Chiara Scaccini e Francesca Scaccini 3C Cos’è la globalizzazione? Com’è nata la globalizzazione? Aspetti positivi Aspetti negativi “variabili” che rendono possibile la globalizzazione Le fasi della globalizzazione Prima fase: il dominio delle innovazioni tecnologiche Lo “stop” della globalizzazione Seconda fase: la Global Governance e la ripresa economica Terza fase: i nuovi scenari economici e geopolitici I nuovi attori del mercato globale Emergenze planetarie ISU Globalizzazione tendenza dell’economia ad assumere una dimensione sovranazionale. Vengono a crearsi aree in cui consumatori globali sono in grado di scegliere tra prodotti su scala mondiale e concorrenti globali sono in grado di competere con le imprese del resto del mondo. Il fenomeno della globalizzazione è stato reso possibile da alcuni fattori causati dal progresso scientifico e tecnologico: Lo sviluppo delle comunicazioni. I mezzi di trasporto che permettono di spostarsi più rapidamente, eliminando le barriere della circolazione delle persone, dei beni e dei servizi, ma anche delle idee e della conoscenza. Crescita economica Migliori condizioni di vita nei paesi sviluppati Maggiori investimenti Ricerca di nuovi prodotti Divario tra paesi ricchi e poveri Sfruttamento delle popolazioni più povere Sfruttamento minorile Aumenta la differenza tra ricchi e poveri Inquinamento ambientale Lo sviluppo dell’integrazione economica a livello internazionale può essere articolato in fasi successive, in base ad alcune variabili (la cui dimensione consente anche di misurare il livello di globalizzazione): I flussi migratori Le attività di import/export Gli investimenti diretti all’estero Le fasi della globalizzazione possono identificarsi con i seguenti periodi: Prima fase dal 1870 al 1914 Seconda fase dalla fine della seconda guerra mondiale al 1980 Terza fase dal 1980 all’11 settembre 2001 Quarta fase: quella che stiamo vivendo La prima fase inizia dalla seconda metà dell’Ottocento. Questo periodo è caratterizzato: Aumento del flusso migratorio verso gli Stati Uniti Aumento delle esportazioni Aumento degli investimenti di capitale all’estero L’ importante sviluppo delle relazioni fra diversi Stati è spinto dalle innovazioni tecnologiche che hanno permesso: La costruzione di navi più robuste e veloci che consentivano di trasportare persone e merci in meno tempo L’avvio di nuovi sistemi di comunicazione, come il telegrafo che ha permesso di comunicare anche con gli Stati Uniti d’America Dall’inizio della prima guerra mondiale, nel 1914, gli scambi commerciali tra i diversi Stati subirono un forte rallentamento. Questo fenomeno è dovuto anche alle politiche protezionistiche messe in atto dai diversi Stati (periodo autartico): Viene incentivata la produzione interna Ogni Stato utilizza solo le risorse interne per soddisfare le esigenze dei suoi abitanti Le importazioni sono scoraggiate dall’imposizione di particolari tasse, i dazi, che aumentano il costo dei beni che entrano in uno Stato Così avvenne il crollo del 70% del commercio internazionale, che portò alla grande depressione economica che colpì tutti gli Stati in questo periodo. Di rilevante importanza fu il crollo della borsa di New York, il 24 ottobre 1929, che diede inizio ad una crisi economica profonda. Tra il 1932 e il 1937 gli Stati Uniti, con le politiche Keynesiane seguite dal presidente Roosvelt, avviarono la ripresa del sistema economico interno attraverso delle riforme chiamate «New Deal». Nel 1944 le “Nazioni Unite” convocarono una conferenza internazionale a Bretton Woods (USA) per studiare una strategia di rilancio dell’ economia mondiale. Vennero individuati due punti fondamentali dai quali ripartire: La liberalizzazione degli scambi La deregolamentazione, cioè la riduzione delle barriere alla circolazione di merci e capitali Da questa conferenza vengono definiti degli accordi fra Stati e vengono creati degli organismi internazionali di controllo. Si parla di “Global Governance”. I provvedimenti adottati portano nel giro di pochi anni alla ripresa dell’economia mondiale; ma a trarre beneficio da questi provvedimenti furono solo i Paesi sviluppati. Ciò accresce il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri. I Paesi ricchi investono all’Estero solamente in attività agricole e minerarie non badando alle attività manifatturiere impedendo lo sviluppo dei Paesi più arretrati sfruttati acquistando a basso costo i prodotti del settore primario→ problema scambio diseguale. Per quanto riguarda l’Europa, negli anni ’50 arrivano le multinazionali americane che avviano nei territori attività produttive e portano nuovi prodotti a basso prezzo. Questo processo in Italia prende avvio una decina di anni dopo. Tra gli anni ’50 e ’60 comunque in Europa aumenta il benessere fatto che favorisce un forte sviluppo imprenditoriale creativo, la produzione si sposta dalle campagne alle città dove nascono tante piccole imprese che collaborano con quelle più grandi, diventandone i fornitori. Dalla fine del XX secolo gli scambi internazionali hanno avuto un’ulteriore crescita, raggiungendo valori mai visti prima. Gli investimenti riguardano principalmente il settore industriale e dei servizi. Negli anni ’80 e ’90 si assiste alla suddivisione delle fasi delle attività della filiera produttiva: i Paesi in via di sviluppo si occupano delle fasi iniziali del processo produttivo, mentre i Paesi sviluppati si occupano delle parti ad alto contenuto scientifico e tecnologico oppure del settore delle vendite. In questo periodo nascono delle aree di libero scambio, che favoriscono la circolazione delle risorse, l’abolizione dei dazi ecc.. L’esempio più importante è l’Unione Europea che non è solo un’area di libero scambio ma anche un mercato comune. Questa tendenza alla liberalizzazione degli scambi di beni, persone e capitali viene bruscamente arrestata con l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. In questi ultimi decenni alcuni paesi prima considerati «sottosviluppati o in via di sviluppo» hanno vissuto veloci ritmi di crescita tanto da diventare protagonisti del sistema economico mondiale e da diventare dei concorrenti globali. A questi Stati nel 2003 è stato dato il nome di BRICS: Brasile Russia India Cina Sud Africa Attualmente sono entrati a fare parte dei Paesi in via di sviluppo altri Stati chiamati Next 11: Bangladesh Corea del sud Egitto Filippine Indonesia Iran Messico Nigeria Pakistan Turchia Vietnam ATTUALMENTE: Nei Paesi ricchi la domanda ha raggiunto la saturazione e l’acquisto di nuovi prodotti è effettuato solo per sostituire quelli già in possesso. I mercati tradizionali non bastano ad assorbire l’offerta sempre più ampia. I mercati dei Paesi in via di sviluppo presentano delle particolarità che non favoriscono l’ingresso di imprese straniere: sono mercati con consumatori molto diversi culturalmente, con lingue, abitudini e gusti specifici che costringono le imprese a rivedere le tradizionali stategie di ingresso in un nuovo mercato. (…superare gli atteggiamenti di routine…) Un altro elemento di complessità nella gestione delle iniziative commerciali all’estero consiste nel fatto che la delocalizzazione di parte della produzione non risulta conveniente come in passato: Il costo della manodopera sta aumentando anche nei Paesi in cui era basso Il Made in Italy è un prodotto vincente per la sua qualità e non sempre la manodopera straniera è in grado di assicurare gli stessi livelli qualitativi garantiti dai lavoratori italiani (… problema dell’Italian Sounding…) Trasferire la produzione all’estero può comportare rischi imprevisti Inoltre l’ingresso nei mercati esteri richiede di fronteggiare il “rischio Paese”→rischio collegato a situazioni di grave instabilità politica che possono degenerare in traumatici cambi di governo, forme di terrorismo ecc.. - Nei primi anni del XXI sec. si è assistito ad una profonda crisi, iniziata negli USA, e diffusasi anche in Europa e Giappone. - Recentemente si è presentato anche il problema ambientale causato dall’eccessivo sfruttamente delle risorse naturali. A riportare in evidenza questo tema è stato lo scoppio della centrale di Fukushima in Giappone. Negli ultimi tempi per cercare di risolvere o almeno alleviare questo grande problema si sta cercando di sfruttare di più le risorse rinnovabili. - Nel nostro pianeta esistono disparità molto forti tra le persone a seconda delle zone in cui esse vivono. - L’uso di internet sta dando maggiore consapevolezza dei propri diritti, civili e sociali, alle popolazioni sfruttate. Si possono infatti già notare delle “rivolte sociali” da parte di alcuni paesi. L’Indice di Sviluppo Umano misura il grado di sviluppo di un determinato paese in base a tre criteri fondamentali: Una vita lunga e sana, calcolata in base all’aspettativa di vita alla nascita La conoscenza, analizzando il grado di alfabetizzazione ed il livello di scolarità Uno standard di vita dignitoso, considerando il PIL Le persone si stanno sensibilizzando verso temi come l’inquinamento, la povertà e l’ingiusitizia sociale, ma sta anche arrivando la consapevolezza che non si potranno combattere questi problemi in tempi brevi. A livello mondiale si sta pensando che per misurare il livello di benessere di un paese non è più sufficente misurare il PIL, ma bisogna anche osservare gli indici di sviluppo sostenibile. Si è raggiunta l’idea che la globalizzazione non debba essere nè fermata nè rallentata, ma controllata per evitare che essa porti a danni irreparabili.