuersare
oñi caru parente
sola totu mi lassan lamentare
pro qui in logus de dolu
nexunu si bi acostat pro consolu
5
Trista, et adolorida
sensa humanu cumerciu de persone
passo sa triste uida
quexendemi a’ sos muros et matones
ma comente son muros
no tenen compassione ca son duros
6
Mi tio cuntentare
de biuer in sos buscos solitaria
hue tia contare
a sos pug’ones tanta pena uaria
et cun sos ruising’olos
cantare bog’e a’ bog’e tantos dolos.
f.181v
20
25
30
35
IX (f.182r-v)
La prima strofa sembrerebbe stabilire un continuum con le sei seste precedenti per l’invocazione del verso iniziale e per i contenuti dei restanti
cinque versi.
Il soggetto è comunque assai diverso, come differente è lo stile nel comporre. L’autore ci ripropone quel tipo di pianto per pene d’amore fatto
di luoghi comuni (lassendi a qui adoro / sensa anima mi parto e sensa
coro), di similitudini e aggettivi abusati (prenda amada) e di un nome
(Diana) che proietta nell’Arcadia queste quattro sestas sardas precorrendo
la nascita stessa di quel movimento (Roma 1690).
Lo schema delle rime è quello già trovato in precedenza, ma qui sembra
diventare un ostacolo: l’approssimazione fa combaciare abitacione con
persone (seconda strofa) amante con cuntentu (quarta strofa). Si confondono i generi e amada rima con disisperadu, oppure si banalizza tanto da
ANDREA DEPLANO
312
far rimare due opposti semantici: dolore con amore. Anche il metro è
pesante, poco scorrevole, inesatto: la quarta strofa termina con un
dodecasillabo.
OTRAS
Lastimade o’ quelos
ca mi est forza mudare abitacione
qui sa ausencia et zelos
consumire mi ten custa persone
ca lassendi a’ qui adoro
sensa animu mi parto et sensa coro.
Lasso sa prenda amada,
lassendemi cun issa oñi consolu
g’asi disisperadu
sa anima trista in mesu a’ tantu dolu
pro podersi aneg’are
non necesitat abas de su mare.
Adoresi a’ Diana
macari may la aen adorada
pro qui ancus qui est humana
pro diuina la teng’o idolatrada
et timo hay dolore
qui in cussa oluidet tantu amore.
Timo qui ateru amante
pius dichosu de me ti get g’osare
ancus qui pius cuntentu
de custu desdichadu no tes agatare
et est casu prouadu
qui quie pius seruit mancu es premiadu.
5
10
15
f.182v
20
X (f.182v; f.184r-v)
Tornano a scorrere fluidi i versi in una rima più che corretta. Non più
pene d’amore, non più lamentazione per le condizioni di vita ma poesia
intesa come esercizio di virtuosismo attraverso citazioni di figure mitologiche (salamandra, tantalu, basiliscu), e di strumenti musicali per accompagnare il verso poetico in civiltà diverse da quella sarda (citaras, liras).
L’autore è colto, di quell’erudizione acquisita sui testi dei classici greci.
313
Canzoniere ispano-sardo
OTRAS
Fine cando pesares
mi dilatades custa uida amarga
sos ojos fatos mares
piangide sorte infausta et pena larga
o’ fagide mudanca 5
o’ dademi pro biuer ispaerança.
Non firmo su lamentu
cun bog’e ya gustosa et reg’alada
in citaras de arg’entu
no cun hatera lira he reparada
quie cantat males graues
solicitat cunsertu cun sas aues.
10
Soledades gustosas
riscos campos funtanas amenas
aplacade amorosas15
cun aplausu su oydu a’ tantas penas
pero no mi intendides
pro qui alma racionale non tenides
Non agatan reposu
su coro apasionadu meu in log’u
qui su animu amorosu
portet sempre cun isse ardente fogu
et cun vida penada
est salamandra ya dissimulada.
Hay passadas glorias
et canto mi afligides si mi amento
de filias memorias
Inuanu piang’o tristu et mi lamento
ya so tantalu biuu
in abas et in autos fug’itivu
Una deidade aparte
ya iscultat tantos males mios
o’ crudele ane.arte
qui das morte inutiles pius impios
sensa intimare g’erra
sirena in mare et basiliscu in terra.
f.184r
20
25
30
f.184v
35
ANDREA DEPLANO
314
XI (f.183r-v)
Il componimento è strutturato su due momenti narrativi. In apertura è
giudizio critico definitivo, sicuro, maturato attraverso dolorosa esperienza vissuta (si custu lu naro proadu la hia) che fa affermare all’autore no
pius amore no pius amistade, poiché totu este ing’anu totu es farcidade.
L’uso del quarto verso come ritornello sembra non lasciare dubbi sulla
conclusione dell’io narrante: s’amore es continu cuidadu.
Più che poesia sembrerebbe una raccolta di dicios (proverbi) o di concentrati di sapere popolare. Ma si può sfuggire all’amore? La consecutio
temporum della quarta strofa - cando la vio cando la vidia - in cui passato
e presente si mescolano, ci permette di capire che è facile ricadere vittima di questo forte sentimento: cun sas trichas suas ligadu ma haiat / qui
custu coro queren traspasare.
La mancanza di forti aggettivazioni, la ripetizione di versi, la semplicità
del vocabolario e l’immediatezza delle immagini utilizzate non lasciano
dubbi sull’estrazione popolare del cantore di queste quartine.
Sul piano formale la prima strofa è solo apparentemente una Quimbina
(la ripetizione serve per entrare in tema). Le rimanenti strofe sono delle
Battorinas Serradas dal verso di refrain.
La creazione è tutta di contenuti e questo giustifica l’assenza della rima
che su questo tipo di versi avrebbe potuto essere o baciata (AABB) oppure incrociata nella parte di Invenzione (ABA + verso fisso). Invece,
nella maggior parte delle strofe il terzo verso propone come terminazione un infinito presente: sonare, traspasare, retirare, deportare, sul quale la
rima in -ade non può che risultare approssimata. Nella strofa di chiusura
viene perfino proposto un aggettivo (singulare) come terminazione rima.
L’irregolarità caratterizza anche il metro costituito da endecasillabi e
dodecasillabi.
No pius amore no pius amistade
no pius amore no pius amore
no tenet firmesa no tenet feruore
totu este ing’anu totu es farcidade
no pius amore no pius amistade
in finiis su amore es continu cuidadu
custu lu naro qui lapo proadu
priuadu ma haiat de sa libertade
no pius amore no pius amistade
si custu lu naro proadu la hia
si fuy in letu acusu dormia
315
Canzoniere ispano-sardo
sempre in su amore mi tia sonare
no pius amore no pius amistade
cando la vio cando la vidia
cun sas trichas suas ligadu ma haiat
qui custu coro queren traspasare
no pius amore no pius amistade
f.183v
sa amore mia fit de custa sorte
cando la uido cun ancias forte
su sanben sento si mi retirare
no pius amore no pius amistade
Pare qui sias sa luna su sole
[...]
hite belu fiore in manu deportare
no pius amore no pius amistade
hite belu fiore deportare in manu
vido su istentu de su inamoradu
su faidu humanu he meda singulare,
no pius amore no pius amistade.
XII (ff.184v/185r-v)
Gli aggettivi aflita (4° strofa) e poverita (5° strofa) ci indicano che autore
di questi altri versi è una donna.
Le dieci sestine che seguono sono assai vicine per contenuti e parallelismi
al poema VIII già analizzato. Perfino il verso iniziale (Amigos ya qui
isquides) del presente componimento sembra volerci ricordare che già
conosciamo quest’esperienza.
La nuova narrazione parte da due strofe di Introduzione in cui l’autrice
richiama l’attenzione sui suoi guai con una Serrada (Mouidos a piedade /
iscultademi amigos iscultade) che ha valore di captatio.
La terza strofa introduce un elemento di novità rispetto al poema n°
VIII: felice mi vivia, ben presto ridimensionato con carci tantu.
Il sintagma fiorida edade (4° strofa) ripropone il contenuto dei primi due
versi della 3° strofa (In sa mezus edade / primauera fiorida de sos anos).
Anche i versi finali della quarta sesta (et pro abitacione / mi desin bator
muros pro prexone) ripropongono la chiusura della terza strofa del precedente poema : tenende pro prexone unu aposentu.
ANDREA DEPLANO
316
Ci resta un grande mistero per quella sentencia maledita che non permette di capire la professione di questa poetessa. Tanti sono i punti in comune con il testo n° VIII nei contenuti, come nel dialogo con su pugione,
oltre che con gli aspetti formali di questo nuovo testo in versi settenarii
alternati a versi endecasillabi.
OTRA
Amigos ya qui isquides
qui sa alegria et gustu mi at lassadu
et tale mi vidides
qui apenas alimento custu fiadu
Mouidos a piedade
iscultademi amigos iscultade
Ya qui ogñi consolu
qui recreat sa conca anima mia
uoltadu si est in dolu
[...]
Mouidos a piedade
iscultademi amigos iscurtade
Felice mi uiuia
in sos tempos passados carci tantu
et como mi vidia
in continu lamentu pena et piantu
ya uariat sa fortuna
amarg’at su cuntentu in huna in huna.
Apenas conosquia
sas primas luges de fiorida edade
cando aflita vidia
qui nascisi sensa haer libertade
et pro abitacione
mi desin bator muros pro prexone
Qui inocente ispetesi
daremi libertade hay pouerita
pero pius pena ape si
intender sa sentencia maledita
Inog’e tes lassare
sos anos cun sa vida totu umpare.
Ojos mios piangide
ya mi an sensa pecadu castigadu
f.185r
317
Canzoniere ispano-sardo
ea, penas cresquide
forci det de pena acabare custu fiadu
ca in tantu male et dolu
mortu tet esser su ultimu consolu.
f.186v
Nade qui at de sufrire
quie tet esser sa pena o’ su pecadu
qui no at a’ pedire
Iusticia contra unu apassionadu
qui in capa de amistade
mi priuat de oñi humana libertade
Si in sampaña miro
et a doñi unu vido cunuersare
milli uoltas suspiro
et naro poueritu delirende
gasi aiat esser andada
sa fortuna corsareda non fui nada.
O’ dichosu pugione
qui biues in sa g’abia aprexionadu
de piangere no as raxone
ya tue pius de me ses istimadu
et podes iscapare
pero eo in sa prexone apo acabare.
Ancus sa compañia
naran seruit de aliuiu a’ sa persone
pero sa qui tenia
cun megus este aflita et cun raxone
ca sas duas patimos
dolencias meda manas et non morimos.
XIII (ff.224r-226r)
La lingua sarda abbonda di vocaboli di cui è perso ormai l’etimo, e si
conservano in forma di non-sens o di giochi sonori, distribuiti nei più
diversi campi semantici, dalla toponomastica al canto popolare. Cosa
significa A s’andìra nel canto a Tenore? Ogni ricostruzione filologica è
ardua e frutto di ipotesi facilmente opinabile. Cosa racchiude dunque
quel tabur che in modo imperativo non deve essere detto da quie portat
isprones?
ANDREA DEPLANO
318
Forse è solo (ancora un altro) non-sens utilizzato per poter fare un affresco ironico della società del periodo nelle varie componenti. Caualleris,
Barones, sacerdotes, cunziceris, su regidore, sos principales, sos piscayolos,
sos pastores, entrano nel gioco insieme a sos de Sassare, de Otiane, de
‘Essude, de Monte Agudu: tutti tranne sos de Oristanis e campidanesos.
L’uso del non-sens determina la dilatazione del jeu de mots fino a isprones:
indicano sproni di cavalleria, quarti di nobiltà o simbolo di virilità?
Il poeta è abilissimo nel mascherare il significato che di volta in volta
assume accezioni diverse per non far mai perdere il sorriso.
Le Battorinas a rima baciata AABB così composte, strutturano il messaggio (in suspu) nei due versi iniziali mentre il terzo è sempre strumentale
alla chiusura (Serrada) di significato e significante. La frattura fra i primi
due versi e i restanti si avverte anche nel metro che trova irregolarità
quasi sempre nel terzo verso (spesso dodecasillabo) mentre i restanti
sono endecasillabi.
No neret tabur quie portat isprones
no neret tabur quie portat isprone.
Quie isprones portat no neret tabur
nen gente istracada passet in suru,
ca beydet Sassare sos pendericones,
no neret tabur quie portat isprones.
Ancoras qui andet unu homine in presse,
et sos isprones esseren de quesse
et lu sigeren bandidos ladrones
no neret tabur quie portat isprones.
Penas han postu custos conziceris
et sun a’ instancia de sos Caualleris,
et las confirman totus sos Barones
no neret tabur quie portat isprones.
Sas penas timen sos de Monte agudu
passende rios et pistende ludu,
qui los coberit fina a sos arzones
no neret tabur quie portat isprones.
Sos de Otiane ruen in sa pena
qui sinde folgan de una tisapiena
et non si inpachan de tantas rajones
no neret tabur quie portat isprones.
f.224v
Canzoniere ispano-sardo
319
Oy viuan a fe, uivan sos de essude
may naran tabur, peri a’ sebba rude
ancoras qui curcan fatu de macones
no neret tabur quie portat isprones.
A quie at isprones et iuget isfrunza
naret tabur, deget una Munza
a ragas faladas et sensa carzones
no neret tabur quie portat isprones.
Si sas penas pagan sos pastores totu
lis den piñorare su casu et regotu,
aiscos et musorzoa cun sos malinzones
no neret tabur quie portat isprones.
f.225r
A fide mia si su regidore
sas penas rutas quircat cun vigore
qui bey sun rutos fina a sos bajones
no neret tabur quie portat isprones.
Et si miramus a’ sos principales
qui de vaqueta portan istiuales
fatun dan paricos de custos burrones
no neret tabur quie portat isprones.
Sos qui portan soma et caddigan boe
sian perdonados fina a’ dies de hoe,
dae innoge innantis perdan sos sacones
no neret tabur quie portat isprones.
Sos sacerdotes puru pagan pena
A caddu istracu pungende in sa arena
in sa plorigina, matas et murcones
no neret tabur quie portat isprones.
Sos qui han isprones in tempus de friscu
non pagan pena a’ corte ne fiscu
carcanzi quebrados de sos pirinjones
no neret tabur quie portat isprones.
Sos sacerdotes naro viazantes
cun sos piscayolos sun meda galantes
tabur narana forte a’ caddu et persones
no neret tabur quie portat isprones.
f.225v
ANDREA DEPLANO
320
Pretenden custos qui tenen patente
pro qui hunu isprones porten solamente
cun sateru pee pungun sos talones
no neret tabur quie portat isprones.
In custa pena no bi son compresos
sos de oristanis nen campidanesos
A cambas nudas et sensa carzones
no neret tabur quie portat isprones.
Andan in carros o a’ caddu nudu
o’ veru iscurzos pistende su ludu
sas armas suas sun unos furcones
no neret tabur quie portat isprones.
f.226r
Sattera gente cisquir caddigare
rutos in sa pena la han como pagare
et nexunu fidet de intercessiones
no neret tabur quie portat isprones.
Bandu a trumbita su missu at betadu
qui tabur cun isprones siat disterradu
como si apicigan sos sedulones
no neret tabur quie portat isprones.
XIV (f.247v-248r)
Le strofe che qui vengono indicate come coplas sardas sono dei Gosos nel
modello più lineare e classico della tradizione.
Il componimento che segue ricalca esattamente la struttura di base dei
Gosos: un’Istèrrida di quattro versi in cui si afferma un enunciato, solitamente una verità o dogma (Cristo è luce divina / cammino di verità), in
forza del quale (senza connessione avverbiale) si esprime un invito o un
imperativo ai fedeli: acudide a’ sa dotrina / manos minores de edade che
diventa il refrain con cui si chiude ognuna delle successive strofe.
Lo schema della rima delle Istèrridas di apertura è di due tipi: ABBA
oppure ABAB. Il primo tipo è costruito in modo tale che solo la seconda
parte dei quattro versi possa essere utilizzata come refrain e pertanto i
versi terzo e quarto saranno semplici e facili da capire e da ricordare. Il
secondo schema è invece caratterizzato dalla possibilità di interscambiare
l’ordine dei distici a seconda che il poeta voglia privilegiare il dogma o
l’imperativo nella comunicazione al popolo dei fedeli.
321
Canzoniere ispano-sardo
Le unità strofiche caratteristiche dei Gosos sono le sestine alle quali si
accodano i due versi appena descritti in forma di Torràda. La ripetizione
del messaggio contenuto in quei due versi favoriva l’affermazione e assimilazione della comunicazione.
In questo modo la Chiesa è riuscita nell’opera di penetrazione religiosa
e culturale presso popolazioni poco inclini alle innovazioni soprattutto
se provenienti dall’esterno.
L’obiettivo si realizzava per il particolare modo di diffondere il messaggio attraverso l’utilizzazione, non già della diffusione del testo scritto, ma
bensì del canto popolare, nelle formazioni maschili del canto a Tenore, a
Cuncordu e a Tasja, e nel canto delle donne.
Sia i versi di Istèrrida che i versi delle sestine (alle quali viene aggiunto il
refrain) sono degli ottonarii. Lo schema delle rime è ABBAAC DC. Il
contenuto del poema è già esplicitato nei due versi del refrain e riproposto
nel corso del poema (vedi terza strofa).
Sul piano linguistico, Segides (5° strofa), dovrebbe leggersi come seguide
(seguite) in cui g + i traducono un suono velare /gi/ (= ghi italiano) mentre la s finale è gratuita rispetto alla rima con il quarto verso.
Per incongruenza dell'inquadernatore il poema risulta articolato con la
seguente successione: ff.247v, 249r-249v, 250r-250v, 248r.
COPLAS SARDAS
Xptos est luge diuina
caminu de veridade
acudide a’ sa dotrina
manos minores de edade.
Cop.
Iscamos sos Christianos
de qui semus obligados
a’ sos precetos sagrados.
obedire meda ufanos
in parende a’ sos paganos
et Gentiles Cristiandade
acudide a’ sa dotrina
manos minores de edade.
In campaña sas Banderas
bogat Jesus Capitanu
combidende oñi cristianu
a qui lu sigat de veras
foras cosas faineras
in custu bos ocupade
f.249r
ANDREA DEPLANO
322
acudide a sa dotrina
manos minores de edade.
Venide gente venide
a’ sa doctrina Cristiana
venide de bona gana
in fatu nostru ponide
et pro no la isquire isquide
pena biat de eternidade.
acudide a’ sa dotrina
manos minores de edade.
O’ cantos tenet su inferru
presos cun fortes cadenas
in miles males de penas
penende pro sempiternu
pro pagu tentu et guuernu
et pro meda libertade
acudide a’ sa dotrina
manos minores de edade.
Babos et mamas segides
de qui segis obligados
a’ figios, figias, criados
imparare lis sa fide
ca si no la isquin credide
mortalamente pecades.
Acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
O’ cantos in dotrina
iscultande sos exemplos
si conuertin, et sun templos
de sa alta gracia diuina
cirquende meigina
de sos males iscurtade
acudide a’ sa dotrina
manos minores de edade.
Nexunu intrat in Celu
sensa sa doctrina Santa
custu su euangelia cantat
cun amore et bonu zelu
mas su demoniu cum imbelu
negat cus[ta] ueridade
f.249v
323
Canzoniere ispano-sardo
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
Est sa doctrina sagrada
arma poderosa et forte
contra su Demoniu et morte
de oñi anima tentada
restat salua, et libertada
cum vitoria et santidade
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
f.250r
E qui sa morte est segura
bos amentade, aduertide
cando da a’ esser no isquides
ne mancu de sepultura
o’ morte o’ morte o’ paura
o’ mortale segedade
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
Si sa morte is preuenidos
bos agatat de doctrina
in perditione et ruina
bos vegis uider sumidos
o gustos, gustos finidos
penade tando penade
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
In su judiciu finale
inantis de judicare
xptos nos det dimandare
sa dotrina generale
quie la isquit bene o’ male
cun profitu o’ vanidade
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
O’ animas riscatadas
cun su sanben preciosu
de xptus babu amorosu
non bos restedes burlados
a’ su inferru condenados
pro preitia o’ tontedade
f.250v
ANDREA DEPLANO
324
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
Sa dotrina in generale
importat a’ cunfessare
su rosariu a’ cuntemplare
cun sa fide universale
sos misterios principales
qui sun de necessidade
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
Prendas de sa eterna gloria
den tener pro sa dotrina
si cun issa si incaminan
desa uida transitoria
cun palmas et cun vitoria
de sa eterna libertade
acudide a’ sa doctrina
manos minores de edade.
f.248r
XV (f.248r-248v; 251r)
Altri Gosos sono presentati in questo poema per il quale valgono gran
parte delle cose dette per il precedente.
È identico il metro utilizzato - versi ottonarii compongono delle Sestinas
Torradas da un distico di refrain - come lo schema delle rime: ABBAAC DC.
Anche attraverso quest’altro componimento si intendeva comunicare, in
modo semplice e facilmente fruibile, a una moltitudine di persone un
messaggio di indottrinamento.
La strategia comunicativa è quella interattiva. L’uditorio veniva coinvolto in una illusoria - benché attiva - partecipazione alla creazione del
messaggio, perché era affidato alla folla il compito di rispondere, alle
parole del concelebrante la funzione religiosa, con un distico che rima
con le ultime parole dell’oratore.
Il metodo era ampiamente collaudato nella storia del canto liturgico e
identificato sotto il nome di canto responsoriale. Che la forma di composizione del presente componimento fosse proprio questa si deduce dalla
lunghezza dei versi (ottonarii) delle sestine, contrapposta a quella del
primo dei due versi del distico (novenario). La presenza di un novenario
nel distico-refrain non agevola la trasposizione canora e rimarca l’interruzione fra colui che lancia il messaggio e coloro che con quella risposta
dimostrano di averlo ricevuto.
325
Canzoniere ispano-sardo
Il messaggio vale per tutti e il compositore si rivolge con la medesima
gravità ai mortales inganados. Sia che essi siano al vertice della piramide
della società ecclesiastica (Prelados et señores sacerdotes, 3° strofa), ai vertici della società civile (Cavalleris e señores Principales - 4° strofa - damas
ermosas / sas poderosas et ricas - 5° strofa) che alla base (gente ordinaria, 6°
strofa).
L’uso di un pronome che personalizza il testo nella settima strofa fa pensare che autore di questi Gosos fosse uno studente di seminario che si
interrogava sulla capacità di divulgare e trasmettere (participamus) i contenuti appresi a sua volta (sas cosas qui imparamus) a sos rudes ignorantes.
Una testimonianza preziosa della cura con cui i religiosi vivevano la
missione dell’evangelizzazione.
Per incongruenza dell'inquadernatore il poema risulta articolato con la
seguente successione: ff.248r-248v, 251r.
OTRAS
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione
9
8
1
O’ mortales inganados
istadenos como atentos
sos gustos, sos uanos ventos
sos tesoros sun sumados
o’ gosos imaginados
pienos de tribulacione
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione.
8
8
8
8
8
8
9
8
2
O’ nadenos pecadores
si pensades in su inferru
qui est unu triste disterru
pienu de uarios dolores
hue in flamas et ardores
penat sanima et persone
Custu es su caminu diuinu
caminu de saluacione.
3
O nadenos sos Prelados
et señores sacerdotes
si den esser meda fortes
f.248v
ANDREA DEPLANO
326
sos contos examinados
o’ quantos quantos danados
in su oficiu et obligacione.
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione.
4
O’ nade sos Caualleris
et señores Principales
si pensades in sos males
qui fingides de ligeris
poderosos hoe, et eris,
ispetade danacione.
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione.
5
O’ nade damas ermosas
sas poderosas et ricas
si agis uidu qui sun sicas
sas qui inantis friscas rosas
certamente custas cosas
torran a’ incorrucione.
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione.
6
O’ nade gente ordinaria
si isquides cussa Dotrina
est pro totus meigina
de doñi gracia sumaria
a’ dognu unu necessaria
in sa perigrinacione.
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione.
7
O’ nades istudiantes
si sas cosas qui inparamus
nois las participamus
a’ sos rudos ignorantes
qui sun puntos inportantes
a’ doñi istadu et persone.
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione.
f.251r
327
Canzoniere ispano-sardo
8
O’ nade nos totu cantos
sos qui iscurtades presentes
si segis veros disquientes
de xptos et de sos santos
o’ pensan qui sun ispantos
sas cosas de obligacione.
Custu est su caminu diuinu
caminu de saluacione.
XVI (ff.251v-252v)
Nei Gosos si esprimevano quasi esclusivamente contenuti seri. In misura
preponderante erano produzioni agiografiche.
La gravità della penitenza e del pentimento ispirano questo componimento per il Memento homo. Ciò determina l’abbandono della trasposizione
canora del testo che viene divulgato attraverso la recitazione.
La struttura strofica della sestina (1° strofa con rima ABABCD ED) viene subito sostituita dall’ottava (con rima ABABBCBC DC) nelle restanti
strofe serradas dai versi 3° e 4° della quartina di Istèrrida: regorda qui ses
de piuer / et quisina de niente.
La recitazione del testo teneva conto di due accenti tonici, uno naturale
nella settima sillaba per rendere ininfluente la terminazione rima (si confrontino in proposito le terminazioni dei versi 2° e 3°, BB, dell’Istèrrida),
mentre il ritmo è scandito sulla terza sillaba di ogni verso.
Il modello fonetico castigliano imponeva una norma grafica che nell’esempio del suono velare /g/ dispiageres sembra già superata. Sicuramente il
grafema g esprimeva il suono velare sonoro (come in italiano ghiro) e
non il suono sordo /k/ (come in italiano cane). Quest’ultimo suono, nel
terzo verso della sesta strofa, viene reso graficamente in modo curioso
(no circes /kirkes/), non con grafia castigliana (a rigore: quirques), né con
grafia italiana. Lo stesso grafema c nel terzo verso della prima strofa
(recisti) viene proposto nella forma del passato remoto del verbo rezìre
(ricevere, cast. recebir) ma non traduce certamente il suono velare.
Il compositore del poema era certamente logudorese da quel che la grafia attesta: i suoni bi-labiali sono di preferenza quelli sonori /b/ rispetto
alla norma nuorese del suono sordo /p/: suberbu anziché superbu.
Il presente componimento è attestato a Ottana come canto della tradizione religiosa. Versione molto simile si trova in A. Corsi (vd. bibliografia)
ANDREA DEPLANO
328
POR MEMENTO HOMO
O’ suberbu inpertinente
qui sensa isquire te rues
regorda qui ses de piuer
et qui si nade niente.
1
Regordadi qui istetisti
de limu et terra formadu
et sos donos qui recisti
de cuddu qui tat criadu
lassa lassa su pecadu
et su biuer malamente
et pensa qui se piuer
et qui si nade niente.
2
Lassa sa pompa mundana
et cuddos torpes regalos
pro qui a’ sa anima si dana
milli dispiageres malos
como qui has tempus reparalos
in biuir honestamente
sos pecados cunfessalos
contritu et humilemente.
Regorda qui ses de piuer
et qui si ni nade niente.
3
Et a’ sa confessione
anda bene aparichadu
cun firma contricione
de lassare su pecadu
et de su tempus passadu
repassa minudamente
pro qui sias acetadu
de xptos omnipotente.
Regordadi qui ses de piuer
et qui si nade niente.
4
Sos benes male adquiridos
procura restituire
pro qui meda si sun uidos
f.252r
329
Canzoniere ispano-sardo
in su inferru sepelire
custu est tempus de gemire
et de biuer santamente
pro qui potas ga[ud]ire
de cuddu bene exelente
regordadi qui ses de piuer
et qui si nade niente.
f.252v
5
Dade manu a’ sos recreos
aplicadi a sa abstinencia
et non seruas tantos deos
ca danan sa conciencia
conuertidi a’ penitencia
qui su tempus ti est presente
aco qui sa alta clemencia
ti rechat alegramente.
Regordadi qui ses piuer
et qui si nade niente.
6
Lassa sa murmuracione
sa auarisia sa luxuria
no circes ocasione
de uendicare sa inguria
non curras a’ tanta furia
qui tes biuer breuemente
no faltas sa anima espuria
de ueras que es resplandente.
Regordadi qui ses piuer
et qui si nade niente.
XVII (f.253r-254r)
La strofa di cinque versi è assai rara nel sistema di versificazione sarda.
Compare in apertura di componimento come Introduzione al testo che
seguirà e spesso contiene al suo interno versi doppi oppure che ripetono
in misura di poco differente contenuti già esposti in altri versi. Solitamente la Quimbina o Quintiglia è composta da versi endecasillabi oppure ottonarii e lo schema della rima è assai vario. L’ultimo poema di questa raccolta è strutturato in Quimbinas che sembrano formate più sulla
forma delle sestine già incontrate in vari componimenti. La lunghezza
dei versi alternati, settenarii e endecasillabi, e lo stesso schema della
ANDREA DEPLANO
330
rima aBabB, ricalcano la composizione in sestine. Che la forma non sia
originale si denota anche da alcune imprecisioni nella rima all’interno
della prima strofa dove il poeta si dice atristadu, disisperadu, mischina.
Ma è nella quinta strofa che il metro si perde e il quarto verso diventa
endecasillabo anziché settenario.
Il tema è sempre quello della lamentazione, anche i tropi sono quelli già
trovati in tanti altri poemi.
1
Isto tantu atristadu
qui de pianger misfato de continu
Ando disisperadu
cun lagrimas misquina
Qui nen mancu reparo in su caminu.
2
Cantan sas cardellinas
et bidende a mie cessan su cantu
timende sas misquinas
si consumin de piantu
pro sa desdicha mia cruda tantu.
3
Sos ateros pugiones
si mi viden passare incontinente
que qui esseren persones
piangen amargamente
et ruen desmaiados de repente.
4
Contemplende su quelu
istesi pro mirare sas istelas
in su argentadu uelu
adornadu de perlas
pero no sun que atie tan bellas.
5
In totu consumire
mi depo si non queres remidiare
non quergio pius seruire
homines ne feminas non amare
pro cantu depo biuer es durare.
6
Mi quergio dispedire
restadi anima mia cun cuntentu
ando pro mi finire
in su tristu aposentu
duplicende su piantu cun tormentu.
f.253v
f.254r
Canzoniere ispano-sardo
331
332
ANDREA DEPLANO
333
Canzoniere ispano-sardo
BIBLIOGRAFIA
ANONIMO, Sos amores de Paris e Vienna, Tip. Mulas, Cagliari, s.d.
ANONIMO, Poesia sarda .. pro .. Samuele Stocchino , La tipografica di
Solinas, Nuoro, s.d.
ANONIMO, La canzona di Mastru Juanni. Introduzione di Salvatore M.
Sechi, Ed. Della Torre, Cagliari, 1982.
ANONIMO (a cura di Antonello Satta), Sa scomuniga de Predi Antiogu
arrettori de Masuddas, “I libri dell'identità”, Ed. Della Torre, Cagliari,
1983.
AA.VV. (a cura di A. Colombo), Guida all'educazione linguistica,
Zanichelli, Bologna, 1982.
AA.VV. (a cura di Costante Istrina), Cantones Antigas de diversos autores,
Sassari 1986
AA.VV. Il meglio della grande poesia in lingua sarda, Introduz. di M.
Pira, Ed. Della Torre, Cagliari, 1975.
AA.VV. (a cura di A. Liori), Il meglio della grande poesia campidanese,
Ed. Della Torre, Cagliari, 1991.
AA.VV. (a cura di Giulio Cossu e Franco Fresi), I Poeti popolari di Gallura,
Ed. Della Torre, Cagliari, 1988.
AA.VV. (a cura di M. Brigaglia), La Sardegna - Enciclopedia in 3 vol.,
Ed. Della Torre, Cagliari, 1988.
AA.VV. (a cura della scuola media “S.Fancello”), L'infanzia nell'antica
società dorgalese, Dorgali, s.d.
AA.VV. I canti, le fiabe, le feste nella tradizione popolare - Sardegna,
Lato Side edit., Roma, 1921.
AA.VV. (a cura di Conte M. E.), La Linguistica Testuale , Feltrinelli,
Milano, 1981.
AA.VV. Poesia Orunese e Storia Locale, a c. dell'Ammin. Comun. di
Orune, 1987.
334
ANDREA DEPLANO
AA.VV. (a cura di P.G. Sedda e P. Maoddi), Crobbes poesie del '700
dalla tradizione orale, Introduzione di Natalino Piras, Coop. Grafica
Nuorese, Nuoro, 1987.
AA.VV. Antologia del Premio ROMANGIA 1978-1982, Traduzione e note
di A. M. Rubattu, Prefazione di Nicola Tanda, Ed. 3 T, Cagliari, 1984.
AA.VV. (a cura di G. Mele e P. Sassu), Liturgia e Paraliturgia nella
tradizione orale, Editrice Universitas, Cagliari, 1992.
AA.VV. (a cura della segreteria del premio), Antologia del Premio
ROMANGIA 1993-1994, Stampa TAS, Sassari, 1994.
AA.VV. Quartu Cuncursu de poesia “Sa Madonna de su nibe”, Teti 1993,
Ed. S'ideaeletronica de C. Ortu, Tonara, 1994.
AA.VV. S'Idea 1991 1° e 2° Periodicu de poesia e prosa sarda, Ed.
S'ideaeletronica de C. Ortu, Tonara, s.d.
AA.VV. S'Idea voll. 3° e 4° Periodicu de poesia e prosa sarda, Ed.
S'ideaeletronica de C. Ortu, Tonara, s.d.
AA.VV. (a cura di Roberto Favaro), Suono e cultura CERM materiali di
ricerca 1990-92, Mucchi editore, Modena, 1994.
AA.VV. (a cura di Paolo Pillonca), Ammajos, Soter Editr., Sassari, 1992.
AA.VV. (a cura di Francesco Manconi), La Società sarda in età spagnola*, Consiglio Reg. della Sardegna, 1992.
AGOSTI Stefano, Il testo poetico, Rizzoli, Milano, 1972.
ALZIATOR Francesco, Storia della letteratura di Sardegna, Ed. 3T, Cagliari, 1982.
BALDRY H.C., I Greci a teatro, Laterza, Bari, 1987.
BECHI Giulio “MILES”, Caccia grossa scene e figure del banditismo sardo,
Arnaldo Forni ed., 1981.
BLASCO FERRER Edoardo, Storia linguistica della Sardegna, Niemeyer,
Tubingen, 1984.
BLASCO FERRER Edoardo, Passato prossimo contro passato remoto nelle
lingue romanze laterali, Pubblicaz. dell'Ist. di Lingue e Letter. Romanze
dell'Università di Sassari, 1984.
BLASCO FERRER Edoardo, La lingua sarda contemporanea. Grammatica del Logudorese e del Campidanese, Ed. Della Torre, Cagliari, 1986.
BOSCOLO Alberto,I viaggiatori dell'ottocento in Sardegna, Editrice Sarda Fossataro, Cagliari, 1973.
Canzoniere ispano-sardo
335
BOTTIGLIONI Gino, (a cura di G. Paulis e M. Atzori), Vita sarda , Ed.
Libreria Dessì, Sassari, 1978.
BOUILLIER Auguste, Canti popolari della Sardegna, Multigrafica Ed.,
Roma, 1974.
BRESCIANI Antonio, Dei costumi dell'isola di Sardegna, Arnaldo Forni
Editore, 1983.
BYNON Theodore, Linguistica storica, Il Mulino, Bologna, 1980.
CARBONELL Sebastiano, Vocabolario Spagnolo-Italiano, Ulrico Hoepli,
Milano, 1983.
CARIA Clemente, Canto sacro-popolare in Sardegna, Editrice S'Alvure,
Oristano, 1981.
CARIA Pietro, Il bacino del Tirso e altri componimenti, nessuna indicaz.
bibliogr.
CARPITELLA Diego, SASSU Pietro, SOLE Leonardo, Musica sarda Canti
e Danze popolari, Antologia e documenti Collana Albatros, VPA 8150,
VPA 8151, VPA 8152.
CARTA Michela, Baronia de Galtellì y encontrada de Orosey, Arti grafiche “Su Craminu”, Dorgali, 1985.
CASU Pietro, (a cura di Giuseppe Ruju), Due poemetti: Su resuscitadu e
Sa cantada de sa cuba, Ed. Della Torre, 1994.
CIAN Vittorio e NURRA Pietro, Canti popolari sardi, Arnaldo Forni ed.,
Sala Bolognese, 1986.
CIRESE Alberto Maria, Introduzione allo studio della poesia popolare in
Sardegna, Cagliari, Anno Accademico 1958-59.
CIRESE Alberto Maria, Poesia sarda e poesia popolare nella storia degli
studi, Ed. 3T, Cagliari, 1977.
CIRESE Alberto Maria, Struttura e origine morfologica dei muttos e mutettus
sardi, Cagliari, 1964.
CIRESE Alberto Maria, L'antropologia culturale e lo studio delle tradizioni
popolari ..., Estratto da DE HOMINE nn 17/18.
CIRESE Alberto Maria, G. Pitré fra storia locale e antropologia, Estratto
da Pitré e Salomone Marino, S.F. Flaccovio Editore, Palermo.
CONTINI Gavino, Poesie Sarde, Tip. TEA, Cagliari. s.d.
CORDA Francesco, Grammatica moderna del sardo-logudorese, Ed. Della
Torre, Cagliari, 1994.
336
ANDREA DEPLANO
CORSI Anna, A groria e a lauda de Deus. Raccolta di preghiere, canti
delle confraternite, Sos orgosos de sa chida santa, Ottana, Edizione
Artigianarte, Cagliari, 1996.
CUBEDDU “P. LUCA”, Cantones e versos, Intr. di M. Pira a cura di S.
Tola, Ed. Della Torre, Cagliari, 1982.
CUBEDDU “P. LUCA”, Poesie, Introd. di R. Carta-Raspi, Tip. TEA,
Cagliari, s.d.
CUCCA Pantaleo, Sutta sa ruche 'e Monte Bardia, Edizioni Ziriziri, Dorgali,
1962.
DELEDDA Grazia, Tradizioni popolari di Nuoro, Edizione anastatica da
“Rivista delle tradizioni popolari italiane”, Diretta da Angelo De
Gubernatis, Ed. 3T, Cagliari 1972.
DELUSSU Pietro Andrea, Poesia Sarda, La Tipografica di Solinas, Nuoro,
1978.
DEPLANO Andrea, Tenores, Am&D Edizioni, Cagliari, 1994.
DEPLANO Andrea, Etnia e folklore, Artigianarte, Cagliari, 1996.
DEPLANO Andrea, Rimas. Suoni versi strutture della poesia tradizionale
sarda, in corso di stampa presso Artigianarte, Cagliari.
DESSI Giovanni e TANDA Nicola, Narratori di Sardegna, Ed. Mursia,
Milano, 1988.
DETTORI Angelo, Rizolos Cristallinos, Ed. 3T, Cagliari, 1977.
DETTORI Giovanni, Amarante, Il Maestrale, Nuoro, 1993.
DORE Giovanni, Gli strumenti della musica popolare della Sardegna, Ed.
3T, Cagliari, 1976.
DORE Giovanni, Gosos e ternuras, Ist. Superiore Reg. Etnografico Nuoro,
1983.
EDOUARD VINCENT, La passione di Orgosolo, Ed. Sarda Fossataro,
Cagliari, 1970.
EDOUARD VINCENT, Il paese. Taccuino di Orgosolo (1963/1984),
Edes, Cagliari, 1985.
FARA Giulio, L'anima della Sardegna: Musica tradizionale, Udine, 1940.
FARA Giulio, Canti di Sardegna: L'Anima del popolo sardo, Ed. Ricordi,
Milano.
FARINA Luigi, Bocabolariu, Gallizzi, Sassari, 1987.
Canzoniere ispano-sardo
337
FERRARO Giuseppe, Canti popolari in Logudorese, GIA Editrice, ed.
Anast. Cagliari, 1988.
FONTANIER Pierre, Les figures du discours, Flammarion, Paris, 1977.
FRONGIA Enrico N., Cultura etnica, lingua e poesia in Sardegna, Editrice SA PORTA, Oristano, 1984.
FUOS Josef, La Sardegna nel 1773 descritta da un contemporaneo, Cagliari 1898. Trad. dal tedesco dell'avv. GASTALDI-MILLELIRE P.
GABRIEL Gavino., Canti di Sardegna, Milano, 1923.
GABRIEL Gavino, Cardi sardi, Fossataro, Cagliari s.d.
GABRIEL Gavino, La Sardegna di sempre, Fossataro, Cagliari, 1971.
GALLINI Clara, I rituali dell'argia, Cedam, Padova, 1967.
GALLINI Clara, Tradizioni sarde e miti d'oggi, Edes. Sassari, 1977.
GENETTE Gérard, Figure III, Einaudi, Torino, 1976.
GHISELLI Alfredo, CONCIALINI Gabriella., Lingua e comunicazione,
Sansoni edit., Firenze, 1981.
GUARNERIO Pietro Enea, Fonologia romanza, Hoepli, Milano, 1978.
HAMON Philippe, Semiologia lessico leggibilità del testo narrativo, Pratiche, s.d.
ILIESCHI Lorenzo, (a cura e con introd. di Paolo Pillonca), Campanas a
repiccu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1994.
LEYDI Roberto, Musica popolare e musica primitiva, Edizioni RAI.
LOBINA Benvenuto, Po cantu Biddanoa, 2D Editrice Mediterranea, 1987.
LYONS John, Introduzione alla linguistica teorica, I - Il Linguaggio, Laterza,
1978.
LYONS John, Introduzione alla linguistica teorica, II - La Grammatica,
Laterza, 1978.
LYONS John, Introduzione alla linguistica teorica, III - La Semantica,
Laterza, 1978.
MADAO Matteo, Le Armonie dei sardi, Reale Stamperia, Cagliari, 1787.
MALMBERG Bertil, Manuale di fonetica generale, Il Mulino, Bologna, 1977.
MARCHI Raffaello, Lettere dalla Barbagia, Edes.
MASALA Francesco, Poesias in duas limbas, Vanni Scheiwiller, Milano,
MCMLXXXI.
338
ANDREA DEPLANO
MAZALEYRAT Jean, Eléments de métrique française, Librairie Armand
Colin, Paris, 1974.
MELE Diego, (a cura di S. Tola), Satiras, Ed. Della Torre, Cagliari,
1984.
MEREU Antonio CARTA Michele, La poesia popolare in un metro campione della Barbagia di Ollolai, Fonni, Leoni ed., Quartu S.E., 1982.
MEREU Peppino, Poesias, con Pref. di F. Masala, Ed. Della Torre, Cagliari, 1978.
MEREU Peppino, Poesie, Introd. di R. Carta-Raspi, Tip. Mulas, Cagliari, s.d.
MEREU Peppino, Sas Poesias isconnotas e mai istampadas, Introd. di
Antoni Canu, Tip. Mulas, Cagliari ,1978.
MIGHELI Antonio Domenico, (a cura di Mimmo Bua e Nino Pericu e
con saggio introduttivo di Mimmo Bua), Sa briga 'e sos santos, Ed. Della
Torre, Cagliari, 1986.
MIMAUT J.F., Histoire de Sardaigne, ou la Sardaigne ancienne et moderne
considérée dans ses lois, sa topographie, ses productions et ses moeurs, Paris,
1825.
MONTANARU, Poesias, I vol. Pref. di Elena Casula, II vol. Pref. di
Luigi Falchi, III vol. Pref. di F. Pilia e G. Porcu, Ed. 3 T, Cagliari, 1978.
MORETTI Filomena, La chitarra e la musica popolare nel Monte Acuto, Il
Torchietto editrice, Ozieri, 1993.
MORETTI Sebastiano, Su Parnasu sardu, Litotipografia TEA, Cagliari, s.d.
MORO Graziano, Poesie, La Tipografica Solinas, Nuoro, s.d.
MOSSA Paolo, Tutte le poesie e altri scritti, Introd. di M. Pira, Ed. Della
Torre, Cagliari, 1978.
MOSSA Paolo, Tutte le poesie e altri scritti, scritti di M. Pira e di P. Pillonca,
Ed. Della Torre, Cagliari, 1994.
MOSSA Paolo, Poesie, Introd. di R. Carta-Raspi, Celt, Cagliari, ristampa
1982.
MOSSA Paolo, (a cura di Tore Tedde), A sos chent'annos de sa morte,
Tip. Eurografical, Macomer, 1992.
MULAS Giovanni, Riflessos, Tip. A. Coppola, Roma, 1962.
MURENU Melchiorre, Vita e composizione del poeta, Tip. TEA, Cagliari, s.d.
MURRU CORRIGA Giannetta, Etnia lingua cultura, Edes, 1977.
Canzoniere ispano-sardo
339
MURTAS Salvatore, Diana in logu santu, Tip. Sofia Fadda, Cagliari, s.d.
NURRA Pietro, Antologia dialettale dei classici poeti sardi, Ed. Della Torre, 1980.
ONETO Nicola, Memoria sopra le cose musicali della Sardegna, Tip.
Monteverde, Cagliari, 1841.
PAIS Ettore, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, Edizioni Anastatiche 3T, Cagliari, s.d.
PES Gavino, Don Baignu Tutti li canzoni, Introduzione di Giulio Cossu,
Ed. Della Torre, Cagliari, 1981.
PILLAI Carlo, Il tempo dei santi, Am&D, Cagliari, 1994.
PILLONCA Paolo, Narat su diciu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1987.
PILLONCA Paolo, Chent'annos, Soter Ed., 1996.
PINNA Giorgio, Littera perdida, Tip. Graphical, Cagliari, s.d.
PINNA Giorgio, Cantigos de ajania, Ed. 3 T, Cagliari, 1978.
PIRA Michelangelo, La rivolta dell'oggetto, Giuffré, Milano, 1978.
PIRA Michelangelo, Sos sinnos, Ed. Della Torre, Cagliari, 1983.
PIRA Michelangelo, Sardegna tra due lingue, Ed. Della Torre, Cagliari,
1984.
PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), Misteriu, Ed. Della Torre,
Cagliari, 1979.
PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), Bonas noas, Ed. Della Torre,
Cagliari, 1981.
PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), Sas modas, Ed. Della Torre,
Cagliari, 1984
PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), A bolu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1985.
PIRAS Raimondo, Ammentos de su poeta, Soter ed., Sassari, 1990.
PISURZI Pietro, (a cura di S. Tola), Cantones, Ed. Della Torre, Cagliari,
1990.
PITTANO Giuseppe, La comunicazione linguistica, Mondadori, Milano,
1983.
PITTAU Massimo, Lingua e civiltà di Sardegna, Fossataro, Cagliari, 1970.
PITTAU Massimo, Grammatica del sardo-nuorese, Patron, Bologna, 1972.
340
ANDREA DEPLANO
PITTAU Massimo, Pronunzia e scrittura del sardo-logudorese, Ed. Dessì,
Sassari, 1978.
PODDIGHE S., Sa creazione de sa terra e de s'omine, Tip. Mulas, Cagliari, s.d.
PODDIGHE Salvatore, Sa mundana cummedia e su Deu sutta processu, La
Tipografica. di Solinas, Nuoro, s.d.
PODDIGHE Salvatore, S'omini giustu, s'omini falsu, s'omini veridadosu,
s'omini faularzu, su bene operare, Tip. Il Torchio, Cagliari, s.d.
PODDIGHE Salvatore, Sa betzesa de tziu Nanna, nessuna indicazione.
PORRU Matteo, Poeti Sardi, Edizioni Castello, s.d.
RENZI Lorenzo, Introduzione alla filologia romanza, Il Mulino, Bologna, 1978.
ROUSSET Jean, Forma e significato, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino,
1976.
RUBATTU Antonino, Lagrimas e isperas, Ed. 3 T, Cagliari, 1982.
SALIS Aldo, Adiu a li fori, Il Torchietto, Ozieri, 1983.
SANNA Antonio, Introduzione agli studi di linguistica sarda, Cagliari, 1957.
SCHMIDT Siegfrid., Teoria del testo, Il Mulino, Bologna, 1982.
SERRA Bartolomeo, S'amore cambiadu in odiu, Tip. La Centrale, Oristano,
s.d.
SERRA Ignazio, Rosas d'atonzu. Canti sardi della Barbagia orientale, TipoLitografia Gallardi, Vercelli, 1923.
SLOBIN D.J., Psicolinguistica, La Nuova Italia, Firenze, 1975.
SOLINAS Giulio, Storia de sa Cantàda campidanesa, Ed. Castello, Cagliari, 1993.
SORGIA Gian Carlo, La Sardegna Spagnola, Chiarella, Sassari, 1982.
SORO Giovanni, Cantos de Othana, La Tipografica di Solinas, Nuoro,
1979.
SPANO Giovanni, Vocabolariu sardu-italianu, Ed. 3 T, Cagliari, 1972.
SPANO Giovanni, Canzoni popolari inedite..., Arnaldo Forni Editore, 1985.
SPANO Giovanni, Ortografia sarda, Ed. 3 T, Cagliari, 1974.
SULIS Bachisio, Poesias, Presentazione di F. Pilia, Ed. 3 T, Cagliari, 1979.
SUSINI Giuseppe, Antologia lirica di Montanaru, con traduzione e saggio
introdutttivo, G. Trois Ed., Cagliari, s.d.
Canzoniere ispano-sardo
341
TAGLIAVINI Carlo, Le origini delle lingue neolatine, Patron, Bologna,
1969.
TOSCHI Paolo, Invito al folklore italiano, Editrice Studium, Roma, 1963.
ÜBERSFIELD Anne, Lire le théâtre, Editions sociales, Paris, 1978.
VARVARO Alberto, La lingua e la società, Guida editori, Napoli, 1978.
VISCARDI Antonio, La letteratura d'oc e d'oil, Sansoni, Accademia, Milano, 1967.
WAGNER Max Leopold, La lingua sarda, Francke Tubingen et Basel,
1993.
WAGNER Max Leopold, La vita rustica della Sardegna rispecchiata nella sua lingua, Editorial Cosma, Quartu S.E., 1983.
WAGNER Max Leopold, Fonetica storica del sardo, G. Trois Ed., Cagliari, 1984.
WAGNER Max Leopold, Dizionario etimologico sardo, G. Trois Ed., Cagliari, 1989.
WAGNER Max Leopold, Gli elementi del lessico sardo, in “Archivio storico sardo” III, fasc. 3-4 pg 370-419
WOLF Heinz Jurgen, Studi Barbaricini, Ed. della Torre, Cagliari, 1992.
ANDREA DEPLANO
342
INDICE
Amigos ya qui isquides
f.184v
Cara di incarnata rosa
f.123r
Custu est su caminu diuinu
f.182v
Fine cando pesares
f.182v
Isto tantu atristadu
f.253r
Hue ses ange’la humana
f.125r
Lastimade o’ quelos
f.182r
Muza de sos cantares deleitosa
f.115v
No neret tabur quie portat isprones
f.224r
No pius amore no pius amistade
f.183r
O' suberbu inpertinente
f.116v
Ranquidos pensamentos
f.181r
Sa die de mesu martu
f.119r
Su coro si mi istracat de dolore
f.173r
Suta un arbore fioriddu
f.118v
Tu ti nandesti ridendi
f.120r
Xptos est luge diuina
f.247v
343
Canzoniere ispano-sardo
I NDICE ONOMASTICO DEI TESTI IN SARDO
Caliope
285.
Cupidu
285, 286.
del Arca
304.
Deu
307, 308.
Diosa
286, 287.
Don Filigu Cabudoro
307, 308.
Don Pedru del Arca
307, 308, 309.
Marte
305.
Narcisu
300.
Parca
304.
Xptos
321.
ANDREA DEPLANO
344
INDICE TOPONOMASTICO DEI TESTI IN SARDO
'Essude
319.
Longone
290.
Lugar santo
290.
Monte Agudu
318.
Oristanis
320.
Otiane
318.
Sassare
318.
Canzoniere ispano-sardo
345
346
ANDREA DEPLANO
347
Canzoniere ispano-sardo
INDICE GENERALE
PARTE PRIMA
Testi in Spagnolo
7
PARTE SECONDA
Testi in Sardo
281
348
ANDREA DEPLANO
Scarica

Volume Tonina Paba per RAS.pmd