Cartoleria GF Acireale, Via Cavour 39 ria cartole per ufficio ali articoli i profession o Sconti su: prod tto e pittura quaderni, diari, disegn ie zaini e borse fotocop gadget delle MIGLIORI MARCHE regali LA Jonio VOCE Anno LVII - N. 1 Domenica, 19 gennaio 2014 € 1,00 Spedizione in a.p. 45% Autorizz. Dir. Prov. P.T. CT. dell’ Speciale www.vdj.it - [email protected] Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio San Sebastiano, festa di gioia “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù (Evangelii Gaudium, 1) Con queste parole di Papa Francesco desidero, in questa festa di San Sebastiano 2014, fare giungere a tutti i lettori della Voce dello Jonio, ai devoti e a quanti si trovano ad Acireale in questi giorni, il mio vivo e sincero augurio di sperimentare la gioia che nasce e rinasce dall’incontro con il Signore Gesù. L’annuale ricorrenza dei festeggiamenti in onore del glorioso martire Sebastiano diventi per tutti occasione di rinnovo della propria fede in Colui che è la fonte stessa della gioia, per saperla comunicare agli uomini e alle donne di oggi, specialmente alle nuove generazioni. Il martirio di San Sebastiano e la sua testimonianza sono per noi annuncio che Cristo dona a tutti la possibilità di essere felici. Una felicità non superficiale ed effimera, ma profonda e radicata, perché scaturita dall’incontro personale con Gesù che “fa ardere il cuore” (cfr. Lc 24,32) e dona la salvezza. Questa “lieta notizia” è patrimonio di tutti ed attende che, anche attraverso le manifestazioni più vive e sincere della religiosità popolare, sia trasmessa da una generazione all’altra ridonando ad essa tutta la sua forza evangelizzatrice. I gesti, le grida, gli atteggiamenti, le rinunce, gli abiti votivi, il lungo pellegrinaggio penitenziale dietro o “sotto” l’argenteo fercolo… sono, infatti, segni esteriori di un desiderio intimo di condividere con Sebastiano quell’infinito amore per Cristo che lo ha condotto a donare la sua vita “per” e “come” Lui, in vista di una felicità piena che non si corrompe e non marcisce. Il mio augurio e la mia preghiera, dunque, unita a quella del Capitolo Collegiale della Basilica, degli appassionati e generosi giovani del Comitato festeggiamenti, dei Devoti portatori del fercolo e di quanti si fregiano di essere “amici di Sebastiano”, si eleva a Dio affinché questa festa sia vissuta nella vera gioia portata dal Signore, a gloria della Santissima Trinità e per amore di San Sebastiano, nostro compatrono. Can. Carmelo Sciuto IOCHI DI FOCU Ai botti veniva affidato il compito di tenere lontano ogni forma di male don Gaetano Pulvirenti “SETTE CHIAMATE” LA DEVOZIONE 3 Andrea, Sebastiano e Pietro: età diverse ma un unico grande amore per il Santo Anna Bella 4 I “PORTATORI” La sera della vigilia un’antica tradizione per allertare i devoti con gli scampanii Saro Bella 7 Ppi San Mmastianu ci sono quelli che il giorno della festa lassunu dinari a cuntari Katya Musmeci 8 2 19 gennaio 2014 dell’ IL “GIRO” La fatica del trasporto del fercolo attraverso la città rimanda ad antichi riti religiosi Come pellegrinaggi penitenziali La processione esterna di un protettore è il momento più sentito dai devoti, i quali si riappropriano della loro città e fieri portano in trionfo il beneamato fin sulla soglia delle proprie abitazioni. La fatica del trasporto dovuta al peso del fercolo rimanda ad ancestrali pellegrinaggi penitenziali e i segni impressi sul corpo lasciati dal grezzo baiardo figurano l’espiazione flagellante dei peccati commessi. Compiere il giro al seguito del santo, o nel caso acese di S. Sebastiano il mezzo giro, è lo svelarsi di una promessa fatta al glorioso Martire per una grazia ricevuta. Ecco quindi aprirsi ai devoti e ai fedeli nel giorno della festa il ciclo della vita che trova la luce nella nascita simboleggiata dall’apertura della cappella. S. Sebastiano alle 7,30 appare ai suoi devoti che piangono di gioia e commozione come si piange alla nascita di un figlio. Il percorso della vita comincia con la traslazione del simulacro sul fercolo e la trionfale uscita alle 11, 30, metafora dell’ingresso dell’uomo nella società. Durante il giro il fercolo attraversa ceti sociali, disagi di una città, bellezze paesaggistiche e monumentali, col bel tempo e il brutto tempo, come l’uomo incontra nel percorso della sua vita. La difficile uscita di corsa in mezzo alla folla pigiata è il primo squarcio che si apre sulla festa, squarcio subito richiuso dal popolo dopo il passaggio del fercolo. La prima grande fatica si palesa nella via S. Carlo quando tutti i devoti si stringono vicini per trasportare sulle spalle il pesante argenteo fercolo. Sono circa le 12 quando la vara oscilla sulle spalle dei portatori per cadere davanti la chiesa di S. Biagio. Il mezzo giro si conclude alle 15,30 in piazza Marconi e il passaggio di corsa davanti alla Basilica in direzione opposta a quella dell’uscita fa ripartire la processione, simbolo di una nuova vita. Alle 16 una riflessione sulla guerra e sulla morte echeggia in piazza A. Pennisi nella rievocazione della partenza degli acesi per la prima guerra mondiale. Il giro serale è caratterizzato dai giochi pirotecnici sparati in diversi quartieri e dalla sequenza di corse che si effettuano in via Galatea, via Roma e corso Umberto (“sutta l’arcu du Viscuvu”). L’atteso spettacolo pirotecnico alle 21,30 nel viale Regina Margherita (quest’anno nel cinquantesimo del passaggio di S. Sebastiano) anticipano la spettacolare entrata, a mezzanotte, compiuta di corsa e con una difficile manovra. La chiusura della cappella con i devoti stanchi che invocano ‘u Rizzareddu conclude il giorno di festa, con le lacrime dei fedeli che luccicano mentre si chiudono le porte della cappella, sintesi finale del percorso della vita. Antonio Trovato Intense giornate di fede e amore verso il Santo Spesso superficialmente si identifica la festa di S. Sebastiano ad Acireale come una festa folcloristica dove corse del fercolo e fuochi pirotecnici sono gli elementi principali. Chi sostiene questa tesi vorrebbe sottolineare una certa assenza di fede e religiosità in questa festa, relegandola quasi a un rito pagano. Niente di più falso. Il culto per san Sebastiano affonda le sue radici in una immensa fede e in uno strepitoso amore verso il santo. Testimonianza di questo sono le affollate e partecipate attività liturgiche che si svolgono durante i solenni festeggiamenti. Durante il periodo che precede la festa le reliquie del Santo bimartire visitano ammalati, istituti e parrocchie della città. Come da tradizione una messa, domenica 12 gennaio alle 11,30 nella Basilica di S. Seb a sti ano, è celebrata con la partecipazione delle associazioni combattentistiche e d’arma di Acireale. Tra le attività più partecipate della festa c’è il solenne triduo in NOVITA’ Un ricco programma di iniziative culturali arricchisce il tradizionale protocollo dei festeggiamenti “laici” Mostra di fercoli, concerto e concorso fotografico I venerdì di Fermata Spuligni con degustazione di pizza, pasta, zuppe e calici di birra o vino. E’ richiesta la prenotazione. Vieni a trovarci su Facebook Jonio L’allargamento della festa di S. Sebastiano alle attività culturali è un fatto recente. Nell’ultimo decennio si è sentita l’esigenza di completare la tradizionale festa con delle iniziative culturali e degli approfondimenti sui vari aspetti della festa. Il desiderio del popolo di conoscenza, aldilà del noto che la festa di S. Sebastiano ad Acireale propone da secoli, ha spinto i decani e la commissione dei festeggiamenti ad allestire un programma a contorno della festa che rispondesse alla voglia di approfondimento del popolo di S. Sebastiano.In quest’ottica da ben sette anni l’emittente televisiva locale Canale 9 porta nelle case di tanti telespettatori della Sicilia orientale e attraverso il web nel mondo le spettacolari e tradizionali immagini di una delle feste religiose più intense della Sicilia. Negli ultimi anni sono state organizzate partecipate conferenze sui significati della festa e sulle varie componenti che la caratterizzano. Anche quest’anno il 10 gennaio nella chiesa di Sant’Antonio di Padova una conferenza sul culto di S. Sebastiano offrirà spunti di riflessione sulla figura del martire trafitto dalle frecce. Riproposta dopo il successo dello scorso anno, la mostra dei fercoli della devozione allestita nella chiesa di Sant’Antonio di Padova dal 12 al 18 gennaio, promette di sbalordire i visitatori per le particolari e minuziose opere in esposizione. Durante il giorno della festa (il 20 gennaio) si rinnova l’appuntamento nella chiesa di S. Crispino in via Vittorio Emanuele con l’annullo postale commemorativo che propone a turisti e fedeli un prezioso ricordo della festa impreziosito da uno speciale annullo postale. Novità dell’edizione della festa di S. Sebastiano di quest’anno è un concorso fotografico dal titolo “se fosse una copertina sarebbe…il tuo 20 gennaio” in programma dal 22 al 27 gennaio nella chiesa di S. Crispino con ingresso dalle 17 alle 20. Infine il 25 gennaio a cura della “Cappella Musicale S. Sebastiano di Acireale e della Corale polifonica “Don Antonino Maugeri” alle 20 nella Basilica di S. Sebastiano sarà eseguito un concerto in onore di S. Sebastiano. Il ricco programma delle attività culturali impreziosisce l’antico protocollo dei festeggiamenti in onore del compatrono di Acireale offrendo una vasta scelta di iniziative da vivere nel nome di S. Sebastiano. A. T. programma il 16, 17 e 18 gennaio. A presiedere le messe don Dionisio Candido, responsabile del Settore Apostolato Biblico dell’ufficio Catechistico Nazionale. Argomento del triduo: “ragazzi, giovani e famiglie leggono la Bibbia con gli occhi di S. Sebastiano”. Negli anni il numero dei partecipanti al triduo è sempre più aumentato e la chiesa gremita di fedeli nelle sere che precedono la festa dimostra l’ardente amore di Acireale per il suo protettore. I tradizionali appuntamenti della vigilia sono scanditi dai primi vespri solenni capitolari alle 18,30 nella chiesa di sant’Antonio di Padova. A seguire la processione con le Reliquie e la messa (quest’anno celebrata dal parroco della Cattedrale can. Roberto Strano) nella Basilica di S. Sebastiano con la benedizione degli abiti votivi. Il 20 gennaio sono in programma due messe prima dell’apertura della cappella. Poi la messa dei devoti celebrata dal nuovo amministratore della basilica can. Carmelo Sciuto e alle 9,30 la solenne messa Pontificale presieduta da mons. Antonino Raspanti che precede l’uscita di S. Sebastiano. Domenica 26 diverse messe si celebrano con la cappella di S. Sebastiano aperta e alle ore 19 il simulacro del Martire è traslato sull’altare maggiore con la giornata conclusa da una veglia di preghiera per i giovani. L’ottava di giorno 27 è caratterizzata dalla messa pomeridiana per gli anziani e ammalati della città seguita alle 17 da una messa con la partecipazione del corpo dei vigili urbani della città di cui S. Sebastiano è il protettore. Alle 19 il Pontificale presieduto dal vescovo di Caltagirone mons. Calogero Peri. Al termine l’ultimo abbraccio dei devoti a S. Sebastiano che dopo un’apparizione nella piazza L.Vigo fa rientro nella sua cappella. An. Tr. dell’ Jonio Direttore responsabile Giuseppe Vecchio Editore Associazione La Voce dell’Jonio Via Mons. Genuardi, 14 95024 Acireale Iscrizione Tribunale Catania n. 220 del 5/4/1958 Iscrizione al ROC (Registro operatori della comunicazione) n° 22076 Redazione Via Mons. 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Il 20 di Gennaio dalle prime luci dell’alba a notte fonda Acireale rende omaggio al suo tanto amato compatrono San Sebastiano . La fede religiosa per il Santo Martire nella Città di Aci e Galatea si perde nella notte dei tempi. L’epidemia della peste del 1466 che investì il nostro territorio, è all’origine del culto del martire ormai collettivamente considerato colui che scaccia la peste. La popolazione acese rimase quasi immune dal contagio e si ringraziò il Santo per questo. Dalle quattro del mattino del giorno 20 gennaio nei crocicchi delle strade e davanti alla Basilica già si vedono gli uomini di Sebastiano, i devoti. Si riconoscono subito, portano addosso i segni della fede per il Santo. Si cingono con una fascia, a simbolo della purezza a cui amano aspirare; portano un maglione che vuole essere del colore della pelle, perché vogliono apparire con il dorso nudo come il loro Sebastiano, bordato di rosso per perpetuare il ricordo del martirio affrontato con coraggio dall’amato compatrono. Hanno la testa coperta perchè il Santo lo si onora con il capo cinto dal fazzoletto, l’in- dumento che veniva indossato quando si guariva dalla peste per essere identificati e riammessi all’interno della città. I devoti, gli “eroi”, indossando ai piedi solo calze, per tutto l’atteso giorno portano il fercolo con il simulacro di San Sebastiano sollevandolo, tirandolo, girandolo attraverso tutta la città compiendo molte volte sforzi sovraumani . Durante lo svolgimento del giro trionfale in onore del Santo Martire si ripetono gli adagi acesi: “nesci nudu e si cogghi lu friddu” riferendosi alla statua nuda del martire che si raccoglie tutto il freddo ed ancora le “ vanniate” dei devoti, “ vaddatilu che beddu u rizzareddu u rizzareddu, sempre ai vostri pedi semu W San Mastianu”( guardatelo che bello il ricciutello sempre sotto i tuoi piedi siamo W San Sebastiano). Tanti sono i momenti importanti di questo atteso giorno: . Sin dalle prime ore del mattino la Basilica si affolla di devoti in trepidante emozione per assistere all’apertura della cappella desiderosi di rivedere dopo un anno il proprio Santo. L’attesa svelata avviene alle ore 7:30 in punto e finalmente Acireale può riabbracciare il suo Compatrono. Questo è il momento più bello ed emozionante perchè dopo un intero anno si rivede lo splendido volto del proprio Santo Protettore; il momento è particolarmente toccante e molta gente prega. S. Sebastiano è lì all’interno della sua cappella, sul suo grande fercolo argenteo: mette i suoi occhi negli occhi di ogni singolo devoto per comunicare qualcosa, speranza, amore, conforto; tutti portano con se una grazia da richiedere o un ringraziamento da porre, e lui silenzioso, legato all’albero, trafitto dalle frecce, opera presso il buon Dio, benedicendo tutti, scrutando nell’intimo dei cuori. Dopo inizia la S. Messa della svelata e successivamente il fercolo con l’effige del Martire viene uscito dalla cappella facendolo scivolare su un “baiardo” ligneo con ruote ferrate. Inizia il solenne Pontificale presieduto dal vescovo della diocesi di Acireale, alla presenza di tutte le autorità civili e militari. Alle ore 11.00, nell’affollata piazza antistante la Basilica, fa la comparsa il simulacro del martire “nudo nell’atto di subire il martirio delle frecce” sull’artistico fercolo del ‘700, salutato da scampanii e fuochi d’artificio. Particolarmente spettacolare è la manovra d’uscita dalla chiesa dove i devoti tradizionalmente scalzi tirano il baiardo ad alta velocità per portarlo dal centro della piazza in via Ruggiero Settimo davanti l’ex caserma dei vigili urbani di cui San Sebastiano è protettore. Successivamente S. Sebastiano passa da piazza Duomo, poi da S. Domenico ed infine percorre la ripida salita di via S. Biagio, dove il fercolo per tradizione viene portato a spalla dai devoti, perchè si dice che anticamente la strada fosse parecchio danneggiata, era solo una mulattiera, ed i devoti per farlo transitare erano costretti a portarlo sulle loro spalle. La tappa seguente è il passaggio dalla parrocchia del Cuore Immacolato di Maria e nel quartiere di piazza Dante. Poi, passando nuovamente dalla chiesa di S. Biagio, S. Sebastiano si dirige alla volta della chiesa di S. Michele e nel quartiere di S. Giovanni punto estremo a sud della città. Nel pomeriggio il fercolo arriva in pescheria dove tra i fuochi pirotecnici si effettua una corsa fin sotto l’altare della Madonnina del Rosario. Questa tappa rappresenta il mezzo giro della processione. Approfittando di una piccola sosta i devoti provvedono a scaricare tutta la cera raccolta nella prima parte del percorso. Subito dopo il Santo passa di corsa dalla piazza antistante la sua Basilica alla volta della vecchia stazione ferroviaria. Qui intorno alle ore 16 si ha un’altro dei momenti più suggestivi della festa: l’arrivo del treno che fischiando saluta il martire, a ricordo di quel convoglio che partì proprio il 20 gennaio portando i militari acesi a combattere per la grande guerra: in quella occasione S. Sebastiano si trovava casual- mente alla stazione, e il treno fischiò incessantemente in saluto, invocando la sua benedizione per quei poveri militari partiti per il fronte. Da quel momento, ogni anno si ricorda questa pietosa circostanza di distacco e si ricostruisce la scena di quel 20 gennaio del 1940, con i devoti che salutano con i fazzoletti il treno che fischia e che sosta per pochi minuti, per poi ripartire per la sua strada ; Dopo questa tappa il Santo si dirige nel quartiere Mandorle, e poi passando da S. Martino, e dal Carmine percorrendo la via Galatea arriva di corsa introno alle 20 in Piazza Cappuccini. Tradizionale è l’uscita dalla Via Roma in Corso Umberto e l’ arrivo del fercolo sempre di corsa sotto l’arco del Vescovo per la benedizione dell’alto Prelato. Caratteristico è anche la tappa al Viale Regina Margherita dove il Simulacro viene accolto da sfavillanti fuochi offerti dagli abitanti del quartiere. La processione infine continua in tarda serata percorrendo la parte a nord della città, passando dalla villa Belvedere, dalla chiesa di S. Paolo e dalla chiesa del SS. Salvatore, entrando infine da Corso Savoia di corsa in piazza Duomo cuore pulsante della Città. Alle ore 24,00 circa i devoti rientrano con una vertiginosa corsa il Santo nella sua monumentale Basilica. Queste sono le infinite emozioni di questa Solennità tutta acese. E’ davvero straordinario il connubio che si crea dall’alba a tarda notte attorno al Santo, Acireale tutta si stringe in un unico grande abbraccio a San Sebastiano. L’incanto della festa e la chiassosità della gente creano la magica atmosfera di questo giorno in cui inesorabilmente la fredda staticità del Santo acquista tutto il calore e la dinamicità di coloro che al grido di “W San Mastianu” animano la loro speranza e la loro fede. E’ così, il rito che da secoli si rinnova ogni anno, ritornerà atteso con amore e devozione il prossimo 20 Gennaio dell’anno venturo. Angelo Battiato l’Ottava Un’altra festa in piccolo ma partecipata e significativa La celebrazione della festa dell’ottava è presente già nell’antico testamento come prolungamento di importanti rituali. Nella liturgia l’ottava protrae quindi la festa di otto giorni segnandone la chiusura. Antica e ricca di avvenimenti è l’ottava ad Acireale dedicata a S. Sebastiano. I grandi festeggiamenti di giorno 20 gennaio sembrano non bastare ai tanti devoti del martire trafitto dalle frecce che il 27, proprio in occasione della tradizionale ottava, tornano a gremire la monumentale Basilica. Già la domenica precedente all’ottava (come da recente tradizione) il simulacro di S. Sebastiano è traslato dalla cappella all’altare maggiore. L’ottava è una festa in piccolo, ma molto partecipata dal popolo. Una serie di messe si svolgono nella mattinata mentre un incessante via vai di fedeli salutano il giovane bimartire posto davanti al pregiato dossello (un tempo la statua era posizionata anche su un tronetto). Il pomeriggio è caratterizzato dalle messe dedicate ai malati e agli anziani e ai vigili urbani di cui S. Sebastiano è patrono come decretato da Pio XII il 3 maggio del 1957. Il Pontificale, con la Basilica gremita all’inverosimile, precede una serie di tradizionali rituali che caratterizzano questo giorno. Terminato il Pontificale, tenuto da un’importante autorità ecclesiastica invitata per l’occasione (quest’anno sarà il vescovo di Caltagirone mons. Calogero Peri a officiare il rito) ), avviene la lenta discesa della statua dall’altare maggiore (avviata dallo sparo di mortaio) attraverso l’ausilio di due binari e di una corda collegata a una carrucola posta dietro l’altare. La discesa, che dura circa mezz’ora, è accompagnata dalle continue “vanniate” dei devoti che invocano il loro protettore. Sceso dall’altare (all’arrivo un altro sparo di mortaio segnala alla piazza l’imminente uscita del santo) S. Sebastiano è posto su una varetta portata a spalle da giovani devoti. Secondo la tradizione la varetta si muove tra la folla lungo la navata di destra, soffermandosi, al suono della campanella, a ogni altare (cominciando dall’altare della cappella di S. Sebastiano dove si trova l’argenteo fercolo). Quando il profilo efebico del giovane martire è scorto dall’affollata piazza Lionardo Vigo un fragoroso scampanio accoglie S. Sebastiano che a forza tra la folla, con una leggera corsa, giunge nei pressi dell’edicola all’ingresso della villetta di S. Sebastiano. Gli attesi fuochi d’artificio (un tempo ricchi delle tradizionali ”ruotine” e piogge luccicanti) anticipano il rientro in Basilica compiuto a ritroso col viso del martire rivolto verso la folla. Quando la varetta percorre la navata di sinistra è tarda sera e i devoti si apprestano a salutare l’amato compatrono. Ancora tante invocazioni quando le porte della cappella si chiudono e tante lacrime si palesano tra i devoti che si ripromettono di essere presenti alla prossima festa di S. Sebastiano. Antonio Trovato “IOCHI DI FOCU” Dove nasce l’usanza tutta meridionale di utilizzare i fuochi d’artificio in occasione delle feste religiose Ai botti veniva affidato il compito di allontanare il male Tutte le feste del meridione portano con sé un elemento imprescindibile: i fuochi d’artificio. C’è da chiedersi perché questo elemento sia strettamente unito alle feste in onore dei santi, anche perché oggi in molti si domandano se tutto ciò ha ancora senso. Per coloro che così la pensano, infatti, questi rappresentano uno spreco, “soldi bruciati”, roba tolta ai poveri. Credo che prima di rispondere a queste domande occorra fare un breve excursus storico. I cosiddetti “iochi di focu”, cioè l’artifizio colorato, cui ancora oggi assistiamo, è entrato tardivamente a far parte delle feste patronali, in quanto, in un primo momento erano relegati agli ambienti delle corti. Eppure i fuochi d’artificio sono testimoniati nelle feste siciliane sia nel seicento come nel settecento, ma si trattava di strutture architettoniche effimere, che, magicamente, si illuminavano di fiaccole, girandole e sbuffi colorati, spesso accompagnati dalla musica. Corrispondono sostanzialmente a quelli che oggi si chiamano spettacoli piromusicali, per i quali musicisti famosi, come Haendel, scrissero delle musiche adatte allo scopo. Ma i fuochi d’artificio che caratterizzano le nostre feste patronali, documentati già nel seicento in Sicilia, erano costituiti soprattutto dalla cosiddetta “scarica di mascoli” o “batteria” (quella oggi conosciuta come moschetteria) o le “salve”, sparate da uno o più mortai ma una per volta. E’ certo che questi spari hanno avuto grande rilevanza nell’andamento delle feste patronali per il forte significato apotropaico. I botti avevano il compito di allontanare il male: omaggiando il santo con forti botti ed osannandolo proprio nel momento dello sparo (vedi sventolio di fazzoletti nella festa di sant’Agata a Catania!) ci si affidava al santo in questione e nello stesso tempo ci si dimostrava, in qualche modo, suoi collaboratori in questo compito. Ha ancora senso tutto ciò? Per rispondere bisogna fare qualche considerazione sulla pietà po- polare in genere. Il Cardinale Angelo Scola recentemente, sulla rivista Il Messaggero, riprendendo una frase di Democrito affermava: “La vita senza feste è lungo viaggio senza soste”. E continuava: “Quello della festa è sempre un momento qualificato, perchè orienta il tempo senza possederlo”. Ecco dunque la necessità della ritualità per esprimere questo tempo particolare. I fuochi d’artificio fanno parte integrante della ritualità della festa. Senza, mancherebbe una parte essenziale. Del resto sulla pietà popolare e sulla sua validità e forza si è recentemente espresso anche papa Francesco nella suaEvangelii gaudium: “È «un modo legittimo di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa, e di essere missionari [...] il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli, è in sé stesso un atto di evangelizzazione». Non coartiamo né pretendiamo di controllare questa forza missionaria!”. Di fronte a questa autorevole dichiarazione forse ci sarebbe bisogno di una seria riflessione, soprattutto da parte di coloro che hanno denigrato, e continuano a denigrare, le feste patronali nelle sue varie e colorate espressioni. Tra l’altro,in questo tempo di crisi, l’arte pirotecnica è un onesto mestiere che assicura da mangiare, senza lavoro in nero, a tante famiglie. Invece di demonizzare ogni cosa – che riesce sempre così semplice - forse un po’ di conversione di noi credenti, pastori e gregge, non guasterebbe. La storia insegna che proprio i momenti di crisi sono quelli che più di altri hanno bisogno di festa, con quello “spreco” che agli occhi del mondo è follia, dimenticanza dei poveri, alienazione dalle responsabilità; ma in realtà è cercare un’eccedenza, cercare le risposte alle domande ultime, affinché l’uomo ritrovi la propria identità e possa così meglio vivere la propria vita cristiana e il servizio verso tutti i fratelli. Can. Don Gaetano Pulvirenti 4 19 gennaio 2014 dell’ Jonio INTERVISTE Tre fedeli di fasce d’età diverse raccontano il loro attaccamento a San Mmastianu Una devozione coinvolgente Densi di contenuti i colloqui con tre devoti di san Sebastiano, appartenenti a tre fasce d’età. Andrea Patti, diciassettenne, studente di quarto anno all’IPSIAS “Meucci” di Acireale. Andrea, quando e come sei diventato devoto di san Sebastiano? “Alla mia nascita, la mia mamma sedicenne, avendo problemi legati alla sua giovanissima età, e mio padre, diciottenne,- devoto di san Sebastiano con il posto assegnato sotto il fercolo,- si rivolsero al Santo, invocandone la protezione. Sin da piccolissimo, cioé a dieci mesi, il 20 gennaio 1997, già io indossavo gli abiti votivi. In seguito, mio padre, durante sia il periodo di preparazione della festa, che dei festeggiamenti mi portava sempre con sé ; grazie a questo, ascoltando i discorsi dei grandi su storie delle feste, mi sento maturo: ho veramente fatto tesoro delle esperienze degli altri. Anche mio fratello minore ha indossato, in età più piccola di me, gli abiti votivi.” Quale esperienza dei grandi ti ha colpito di più? “Il fatto che il giorno di san Sebastiano i devoti sembrano ipnotizzati, perché dentro il loro cuore c’è solo ed esclusivamente san Sebastiano. Commovente il grido “Tutti devoti semu, viva san ‘Mmastianu”, oppure l’altro “Chiamamulu ccu tuttu u’ cori, viva san ‘Mmastianu”; ancora il grido dei devoti assieme alle donne, “Taliàtilu ch’è beddu, rizzareddu, rizzareddu!” . Altro momento significativo è la fermata del fercolo con san Sebastiano alla Stazione per il treno delle 16,30, che ricorda la partenza dei soldati della prima guerra mondiale del ’15-’18: l’anno venturo sarà la ricorrenza del centesimo anno, evento che sarà celebrato particolarmente.” Sebastiano Grasso, impiegato, sposato zanti; i giovani sono una trrentina, in complesso siamo circa 80. C’è un Consiglio d’Amministrazione costituito da cinque adulti.” Pietro Trovato, già pescatore di Santa Maria La Scala. Può raccontarmi la sua vita di pescatore connessa con la devozione a san Sebastiano? “Abitavo ai Morti (Santa Maria del Suffragio) e andavo a piedi con mio padre, pescatore anche lui, -devoto con il posto di portatore sotto la “vara” -, a Santa Maria La Scala, la mattina alle quattro d’estate, alle sei e trenta d’inverno. D’estate, di notte andavamo con la nostra barca a gettare le reti nel mare: le lampare illuPietro Trovato Andrea Patti minando il mare, facevano accorrere “masculini, sauri, ucchiati, alole ecc”. con due figli. Facevo bene il mio mestiere, avendo preQuando iniziò ad essere devoto di san sente nella mia mente san Sebastiano, che Sebastiano? mi proteggeva dai pericoli del mare. Voglio “Nella mia famiglia si è tramandata la raccontare come mio padre, Liborio, fu devozione al Santo, per opera del nonno e miracolato da san Sebastiano: erano andati dello zio, fratello di mio padre. All’improv- sei giovanotti scaloti a pescare in Calabria, viso io ho avuto un richiamo nella mia co- ma al ritorno il mare nello Stretto di Messcienza, nel 1976 a 15 anni, ma da piccolo sina era molto agitato: la barca si riempì io partecipavo ai festeggiamenti, attratto d’acqua e tutti e sei aggrappati alla barca da mio zio. Mio nonno era “manigghieri”, cominciarono a invocare il Santo e a procioé uno dei quattro addetti alle manovre mettere “mezzo giro”. Il guardiano del faro del fercolo, posto che poi passò a mio zio e di Messina mandò dei soccorritori che li successivamente a me; se Dio e san Seba- salvarono e tutti diventarono devoti. Un stiano vogliono, sarà di mio figlio.” altro episodio: nella prima guerra mondiaQual è il suo rapporto con san Sebastia- le, mio padre ferito ad un polso, promise a no? san Sebastiano che, se fosse tornato vivo “Io mi rivolgo ogni giorno a san Seba- dalla guerra, avrebbe compiuto il “giro stiano. Finora non ho chiesto grazie parti- completo”. E così fece fino a quando riuscì colari.” a camminare, morì a 92 anni; assieme a lui Come “manigghiere” ha avuto qualche andava a piedi scalzi mia nonna Sebastiaesperienza negana Pappalardo. Quando gli tiva? cadde sul piede la ninfa della “Sì. Una vol“vara”, per 40 giorni stette seta nella corsa duto, ma lui diceva che anche da via Roma in stavolta san Sebastiano l’aveCorso Umberto, va protetto, perché, se gli fosci siamo trovase caduta sulla testa, sarebbe ti davanti a una morto. La sua devozione di“ montagna” di ventò la mia: sono stato semgente e la “vara” pre aiutato da san Sebastiano, Sebastiano Grasso sul fercolo si è bloccata inspiespecialmente per la salute di gabilmente, così non è stato causato alcun mia moglie. Il mio posto fino a 70 anni è incidente. Un’altra volta sotto l’arco del Ve- stato sotto il fercolo tra le due colonne, poi scovo, un ragazzo non devoto, scivolando, l’ho ceduto a mio figlio Liborio, che porta passò sotto il fercolo e per miracolo rimase lo stesso nome di mio padre.” incolume.” Al mercato del pesce in Piazza Marconi, Il Circolo di san Sebastiano in Via Vitto- quanti sono i devoti? rio Emanuele da quanti soci è frequentato? “ Io ne conosco un paio, ma alla pesche“Tutti i devoti di san Sebastiano potreb- ria tutti sono devoti di san Sebastiano”. bero farne parte. Attualmente è costituito Anna Bella da 45 soci tesserati e da alcuni simpatiz- AUTO “VI“ Tel. / Fax 095-950290 S. Venerina (CT) LA PIETÀ POPOLARE San Sebastiano più seguito di Santa Venera La festa di san Sebastiano, specie nella giornata culminante del 20 gennaio, vede ogni anno il coinvolgimento di tutta la città di Acireale. Una folla straboccante accoglie alle 11 l’uscita del suo simulacro dalla monumentale basilica a lui dedicata, e lo segue poi per tutta la giornata per le vie della città lungo cui si snoda il tradizionale giro. Anche il triduo, le celebrazioni della vigilia e dell’ottava, e tutte le altre manifestazioni di contorno, vedono la basilica, la chiesa di san’Antonio di Padova (una volta dedicata a san Sebastiano) e tutti i luoghi interessati, stracolmi di una folla partecipe di devoti attenti. È una vera e propria festa popolare, una festa, cioè, alla quale il popolo partecipa in maniera forte, sentita, coinvolta e coinvolgente. E questo avviene ormai da diversi secoli, per lo meno da quando, nel lontano 1466, la città si rivolse al santo martire per essere liberata dalla peste che infestava la contrada. Eppure san Sebastiano non è il patrono della città di Acireale, ma solo il compatrono, perché la patrona principale è la concittadina santa Venera, eletta ufficialmente a tale funzione nel 1651, ma la cui festa si celebrava già dal 16° secolo, in coincidenza con la Fiera Franca che si teneva tra la fine di luglio ed i primi di agosto. Forse, proprio a causa di questa coincidenza, per cui si dava più importanza all’evento commerciale che a quello religioso, la festa di santa Venera non è stata mai tanto sentita dagli acesi. Andando a tempi più recenti, la festa di santa Venera, che culmina nella giornata canonica del 26 luglio, vede due uscite della santa per le strade cittadine: il giro lungo, la domenica precedente il 26 luglio, ed il giro breve, lungo il percorso del centro cittadino, nella giornata che ne ricorda il martirio. Ma la partecipazione popolare è molto più limitata rispetto alle celebrazioni dedicate a san Sebastiano. Tanto che negli anni Sessanta del secolo scorso, quando il simulacro della santa veniva portato in giro su un carro motorizzato, gli organizzatori giunsero alla determinazione di sopprimere il giro lungo, poiché santa Venera girava per i vari quartieri della città quasi da sola, seguita solamente dai chierici e da pochi devoti. La festa ha ripreso vigore alla fine del secolo con la costruzione di un nuovo baiardo in legno che viene trainato a mano dai devoti, ma anche con la rinascita del Circolo “Santa Venera” e con l’introduzione di alcune innovazioni, quali le uscite di corsa e le entrate di corsa e l’esecuzione di un concerto piromusicale a conclusione dei festeggiamenti. Diversa, come dicevamo, la partecipazione popolare per san Sebastiano: il triduo, la vigilia, l’apertura della cappella, l’uscita dalla monumentale basilica, le varie tappe del giro, il rientro in chiesa, l’ottava, sono tutti eventi vissuti con viva partecipazione, con grande commozione, con un forte senso di devozione nei confronti di questo giovane di origine milanese che venne martirizzato per ben due volte, che è considerato come il liberatore dalla peste, ma che è anche visto come colui che – con la sua nudità – prende su di sé i rigori del clima invernale e anticipa i tepori primaverili. E così, mentre dopo l’uscita di san Sebastiano del 20 gennaio, la straboccante folla continua a seguirlo per tutta la giornata, per l’intero “giro” o per il “mezzo giro” che si conclude intorno alle ore 15 in piazza Marconi (quando il santo passa nuovamente davanti alla sua basilica e “riparte” verso la zona sud della città), dopo le uscite estive di santa Venera dalla Cattedrale, mentre la santa si dirige verso sud, la gente imbocca corso Umberto per la passeggiata serale. Nino De Maria dell’ 19 gennaio 2014 Jonio 5 LA FESTA SULLA RETE I devoti fisicamente lontani si ritrovano per dichiarare la loro devozione e partecipare ”Il web sia come il pellegrino” Diretta streaming “Postazione Avanzata” in giro per il mondo La festa che ogni anno la nostra Città tributa al Santo Martire Sebastiano è certamente la più popolare e, di conseguenza, la più seguita da tutte le fasce generazionali, soprattutto dai giovani, che si riconoscono in Sebastiano, non solo per il coraggio e la forza, ma anche e soprattutto per la giovane età che suscita in loro “voglia” di futuro. Purtroppo però sono proprio loro che a causa della difficile situazione economica e delle scarse possibilità di lavoro sono costretti ad allontanarsi dalla città e dal Nostro amato Santo e a seguire a distanza i momenti della festa. Fino ad oggi la diretta dell’intero giorno di festa è stata realizzata nell’ambito locale dall’emittente televisiva “Canale 9”, mentre la diretta internet era relegata ai soli momenti che si susseguivano all’interno della Basilica. Oggi nell’era dei social network e della comunicazione globale, è diventato indispensabile iniziare a trasmettere la festa in diretta streaming, in modo da garantire a tutti gli acesi sparsi nel mondo la “partecipazione” alla festa attraverso lo schermo del computer. Per realizzare tale progetto ci si è affidati alla collaborazione di “Postazione Avanzata” nello specifico a Dario Liotta e Antonio Fischetti, che con grande entusiasmo e voglia di condividere la festa porteranno nelle case di tutto il mondo i momenti salienti del 20 gennaio, dall’apertura della cappella, all’uscita del Santo, dalla storica salita di San Biagio, alla pescheria e l’arrivo alla Stazione, la corsa di via Roma e l’omaggio al Vescovo della nostra Diocesi, fino al viale regina margherita e l’entrata del Santo in Basilica. Anche nei giorni precedenti e per l’ottava della festa sarà garantita la diretta web, così da offrire un servizio completo e dare a tutti gli emigrati la possibilità di “esserci”. Come tutti sanno, per realizzare la diretta streaming è necessario avere una connessione internet via cavo, che sarà generosamente fornita da alcuni concittadini che abitano nei punti topici lungo il percorso e alla quale va il nostro sincero ringraziamento. Con l’evolversi del tempo, l’intera collettività ha assunto diversi modi di fare e di pensare e un canale che certamente ha visto stravolta la sua identità è quello della comunicazione. Oggi le barriere si sono abbattute del tutto , si riesce ad essere in contatto con il mondo con un semplice click , le distanze non sono più distanze, da una parte del mondo all’altra ci si vede e si comunica tramite una webcam . Insomma, tutto sembra essere più semplice, breve e allo stesso tempo entusiasmante. Oltre ai soliti mezzi di comunicazione quello che accomuna, soprattutto i giovani, sono i cosiddetti social network. Attraverso di essi si possono esprimere i propri pensieri, stati d’animo, video, foto, ma forse la caratteristica che più coinvolge la stragrande maggioranza delle persone che fanno parte di questo mondo virtuale è l’idea di rendere pubblico e di condividere con il resto del web la propria esperienza a partire dal quotidiano. Tutto questo prende forma e può essere sintetizzato anche in un solo giorno ovvero il 20 Gennaio, proprio quel giorno e in quelli antecedenti si inizia a percepire sui vari social network, in primis facebook, la lunga, gioiosa attesa che porterà centinaia di utenti a pubblicare foto e video di quel giorno così tanto desiderato. Ai giorni nostri, per riuscire ad essere efficaci nella trasmissione di un messaggio, quale quello che Sebastiano ci affida, non possiamo fare a meno di utilizzare e sfruttare al meglio i canali web grazie alle quale riusciamo ad essere capillari. Ricordiamo infatti che la nostra cultura e la nostra devozione verso San Sebastiano ha ormai varcato il confine di Acireale mediante le varie reti telematiche, quali ad esempio la lunga diretta internet di giorno 20, che si inizia ad animare alle prime luci dell’alba con l’apertura della cappella in cui è custodito il simulacro del glorioso martire Sebastiano e si conclude con il rientro del fercolo in Basilica nelle tarde ore serali. La diretta internet è ogni anno trasmessa sul sito web della Basilica di San Sebastiano. Tramite questo canale di comunicazione le migliaia di devoti sparsi in tutto il mondo, hanno la possibilità di esprimere e vivere le loro emozioni suscitate dalla giornata festiva. Oggi, grazie a queste nuove misure che la globalizzazione in qualche maniera ci impone, vi è la possibilità da parte di tutti di identificarsi quel giorno, come cittadini acesi e non, a quei sentimenti che ci legano alla tradizione che ogni anno si ripresenta, e che si tramutano in segno di appartenenza. Questi sentimenti oggi dobbiamo riuscire a trasmetterli soprattutto attraverso tali mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione. Dato che la devozione è un essenza immateriale ed infinita nel tempo e si identifica con la coscienza di sé, consideriamo allora il web, nello specifico internet e vari social network, come una opportunità che ci viene concessa e non, come spesso si fa in diverse circostanze, come una minaccia. La navigazione sul web diventi quindi come un grande pellegrinaggio i cui tutti impariamo a condividere le percezioni d’amore, i sentimenti e i comportamenti sinceri che ci avvicinano e ci fanno essere autentici devoti del nostro San Sebastiano. Giovanni Saitta Nell’annullo postale di quest’anno il Santo sul fercolo Gli annulli filatelici speciali vengono richiesti a Poste Italiane da Enti, da Fondazioni ed Associazioni allo scopo di pubblicizzare un evento particolare, importante dal punto di vista culturale, storico e religioso. Poste italiane dopo attenta valutazione sulla fattibilità, realizza la vignetta richiesta ed autorizza il servizio postale distaccato per l’utilizzo del timbro appositamente realizzato per l’occasione; comunicando al mondo dei collezionisti con un comunicato “marcofilo”, l’indicazione oltre della vignetta riproducendo l’annullo anche il luogo, la via e l’orario dove si troverà l’ufficio postale distaccato. Al termine della manifestazione dopo i tempi tecnici, per soddisfare le richieste dei collezionisti non presenti ( circa 60 giorni), il timbro andrà ad arricchire il museo storico delle Poste e Telecomunicazioni nell’edificio del Ministero dello Sviluppo Economico, che raccoglie tutti i francobolli emessi dall’inizio fino ai nostri giorni, le prove di stampa, gli annulli postali e migliaia di oggetti e documenti riguardante la storia della posta e delle telecomunicazioni. Per quanto riguarda l’annullo figurato in onore di San Sebastiano, svoltosi per la prima volta il 20 gennaio 2013 è stato un vero successo sia per le numerose richieste ricevute e sia per i commenti tutti positivi del devoto popolo acese. Si pensi che nei giorni successivi alla festa, centinaia sono state le richieste pervenute anche allo sportello filatelico di Acireale, da tanti collezionisti di molte città Italiane ed estere, dove San Sebastiano viene festeggiato. La scelta di utilizzare come immagine dell’impronta, la cartolina raffigurante il ”fercolo” è stata la decisione più naturale dove si vuole riprodurre in pochi centimetri un messaggio pubblicitario forte: solenni festeggiamenti in onore del Santo Martire Sebastiano. Costatato il successo avuto, Il comitato dei festeggiamenti ha richiesto anche per il 2014 a Poste Italiane la realizzazione di un nuovo annullo. Anche questa immagine è stata ripresa da una cartolina che raffigura la statua del Santo con la corona. Il successo è anche di aver a disposizione un buon archivio fotografico e una varietà di cartoline, che ci permette di poter scegliere anche con difficoltà la giusta impronta. Inoltre permette di aver un sicuro supporto all’annullo richiesto. In tal modo, anche con una semplice impronta, si ricorda il nostro San Sebastiano, soldato di Dio, e si dà spazio alla festa di popolo in onore di questo Santo Martire, festeggiandolo dal punto di vista marcofilo per i collezionisti e come un particolare santino per i devoti. Rosario Bottino Presidente Associazione Filatelica Numismatica Acese AGENZIA GENERALE-ACIREALE C.so Sicilia 99 95024 Acireale (CT) Tel. 095-7640513 Fax 095-893181 e-mail: [email protected] 6 19 gennaio 2014 dell’ Jonio ADDETTI AL FERCOLO Candido camicione bianco, calzoni alla zuava e piedi scalzi per i famosi “pedi salati” Dalla “Fratellanza” ai 60 portatori odierni CONFERENZA Dove s’impianta il culto del Martire amatissimo nella città di Acireale Molteplici sono, come ogni anno, le iniziative predisposte dalla commissione all’uopo costituita presso la Basilica di S. Sebastiano in preparazione alla festa del Santo. A tal proposito, un’interessante momento culturale è stata la conferenza che si è tenuta venerdì 10 gennaio nella chiesetta di Sant’Antonio di Padova, intitolata proprio a San Sebastiano fino all’edificazione della nuova monumentale Basilica. Erano presenti il vescovo, mons. Antonino Raspanti e tra il pubblico anche una folta delegazione di devoti portatori del fercolo del Santo. Relatori dell’incontro condotto dalla prof. ssa Donatella Sciacca, componente del comitato op erante in Basilica, erano il can. don Giovanni Mammino, esperto di Storia della Diocesi, e la prof.ssa Pinella Musmeci, studiosa di arte e tradizioni locali. Don Mammino riferiva sulle motivazioni che spingono i santi ad accettare il martirio. Martire è chi, pur dinanzi a minacce di terribili tormenti ed al rischio della stessa vita, non esita a professare la propria fede in Cristo, facendosi imitatore di colui che è supremo esempio di martire. L’uso di celebrare la liturgia dei martire nel loro ‘dies natalis’ cioè proprio nel giorno del martirio, risale al IV secolo d.C.; la presenza delle reliquie dei martiri nelle chiese, come l’abitudine di dare ai bambini il nome dei santi, testimoniano la potente intercessione di costoro per il proprio popolo. La devozione degli acesi verso San Sebastiano risale addirittura al periodo di Aci Aquilia. La prof.ssa Musmeci riferiva sull’evoluzione del culto al santo, la cui origine in Sicilia si fa risalire al periodo normanno. Documentazioni e reperti storici sembrano, però, suffragare la tesi che ad Acireale il culto si origini all’epoca bizantina. Nel 1565 ha inizio la festa esterna e circa ad un secolo dopo (1652) risale il corteo delle ‘ammascarate’ (donne che, con i loro costumi testimoniavano le virtù del santo), che accompagnava la processione del simulacro, dalla chiesa di San Rocco alla piazza antistante la Basilica. Nulla a che vedere, dunque, con il Carnevale, come fa pensare l’antico detto ‘San Bastianu, maschiri ‘n chianu’. Le manifestazioni esterne subirono un’interruzione con il terremoto del 1693; la festa cambiò poi carattere, trasformandosi da ‘barocca’ in autentica ‘epifanìa’, cioè manifestazione del patronato del Santo sul proprio popolo. Nando Costarelli Gli addetti al trasporto del fercolo (a vara) di San Sebastiano sono ancora oggi un’invidiata elite tra i numerosi devoti del Santo. I vecchi polverosi libri delle confraternite ci raccontato che una volta, quando ancora la statua si conduceva in processione a spalla, i portatori, conosciuti come i nudi, facevano parte dell’antica fratellanza di Santa Maria della Pace. Una confraternita, fondata nel 1656, composta in gran parte da marinai e pescatori di Santa Maria la Scala che, tralasciata la nudità sacrale e le afflizioni corporali di un tempo, ma sempre a piedi scalzi e ammantati solamente di un candido camicione bianco e di calzoni alla zuava, trasportavano il Santo, per pura devozione e a espiazione dei loro peccati, lungo i tortuosi percorsi della città in festa. Erano uomini duri, avvezzi ai sacrifici del mare, abituati agli sforzi prolungati, chiamati dagli altri devoti i scaloti per la provenienza o i pedi salati per via dei piedi callosi temprati dalla salsedine. Uomini abituati, dalle necessità di un mestiere duro e difficile, a fare gruppo, a faticare disciplinatamente insieme. Poderosi e obbedienti, riuscivano a trasportare la vara, prima a spalla e poi in seguito, quando le vie e le strade della città vennero lastricate, a spingere il baiardo munito di ruote nel frattempo costruito, come fosse un bianco veliero che agile ed elegante si apriva la strada sul quel mare di folla tumultuante. Gli altri devoti invidiavano e nello stesso tempo temevano quel gruppo coeso di pedi salati cui avevano affibbiato anche il nomignolo di sciàbica a motivo della rete da pesca da questi utilizzata. Un gruppo che, loro malgrado, regolarmente e inderogabilmente, tralasciava affari, barche, remi, vele e reti per presentarsi immancabilmente ogni 20 gennaio all’appuntamento con il Santo. Gli altri, ambivano occuparne il posto ma sapevano che con quel gruppo c’era poco da scherzare tanto che neanche i chiazzoti, vale a dire i fugghiara, i chianchieri e tutti gli altri putiara di piazza commestibili, gente avvezza a usare anche le mani per farsi ragione, pur considerando San Sebastiano come “cosa loro” per la vicinanza della chiesa, erano costretti a stare al loro posto e ben lontani dalla vara. Solo l’emigrazione del primo Novecento costrinse i devoti della sciàbica a permettere a qualcuno degli altri devoti di aiutarli nel loro secolare compito. Così man mano la loro presenza si affievolì tanto da costringere quelli rimasti ad affrontare, oltre alla fatica del già gravoso compito di trasportare la vara, anche a un’opera di “disciplinamento” nei confronti degli altri devoti certo più esuberanti, meno docili alle esigenze del gruppo e tendenzialmente insofferenti a ogni autorità, civile, militare o religiosa che fosse. Se per un motivo qualsiasi, la supremazia della sciàbica si affievoliva, subito qualche capetto dei chiazzoti ne approfittava e, per conclamare il proprio prestigio, aizzava i devoti portatori a non obbedire ai comandi del mastro di vara, normalmente l’esponente più ascoltato della sciàbica, accendendo furibonde dispute. Accadeva così che il percorso della vara subisse improvvise deviazione e immotivate fermate davanti a questa o quella abitazione a secondo che sotto la vara, tra i portatori, una o una altra fazione, uno o un altro capetto, vincesse le resistenze degli altri. In questi frangenti anche l’autorità del decano della Basilica, -insieme al mastro di vara sopra la vara- era inefficace, anzi doveva ben guardarsi perché talvolta era accaduto che qualche decano non particolarmente gradito, con un improvviso sussulto della vara ad arte provocato, era stato fatto precipitare rovinosamente tra la folla. Per i devoti più sfegatati, la Statua era “cosa loro” e quando uscivano dalla chiesa, non accettavano autorità alcuna; il decano era per loro, e non solo letteralmente, un pesante fardello cui si poteva fare con piacere a meno. Per questi devoti, San Sebastiano era uno di famiglia e volentieri ne avrebbero portata la statua a casa loro, se non altro per proclamare agli altri la loro forza, il loro potere, il loro prestigio. Più che una rete c’era quindi bisogno di camicie di forza per tenere buoni quei forsennati. Ma gli scaloti della sciàbica sapevano fare bene il loro lavoro e mentre si affannavano a tirare, a spingere, ad alzare, a spostare la pesante vara, facevano comprendere con una buona parola, resa talvolta più consistente da un vigoroso pugno tra le costole, che la calma era la virtù dei forti e loro indubbiamente forti lo erano e come gruppo, come sciàbica appunto, come una rete da pesca, erano ancora più forti e sapevano imbrigliare bene i loro pesci. E così talvolta capitava che qualcuno tra i più scalmanati dovesse urgentemente uscire da sotto la vara per curarsi qualche occhio nero o qualche doloroso pestone. Ringhiando, prometteva appuntamenti rusticani a fine festa poi fortunatamente annegati nelle generose libagioni che immancabilmente condivano il loro dopo festa. Oggi, certi eccessi non accadono più. I sessanta portatori del fercolo, anche se non appartengono più alla fratellanza di Santa Maria della Pace ormai dissolta, sono consapevoli della centenaria tradizione e con devozione e tanta abilità svolgono in modo eccellente il loro compito. Anno dopo anno, danno il loro apporto sino a quando l’età li consiglia di lasciare a un loro designato, normalmente figlio o nipote, l’ambito compito, gelosamente tramandato di generazione in generazione, di trasportare il 20 gennaio di ogni anno l’amato San Sebastiano lungo le vie della città in festa. Saro Bella IL TESORO Ampliato e rinnovato il Museo della Basilica con quattro sale espositive ognuna con un filo conduttore Quegli “ex-voto” che parlano di fede e devozione Il Museo Basilica San Sebastiano, inaugurato nell’aprile del 2003, a dieci ani di distanza si rifà il look e si ripresenta alla città in una nuova veste espositiva, ampliato e rinnovato. Le opere esposte sono distribuite in quattro sale e ognuna ha un tema che fa da filo conduttore, cercando di offrire un percorso didattico per la migliore comprensione dell’uso e della funzione dei singoli pezzi, nonché una maggiore possibilità di apprezzarne la preziosità e la bellezza. La prima sala sarà oggetto della nostra attenzione, ed è quella dove sono esposte tutte le opere che la Basilica custodisce, inerenti al culto del Santo Martire Sebastiano. Nella grande teca centrale è stato ricomposto il gruppo statuario di San Sebastiano, utilizzando la scultura in cartapesta leccese, copia della cinquecentesca ancora in uso, costruita nel 1933 dal maestro Giuseppe Malecore e portata in processione nel gennaio del 1934, ottant’anni or sono. Accanto ad essa sono stati posti gli angeli lignei seicenteschi che reggono i due reliquiari argentei antropomorfi del Santo, rispettivamente risalenti al 1593 e al 1652. A completare questa composizione vi è la corona d’argento del 1819, opera di maestri argentieri acesi. Ancora possiamo notare una plancia da confrate, su cui è sbalzata la scena che riprende San Sebastiano nell’atto di venerare la Vergine Maria. Probabilmente la scena ci suggerisce un legame alla confraternita di Santa Maria della Pace – di cui facevano parte i devoti portatori - e ad avallare tale ipotesi vi è una antica foto dove questa plancia era indossata da uno dei due devoti posti sul fercolo. Ancora di rilevante importanza è l’altro reliquiario argenteo a tabella del 1709, nel cui ricettacolo è incastonato una antica teca dove sono riposte le reliquie dei Santi Fabiano e Sebastiano, accomunati dalla stessa data del “dies natalis” e dal culto presente per entrambi in questa Basilica nei secoli scorsi. Ma certamente la bacheca che più di tutte attira l’attenzione è quella che contiene le gioie ex-voto, donate a San Sebastiano nel corso dei secoli. Il pezzo più rappresentativo è la medaglia in oro e smalto, opera del maestro orafo e pittore messinese Joseph Bruno, che l’ha realizzata nel XVII secolo. Campeggia su di essa la croce a otto punte sul recto e San Giovannino, patrono dell’ordine dei cavalieri di Malta, sul verso. Tale gioiello era, infatti, di proprietà di un Cavaliere acese, che ne fece dono al nostro Santo, compatrono anch’esso dell’ordine. La croce di Malta è ancora presente come pendente – reliquiario, realizzata in argento, per porla il giorno della festa sulla statua di San Sebastiano, legata al collo con un elegante collare azzurro arricchito da ricami in argento. Ancora si possono osservare un prezioso pendente in oro e diamanti, decoro per i dècolletè femminili di nobili signore. Altri gioielli sono ancora presenti, orecchini, pendenti, anelli; gioielli che vanno dalla fine del ‘700 alla metà del secolo scorso, dono di gente comune e di benestanti, del popolo e dei nobili, preziosi realizzati da bravi artigiani o piccoli pezzi già prodotti protoindustriali. Dinanzi a tali meraviglie il nostro pensiero corre a coloro che li hanno donati, che hanno voluto legare il loro cuore al cielo, con uno scambio tacito tra l’uomo e Dio, al loro desiderio di essere presenti, vicini al Santo nella maniera più intima e personale. dell’ 19 gennaio 2014 Jonio 7 TRADIZIONI La sera della vigilia si rinnova un antico rito (che sapeva di mistero) con il “compagno campanaro” e il “re delle campane” Le “Sette chiamate” che allertano i devoti Una volta, quando ancora le moderne tecnologie non avevano cambiato la comunicazione tra gli uomini e telegrafo, radio, telefonini, telecomunicazioni, Tv e Internet, erano nella mente del Signore e neanche il mondo era ancora un grande villaggio globalizzato, si faceva fatica a trasmettere ogni più piccola informazione. I messaggi scritti viaggiavano tramite corrieri a cavallo e una notizia per giungere a destinazione aveva bisogno di tempo e spesso, quando la meta non era vicina ... di lungo tempo! Particolarmente stridenti si facevano le difficoltà quando si doveva trasmettere velocemente e in un luogo non prossimo, una notizia urgente (di allarme, di emergenza, di chiamata a raccolta, ecc.). Per noi, uomini moderni, avvezzi a una ridondanza d’informazioni in tempo reale, (che tuttavia paradossalmente, facciamo fatica a filtrare e organizzare) tali difficoltà sono poco comprensibili. Lo strumento che allora permetteva una diffusione di segnali pressoché istantanea era la campana. Siamo abituati a considerare la campana come un arnese essenzialmente di uso religioso, tuttavia, anche se nacque in ambito monastico, assunse progressivamente anche importanti valenze sociali. Ad Aquilia, come sino agli inizi del Settecento si chiamava l’attuale centro storico di Acireale, ma anche ad Aci Catena, ad Aci San Filippo, ad Aci S. Antonio, ad Aci Bonaccorsi, a Valverde e in generale in tutti i casali del territorio dove normalmente l’abitato si addensava attorno alla chiesa, il suono delle campane permeava l’intera giornata. All’alba, i rintocchi del pater noster segnavano l’inizio del lavoro nei campi che s’interrompeva per un frugale pasto solo con lo scampanio del mezzogiorno. La giornata terminava al tramonto al suono dell’Ave Maria. I tre suoni di campane segnavano quindi la lunga giornata di lavoro che appunto si distendeva di suli in suli. Scampanii che fissavano ore di riferimento importanti anche dal punto di vista sociale. I segnali delle campane erano, infatti, usati pure dagli amministratori cittadini (jurati) che se ne servivano, ad esempio, per regolare l’accesso alle marine: Item si ordina et comanda da parti di ditti magnifici signori jurati di ditta terra che nixuna donna pocza lavari in li fontani undi si piglia l’acqua per biviri ne ancora digiano ditti donni andari a pigliari acqua ne a lavari li loro panni per fina intanto che non sia sonato lu paternostro et questo ad effectu di evitarsi alcun damno che porria succediri di qualche galiotta oy birgantino di turchi poychè li funtani su cussi vichino di lu mari ... I rintocchi della campana della chiesa dell’Annunziata (l’odierno Duomo di Acireale) dovevano udirsi da lontano: tanto che gli amministratori acesi nel gennaio del 1588, essendosi rotta per il continuo uso quella esistente, proposero di comperare una campana grandi (di ben 2700 Kg) pel campanili della Mayori Ecclesia per tutti li occorrentij de la Università (città) consigli, sequela di forusciti (banditi), decoro de la Università e di Nostro Signore lddio e soi santi, quella sonando tinissi advisati tutti li chittadini. Ed era appunto ad sonum campane che si chiama a raccolta i cittadini per intervenire ai consigli generali della città, o li si avvertiva di un imminente pericolo, o si chiamava alle armi per difendere il territorio dalle incursioni dei pirati, dei scorridori di campagna (bande di ladri), o si suonava il tocco (rintocco) per segnalare il coprifuoco e la deposizione delle armi, ecc. ecc. Le campane evidentemente suo- Mons. Cannavò: “Il culto ad Acireale risale alla peste del 1466” Il culto del milanese San Sebastiano è molto diffuso in tutto il mondo. Mons. Ignazio Cannavò, arcivescovo emerito di Messina, per diversi anni canonico della Basilica di San Sebastiano, autore di un eccellente libro su santa Venera, ci parla di questo Santo tanto amato in tutta la Sicilia, specialmente a Siracusa, Palermo, Barcellona nel messinese, ad Acireale. -A quando risale il culto di San Sebastiano in Acireale? “San Sebastiano, capo dei pretoriani sotto Diocleziano, martire, è protettore contro la peste, come risulta anche dal cartiglio nella sua cappella. Il suo culto è legato alla terribile malattia della peste – pare quella del 1466 - che colpì Acireale e tutto il territorio etneo; infatti Acireale e tutti paesi della zona etnea hanno un culto speciale verso San Sebastiano; lo stesso si verifica nella zona di Barcellona e ad Avola nel siranavano anche per le messe, per le feste, per i funerali; chiamavano i fedeli per le processioni, avvertivano delle quindicine, delle tredicine, delle novene, dei tridui, delle vigilie, degli ottavari e delle ottave. Si può dire che non vi era momento importante della vita personale o comunitaria che non si svolgesse al rintocco, ora lieto del consolato (o scampanata), ora triste del mortorio, ora di gioia della gloria. Il suono delle campane accompagnava l’uomo dalla nascita alla morte, nel dolore e nella gioia, nei momenti di preghiera, di commemorazione, di allarme, di paura, di pericolo. L’intera giornata e tutti gli avvenimenti religiosi e sociali della comunità erano scanditi dal rintocco delle campane! Anche la chiesa antica di San Sebastiano (l’odierna chiesa di Sant’Antonino) fu munita di un campanile che ancora nel 1559 era incompleto per poi, nel 1594, su ordine dei giurati vennero dati e pagati al notaio Alessandro Scuderi gubernaturi della Confraternita di lo glorioso santo Sebastiano di questa città uncie quattro quali si chi pagano per elimosina ad effetto di fabricarsi la campana di detta ecclesia. Nel 1606 i giurati deliberarono un nuovo stanziamento di onze tri che si li pagano per succursu d’elemosina per la nova campana che hanno fatto fare li Gubernaturi e Rettore di ditto oratorio per la necessità e bisogno che vi era in ditta ecclesia et questo stante ditta ecclesia essiri povira e non tiniri renditi nè facultà di potere fare detta campana de proprio ... Anche quando fu edificato il nuovo tempio di San Sebastiano (l’attuale Basilica) le campane non potevano mancare e vennero man mano incrementate nel numero sino ad arrivare alle odierne cinque. La più antica risale al 1624 e porta un’iscrizione che recita “Per Terremotum fratta major posi annum resurgo mense martii 1624” seguita dalla scritta “San Sebastiano ora pro nobis” posta sopra un’immagine del Santo. Un’altra iscrizione ci avverte che fu “Refusa in Giarre da Mariano Arcidiacono fu Sebastiano il 25 giugno 1878”. La seconda campana porta la dicitura “Sapientia Dei Filii virtus Spiritus Sancti potentia Dei Patris S. Sebastiane ora pro nobis” e un’immagine del Santo seguita da “Anno Domini 1677 Christus Nobiscum state” La terza campana comunemente chiamata “la Campana Grande” porta l’iscrizione “Opus Magistri Francisci Arant Volat anno Domini 1816”. Una quarta campana contraddistinta dall’immagine della Croce e la data 1906 seguita dalle lettere F.M. fu ceduta qualche anno fa alla chiesa di Santa Lucia e sostituita da una nuova campana commissionata da don Carlo Chiarenza. L’ultima campana, la quinta, venne commissionata dall’allora decano, don Giuseppe Sciacca. Per governare tutte queste campane e farle suonare insieme in modo cusano. Spesso il culto di San Sebastiano in tali centri urbani è unito a quello di Santa Venera. Il documento più antico, scoperto da qualche anno, - per cui supera la documentazione dell’archivista dott. Fichera, autore di un libro su San Sebastiano, pubblicato una decina di anni f, - risale al 1522. Si tratta del testamento di Manfredo Russo, in cui si lascia un legato a pro dell’Oratorio di San Sebastiano, sito nell’antica chiesetta di San Sebastiano in via Vittorio Emanuele, oggi dedicata a Sant’Antonio di Padova. In un saggio di Saro Bella, è riportata la data del 1571, per la concessione da parte di mons. Faraone circa la processione della statua di San Sebastiano.” accordato e melodioso era necessario poter contare su valenti campanari. Spesso, almeno nelle occasioni normali, era lo stesso sarristano che assolveva il compito di suonarle servendosi di funi che dal campanile scendevano all’interno della chiesa. Nelle ricorrenze particolari e nelle feste grandi intervenivano, invece, anche altre persone, talvolta esponenti delle confraternite, che in gruppo di tre o quattro salivano in cima al campanile per muovere direttamente i pesanti battagghi delle campane e da queste trarre i possenti rintocchi che già alle prime luci dell’alba, spargendosi per l’intera città, comunicavano a tutti la gioia della festa. Campanari che apprendevano l’arte dai più anziani e che a loro volta la tramandavano di generazione in generazione più per pratica che per codifica, lasciandoci in tal modo, purtroppo, pochi riferimenti Anna Bella scritti. Durante tutto l’anno, le ricorrenze festive si susseguivano con regolare e incessante sequenza. Era, tuttavia la festa dedicata al Santo, l’occasione nella quale i sacri bronzi della chiesa venivano messi a dura prova. In quest’occasione, infatti, lavoravano incessantemente anche di notte. Come sappiamo la chiesa di San Sebastiano era stata costruita per volontà delle confraternite che al suo interno trovavano sede per le funzioni religiose ma anche sepoltura per i propri adepti. Le confraternite di San Sebastiano, come la tradizione ci indica, erano sette: Santa Maria degli Angeli, Santa Maria della Pace, Santissimo Crocifisso, Santa Maria la lettera, Santissimo Ecce Homo, San Gaetano, e Maria Santissima Addolorata. Un’antica consuetudine stabiliva che a turno, per tutta la notte precedente il giorno della festa, queste confraternite si alternassero per vegliare in preghiera il Santo. Per la loro chiamata si usavano rintocchi di campana diversi per ogni confraternita. La notte della vigilia, le sette chiamate, una dopo l’altra, avvisavano così i fratelli delle diverse confraternite che era giunto il loro turno di veglia e preghiera. Il rintocco delle campane segnava l’avvicendamento delle confraternite lungo tutto il lento incedere della notte per poi, all’alba, esplodere in continui e assordanti rintocchi che riempivano l’intero giorno di festa. Quando l’orologio si diffuse, la necessità dei rintocchi notturni di chiamata si affievolì e per ciò le campane, almeno di notte, si fermarono. Tuttavia, la tradizione continuò e le sette chiamate, suonate tutte insieme la tarda serata della vigilia, divennero una consuetudine che ancora oggi si conserva nonostante che la veglia notturna non sia più praticata. *** La sera del 19 gennaio una curiosa combriccola si riunisce. Come congiurati di un’antica setta, confabulano tra loro scambiandosi sguardi d’intesa. Attorno a loro, tanti altri fedeli seguono attentamente i loro movimenti con sguardi permeati di ammirazione ma anche d’invidia. Tutti vorrebbero seguirli! Tutti vorrebbero essere con loro! Solo l’imperioso sguardo del loro capo, un possente omone di poche parole, li ferma e li tiene a bada. A un cenno la combriccola si muove lestamente e aperta velocemente con una vecchia, grossa chiave, la minuscola porticina si proietta all’interno di un oscuro cunicolo. La porta dietro di loro accuratamente chiusa lascia bruscamente fuori alcuni degli astanti che con più coraggio degli altri avevano tentato vanamente di seguirli. Le mandate della vecchia fermatura risuonano spettrali all’interno dell’angusto budello di pietra. In fila, uno dietro l’altro, pigiati negli angusti spazi della ripida scala di pietra nera a stento rischiarata dalla fioca luce di lampadine coperte da uno spes- so strato di polvere, il gruppo, districandosi tra gli spigoli sporgenti della pietra lavica, s’inerpica gradino dopo gradino verso la sommità del campanile. Il capo, chiamato anche “il compagno campanaro” per via della sua militanza politica che comunque, come novello “Peppone” di vecchi romanzi di Guareschi, non gli impedisce di presentarsi puntualmente ogni anno all’appuntamento, sale le ripide scale, nonostante la mole e gli anni, con inaspettata agilità. Dietro di lui un panciuto personaggio detto “il re delle campane” ansimando, fatica a seguirlo sopportando con un sorriso gli sfottò di stimolo che, lungo tutta l’ascesa, un giovane di bell’aspetto e dall’elegante pizzetto non gli risparmia. Dopo... seguono due ragazzi che non riescono a nascondere l’effervescente euforia per essere stati scelti: la loro esuberante vitalità a stento contenuta, sembra spingere il gruppo verso l’alto. Appena giunti in cima, l’elegante loggetta barocca li contiene a stento mentre la pungente brezza serotina penetra senza ostacolo la trifora, rinfrancandoli. Le tre aperture inquadrano un panorama mozzafiato. La città rischiarata da mille e mille luci, si stende ai loro piedi. Le strade, segnate dalle luci bianche e rosse delle auto, si distinguono nitidamente anche a distanza. Le antiche chiese con i loro alti campanili illuminate, emergono prepotentemente dall’abitato. Lontano, la muntagna, bianca di neve, sembra anch’essa in trepida attesa. Velocemente il gruppo si dispone sotto le campane che ancora immobili pendono dalla sommità della loggetta. Il compagno campanaro è al centro della scena, sopra di lui, enorme, si apre la campana grande, afferrata con la mano destra la corda del grande battaglio, si spinge più in la per stringere, con la sinistra, la corda della campana mezzana; gli altri, in un angolo, governano le campane più piccole. Il compagno campanaro con le braccia protese in posa ieratica, saggia la consistenza delle funi e l’oscillazione dei battagli, per poi immobilizzarsi in plastico raccoglimento. La calma dura per qualche minuto, poi, lentamente, iniziano i possenti rintocchi della grande campana subito seguiti dalla mezzana e poi da tutte le altre in una sequenza misteriosa che solo il capo sa dirigere. Sotto i suoi cenni, le campane, sapientemente mosse dal gruppo, si animano componendo articolate melodie. Il frastuono terribile, riempie la loggetta ma non riesce a intaccare la concentrazione dei campanari che, tocco dopo tocco, svolgono al cielo le loro melodiche armonie. Sotto, nella piazzetta gremita, una folla di fedeli con la testa in alto e la bocca aperta guardano la loggetta che sembra sobbalzare a ogni salva di rintocchi. I divoti, avvolti dai rintocchi ora grevi, ora squillanti, ora melodiosi, ora lenti, ora frenetici, ora travolgenti, presi dal suono e dall’atmosfera prefestiva vedono materializzarsi tra le ombre dei vicoli scuri, eteree figure d’infagottati confrati che lesti si affrettano verso la loro chiesa, verso il loro Santo. Grazie a campane e novelli campanari anno dopo anno si rinnova l’antica tradizione delle “sette chiamate” oggi indirizzate a tutti i divoti che trepidanti aspettano la fatidica giornata della “loro” festa. Sono loro, Luigi Safiotti “il compagno campanaro”, Saro Re, “il re delle campane”, Saro Fichera “l’elegante pizzetto”, Salvatore Reitano, i ragazzi che spinti dalla voglia d’imparare li seguono, i nuovi campanari: i campanari del Terzo Millennio. Sono loro che con passione e disinteresse conservano e perpetuano la secolare tradizione delle “sette chiamate”. Saro Bella 8 19 gennaio 2014 dell’ Jonio I “PORTATORI” Chi sono e quali caratteristiche hanno i devoti che trasportano il fercolo per le strade cittadine “Ppi San Mmastianu lassamu dinari a cuntari” Cuore pulsante della festa di San Sebastiano sono loro, i portatori del fercolo. PPi San Mastianu lassamu dinari a cuntari, sono soliti dire, a significare una devozione profonda per la quale si è disposti a sacrificare il proprio lavoro, le occupazioni giornaliere, il guadagno materiale, per un sentimento forte che trascende il contingente. Ma chi sono questi uomini? I portatori, le cui età variano dai 15 ai 70 anni, sono in parte legati da vincoli di parentela: alcuni appartengono già alla terza o quarta generazione, ma per potere fare parte del gruppo (dai 60 ai 110 a seconda del punto del tragitto da percorrere) bisogna irici a trasiri a trasiri, avvicinarsi cioè gradualmente alla compagine, venendo chiamati inizialmente a dare una mano solo nei tratti più facili. Tra i portatori sono assegnati dei ruoli ben precisi. Innanzitutto sul fercolo, oltre al sacerdote, è presente u mastru da vara che ha il compito di controllare tutto l’apparato ma particolarmente la corretta allocazione e la tenuta delle ruote del baiardo, suonando la campanella per far avanzare la processione. Un ruolo importantissimo hanno i quattro manigghieri: la macchina processionale è dotata di quattro maniglie, una per ciascuna delle estremità delle due lunghe stanghe parallele al fercolo. I “manigghieri” hanno il compito di imprimere la direzione al baiardo prendendo tutte le relative decisioni per affrontare correttamente una curva, una salita o una discesa: sono loro che, come si dice, devo- no far squattare, ossia far muovere armoniosamente, la vara. Data la particolarità della mansione sono sempre le stesse persone che occupano questo posto e tendono a tramandarlo, insegnando il ruolo, ai propri figli. Quando il Santo viene “affacciato” dall’ingresso principale della Basilica, i portatori più esperti devono prepararsi per la fulminea manovra di discesa, a nisciuta, centrando la vara supra u taulazzu, la pedana di legno sistemata, sotto la supervisione del “mastru da vara”, sui gradini antistanti la chiesa. La preparazione all’uscita e a calata del fercolo sono eseguite attraverso un insieme di cal- coli fatti “ad occhio”, sulla scorta dell’esperienza pregressa, e sono ambedue estremamente delicate visto che le stanghe del baiardo, nella loro porzione anteriore, si abbasseranno fino a 50 centimetri dal terreno. Chi non è impegnato nella manovra ha il compito di attuare come un cordone di contenimento alla folla, assicurando lo spazio necessario alla vara per poi raggiungerla correndo, subito dopo la “nisciuta”, formando un suggestivo alone chiaro (dato dai fazzoletti che i portatori hanno in testa) intorno al fercolo. Caratteristico è il passo che viene tenuto lungo il percorso e che fa compiere la tipica annacata (dondolamento) alla vara: il primo portatore mette un piede dentro – verso il fercolo – l’altro verso l’esterno, quello che sta dietro farà all’inverso e così via. A seconda della pavimentazione che si percorre bisognerà adattare il modo di portare la macchina processionale. Infatti sul basolato lavico il baiardo scivola, squatta, con naturalezza e bisogna quasi trattenerlo; viceversa sull’asfalto le ruote tendono a frenare, allippano, quindi è necessario sollevare e al contempo spingere il baiardo. Nella manovra di rientro, a trasuta, più complicata da eseguire rispetto alla “nisciuta” in quanto bisogna girare come in retromarcia verso la chiesa, la preoccupazione principale dei portatori è quella di centrare l’apertura del cancello e, in caso negativo, di correggere con accortezza il tiro. Durante questa velocissima manovra i portatori posti nella sezione posteriore si girano verso la Basilica. Ma il compito più pericoloso è affidato a due persone che stanno nello spazio interno delle stanghe trasversali che con il loro peso devono bilanciare la pendenza impressa al fercolo dalla ripida salita. Sono “loro”, gli uomini di Sebastiano, a rendere così il “giro” della vara la parte più caratteristica dei festeggiamenti tributati all’amato compatrono. Katya Musmeci IL COMITATO Il compito del gruppo aperto ad altri contributi Trasmettere il vero significato della festa Presidente: Can. Carmelo Sciuto Componenti: Sebastiano Argentino, Rosario Bella, Michele Bottino, Rosario Fichera, Orazio Frizzi, Andrea Mangano, Adriano Pittera, Giovanni Saitta, Donatella Sciacca. Il Comitato per i festeggiamenti di San Sebastiano, insieme ai Canonici del Capitolo Collegiale della Basilica, anche quest’anno con unanime impegno e rinnovato entusiasmo, organizzano e promuovono i solenni festeggiamenti in onore del nostro glorioso Compatrono. Composto da nove giovani, ma aperto a chiunque desideri impegnarsi con passione e generosità per onorare San Sebastiano e promuoverne il culto nella nostra Acireale, il Comitato vede il suo maggiore impegno nell’organizzazione degli annuali festeggiamenti. Ad ogni membro è così affidato un incarico ben preciso che comprende tutta una serie di attività dicultura religiosa, di folclore e arte locale. Ognuno svolge il proprio compito con impegno e abnegazione, cercando di interpretare al meglio quelle che sono le passioni, i desideri e le aspettative della gente del territorio acese. Ai componenti ufficiali si affiancano altri giovani e adulti che, pur senza un impegno fisso e continuativo, collaborano per una migliore riuscita delle varie attività esprimendo cosi la loro devozione al Santo Martire. Durante tutto l’anno, l’ingegno e la volontà dei giovani del Comitato, consente alla Basilica di essere un punto di riferimento per il circuito culturale cittadino, organizzando e promuovendo attività ricreative e culturali capaci di coinvolgere numerose persone. Tra queste degna di menzione, per il grande plauso e la sua risonanza a largo raggio, è la realizzazione del Monumentale Presepe Napoletano. L’auspicio del Comitato è di contribuire alla trasmissione alle nuove generazioni del grande patrimonio di fede,costumi e tradizioni ricevuto, speranzosi che né il tempo né altra fede li potranno mai cancellare, in quanto radicati nella pluricentenaria devozione al giovane martire Sebastiano. INFORMAZIONE AUTOGESTITA ALL’IRMA DI ACIREALE” Attivata una nuova diagnostica per gli affetti da fibrosi epatica Esami che evitano indagini invasive La fibrosi epatica è una patologia del fegato, discretamente diffusa, che consiste nella progressiva sostituzione delle cellule epatiche con sostanza fibrotica extracellulare che nel tempo può portare a gravi patologie come cirrosi e carcinoma. La fibrosi epatica rappresenta la risposta del fegato a differenti tipi di insulti cronici e si associa ad elevati tassi di morbidità e mortalità. L’ELF test (Enhanced Liver Fibrosis), è un esame validato dalle linee guida dell’EASL [2] che consiste nella determinazione della concentrazione ematica di acido ialuronico, del propeptide aminoterminale del procollagene di tipo III (PIIINP) e dell’inibitore tissutale della Metalloproteinasi 1 (TIMP1) per ottenere il cosiddetto ELF-score che consente di valutare l’entità della fibrosi epatica. Il fegato si trova inserito nel circolo refluo del distretto addominale, ricevendo così il sangue da tutto il tratto sottodiaframmatico del canale alimentare (stomaco, intestino tenue, intestino crasso fino all’estremità prossimale del retto, pancreas) e dalla milza. Il flusso epatico totale è stimato attorno ai 1500ml/min (il cuore 250ml/min, il cervello 750 ml/min). Il sangue che arriva al fegato con la vena porta è ricco di sostanze assorbite dal tratto alimentare tra cui monosaccaridi (glucosio e galattosio), amminoacidi e lipidi. Quando si ha una compromissione della fisiologica struttura del fegato viene danneggiato tutto l’organismo perché quest’organo svolge numerose funzioni che lo coinvolgono nelle attività metaboliche e energetiche dell’intero organismo. L’epatite C può essere responsabile di fibrosi epatica. Talora il glutine può causare incremento delle transaminasi con gamma-GT e fosfatasi alcalina normali inducendo una condizione di modesta fibrosi. L’ELF-test è importante perché consente di evitare la biopsia epatica e, una volta diagnosticata la fibrosi, di potere intervenire con una specifica terapia bloccando il processo fibrotico. ELF-SCORE (indice di fibrosi epatica) INFERIORE A 7.7 NESSUNA CONDIZIONE FIBROTICA TRA 7.7 e 9.8 FIBROSI EPATICA MODERATA > 9.8 FIBROSI EPATICA SEVERA Con il GASTROPANEL in molti casi si può evitare la gastroscopia [2] Spesso alla base del bruciore di stomaco c’è una banale dispepsia. Fino ad ora il solo test disponibile per questo tipo di indagine era la gastroscopia, che si effettua introducendo nello stomaco, attraverso la bocca o il naso, un tubo sottile e flessibile con all’estremità una piccola telecamera che consente al medico di osservare la parte interna dello stomaco Il GastroPanel nasce dall’esigenza di avere un esame semplice e non invasivo per indagare sulla natura delle malattie gastriche. Con un semplice prelievo di sangue, il GastroPanel fornisce chiare e dettagliate informazioni sullo stato funzionale della mucosa gastrica senza dover ricorrere alla gastroscopia. A chi è consigliato il GastroPanel Il GastroPanel è consigliato ai soggetti: t EJUVUUFMFFUËDPOEJTUVSCJEJHFTUJWJFQSPCMFNJEJBDJEJUË t EJUVUUFMFFUËDPOSFnVTTPHBTUSJDPEJĊDPMUËBEFHMVUJSFFUPTTF t DPOQJáEJBOOJQFSMPTDSFFOJOHEJTUBUJQSFDBODFSPTJ t DPOGBNJMJBSJBĉFUUJEBDBODSPHBTUSJDP I sintomi d’allarme -Sintomi della sindrome dispeptica, (dispepsia è la difficoltà a digerire), nelle sue varie forme. La dispepsia si manifesta con dolore o sensazione di fastidio ed acidità allo stomaco, compare generalmente dopo i pasti ed è spesso associata ad altri sintomi come nausea, senso di sazietà precoce, gonfiore addominale, mal di stomaco, bruciore gastrico. Reflusso gastroesofageo si manifesta sia con sintomi specifici (bruciore dell’esofago, rigurgito) che sintomi atipici che possono riguardare sia l’esofago (dolore toracico non cardiaco) che il distretto orofaringeo (difficoltà a deglutire, raucedine) e le vie aeree (tosse secca, crisi asmatica). Tutti questi disturbi possono essere causati dai succhi acidi dello stomaco che irritano i nervi dell’esofago. Ruolo dell’Helicobacter pylori nelle malattie gastroenteriche. L’Helicobacter pylori colonizza la mucosa gastrica. Più del 50% della popolazione è infetta da questo batterio che causa un’infiammazione cronica dello stomaco. La sua presenza è associata allo sviluppo dell’ulcera gastrica e duodenale ed inoltre costituisce uno dei fattori che favorisce lo sviluppo del cancro e del linfoma gastrico dato che questo batterio è classificato come carcinogeno di 1^ classe. La determinazione degli anticorpi anti-Helicobacter pylori permette di valutare l’avvenuto contatto con il batterio. Ovviamente in caso di positività è necessario approfondire con la ricerca dell’Helicobacter pylori nelle feci in PCR. In tal modo si potrà fare a meno della gastroscopia. Quest’ultima è invece necessaria nel caso in cui si dovesse sospettare una neoplasia gastrica. Parametri esaminati nel Gastropanel Pepsinogeno I e Pepsinogeno II precursori dell’enzima pepsina. Il pepsinogeno I viene prodotto dalle cellule della parte superiore dello stomaco chiamata corpo e fondo. Esiste una correlazione tra la perdita di queste cellule che si può avere in caso di atrofia gastrica e il livello di pepsinogeno I. Il pepsinogeno II è prodotto dall’intero stomaco e dal duodeno. Vista la diversa localizzazione delle cellule che producono i due pepsinogeni, la valutazione della concentrazione tra pepsinogeno I e pepsinogeno II permette di stabilire la zona dello stomaco interessata dalla patologia. Gastrina 17 - La Gastrina 17 è un ormone prodotto dalle cellule della parte inferiore dello stomaco chiamata antro. La sua secrezione dipende dai valori di acidità gastrica e dalla concentrazione di pepsinogeni nel senso che il loro aumento corrisponde ad un decremento della secrezione di gastrina (feed-back negativo). Un livello basso di gastrina è indice di danno delle cellule gastriche della mucosa antrale, mentre un suo incremento riflette il tentativo di stimolare la produzione di HCl in caso di gastrite atrofica. Bibliografia 1. Sebastiani G, Gkouvatsos K, Plebani M. Non-invasive assessment of liver fi brosis: it is time for laboratory medicine. Clin Chem Lab Med 2. Cao Q, Ran ZH, Xiao SD. Screening of atrophic gastritis and gastric cancer by serum pepsinogen, gastrin-17 and Helicobacter pylori immunoHMPCVMJO(BOUJCPEJFT$IJO+%JH%JT (A cura di Giovanni Tringali, direttore scientifico dell’Irma di Acireale)