Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB BRESCIA Editrice La Scuola - 25121 Brescia - Expédition en abonnement postaltaxe perçue - tassa riscossa - Pubblicazione mensile - Anno 101° - ISSN 0392-2820 materna SCUOLA per l’educazione dell’infanzia Educazione scientifica per l’infanzia 1 Buon anno! L’accoglienza dei bambini stranieri Genitori e nonni “da inserire” settembre 2013 E D I T R I C E LA SCUOLA Il Pittosauro (MVIXXSVIWGMIRXM½GS 1ERYIPE'ERXSME Direttore responsabile )RRMS4EWMRIXXM Redazione +MSZERRE&VSXXS Impaginazione /E'SQQYRMGEXMSRWMX Segreteria %RREPMWE&EPPMRMWQEX$PEWGYSPEMX Area web Supporto tecnico [email protected] 8IP 4VSKIXXSKVE½GS 7XYHMS1M^EV&IVKEQS Copertina e area web 4VSKIXXE^MSRIIWZMPYTTS)HMXVMGI0E7GYSPE 9J½GMSEFFSREQIRXM [email protected] XIP GSR STIVEXSVI RIM KMSVRM JIVMEPM HEPPI SVI EPPIHEPPI EPPI WIKVIXIVMEXIPIJSRMGERIMKMSVRMJIWXMZMIEPXVMSVEVM*E\ Quote di abbonamento %FFSREQIRXSERRYS-XEPMEº )YVSTEI&EGMRSQIHMXIVVERISº 4EIWMI\XVEIYVSTIMº -PTVIWIRXIJEWGMGSPSº 'SRXSGSVVIRXITSWXEPIR RFVMTSVXEVIRIPPEGEYWEPIMPVMJIVMQIRXSGPMIRXI -RJSVQMEQS GLI P´IHMXSVI WM VMWIVZE HM VIRHIVI HMWTSRMFMPM M JEWGMGSPM EVVIXVEXM HIPPE VMZMWXEMRJSVQEXSHMKMXEPI4(* 1IRWMPITIVP´IHYGE^MSRIHIPP´MRJER^ME¯%RRS¯RJEWGMGSPMEPP´ERRS (MVIXXSVIVIWTSRWEFMPI)RRMS4EWMRIXXM %YXSVM^^E^MSRIHIP8VMFYREPIHM&VIWGMERHIP 4378)-8%0-%2)7T%WTIHMR%4¯(0GSRZMR0R EVXGSQQE¯('&&VIWGME Direzione, Redazione, Amministrazione )(-86-')0%7'930%7T% :ME+VEQWGM¯&VIWGME GSHMGI½WGEPIITEVXMXE-:%R XIPGIRXV 9J½GMS1EVOIXMRK )HMXVMGI0E7GYSPEZME+VEQWGM &VIWGMEXIP TYFFPMGMXE$PEWGYSPEMX Stampa: :MRGIR^S&SRE7T%8SVMRS -QEXIVMEPMRSRVMGLMIWXMERGLIWIRSRTYFFPMGEXMRSRZIRKSRSVIWXMXYMXM +PMEVXMGSPMRSRVMGLMIWXMRSRWSRSGSQTIRWEXM In copertina:MPPYWXVE^MSRMHEEVGLMZM-'4SRPMRI (MWIKRM%RXSRKMSREXE*IVVEVM0YGE(I7ERXMW Contiene IP -HMVMXXMHMXVEHY^MSRIHMQIQSVM^^E^MSRIIPIXXVSRMGEHMVMTVSHY^MSRIIHMEHEXXEQIRXS XSXEPISTEV^MEPIGSRUYEPWMEWMQI^^SGSQTVIWMMQMGVS½PQWSRSVMWIVZEXMTIVXYXXMM 4EIWM0IJSXSGSTMITIVYWSTIVWSREPIHIPPIXXSVITSWWSRSIWWIVIIJJIXXYEXIRIMPMQMXMHIP HMGMEWGYRZSPYQIJEWGMGSPSHMTIVMSHMGSHMIXVSTEKEQIRXSEPPE7-%)HIPGSQTIRWS TVIZMWXSHEPP´EVXGSQQMIHIPPEPIKKIETVMPIR0IVMTVSHY^MSRMIJ JIXXYEXITIV½REPMXkHMGEVEXXIVITVSJIWWMSREPIIGSRSQMGSSGSQQIVGMEPISGSQYRUYI TIVYWSHMZIVWSHEUYIPPSTIVWSREPITSWWSRSIWWIVIIJJIXXYEXIEWIKYMXSHMWTIGM½GE EYXSVM^^E^MSRIVMPEWGMEXEHE%-(63'SVWSHM4SVXE6SQERER1MPERSI QEMPWIKVIXIVME$EMHVSSVKIWMXS[IF[[[EMHVSSVK La rivista è peer rewied. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) ritagliami - ricalcami - aggiungi dei disegni sopra gli sfondi - colorami - ricostruisci la sequenza delle immagini e prova a scambiarle, a ruotarle, a espanderle - racconta la storia Curatore “Quadrante” 1EVMS*EPERKE LA FERMATA Comitato esperti 1MGLIPI%KPMIVM%PIWWERHVS%RXSRMIXXM%RHVIE&SFFMS6SWERRE'IGGEXXSRM7SRME 'PEVMW1EVMERKIPE'SPSQFS-XEPS*MSVMR4EXVM^ME+VEREXE1EMPE7TMPPIV © 2013 Guido Morelli http://pittoscritture.blogspot.com sommario Didattica ed esperienze Editoriale Buon viaggio! Anno nuovo, vita nuova 5 Manuela Cantoia 13 Sandra Brambilla sezione primavera Elisa Passerini 15 Il sé e l’altro Un mondo… diritto! Caterina Martinazzoli 18 Il corpo e il movimento Un po’ di… psicomotricità Chiara Andronio 21 Immagini, suoni e colori A scuola di media Michele Aglieri, Alessandra Carenzio, Giulio Tosone 25 MusicaScenica Maria Grazia Bellia 28 La città che vorrei Erika Cunja 32 I discorsi e le parole I discorsi e le parole Antonella D’Ambrosio 37 La conoscenza del mondo Focus Meno Buon Quando le domande si fanno esperienza 5… 4… 3… 2… 1… Eleonora Belli, Chiara Sacchi anno! 7 Patrizia Granata L’accoglienza dei bambini Genitori 9 e nonni “da inserire” Manuela Cantoia Come immagini che succeda? Elena Ferrari 44 Religione cattolica stranieri Claudia Ermetici 40 Il sì di Maria Silvia Manzoni 47 English Lab 11 Incontriamo una nuova lingua Haidi Segrada 51 Educazione alla teatralità Teatro ed educazione Gaetano Oliva 55 Creatività Il cucchiaio e la forchetta Milena Bartolomei 58 Imparare ad imparare Impara come se dovessi vivere per sempre Monica Oppici 62 Documentazione Documentare alla Scuola dell’Infanzia Sonia Claris 2 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 66 sommario dossier Educazione scientifica per l’infanzia a cura di Enrica Giordano 69 Spazio libri Storie del fare e del rifare Laura Colizzi 90 Mondo scuola Si può fare C'è sempre tempo per cambiare Mariella Bombardieri 91 Una lente curiosa Osservando e… curiosando Simona Ruggi, Monica Gatti 93 A che gioco giochiamo? Lasciare tracce con il gioco Massimiliano Andreoletti 95 Mettiamo in pratica "Mettiamo in pratica”: protagoniste le scuole Manuela Mistri 96 Professioni di scuola Dirigere e coordinare alla scuola dell’Infanzia Sonia Claris 98 Cronache di scuola Com’è andata la giornata? Letizia Carrubba 99 Tutti a scuola L’integrazione scolastica Mariateresa Cairo, Caterina Martinazzoli 101 News dalla ricerca Emozione e cognizione Michela F. Mancini 103 Quadrante Obiettivo salute Angioedema ereditario 105 Silvia Riva Associazioni di scuole autonome (Asa) 115 Mario Falanga Dalle scuole I News giochi cooperativi L’unione Benessere fa la forza Serena Rivolta commento a cura di Luca Morganti n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 107 L’Italia dei bambini è 22esima su 29 Paesi Maurizio Landi 118 3 editoriale Manuela Cantoia Anno nuovo, vita nuova ome molti, anche io ho l’abitudine di scandire il calendario in base ai tempi della scuola, per questo motivo sento molto il fermento e la sensazione di nuovo inizio che il mese di settembre porta con sé. Ogni anno tutti i collaboratori si incontrano per scambiare idee, riflessioni e proposte. È bello quando in un gruppo di lavoro, pur nelle singole specificità, ci si ritrova a convergere, in modo tanto naturale quanto accorato, sugli stessi obiettivi. Quest’anno, abbiamo preso atto che nei racconti che ciascuno riportava ricorreva il tema di un’identità forse non ancora pienamente condivisa né all’interno, né all’esterno e l’attenzione di tutti si è spontaneamente catalizzata sul senso della scuola dell’Infanzia. Quando si inizia a confrontarsi sui grandi numeri, salta subito all’occhio l’eterogeneità delle modalità didattico-educative adottate nelle diverse realtà scolastiche lungo tutto il territorio nazionale. In modo forse un po’ riduttivo, si potrebbe sintetizzare dicendo che si passa dall’incontrare realtà più coese quanto a visioni, obiettivi e modi, a realtà meno strutturate e compatte nelle quali le differenze generazionali, di esperienza, di formazione, di ruolo non rappresentano una spinta alla crescita, quanto piuttosto una barriera a volte frustrante. Ci sono sezioni nelle quali si privilegiano l’eterogeneità delle esperienze e la sperimentazione, altre che puntano sui contenuti; sezioni che investono sulla creatività piuttosto che sulla strutturazione delle attività e dei materiali; sezioni nelle quali si deve programmare all’inizio dell’anno e sezioni che invece riprogrammano continuamente di mese in mese; sezioni con modalità più ludiche e realtà nelle quali si strizza talvolta un po’ troppo l’occhio alla scuola Primaria (adozione di libri di testo, quaderni, astucci, file di banchi, lavagne, ecc.). Fermo restando che tutte le professionalità che si incontrano a scuola mirano al bene dei bambini (seppur talvolta con livelli di consapevolezza differenti), occorre distinguere tra il valore aggiunto che la ricchezza di pensieri e stili differenti può garantire, in termini di apertura e crescita, e la centralità del riconoscimento e della valorizzazione di una specificità dei modi di imparare e relazionarsi tra i due e i sei anni. Nella percezione di molte famiglie, questa età è spesso vista come una sorta di fase di gioco e socializzazione, scandito da “simpatiche attività manuali”, in attesa di occupazioni più serie, veramente “scolastiche”. Il fatto stesso che l’accesso e l’uscita dalla scuola dell’Infanzia siano così “flessibili”, ci dice di una diffusa dis-percezione quanto al valore dei suoi obiettivi educativi e dei tempi necessari per realizzarli: servono davvero tre anni o in fondo ne possono bastare due? Nel caso, si potrebbero prolungare a quattro? Forse davvero il consolidamento di una cultura della scuola dell’Infanzia deve rimanere sempre un obiettivo rispetto al quale non abbassare mai la guardia: bisogna continuare a investire sull’importanza di condividere con le famiglie il significato del POF e della programmazione; spiegare l’articolazione delle Indicazioni Nazionali; ribadire l’importanza di quel lavoro di “valutazione” che non si traduce in voti, ma in osservazione e monitoraggio dei cambiamenti e delle evoluzioni di ogni bambino; parlare delle riunioni di intersezione, degli incontri con gli specialisti e dei corsi di aggiornamento dopo l’orario scolastico che contribuiscono ad arricchire la professionalità delle maestre. Non volendo fermarsi alle semplici riflessioni, ma piuttosto accompagnare i lettori nell’im- C n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 5 editoriale pegno di tradurre le parole in fatti, “Scuola Materna” ha deciso di investire sulla valorizzazione del senso della scuola dell’Infanzia, proponendo tante nuove rubriche. Per incominciare, quest’anno ci concentreremo sul “fare a scuola” a 360°, proponendo una sezione di “Didattica ed esperienze” che oltre ai tradizionali contributi suddivisi per campi d’esperienza, offra proposte per l’inglese, l’educazione alla teatralità, la filosofia per i bambini, le attività e tecniche creative, insieme alla documentazione e l’imparare a imparare. La centralità delle scelte delle maestre va rispettata riconoscendo per esempio il diritto di decisione su come impostare il lavoro e su quale spazio dedicare ad ogni singola opportunità (didattica quotidiana o laboratorio), poiché solo chi è in classe conosce le necessità e i tempi dei propri bambini. La sezione “Mondo scuola” ci aiuterà a respirare una boccata di positività con le testimonianze di successi raggiunti grazie alla costruttiva collaborazione tra maestre, bambini e famiglie (“Si può fare”), per ribadire l’importanza del reciproco sostegno, nel rispetto dei propri ruoli. Sono invece dedicate all’arricchimento della professionalità docente le rubriche sull’osservazione in classe (“Una lente curiosa”), sull’analisi pedagogica delle attività ludiche (“A che gioco giochiamo?”), sulla gestione dello spazio sezione, sugli aggiornamenti dal mondo della ricerca internazionale. Sempre in questa sezione, troveranno per la prima volta spazio una rubrica sulla scuola vista dal punto di vista delle famiglie (“Cronache di scuola”) e una che alternerà la voce di dirigenti e coordinatrici a quella delle maestre (“Professioni di scuola”). Ogni mese ci sarà un nuovo dossier di approfondimento su temi segnalati o richiesti dai lettori: l’educazione alle scienze, la logopedia e lo sviluppo del linguaggio, l’educazione ambientale, le famiglie separate, ecc. Infine, per mettere in risalto e condividere le “buone prassi” e il lavoro realizzato dalle maestre in autonomia o con la supervisione di qualche esperto, molto più spazio verrà dato alla documentazione e alle riflessioni proposte dai lettori (“Dalle scuole”). Anche il nostro sito (www.lascuola.it nella sezione “RIVISTE”) si aggiorna con contenuti originali che non ritroverete sulle pagine della rivista, la possibilità di scaricare materiali inerenti le proposte didattiche e tante altre sorprese. Non mi dilungo oltre e vi lascio scoprire in prima persona tutte le novità, nella speranza che il frutto del nostro impegno, nel suo piccolo, possa aiutarvi ad affrontare al meglio questo nuovo anno. L’invito a tutti è di lasciarsi coinvolgere dall’entusiasmo che la redazione mette nel proprio lavoro e parteciparvi anche in modo più diretto, inviando testimonianze ed esperienze ([email protected]). Buon anno e buon lavoro a tutti voi! e la redazione di “Scuola Materna” P.S. Vi aspettiamo tutti a Brescia il prossimo 5 ottobre per festeggiare la svolta dei 100 anni con una ricca giornata insieme! )HTIPUV ZL[YV]PS»HX\PSVULKLSSH[\HMHU[HZPH SLNHSVJVUS»PU[LSSPNLUaHKLSJ\VYL =LKYHPZVYNLYLNPHYKPUPPUJHU[H[P L[\HTHKYLKP]LU[LYn\UHWPHU[H JOL[PJVWYPYnJVUSLZ\LMVNSPL -HKLSSL[\LTHUPK\LIPHUJOLJVSVTIL LWVY[PUVSHWHJLV]\UX\L LS»VYKPULKLSSLJVZL 4HWYPTHKPPTWHYHYLHZJYP]LYL N\HYKH[PULSS»HJX\HKLSZLU[PTLU[V A. Merini 6 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Patrizia Granata* Meno anno! uguri, in bocca al lupo, buon inizio… parole che caratterizzano l’inizio del nuovo anno. Solare? No, scolastico!! Che sia per tutti una festa quando finisce non c’è dubbio, bambini stanchi e con tanta voglia di vacanza e di famiglia, insegnanti con le pile scariche, voglia di staccare, di recuperare. I bambini durante l’anno assorbono tutte le energie alle loro educatrici e durante l’estate è necessario ricaricare quelle ipotetiche pile che sono energia fisica, psichica ed emotiva. Anche se sono certa che un’educatrice, una maestra di scuola dell’infanzia non si stacchi mai veramente dal suo mondo, fatto di bambini, di colori, di suoni, e di idee. Le vacanze, qualsiasi esse siano, diventano per le maestre di scuola dell’infanzia fonte di idee, di riflessione di creatività… quante volte abbiamo sentito la frase “che bell’idea per il prossimo anno da fare a scuola”. Prendono spunti, fotografano per ricordare, si fermano a pensare. Il programma, i curricoli, li conoscono bene ma non basta perché lavorare nella scuola dell’Infanzia non è solo un lavoro, anzi direi che lo è solo in minima parte. Infatti, quando chiediamo a qualcuno che lavoro fa, la maggior parte delle persone risponde: lavoro in…, oppure faccio…, l’educatrice risponde: sono un’educatrice di scuola dell’Infanzia, e pertanto il mio essere non va mai in vacanza, o meglio la vacanza mi aiuta a ritrovarmi come educatrice sia nelle cose da fare, che nel mio essere. Perché questo essere significa essere una persona speciale, essere una persona che ha delle qualità che non si possono studiare, che non si possono comprare, una persona è o non è educatrice. Detto ciò è chiaro che il sapere cosa fare durante l’anno non è sufficiente, è necessario lavorare sul come fare, sulle attività, sul materiale, sulle motivazioni. Per rendere ogni anno diverso da un altro. Terminate le vacanze la voglia di ricominciare, la voglia di rivivere giorno dopo giorno le emozioni che un bambino sa dare, la voglia di trovare qualcosa di originale che ci metta in gioco per non A essere ripetitivi, perché essere educatrice significa anche divertirsi. In una società che ha poco “posto” per i bambini, la scuola acquisisce un’importanza ancora più grande, i bambini hanno la possibilità di diventare grandi grazie al lavoro che svolgono con le educatrici, con i compagni, con le esperienze dentro e fuori dalla scuola. Esperienze di vita vera, esperienze di sorrisi e pianti, di rabbia e di gioia, di paure e coraggio, una scuola dove non conta solo il fare ma anche, e vorrei dire soprattutto, l’essere. Essere persona fatta di emozioni, reazioni, pregi e difetti, che si sta formando, che ancora non si conosce, che evolve giorno dopo giorno per diventare un uomo o una donna. E chi non porta nel cuore la “maestra” della scuola dell’Infanzia? Lei che asciuga le lacrime, che copre la pancia dopo essere andati in bagno, che prende per mano, che parla, che ride, che canta, che rimprovera, che dà regole, che aiuta in quella che è la crescita? Essere educatrice oggi significa lasciare non il segno ma un segno, un segno indelebile che ci indica la strada, la buona strada da Focus Buon 5… 4… 3… 2… 1… Patrizia Granata * Dirigente scolastico, docente a contratto Università di Padova e Pedagogista clinico n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 7 Focus percorrere per diventare “grandi”, la strada giusta, equilibrata, dove i no hanno lo stesso valore dei sì, dove le regole ci fanno camminare sicuri, dove lo sguardo ti fa sentire importante. Ed ora, che sta per iniziare un nuovo anno scolastico e ci siamo ricaricate le pile abbiamo mille cose a cui pensare, mille cose da organizzare, ma dobbiamo prima di tutto pensare a come rendere accogliente la nostra scuola, proprio come ad una festa si prepara la sala per accogliere gli invitati, noi abbiamo molte sale da preparare e i nostri invitati sono davvero speciali. La nostra scuola deve essere accogliente, deve parlare ai nostri amici, deve rassicurarli, perché per loro inizia un anno fatto di rinunce, di mamma e papà, e di scoperta, di curiosità, di amici, di crescita. E noi siamo lì al loro fianco, sempre pronti a sorreggerli, con parole, gesti, abbracci, ma se attorno a noi tutto è pronto il lavoro è più fluido, più concreto, possiamo dedicarci a loro senza ansie e preoccupazioni. L’educatrice, l’ingegnere della vita umana, è una grande professionista. Parla di progettazione, di programmazione, di documentazione, di griglie di osservazione. Fa incontri, colloqui, ma la cosa più importante che fa è far crescere i bambini. Per i genitori molto spesso i loro bambini diventano parte di una sezione, diventano un colore, un nome di animale, ma per le educatrici sono molto di più, sono delle persone, con delle caratteristiche che li rende unici e irripetibili. Hanno delle emozioni che vanno lette, colte ed educate. Hanno dei bisogni, piccoli o grandi, che vanno soddisfatti. È una festa impegnativa, è una festa continua e sempre nuova. Ed è proprio qui che si evidenzia la grande professionalità: essere sempre nuovi, rinnovati e rinnovabili. Essere educatrice significa non arrivare mai, essere in continua trasformazione, in continuo cambiamento perché i bambini ci portano ad essere nuovi e a crescere con loro nella capacità di entrare in empatia con il loro vissuto Con questi presupposti come può un’educatrice non aver voglia di festeggiare l’inizio di un nuovo anno scolastico, di una nuova storia, di un nuovo filo conduttore, di un nuovo sfondo integratore? Di un nuovo amico, di un nuovo protagonista, di un ambiente marino, di un bosco, di nuova musica, di nuovi colori, di giochi ed emozioni? Lei non è protagonista di nulla, ma è colei che restando nell’ombra, restando nascosta governa tutto, e fa in modo che nulla intralci il percorso di ogni bambino, è la regista del film più importante: la vita. Settembre, sta per iniziare un nuovo anno, e allora si pensa a come saranno cresciuti i bam- 8 bini dell’anno passato, si pensa a come saranno i bambini che per la prima volta si approcciano al mondo della scuola. Si pensa alle colleghe, che grande risorsa! Infatti non si è soli ad organizzare l’anno che sta per cominciare, per fortuna al nostro fianco abbiamo delle colleghe che come noi hanno scelto di essere educatrici, e insieme si fa squadra, non per giocare ma per vincere. E i bambini hanno bisogno della squadra che è intesa, che è sintonia, che lavora unita per far crescere in modo equilibrato ogni singolo bambino. E il successo c’è quando nella squadra si coglie la voglia, il desiderio di partecipare a questa grande festa. Che gioia, che emozione organizzare ogni minimo particolare del nostro piccolo grande paradiso. Dovremmo trascorrere un intero anno assieme e lavorare con un unico scopo, dovremmo superare difficoltà, critiche, disequilibri, ma se la squadra sarà unita potremmo vacillare ma non cadere, nemmeno di fronte a coloro che molto spesso risultano essere l’intralcio maggiore: i genitori. Genitori apprensivi, genitori spaventati, genitori esigenti, iper critici, genitori che vogliono insegnarci a fare il nostro mestiere, genitori diffidenti, quanta mediazione deve caratterizzare le educatrici, quanta sicurezza e autorevolezza. Si insegnano le regole ai bambini che in fretta accettano e provano a rispettare, ma i genitori a volte non collaborano, e non rispettano gli orari, e non portano il certificato, e portano dieci caramelle solo per gli amici ….e … e le educatrici devono essere sempre pronte ad educare grandi e piccini, maestra, insegnante… educatore colei che riesce a tirar fuori il meglio da ogni persona, in ogni situazione, colei che riesce sempre a far restare la scuola un ambiente sereno e gioioso, perché concentrata sui bisogni dei bambini. E poi, arrivano le gratificazioni, in modo più o meno diretto, arrivano i grazie detti o sottesi, dei bambini e dei genitori che si accorgono del lavoro svolto, della fatica, ma soprattutto dell’amore con cui ci si è dedicati ai loro bambini. E con questa gioia, con questa carica si iniziano a contare i giorni che mancano perché questa grande festa abbia inizio, perché siano stati curati tutti gli aspetti dell’accoglienza, perché ogni cosa sia al suo posto, un posto silenzioso, un posto con colori spenti, un posto che aspetta di prendere voce e colore con le voci e gli occhi dei bambini, allora si apre la scuola, allora si vive la scuola, tra gli echi di chi in modo diverso dice al mondo ci sono anch’io e sono qui perché voglio diventare grande. “E tu MAESTRA aiutami a fare da solo!!!!” (M. Montessori). n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Claudia Ermetici* L’accoglienza dei bambini stranieri con nuove categorie culturali di riferimento. Esistono differenti tipologie di migrazione: il progetto migratorio vero e proprio, il ricongiungimento, la richiesta di status di rifugiato politico. Ogni tipologia presenta caratteristiche specifiche, ma qualsiasi storia di migrazione rappresenta sempre un evento potenzialmente traumatico, in cui sono presenti vissuti di rottura e forte stress. Il migrante si trova a vivere tra due mondi, quello che ha lasciato e quello in cui si trova. La migrazione, inoltre, è spesso utilizzata come soluzione a problemi personali nel paese d’origine e, talvolta, comporta disillusione e delusione. Le più recenti ricerche in ambito etnopsichiatrico hanno riscontrato la presenza in numerosi migranti di un vero e proprio “trauma migratorio” che può implicare disorientamento, perdita dell’autostima, paura e diffidenza verso il mondo esterno sconosciuto, nostalgia e idealizzazione del paese d’origine, malessere generalizzato. In questo contesto, i bambini rappresentano una categoria particolarmente a rischio. Un bambino straniero, infatti, può provare un senso di solitudine e sradicamento, dovuto alla perdita dei legami transgenerazionali e di quella che Marie Rose Moro definisce la “culla culturale”, ossia l’insieme di relazioni, ambienti, sensazioni tipiche della propria cultura d’origine che accompagnano i primi anni di vita. Spesso la forte angoscia dei genitori può portare alla comparsa, negli stessi o nei figli, di rigidi meccanismi di scissione, con una netta separazione tra passato e presente. È possibile che il piccolo migrante sperimenti una vera e propria crisi d’identità, legata alla sensazione di essere diverso, sia rispetto ai coetanei che ai genitori. Una parte essenziale della culla culturale propria di ogni bambino è rappresentata dalla lingua d’origine. Il linguaggio, infatti, non deve essere considerato solamente un canale attraverso cui scambiare informazioni ma soprattutto un veicolo di una serie di significati affettivi. La lingua ha le sue profonde radici nell’inconscio, in quanto si sviluppa a par- Focus l fenomeno migratorio in Italia è sempre più massiccio e variegato. Secondo i dati dell’UNICEF attualmente nel nostro Paese è presente quasi un milione di stranieri e molti di loro sono minori. Per quanto riguarda la situazione della scuola, secondo quanto riportato dai più recenti dati ISTAT relativi all’anno 2011, i bambini stranieri che frequentano la scuola dell’Infanzia costituiscono l’8,6% sul totale degli iscritti, nella scuola Primaria la percentuale sale al 9%, mentre nelle scuole secondarie di primo grado si registra un 8,8% e nelle scuole secondarie di secondo grado si scende al 5,8%. Diventa quindi inevitabile interrogarsi su quale accoglienza venga fornita a questi bambini nei servizi per l’infanzia, quali difficoltà incontrino gli operatori nella relazione con i minori stranieri e le loro famiglie, con particolare riferimento al linguaggio, e, infine, quali strategie e risposte si possano mettere in campo. Per rispondere a tali quesiti occorre, innanzitutto, avvicinarsi ad una comprensione più profonda del fenomeno della migrazione. La migrazione è un evento non solo fisico, ma anche psicologico che implica sia un allontanamento concreto dal proprio paese nativo, sia una rottura con la propria cultura d’origine e l’inevitabile confronto I Claudia Ermetici * Psicologa dell’età evolutiva n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 9 Focus tire da suoni, rumori e sensazioni sperimentati nei primi anni di vita. Pogue Harrison sottolinea l’importanza della lingua che viene trasmessa da una generazione all’altra, in quanto veicolo di una vera e propria eredità culturale. In conclusione si può affermare che il concetto di lingua è ampio e articolato, in quanto comprende non solo aspetti fonetici, ma una dimensione psichica più profonda e complessa. Occorre, di conseguenza, fare riferimento a questi concetti quando si ha a che fare con bambini migranti che non parlano la nostra lingua. Nelle ricerche di psicologia transculturale vengono individuati tre momenti in cui i minori sono maggiormente vulnerabili: il primo anno di vita, l’ingresso nel circuito scolastico, l’adolescenza. La scuola materna rappresenta spesso per le famiglie migranti la prima occasione d’incontro con le famiglie italiane e i servizi. Di frequente da parte dei genitori c’è un forte investimento, ma anche una certa ambivalenza rispetto alla scuola, considerata come un’occasione di riscatto nella migrazione, ma, allo stesso tempo, come qualcosa che allontana i figli da sé e dalla propria cultura. Può capitare, poi, che per genitori che provengono da contesti molto diversi e lontani rispetto al nostro, sia difficile confrontarsi con modelli culturali e di apprendimento differenti. Date tali premesse, appare quindi scontato come sia fondamentale attuare dei percorsi di accoglienza e integrazione ma, per far ciò, occorre interrogarsi preliminarmente sul significato di queste parole. Innanzitutto, bisogna precisare come l’integrazione si snodi lungo un continuum in cui possono essere individuate situazioni di solitudine, separazione, assimilazione e marginalizzazione. La vera accoglienza richiede la costruzione di “ponti”, ossia di legami tra culture diverse che permettano un processo definito dalla Moro “meticciamento” e che implica l’essere visto e valorizzato nella propria alterità. L’integrazione avviene anche a partire dalla lingua. Molto spesso un problema con cui si confrontano gli operatori della scuola dell’Infanzia è proprio quello di come comunicare con i bambini stranieri e di quali indicazioni dare ai loro genitori, che talvolta non parlano la lingua del paese di emigrazione o ne hanno una conoscenza di base. Talvolta le insegnanti esortano i genitori migranti a parlare ai loro figli in italiano, ma, se la loro conoscenza non è adeguata, il rischio è che vengano trasmessi errori linguistici e imprecisioni. Inoltre, è importantissimo che ai bambini sia tramandato il linguaggio che i genitori considerano come proprio, in quanto la lingua madre rappresenta una base sicura su cui poter imparare una seconda lingua. In secondo luogo, la trasmissione della lingua madre è fondamentale per favorire il passaggio di legami e relazioni. I bambini 10 che frequentano la scuola dell’Infanzia sono perfettamente in grado di apprendere e parlare lingue diverse in contesti diversi ed è ormai risaputo che conoscere più di una lingua apporta vantaggi cognitivi e un aumento dell’autostima. Talvolta può verificarsi la situazione per cui il bambino non parla o non capisce la lingua del genitore e questo è segno di una grave disfunzione, in quanto, come spiega Malika Bennabi, la non trasmissione di una lingua implica una negazione di una parte di sé. Sarebbe necessario, a questo proposito, un lavoro di prevenzione da parte degli operatori dei servizi per l’infanzia sul valore del bilinguismo. La scuola Materna non è solo un luogo di apprendimento e di formazione ma è soprattutto una fondamentale agenzia di socializzazione, responsabile dello sviluppo sociale, affettivo e relazionale dei bambini. Di conseguenza, è essenziale che la scuola dell’Infanzia diventi protagonista della costruzione di relazioni con le famiglie immigrate, attraverso momenti di negoziazione, di confronto e di condivisione. Per far ciò sarà cruciale promuovere una cultura della “diversità” e di prevenzione dell’emarginazione, a partire dalla questione linguistica. Le insegnanti potranno far ciò predisponendo una serie di attività che valorizzino la cultura di appartenenza di ciascun bambino scoprendone, ad esempio, le ninne nanne, i giochi, i cibi e le tradizioni e condividendole con tutti i bambini e le loro famiglie. Essenziale sarà l’accoglienza della famiglia del bambino, in un’ottica di accettazione e apertura, di superamento delle differenze linguistiche e culturali, valorizzando ciò che il bambino vive nel proprio nucleo familiare, senza il timore che ciò influenzi negativamente il percorso scolastico. Le famiglie straniere dei bambini della scuola dell’Infanzia vanno incoraggiate a comunicare col proprio bambino nella lingua madre, rassicurandole che ciò non limiterà l’apprendimento dell’italiano. In questo modo sarà valorizzata l’identità culturale del minore e gli sarà fornito una sorta di “contenitore” che lo aiuti ad orientarsi e a definirsi, arricchendo l’intero gruppo in cui il bambino è inserito. per approfondire M. Bennabi, Le difficoltà di apprendimento del bilinguismo come indicatore del disagio dei bambini e degli adolescenti migranti, Coop. Soc. Crinali, Milano 2006. M.R. Moro, Bambini immigrati in cerca di aiuto, UTET, Torino 2005. R. Pogue Harrison, Il dominio dei morti, Fazi, Roma 2004. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Manuela Cantoia* Genitori e nonni “da inserire” Partiamo proprio da questo punto con un paio di scenari possibili: nel POF si legge che è previsto un percorso di psicomotricità con una specialista. Bene, il genitore è informato circa l’organizzazione del tempo scuola, ma forse poco coglie degli obiettivi e dei livelli di competenza sui quali questo percorso vuole investire. Un altro esempio: nel POF si riporta che le attività sono impostate in modo ludico perché per i bambini l’esperienza del gioco è fondamentale. Anche in questo caso la lettura potrebbe fermarsi al piano più superficiale: “È importante che i bambini giochino”. Sì, è vero, ma lo è non semplicemente perché si divertano, quanto perché giocando imparano con ricadute su tutte le dimensioni del loro sviluppo (motorio, cognitivo, emotivo, sociale, ecc.). Aiutiamo i genitori a maturare un pensiero mediolungo: quale apprendimento volete per i vostri figli? Quale scuola? In occasione della prima riunione di sezione, distinguiamo insieme i tanti tipi di apprendimento necessari alla crescita (si impara a fare, a dire, a pensare, a essere, ecc.) e le tante strade per realizzarli. Oggi le famiglie hanno le esigenze più disparate: chi richiede l’inserimento in corso d’anno; chi non si fa mai vedere; chi tenta di modificare la routine Focus gni anno, l’arrivo in sezione di tanti bambini porta con sé l’incognita del gruppo che si verrà a creare, delle reazioni e dei tempi dell’accoglienza. Spesso la programmazione è stata abbozzata dall’estate, quindi pian piano gli spazi vengono “vestiti” con tracce del nuovo sfondo integratore o del progetto, che dopo le attività dell’accoglienza inizieranno finalmente a svelarsi. Il primo giorno di scuola è una gran festa, in un clima generale di rimpatriata. I genitori salutano le maestre con affetto, anche se, malgrado la circolare inviata per e-mail da qualche giorno, hanno già dimenticato gli orari e gli impegni della prima settimana (“C’è subito la mensa? I materiali quando si portano?”). Per fortuna una copia dell’avviso è già appesa nel corridoio principale e sulla porta della sezione… E pensare che questi genitori hanno già fatto uno o due anni di scuola dell’Infanzia: immaginate quelli nuovi come saranno da seguire! Otto anni fa nel primo numero dell’anno scrissi un articolo dal titolo L’inserimento dei genitori, un argomento sempre attuale ripropostomi proprio qualche mese fa, quando una maestra ha commentato sconsolata: “Ci vorrebbe un manuale delle istruzioni…”. Detto fatto, iniziamo a buttare giù delle idee, questa volta coinvolgendo anche la figura dei nonni, sempre più presenti nella vita scolastica dei bambini. Che cosa dovrebbero assolutamente sapere i genitori per iniziare bene l’avventura della scuola dell’Infanzia? Precisiamo: ogni scuola consegna il POF e lo illustra già dall’open day, o nel corso dell’incontro per i nuovi iscritti. Probabilmente gli aspetti di conoscenza che restano più lacunosi non riguardano tanto i fondamentali dell’impostazione pedagogica o dell’organizzazione dei tempi, quanto due opposti fronti: da un lato la quotidianità spicciola dei piccoli gesti e della collaborazione che facilita la vita e distende i rapporti tra scuola e famiglia; dall’altra la consapevolezza del senso e del valore profondo di ciò che la scuola propone e offre giorno dopo giorno ai bambini. O Manuela Cantoia * SPAEE (Servizio di Psicologia dell’apprendimento e dell’educazione), Università Cattolica, Milano n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 11 Focus di lavoro “suggerendo” di continuo iniziative, materiali, attività; chi pretende che a scuola si “produca”; chi misura la qualità della scuola in base alla presenza di una Lim o di un corso di inglese; chi decide di anticipare l’iscrizione alla Primaria, poi cambia idea e lascia che sia la maestra a spiegarlo al bambino; chi decide di anticipare e chiede che a metà anno il figlio cambi gruppo di lavoro per raggiungere i “grandi”. Concediamoci uno sprazzo di iperbolica provocazione: verosimilmente, nessun genitore si sognerebbe mai di andare da un professore delle medie per chiedere di passare il figlio direttamente alla classe successiva, solo perché lo vede più “avanti” dei compagni o annoiato dalle attività proposte. Forse alla scuola dell’Infanzia alcune famiglie si comportano in questi modi perché non colgono il valore della progettazione educativa e didattica; forse proprio per questo stesso motivo tendono ad instaurare rapporti quasi amicali con le maestre, dimenticando talvolta di rispettare i confini dei rispettivi ruoli. Forse è sempre per questo motivo che sembra che alla scuola dell’Infanzia le assenze non contino e non abbiano una ricaduta sull’apprendimento, la socializzazione, il sentirsi parte del gruppo. Prendersi un po’ di tempo per condividere il valore dell’esperienza della scuola dell’Infanzia nello sviluppo di un bambino “competente” su più fronti, ma soprattutto che si percepisce lui stesso come competente, è un investimento che sicuramente darà i suoi frutti. Sul fronte della quotidianità, proviamo a mettere in luce una serie di priorità: sL’unione fa la forza: l’idea è che ci siano “tanti occhi su un unico bambino”. Solamente attraverso una comunicazione tempestiva e aperta è possibile agire sui bisogni reali del bambino alla luce di un quadro sempre aggiornato. È importante che le famiglie si sentano accolte, non giudicate, libere di poter parlare anche delle difficoltà passeggere che possono avere una ricaduta sui comportamenti del bambino. (SSHZJ\VSHKLSS»0UMHUaPHZPPTWHYHH¯ JVUKP]PKLYLPNPVJOPLPTH[LYPHSP" HZJVS[HYLLHZWL[[HYLPS[\YUVKPWHYVSH" \ZHYLSHMHU[HZPH" HUKHYLPUIHNUVKHZVSP" JHWPYLSLYLNVSLLYPZWL[[HYSL" SH]VYHYLPUZPLTLLZZLYL\UNY\WWV" HSSLUHYLSHTLTVYPH" YPJVUVZJLYLSLLTVaPVUP" HYYHIIPHYZPZLUaHWPJJOPHYLHIIYHJJPHYLZLUaHZ[YVa aHYL" YHNPVUHYLWVYZPKVTHUKL[YV]HYLYPZWVZ[LJHU[HYL" YPJVUVZJLYLLHJJL[[HYLSLKPMMLYLUaL 12 sTutti in classe: è fondamentale riuscire a far passare alle famiglie l’importanza dei momenti istituzionali (colloqui, riunioni, incontri, ecc.). Queste occasioni servono anche per permettere alle famiglie di conoscersi e confrontarsi. Detta l’importanza della partecipazione, bisogna però dire che certi incontri potrebbero essere gestiti in modo più efficace, per esempio evitando che le solite mamme prendano il sopravvento e monopolizzino gli interventi, fissando una scaletta di argomenti ben dettagliata, stabilendo in anticipo anche l’orario di chiusura (così tutti sanno regolarsi) e proponendo qualche piccolo stimolo di riflessione personale. s A domanda risposta: spesso è meglio una domanda sciocca, che un dubbio fastidioso. Negli anni di scuola avrete raccolto un inventario invidiabile di dubbi e richieste, nell’era del web, perché non riprendere la formula del FAQ (frequent asked question – domande frequenti) e preparare un elenco da distribuire? Potreste anche caricarlo sul sito della scuola o renderlo disponibile all’ingresso. s Rispetto per tutti: la scuola è per sua natura un luogo inclusivo in cui la diversità può essere vera occasione di crescita e ricchezza. Capita invece che siano proprio gli adulti ad avere comportamenti selettivi o a non rispettare le regole (orari, materiali richiesti, ecc.), per non parlare poi dello scarso rispetto per i compagni e la maestra stessa di chi manda i bambini a scuola con la febbriciattola, le croste non poi così secche o una tosse da paura… s Gli spauracchi delle maestre: tra le prime cose da spiegare ai genitori c’è senz’altro l’idea che ci siano domande che non vanno mai, proprio mai poste a una maestra! Ad esempio, invece di concentrare l’attenzione sull’alimentazione, le evacuazioni intestinali o la nanna, le mamme dovrebbero imparare a chiedere “Cosa avete fatto oggi di bello? Vi siete divertiti?”. Altra regola d’oro riguarda i momenti proprio no: mai distogliere una maestra dall’accoglienza del mattino, sta salutando i suoi bambini! Alla stessa stregua, mai monopolizzare l’uscita del pomeriggio, quando i bambini ancora in classe devono essere controllati. In quei momenti è concesso giusto un messaggio telegrafico di resoconto generale, il resto dovrà attendere sul quadernino delle comunicazioni o al colloquio. s Anche i muri parlano: la scuola si racconta e lo fa anche per i bambini che a casa non dicono nulla. Ogni attività e fase di lavoro è scandita da decorazioni tematiche (feste, stagioni, sfondi, ecc.), disegni, cartelloni, avvisi, pannelli, basta prendersi del tempo per leggerli, magari proprio insieme ai bambini. Continuiamo ad affrontare questo argomento sul sito… n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Sandra Brambilla* Buon viaggio! li insegnanti si accingono a ri-partire per un nuovo viaggio. Non sanno ancora cosa e chi incontreranno, quali eventi caratterizzeranno le loro giornate, né come si proporranno i bambini e le famiglie con le quali lavoreranno. C’è l’entusiasmo per tutto ciò che è novità, cambiamento e avventura. C’è anche la paura per ciò che ancora non si conosce, per gli eventuali imprevisti, i problemi che si incontreranno, le deviazioni del viaggio. Prepararsi per la partenza e pensare a cosa mettere in valigia è l’impegno di oggi. Si sa che non basta mai pre-vedere cosa potrà servire o accadere quando si ha a che fare con viaggi un po’ speciali come questi; ma si sa anche che l’attenzione al prepararsi al cammino, e immaginare possibili scenari, diventa straordinariamente efficace per ciò che riguarda l’accoglienza e il disporsi fiduciosi nell’esperienza di incontro con l’Altro, con la novità e con altri mondi. Didattica ed esperienze G La valigia dell’insegnante incoraggiante Quindi il focus di attenzione in questo momento è al prepararsi e i contributi che seguono offrono alcuni consigli proponendo strumenti utili da mettere, appunto, in valigia e da tirare fuori all’occorrenza; strumenti noti a chi da tempo lavora come insegnante, ma che forse hanno bisogno di essere rivisti, ripuliti e ripensati per essere nuovamente utilizzati. L’osservazione, la valutazione, la programmazione, la documentazione, la formazione e l’autoformazione sono gli attrezzi da lavoro della professione di quell’insegnante che si pone in un contesto di apprendimento privilegiando la dimensione costante della ricerca. “Insegnare il meno possibile, far scoprire il più possibile” è il monito, suggerito dal prof. Fiorin, che accompagna la lettura delle proposte didattiche di questo primo numero, per ricordare quanto la scuola abbia necessità di insegnanti ricercatori e “incoraggianti” come sostengono Franta e Colasanti. Ma chi sono questi insegnanti “incoraggianti”? Sono coloro i quali si pongono nel contesto educativo-didattico come mediatori delle emozioni; sono coloro i quali credono e propongono il principio per cui tutti nelle vita hanno sbagliato, sbagliano e possono sbagliare ancora. Sono quegli insegnanti che credono nel valore dell’errore e che usano proficuamente lo strumento della valutazione proprio per dar valore a quell’errore. Sono coloro i quali pongono, come primo obiettivo ad ogni intervento programmatico, quello del favorire nei bambini il miglioramento della stima di sé e della consapevolezza dei propri limiti, visti come risorsa e non come vincolo. In sintesi sono quegli insegnanti che assolvono pienamente il loro mandato di educatori. Sul piano della propria formazione, quegli insegnanti dovranno avere molto chiaro il concetto di competenza prima di mettersi all’opera e dovranno saper svolgere ruolo di facilitatori nei processi di apprendimento attraversati dai bambini. Gli insegnanti incoraggianti si impegnano a favorire la formazione di intelligenze capaci di risolvere problemi e trovare nuove soluzioni, pensando e guardando ai bambini come a futuri Sandra Brambilla * Formatore e consulente pedagogico per gli aspetti della relazione, del disagio e dell’inclusione sociale n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 13 cittadini del nostro mondo. Anche questo modo di vedere il proprio lavoro educativo-didattico rispetto ai bambini rientra nel pre-vedere, cioè nella capacità dell’insegnante di riuscire a lavorare con un approccio marcatamente pedagogico nel qui ed ora ma con uno sguardo responsabile e lungimirante sul domani. E a proposito di una “cultura dei diritti dell’infanzia”, che incontrerete nella lettura dei contributi che seguono, è proprio un diritto fondamentale dei bambini quello di avere intorno a loro adulti che si prendano cura di lui, dei suoi bisogni e delle sue aspettative, del suo sviluppo e della sua protezione, del suo divenire, appunto, cittadino del domani. Prima di partire raccomandiamoci alla Cura Didattica ed esperienze Dice Groenhout: “La cura è un lavoro difficile, ma è questo il lavoro che sostiene la vita. Che i caregivers, cioè chi pratica la cura, valorizzino la cura non è indice di una falsa visione delle cose né di mero romanticismo, ma di una riflessione fondata su ciò che vale nella vita”. Quando si pensa alla Cura, e al prendersi cura, per associazione il pensiero va quasi immediatamente all’immagine di una madre e del suo bambino. In una dimensione più ampia la genitorialità, nell’espressione delle sue molteplici funzioni, è quella che si mette in atto nel momento in cui s’intraprende una relazione volta al bene e alla crescita dell’altro. Queste funzioni genitoriali, presenti in ognuno di noi seppur sviluppate in modi differenti, guidano anche la passione e la motivazione dei docenti al continuare a credere e a voler dare il proprio contributo allo sviluppo e alla crescita di bambini e ragazzi. Nelle definizioni del “buon insegnamento”, l’impegno del prendersi cura dei bambini è fondamentale ed è una delle maggiori fonti di gratificazione in ambito lavorativo. Ma cosa significa prendersi cura dell’altro? Probabilmente molto di più che instaurare un rapporto. In per approfondire senso più ampio implica delle responsabilità sociali E. Catarsi, La nuova scuola dell’infanzia, Are morali e, per gli insegnanti che sostengono questa mando, Roma 1994. prospettiva più ampia (vedi Weinstein), il prendersi cura non si realizza solo tramite le relazioni interperE. Catarsi, L’insegnante sapiente e incoraggiante, sonali, ma anche attraverso il curricolo, la didattica Firenze University Press, Firenze 2010. e la gestione del gruppo dei bambini. Per esempio, I. Fiorin, La buona scuola, processi di riforma e affermano Francescato, Putton, e Cudini, prendersi nuovi orientamenti didattici, Editrice La Scuola, cura può anche comprendere l’impegno a creare un Brescia 2008. ambiente piacevole e ordinato, scandito da rassicuranti routine in cui i bambini possano imparare a D. Francescato, A.Putton, S.Cudini, Star bene stare bene a scuola. insieme a scuola, Carocci, Roma 2001. La cura, quindi, indipendentemente dal modo in cui H. Franta, A.R. Colasanti, L’arte dell’incoraggiasi attua, è fondamentalmente una pratica che mira a mento, Carocci, Roma 1991. precise finalità, cioè un agire in cui prendono forma pensieri ed emozioni (vedi Mortari). E.R. Groenhout, Connected Lives, Rowman & LitPrima di partire facciamo appello alla Cura, che ritlefield Publishers, Lanham (Md.), 2004, p. 117. manga faro e orientamento guida per ogni proposta L. Mortari, La pratica dell’aver cura, Mondadori, educativo-didattica, per ogni predisposizione degli Milano 2006, p. 30 sgg. ambienti di apprendimento, per ogni luogo di confronto e di parola nell’ambito della scuola. C.S. Weinstein, Come “prendersi cura” degli stuL’invito è, quindi, a prepararsi mettendo mano agli denti e mantenere l’ordine in classe: le opinioni strumenti da mettere in valigia alla luce della Cura e dei futuri insegnanti, in “Psicologia dell’educadi quella specifica dimensione dell’insegnante incozione”, vol. 1, n. 3, 1999, p. 281-299. raggiante che fa di questa professione una professione davvero speciale. Buon lavoro a tutti! 14 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) sezione primavera Giocomatica Progetto per l’acquisizione delle competenze numeriche Elisa Passerini* Premessa ¸.PVJV TH[LTH[PJH¹ u \U WYVNL[[V KP WYV[V TH[LTH[PJH YP]VS[VHPIHTIPUPKLSSHWYPTHLZLJVUKHPUMHUaPHKHP]LU[P X\H[[YVTLZPHPJPUX\LHUUP 5HZJLKHSSLJVUZPKLYHaPVUPZ\SSL\S[PTLZJVWLY[LPUJHTWV UL\YV ZJPLU[PÄJV JOL OHUUV TLZZV PU L]PKLUaH JVTL P IHTIPUP YPLZJHUV H WLYJLWPYL L THUPWVSHYL SH YLHS[n JOL SP JPYJVUKH PU [LYTPUP KP U\TLYVZP[n 3»LK\JHaPVUL TH[L TH[PJH PU X\LZ[H WHY[PJVSHYL MHZL L]VS\[P]H KL]L WHY[PYL KHSS»LZWLYPLUaHKPYL[[HKLPWPJJVSPJVUZPKLYHUKVJVZHLZZP ZHUUVMHYLWLYZVZ[LULYLLZ]PS\WWHYLULSTVKVTPNSPVYLSL SVYVJVTWL[LUaLZVZ[LULUKVSHJ\YPVZP[nLSHTV[P]HaPVUL ZWVU[HULH HK HWWYLUKLYL L HK HJX\PZPYL U\V]L JVTWL [LUaL(MÄUJOtJP~ZPHWVZZPIPSLuULJLZZHYPVJVUKP]PKLYL HSJ\ULKLSSL\S[PTLYPJLYJOLH[[\H[LPUJHTWVUL\YVZJPLU [PÄJV Neuroscienze in azione 6NNP SH YPJLYJH KPTVZ[YH JOL S»PU[LSSPNLUaH U\TLYPJH u PU UH[HLJOLuWVZZPIPSLPSWV[LUaPHTLU[VWYVZZPTHSL[YHTP[L S»PZ[Y\aPVUL KLP WYVJLZZP KVTPUPVZWLJPÄJP 0 IHTIPUP UVU ZVUV Ut KLSSL ¸[HI\SL YHZL¹ Z\ J\P PUZJYP]LYL KLP KH[P Ut TLU[P KV[H[L LZJS\ZP]HTLU[L KP \U YLWLY[VYPV KP JHWHJP[n PUUH[L :[\KPVZP YLJLU[P JVTL )\[[LY^V[O +LOHLUL .LS THU L .HSSPZ[LS ZP ZVUV PU[LYYVNH[P Z\SSL Z[YH[LNPL JOL SH UVZ[YH TLU[L \[PSPaaH WLY JVU[HYL TPZ\YHYL L KLJPMYHYL SH YLHS[n9PJLYJOLZWLYPTLU[HSPJVTLX\LSSLKP2HYLU>`UU OHUUV WV[\[V KPTVZ[YHYL WLY LZLTWPV JOL IHTIPUP HW WLUH UH[P UVU ZVSV KPZJYPTPUHUV [YH KP]LYZL U\TLYVZP[n THTVZ[YHUV]LYLLWYVWYPLHZWL[[H[P]LHYP[TL[PJOLJPVuZP H[[LUKVUVWYLJPZL]HYPHaPVUPULSSLU\TLYVZP[nKP\UWH[[LYU ]PZP]VJVTLJVUZLN\LUaHKP\U»HKKPaPVULVKP\UHZV[[YH aPVULKPLSLTLU[P 3HUH[\YHMVYUPZJLX\PUKPHSS»PUKP]PK\V\UU\JSLVKPJHWHJP[n Quest’anno la didattica della sezione primavera affronterà a mesi alterni tematiche legate alla proto matematica, curate da Elisa Passerini, e attività a partire dal corpo, curate da Alessandra Caro. WLYJSHZZPÄJHYLWPJJVSPPUZPLTPKPVNNL[[PPU[LYTPUPKLSSLSVYV U\TLYVZP[n WYVJLZZV KP Z\IP[PaaHaPVUL TH WLY SL JHWH JP[n WP H]HUaH[L HIIPHTV IPZVNUV KLSS»PZ[Y\aPVUL VZZPH KPHJX\PZPYLNSPZ[Y\TLU[PJVUJL[[\HSPMVYUP[PKHSSHJ\S[\YHPU J\P]P]PHTV :L LZPZ[L \UH JVTWL[LUaH U\TLYPJH WYL]LYIHSL PUUH[H L PUKPWLUKLU[L KHSSH THUPWVSHaPVUL SPUN\PZ[PJVZPTIVSPJH PTWHYHYLHJVU[HYLYHWWYLZLU[HPSWYPTVJVSSLNHTLU[V[YH UH[\YHLJ\S[\YH*P~ZPNUPÄJHJOLPSIHTIPUVUHZJLJVUSH WYLKPZWVZPaPVULHZ]PS\WWHYLPS¸ZLUZVKLSU\TLYV¹JVTL KPJOPHYH[V KH )\[[LY^VY[O L NYHaPL HSS»LZWLYPLUaH JVU NSP VNNL[[P L HSSL HJX\PZPaPVUP SPUN\PZ[PJOL X\LZ[L WV[LUaPHSP[n ZPZ]PS\WWHUVLZP[YHZMVYTHUVNYHK\HSTLU[LULSSLJVTWL [LUaLULJLZZHYPLHSS»HWWYLUKPTLU[VKLSSLHIPSP[nKPJHSJVSV 3H TH[LTH[PJH X\PUKP u PU UVP L H[[VYUV H UVP )HZ[P VZ ZLY]HYL L HZJVS[HYL IHTIPUP WPJJVSPZZPTP WLY HJJVYNLYZP JOL JVU[HUV ZJHSPUP ZHZZVSPUP NPVJOP JOL ZHUUV \ZHYL PS [LSLJVTHUKVWLYZJLNSPLYLPSJHUHSLWYLMLYP[VKPJHY[VUPKH N\HYKHYLZHUUVWLYML[[HTLU[LX\HU[LJHUKLSPULTL[[LYL Z\SSH WYVWYPH [VY[H¯ 3H ZJ\VSH UVU W\~ WP WLUZHYL KP PU[YVK\YYLS»LZWLYPLUaHTH[LTH[PJHZVSVKHSSHZJ\VSHK»0U MHUaPHWLYJOtHIIPHTV]PZ[VJOLNPnHSSHUHZJP[H\UIHT IPUVuKV[H[VKP\UIHNHNSPV¸U\TLYPJV¹JOLKL]LLZZLYL JVUZPKLYH[VLJVYYL[[HTLU[LZVZ[LU\[V Finalità del progetto 6ZZLY]HaPVUL L HUHSPZP KLP WYVJLZZP KP HJX\PZPaPVUL KLS U\TLYVULSIHTIPUVULSSHWYPTHPUMHUaPH +LSPULHaPVUL KP \UH ¸KPKH[[PJH¹ PU[LZH UVU JVTL W\YH HWWSPJHaPVULKPTL[VKPVWLYH[P]PTHJVTL\UPUZPLTLKP Tav. 1 t6E" Giocomatica Obiettivo di apprendimento generale Attività Valutazione Materiali Tempi Gruppo di lavoro Acquisizione competenze numeriche attraverso i processi semantici, lessicali, presintattici e di counting. Verranno proposte attività strutturate, rinforzo di routine e guida all’osservazione del gioco spontaneo del bambino. Schede di osservazione. Si realizzeranno giochi strutturati, costruiti con materiali di recupero o di facile consumo. Fotografie, Memory… La durata del progetto può essere annuale. Le attività possono essere svolte sia in sezioni omogenee che eterogenee a partire dai 24 mesi. Elisa Passerini * Insegnante di scuola primaria, formatrice n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 15 sezione primavera I\VULWYHZZPLZ[Y\TLU[PVYPLU[H[PHS¸MHYL¹JOLPU]LZ[H [\[[PNSPHZWL[[PKLSSHX\V[PKPHUP[nHMÄUJOtKP]LU[PZLTWYL WPPSMY\[[VKPPU[LUaPVUHSP[nLYPÅLZZP]P[nWYVMLZZPVUHSL Fasi del progetto 0S WYVNL[[V .PVJVTH[PJH JOL ]LYYn WYLZLU[H[V ULS JVYZV KLSS»HUUVOHJVTLÄUHSP[nX\LSSHKPMVYUPYLH[[P]P[nZWLJPÄ JOLKHWV[LYZ]VSNLYLPUZLaPVULJOLZPYPMLYPZJVUVHX\LSSP JOLZVUVPWYVJLZZPJOLZ[HUUVHSSHIHZLKLSSHJVZ[Y\aPVUL KLSJVUJL[[VKPU\TLYV 8\LZ[P WVZZVUV LZZLYL KLÄUP[P P WYLJ\YZVYP KLSSL HIPSP[n KP JHSJVSVLULYHWWYLZLU[HUVSHIHZLULJLZZHYPH +HUPLSH 3\JHUNLSP Z\KKP]PKL SL X\H[[YV HYLL YPN\HYKHU[P P WYVJLZZPJVNUP[P]PWYPUJPWHSPWLYSHJVZ[Y\aPVULKLSSHJVUV ZJLUaHU\TLYPJHPU! 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Butterwoth, Intelligenza Matematica: vincere la paura dei numeri scoprendo le doti innate della mente, Rizzoli, Milano 1999. Miur, Indicazioni nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia, Roma 2012. A. Molin, S. Poli, D. Lucangeli, Bin 4-6: batteria per la valutazione dell’intelligenza numerica in bambini dai 4 a 6 anni, Erickson, Trento 2007. K. Wynn, Addition and subtraction by human infants, in “Nature” n. 358:749-750, 1992. Tav. 2 tProgrammazione annuale delle attività educative UdA Obiettivi Ottobre LE PAROLE DEL CORPO: Una “traduzione simultanea” del linguaggio dei bambini (Caro) Potenziare il linguaggio del corpo dei bambini e offrire loro modalità diverse per comunicare. Novembre GIOCOMATICA: Approfondimento area processi semantici per l’acquisizione delle competenze numeriche (Passerini). Stimolare la corrispondenza tra quantità e numero, stimolare la capacità di confronto tra due quantità, valorizzare l’uso delle mani per contare. Dicembre LE PAROLE DEL CORPO: Ritmi e rituali della quotidianità (Caro). Valorizzare i ritmi e i rituali della vita scolastica Gennaio GIOCOMATICA: Approfondimento area processi lessicali per l’acquisizione delle competenze numeriche (Passerini). Associare ad ogni simbolo numerico la propria “etichetta”, cioè il nome, scoprire le modalità per costruire “l’etichetta” dei numeri da 20 in poi. Febbraio LE PAROLE DEL CORPO: Chi fa da sé fa per tre! (Caro) Sostenere i bambini nella conquista delle autonomie di base. Marzo GIOCOMATICA: Approfondimento area processi di conta per l’acquisizione delle competenze numeriche (Passerini). Potenziare le abilità di conteggio, considerando i tre principi impliciti del contare: principio dell’ordine stabile, della corrispondenza biunivoca e della cardinalità. Aprile LE PAROLE DEL CORPO: Storie per crescere (Caro). Accompagnare i bambini in un percorso di presa di consapevolezza della propria crescita. Maggio GIOCOMATICA: Approfondimento area processi pre-sintattici per l’acquisizione delle competenze numeriche (Passerini). Accompagnare all’esplorazione dei numeri, strutturando mappe matematiche, basate su orientamenti logici e su indicazioni di tipo quantitativo e spaziale. Giugno LE PAROLE DEL CORPO: Al ritmo delle emozioni (Caro). Aiutare i bambini nel dar voce e forma alle proprie emozioni. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 17 Caterina Martinazzoli* Un mondo… diritto! n mondo… diritto: è il primo titolo pensato per la rubrica “Il sé e l’altro” per l’a.s. 20132014, un mondo che non sia a rovescio, un mondo che non sia storto, un mondo che “righi dritto”, un mondo costellato dal rispetto, in particolare per quel che riguarda gli inalienabili diritti di cui i bambini di tutto il mondo “hanno diritto”! Nel 1991, in Italia, è stata ratificata la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 1989; l’effetto è stato l’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano di tutti i principi contenuti nella Convenzione stessa. In particolare, nel documento si affermano i diritti di protezione e di non discriminazione, di promozione - è, infatti, garantito il superiore interesse del bambino - e di partecipazione ed ascolto dell’opinione del bambino. Essa ha un’importanza estrema nella cultura di oggi: garantisce con altri documenti e convenzioni internazionali ad ogni bambino la possibilità di vivere serenamente nella società in cui si trova a crescere, creando una “cultura dei diritti”. I bambini, in tale “cultura”, sono considerati portatori di diritti, assumono il ruolo di “soggetti sociali”, con bisogni primari, capaci di esprimere se stessi, protagonisti della propria vicenda esistenziale, paritari all’adulto e capaci di interagire con lui. Nonostante le leggi, sono ancora molti gli esempi nel mondo di non considerazione del bambino in quanto tale, trattato ancora come soggetto di assistenza, come soggetto che non ha richieste, Didattica ed esperienze U ;HU[PKPYP[[P KLPILPKPYP[[PKYP[[P UVUKLPKPYP[[PZ[VY[P WLY~WLY~WLY~! X\HUKVTHUNPWLYJOt [\OHPKPYP[[VKPLZZLYLU\[YP[V YPJVYKHJOPUVUTHUNPH WLYJOtOHPSKPYP[[VLUVUPSJPIV ,X\HUKVNPVJOP WLYJOtOHPKPYP[[VKPNPVJHYL YPJVYKHJOPUVUNPVJH WLYJOtUVUOHPSWVZ[VWLYNPVJHYL 8\HUKV]HPHZJ\VSH WLYJOtOHPPSKPYP[[VKPLZZLYLLK\JH[V YPJVYKHJOPPSKPYP[[VLUVUSHZJ\VSH 8\HUKVYPWVZP WLYJOt[\OHPPSKPYP[[VKPYPWVZHYL YPJVYKH[PKPJOPULOHKPYP[[VTHUVUW\~YPWVZHYL 9PJVYKHPS[\VKPYP[[V THHUJOLPSZ\VYV]LZJPV WLYJOtJ»u\UKPYP[[VJOLUVUOHP! KPTLU[PJHYL 97P\TPUP interessi o bisogni specifici da rispettare. Appare esserci una forte attenzione ai bisogni materiali dei bambini, meno a quelli legati al necessario sostegno emotivo per crescere in modo armonico, diventare cittadini sereni e affrontare le sfide che la vita presenta. È necessario, quindi, che la “cultura dei diritti” sia una cultura dell’infanzia e per l’infanzia, perché ogni bambino sia libero di fare, immaginare, pensare ed esprimersi, una cultura in cui ci si comporta davvero nei confronti dei bambini guardandoli come soggetti di diritti universali su cui si fonda la promozione della loro qualità di vita. I diritti espressi dalla Convenzione portano ad un effettivo impegno di tipo politico-sociale e culturale, per il rispetto e l’effettivo godimento dei quali sono chiamati in causa tutti i cittadini (legislatori, insegnanti, genitori, società civile). L’ottica fondamentale, come afferma Ardesi, è quella che ogni cittadino possa dare la possibilità Caterina Martinazzoli * Insegnante, cultore di Pedagogia Speciale in Università Cattolica 18 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Il sé e l’altro presenta l’ambito elettivo in cui i temi dei diritti e dei doveri, del funzionamento della vita sociale, della cittadinanza e delle istituzioni trovano una prima palestra per essere guardati e affrontati concretamente”. Uno dei traguardi per lo sviluppo di competenza è legato proprio al “raggiungimento dei propri diritti e doveri, delle regole del vivere insieme”. Il percorso per l’a.s. 2013/2014 propone una serie di articoli sui diritti (e doveri) dei bambini a partire proprio dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ed affronta i temi della tutela del bambino, e della sua identità, della famiglia, della società, delle regole e della cittadinanza, ma anche dell’istruzione, della salute, del gioco, dell’espressione delle proprie idee e valorizzazione delle diverse identità in ottica scolastica e sociale. Attività realizzate con i bambini su tale tematica permettono di esplicitare un riconoscimento dei diritti di tutti, a prescindere dalle alterità che caratterizzano la società, ma anche di dare risposte concrete ai bambini stessi sui molti perché che essi formulano sulla vita, sulle trasformazioni sociali e personali, sui valori culturali, sul senso del mondo e dell’esistenza umana, scoprendo, emozionandosi, cogliendo i diversi punti di vista e volgendo lo sguardo ad una cittadinanza attiva. L’obiettivo formativo generale del percorso è “Riconoscere i diritti di cui i bambini stessi sono Didattica ed esperienze a tutti i bambini di essere bambini. La scuola dell’infanzia, in quest’ambito, si rivela importante: è un luogo che accoglie, che protegge e valorizza, che favorisce la creatività potenziale che ogni bambino ha, che permette, appunto, ai bambini di essere bambini. Le Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012 mettono in luce l’importanza dei diritti dei bambini, sia nel senso che è un dovere rispettare tali diritti, sia nel senso che ogni bambino ha il diritto di sapere quali siano i suoi diritti e i diritti degli altri in quanto bambini. La scuola viene definita come “luogo dei diritti di ognuno e delle regole condivise”. In particolare, “la scuola dell’infanzia, statale e paritaria, si rivolge a tutte le bambine e i bambini dai tre ai sei anni di età ed è la risposta al loro diritto all’educazione e alla cura, in coerenza con i principi di pluralismo culturale ed istituzionale presenti nella Costituzione della Repubblica, nella Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e nei documenti dell’unione europea. Essa si pone la finalità di promuovere nei bambini lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza e li avvia alla cittadinanza”. Sempre nelle Indicazioni, i bambini sono visti come “portatori di speciali e inalienabili diritti, codificabili internazionalmente, che la scuola per prima è portata a rispettare”. Tra l’altro, il campo di esperienza “Il sé e l’altro”, oggetto della rubrica, è proprio l’ambito d’eccellenza per la questione dei diritti, infatti: “rap- Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative Obiettivo formativo generale Riconoscere i diritti di cui i bambini stessi sono portatori, scoprendone il significato per favorire la consapevolezza della propria identità di bambino inserito in un contesto di cittadinanza attiva. UdA Obiettivi di apprendimento Ottobre “Io ho diritto” Individuare e scoprire il significato dei diritti dei bambini e riconoscerne le caratteristiche. Novembre “Io vivo” Comprendere l’importanza della vita e percepirla come diritto inalienabile. Dicembre “Io sono” Riconoscere la propria singolare identità ed unicità nel mondo. Gennaio “Io penso e mi esprimo” Riconoscere il proprio diritto al pensiero autonomo e alla libera espressione delle proprie opinioni. Febbraio “Io vivo in una casa” Riconoscere l’importanza dell’appartenenza ad una famiglia. Marzo “Io sono protetto, curato, nutrito” Riconoscere il diritto alla protezione, alla cura e al nutrimento, come aspetti fondamentali per la crescita armonica. Aprile “Io imparo” Riconoscere il diritto all’istruzione per poter vivere attivamente come cittadini nel mondo. Maggio “Io gioco” Riconoscere il diritto al gioco, allo svago, al tempo libero, all’espressione della propria creatività. Giugno “Io ho tanti amici” Riconoscere il diritto all’amicizia, anche tra identità caratterizzate da particolari e speciali diversità. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 19 Didattica ed esperienze Il sé e l’altro portatori, scoprendone il significato per favorire la consapevolezza della propria identità di bambino inserito in un contesto di cittadinanza attiva”. Ogni mese verrà proposta un’unità di apprendimento in cui verranno esplicitati la programmazione, gli obiettivi, le proposte di attività, i materiali, la valutazione, alcuni spunti per il monitoraggio dell’attività e l’auto-monitoraggio dell’insegnante, in modo da rendere chiara e replicabile l’esperienza. Le proposte operative, accompagnate sempre da un’introduzione teorica che giustifichi il percorso ipotizzato, daranno la possibilità a tutti i bambini di partecipare, grazie ad un approccio attivo che tenga conto delle diverse abilità, intelligenze e modalità di apprendimento dei bambini. Si lavorerà, quindi, attraverso l’ausilio di racconti, narrazioni, verbalizzazioni e drammatizzazioni, di illustrazioni e tecniche pittoriche varie, di esperienze dirette e di giochi individuali e/o cooperativi, di modalità di conoscenza multisensoriale e partecipata. La prima tappa nel mese di ottobre “Io ho diritto” si focalizzerà sui diritti in generale, il loro significato, anche nelle rappresentazioni ed idee dei bambini stessi, nell’ottica di un primo approccio alla tematica, con l’obiettivo di individuare e scoprire il significato dei diritti dei bambini e riconoscerne le caratteristiche. A novembre, con “Io vivo”, il tema centrale sarà l’importante diritto alla vita, un diritto fondamentale e inalienabile, senza il quale perdono significato tutti gli altri diritti. A dicembre, con “Io sono” l’attenzione sarà rivolta 20 al diritto all’identità, ad avere un nome, una nazionalità ed una personalità caratterizzate da unicità nella pluralità dei bambini presenti nel mondo. Gennaio, con la tappa “Io penso e mi esprimo” è dedicato al diritto di ogni bambino di esprimere le propri opinioni, di avere un pensiero proprio riguardo alle cose che accadono nella vita. La tappa “Io vivo in una casa” pone, a febbraio, l’attenzione sul tema del diritto ad avere una famiglia e un posto caldo dove poter vivere e dormire la notte, luogo accogliente e protettivo. Riconoscere il diritto alla protezione, alla cura e al nutrimento, come aspetti fondamentali per la crescita armonica è l’obiettivo previsto per la tappa “Io sono protetto, curato e nutrito”, a sottolineare l’importanza di questi tre elementi - la protezione, la cura e la nutrizione - nella vita di ogni singolo bambino. Ad aprile l’attenzione è rivolta allo studio e all’istruzione, aspetti importanti per poter vivere attivamente come cittadini all’interno della società. A maggio, con “Io gioco”, si proporrà un percorso sull’importanza del gioco, del tempo libero, dell’espressione della propria creatività per tutti i bambini, ma anche della noia e del riposo. Da una dimensione individuale, anche se, in realtà, l’“io” di ogni tappa riguarda “ogni io”, quindi “noi”, ci si sposta, a giugno, ad una dimensione collettiva, legata al diritto all’amicizia e, in particolare, all’amicizia senza discriminazione di abilità o provenienza. Il percorso si propone, così, di preparare i bambini, futuri cittadini del mondo, ad un mondo… diritto! per approfondire S. Ardesi, I diritti dei bambini e delle bambine alla luce del paradigma dei diritti umani in M.L. De Natale (a cura di), Pedagogisti per la giustizia, V&P, Milano 2004. A. Bobbio (a cura di), I diritti sottili del bambino. Implicazioni pedagogiche e prospettive formative per una nuova cultura dell’infanzia, Armando, Roma 2007. MIUR, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione, 4 settembre 2012, Roma. ONU, Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, 20 novembre 1989. R. Piumini, Tanti diritti, in Amnesty International, Siamo nati tutti liberi. La dichiarazione dei diritti umani spiegata ai bambini, Paoline, Milano 2008. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Chiara Andronio* Un po’ di… psicomotricità alle Indicazioni: “i bambini giocano con il loro corpo, comunicano si esprimono con la mimica, si travestono, si mettono alla prova… Il corpo ha potenzialità espressive e comunicative che si realizzano in un linguaggio caratterizzato da una propria struttura e da regole che il bambino impara a conoscere attraverso specifici percorsi di apprendimento: le esperienze motorie permettono di integrare i diversi linguaggi, di alternare la parola ai gesti, di produrre e fruire musica, di accompagnare narrazioni, di favorire la costruzione dell’immagine di sé e l’elaborazione dello schema corporeo… La scuola dell’Infanzia mira altresì a sviluppare la capacità di esprimersi e di comunicare attraverso il corpo per giungere ad affinarne le capacità percettive e di conoscenza degli oggetti, la capacità di orientarsi nello spazio, di muoversi e di comunicare secondo immaginazione e creatività”. Didattica ed esperienze D Che cos’è l’educazione psicomotoria? L’educazione psicomotoria è un’attività concreta che si modella sul gioco spontaneo e sull’espressività dei bambini che vivono e sperimentano in prima persona azioni e relazioni. L’obiettivo dell’educazione psicomotoria non è quello di “insegnare” al bambino ad eseguire alla perfezione alcuni esercizi specifici, ma di favorire un’espressione quanto più possibile libera e spontanea. Dove per libera e spontanea non s’intende “anarchia”, ma libertà di azione in un percorso dato o meglio “tracciato, suggerito, proposto” dall’adulto. Attraverso il movimento, il gioco e la libera espressione, il bambino affina importanti abilità (equilibrio, concentrazione, attenzione, abilità fisiche) ed entra in comunicazione con il profondo sé e gli altri. Nel corso della prima infanzia i bambini, grazie all’errore pratico, attraverso il corpo e il fare motorio scoprono, imparano, conoscono, valutano e risolvono problemi. La psicomotricità viene così definita dall’enciclopedia Italiana La piccola Treccani: “Concetto che fa riferimento alla reciproca integrazione Chiara Andronio * Insegnante, psicomotricista n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 21 Il corpo e il movimento Didattica ed esperienze delle funzioni psichiche con quelle motorie, quali elementi fondamentali del comportamento dell’uomo… questi fenomeni psichici e motori non costituiscono due categorie autonome più o meno giustapposte ma i due poli di un unico processo attraverso il quale si realizza l’adattamento costrittivo all’ambiente. Lo sviluppo psicomotorio rappresenta la crescita integrata e sinergica della dimensione motoria e della dimensione psichica nel bambino, ed esprime la stretta interrelazione, in un costante rapporto di causa effetto, tra la maturazione motoria in tutte le sue forme (di movimento, prassiche sensoriali, ecc.) e la dimensione psichica in tutte le sue forme (cognitiva, emotiva, relazionale)”. Questa definizione mette in evidenza la stretta relazione che intercorre tra le due aree, relazione resa ancora più evidente dalla vicinanza reale tra le cellule corticali motorie e intellettuali. Picq e Vayer sottolineano come nel corso della prima infanzia, motricità e psichismo siano strettamente collegati, fusi, come due aspetti indissociabili del funzionamento della stessa organizzazione. Guido Petter mette in rilievo quattro tipi di rapporti che possono sottolineare e far comprendere la stretta relazione che intercorre tra motricità e attività mentale: 1) le procedure che regolano lo sviluppo motorio sono le stesse di quelle che stanno alla base dello sviluppo cognitivo; 2) tra le attività motorie, mentali e sensoriali si stabilisce un “isomorfismo di rappresentazione”; 3) gli apprendimenti si formano attraverso un processo di interiorizzazione delle attività svolte a livello motorio con il corpo; 22 4) la motivazione dei bambini nell’ambito delle attività si può realizzare solo con il fare e il fare motorio, di movimento e di gioco (es: ai bambini si parla spesso dell’autunno; perché non farli giocare, allora con ciò che l’autunno regala? Le foglie, i legni e i frutti autunnali… permettendo loro, in un primo momento, di andare alla scoperta dei materiali da poter poi vivere in palestra?). Detto questo, comprendiamo quanto sia importante, in questa fascia di età, permettere al bambino di vivere a livello corporeo ogni esperienza. Il bambino attraverso il corpo e l’attività motoria si mette in gioco, sperimenta, impara e crea relazioni. Tutto questo gli permetterà di porre le basi per la conoscenza e lo sviluppo delle competenze. In tabella vengono riportate le dimensioni evolutive di sviluppo psicomotorio, come proposte da Vincenzo Riccio. Chiaramente queste griglie servono solo per avere dei riferimenti relativi alle tappe di sviluppo psicomotorio dei bambini, ma non sono indice di capacità o incapacità di nessuno. Ogni bambino, infatti, grazie alle esperienze vissute svilupperà prima alcune aree rispetto ad altre fino a giungere al raggiungimento di ognuna serenamente e con successo. Ogni esperienza se vissuta pienamente a livello corporeo lascia un piccolo “seme” che con il tempo e tutte le cure necessarie arriverà a germogliare fino trasformarsi in una “spettacolare piantina”. Un anno per conoscere, conoscersi e… condividere esperienze Durante questo anno scolastico i bambini avranno la possibilità di fare innumerevoli esperienze che permetteranno loro di conoscersi, di comprendere i propri movimenti, i propri gesti e soprattutto di cogliere le proprie emozioni, di entrare in relazione con i compagni e di iniziare a capire il loro modo di comportarsi e di agire fino a riuscire a trovare insieme strategie per imparare e per crescere. Tutto questo verrà vissuto in un ambiente specifico e speciale che dapprima verrà esplorato per poi essere conosciuto e utilizzato per andare verso la condivisione e la consapevolezza. Ciò che renderà più semplice ogni tipo di esperienza sarà la possibilità di utilizzare oggetti strutturati e destrutturati che serviranno da prolungamento di sé e da mediatori di relazione fino a diventare strumenti per costruire e condividere esperienze. Gli oggetti permetteranno anche ai bambini di “giocare” le proprie emozioni facendo finta di… Il percorso partirà dalla conoscenza e soprattutto condivisione di una filastrocca che permetterà al n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Il corpo e il movimento gruppo di cominciare a sentirsi unito, seppur da una canzoncina, per poi giungere ad una scarica motoria-vocale (le innumerevoli esperienze del primo momento scolastico creano tensioni) che darà il via alla voglia di condividere regole, esperienze ed emozioni. Il percorso si concluderà con la capacità del gruppo di conoscersi e di condividere, spazi, oggetti, esperienze, vissuti che diventeranno strumenti utili per la crescita personale e del gruppo ed in particolare faranno nascere il desiderio di “sapere”. Dimensione 3-4 anni 4-5 anni 5-6 anni Motoria Sa salire e scendere le scale anche se a volte, spaventandosi chiede aiuto. Comincia a saper lanciare la palla verso un compagno anche se difficilmente lo colpisce. Sa costruire una torre con pezzi di costruzione differenti ma su imitazione. È sempre più padrone del suo corpo, riesce a stare in equilibrio su un piede solo 6-7 secondi. Riesce ad infilare alcune perle in un filo. Usa le forbici con una certa destrezza anche se fatica ancora a seguire un percorso obbligato. Sa utilizzare bene la matita. È coordinato nei movimenti e riesce a fare il salto in lungo. Riesce ad allacciarsi le stringhe delle scarpe da solo. Psicomotoria. Lateralizzazione Per prendere matite, posate o i giochi utilizza quasi sempre la stessa mano. Anche per calciare il pallone tende ad usare sempre lo stesso piede anche se a volte non lo colpisce. Per fare il gioco del cannocchiale utilizza quasi sempre lo stesso occhio. Prende gli oggetti sempre con la stessa mano. Calcia sempre con lo stesso piede. L’occhio dominante è lo stesso. È in grado di distinguere la destra dalla sinistra su di sé. Non sono in grado di riconoscerla sugli altri. A volte riesco a dire se un oggetto è a destra o sinistra. Psicomotoria. Schema corporeo Disegna l’omino con un testone enorme ma con occhi e bocca. Attacca braccia e gambe ma dove capita. Sa dire il suo nome e riconosce il suo sesso. Riconosce e nomina le parti del corpo. Disegna l’omino sempre con la testa grande ma inserisce occhi, naso e bocca. Poi aggiunge il corpo e braccia e gambe sono sottili ma al posto giusto. Riconosce sempre più parti del corpo anche quelle più piccole. Comincia a dire il numero delle parti del corpo. Nel disegno dell’omino sono comparse tutte le parti anche arricchite di particolari. A volte dimentica il collo. Nomina tutte le parti del corpo. Sa dire il numero di tutte le parti del corpo. Psicomotoria. Orientamento spaziale Inizia comprendere la differenza tra aperto e chiuso e sopra e sotto È in grado di copiare 3 figure in sequenza. È in grado di disegnare anche il triangolo anche se un po’ deformato. È capace di disegnare un oggetto dentro e fuori da un cerchio e sopra e sotto un tavolo. Inizia a fare esperienza di vicino e lontano. Riconosce anche davanti, dietro e a volte di fianco. Riesce a riprodurre un disegno rispettando le distanze. Copia bene le figure geometriche. Sa dire dove abita. Psicomotoria. Tempo Inizia a capire prima e dopo riferito al suo vissuto. Sa dire, guardando le figure cosa è successo prima e cosa è successo dopo. Comincia ad utilizzare le parole ieri, oggi, domani anche se a volte le confonde ancora. Riconosce prima e dopo ma fatica ad aspettare. Il suo desiderio è quello di soddisfare subito il suo desiderio. Riesce ad aspettare solo qualche secondo se stimolato da proposte allettanti. Sa dire la sua età. Sa usare correttamente i concetti di ieri, oggi e domani. Sa riordinare una serie di vignette. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze Tav. 1 tFasi di sviluppo motorio e psicomotorio da tre a sei anni 23 Il corpo e il movimento Tav. 2 tProgrammazione annuale delle attività educative Competenza chiave Competenze sociali e civiche. Consapevolezza ed espressione culturale Campi d’esperienza Il corpo e il movimento Tutte le competenze personali e interpersonali che riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale... Riguarda l’importanza dell’espressione creativa di idee, esperienze ed emozioni I bambini prendono coscienza del proprio corpo… Muoversi è il primo fattore di apprendimento: cercare, scoprire, giocare saltare... L’azione del corpo fa vivere emozioni e sensazioni piacevoli….. I bambini giocano con il loro corpo, comunicano, si esprimono con la mimica, si travestono, si mettono alla prova fino a percepire la completezza del proprio sé, consolidando autonomia e sicurezza emotiva…. Didattica ed esperienze UdA Obiettivi Ottobre Esplorazione e conoscenza dello spazio. Muoversi per e nello spazio serenamente. Conoscere le caratteristiche dello spazio (pregi e difetti). Saper “smontare e rimontare” lo spazio. Vivere il piacere senso-motorio. Novembre Esplorazione e conoscenza degli oggetti; con gli oggetti creo. Conoscere le caratteristiche degli oggetti strutturati e destrutturati. Sperimentare le loro diverse “funzioni”. Vivere il piacere di giocare con gli oggetti. Comprendere la versatilità degli oggetti. Sperimentare il gioco simbolico. Dicembre Attraverso gli oggetti esploro lo spazio Utilizzare gli oggetti come prolungamento di sé. Avendo conosciuto le caratteristiche degli oggetti utilizzarli per esplorare spazi conosciuti e nuovi. Gennaio Attraverso gli oggetti esploro il mio corpo (schema corporeo). Utilizzare l’oggetto per conoscere ogni parte del corpo. Esplorazione, conoscenza e rappresentazione dello schema corporeo. Febbraio Il mio corpo si orienta nello spazio, assume diverse posture statiche dinamiche…. Esplorare, conoscere e rappresentare tutte le posture che il corpo può assumere Vivere la staticità e la dinamicità. Vivere il piacere del movimento. Marzo Il mio corpo comunica Scoprire tutte le possibilità che il corpo ha di comunicare. Voce, ritmo, tono, espressione, posture … silenzio. Aprile Attraverso il mio corpo con l’aiuto degli oggetti incontro – esploro – conosco l’altro Utilizzare il corpo e gli oggetti come mediatori di relazione. Incontrare gli altri, esplorarli, conoscerli e rappresentarli nella staticità e nel movimento. Maggio Con l’altro esploro, conosco e rappresento. Mettere in comune le esperienze. Imparare a mediare. Trovare strategie per costruire insieme. Giugno Io, gli oggetti e gli altri… nello spazio Unire gli elementi sperimentati per crescere nella propria conoscenza… per approfondire G. Petter, Psicologia e scuola primaria, Giunti, Firenze 1987. L. Picq, P. Vayer, Educazione Psicomotoria e ritardo mentale, Armando, Roma 2000. V. Riccio, dal sito www.fantasiaweb.it con alcune modifiche apportate da Chiara Andronio. 24 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Michele Aglieri*, Alessandra Carenzio**, Giulio Tosone*** A scuola di media Un contributo per iniziare Cambiare e innovare. Il momento culturale della scuola presenta – ci pare – una certa confusione in materia di innovazione legata al tecnologico. Basta utilizzare un tablet per migliorare l’esperienza educativa di una classe? Crediamo piuttosto che la tecnologia sia un dato inutile se non addirittura dannoso laddove la sua introduzione non venga accompagnata da una progettualità forte basata su precisi criteri educativi che tengano conto dei bisogni dei bambini e delle loro fasi di crescita, da una matura competenza didattica e, parlando di media education, dall’esigenza di consegnare al bambino prima di tutto gli elementi fondamentali di una competenza mediale. Lavorare insieme. Si assiste spesso alla fatica isolata di qualche insegnante volenteroso. Fatica che Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative UdA Ottobre I media e le regole: la cornice pedagogica (Aglieri) Novembre Regolare i media, le regole nei media: spunti per la didattica (Carenzio) Dicembre I media e le regole: strumenti per lavorare con i bambini (Tosone) Gennaio Educazione all’immagine: la cornice pedagogica (Aglieri) Febbraio Pubblicità, immagini, claim e jingle: spunti per la didattica (Carenzio) Marzo Educare all’immagine: strumenti e software (Tosone) Aprile Narrare nella scuola dell’infanzia: la cornice pedagogica (Aglieri) Maggio Digital storytelling: spunti per la didattica (Carenzio) Giugno Digital storytelling: strumenti e software (Tosone) Michele Aglieri Alessandra Carenzio Giulio Tosone * Assegnista di ricerca in Pedagogia generale e sociale, Università Cattolica di Milano ** Centro di Ricerca CREMIT, Università Cattolica di Milano *** Pedagogista, formatore e media-educator n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze l rapporto tra media e scuola costituisce uno dei temi e degli impegni maggiormente presenti nei dibattiti pubblici e nei discorsi degli insegnanti. Si muove tra la rincorsa al riversamento tecnologico (dalla stagione dei personal computer a quelle più recenti in cui abbiamo visto comparire LIM e tablet) alle svariate proposte di aggiornamento degli insegnanti sul piano tecnologico e didattico. La scuola dell’Infanzia vive di una certa autonomia, connessa ai richiami da un lato di una forte tradizione educativa e dall’altro di richieste accelerative e, qualche volta, pericolosamente anticipatorie. Con questo articolo intendiamo presentare un percorso di riflessione e di proposta operativa – da realizzarsi lungo i contributi che compariranno dal prossimo numero di “Scuola Materna” e per un’annata – da cui l’insegnante possa trarre spunti progettuali in vista dell’introduzione del bambino al mondo dei linguaggi dei media e di un futuro adulto competente, critico e capace di utilizzare nella maniera migliore le risorse tecnologiche e comunicative che incontrerà. La nostra esperienza di educatori e formatori nell’ambito della media education ci ha portato, nel tempo, a sostenere alcune tracce di riflessione che riteniamo fondamentali e che iniziamo col condividere. I 25 Immagini, suoni e colori Didattica ed esperienze non trova situazioni di continuità educativa con il lavoro di altri colleghi, in cui l’insegnante non si sente sostenuto o non si sente sicuro dei propri mezzi, di cui la scuola non fa memoria. Collaborare alla progettazione di percorsi, condividere le competenze nell’utilizzo dei media (quanti corsi di formazione si potrebbero evitare se nella scuola ogni insegnante potesse trovare un collega pronto a dirgli “questo lo so fare, te lo insegno io”) e documentare sono tre parole che devono arrivare prima dell’idea di fare media education a scuola. Vecchio e nuovo. Anche se oggi, in materia di scuola e linguaggi dei media, lo sguardo è rivolto alle nuove tecnologie, non va dimenticata una grande tradizione didattica legata ai mezzi più tradizionali (la televisione, il giornale, la pubblicità, la radio e, perché no, il libro) che oggi non smettono di esistere ma anzi fanno parte di un ambiente mediale che si è fatto più complesso, pervasivo e integrato. A scuola non c’è solo il “nuovo” (che spaventa e affascina allo stesso tempo): i tirocini della vita si devono fare (ancora) con i linguaggi e gli strumenti che non ci appaiono più di moda, ma a cui i bambini vanno preparati. Percorsi Per muoverci in queste direzioni – innovare, lavorare assieme e integrare linguaggi – abbiamo pensato di attivarci e di attivare gli insegnanti su tre ambiti di riflessione e di sperimentazione che ci consentono di affrontare altrettanti temi: educare alle regole (con e nei media), educare lo sguardo 26 (con la pubblicità) e raccontare (con il digitale) saranno i percorsi tematici nelle prossime uscite di “Scuola Materna”. Il primo ambito – educare alle regole – tocca due versanti impegnativi sia per la scuola sia per la famiglia. Da un lato parlare di regole nella scuola dell’Infanzia è estremamente cruciale, basti pensare al rispetto delle regole con cui i bambini vivono gli spazi comuni, come mettere a posto i giochi prima di passare a un’altra attività, mangiare tutti seduti e non giocare con il cibo. E ancora, andare ai servizi in fila e ordinatamente per lavarsi le mani in attesa della merenda. Oltre a queste regole ci sono quelle modalità di stare con gli altri che riconosciamo sotto l’ombrello della buona educazione: non spingere i compagni, non urlare, non trattare gli altri in maniera poco rispettosa. Ecco, si tratta di comportamenti che i cartoni animati, i film di animazione, le pubblicità e i videogiochi trattando tutti i giorni, anche a insaputa dell’adulto. Pensiamo al piccolo Pocoyo, personaggio molto amato dai piccoli, che distrugge il castello di costruzioni realizzato dall’amica Ellie (una elefantina rosa molto graziosa) e a tanti altri episodi che possiamo utilizzare per raccontare le regole con strumenti e attività diverse. Dall’altro lato, accostare regole e media significa toccare il tema dell’uso “regolato dei media”, per cui esistono regole d’uso altrettanto utili per vivere la comunicazione e il rapporto con i media in maniera adeguata, sin da piccoli. Che cosa guardano i bambini? Per quanto tempo? Con chi? Con chi ne parlano e condividono quanto visto o fruito? Come possiamo educare al consumo responsabile anche con una organizzazione moderata (nel senso di guidata, dotata di un moderatore, che è anche il bambino stesso sul lungo periodo)? Cercheremo di fare qualche proposta bilanciata. Il secondo ambito – lo sguardo – toccherà il tema dell’educazione all’immagine attraverso un percorso sulla pubblicità, di cui i bambini sono grandi fruitori, tanto da ricordarsi claim e canzoncine. Anche in questo caso, la proposta sarà finalizzata a consentire all’insegnante di lavorare con i bambini, per renderli più autonomi e capaci di interpretare le regole stesse della pubblicità. Il terzo ambito – quello del racconto – si occuperà di una attività che da sempre tocca le giornate dei più piccoli. I bambini raccontano storie, favole, episodi di vita. Vorremmo imparare a raccontare queste e tante altre vicende attraverso il digitale, entrando nelle pagine simboliche del “digital storytelling” (narrazione digitale), imparando a utilizzare programmi e ambienti 2.0 (presenti in rete) per la costruzione di storie digitali. In questo modo è possibile tenere insieme i tre fili di cui abbiamo parlato, integrando media tradin. 1 sSETTEMBREsANNO#) Immagini, suoni e colori Lavorare su tre piani La scelta di suddividere gli articoli, centrandoli su aspetti diversi, ci aiuta a evidenziare e riflettere anche sui tre piani che sempre dobbiamo attraversare quando utilizziamo le tecnologie in ambito didattico: il piano del senso, il piano della strategia e il piano degli strumenti. I nostri contributi andranno letti anche secondo queste tre prospettive. Il piano del senso è quello che risponde alla domanda “perché scegliamo di usare uno o più strumenti tecnologici?”. Il piano della strategia è quello che risponde alla domanda “come vogliamo inserire queste innovazioni nella nostra attività didattica?”. Il piano degli strumenti è quello che risponde alla domanda “quali strumenti vogliamo usare e come funzionano?”. Se pensiamo alle nostre esperienze personali, ci accorgiamo che tutti noi siamo tentati, appena al nostro orizzonte si affacciano le tecnologie, di focalizzarci sul terzo piano. Si tratta probabilmente di una reazione istintiva nei confronti della novità che assorbe tutta la mostra attenzione. Lo n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze zionali e linguaggi nuovi, ma anche innovando attraverso una didattica fondata sulla condivisione delle risorse (magari messe in rete in Dropbox o in qualsiasi spazio online come Google Drive), delle preoccupazioni e delle esperienze positive, facendo circolare i materiali prodotti e le belle scoperte che in ogni percorso con i bambini è possibile fare. , spiegava bene già alla fine degli anni 90 Nicolas Negroponte, co-fondatore del MediaLab al MIT nel suo libro Essere digitali: quando usiamo per la prima volta una videocamera cerchiamo di sfruttarne tutte le possibilità, inseriamo tutti gli effetti che abbiamo a disposizione, zoommiamo in avanti, poi indietro, magari viriamo un po’ i colori col risultato di produrre un filmato tendenzialmente inguardabile. Ma è normale, di fronte alle nuove possibilità della tecnologia ci viene spontaneo esplorare e sperimentare. Proprio per questo i tre piani hanno (e devono avere) un ordine ben preciso. Per chiarirci possiamo vederli come un colonnato. Il piano del senso corrisponde alle fondamenta che troviamo sotto ogni singola colonna, il piano della strategia corrisponde alle colonne e il piano degli strumenti potremmo paragonarlo all’architrave che collega la sommità delle colonne. Tutti noi sappiamo che le fondamenta sono qualcosa di assolutamente necessario, ma se ci fermiamo a pensare ci appare anche evidente che agli utenti finali esse non vengono mai messe in bella mostra. Nessuno guardando un colonnato si sofferma sui basamenti, tranne in un caso: quando le fondamenta non sono state fatte bene e quindi tutta la struttura ne risente. Ecco, lo stesso vorremo fare noi: non lasciarci prendere dall’ansia delle “ricette” facilmente utilizzabili e dare il giusto spazio a ognuno dei tre livelli, partendo proprio dal senso di quello che facciamo. Se, presi dalla fretta di interagire (o far interagire i bambini) con le nuove tecnologie, lesiniamo sul tempo dedicato alla riflessione sul perché vogliamo usare proprio le tecnologie per quella attività, siamo come un costruttore imprudente che risparmia sulle fondamenta per veder crescere presto la sua casa. La casa sarà probabilmente finita in fretta, ma, altrettanto velocemente e facilmente, rischierà di crollare. Così come sarà importante dedicare tempo sufficiente alla riflessione sul piano delle strategie, cioè sulla corretta integrazione didattica. Le nuove tecnologie sono degli strumenti e come tali né buoni né cattivi. Siamo noi che, scegliendo come utilizzarli, costruendo, cioè, un contesto didattico appropriato, possiamo usarli come validi ausili nell’attività didattica. Solo a questo punto, quando ci siamo chiariti perché ha senso usare un nuovo strumento e a quali condizioni può aiutare chi insegna e chi apprende possiamo dedicarci allo strumento vero e proprio, a capire come funziona e come si fa ad usarlo. Diamo allora inizio a questa avventura, nel segno della condivisione. Fra i tre autori di questa rubrica e – ci auguriamo – tutti i lettori. 27 Maria Grazia Bellia* MusicaScenica Testi e pretesti per un teatro musicale di bambini progetto, negli anni, ha coinvolto centinaia fra bambini e insegnanti. Dei diversi percorsi saranno presentate le “scintille” utilizzate per attivare i processi di costruzione delle rappresentazioni. I diversi contributi e i materiali didattici sono nati dal lavoro delle curatrici autonomamente – ciascuna nei propri contesti lavorativi – e in collaborazione, nella conduzione di laboratori attivati presso alcune scuole di musica. In questo primo intervento ci concentreremo a chiarire la metodologia che sta alla base del processo per comprendere il ruolo dell’insegnante e dei bambini e la natura e la funzione dello stimolo supportate anche da riflessioni pedagogiche e didattiche. La pedagogia musicale a partire dagli anni Sessanta del XX secolo ha spesso insistito sul ruolo dell’invenzione nell’ambito del processo di apprendimento. Autori come Self, Schafer, Hansen, Keller, Baroni, Porena, Paynter e Aston, Paynter, Delalande hanno sottolineato l’importanza per i bambini di sperimentare in prima persona gli elementi del linguaggio musicale. Si tratta di riflessioni pedagogiche accomunate dal mettere in evidenza l’importanza dello sviluppo Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative della creatività nei processi di insegnamento-apprendimento e dalla comune Focus UdA prospettiva che pone l’esperienza alla base dei processi di l’apprendimento. Ottobre Identità (Bellia) PapaPanetto Come efficacemente sintetizza Mario Novembre Relazione/1 (Manti) Una musica a colori Piatti: “il percorso di apprendimento non è prima il conoscere e poi il fare, Dicembre Relazione/2 (Manti) Drin drin drin ma caso mai il contrario, o meglio è facendo che sviluppiamo il nostro coGennaio Cooperazione/1 (Bellia) Una torta fatta apposta noscere, è sperimentando e ricercando Febbraio Cooperazione/2 (Bellia) Musica di carta con la voce e il corpo che ci possiamo Marzo Esplorazione/1 (Manti) Fifilo impadronire anche di concetti e teorie che entreranno a far parte in modo Aprile Esplorazione/2 (Manti) La casa dei suoni significativo delle nostre diverse intelMaggio Responsabilità (Bellia) Musica riciclata ligenze”. uest’anno la rubrica dedicata alla musica si caratterizza per le proposte strettamente legate al teatro musicale. Si tratta di spunti, di testi e pretesti da cui ciascun insegnante può partire per attivare nei propri contesti lavorativi percorsi di costruzione musicale all’interno di molteplici palcoscenici. Lo spazio scenico, infatti, è inteso come un luogo in cui ciascuno ha la possibilità di esprimersi, creare e rappresentare la musica; è il luogo in cui la rappresentazione verrà agita a conclusione del percorso e al tempo stesso è il luogo in cui le attività nascono, prendono forma e si sviluppano. In questa seconda accezione lo spazio scenico è l’ambiente d’apprendimento, il luogo cioè in cui bambini e insegnanti lavorano assieme nella condivisione dell’esperienza creativa: un laboratorio delle idee in cui la musica prende forma e viene agita dai bambini col corpo in movimento, con la voce che canta e che narra, con l’uso degli strumenti. Le attività che nel corso dell’anno saranno presentate nella rubrica sono nate in classe con i bambini nell’ambito del progetto MusicaScenica ideato e condotto da Alessandra Manti e dalla sottoscritta in diverse scuole della capitale. Il Didattica ed esperienze Q Giugno Consapevolezza (Manti) Passa il tempo ticche tacche Maria Grazia Bellia * Docente di educazione musicale, direttrice di coro e formatrice 28 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Immagini, suoni e colori n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze In questa prospettiva il bambino dovrebbe trovare nella scuola un ambiente che faciliti e incoraggi situazioni di apprendimento attivo e dinamico. Una scuola che sappia motivare, interessare e coinvolgere, capace di innescare nei bambini la scintilla della curiosità e di predisporre gli strumenti adeguati per consentire a ciascuno di essere costruttore della propria rete di conoscenze. È proprio qui che come insegnanti siamo chiamati in causa. Nel ruolo di educatori non possiamo fare a meno di mettere al centro delle nostre riflessioni l’importanza che oggi il nostro intervento educativo può svolgere nella formazione dei futuri cittadini. La musica può contribuire a far crescere bambini consapevoli e critici, capaci di selezionare e di operare scelte, esprimere preferenze, prendere decisioni, affrontare i problemi da molteplici punti di vista e risolverli. Per dirla con Gianni Rodari: “in un’impresa educativa il programma non dovrebbe essere l’elenco delle cose che ci proponiamo di ottenere dai bambini, ma di quelle che dobbiamo fare noi per essere utili ai bambini. Dovremmo elaborare regole per il nostro comportamento, non per quello dei bambini: i quali, se messi in condizione di farlo, sanno benissimo inventarsi le loro regole, quelle di cui hanno veramente bisogno, e rispettarle. Basta guardarli giocare, cioè muoversi all’interno di regole liberamente scelte, liberamente accettate, e accettate non perché fanno piacere a noi, ma perché fanno piacere a loro”. L’attenzione al gioco e alle sue dinamiche è quanto mai attuale, vista la rilevanza sociale che oggi assume il problema di trovare spazi e tempi adeguati per le attività ludiche nella vita del bambino. È come se i bambini non riuscissero più a vivere il loro tempo, spinti da genitori ansiosi di fornire loro nel più breve tempo possibile un passaporto di attestati di competenze, nella speranza di creare bambini pronti ad affrontare un futuro che è già passato, incuranti del presente e dei suoi tempi naturali. In un contesto sociale che sempre meno riconosce il gioco come strumento vitale per la comprensione di sé e del mondo, la musica sembra naturalmente poter colmare questa lacuna restituendo al bambino il suo principale mezzo di conoscenza attraverso attività che favoriscano lo sviluppo dell’immaginazione e della creatività. Quali esperienze possiamo promuovere a scuola perché ciò accada? Quali strategie didattiche attivare nel contesto di insegnamento? Quali strumenti possono favorire l’immaginazione? Quanto è importante la motivazione in situazioni di apprendimento e come motivare i bambini al fare? Come stimolare i bambini all’invenzione musicale? Il tentativo di dare risposta a queste domande ha determinato in questi ultimi anni un interesse rilevante nei confronti di attività che sintetizzino una pluralità di linguaggi espressivi, come momento privilegiato per il coinvolgimento attivo del bambino. Basti a tal proposito richiamare i nomi di Enrico Strobino e Daniele Vineis, Marco Bricco, Paolo Bove, Antonio Giacometti. Queste esperienze riflettono sensibilità, approcci e obiettivi differenti, ma sono tutte accomunate dalla valorizzazione del teatro musicale come strumento formativo. In questo contesto nasce e si affermano le proposte di MusicaScenica che intendono sviluppare nei bambini la capacità di strutturare eventi sonori nello spazio e nel tempo a partire da stimoli extramusicali da trasformare in musica, utilizzando la voce, gli strumenti e il movimento. A tal fine i bambini sono invitati a inventare, sviluppare e organizzare le proprie idee musicali all’interno di uno ‘spazio scenico’, definendo così quel luogo in cui ciascuno ha la possibilità di lavorare “come se fosse” un ‘attore-musicista’, un ambiente d’apprendimento in cui è possibile esplorare, inventare e rappresentare i suoni. Nel tempo si è osservato che la spinta a considerare lo spazio come un ‘palcoscenico possibile’ sembra predisporre i bambini alla realizzazione di brevi rappresentazioni ‘di musica’ che, sia pure in un senso molto ampio del termine, si potrebbero definire teatrali. In questo contesto le condotte del gioco si auto-propongono e autoimpongono come espressione di fantasia e di relazione all’interno del gruppo. Ne risultano particolari forme di teatro musicale “elementare”, nel senso che elementi primordiali – voce, strumento e movimento – si integrano in ma- 29 Immagini, suoni e colori Didattica ed esperienze niera totalmente spontanea, come ben espresso dagli studi di François Delalande sulla “pedagogia della spontaneità. Il percorso, infatti, non prevede attività propedeutiche all’acquisizione di competenze tecniche specifiche: stiamo parlando sempre di un approccio basato sull’istinto al fare, in cui le condotte del gioco regolano la libera improvvisazione. Dorfles ha affermato come alla base dell’invenzione possa esserci un evento minimo e casuale: “spesso è proprio un determinato colore, un suono, un rumore, magari, o ancora, un ritmo e una cadenza di una lingua poco nota, a costituire la spinta irritativa che potrà far esplodere la scintilla dell’invenzione; e potrà anche condurre alla produzione di un’opera efficace”. Nell’esperienza di MusicaScenica la “scintilla” è rappresentata da un oggetto di uso quotidiano, da un oggetto di travestimento, da un canto, da uno stimolo sensoriale extramusicale presentato ai bambini come un problema aperto da risolvere. Il contesto fantastico ha la funzione sia di sfondo integratore sia di cornice immaginativa e facilita la partecipazione dei bambini, agevolandone un coinvolgimento emotivo e collaborativo. La convinzione che ogni atto creativo possa germogliare in un terreno di ricerca ed esplorazione, secondo procedimenti empirici di prova ed errore, dovrebbe incoraggiare l’insegnante a trovare i momenti adeguati ai propri gruppi affinché i bambini possano avere la possibilità di giocare da soli, tra pari. Le proposte di MusicaScenica, infatti, privilegiano le dinamiche del gioco e rendono possibile le spontanee azioni rappresentative agite dai 30 bambini. Fare in modo che ciascuno, individualmente e in gruppo, possa inventare, creare ed esprimersi con i suoni è uno degli obiettivi che ciascun insegnante vuole raggiungere al fine di modellare i propri interventi educativi e formativi. Nel ruolo di attivatore e facilitatore, quindi, l’educatore è parte attiva di quel processo reticolare proprio dell’atto creativo. Insegnante e allievo sono perciò coinvolti nel processo di insegnamento/apprendimento in quel circuito virtuoso in cui entrambi, da protagonisti, agiscono n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Immagini, suoni e colori Giocare a fare gli attori Il mimo, il corpo e la parola che interagisce con il suono; i personaggi, le situazioni, i luoghi, le azioni; lo spazio del teatro e della musica. Giocare con le immagini Realizzazioni e proiezioni di video, manipolazioni di diapositive, la fotografia, le ombre. Giocare con il suono Sonorizzazioni vocali e strumentali di filmati e azioni sceniche, manipolazioni del suono per mezzo di registrazioni su cui intervenire anche dal vivo, patchwork sonori come spunto per la composizione. Giocare con la voce La respirazione; l’emissione; l’articolazione; la dizione; l’espressività; l’intonazione. Giocare con la parola Elaborazione di copioni, di filastrocche, di cori parlati, di poesie sonore a partire da spunti narrativi, pittorici e fantastici. Giocare con le luci La luce e il buio, il riflettore, le torce, la penombra. Giocare con il travestimento Il trucco, le maschere, i costumi, i foulard. Giocare con la pittura Usare la scrittura come mezzo artistico e musicale e il gesto pittorico come stimolo al suono e al movimento creativo. Giocare con oggetti e materiali La carta, il legno, la plastica, le stoffe, i colori, la lana, i fili. per tentativi ed errori nella costruzione di processi conoscitivi che prendono le mosse dal fare. I giochi di MusicaScenica La partecipazione attiva e collaborativa alla costruzione di eventi musicali sostenuta da atteggiamenti di ricerca è una degli assunti che stanno alla base delle proposte si MusicaScenica. Tra l’insegnante e l’allievo si instaura un rapporto di fiducia basato sulla condivisione del lavoro comune: la costruzione dello spettacolo è l’obiettivo da raggiungere e ciascuno mette a disposizione degli altri il proprio fare e la propria creatività. In questo processo non ci sono copioni da imparare a memoria ma canovacci da costruire, interpretare e da cui prendere spunto per mettere in scena la musica. Infine, ci piace offrire alcuni canti di saluto da utilizzare in classe per iniziare e concludere i momenti delle attività musicali; rituali semplici che rassicurano e scandiscono i tempi della lezione divertendo al tempo stesso i bambini. Si tratta di Buongiorno per iniziare, per dare il benvenuto a tutti e Vola e torna a conclusione delle attività e salutare la musica che vola e torna. I canti di Alessandra Manti si prestano ad essere coreografati con gesti e movimenti che ogni insegnante potrà ideare in classe con i propri allievi. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze UdA per approfondire P. Bove, Il Teatromusicale. Un’esperienza interdisciplinare, IPOC, Milano 2006. M. Bricco, Un’idea di teatro: dieci parole-chiave per realizzare progetti teatrali nella scuola dell’obbligo, in C. Delfrati, Musica in scena, EDT, Torino 2003, pp. 29-46. F. Delalande, Le condotte musicali. Comportamenti e motivazioni del fare e ascoltare musica, Clueb, Bologna 1993. C. Delfrati (a cura di), Musica in scena, EDT, Torino 2003. G. Dorfles, Il divenire delle arti, Einaudi, Torino, 1967, p. 60. W. Keller, Ludi musici, in R. Dalmonte, M.P. Jacoboni (a cura di), Proposte di musica creativa nella scuola, Zanichelli, Bologna, 1978, pp. 115-126. J. Paynter, P. Astom, Suono e silenzio. Progetti di musica creativa per la scuola, ERI, Torino 1979. G. Rodari, Scuola di fantasia, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 61. E. Strobino, D. Vineis, Appunti di teatro musicale, in Delfrati C., Musica in scena, EDT, Torino 2003, pp. 96-120. 31 Erika Cunja* La città che vorrei La città come espressione di sé Didattica ed esperienze La città vissuta, come spazio fisico e mentale, diventa motivo di riflessione. Ogni angolo scrutato, edificio abitato, strada percorsa o mezzo utilizzato è occasione di sperimentazione, capace di suscitare emozioni e sensazioni percettive diverse. Come per l’ambientazione insita in tutte le fiabe ascoltate, così la città si compone di una serie di spazi particolari e densi di significato. Esistono gli spazi pericolosi, gli spazi del gioco e del divertimento o lo spazio più intimo e accogliente. Alcune parti della città possono essere piacevolmente ricordate come frutto di esperienze piacevoli dal punto di vista percettivo e relazionale. Sicuramente ogni bambino ricorderà la casa dei propri amici, magari non per l’ubicazione esatta, ma come elemento fisico caratterizzato da particolari colori, odori, rumori. I bambini più piccoli vivono in modo più diretto e istintivo gli spazi percorsi, costruendo così una mappa mentale del tutto originale e personale. La via dei fiori, dove vengono allestite bancarelle preposte alla vendita degli stessi, la via golosa ricordata esclusivamente per la presenza di una gelateria o il cortile del gioco, poco importa se destinato al parcheggio. “Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio… sono scambi di parole, di desideri, di ricordi” (Calvino). 7HY[LUKVKHSyTL[[LY~HZZPLTLWLaaVHWLaaVSHJP[[n WLYML[[HMH[[HKPMYHTTLU[PTLZJVSH[PJVSYLZ[V K»PZ[HU[PZLWHYH[PKHPU[LY]HSSPKPZLNUHSPJOL\UV THUKHLUVUZHJOPSPYHJJVNSPL¯SHJP[[nJ\P[LUKLPS TPV]PHNNPVuKPZJVU[PU\HULSSVZWHaPVLULS[LTWV VYHWPYHKHVYHWPKLUZH¯ 0*HS]PUV Le città descritte da Italo Calvino nella sua opera Le città invisibili appaiono quasi come presenze vive, palpitanti e dense di significato. Diventano le protagoniste di un racconto a tratti atemporale, che scaturisce dai pensieri dello scrittore, così come le città viste dai bambini prendono vita da ricordi e vissuti personali. Il bambino, possedendo ancora la capacità animistica di dotare ogni cosa di vita propria, fa respirare angoli e mura di cemento. Non solo, la vita che egli infonde è drammatizzata, così da portare la realtà all’estremo vivibile, piacevole o terribile che sia. Lo sguardo originale ed estremamente ricco dei bambini libera i luoghi della vita quotidiana dagli stereotipi e dalle riflessioni convenzionali proprie dagli adulti. Ovviamente, non è possibile misurare una città secondo uno sguardo puramente razionale che si affida solo a variabili scientifiche o a bisogni primari. Il bambino, come del resto anche l’adulto, richiede una prospettiva aperta e accogliente, capace di ascoltare anche tutta Tav. 1 t6E" La città che vorrei Obiettivo di apprendimento generale Obiettivi di apprendimento Attività Materiali Tempi Esprimere pensieri e stati d’animo legati a particolari spazi vissuti della città per arrivare ad una creazione assolutamente originale - Riflettere sulla conformazione della città a livello generale (abitazioni, strade, persone, mezzi di trasporto, elementi naturali). - Esprimere pensieri e stati d’animo attraverso il materiale a disposizione e seguendo le tecniche suggerite. - Sviluppare la manualità finegrosso motoria. - Sviluppare la percezione sensoriale - Sviluppare la propria creatività Incipit: riflessione sul tipo di città che vorrei. Svolgimento: costruzione della porzione di città individuata. Conclusione: allestimento di una grande città data da tutti i plastici riuniti - Immagini da consultare - Cartoncini rigidi (fondo album disegno, formato A3 ca). - Fogli colorati (libertà di scelta nelle dimensioni e nella grammatura). - Scatole di cartone (scatole di Cereali, riso, pasta, medicinali…). - Pennarelli, matita grigia, forbici, colla. 3-4 ore Erika Cunja * Operatrice di laboratorio, docente di Illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti Santagiulia di Brescia 32 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Immagini, suoni e colori Costruiamo la nostra città Inizialmente i bambini sono invitati alla riflessione e relativa discussione sullo spazio vissuto della città, cercando di ricordare gli ambienti più stimolanti dal punto di vista emotivo. Si passa quindi alla valutazione degli spazi più amati per scegliere cosa portare nella città desiderata, guidando la riflessione in particolare sulle vie e sugli edifici. ,ZLTWPKPKVTHUKLN\PKHWLYS»H]]PV KLSS»LZWLYPLUaH 8\HSLJHZH]VYYLZ[P]PJPUVHSSH[\H& +PJOLJVSVYL]VYYLZ[PMVZZLYVKPWPU[LSLJHZLKLSSH[\H JP[[n& *VTL]VYYLZ[PMVZZLYVJVSVYH[LSL]PLJOLWLYJVYYP& n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Ogni bambino ha a disposizione una piattaforma di cartone, abbastanza rigida, su cui costruire la città stessa. Si parte dalle strade mettendo a disposizione strisce di cartoncini colorati, di dimensioni, colori e andamenti diversi, proprio per permettere un’ampia scelta degli stessi. Le case sono ricavate da scatole di cartone facilmente reperibili, per un uso consapevole dei materiali di scarto. Scatole di cereali, di riso, di pasta, di medicinali, diventeranno abitazioni completamente rivisitate. Sarebbe utile dipingerle inizialmente con colori acrilici, per garantire una base coprente sicura, permettendo una successiva stesura con colori a tempera. La fase della coloritura rappresenta sempre un momento di grande gioia. I bambini possono infatti liberarsi attraverso la semplice gestualità legata alla stesura del colore e scoprire la magia della mescolanza dei colori stessi. I bambini si affidano al colore per richiamare la gioia, la drammatizzazione, l’identificazione più umana di ogni singolo edificio, in contrasto con le tinte sbiadite che siamo soliti vedere. Così hanno fatto Fritz Hundertwasser, Paul Klee in Castello e sole e molti altri artisti consapevoli dell’importanza della dimensione intima e sensibile che ci caratterizza. Se osserviamo le abitazioni dipinte da illustratori che si dedicano all’infanzia, notiamo quanto sia tradotta in pratica questa verità. Basti pensare ai paesi colorati di Nicoletta Costa o alle innumerevoli città schizzate e disegnate da Gek Tessaro, raccolte nel testo Il salto. Di città in città. Perfettamente consapevole dell’anima di ogni singola abitazione, nascosta sotto la superficie, Gek Tessaro sembra voler esprimere, mediante l’uso del colore, i desideri e le paure di ciascuno, come già aveva fatto Italo Calvino attraverso la parola scritta. Ogni casa viene successivamente arricchita con porte e finestre dalle forme originali preventivamente disegnate su fogli bianchi, quindi colorate, ritagliate e incollate sulle scatole. È possibile mostrare ai bambini la conformazione particolare di alcune finestre, come stimolo alla realizzazione di qualcosa di assolutamente originale. A Venezia le abitazioni presentano caratteristiche aperture che terminano con archi a sesto acuto, debitrici dell’influenza bizantina. La stessa architettura ideata dall’artista catalano Antoni Gaudì è estremamente affascinante dal punto di vista formale perché legata alle pulsioni più intime e profonde dell’uomo, al di là della ricerca puramente funzionale. Le linee che scaturiscono sono frutto della fantasia, della dimensione onirica così cara all’architetto, riflettendo tutta la carica energetica della stessa. Ritroviamo così, alla stregua di Hundertwasser, finestre Didattica ed esperienze quella sfera più relativa ed individuale data dai sogni, dalle emozioni, dai desideri. È mio desiderio presentare proposte di attività laboratoriali che lascino parlare la dimensione più intima ed emozionale del bambino, affinché lo stesso lavoro porti a risultati personali, assolutamente originali, al di là di una sterile realizzazione uguale per tutti. L’espressione di sé, attraverso diversi materiali e tecniche graficopittoriche, porta inoltre alla sperimentazione percettiva globale per una conseguente maturazione del bambino nei vari aspetti della sua persona, dalla sfera fisica a quella cognitiva. Non viene definito inizialmente l’intero percorso dell’attività, per lasciare spazio a sviluppi successivi della stessa. È forse questo l’elemento più indicativo di una didattica, intesa come esperienza davvero significativa che pone al centro del proprio strutturarsi il bambino come protagonista attivo e non esecutore passivo di determinate istruzioni. Il tema proposto diventa così spunto per riflessioni, ricerche, dialoghi, scambi reciproci su diversi livelli, permettendo modifiche di rotta. Non poniamo come obiettivo la conoscenza strutturale della città, nei suoi elementi caratteristici, verso un risultato oggettivabile, piuttosto la costruzione di una porzione di città personale, quale diretta espressione del sé del bambino. La stessa libertà espressiva si può ritrovare nelle elaborazioni architettoniche di Fritz Hundertwasser che ha costruito nuclei abitativi all’insegna dell’originalità e dei voli pindarici del pensiero fantastico. Le case, le strade e tutti gli elementi costitutivi del paesaggio urbano si caratterizzano per un’esplosione di colore e per il libero utilizzo della linea e della forma. È interessante mostrare ai bambini alcuni di questi elementi compositivi proprio per stimolarli nell’adottare un linguaggio più personale. Così non ritroveremo porte o finestre uguali, ma vicine al gesto spontaneo e alla sensibilità di ciascuno. 33 Immagini, suoni e colori Didattica ed esperienze dalle linee curve, rette, continue e spezzate, quasi volessero parlarci di memorie, emozioni, contrasti interiori dati dall’incontro con la casa costruita. Gaudí, si immedesima con l’oggetto creato, modificando il mondo e facendolo diventare parte di sé, come fa un bambino quando gioca. Terminate porte e finestre si passa alla realizzazione del tetto, attraverso un gioco creativo con la carta. È utile che l’insegnante abbia provveduto alla sistemazione di un cartoncino abbastanza rigido sulla parte superiore della scatola, su cui i bambini potranno lavorare. Si mette a disposizione di ciascuno un’ampia varietà di strisce colorate, già ritagliate o da ritagliare, strette, larghe, diritte o curve. Queste ultime diventano l’oggetto primario di trasformazione per creare decorazioni originali. L’insegnante mostra possibili soluzioni realizzabili, sia attraverso immagini, sia praticamente con il materiale a disposizione. Sarebbe interessante, nel corso del laboratorio, disegnare davanti ai bambini, mostrando di volta in volta quello che si desidera trasmettere a voce. Ho notato che attraverso il disegno “in diretta” si 34 riesce a catturare l’attenzione dei partecipanti. I bambini sono rapiti dal gesto dell’adulto e desiderano riproporlo. Secondo il pensiero di Bruno Munari è più importante far vedere come si fa una cosa piuttosto che dilungarsi in noiose spiegazioni orali. Il cartoncino può essere piegato, ritagliato e incollato formando spirali, cerchi, punte, torri… Nel corso della realizzazione del tetto, i bambini, affascinati dalla possibilità di comporre liberamente con il cartoncino colorato, hanno esteso la superficie praticabile, spingendosi al di fuori delle abitazioni stesse. Le strisce colorate sono diventate così anche strade, ponti, vie percorribili tra un edificio e l’altro per un groviglio intricato di colori. Da qui il desiderio di realizzare anche gli abitanti della città in cammino fra le case. Bruno non si accontenta di personaggi umani, ma vuole popolare la sua città di extraterrestri. “È una città un po’ strana, maestra, io uso la fantasia!”. Isabel, affascinata dalle potenzialità manipolative della carta, comincia a creare tanti anelli colorati. Dove metterli quindi? “Posso fare una festa nella mia città?”. Gli anelli diventano le luci con cui decorare le vie. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Immagini, suoni e colori n. 1 sSETTEMBREsANNO#) tutte le porzioni di città create per dar vita ad un’unica grande città colorata. I bambini rimarranno sicuramente affascinati dal risultato ottenuto. Didattica ed esperienze Clizia e Francesca hanno costruito le loro rispettive case vicine. “Così c’è poca strada da fare quando vogliamo giocare insieme”. Gli spazi bianchi, rimasti liberi in seguito all’incollaggio delle strisce, possono essere decorati con motivi scelti fra alcune opzioni proposte o totalmente inventati. Gli input iniziali devono essere visti come sollecitazioni, stimoli per lo sviluppo dell’immaginazione del bambino che può iniziare così a muoversi, dando vita a risultati diversi e originali rispetto a qualsiasi previsione. Lasciamo che i bambini ci stupiscano con i mirabolanti voli della loro fantasia. Possiamo mostrare diversi pattern decorativi semplici da copiare, rielaborare o reinventare. È stato interessante vedere come anche i bambini più timidi, pur partendo da moduli copiati, si siano poi staccati dagli stessi per dar vita a intrecci diversi, fino ad arrivare ad un’espressione quasi istintiva, simile allo scarabocchio. Rilevo spesso il desiderio di sfogare, attraverso gli atti preposti all’attività grafico-pittorica, una carica energetica sopita o tenuta nascosta. I tratti diventano così nervosi e caotici. Al termine dell’attività sarebbe interessante unire per approfondire I. Calvino, Le città invisibili, Oscar Mondadori, Milano 2002, pp. 9 e 163. G. Tessaro, Il salto. Di città in città, Artebambini, Bazzano, 2005. I materiali fotografici sono rispettivamente rintracciabili in: N. Costa: www.nicolettacosta.it F. Hundertwasser, Hundertwasser, Wieland Schmied, Taschen Edizioni, 2005. P. Klee: http://olim2010.com/wp-content/uploads/2013/01/klee.jpg G. Tessaro: http://www.lefiguredeilibri.com/wpcontent/uploads/2011/10/33_Gek_Tessaro.jpeg 35 Immagini, suoni e colori Tav. 2 tProgrammazione annuale delle attività educative Didattica ed esperienze Ottobre 36 L’albero (Erika Cunja) Dalla sua osservazione alla rielaborazione personale dello stesso, seguendo il percorso di grandi artisti. Novembre Girandole di foglie e fiori (Erika Cunja) Un viaggio alla scoperta delle forme, delle linee e dei colori che caratterizzano questi elementi naturali. Dicembre L’arca dell’impossibile (Erika Cunja) Costruzione di un’arca abitata da animali molto particolari. Gennaio La magia dell’acqua (Erika Cunja) Percorsi, abitanti e colori Febbraio Caccia al tesoro al museo: alla ricerca di… (Franco Bolondi, Margherita Bonacini) La didattica museale ha come scopo quello di stimolare i bambini a considerare e ad utilizzare i musei come luoghi dove alimentare la propria immaginazione, la capacità di ricerca e della memoria, avvicinarli ai linguaggi e alle pratiche dell’arte, proponendo loro “occhi nuovi” e ricche occasioni per osservare e interpretare. Interessante è anche la proposta di laboratori da attivare nei musei e continuare in sezione. L’insegnamento al museo è uno scambio multi-estetico dove il linguaggio, i sensi, la percezione e le impressioni visive si completavano a vicenda. Durante la visita alle collezioni museali i bambini possono raccontare le loro immediate impressioni disegnando, dialogando, esprimendo idee e posizioni, costruendo così, insieme all’educatore, “documenti di esperienza”, fonte di ispirazione per attività e progetti una volta tornati a scuola. La visita al museo può poi essere un pretesto per iniziare un progetto di approfondimento oppure può rappresentare la fase intermedia o conclusiva di un percorso già realizzato in sezione. Quanto detto vale anche per le visite a mostre tematiche o a gallerie d’arte private. Marzo La cattedrale luogo di silenzio e di incontro (Franco Bolondi, Margherita Bonacini) La visita alla Cattedrale della città costituisce un evento importante per la costruzione di itinerari didattici in relazione alla propria identità religiosa, storica e culturale. Per una città la Cattedrale rappresenta il cuore della vita spirituale e religiosa, ma anche il fulcro della vita civile. Spesso è collocata al centro della città ed è in stretta relazione con l’ambiente e il patrimonio artistico della comunità. È un luogo affettivo per tutti i cittadini, contribuisce a costruire il senso di appartenenza della collettività e spesso, nelle città italiane, è ricca di opere d’arte di grande valore che raccontano storie del tempo trascorso ma anche sempre attuali. I bambini che entrano nella chiesa più importante della loro città, hanno la opportunità di conoscere storie passate, immagini artistiche ricche di simbologie e significati, atmosfere di raccoglimento e di preghiera, di rispetto e di silenzio. Tutto ciò diventa occasione di arricchimento personale, ma rappresenta anche un grande patrimonio da rileggere, rielaborare e ricostruire una volta rientrati a scuola. Aprile Suoni profumi immagini dell’officina dell’artista (Franco Bolondi, Margherita Bonacini) Per i bambini incontrare un artista è sempre una esperienza di grande portata didattica, non solo perché consente loro di conoscere una persona con abilità e approcci particolari, ma perché permette di accedere a luoghi (lo studio dell’artista, la bottega dell’artigiano, la sala mostra) che parlano dell’arte, che fabbricano arte. Conoscere l’uso di strumenti e materiali, il processo, la storia, i gesti e i segni del fatto artistico raccontati direttamente da colui che li ha compiuti valorizza le competenze del fare arte e la rende più accessibile. È evidente che un tale incontro non deve essere proposto come momento isolato rispetto alle altre attività didattiche dell’anno in corso, ma all’interno di un percorso didattico particolare che vede in quell’incontro un momento di passaggio importante, una fase in cui il bambino possa percepire la differenza tra la visione di una opera d’arte e la creazione e realizzazione della stessa, e la possibilità di apprendere manualità e pensieri nuovi. È la didattica del fare per creare apprendendo e dell’osservare per personalizzare gesti e progetti. È un approccio culturale in prima istanza, ma con importanti risvolti sul piano della conoscenza ed espressione del sé, della relazione con le cose e i loro significati, della infinite potenzialità della creatività e della espressione. Maggio Tra le pagine di un libro (Franco Bolondi, Margherita Bonacini) La visita alla biblioteca è sempre oggetto di grande interesse e coinvolgimento per i bambini che entrano in contatto con un mondo fatto di libri, scaffali, tappeti per la lettura, poltrone per stare comodi, ma anche di immagini e personaggi, lettere, parole e caratteri. Tutto può diventare oggetto di riflessione, commento, domanda, rielaborazione, racconto e animazione, ma prima di tutto l’esperienza deve avere come obiettivo immediato la immersione nel mondo dei libri che di per sé affascinano e parlano ad ogni bambino a seconda di ciò che suscita il suo interesse in quel momento. L’amore per il libro e per la lettura nasce anche dal contatto fisico con l’oggetto-libro, dalla sua osservazione, manipolazione, dal gioco creativo e seriale che i bambini sono capaci di inventare quando si trovano in questi contesti particolari. Da non trascurare che per i bambini di scuola dell’infanzia, e non solo, leggere un libro significa soprattutto osservare le illustrazioni che sono poste a corredo e sostegno dei testi. Giugno L’allegria delle fontane (Franco Bolondi, Margherita Bonacini) In ogni citta c’è almeno una fontana rappresentativa o comunque di un certo valore artistico. Ci sono fontane antiche e riccamente decorate e abitate da diversi personaggi storici e mitologici, ce ne sono altre più moderne costruite con materiali nuovi quali l’acciaio o il plexiglas, infine altre ancora più piccole e nascoste, ma ugualmente significative perché raccontano di incontri, di chiacchiere e di segreti. Il bambino è naturalmente attratto dalle fontane, vuoi per l’acqua che scorre, o per la trasparenza e la possibilità di riflettere immagini, vuoi per la grandiosità dell’opera o per i personaggi rappresentati; tutto è oggetto di interesse e di curiosità. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Antonella D’Ambrosio* I discorsi e le parole: un lungo viaggio Paesi e completamente all’oscuro della conoscenza della lingua italiana. Utilizzando il linguaggio dei gesti, delle emozioni e dei sentimenti essi riescono ad entrare in relazione con gli insegnanti (che a loro volta si avvicinano ad essi con empatia e affetto) e, attraverso il gioco, chiave capace di aprire tutte le porte, con i compagni. Il linguaggio non verbale dà quindi inizio alla comunicazione, ma quando nei piccoli comincia ad evolvere il linguaggio verbale quel tipo di espressività non muore ma va a rafforzare e a chiarire meglio ciò che essi vogliono dire. Secondo la scuola di Palo Alto il linguaggio infatti è un processo comunicativo nel quale si distinguono due componenti che riguardano rispettivamente la modalità di interazione tra persone e i contenuti della comunicazione stessa. In pratica sussiste una doppia comunicazione che insieme dà significato al messaggio trasmesso ed è insita soprattutto nei bambini che amano comunicare in modo quasi globale, con la voce ma anche con tutto il loro corpo. Gli insegnanti prestano particolare attenzione a questi processi iniziali creando situazioni che agevolino i normali processi evolutivi del linguaggio. Didattica ed esperienze l campo di esperienza de “I discorsi e le parole”, nel lungo cammino intercorso tra gli “Orientamenti” e le “Indicazioni” ministeriali, ha mantenuto, a differenza di quasi tutti gli altri campi, oltre alla sua dicitura originale, una struttura precisa e particolare, sempre attuale e impregnata di un significato forte. La società in rapida evoluzione ha dato vita a nuove forme di apprendimento e a nuove fonti di sapere creando così differenti necessità che hanno portato a modificare e attualizzare in parte anche le strutture dei programmi e delle indicazioni ministeriali. Questo campo di esperienza riesce a rimanere attuale attraverso gli anni e i cambiamenti perché è alla base dello sviluppo della comunicazione verbale di ogni bambino, di ogni essere umano. L’ingresso alla scuola dell’Infanzia segna un momento importante e cruciale per tutti i bambini. I codici comunicativi di tipo affettivo non sono gli stessi che essi utilizzano in famiglia, l’ambiente è nuovo e le figure adulte quasi sempre sconosciute. La necessità di far capire i propri bisogni e di entrare in contatto con i pari e con gli adulti determina uno sforzo iniziale enorme anche se ben supportato dagli insegnanti che li accolgono in un ambiente adeguato con professionalità, dedizione e affetto. Molti bambini in quel frangente utilizzano ancora soltanto il linguaggio del corpo. Essi riescono comunque a farsi capire, possono esprimere tristezza, allegria, disagio, dolore attraverso quei codici del corpo che superano ogni barriera linguistica. Si pensi ai bambini appena arrivati in Italia da altri I Qualcosa di cui tenere sempre conto Occorre offrire opportunità educative affinché il complesso meccanismo del linguaggio divenga patrimonio del bambino e quest’ultimo possa diventare padrone della lingua a cui appartiene. Ricordando brevemente le finalità di questo campo di esperienza sarà più semplice collocare e definire le proposte didattiche che seguiranno e che ci accompagneranno in questa nuova annata della rivista. Avere fiducia Il bambino deve sentire attorno a sé fiducia e comprensione in modo da poter rafforzare la propria autostima e acquisire quella necessaria fiducia nelle proprie capacità comunicative ed espressive. Deve sentirsi accolto e accettato per il bambino che è, non percepire attorno a sé aspettative né sommarie valutazioni. Può succedere che gli insegnanti valutino alcuni aspetti non positivi dei propri bambini a voce Antonella D’Ambrosio * Insegnante scuola dell’Infanzia n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 37 I discorsi e le parole alta con altri colleghi pensando di non essere ascoltati. Ciò non è sempre vero e quando questo accade il bambino si sente mortificato e può fare poi fatica ad essere spontaneo, perde serenità e fiducia in se stesso, sente di non essere adeguato senza capirne il perché e senza avere gli strumenti per uscire da quel suo stato di malessere. Didattica ed esperienze Esprimersi e ascoltare Una volta che i bambini acquisiscono sicurezza in se stessi generalmente iniziano a definire il rapporto con il loro interlocutore. In genere ciò avviene quando essi si rendono conto che gli altri possono avere idee e opinioni diverse dalle loro. Gli insegnanti invitano i bambini al dialogo (ad esempio nel momento della conversazione nel cerchio) anche per agevolare questa consapevolezza andando però spesso a cozzare contro l’egocentrismo, caratteristica tipica dell’età. Attraverso l’invito ad esprimersi e ad ascoltare l’insegnante può aiutare i piccoli a decentrarsi e ad aprirsi via via sempre di più all’altro. Occorre offrire ai bambini gli strumenti per aiutarli ad entrare nella dimensione dell’ascolto. Essi in questo modo riconoscono all’interlocutore il diritto di esserci e di avere idee da comunicare: questa situazione si può definire come una premessa alla capacità di dialogo. Discutere per capire I bambini possono poi essere indirizzati verso la pratica della discussione prima in piccolo e poi in grande gruppo. Attraverso questa modalità essi hanno la possibilità di identificare e capire diversi punti di vista e di affrontare e risolvere piccoli conflitti. Per fare questo essi devono mettere in atto tutta una serie di modalità comunicative di livello. Ad esempio dovranno provare a farsi capire e ad esprimere meglio le proprie idee utilizzando codici condivisibili da tutti. Potranno riconoscere di avere delle idee personali, nate anche dalla comparazione con quelle ascoltate dagli altri bambini, e di saperle manifestare. Io e il mondo attorno a me Gli insegnanti potranno creare occasioni di esperienza diretta per agevolare il superamento del sincretismo tipico dell’età infantile. Queste possono aiutare infatti i bambini ad analizzare la realtà che li circonda in modo via via sempre più complesso. Inoltre i piccoli saranno stimolati a raccontare di sé, del loro vissuto anche quello più immediato. È importante che i bambini sappiano raccontarsi, anche sollecitati dall’adulto e riescano ad esplicitare le emozioni provate ad esempio in una domenica di sole a spasso con i genitori o in occasione particolare... L’insegnante può favorire lo sviluppo linguistico attraverso la conversazione regolata. Egli ricopre un 38 ruolo di stimolo e di proposta focalizzando l’attenzione sugli aspetti di cui il bambino parla chiarendone, se necessario, i significati e riformulando frasi incomplete o involute. È significativo ricordare che H. Gardner inserì nelle sue “sette intelligenze” che rappresentano i sette modi per conoscere il mondo, quella linguistica. Parlare per capirsi e per giocare All’interno della giornata scolastica si possono creare moltissime occasioni formali e informali in cui l’insegnante e i bambini parlano tra loro e in tutte lo scambio linguistico può essere produttivo e motivato. Lo scambio verbale tra pari, oltre che nei momenti strutturati della giornata educativa avviene soprattutto durante il gioco simbolico, dove i bambini si calano completamente anche in personaggi diversi da loro. È importante quindi prevedere spazi ludici in sezione che agevolino l’approccio, anche dei più piccoli, al gioco simbolico. Leggere e scrivere L’approccio alla lettura e alla scrittura sarà vissuto non come alfabetizzazione vera e propria ma come lavoro di ricerca. Perché ciò possa operativamente concretizzarsi, occorrerà che gli insegnanti seguano i ritmi individuali di ognuno e si adoperino per attrezzare e disporre l’ambiente creando situazioni che stimolino curiosità verso la lettura e la scrittura e organizzando esperienze significative. Le favole comunicano… L’utilizzo della fiaba, in tutte le sue funzioni, rappresenta un porto sicuro da cui i bambini possono partire e arrivare passando attraverso le più svariate esperienze comunicative, affettive, emotive… come spiega meglio di chiunque altro B. Bettelheim: “Dato che la vita è spesso sconcertante per lui, il bambino ha un bisogno ancora maggiore di poter acquisire la possibilità di comprendere se stesso in questo complesso mondo con cui deve imparare a venire ai patti. Per poterne essere capace, deve essere aiutato n. 1 sSETTEMBREsANNO#) I discorsi e le parole a trarre un senso coerente dal tumulto dei suoi sentimenti. Egli ha bisogno d’idee sul modo di dare ordine alla sua casa interiore, per poter creare su tale base l’ordine nella sua vita. Ha bisogno – ed è superfluo sottolinearlo in questo momento della nostra storia – di un’educazione morale che sottilmente, e soltanto per induzione, gli indichi i vantaggi del comportamento morale, non mediante concetti etici astratti ma mediante quanto gli appare tangibilmente giusto e quindi di significato riconoscibile. Il bambino trova questo tipo di significato attraverso le fiabe. … Schiller scrisse: “c’è un significato più profondo nelle fiabe che mi furono narrate nella mia infanzia che nella verità qual è insegnata dalla vita”. per approfondire B. Bettelheim, Il mondo incantato, Feltrinelli, Milano, 2003 p. 11. H. Gardner, Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano 1993. Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative Obiettivi Ottobre Io mi racconto… Un percorso autobiografico, capace di abbracciare tutte e tre le età della scuola dell’infanzia. L’obiettivo è di riuscire ad indirizzare il bambino verso la capacità di raccontare la propria vita così da poterla vivere consapevolmente e non da spettatore. Novembre Tanti paesi, una sola bandiera. Uno stato in tanti stati, è la classe dove vivono la propria giornata i bambini di culture diverse, ma che appartengono ad una stessa sezione. Un lavoro sull’intercultura dove la curiosità verso un atlante geografico e le storie di ogni bambino fanno nascere attività differenti a partire dall’osservazione, la comunicazione, i diversi Stati, le differenze per giungere infine a tutti quei bellissimi colori e a quelle forme che contraddistinguono le diverse bandiere e che potranno conducono giocosamente i bambini verso il pregrafismo… e all’invenzione di un’unica bandiera, quella della loro classe! Dicembre Parole e libri sul Natale. Ogni evento speciale della vita viene vissuto dai bambini con particolare emozione: il Natale rappresenta un momento singolare per ognuno e anche la vita scolastica in quel periodo è avvolta da un clima magico. Le parole dei bambini possono diventare uno dei regali più belli! Così come la costruzione di un albero davvero particolare e… tutto da leggere! Gennaio Gioco con le parole… Cosa ti viene in mente se ti dico la parola…? Anche una sola parola può innescare nel bambino un processo di conoscenza che parta da lui e dal suo piccolo mondo. L’utilizzo del “Frame” da parte degli insegnanti può rivelarsi spesso utile e divertente. Il bambino impara a raccontare le sue esperienze attraverso “script” di varie sequenze e può infine raggiungere l’obiettivo, da solo o in gruppo, di creare un racconto con caratteristiche precise: è il “racconto ben formato”. Febbraio Carnevale da inventare! I bambini, attraverso il Carnevale, scoprono l’origine di alcune maschere tipiche italiane. Successivamente ognuno di loro inventa la “sua” maschera progettandola e costruendola con carta e materiale di recupero. Dai personaggi delle maschere nasce una storia e dalla storia una festa con tanto d’invito ai compagni delle altre classi scritto dai bambini. Marzo Storie per tutte le stagioni. Il tempo che passa è scandito dalle stagioni che, come una giostra, girano e tornano immancabilmente ogni anno. Attraverso le storie delle stagioni, i bambini possono consolidare le loro conoscenze in materia e dare vita ad una serie di attività espressive e grafiche che li aiuteranno ad acquisire un sistema di sequenza logica da applicare anche a tanti altri eventi della loro vita. Aprile Vorrei leggere come te… Attività e contesti per accompagnare i bambini nel magico mondo della lettura… passando dalla pre-lettura. Maggio Comunicare diversamente. La “Comunicazione Aumentativa Alternativa” è una pratica molto utile per i bambini diversamente abili (e non) con difficoltà comunicative, ma ancora poco in uso perché generalmente sconosciuta. In questo contributo verrà illustrato un percorso semplice, ma molto efficace ed alcune idee per utilizzare al meglio questa risorsa. Giugno Storia di una collana di perle. I bambini, attraverso la storia di una lunga collana di perle che si srotola magicamente, potranno essere i protagonisti di un divertente percorso di pre-scrittura da portare fieramente nello zaino quando affronteranno il primo giorno di scuola Primaria. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze UdA 39 Eleonora Belli, Chiara Sacchi* Quando le domande si fanno esperienza 3HJVUVZJLUaHUVUu\UHZ[Y\[[\YH]LY[PJHSLJVTL\U NYH[[HJPLSVTHuMVYTH[HKH\UYL[PJVSVKPYLSHaPVUPJVU [PU\HTLU[LTVKPMPJHIPSP Didattica ed esperienze )4\UHYP]LKP9LZ[LSSP Non si finisce mai di imparare I processi di apprendimento sono sempre associati a domande di grande impatto e la ricerca della risposta spesso avviene lungo il percorso dell’intera vita. Chi sono io? Cosa accade intorno a me? Intorno a noi? Le risposte di ciascuno di noi sono l’interpretazione delle nostre esperienze individuali. Ogni singolo individuo costruisce una immagine del mondo personale e questa rappresentazione della realtà vale anche per la costruzione dell’idea di numeri, quantità e simboli. I bambini sviluppano queste idee a partire dai primi anni di vita e sono naturalmente attratti dalle strutture di ordinamento matematiche presenti nella realtà quotidiana che intervengono in ambito spaziale e temporale. La matematica descrive gli eventi della natura, le scienze sociali ed economiche utilizzando modelli matematici, facendone una rappresentazione. Si manifesta nelle azioni concrete del misurare, confrontare, ordinare ma gli oggetti matematici sono astratti come anche il linguaggio che utilizza. I contesti di apprendimento matematico Accogliere le domande fondamentali che i piccoli ci pongono lasciandoci coinvolgere dalle loro interpretazioni, significa saper sostenere la curiosità intorno ad un argomento, la motivazione a ricercare sempre il nuovo ed aprirsi al confronto. Le strategie di acquisizione sono molteplici e diverse, ciò che i bambini mettono in atto è in gran parte legato a quello che gli adulti educatori permettono loro di fare e alla considerazione delle loro potenzialità. I contesti didattici dati dalla fisicità e dalla concretezza della sezione riflettono la professionalità docente. È esperienza consolidata nella didattica porre cura all’ambiente fisico d’apprendimento in cui tutto, materiali, spazi, tempi promuovono una continua interazione sensoriale attraverso la quale ogni bambino inizia a costruire le sue conoscenze. C’è anche un ambiente sociale, fatto di incontro e dialogo tra pari e adulti, indispensabile per la costruzione di significati personali e condivisi. Le routine quotidiane, i giochi e i percorsi didattici concorrono alla strutturazione di abilità e conoscenze in contesti ludici e del fare che assicurano il piacere esplorativo della matematica ricercando la precisione e la concisione del linguaggio specifico. Le esperienze che avvengono a scuola devono creare competenze spendibili attraverso il dialogo e la condivisione nella realtà quotidiana non solo scolastica ma anche esterna. Non dobbiamo dimenticare che molti dei saperi dei bambini emergono in momenti non scolastici e non coincidono con l’insegnamento degli adulti. Le situazioni naturali di apprendimento sono complesse e trasversali a tutte le discipline e attivano competenze di tipo individuale, sociale e metacognitivo. In queste dinamiche l’insegnante non è solo organizzatore di esperienze e facilitatore di comunicazione e processi, ma diventa soggetto che si pone in ascolto riconoscendo ciò che è intuizione da sostenere o difficoltà da superere con un’ulteriore domanda, è flessibile perché è capace di Eleonora Belli, Chiara Sacchi * Docenti di scuola dell’Infanzia 40 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) modificare il proprio comportamento e le proposte successive. “Quando l’insegnante si pone dal punto di vista dell’apprendimento la sua prospettiva cambia. Gli appare con maggiore evidenza come il compito consista nella facilitazione dei processi di personale conquista dei significati da parte degli alunni, piuttosto che nello sforzo di far loro acquisire, memorizzare, ripetere informazioni e concetti forniti già ben confezionati… Il principale criterio si può esprimere in un modo apparentemente paradossale: insegnare il meno possibile, far scoprire il più possibile”. Con queste parole di Italo Fiorin possiamo descrivere una didattica della matematica basata sull’esplorazione, sulla problematizzazione, sulla socializzazione dei significati che promuove la capacità di: s UTILIZZAREUNLINGUAGGIOSPECIlCOEPERTINENTE s RAGIONAREFAVORENDOCONNESSIONIESPLORAZIONE EVERIlCADIINTUIZIONIESCOPERTE s CREARECONSAPEVOLICHEILFAREDIVENTAILCANALE stesso di apprendimento e ogni oggetto proDOTTOÒCARICODISIGNIlCATI s ACCOGLIERE IL CONFRONTO CON I PARI E LADULTO I diversi punti di vista e approcci differenti alla RICERCA LA COOPERAZIONE NELLAPPRENDIMENTO trova sostegno nella condivisione, nella distribuzione dei compiti, nell’esercizio paziente di attesa dell’altro, nell’aiuto reciproco. Le competenze non sono intese come punti di arrivo, ma come nuclei orientativi che oltre a guardare al futuro mettono l’alunno in condizione di agire già nel presente nel modo più consapevole ed autonomo possibile in relazione al suo sviluppo ed età. Il curricolo progressivo e continuo accoglie, promuove ed arricchisce l’esperienza dei bambini, consapevole ed oggettiva attivata attraverso numerosi mediatori quali oggetti, gesti, immagini e parole. Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo si legge: “Acquisire competenze significa giocare, muoversi, manipolare, curiosare, domandare, imparare a riflettere sull’esperienza attraverso l’esplorazione, l’osservazione e il confronto tra proprietà, quantità, caratteristiche, fatti; significa ascoltare e comprendere narrazioni e discorsi, raccontare e rievocare azioni ed esperienze e tradurle in tracce personali e condivise, essere in grado di descrivere, rappresentare e immaginare, “ripetere” con simulazioni e giochi di ruolo, situazioni ed eventi con linguaggi diversi”. Una scuola che vuole promuovere contesti d’apprendimento non avrà come attenzione primaria la preoccupazione di avere un prodotto finito al termine di ogni giornata, ma lo stimolare il protagonismo del bambino nella costruzione del suo sapere. Dare attenzione a come si procede significa osservare oggettivamente la realtà, riflettere e avere cura delle cose che si fanno e delle persone che ci sono accanto. La dimensione affettiva e quella cognitiva sono interdipendenti. Oggetti inusuali non saranno preclusi alla ricerca e risolvere problemi apparentemente per grandi sarà una sfida avvincente. Alcune domande troveranno risposte comprensibili perché sperimentate attraverso giochi, libri, esercizi. Altri spunti di ricerca potranno nascere da una considerazione uscita durante una conversazione, dalla rilevazione di un atteggiamento provocato da un evento che fa decidere di avviare l’indagine perché tutto ciò stuzzica la nostra voglia di sapere, o ci appassiona. È importante passare molto tempo a fare confronti ed osservazioni per aumentare la padronanza visiva, utile nella comprensione soprat- Sequenze ordinate. Ritmo di colori e di forme. Competenze mosse dalla realtà n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze La conoscenza del mondo 41 Didattica ed esperienze La conoscenza del mondo Confronto di quantità. tutto della geometria, ed è necessario favorire l’apprendimento metacognitivo fin dalla scuola dell’infanzia, guidare al senso del linguaggio e alla logica del ragionamento comunicativo per dare organizzazione ai modelli mentali spontanei che si formano mentre si apprende. Organizzare esperienze significative In un’ottica di co-costruzione la ricerca di senso deve orientare ogni proposta educativa, ed ogni esperienza ha diverse angolazioni di lettura e diversi protagonisti. Il senso nasce dal rispetto di ciascuno, dal riconoscimento dei più piccoli, dall’ascolto dei bisogni e dei desideri, dalla consapevolezza di far parte di una comunità e dal dialogo che questa comunità sa mettere in atto. Spesso interessi e richieste non vengono esplicitate in modo evidente dai bambini, anche imparare a fare domande è un traguardo da perseguire che ha che fare con lo sviluppo della consapevo- 42 lezza di sé, della percezione e delle abilità espressive e richiede tempi lunghi. Il corpo e la mente interagiscono in un ciclo di azione, scoperta, formalizzazione del sapere. Può essere necessario raccogliere molti dati da parte di chi osserva, prima di arrivare a porre un interrogativo che esprima in modo chiaro una curiosità. Le situazioni problematiche, così stimolanti per avviare percorsi di apprendimento efficaci, inizialmente sono confuse ed è difficile riuscire a formulare un quesito preciso da cui cominciare: spesso c’è bisogno di tastare la realtà circostante facendo prove e tentativi che potrebbero portare in altre direzioni e ad altre conoscenze, ma che non per questo risultano inutili. Pensando a questa nuova annata abbiamo scelto di presentare alcune esperienze scaturite da situazioni in cui gli oggetti (libri, strumenti scientifici, giocattoli) o i bambini stessi nascondevano qualche domanda che ha suscitato l’apprendimento e lo sviluppo di alcuni elementi della matematica. Eccole nella tav.1: sono da considerare come spunti per individuare ulteriori quesiti e nuovi percorsi. per approfondire P. Catellani, Pensare contesti per bambini che crescono, Editrice La Scuola, Brescia 2006. I. Fiorin, La buona scuola, processi di riforma e nuovi orientamenti didattici, Editrice la Scuola, Brescia 2008. R. Prott, C. Pressing (a cura di), Integrare le diversità. Un Curriculum per l’educazione dell’infanzia, Edizioni Junior, Bergamo 2007. B. Restelli, Giocare con tatto, Franco Angeli, Milano 2002, p. 17. P. Ritscher, Slow school, Giunti, Firenze 2011 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) La conoscenza del mondo Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative Esperienze Competenze matematiche Ottobre Non si torna indietro: dove si passa? Una storia e un gioco per immedesimarsi in principi, principesse, cavalieri, mostri marini. Situazioni in cui è stimolata la capacità di pensare e mettere in relazione elementi per superare difficoltà. Novembre C’è tutto? Una grande nevicata pone rivalità tra 2 paesi che t3BQQSFTFOUBSFTVMMBCBTFEJJOEJDB cercano di sopraffarsi creando immensi pupazzi di zioni verbali. neve. Un evento straordinario trasformerà i 2 pupazzi t0TTFSWBSFFSJDPSEBSFJQBSUJDPMBSJEJ in un solo pupazzo in cui nessun elemento verrà immagini. perso. Ma come sarà il nuovo pupazzo di neve? t$POGSPOUBSFFTPNNBSFFMFNFOUJ Dicembre Chi vince? Costruiamo le carte dei supereroi Gennaio Come è fatto un Una piccola biblioteca libro? di libri autoprodotti curiosi e diversi tutti da “ leggere”. Maneggiando i fogli di carta impariamo ad orientarci tra i riferimenti spaziali per collocare le nostre rappresentazioni. t0SJFOUBSTJJOVOPTQB[JPHSBmDP t%JTUJOHVFSFFDPMMPDBSFFMFNFOUJ compositivi Febbraio Come liberare il Grande Puffo? Gargamella ha rapito il Grande Puffo e ha reso impraticabile le strade per raggiungere il luogo in cui è rinchiuso. 3JDPTUSVFOEPTFRVFO[FPSEJOBUFJCBNCJOJQPUSBOOP riuscire nell’impresa. t$PTUSVJSFTFRVFO[FPSEJOBUFBMUFS nando colori, oggetti, numeri. t*OEJWJEVBSFHMJFMFNFOUJNBODBOUJEJ sequenze ordinate. Marzo Cosa vedi nella lente? Una grande lente d’ingrandimento dà la possibilità di trasformare alcune parti del corpo. Un microscopio offre la possibilità di vedere particolari che ad occhio nudo sfuggono. Questi oggetti attirano la curiosità dei bambini e aiutano a riflettere e operare con le dimensioni. t3BQQSFTFOUBSFHSBOEF[[F t*OHSBOEJSFFSJNQJDDJPMJSFGPSNF Aprile Come si fa un disegno che sta in piedi? Qualche piega e pochi tagli in un foglio di carta e ci avviciniamo alla terza dimensione in modo semplice e preciso. Che divertimento! t3JDPOPTDFSFFEFOPNJOBSFBMDVOF forme geometriche t$PNQSFOEFSFDPOTFHOFWFSCBMJF visive in successione Maggio Quanti siamo in casa, a scuola? Il numeri del corpo umano da scoprire e immaginare t0QFSBSFSBHHSVQQBNFOUJ t$POUBSFFSBQQSFTFOUBSFJOVNFSJ Giugno La bilancia è in equilibrio? La ricerca di porre in equilibrio se stessi e oggetti ha dato l’occasione di conoscere uno strumento di misurazione come la bilancia a due bracci. Operazioni di conteggio hanno creato le condizioni di equilibrio. t$PHMJFSFMFDBSBUUFSJTUJDIFEFMMBCJMBO cia t"HHJVOHFSFFUPHMJFSFQFSDSFBSFQB rità/uguaglianza t3BQQSFTFOUBSFPQFSB[JPOJ n. 1 sSETTEMBREsANNO#) t$PHMJFSFMBSFMB[JPOFUSBFMFNFOUJ spaziali. t3JDPTUSVJSFVOBNCJFOUFEJHJPDP sulla base di indicazioni verbali. t1FOTBSFTUSBUFHJFQFSTVQFSBSFEJGm coltà. t1PSSFJOTVDDFTTJPOFB[JPOJ Didattica ed esperienze Domanda esplorativa t$POGSPOUBSFFSBQQSFTFOUBSFRVBO tità t3JTQFUUBSFMFUVSOB[JPOJEJHJPDP 43 Elena Ferrari* Come immagini che succeda? elle Indicazioni nazionali, in particolare nel campo di esperienza La conoscenza del mondo, troviamo scritte queste parole: “i bambini esplorano continuamente la realtà... la curiosità e le domande sui fenomeni naturali, su se stessi e sugli organismi viventi, possono cominciare a trovare risposte guardando sempre meglio i fatti del mondo... imparano a fare domande, a dare e a chiedere spiegazioni... i bambini elaborano la prima organizzazione fisica del mondo esterno attraverso attività concrete...”. La scuola dell’Infanzia può diventare un ambiente di apprendimento ideale per il bambino di questa età, poiché in essa si può far ricerca intorno ai fatti e i fenomeni del mondo circostante, trasformandosi in un laboratorio di vita, consentendo all’alunno di passare dall’immaginazione alla formalizzazione dell’esperienza. Le finalità che si vogliono raggiungere quest’anno, mediante un percorso didattico scientifico, riferito all’ambito denominato nelle Indicazioni nazionali come Oggetti, fenomeni, viventi, sono le seguenti: far percepire al bambino l’ambiente animato ed inanimato che lo circonda, con osservazioni ed esperimenti e soprattutto favorire nell’alunno la formulazione di ipotesi che nascano proprio dalla sua capacità di immaginare come succede un fenomeno. In questo modo si aiuteranno i bambini a trovare le risposte ai loro perché e, operando come protagonisti del loro sapere, le scoperte che faranno, li porteranno a porsi altre domande. Secondo la teoria delle intelligenze di Gardner, il quale propone un superamento della concezione unitaria di intelletto, l’abilità di percepire con precisione il mondo visivo, di manipolarlo, di cambiarlo, a livello di immagini mentali, riuscendo a creare elementi visivi anche senza input concreti cui riferirsi, è tipico dell’intelligenza spaziale. Sarà importante, quindi, tenere in considerazione il ruolo cruciale che ha questo tipo di intelligenza nell’approccio alla scienza in tutti i suoi aspetti. Nel mondo accadono fenomeni che riguardano tutte le discipline della scienza: botanica, zoologia, Didattica ed esperienze N biologia, chimica, fisica e tecnologia. Il bambino che osserva, fa incursioni in ognuna di esse. Alcune possono apparire inusuali da trattare nella scuola dell’Infanzia, tuttavia, i bambini di questa fascia d’età, vogliono capire seriamente come funzionano tutte le cose, anche se non sono sempre in GRADODICLASSIlCARECIÛCHEOSSERVANOPERQUESTO hanno bisogno di adulti che siano così flessibili nell’offerta formativa, da saperli aiutare a trovare risposte loro accessibili e tener vivo in loro l’interesse alla scoperta. A volte si predispongono delle attività didattiche molto belle, ma spesso nascono più dagli interessi dei docenti che dai messaggi lanciati dai bambini. Un giorno mentre disegnavano i personaggi di una storia letta, gli alunni stavano parlando del temporale: di come faceva paura, ma anche di come apparivano di colpo i nuvoloni e dopo i lampi e i fulmini o di quando si sentivano i tuoni. I disegni furono fatti con impegno, ma con altrettanta passione i bambini si erano raccontati come avveniva un temporale! Occorre saper ascoltare i bambini con attenzione e riuscire a concedere spazi e tempi, nella progettazione, ai loro interessi anche se ciò vuol dire mettere da parte i nostri. Compito dei docenti è favorire, nel migliore dei modi, la formazione di intelligenze capaci di risolvere problemi e trovare nuove soluzioni, pensando agli alunni come cittadini di domani, in un’epoca dove la rapidità dei mutamenti, richiede all’uomo la capacità di cambiare continuamente le prestazioni. Lo sviluppo del bambino è un lungo viaggio verso ciò che è nuovo e l’incontro con il nuovo non lascia mai indifferenti: si hanno risposte agli stimoli che possono essere sia positive, come l’apertura e la curiosità, sia negative come la paura o la frustrazione. L’insegnante quindi dovrà guidare i bambini nell’approccio a quello che sta loro attorno, che sta fuori, aiutandoli ad affrontare la scoperta del mondo fisico e naturale, senza abbandonare nulla al caso: per garantire ciò, gli interventi andranno progettati secondo modalità corrette. Elena Ferrari * Docente di scuola primaria 44 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) La conoscenza del mondo Prima di tutto occorrerà che le attività siano proposte in modo graduale, per lasciare il tempo alla sedimentazione e per far stabilizzare l’esperienza PRECEDENTEINOLTRESARÌIMPORTANTESAPERSOSTENERE i bambini nel passaggio tra il noto e l’ignoto, rassiCURANDOLIEINCORAGGIANDOLIULTIMOMANONULTIMO sarà necessario difendere gli alunni da situazioni pericolose o dannose rispettando le norme sulla sicurezza nella scuola, quando si prepareranno le attività. Argomenti delle esperienze Modalità organizzative L’acqua Nella seconda esperienza si parlerà dell’acqua e delle trasformazioni nei vari stati: solido, liquido e gassoso. I giochi e gli esperimenti che verranno trattati riguarderanno non solo il senso del tatto ma anche il gusto perché i bambini potranno mangiare ghiaccioli preparati da loro in precedenza. Didattica ed esperienze Con tali proposte didattiche (vedi tav.1), si vogliono offrire agli alunni: spazi adeguati nella scuola da adibire a laboratori operativi dove trovare oggetti da manipolare e strumenti da conoscere nelle loro FUNZIONITEMPIEOCCASIONIPERDARELAGIUSTASPINTA a crescere e per favorire la conquista completa del linguaggio, con l’arricchimento del lessico della diSCIPLINALUOGHIMENTALIDOVESIAPERMESSOADOGNI bambino di tentare e sbagliare per imparare. Ogni percorso dovrebbe partire da una conversazione dove la maestra, o dopo aver ascoltato discorsi precedenti degli alunni o per qualcosa successo in aula, pone corrette domande-stimolo del tipo “come ti immagini avvenga quella cosa?” e non del tipo usato più comunemente “cosa sai di quel fatto?”. La prima domanda apre nuovi processi di apprendimento, perché il bambino cerca DI DESCRIVERE CIÛ CHE SI IMMAGINA NELLA SUA TESTA invece l’altro modo di domandare, porta l’alunno a raccontare la sua esperienza passata o ciò che altri gli hanno spiegato in merito, senza apportare nulla di suo se non il suo sapere. Il suono Nella prima esperienza si parlerà del suono e la domanda-stimolo da cui si partirà sarà “Come immagini arrivi il suono alle tue orecchie?”. Naturalmente gli alunni dovranno aver sperimentato negli spazi adeguati il suonare gli strumentini Orff, i materiali vari, il manipolare radioline, sveglie, campanelli, l’ascolto di casse audio di varia grandezza. Il cielo L’esperienza che avrà come argomento il cielo è un progetto che affascinerà gli alunni e li coinvolgerà in storie di eroi mitologici, i cui nomi oggi vengono utilizzati per denominare pianeti e costellazioni. Nel periodo natalizio poi come si fa a non parlare di stelline e stelle comete senza domandarci nulla di esse? Il cane Gli animali costituiscono per il bambino fonte di curiosità, interesse e, nel caso di quelli domestici, un’esperienza affettiva di importanza notevole. Si è voluto trattare l’argomento per dar la possibilità agli alunni di portare i loro vissuti, per fare ricerche utilizzando libri con foto ed avere una conoscenza precisa, per approfondire alcuni aspetti della conoscenza di un tipo di animale domestico con indicazioni che venissero da esperti come veterinari o allevatori. Le erbe aromatiche e le fragole Dopo l’inverno, alle prime avvisaglie di primavera, la natura ci offre l’occasione di indagare sulle trasformazioni nel mondo vegetale attraverso la realizzazione delle varie sequenze della crescita delle piantine sia di frutti come le fragole o di erbe aromatiche che potranno poi servire anche alla cuoca della scuola. Si partirà dal piantare proprio i semi nei vasetti per poi passare alla deposizione nella terra del vaso delle piantine germogliate. Per poter seguire la crescita dall’inizio occorre partire proprio in quel periodo dell’anno. Fondamentale sarà la documentazione fotografica degli sviluppi e anche i ragionamenti sulle previsioni e sulle probabilità di nascita e raccolta dei prodotti. Strumenti per indagare il mondo Nell’aula sarebbe importante predisporre dei veri e n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 45 La conoscenza del mondo Didattica ed esperienze propri angoli con gli strumenti della scienza come lenti d’ingrandimento di varie grandezze, magneti e calamite, torce e lampade, meridiane, contenitori vari, bilancine di tipo diverso anche giocattolo, metri, righelli, cannocchiali e così via. I bambini devono poter provare ad usare gli oggetti in ogni momento della giornata: nelle attività guidate dal docente ma anche nei momenti di gioco libero. Naturalmente, occorrerà stabilire fin dall’inizio delle regole precise da osservare per fare un uso corretto e rispettoso delle cose e degli altri. Tutto ciò è importante perché molte domande o ipotesi possono nascere nei momenti più impensati e non possiamo racchiuderle in tempi prestabiliti, che possano avere un inizio e una fine. Così, quando verranno trattati argomenti come luce ed ombra, la misura delle cose o l’indagare in profondità, i bambini avranno avuto la possibilità concreta di fare esperienza di manipolazione, di conoscenza dell’uso e del funzionamento di alcuni oggetti. In tal modo usciranno più facilmente domande ed ipotesi e, di conseguenza, l’immaginazione dei fenomeni sarà maggiormente aiutata. Luce e ombra Giocare con la luce è sempre molto accattivante per i bambini: in aula si potranno adoperare lampade DATAVOLOETORCEABATTERIAINCORTILESIPIANTERANNO bastoncini che diventeranno meridiane. Il vissuto del buio messo in pieno contrasto con la luce, ci permetterà di parlare delle paure che suscita e l’ombra diventerà una compagna di gioco. Camminare per rispettare l’ambiente Nella nostra epoca è di fondamentale importanza educare alla salvaguardia dell’ambiente. Per cui non deve mai mancare, in ogni percorso didattico di scienze, un passaggio dedicato all’ecologia. E poiché la strategia metodologica più idonea nella scuola dell’infanzia è il gioco, dovrà prevalere l’aspetto ludico nelle attività e allora si è pensato di promuovere la motricità, ma rivestendola di un significato vitale come il poter ridurre l’impronta ecologica dell’uomo nel mondo, imparando a camminare per utilizzare sempre meno i mezzi di trasporto inquinanti. Si faranno file indiane per simulare le passeggiate sui marciapiedi in città e per partecipare alle iniziative dei comuni. Come si misurano le cose? Le misurazioni sono prove che i bambini fanno abitualmente quando travasano sabbia e terra in cortile o farine e zuccheri in cucina. Sarà divertente inventare sistemi di misurazione del peso non convenzionali con contenitori di varie dimensioni e bilance di diversi modelli. Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative Obiettivo generale 46 Titolo Attività Ottobre Individuare e conoscere le onde sonore. Il suono Giochi con il corpo, suonare i metallofoni, utilizzo di coperchi per fare rumori, ascoltare la radio, manipolare le sveglie, fare l’orchestra con gli strumentini Orff Novembre Sperimentare le proprietà e le trasformazioni della materia. L’acqua Esperimenti con i liquidi, i solidi e vapori con bibite e tè. Dicembre Conoscere il sistema planetario: il sole, le stelle, i pianeti. Il cielo 3BDDPOUJFMFHHFOEFMJCSJDPOGPUPDPTUSV[JPOFm nale di una costellazione con lucine natalizie. Gennaio Distinguere le caratteristiche degli animali e imparare la loro cura. Il cane Letture, libri fotografici e progetti con le associazioni di salvaguardia degli animali. Febbraio Seguire le sequenze delle trasformazioni delle piante. Le erbe aromatiche e le fragole Semina e cura delle piantine in serra, documentazione fotografica della crescita Marzo Conoscere le finalità d’uso degli strumenti Strumenti per indagare il mondo Osservare con lenti, bicchieri, vasetti; giochi con magneti. Aprile Individuare le caratteristiche dei fenomeni Luce e ombra Giochi con la luce del sole, con lampade, torce, specchietti; posizionamento delle meridiane nel cortile. Maggio Conoscere e compiere azioni ecologiche. Camminare per rispettare l’ambiente Percorsi motori, giochi per la motricità delle varie parti del corpo, Giugno Saper usare strumenti per misurare e pesare. Come si misurano le cose? Travasi con farine o alimenti, con misuratori di vario tipo, con bilance. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Silvia Manzoni* Il sì di Maria Madre del Dio vivente finalità sarà quindi quella di emancipare i linguaggi del sapere che l’insegnante intende comunicare, rendendoli fruibili nei valori e nei contenuti a bambini dai tre a sei anni. Bisogna partire dal fondamento di ciò che caratterizza profondamente la vita di Gesù e, articolando i contenuti di questo evento, tracciare attraverso attività di diverso tipo, la forma narrativa. Il figlio di Dio è il figlio dell’uomo e la sua nascita è inscindibile con la maternità di Maria, con la sua vocazione. Una vocazione semplice nei gesti ma profonda nel contenuto di amore e legata alla sua obbedienza al disegno del Padre. Maria infatti realizza se stessa nella libera consegna alla volontà di comunione con il Figlio e il Padre. Apriremo l’intero percorso con l’annunciazione dell’angelo a Maria e la sua conseguente narrazione ai bambini. Didattica ed esperienze annuncio della fede cristiana nella sua identità cattolica, oggi si impone ancora di più nella riflessione degli insegnanti e di coloro che vogliono tracciare percorsi di metodo consapevoli verso un approccio che caratterizzi la presenza dell’insegnante di religione cattolica nella scuola dell’Infanzia. Per questo bisogna mettere a tema l’oggetto che qualifica la nostra tradizione, l’evento storico e la persona che ha cambiato l’uomo, la sua storia e la storia dell’umanità intera. Questo tipo di percorso non solo ha il compito di delineare il racconto nella sua specificità cristiana, presentando Gesù Cristo, ma permette anche di comunicare la storia della salvezza in un quadro dove la prospettiva si allontani da uno specifico intellettualistico per avvicinarsi di più alla dimensione antropologica corrispondente all’uomo e a Dio. La L’ Tav. 1 t6E" Il sì di Maria Obiettivo di apprendimento generale Obiettivi di apprendimento Attività Valutazione Materiali Tempi a. Acquisizione dell’evento storico narrativo: “l’Annunciazione a Maria.” b. Comprendere attraverso la gioia di Maria che la nascita di una nuova vita è un dono inestimabile. a.1 Descrivere il racconto mediante strumenti linguistici e modalità rappresentative. a.2 Decodificare e interiorizzare il valore che comunica l’episodio. b.1 Comprendere e descrivere le emozioni di stupore, meraviglia, gioia provate da Maria in relazione alle parole dell’angelo e alla gioia di diventare mamma. Incipit - Narrazione dell’episodio: “l’annunciazione a Maria” - Conversazioni di avvio percorso. Svolgimento 3FBMJ[[B[JPOFEFHMJ elementi che raffigurano la storia e del contenitore che li contiene. Conclusione 3FBMJ[[B[JPOFEJVO libro per la classe, che raffigurerà l’episodio affrontato e attraverso foto, disegni e le verbalizzazioni dei bambini ripercorrerà la loro primissima infanzia, aiutandoli a scoprirsi come un dono per i loro genitori e per la vita. - Conversazione con l’insegnante in cui si pongono domande sui contenuti della narrazione. - Domande stimolo in cui si chiede ai bambini di giustificare le loro risposte, ampliandone il contenuto rispetto ai valori assunti. - Per il racconto: un baule o una scatola corredati da elementi e materiali di diverso tipo che possono strutturare il racconto. - Per il libro: cartoncini di diverse misure, fotografie e immagini, disegni di diverso tipo che raffigurano l’evento narrato e lo richiamano nei contenuti e negli obiettivi. - Il percorso si può strutturare nell’arco di un mese. Silvia Manzoni * Insegnante di scuola dell’Infanzia e cultrice di scienze religiose n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 47 Didattica ed esperienze Religione cattolica 48 Fisionomia di un racconto Il sì di Maria Maria, questo era ed è il nome della mamma di Gesù. La nostra storia inizia proprio con lei. Dovete sapere che Maria era una giovane donna, sicuramente più giovane delle vostre mamme. Indossava un abito semplice, una lunga tunica e un mantello che le copriva il capo. In quel momento non sappiamo a cosa pensasse o cosa stesse facendo, ma sicuramente ciò che successe da lì a poco avrebbe cambiato la sua vita e la vita di tutti gli uomini del mondo. Accadde infatti un fatto meraviglioso, un evento straordinario. State ad ascoltare bene e con attenzione, solo così potrete far parte anche voi di questa storia. Siete pronti? Perfetto, ora vi racconto cosa tanti anni fa accadde. Accadde che un Angelo si presentò e apparve a Maria. Stupefacente direte voi bambini. Già, sembra incredibile, ma è proprio così: a Maria apparve un Angelo mandato da Dio Padre. Questo Angelo ha un nome, si chiama Gabriele e si è presentato a Maria salutandola in questo modo: “Rallegrati piena di Grazia: il Signore è con te” (Luca 1,28). Maria ascoltando queste parole si emozionò e secondo me fu turbata a tal punto che le gambe le tremarono, le mani divennero fredde, sudate e il respiro si fece agitato e veloce. Proprio come succede a voi bambini quando vi trovate di fronte a un regalo inaspettato e ne siete non solo sorpresi, ma anche emozionati. L’Angelo però non smise di parlare a Maria e continuò il suo messaggio dicendo: “Perché hai trovato grazia presso Dio avrai un figlio e lo chiamerai Gesù. Sarà molto importante e verrà chiamato Figlio di Dio”. Ascoltando quelle parole, Maria si emozionò ancora di più, sentendosi grata a Dio che la considerava piena di grazia e molto felice perché sarebbe diventata mamma. Maria rispose con un “sì”, un grande, gigantesco sì, e si rivolse all’angelo messaggero di Dio dicendo che avrebbe seguito la volontà di Dio Padre e sarebbe diventata la mamma di Gesù. L’Angelo a quel punto si allontanò da lei. Il sì di Maria la pone, nella storia della salvezza, in una prospettiva unica e singolare. Ci troviamo di fronte a una semplice donna che nella sua inesperta giovinezza, realizza il suo destino di fronte al disegno celeste che la supera e la sovrasta: ancella del Signore e madre del Dio Vivente. Il dialogo con l’Angelo ha determinato il suo destino e prefigurato la sua esistenza, nella dignità di chi decide di vivere accettando l’azione di Dio, indirizzando la propria volontà ai desideri divini. La sua risposta affermativa è segno di un grande amore verso Dio e verso il bambino che deve nascere. Ci soffermeremo quindi, con i nostri bambini ad approfondire il tema della gioia di una madre che aspetta il suo bambino e dell’obbedienza data alla richiesta di Dio Padre. Il sì di Maria rappresenta il richiamo di infinito amore che ogni mamma pronuncia a se stessa e alla vita quando desidera il proprio figlio. Conseguentemente, per i nostri piccoli ascoltatori, Maria dovrà essere l’icona di tutte le loro mamme, che li hanno sognati e voluti nel desiderio di chi ama profondamente, si sono offerte a loro, donandosi completamente a quest’amore filiale. La maternità di una donna è tutto questo. Il nostro compito a scuola sarà quello di metterlo a tema e, riconoscendo il suo valore nell’immediatezza di un linguaggio espressivo, condurre i bambini a sottolineare la bellezza e la grandezza della relazione tra la madre e il proprio figlio. Questo legame non è solo l’essenza della maternità, ma è ciò che unisce gli uomini alla vita stessa, che ci rende appassionatamente vivi e pienamente umani, nel mistero del dono di sé agli altri. Certezza questa che dovrebbe rafforzarsi in ogni essere umano e in ogni bambino quando si sente oggetto e soggetto delle cure materne. Indichiamo quindi ai bambini quali sono state e quali sono le cure che la loro mamma ha avuto e ha per loro. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Chiediamo invece ai più grandi di ricercarle per condividerle con noi. Parlare ai bambini di quelle che sono state le cure materne e invitare a farlo, avendo come sfondo il sì di Maria, futura mamma, non solo li aiuta ad appropriarsi del contenuto della narrazione, ma li inserisce nella loro storia, insegnando loro a rileggerla e a commentarla. L’antropologia cristiana si nutre di questo: siamo tutti frutto di una storia e più o meno consapevolmente ne facciamo parte, ne portiamo le conseguenze. Maria è la madre per eccellenza, contraddistinta da una maternità, da una parte corporale e dall’altra, nella sua accezione divina, profondamente spirituale. In lei troviamo ciò che è proprio di ogni madre, lievità, tenerezza, dedizione verso il proprio bambino e nel legame che la unisce a Dio viene manifestata una forza piena e potente che non risiede in se stessa, ma nel desiderio espresso accettando la propria maternità. Invitiamo i bambini e le loro famiglie a portare a scuola, se lo desiderano, delle fotografie dove la loro mamma si sta dedicando al proprio figlio. Raccogliamole, commentiamole e aiutiamo i bambini a illustrarle, raffigurale, dipingerle, disegnarle e ricopiandole costruiremo insieme a loro un libro. Un libro di classe e, se il tempo a disposizione lo consente, se ne potrà realizzare uno per ogni bambino, da restituire come dono a Natale. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Didattica ed esperienze Religione cattolica Ci possiamo anche indirizzare a riviste dedicate alla prima infanzia per ritagliare immagini e fotografie che possono servire a comporre il nostro libro. Il titolo lo deve scegliere l’insegnante, meglio se insieme ai bambini, in riferimento sempre al tema di partenza: “l’annunciazione a Maria” che ovviamente non andrà mai perso di vista e sarà riqualificato in sezione durante ogni incontro. Il baule Parlante Per aiutare i bambini a rimanere concentrati durante il racconto dell’insegnante, il consiglio è di aiutarvi costruendo o comprando un piccolo baule da cui, durante la storia “dell’annunciazione a Maria”, usciranno alcuni elementi che raffigurano questo episodio. Un telo di stoffa, insieme a un’immagine della Madonna possono rappresentare Maria, delle ali di piume azzurre, bianche, argentate, simboleggiano l’angelo, mentre dei mattoni di creta (costruiti abilmente da voi) e della sabbia mischiata alla farina gialla, che raffigura il deserto, possono descrivere il territorio dove viveva Maria e dove è nato Gesù. Questi ultimi particolari possono arricchire la storia, ampliandola nella descrizione dell’ambiente dove si svolge e, conseguentemente, per i bambini risulterà ancora più interessante e fruibile. Dal contenitore possono anche uscire car- 49 Religione cattolica Tav. 2 tProgrammazione annuale delle attività educative Didattica ed esperienze Temi trattati Argomenti di sviluppo Ottobre L’annunciazione a Giuseppe I genitori di Gesù in Viaggio e il censimento di Betlemme. Vangelo di Luca (2,1-6) Novembre La nascita di Gesù a Betlemme L’annuncio degli angeli e la visita dei pastori. Vangelo di Luca (2,8-20) Dicembre Il presepe a scuola Costruzione di un plastico che rielabora le prime quattro tappe del percorso Gennaio La visita dei magi $IJFSBOPRVFTUJ3F 7BOHFMPEJ.BUUFP Febbraio Il battesimo di Gesù Vangelo di Marco (1,9-11) Marzo Cosa raccontava Gesù? Il suo messaggio attraverso alcuni dei suoi insegnamenti. Vangelo di Marco: Gesù e i bambini (9,33-37) Chi è il più grande (10,35-45) Vangelo di Luca: Si possono amare anche i nemici (6,27-35) Il buon samaritano (10,29-37) La relazione con il padre (15,11-32) Aprile L’ultima Cena, morte e resurrezione di Cristo Il saluto di Gesù agli amici più cari Vangelo di Luca (22,2720) Maggio “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato.” L’amore fraterno che lega gli amici. Vangelo di Giovanni (15,12-17) Giugno Nasce una nuova comunità: la comunità cristiana I cristiani vivono in amicizia e condividono ogni cosa. Atti degli apostoli (4,32-37) toline e immagini di questi luoghi, i profumi, gli odori che potrete descrivere insieme ai bambini annotando le loro verbalizzazioni. Durante la narrazione, ciò che non deve mai mancare è la capacità dell’insegnante di coinvolgere i propri ascoltatori. Saper raccontare è fondamentale. La proposta per la conduzione della narrazione è questa: la voce narrante dell’insegnante, capace di trasmettere emozioni e creare atmosfere cariche di stupore, percorrerà il racconto e descrivendolo ai bambini presenterà, uno a uno gli elementi e gli oggetti che, usciti dal baule raffigurano la storia. per approfondire A. Bello, Maria donna dei nostri giorni, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993. B. Forte, Maria la donna icona del mistero, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000. G. Mari, Pedagogia cristiana come pedagogia dell’essere, Editrice La Scuola, Brescia 2001. 50 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Haidi Segrada* Incontriamo una nuova lingua attraverso le storie di ieri *OPHWWYLUKL\UHSPUN\HKP]LU[HWS\YPSPUN\LLZ]PS\WWH PU[LYJ\S[\YHSP[n3LJVTWL[LUaLSPUN\PZ[PJOLLJ\S[\YHSPKP JPHZJ\UH SPUN\H ]LUNVUV TVKPMPJH[L KHSSH JVUVZJLUaH KLSS»HS[YHLJVU[YPI\PZJVUVHSSHJVUZHWL]VSLaaHPU[LYJ\S [\YHSLHSZHWLYLZZLYLLHSZHWLYMHYL¯ iparte un nuovo anno scolastico: una nuova sfida, un nuovo viaggio da vivere ed assaporare insieme. La rubrica di lingua inglese, il nostro “English Lab” si propone di sviluppare l’inserimento della L2 non solo come approccio alla lingua straniera, bensì come strumento in grado di veicolare altre aree tematiche. Ci si ripropone di utilizzare la tecnica del CLIL (Content and Language Integrated Learning) come approccio educativo a supporto della diversità linguistica, in grado di determinare un impatto forte e creativo in ambito linguistico e comunicativo. Innanzitutto, cerchiamo di capire cosa succede in Italia proprio a proposito del CLIL. Negli ultimi anni, il Ministero della Pubblica Istruzione si sta muovendo per promuovere non solo l’inserimento della seconda lingua nella scuola ma, soprattutto, per rendere il plurilinguismo il più naturale e fruibile possibile agli studenti, partendo proprio dalla scuola dell’Infanzia. Non a caso, infatti, il protocollo numero MPIAOODRLO R:U. 10829 del 12.11.2007 segnala il seminario “Per un CLIL di qualità: esperienze e prospettive” indirizzato ai docenti di ogni ordine e grado. Tale opportunità ha messo in evidenza l’importanza della L2 e del suo utilizzo nelle scuole, partendo dalla definizione di CLIL, ovvero: “Content and Language Integrated Learning”, apprendimento integrato di lingua e contenuti, riferito all’insegnamento di qualunque materia non linguistica per mezzo di una lingua seconda o straniera (L2). Sintetizzando, possiamo dire che il CLIL è: 1) un approccio educativo a supporto della diver- R Didattica ed esperienze *V\UJPSVM,\YVWL sità linguistica e pertanto a favore del plurilinguismo, uno strumento capace di determinare in futuro un forte impatto sull’apprendimento delle lingue. 2) Un approccio innovativo all’apprendimento, in quanto costituisce un tentativo per superare i limiti dei curricola scolastici tradizionali, favorendo l’integrazione curriculare e formando una conoscenza “complessa” e “integrata” del sapere. 3) Uno strumento migliorativo perché sviluppa la competenza nella seconda lingua, le conoscenze e le abilità nelle aree non linguistiche. Come possiamo constatare, le iniziative a favore dell’integrazione e dello sviluppo della L2 sono diventate sempre più mirate e precise. L’iniziativa sopra citata rappresenta solo una delle tante novità in campo dell’inserimento della lingua straniera e, come abbiamo ribadito, non possiamo ridurre l’ingresso della L2 alla Scuola dell’Infanzia come ad un approccio di conoscenza del vocabolario straniero, del “come si dice questo? Cosa vuol dire quello?...”. Proprio per questi motivi, è bene approfondire la tematica, citando il “Quadro comune di riferimento per le lingue”. Nel testo si evince chiaramente che: “il plurilinguismo non coincide con il multilinguismo… l’approccio plurilingue mette l’accento sull’integrazione: cioè, man mano che l’esperienza linguistica di un individuo si estende dal linguaggio domestico del suo contesto culturale a quello più ampio della società e poi alle lingue di altri popoli, queste lingue e queste culture non vengono classificate in COMPARTIMENTIMENTALIRIGIDAMENTESEPARATIANZI conoscenze ed esperienze linguistiche contribui- Haidi Segrada * Direttrice Dip. di scienze della formazione e dell’educazione, Fasum Academy, Lugano (CH) n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 51 English Lab Experiences... Obiettivi: ʁ identità ʁ autonomia ʁ competenze ʁ comunicazione ʁ esplorazione Story-telling ʁ Pinocchio ʁ The City Mouse and the Country Mouse ʁ The tree little Pigs “Snow White” Cultura: Canzoni Filastrocche Usi e costumi... LABORATORIO L2 Story-telling Didattica ed esperienze Music, Drama, Total Physical Response... Attività creative Progetti Formazione Informazione Quali ambiti sono coinvolti? scono a formare la competenza comunicativa, in cui le lingue stabiliscono rapporti reciproci ed interagiscono…”. Come possiamo notare, anche il “Quadro comune europeo” di riferimento sottolinea quanto abbiamo detto fino ad ora, cioè che la lingua diviene veicolo, strumento privilegiato dell’atto comunicativo in grado di favorire molto di più del semplice “sapere l’inglese” o qualsiasi altra lingua. In altre parole, significa che il livello rispetto a qualche anno fa è profondamente cambiato: se prima l’inserimento della L2 era diventato un nuovo approccio ludico che tanto piaceva ai genitori, ora la prospettiva è mutata; non si tratta di imparare delle parole in L2, bensì di comunicare in una lingua differente da quella madre per avvicinarsi in maniera concreta alla multiculturalità e al plurilinguismo. 52 Coinvolgimento dei seguenti campi: sCULTURALE sMUSICALE sMOTORIO sTEATRALE Si utilizzeranno diverse proposte di story-telling della tradizione, ovvero: Pinocchio, The City Mouse and the Country Mouse, Snow White e altre. Anche se l’insegnante non dispone di alte competenze linguistiche, sarà cura della rubrica fornire gli strumenti e semplificare il tutto per rendere le attività fruibili e, soprattutto chiare. Ogni storia accompagna la progettazione: si parte dallo story-telling per coinvolgere i campi sopra citati. Per comprendere al meglio quanto sopra citato, di seguito approfondiremo degli elementi fondamentali per la rubrica in questione, ovvero: sLASPETTOLEGATOALLACQUISIZIONEAPPRENDIMENTO sGLIAPPROCCINATURALIMETODOLOGICI sLIMPORTANZADELLEroutines; sESEMPIPRATICISCHEMAOPERATIVOPERLAPROGET tazione e l’unità operativa. Acquisizione-apprendimento La nota distinzione, fatta da Krashen, fra acquisizione e apprendimento è utile al nostro discorso perché richiama la distinzione fra un processo naturale e inconsapevole, fatto di conoscenze implicite e di un processo formale e consapevole, fatto di conoscenze esplicite. L’acquisizione è il processo attraverso cui si interiorizza la lingua materna, un processo naturale e inconscio. L’apprendimento è il processo d’assunzione di elementi linguistici che tipicamente avviene in un’aula scolastica. È il processo tipicamente asn. 1 sSETTEMBREsANNO#) English Lab Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative Argomenti di sviluppo Ottobre/October Story-telling: “Pinocchio” Introdurre la pratica dello Story-telling e con essa acquisire gradualmente capacità di ascolto, di cooperazione e produzione di nuovi messaggi. Novembre/November Play the game… English is fun! - Utilizzare il corpo come veicolo di scambio comunicativo; - osservare ed esplorare - ascoltare e drammatizzare… Dicembre/December A Christmas Tree Introdurre il lessico relativo al Natale attraverso narrazioni, canzoni e filastrocche… Gennaio/January Story-telling: “Beauty and the Beast” Affinare l’ascolto e la produzione di messaggi, arricchendo lessico e vocabolario Febbraio/February Happy St. Valentine’s Day! - Acquisire sicurezza e consapevolezza; - riflettere sulla lingua e sperimentare la pluralità linguistica. Marzo/March Story-telling: “The City Mouse and the Country Mouse” Sperimentare la nuova lingua attraverso l’ausilio di altre tecniche, non solo verbali, quali: esperimenti, attività creative, ecc… Aprile/April It’s Easter Time! Introdurre il lessico della Pasqua attraverso usi, costumi e narrazioni… Maggio/May Story-telling: “Snow White” Preparare la festa di fine anno attraverso lo Story-telling Giugno/June It’s test time! Verifiche e riflessioni di fine percorso… sociato con la lingua straniera nella scuola. È un processo conscio e formale. Nella misura in cui la scuola materna mira a rendere i bambini consapevoli del mondo circostante (e quindi anche del linguaggio verbale e dei linguaggi in generale), il bambino è coinvolto in un processo consapevolizzante. Tuttavia, il modo in cui apprende non è formale o esplicito. Apprende in maniera ‘naturale’ e induttiva attraverso esperienze concrete, coinvolgenti e guidate che portano il bambino a scoprire e a notare, a capire e ad imparare a fare. Il contatto con la lingua straniera nella scuola materna, quindi, sarà costituito da un processo naturale che può portare anche a diversi gradi di consapevolezza: Didattica ed esperienze Temi trattati il bambino diventa nel suo piccolo cosciente della nuova lingua, nota cose sulla lingua e magari ne parla anche con l’insegnante (solo in questo modo le conoscenze sono rese esplicite), tenta di usare la lingua e questo avviene attraverso le attività linguistiche naturali ludiche proposte. Della nota distinzione sopra riportata, quindi, si mirerà a promuovere piuttosto un’acquisizione che un apprendimento in senso stretto. Non è a caso che usiamo il termine ‘contatto’ con riferimento alle lingue straniere per bambini della scuola materna. Gli approcci naturali Per essere chiari e sintetici, di seguito si enunciano le principali caratteristiche riguardanti gli approcci naturali: sLACENTRALITÌDELLINPUT sRISPETTO PER I TEMPI DAPPRENDIMENTO DEL DI scente: non si esige una precoce produzioneCOMPRENSIONEPRIMADELLAPRODUZIONE sLORALEPRECEDELOSCRITTO sNESSUNAENFASISULLACORRETTEZZA sNECESSITÌDITRATTAREARGOMENTIDINTERESSEPERIL DISCENTE sUSAREIL@here and now sFORNIRE OPPORTUNITÌ COMUNICATIVE PER UN USO NATURALEDELLALINGUA sNESSUN INSEGNAMENTO ESPLICITO DELLA GRAMMA tica. I discenti imparano attraverso esperienze con la lingua. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 53 English Lab Didattica ed esperienze Come impostare una unità operativa N. unità: ...................... Tema: ...................... Obiettivo principale: Cognitivo, linguistico, affettivo Obiettivo linguistico: Derivato e collegato con l’obiettivo principale e con il tema Attività n. ...................... Seguono tutte le attività in un ordine sequenziata. Per ognuna si segnalano: - sotto obiettivo cognitivo: Quello specifico dell’attività in questione - sotto obiettivi linguistici: Quelli specifici dell’attività in questione - input I dati che fungono da punto di partenza per l’attività: un’immagine, qualcosa da ascoltare, ecc - materiali Quello che serve per svolgere l’attività - setting e partecipanti Dove può avere luogo l’attività e con quale raggruppamento di bambini - descrizione dell’attività Quello che debbono fare i bambini e possibili risultati attesi. Routines Le routines rivestono un ruolo fondamentale per il nostro English Lab. La vita di un bambino è costellata da situazioni che hanno a che fare con routine a lui conosciute, familiari. Ciò significa che diverse situazioni si ripetono ogni giorno, anche più volte al giorno, e che queste situazioni hanno qualcosa di rituale anche dal punto di vista linguistico. In queste situazioni l’adulto tende a fornire lo stesso input al bambino usando le stesse strutture e lo stesso lessico. Bruner individua tipi di format linguistici costituTIVI DELLE INTERAZIONI AD ES requesting format (forMATDOVESICHIEDEQUALCOSAALBAMBINOindicating format FORMAT DOVE SI INDICA E NOMINA QUALCOSA greeting format (le formule per salutare), ecc. Nel momento in cui si svolge il format l’adulto tende ad usare sempre le stesse formule linguistiche semplificando così il compito di comprensione del bambino. Il bambino comincia ad anticipare la lingua associata alla situazione, memorizza lui stesso le forme, comincia ad usare le forme (i ruoli si scambiano) e successivamente può trasformarli in patterns, usandoli in altre situazioni, per altri motivi e sostituendo, aggiungendo Schema operativo per progettare 1. 2. Identificare forme linguistiche collegate con l’obiettivo suddetto. Queste, pur rappresentando un obiettivo da raggiungere, sono in subordine all’obiettivo principale e derivano la loro ragione d’essere da quest’ultimo. 3. Identificare attività utili per il raggiungimento dell’obiettivo 4. Identificare le forme linguistiche necessarie per svolgere le attività. 5. 54 Identificare un obiettivo nella programmazione generale della sezione, ecc. Concatenare le attività in una sequenza che costituisce un’unità di apprendimento. o togliendo elementi al suo interno. Il concetto di format, di situazioni routinizzate dove si propone al bambino le stesse forme linguistiche è di grande utilità per chi opera nella scuola perché rappresenta una modo per offrire input in lingua straniera con delle caratteristiche che predispongono all’acquisizione. per approfondire P. Balboni, C.M. Coonan, F. Ricci Garotti, Le lingue straniere nella scuola dell’infanzia, Guerra, Perugia 2001. J.S. Bruner, La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino 1992. Council of Europe, Quadro comune di riferimento per le lingue: apprendimento insegnamento valutazione, La Nuova Italia, Oxford 2002. S.D. Krashen, Principi e pratica di acquisizione della seconda lingua, Pergamon, Oxford 1982. MIUR, Nuove Indicazioni per il curriculo, Roma 2012. T. Taeschner, A developmental psycholinguistic approach to second language teaching, Ablex Publishing Corporation, Norwood, New Jersey 1991. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Gaetano Oliva* Teatro ed educazione È possibile approfondire le origini dei laboratori teatrali sul sito. L’intreccio con le teorie pedagogiche È proprio qui, in questo spostamento dell’attenzione dallo spettacolo come fine ultimo alla centralità dell’attore come protagonista di un processo, che si colloca l’incontro tra teatro ed educazione. Il teatro si incontra con la pedagogia nel momento in cui pone al centro l’uomo e gli dà voce, nel momento in cui recupera ogni singolo individuo con la propria personalità e la propria espressività e lo fa crescere attraverso un percorso individuale che è però inserito in un disegno di gruppo. Tutto questo avviene grazie anche allo sviluppo di strumenti come l’immaginazione, l’improvvisazione, la creatività e l’espressione, tipici del lavoro teatrale: questi strumenti diventano veicolo per la scoperta e la gestione delle proprie emozioni, della propria sensibilità e dei propri affetti, più in generale, per l’intero mondo interiore dell’uomo che viene così chiamato in causa e che può quindi scoprirsi, formarsi, accrescersi, prendersi cura di sé. Questo modo di pensare e agire trova corrispondenza con i pensieri pedagogici di alcuni studiosi quali ad esempio, John Dewey che, per primo nel campo dell’educazione, pone in risalto l’importanza del vivere l’esperienza, prima ancora dei contenuti cognitivi dell’esperienza stessa: ci si educa all’interno del processo esperienziale che è inserito nel tessuto sociale. Anche l’italiana Maria Montessori presenta dei significativi punti d’incontro tra la sua analisi pedagogica e le novità teatrali del Novecento, in particolare quando parla di un’educazione della liberazione, attraverso la quale il fanciullo deve essere restituito a se stesso, alla sua natura. Il teatro è quel luogo protetto nel quale, in assenza di giudizio, il soggetto può indagare se stesso, mettersi alla prova in relazione a sé e con gli altri, improvvisare nuovi scenari, giocare nuove personali libertà mediando tra la sua intimità e la sua socialità per giungere a una nuova forma nel proprio percorso di crescita umano. La formazione dell’attore-persona non è finalizzata alla trasformazione dell’uomo in un “altro” rispetto a sé, ma ha come obiettivo di valorizzare le sue qualità nel rispetto, sempre, della sua personalità. Si parla dunque di “educazione attiva” giacché forma, nel soggetto, attitudini che gli permettono Didattica ed esperienze l teatro è un efficace mezzo d’educazione per il fatto che fa appello all’individuo intero, alla sua profonda umanità, alla sua coscienza dei valori, alla sua più immediata e spontanea socialità. Innanzitutto, l’esperienza teatrale ha la capacità di coinvolgere l’intera personalità del soggetto dal punto di vista psicofisico e di apertura alla relazione con gli altri. Allo stesso tempo la rappresentazione teatrale mette in gioco con grande intensità le qualità e le risorse del vivere dell’uomo facendo ogni volta una precisa scelta di valori. Tutte queste dimensioni sono di diritto coinvolte in ogni processo educativo, per questo uno strumento in grado di sollecitarle tutte, in diversa misura, risulta essere una preziosa risorsa per le progettualità educative. Il teatro e l’educazione sono due realtà che possiedono finalità comuni: da un lato la pedagogia pone al centro il soggetto permettendogli di esprimersi, dall’altro il teatro persegue lo stesso obiettivo, attraverso attività che stimolino lo sviluppo della creatività e la comunicazione. La specificità del teatro è pertanto tutta centrata sull’asse creativo e comunicazionale all’interno del quale la prassi della rappresentazione ha delle tecniche e una storia importanti, ciò segue le stesse finalità dell’azione educativa diventandone un eccezionale alleato. In questa prospettiva, appare già chiaro come sia possibile parlare di “Educazione alla teatralità” come vera e propria strategia educativa che non vuole trasmettere un sapere, ma portare il soggetto a formarsi attraverso l’esperienza e la scoperta. La finalità dell’educazione teatrale è la conoscenza di se stessi, delle proprie possibilità e limiti al fine di esprimersi e comunicare. I Gaetano Oliva * Attore, docente dell’Università Cattolica di Milano e Brescia n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 55 Educazione alla teatralità di sapere come agire, adeguatamente, in situazioni sociali sempre nuove. In altre parole si cerca di salvaguardare, con modi e intenti differenti, la dignità della persona e la validità della società di cui fa parte. Il laboratorio come strumento metodologico Didattica ed esperienze L’arte teatrale si fa strumento educativo nella forma del laboratorio, il luogo di lavoro, di sperimentazione e di crescita. Il laboratorio teatrale ha una forte valenza pedagogica e offre un importante contributo nel processo educativo, poiché, nel percorso che ognuno compie su di sé, conduce a imparare a “tirare fuori” ciò che “urla dentro”, conoscere e controllare la propria energia, a convivere con ciò che in un primo momento si è represso o rimosso. Il teatro, vissuto nella dimensione del laboratorio, permette di ampliare il campo di esperienza e di sperimentare situazioni di vita qualitativamente diverse da quelle abituali, che possono contribuire alla ridefinizione di sé, del mondo, degli altri. Fare teatro, in questo senso, significa rivedersi nel proprio passato: rivisitare comportamenti o situazioni, non per rimuoverli, ma per prendere coscienza di essere cresciuti e riconoscere le proprie positività. Il laboratorio teatrale si muove lungo tre dimensioni strumentali: 1. l’azione fisica: coinvolge nella sua interezza il CORPO E LA VOCE DELLATTOREPERSONA I GESTI LA forma, il movimento esprimono o nascondono delle risonanze interiori. La voce e le parole sono all’interno di questa corporalità che conferma, chiarisce, sottolinea o smentisce la verità delle POSIZIONIDELCORPOALLOSTESSOTEMPOVIÒANCHE la relazione inversa: è il corpo che dà forza o inDEBOLISCELAVERITÌDELLEPAROLE 2. la creatività. Per definizione il laboratorio teatrale è il luogo in cui l’attore-persona può e deve dare libero sfogo alla propria immaginazione che non è sempre possibile nella vita quotidiana, infatti, in tale spazio la persona sviluppa la propria energia che si condensa in nuove creazioni che APRONOORIZZONTIINEDITIALLESUECONOSCENZE 3. la dimensione sociale: il corpo è sempre in relazione con ciò che lo circonda: altri corpi, oggetti, AMBIENTI E QUANTALTRO COSÖ LESPERIENZA DELLAT tore-persona si modula nel confronto, più o meno conflittuale, con la sfera del vivere insieme. Questi strumenti “vissuti” nel laboratorio determinano alcune dinamiche rispetto alla vita quotidiana che mettono in luce la valenza pedagogica ed educativa di tale esperienza. La prima dinamica è quella della sospensione: nel laboratorio l’esperienza quotidiana è temporaneamente sospesa e si crea una dimensione di vita 56 protetta dai condizionamenti e dai giudizi nei quali normalmente la persona è immersa. Questa specificità è preziosa perché può consentire lo stabilirsi di condizioni di fiducia che costituiscono l’ambiente ottimale per ogni processo e per le relazioni educative. La dinamica della sospensione mette in grado i soggetti coinvolti di esplorare se stessi, la situazione, le risorse personali e sociali da mettere in campo. È questa possibilità che risulta altamente formativa per gli attori in gioco. La tappa dell’esplorazione è propedeutica a quella che si può definire della “costruzione”. L’esito del processo di un laboratorio può, infatti, portare il singolo attore-persona o il gruppo intero a riconoscere una nuova forma di atteggiamento personale, d’interiorità psichica o di comportamento sociale che si è venuta costruendo proprio nel lavoro teatrale e che diventa ora patrimonio educativo consolidato. Questa novità esprime quella possibilità concreta di cambiamento che ogni processo educativo deve far emergere e, passo dopo passo, condurre a compimento. Nella situazione didattica del laboratorio teatrale si attivano delle forze particolari tra gli allievi, l’educatore e il gruppo nel suo insieme: le loro esistenze creative entrano in una relazione dinamica. Il completamento del sé avviene mediante questo confronto con l’altro, un’interazione che non può avvenire senza dialogo e senza sperimentazione. Il ruolo dell’educatore teatrale Dirigere un lavoro di questo tipo per un insegnante che svolge il ruolo di educatore teatrale significa evidentemente procedere all’accumulo di immagini, suggerire analogie di comportamenti, stimolare riflessioni logiche e, talvolta, favorire intuizioni poetiche. Spesso occorre che egli partecipi in prima persona al gioco dell’immaginazione per smuovere qualche inibizione, per sciogliere qualche riserbo, per fornire qualche esempio, per sentirsi e mostrarsi coinvolto in prima persona con tutto il proprio personale bagaglio fantastico nel processo creativo. Il ruolo dell’adulto, in questo senso, è, per molti aspetti, assimilabile a quello che in teatro è affidato al regista, a colui cioè cui compete la responsabilità delle decisioni finali. All’adulto, infatti, spettano diversi compiti: determinare la direzione di ricerca che il lavoro dovrà assumere, stabilire la successione e la consistenza delle diverse fasi in cui si articola il processo creativo e indicare le eventuali variazioni di programma. Le prove di uno spettacolo si chiamano così proprio perché in esse è insita la possibilità dell’errore, infatti, la loro funzione è quella di indagare, sempre, in più direzioni, alla ricerca della soluzione che risulti più soddisfacente e più congrua in rapporto n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Educazione alla teatralità n. 1 sSETTEMBREsANNO#) cogliere le caratteristiche e i problemi delle persone CHESITROVADIFRONTEDEVESAPERACCOGLIEREINCON dizionatamente ogni allievo ed avere la capacità di riporre in ciascuno la sua fiducia. Per quel che riguarda invece la conoscenza della pedagogia teatrale, non è necessario che il conduttore di laboratorio sia un attore professionista, però deve avere una buona competenza sia a livello TEORICOCHEPRATICODELTEATRONONÒPOSSIBILEPEN sare che il conduttore di un laboratorio teatrale non abbia sperimentato personalmente il percorso che va a proporre ad altri. È necessario, inoltre, che egli possieda una buona conoscenza della storia del teatro, così da saper favorire nei suoi allievi la curiosità verso la cultura teatrale ed esserne vero promotore. Flessibilità, adattabilità ed elasticità sono prerogative che il conduttore deve necessariamente possedere in modo tale da poter adeguare le proprie proposte educative all’ambiente e alle persone con cui lavora. Per far in modo che le abilità creative personali possono essere sviluppate dall’educazione teatrale, occorre che siano offerti strumenti e contenuti adeguati: risulta quindi indispensabile la costruzione di un progetto educativo teatrale con obiettivi specifici e prefissati. Didattica ed esperienze all’economia complessiva della rappresentazione. È importante procedere a fissare le improvvisazioni libere che segneranno la prima fase del lavoro in situazioni definitivamente concordate, idee comunemente accettate, battute precise, elementi di un vero e proprio dialogo teatrale. Inoltre, il conduttore del laboratorio ha il compito di dirigere, contenere e indirizzare il gruppo verso una piena accettazione dell’altro. Tale soggetto si configura necessariamente come attore-educatore e pertanto deve essere in grado di padroneggiare professionalmente competenze teatrali e pedagogiche. Nella sua attività egli deve modulare i vissuti e l’espressività degli allievi in modo che la dimensione corale del processo creativo permetta lo sviluppo dell’individuo e quello del gruppo. Nel laboratorio teatrale il conduttore deve essere allo stesso tempo: un regista teatrale, un educatore e un animatore. Solo l’intreccio sapiente di queste tre competenze consente al singolo individuo e al gruppo di vivere in maniera proficua il percorso pedagogico all’interno dell’esperienza teatrale. Comune a tutte e tre queste dimensioni sono l’impianto maieutico: il conduttore del laboratorio deve avere fiducia nelle potenzialità dei soggetti e deve saper costruire quelle condizioni che consentono a ciascuno e al gruppo di lasciar affiorare i propri elementi significativi, emozioni, immaginazioni, ricordi, azioni, eventi. La sapienza del regista che, a questo punto, è a tutti gli effetti anche un educatore, consiste proprio nel generare quella dimensione comunicativa e affettiva nella quale ogni partecipante si possa sentire libero di esprimersi. Il maestro del laboratorio teatrale deve promuovere MANONVINCOLAREGUIDAREMANONDIRIGERESUSCI TAREMANONRIEMPIREDICONTENUTIDARESICUREZZA ma non imporsi: questo difficile equilibrio necessita di competenze sperimentate sul campo e di qualità umane affinate da tempo in un continuo lavoro personale su di sé. Sotto il profilo più strettamente pedagogico, l’educatore alla teatralità deve essere una persona matura che sappia mettersi in discussione, che sia dotato di capacità comunicative e che possegga una flessibilità intellettiva che gli permetta di adattarsi a tutte le situazioni, soprattutto poi che sia motivato e abbia uno stile giocoso e positivo che traspaia dal suo modo di lavorare. È importante che sappia gestire la relazione, ponendo al centro il singolo individuo, senza trascurare la dimensione del gruppo: deve essere un buon osservatore, così da per approfondire G. Oliva, Educazione alla teatralità e formazione, LED, Milano 2005. G. Oliva, Educazione alla teatralità: il gioco drammatico, Editore xy.it, Arona 2010. 57 Milena Bartolomei* Il cucchiaio e la forchetta IN UNA CASETTA CON IL TETTO ROSSO E UN GIARDINO PIENO DI FIORI, ABITAVANO UN PAPÀ, UNA MAMMA E UN BAMBINO PICCOLO. DURANTE IL GIORNO MENTRE IL PAPÀ ERA IN UFFICIO, LA MAMMA FACEVA I LAVORI DI CASA CANTANDO E IL PICCINO SI DIVERTIVA A ROVESCIARE TUTTI I SUOI GIOCATTOLI NELLA SUA CAMERETTA, PER SCEGLIERE CON GRIDOLINI DI ENTUSIASMO, QUELLO CHE PREFERIVA. QUANDO IL BAMBINO FACEVA LA NANNA, A VOLTE NEL SILENZIO SI SENTIVANO SUONI E Didattica ed esperienze FRUSCII STRANI PROVENIRE DALLA CUCINA, FORSE UN TOPOLINO CHE CURIOSAVA PER TROVARE DEL FORMAGGIO? MA TUTTO TORNAVA TRANQUILLO APPENA QUALCUNO ENTRAVA IN QUELLA STANZA. QUEL RUMORE VENIVA DAL CASSETTO DOVE ERANO RIPOSTE LE POSATE: FORCHETTE, CUCCHIAI E COLTELLI BISTICCIAVANO SPESSO PERCHÉ OGNUNO DI LORO, PENSAVA DI ESSERE PIÙ UTILE DELL’ALTRO. UN GIORNO VERSO L’ORA DI PRANZO, PRIMA CHE VENISSE APPARECCHIATA LA TAVOLA, FRA UNA FORCHETTA E UN CUCCHIAIO SCOPPIÒ UNA LITE E IL COLTELLO SI MISE TRA DI LORO, CERCANDO DI CALMARLI. LA FORCHETTA CON VOCE GRAFFIANTE DISSE: “CARO CUCCHIAIO, IO SONO PIÙ BRAVA DI TE A PRENDERE IL CIBO DAL PIATTO, INFILZO BEN BENE LA CARNE E LE VERDURE, SENZA LASCIARLE CADERE. SONO ANCHE PIÙ BELLA, GUARDA LA MIA LINEA” – CONTINUÒ GIRANDO SU SE STESSA – “SONO SOTTILE ED ELEGANTE, INVECE TU CON QUELLA PANCIA TONDA, SEI GRASSO, È ORA CHE TI METTI A DIETA CICCIONE!”. LA FORCHETTA DISSE ANCORA CON CATTIVERIA: “TU PUOI ANCHE RIMANERE DENTRO IL CASSETTO QUANDO VIENE APPARECCHIATA LA TAVOLA E NESSUNO SE NE ACCORGERÀ!”. IL CUCCHIAIO OFFESO E ARRABBIATO, RISPOSE CON STIZZA: “SE A CENA O A PRANZO VIENE SERVITO IL BRODO, CHI RIESCE A RACCOGLIERLO DAL PIATTO E PORTARLO ALLA BOCCA MEGLIO DI ME? NON CERTO TU CHE CON I TUOI DENTI LARGHI, LASCERESTI COLARE TUTTO SUL MENTO E SUI VESTITI DI CHI STA MANGIANDO”. POI AGGIUNSE IL CUCCHIAIO: “COME FAREBBERO LE MAMME A DARE LA PAPPA AI BAMBINI E LE MEDICINE QUANDO SONO MALATI? HAI MAI VISTO QUALCUNO PRENDERE LO SCIROPPO CON UNA FORCHETTA? IO NO E FRA POCO QUANDO COMINCERANNO A PRANZARE, IL PAPÀ E LA MAMMA NON LASCERANNO CHE IL PICCOLINO TI PRENDA IN MANO, PERCHÉ CON I TUOI DENTI APPUNTITI, SI PUÒ FERIRE. TU SEI PERICOLOSA!”. Milena Bartolomei *Insegnante di scuola dell’Infanzia 58 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Creatività IL PIATTO CHE ERA UN TIPO TONDO, PACIOCCONE E ANDAVA D’ACCORDO CON TUTTI, SOSPIRÒ: “QUANDO LA SMETTERANNO DI BISTICCIARE QUESTI DUE?”. IL BICCHIERE PER METÀ PIENO DI VINO, ERA GIÀ UN PO’ UBRIACO E FRA UN SINGHIOZZO E L’ALTRO CANTERELLÒ ALLEGRAMENTE “HIC! RAGAZZI NON ROVINIAMO QUESTO MOMENTO COSÌ BELLO, HIC! DOPO QUANDO SPARECCHIERANNO, CI TOCCHERÀ TORNARE AL BUIO DENTRO I CASSETTI O NEI MOBILI DELLA CUCINA, CHE TRISTEZZA!”. IL TOVAGLIOLO CHE STAVA RIPIEGATO CON CURA VICINO AL PIATTO DISSE ANNOIATO: “UFFA CHE BARBA SIETE PROPRIO TONTI, SE NON SERVISSIMO A NIENTE NON CI METTEREBBERO IN TAVOLA OGNI GIORNO!”. FINALMENTE IL CUCCHIAIO E LA FORCHETTA SMISERO DI BRONTOLARE E QUANDO TUTTI Didattica ed esperienze FURONO SEDUTI, LE POSATE ASPETTARONO CON ANSIA DI VEDERE QUALE DI LORO SAREBBE STATA USATA. IL PRIMO AD ESSERE SERVITO FU IL BAMBINO AFFAMATO E, QUANDO LA MAMMA MISE IL PIATTO CON LA PAPPA SUL SEGGIOLONE DAVANTI A LUI, COMINCIÒ A MANGIARE CON LE MANINE, IMPIASTRICCIANDOSI IL VISO E FACENDO BUFFE SMORFIE. I GENITORI SI MISERO A RIDERE GUARDANDO CON AMORE IL LORO PICCOLINO E IL CUCCHIAIO E LA FORCHETTA COMMOSSI, CAPIRONO CHE ERANO STATI VERAMENTE SCIOCCHI A LITIGARE. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 59 Creatività Attività da realizzare Cucchiaio e forchetta, il re e la regina della tavola Occorrente s POSATEDILEGNO s CARTACRESPACARTONCINO colorato s NETTAPIPECOLORATI s OCCHIDIPLASTICA s NASTROADESIVOTRASPARENTE s COLLAFORBICI Didattica ed esperienze Usando la carta crespa vestiamo con fantasia le nostre posate, possono essere fiori, animali ecc. Nel nostro caso sono il re e la regina della tavola e quindi costruiamo un vestito grazioso per la vanitosa forchetta, con uno scovolino facciamo le braccia e incolliamo occhi, bocca e stelline sulla corona. Al grasso cucchiaio mettiamo la corona, incolliamo i lineamenti, le braccia e gli facciamo indossare un corsetto che mette in evidenza le sue forme. Orologio della pappa Occorrente s PIATTOPIANODICARTA s CARTONCINOGRIGIOEROSSO s OCCHIDIPLASTICAORITAGLIATIDA carta s FORBICICOLLAEUNFERMA campione Ritagliamo il cartoncino grigio sul quale avremo disegnato le sagome di due forchette, due cucchiai e a scelta anche due coltelli. Prendiamo un piatto piano, lo capovolgiamo e incolliamo, o graffettiamo sul bordo, le posate ritagliate in modo che spuntino solo le teste. Al centro del piatto pratichiamo un foro dove inseriremo il ferma campione e due piccole posate posizionate più o meno sull’ora del pranzo, che sostituiranno le lancette. Aggiungiamo al nostro orologio anche una bocca sorridente e due grandi occhi. Il signor cucchiaio e la signora forchetta Occorrente s CARTONCINOBIANCO s PENNARELLI s FERMACAMPIONI Disegniamo e ritagliamo su cartoncino robusto un cucchiaio e una forchetta, poi aggiungiamo mani e piedi che, con l’impiego dei ferma campioni, saranno mobili e questo permetterà ai bambini di usare le due posate come marionette per inventare e raccontare piccole storie. Ognuno potrà personalizzare cucchiaio e forchetta aggiungendo occhi, naso e bocca e decorandoli a piacere. 60 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Creatività Tabellone menù Occorrente s UNFOGLIOGRANDEDICARTONCINO colorato s CARTACOLORATA s PENNARELLICOLLAEFORBICI Incolliamo al centro del foglio di cartoncino rigido colorato, un foglio di carta colorata dove scriveremo ogni giorno il menù del pranzo. Ai lati incolleremo le sagome di un cucchiaio e una forchetta e tutto intorno dopo averli colorati e ritagliati, i cibi che i bambini conoscono maggiormente e dei quali se c’è l’occasione, possiamo spiegare le proprietà. Quali oggetti usiamo a tavola s PASTASECCAOFOGLIDICARTATRA sparente autoadesiva Didattica ed esperienze Occorrente s UNFOGLIODICARTABIANCO s PENNARELLI Prepariamo il disegno di un bambino seduto ad una tavola apparecchiata. Facciamo colorare a piacere la scheda oppure facciamo collage con carta colorata, identificando tutti gli oggetti che normalmente vengono usati durante i pasti e incolliamo dentro il piatto la pasta. In alternativa possiamo ricoprire da entrambi i lati il foglio già colorato, con carta trasparente autoadesiva e ricavarne una tovaglietta personale che il bambino potrà portare a casa. Tav. 1 tProgrammazione annuale delle attività educative UdA Obiettivi Ottobre “Di segno in segno!” Tecniche: il segno/1 (Elena De Prezzo) Sviluppare la conoscenza e favorire la sperimentazione di tecniche artistiche: il segno. Novembre Il gufo troppo saggio (Milena Bartolomei) Sperimentare l’utilizzo di tecniche e materiali diversi nelle attività grafiche, pittoriche e manipolative. Dicembre “Segni e altre storie” Tecniche: il segno/2 (Elena De Prezzo) Sviluppare la conoscenza e favorire la sperimentazione di tecniche artistiche: il segno Gennaio Il millepiedi Giovanni (Milena Bartolomei) Incentivare i bambini alla lettura, favorendo la capacità ed i tempi di attenzione e concentrazione, offrendo motivazione e coinvolgimento. Febbraio “In-forma” Tecniche: le forme (Elena De Prezzo) Sviluppare la conoscenza e favorire la sperimentazione di tecniche artistiche: le forme. Marzo La palla (Milena Bartolomei) Fornire materiale utile per il successivo sviluppo di attività scolastiche interdisciplinari che coinvolgano bambini ed insegnanti, a partire dall’esperienza fatta insieme (elaborazioni grafiche, letture, racconti, drammatizzazioni, sperimentazioni sonoremusicali, ascolti, costruzione manuale di strumenti e oggetti, approfondimenti). Aprile “Colore e materia” Tecniche: il colore (Elena De Prezzo) Sviluppare la conoscenza e favorire la sperimentazione di tecniche artistiche: il colore. Maggio Il lupo pizzaiolo (Milena Bartolomei) Acquisire la capacità di chiedere spiegazioni, riflettere, ipotizzare, discutere soluzioni. Trasmettere ai bambini i messaggi educativi delle fiabe creando un’atmosfera ludicoriflessiva. Giugno “Giochi d’impronte” Tecniche: l’impronta (Elena De Prezzo) Sviluppare la conoscenza e favorire la sperimentazione di tecniche artistiche: l’impronta. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 61 Monica Oppici* Impara come se dovessi vivere per sempre a rubrica “Imparare ad imparare” continua il percorso avviato lo scorso anno mantenendo lo sguardo sul come stimolare il bambino ad imparare ad imparare nelle diverse situazioni, ma allargando la visione anche al come pensare, progettare, realizzare e valutare attività didattiche per ottenere questo obiettivo centrale, imparando quotidianamente dall’insegnare. Di qui la scelta di utilizzare questo aforisma di Gandhi come positiva e stimolante visione e missione del percorso annuale: “Impara come se dovessi vivere per sempre”. Didattica ed esperienze L Pensare e ripensare per fare ed imparare Per i bambini è importante essere attivi non solo nel fare, ma anche nel pensare e ripensare le esperienze, ed in particolare le esperienze di apprendimento. I bambini infatti interiorizzano in modo più profondo – per poi estendere – quanto imparato quando viene data loro positiva responsabilità nell’apprendere ed occasioni e stimoli per osservare, elaborare e rielaborare percezioni, idee ed interpretazioni, fare scelte ed errori per Tav. 1 Traguardi di competenza ed obiettivi di apprendimento *EFOUJUËQBSUFDJQB[JPOFFDPPQFSB[JPOF t 3FOEFSTJHSBEVBMNFOUFDPOTBQFWPMJEFJEJWFSTJUSBUUJ costitutivi della propria identità e del proprio modo di agire, pensare ed imparare. t &TTFSFEJTQPOJCJMJBEJNQBSBSF t .FUUFSTJBMMBQSPWBFEBWFSFmEVDJBJOTÏJOTJUVB[JPOJEJ esplorazione e scoperta. t *OTFSJSTJFEJOUFSBHJSFJOVOHSVQQPTQFSJNFOUBOEPSVPMJ e situazioni diverse per imparare. t "WFSFmEVDJBOFMHSVQQPDPOGSPOUBSTJQPTJUJWBNFOUFFE imparare dai compagni. "VUPOPNJBFSFTQPOTBCJMJUË t 6UJMJ[[BSFTWJMVQQBSFFEBEFHVBSFMFQSPQSJFQPUFO[JBMJUË comunicative e linguistiche, cognitive, motorie, sociali ed affettive rispetto alle diverse situazioni in modo efficace e flessibile. t $PMMBCPSBSFOFMHSVQQPBUUJWBOEPGPSNFEJ responsabilità personale e corresponsabilità all’interno dei vincoli e delle possibilità create dall’interazione sociale. $PNVOJDB[JPOF t "TDPMUBSFFWFSCBMJ[[BSFJEFFQSPDFEVSFTUSBUFHJFF riflessioni sui possibili esiti delle nostre azioni. t $PNVOJDBSFFTQFSJFO[FEJBQQSFOEJNFOUP t $POEJWJEFSFFQBSUFDJQBSFBUUJWBNFOUFBTDBNCJTV idee, procedure, strategie ed esiti possibili e reali delle nostre azioni. &TQMPSB[JPOFFSJTPMV[JPOFEJQSPCMFNJ t 4WJMVQQBSFNPEBMJUËQFSTPOBMJFDSFBUJWFEJDPORVJTUBEJ conoscenze, abilità e competenze. t .PEJmDBSFTUSBUFHJFFQJBOJEJB[JPOFTVMMBCBTFEJ osservazioni e riflessioni. t 0TTFSWBSFFDPOTJEFSBSFEJWFSTJQVOUJEJWJTUB nell’osservare, elaborare, rielaborare una situazione e risolvere un problema. $POTBQFWPMF[[B t 3JDPOPTDFSFMPTDPQPEJBMDVOFBUUJWJUË t 3JQSFOEFSFFEVUJMJ[[BSFJOBMUSJDPOUFTUJRVBOUP precedentemente imparato rispetto allo scopo. t $POTJEFSBSFWJODPMJFSJTPSTFBWBOUBHHJPEFMMBUUJWJUË t "UUJWBSFTUSBUFHJFQFSJNQBSBSF t 3FOEFSTJQSPHSFTTJWBNFOUFDPOTBQFWPMJEFMMF possibilità di modificare, rielaborare ed integrare quanto precedentemente appreso. t 4WJMVQQBSFHSBEVBMNFOUFDBQBDJUËEJBVUPSFHPMB[JPOFF di verifica dell’esito della propria attività. t *NQBSBSFEBMMFSSPSF Monica Oppici *Docente e formatore 62 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Imparare ad imparare n. 1 sSETTEMBREsANNO#) nostro sguardo in modo da curare anche questo aspetto nella quotidianità e nei percorsi di apprendimento: sCRESCERE E CONDURRE ESPERIENZE CON GLI ALTRI come sostenuto dalla prospettiva socio-costruttivista, facilita lo sviluppo di processi mentali e le possibilità di imparare perché agisce positivamente sulla zona di sviluppo prossimale, avvicinando lo spazio tra lo sviluppo potenziale EQUELLOEFFETTIVODELBAMBINO sPRESTAREATTENZIONENONSOLOALCOSAMAANCHE al come e perché del fare motiva e stimola in concreto la ricerca di strategie di azione e la loro valutazione rispetto allo scopo ed ai risultati. Questo vale sia per l’apprendimento che PERLINSEGNAMENTOVEDIMETADIDATTICA sUTILIZZARE UN LINGUAGGIO RICCO CON RIFERIMENTI a stati mentali come desideri, pensieri, sentimenti, idee, ipotesi fornisce al bambino un contesto per l’interiorizzazione di abilità cognitive, sviluppa le basi concettuali e procedurali a livello metacognitivo e costituisce un predittore delle future competenze di rielaborazione mentale delle esperienze. Se questo accompagnamento purtroppo non avviene in famiglia (per diverse ragioni), sarà ancor più importante che a scuola il bambino trovi stimoli ricorrenti in QUESTOSENSO sFORNIREUNSUPPORTOEDINCORAGGIAMENTOATTENTO ma indiretto – con domande più che indicazioni dirette – per guidare, elaborare e rielaborare il Didattica ed esperienze poi utilizzarli per migliorare i percorsi successivi. Questa capacità di apprendere ad apprendere deriva ed alimenta nello stesso tempo le abilità di pensiero così come la consapevolezza del pensiero degli altri collegata alla Teoria della Mente (ToM), ovvero la capacità del bambino di attribuire stati mentali a sé ed agli altri e di dare senso e prevedere, sulla base di questi, il comportamento proprio ed altrui. Il bambino di 3 anni (che trova nel gioco simbolico un precursore della ToM), comincia infatti a riferire di stati cognitivi quando comunica ciò che pensa, sa e ricorda, per poi riuscire a 4 anni a rappresentarsi le credenze e vedere l’altro come portatore di idee e pensieri diversi dai propri, utilizzando inizialmente la realtà come riferimento per stabilire la veridicità di queste idee e credenze. Proseguendo in questo continuum evolutivo, arriverà poi a comprendere che percezioni diverse della realtà possono produrre interpretazioni differenti di una stessa situazione. Un aspetto per noi essenziale di questo sviluppo del pensare nel bambino, alla base dell’imparare ad imparare, è che questa capacità non è innata ma evolutiva, chiamando quindi in causa la necessità di fornire un ambiente e situazioni di apprendimento che stimolino e sviluppino le potenzialità cognitive e metacognitive di ogni bambino. Come fare? Studi a livello internazionale confermano alcuni aspetti che potranno essere utili per indirizzare il 63 Imparare ad imparare Didattica ed esperienze lavoro nelle sue diverse fasi, per promuovere la mentalizzazione di queste ed il loro utilizzo autonomo a seguire in altri contesti (vedi transfer). In questa prospettiva potremmo fare nostre, in senso positivo, le riflessioni del poeta Arturo Graf: “Ottimo è quel maestro che, poco insegnando, fa nascere nell’alunno una voglia grande d’impararEv sPENSARE A PERCORSI ED ESPERIENZE PER IL CUORE e per la mente, come ricordano Lecciso e Antonietti, potrà “facilitare l’incontro con la propria e l’altrui soggettività, trattando il bambino come agente mentale dotato di pensiero, consentendogli di venire in contatto con i propri ed altrui stati mentali, fornendo supporto e contenimento, anche di tipo emotivo, per interiorizzare questa funzione a vantaggio della sua CRESCITAPERSONALEv sCONSIDERARECOMEAPPRENDIMENTOEQUINDIOC casioni per imparare ad imparare, anche alcune attività spontanee ed auto-avviate dei bambini può essere una scelta didattica strategica perché in questi contesti il bambino attiva, spesso inconsapevolmente, una grande varietà di riSORSEPOTRÌQUINDIESSEREIMPORTANTEINQUESTO ambito fornire stimoli indiretti perché il bambino possa acquisire consapevolezza delle proprie azioni e motivazioni, di conoscenze, abilità e strategie (messe in atto e/o che potrebbero essere messe in atto) e degli esiti del proprio PENSAREEFARE sPOTENZIARE GRADUALMENTE NEI BAMBINI LA CON quista e l’utilizzo autonomo da parte loro di incentivi intrinseci al proprio apprendimento li potrà aiutare a “fare” non per routine, per seguire indicazioni ricevute o per ricevere ricompense e rinforzi esterni, bensì per il personale desiderio e piacere di scoprire ed imparare (vedi idea di Bruner della scoperta come autoREMUNERAZIONEPERCHIAPPRENDE sINVITAREIBAMBINIACONSIDERAREGLIESITIREALI e/o possibili) di idee e azioni costituisce l’avvio di una positiva autoregolazione che potrà condurli, nel tempo, a fare gradualmente propria la riflessione, valutazione ed autovalutazione su quanto, come e perché appreso. Pensare e ripensare per insegnare Come detto, il ruolo dell’insegnante nella prospettiva dell’imparare ad imparare è decisamente strategico in quanto regista dell’esperienza e dei processi di apprendimento che vedono il bambino come attore. Nella veste metaforica e concreta di uno specchio dovrebbe inoltre aiutare il singolo ed il gruppo a riflettere per vedere i possibili e reali esiti del proprio pensare e fare, rendersi 64 consapevole delle strategie e dei processi che i nostri occhi, le nostre mani e la nostra mente utilizzano per esplorare e comprendere la realtà che ci circonda ma, nello stesso tempo, ripensare e riflettere sulla propria progettazione ed azione didattica. Ecco perché nella rubrica dedicheremo uno spazio all’imparare ad imparare del bambino ed uno spazio speculare all’imparare ad imparare dell’insegnante. In questo ambito cercheremo di offrire spunti per ripensare e valorizzare ulteriormente aspetti della quotidianità del lavoro didattico quali l’osservazione, la gestione degli spazi e dei tempi ed attività e percorsi di apprendimento da rileggere in chiave metadidattica per scoprire molti possibili “guadagni didattici” nascosti al primo sguardo. Il percorso annuale Nell’ambito di questa rubrica riprenderemo – in forma riflessiva – stimoli e proposte didattiche collegati ai diversi campi di esperienza per invitare il bambino, il gruppo e l’insegnante che li guida ad apprendere ad apprendere, scoprendo ulteriori tracce e possibili sentieri per interiorizzare e rielaborare ancora più consapevolmente ed efficacemente quanto progettato e/o svolto, a vantaggio di nuove scoperte anche fuori dalla scuola. A seguire indichiamo i traguardi di competenza e gli obiettivi di apprendimento – trasversali ai diversi campi di apprendimento – che guideranno il nostro lavoro e che trovano un riferimento nelle competenze chiave per la cittadinanza attiva in quanto “combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale”, come da Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a “Competenze chiave per l’apprendimento permanente” del 2006: s#OLLABORAREEPARTECIPARE s#OMUNICARE s2ISOLVEREPROBLEMI s0ROGETTARE s!CQUISIREEDINTERPRETARELINFORMAZIONE s)NDIVIDUARECOLLEGAMENTIERELAZIONI s!GIREINMODOAUTONOMOERESPONSABILE s)MPARAREADIMPARARE Quest’ultima competenza chiave, campo di azione della nostra rubrica, richiama ed attiva tutte le altre e trova, come detto sopra, un riferimento centrale nella idea di consapevolezza. A questo proposito cercheremo di proporre stimoli per sperimentare in prima persona che l’elemento strategico che porta il bambino – ma anche l’insen. 1 sSETTEMBREsANNO#) Imparare ad imparare Tav. 2 tProgrammazione annuale delle attività educative Ottobre Osserviamo per imparare ad imparare Novembre Comunichiamo per imparare ad imparare Dicembre 3JTPMWJBNPQSPCMFNJQFSJNQBSBSFBEJNQBSBSF Gennaio Agiamo in modo autonomo e responsabile per imparare ad imparare Febbraio Progettiamo per imparare ad imparare Marzo Partecipiamo e collaboriamo per imparare ad imparare Aprile Cerchiamo ed interpretiamo informazioni per imparare ad imparare Maggio Interagiamo per imparare ad imparare Giugno 3JnFUUFSFTVMQFSDPSTPBOOVBMF gnante nella sua pratica didattica – dal possedere conoscenze ed essere abile in determinati ambiti, all’essere – e soprattutto sentirsi – competenti è, come spiega Pellerey, la consapevolezza di se stessi, dei propri obiettivi e del proprio sapere Didattica ed esperienze Focus e saper fare per poter “mettere in moto ed a orchestrare le risorse interne, cognitive, affettive e volitive, ed utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo” nelle diverse situazioni. per approfondire A. Antonietti, M. Cantoia, La mente che impara, L. Guasti, Didattica per competenze. Orientamenti e indicazioni pratiche, Erickson, Trento La Nuova Italia, Firenze 2000. 2012. A. Antonietti, M. Cantoia, Come si impara. Teorie, costrutti e procedure nella psicologia dell’ap- F. Lecciso, A. Antonietti, Crescere con l’infanzia come processo relazionale e mentalistico, in R.G. prendimento, Mondadori, Milano 2010. Romano, Ciclo di vita e dinamiche educative P. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolanella società postmoderna, Franco Angeli, Mistico, UTET, Torino 2003 lano 2004. L. Camaioni (a cura di), La teoria della mente. O. Liverta Sempio, A. Marchetti, (a cura di), Origini, sviluppo e patologia, GLF Editori LaTeoria della mente e relazioni affettive. Contesti terza, Roma 2003. familiari e contesti educativi, UTET, Torino 2001. M. Castoldi, Progettare per competenze. Percorsi M. Pellerey, Le competenze e il portfolio delle e strumenti, Carocci, Roma 2011. competenze individuali, La Nuova Italia, Firenze C. Cornoldi, Metacognizione ed apprendimento, 2004. Il Mulino, Bologna 1995. R. Vianello, C. Cornoldi, Metacognizione e sviA. Graf, Ecce homo. Aforismi e parabole, Fratelli luppo della personalità, Ed. Junior, Bergamo Treves, Milano 1908. 1997. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 65 Sonia Claris* Documentare alla scuola dell’Infanzia ossiamo intendere per materiale documentale qualsiasi oggetto, prodotto o strumento utile a richiamare o conservare la memoria di avvenimenti o situazioni significative. In campo educativo e didattico la documentazione costituisce una testimonianza e la memoria di come si era, di ciò che è accaduto, di ciò che è stato fatto e, molte volte, delle ragioni - spesso nascoste - che hanno portato alla determinazione di certi eventi o situazioni. Documentare ci richiama un’attività burocratica, d’ufficio, legata all’archivistica che prevede si seguano dei criteri rigorosi di classificazione dei documenti prodotti (per data, per tipologia, per provenienza, ecc.), da portare avanti in modo scrupoloso e puntuale. Accanto a questa prima ed immediata immagine di ordine ed efficienza organizzativa (è davvero una soddisfazione ritrovare quella carta che non sapevamo di avere, ed invece era stata inserita proprio nella cartellina giusta…) Didattica ed esperienze P Per chi Perché ne sopravanza subito una seconda, più subdola, ovvero quella che ci vede soccombere sotto una montagna di fogli o arrancare in una coltre di polvere datata e che ci induce a chiederci a chi serviranno tutti i vari documenti accumulati e, di conseguenza, se serva ‘tenere memoria’ e traccia di quanto abbiamo messo in essere e realizzato. Separiamo ovviamente gli obblighi amministrativi di conservazione di documenti ufficiali a cui si deve adempiere in termini di legge, dal ‘documentare’ come azione pedagogico-didattica. Ma anche facendo salva questa fondamentale distinzione tra tipologie alquanto differenti di documentazione, rimane comunque un alone di pesantezza, una certa aria viziata e nociva che circonda questa parola, specialmente nel mondo della scuola. Provo a rievocare, solo a titolo esemplificativo, una serie di espressioni in merito a questo tema: s“Facciamo molto in questa scuola, ma ci dimen- Come Che cosa Bambini Per fare memoria e tornare sui propri passi Fotografie/filmati/video Processi formativi; attività didattiche Bambini Per condividere la meraviglia con altri. Manufatti vari da portare a casa. Prodotti dell’apprendimento. Bambini Per costruire la propria identità. Cartellina, contenitori, dossier, cassetto personale. Processi formativi. Genitori Per informare. Bacheca, cronache del giorno, verbali. Eventi importanti, attività quotidiana. Genitori Per rendere partecipi e coinvolgere. Teatro, feste, spettacoli, riunioni. Vita della scuola, ricorrenze. Insegnanti Per esigenze amministrativa. Per condividere buone pratiche. 3FHJTUSJNPEVMJTUJDBNBUSJDJQSPHFU tuali. Progettazione educativo-didattica. Insegnanti Per scambiarsi informazioni relative ai Quaderno di sezione bambini e a quanto accaduto a scuola. Eventi rilevanti di vita quotidiana. Sonia Claris * Dirigente scolastica 66 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Documentazione La pratica della documentazione va intesa come processo che produce tracce, memoria e riflessione, negli adulti e nei bambini, rendendo visibili le modalità ed i percorsi di formazione e permettendo di apprezzare i progressi dell’apprendimento individuale e di gruppo. 0UKPJHaPVUPWLYPSJ\YYPJVSV n. 1 sSETTEMBREsANNO#) da criteri organizzatori delle esemplificazioni che man mano si proporranno. Proviamo ad organizzare le idee scegliendo i destinatari (per chi?), le finalità o funzioni (perché?), gli oggetti (che cosa?) e le modalità (come?) del documentare. Didattica ed esperienze tichiamo di documentare quanto facciamo, così, da un anno con l’altro, ci sembra di dovere sempre iniziare da capo!”. sh1UANTI VERBALI E QUANTE RELAZIONI .ON SAP piamo neppure se vengano poi realmente lette da qualcuno”. sh) GENITORI DOMANDANO IN CONTINUAZIONE OGNI cosa, sempre… ma ho proprio l’impressione che non leggano gli avvisi, o, non leggano proprio ciò che vorremmo che leggessero per tenersi informati sulla scuola e sulla sua vita…”. E via discorrendo… Ciò sta evidentemente a testimoniare come questo ambito sia cruciale, decisivo sotto molteplici aspetti, e nello stesso tempo, sia anche trascurato e frainteso. Proveremo in questa annata a fornire qualche suggerimento sul documentare nella scuola dell’Infanzia, essenzialmente per condividere qualche idea interessante e per ricercarne anche di nuove. Partiamo dal significato originario e ricchissimo del documentare inteso come ‘lasciare tracce’, che ha accompagnato la storia dell’umanità dai secoli più lontani e che i bambini ci testimoniano quando con grande impegno e stupore iniziano a lasciare segni di loro stessi servendosi di matita, pennarelli e fogli di carta. Tracce di che cosa? Per chi? Con quali scopi o finalità? Sono gli interrogativi che vengono immediatamente a seguire. Ci serviranno da filtri e Glossario Documentare: come spiega Rinaldi, “documentare significa produrre tracce, creare documenti, prendere note per cercare di predire quello che avverrà. Questo può essere fatto sotto forma di note scritte, tabelle di osservazione, diari e altre forme descrittive, ma anche attraverso registrazioni, fotografie, diapositive e video. Tutti questi documenti offrono una testimonianza condivisibile dei processi di apprendimento dei bambini senza escludere gli aspetti emotivi e di relazione. In ogni caso, i documenti così prodotti sono solo risultati parziali, interpretazioni soggettive, punti di vista. È inoltre essenziale la consapevolezza che anche il mezzo scelto per convenire e condividere l’esperienza documentata è “parziale”. Questa parzialità può diventare una risorsa preziosa laddove documenti multipli dello stesso evento siano prodotti e/o osservatori multipli siano coinvolti usando media differenti. A causa di questa inerente soggettività, le testimonianze documentali vanno reinterpretate collettivamente – in particolare tra colleghi che condividono la stessa esperienza quotidiana. La documentazione è anche importante per i bambini, offre loro una preziosa opportunità di ritornare a, riflettere su e interpretare quello che hanno fatto e soprattutto per pensare ai loro processi mentali (metacognizione)”. per approfondire C. Rinaldi, Catalogo della mostra: “I cento linguaggi dei bambini”, Reggio Children, 1996, pp. 113-114. 67 Documentazione Lasciare tracce Didattica ed esperienze Una prima modalità con cui si lasciano tracce e si documenta un’esperienza in modo stabile nel tempo è quella di disegnarla. Proprio come nei tempi antichi venivano istoriate sulle pareti di roccia delle caverne scene di caccia appena vissute, animali sconfitti, pericoli scampati. I bambini alla scuola dell’infanzia si servono del linguaggio iconico come modalità preferenziale per raccontare e raccontarsi, a livello anche socio-relazionale (rif. Fig. 1 La mia famiglia). Che cosa documentano questi disegni? Sono a livello documentativo tracce dell’interazione educativa tra il/la bambino/a e la sua insegnante, in sintesi ci dicono di che cosa è accaduta tra loro. Proviamo ad immaginarlo: Veronica ha completato il suo lavoro pittorico e la maestra con pazienza le rivolge alcune domande-stimolo: chi sono queste persone? È la mamma la signora con la gonna arancio? … Seguono le parole della piccola, i suoi assensi e le sue precisazioni, a volte vere e proprie correzioni dell’interpretazione degli adulti. La docente scrive sopra le varie figure quanto viene riferimento sulla loro identità, non si dimentica di indicare la date in cui il disegno è stato realizzato dalla bambina ed il suo nome. Perché lo avrà fatto? Per documentare in modo permanente i significati del disegno stesso, per poi poterli recuperare a distanza, per rileggerli Fig. 1. La mia famiglia. 68 insieme alla stessa autrice a distanza di tempo. Nel disegno riprodotto in Fig. 2 viene in luce un diverso contesto culturale e identitario della scuola dell’infanzia, evidenziato da una modalità diversa di realizzazione del disegno della propria famiglia. In matita, su un foglio più piccolo, con tentativi di scrittura alfabetica messi in atto dallo stesso bambino, che si impegna a indicare come si chiamano le persone e gli oggetti disegnati. La maestra non funge da scriba e non lascia tracce della relazione intercorsa tra lei e l’alunno. Per concludere possiamo dire che ogni disegno dei bambini è una fonte documentale, alcuni di essi lo possono diventare in modo intenzionale, per il tema, per il tipo di consegna data, per il rilievo dell’esperienza raccontata. Per non perderne le tracce, allora un breve pro-memoria: s DATARELELABORATO s SCRIVEREOFARSCRIVEREALBAMBINOILPROPRIO NOME s FUNGERE DA SCRIBA DI NOMI DI OGGETTI DI PERSONEDIAZIONI s CHIEDERE AL BAMBINO STESSO DI SCRIVERE come riesce e di leggerlo alla maestra. I disegni di ognuno si possono inoltre raccoglie ed organizzare sotto forma di cartellone murale di classe, da visualizzare su una parete, possibilmente ad altezza di bambino. Fig. 2. La mia famiglia (disegno di un bambino di una scuola indiana). n. 1 sSETTEMBREsANNO#) dossier Educazione scientifica per l’infanzia a cura di Enrica Giordano Educazione scientifica per l’infanzia Introduzione “Non c’è niente di più importante per il futuro del mondo, del modo in cui prepariamo la prossima generazione” dice Bruce Alberts, Editor della prestigiosa rivista “Science” nel numero dell’agosto 2011 tutto dedicato all’educazione dell’infanzia. La società italiana purtroppo ha sempre considerato gli aspetti matematici e scientifici come tecnici e difficili, lontani dalla prima formazione e affrontabili solo a livelli alti d’istruzione. Negli ultimi anni però risulta sempre più evidente, da ricerche svolte sia in contesti reali di apprendimento sia in condizioni sperimentali che i bambini sono molto competenti; fin da molto piccoli hanno idee intuitive sul mondo fisico e biologico che li circonda, esplorano sperimentando, fanno previsioni e le mettono alla prova dei fatti, cercano spiegazioni causali coerenti per fenomeni che ritengono simili. In una parola sembrano procedere in modo molto simile al modo di indagare scientifico, al “provando e riprovando” che da Galileo in poi una delle più prestigiose società scientifiche, l’Accademia del Cimento, ha come suo motto. Questi bambini hanno diritto ad una educazione scientifica efficace ed appropriata al loro livello. Un’educazione che si inserisca nel processo di sviluppo naturale dei bambini, che ne potenzi lo sviluppo spontaneo, che sia attenta non a introdurre troppo precocemente i risultati della scienza, ma che incoraggi piuttosto l’appropriarsi dei suoi metodi e delle sue procedure: esplorare, descrivere e rappresentare in diversi linguaggi, immaginare, cercare somiglianze e analogie, costruire modelli, confrontarsi con altri e difendere le proprie idee argomentando. Questo richiede la guida attenta e non invasiva di adulti preparati a incoraggiare l’esplorazione attiva dei bambini offrendo loro possibilità d’interazione diretta con oggetti e fenomeni del mondo, in ambienti sicuri e accoglienti, che favoriscano la loro crescita emotiva, sociale e cognitiva in modo equilibrato. “Le buone scuole cominciano da quello di cui i bambini sono già padroni di fatto, poi sondano quello che di fatto stanno apprendendo e continuano con quello che di fatto porta avanti il loro coinvolgimento” diceva Hawkins nel lontano 1965. per approfondire D. Hawkins, Pasticciando con le scienze, in Imparare a vedere, Loescher, Torino 1979. Sommario Piccoli scienziati crescono Enrica Giordano Il gioco con l’acqua Giocheria Laboratori Percorsi di astronomia “Ci son tre lune diverse” Sara Bartesaghi Profumo di cielo Valentina Robati Esperienze di biologia tra ambienti di apprendimento outdoor e indoor Antonella Pezzotti n. 1sSETTEMBREsANNO#) 69 Enrica Giordano* dossier Piccoli scienziati crescono no dei temi che proponiamo negli articoli che seguono è l’acqua. Molti di noi si sono sentiti ripetere a scuola che l’acqua è “incolore, inodore, insapore e senza forma”. Ma ne siamo sicuri? Proviamo a guardarci intorno e a sperimentare. La superficie dell’acqua ferma in un bicchiere ha una sua forma, piatta, orizzontale; cosa cambia se inclino il bicchiere? E come dire che non hanno forma le gocce che scendono da un rubinetto, che si appoggiano sul vetro o sull’ombrello, sulle foglie o sulle ragnatele? E poi, se è insapore, perché si parla di acqua dolce e salata? E se è incolore perché la si disegna di colore azzurro? Vogliamo che i bambini ci ripetano queste parole stereotipate? Piuttosto lasciamo che sperimentino con l’acqua e i suoi veri comportamenti in interazione con oggetti e materiali di vario tipo. E che trovino i gesti, i disegni, le parole, per descrivere quello che hanno osservato: “La forma dell’acqua è tutta sparpagliata” dice una bimba. Cosa significa bagnare? Sono bagnate le mani e il fazzoletto, ma in due modi diversi. L’acqua bagna, ma è bagnata? E cosa intendiamo quando diciamo che lo zucchero si scioglie nell’acqua? Educazione scientifica per l’infanzia U Le domande possono essere moltissime, basta avviare il discorso con i bambini per vederle nascere e svilupparsi dall’esperienza di tutti i giorni e da quella che si può proporre in un ambiente attrezzato con materiali semplici, ma intriganti e coinvolgenti. In particolare nelle esperienze proposte nell’articolo di “Giocheria Laboratori” si suggeriscono attività da realizzare, in parte al chiuso in parte Enrica Giordano * Professore associato di Didattica della Fisica, Dipartimento di Fisica, Università di Milano-Bicocca 70 n. 1sSETTEMBREsANNO#) dossier Educazione scientifica per l’infanzia all’aperto, sull’acqua che corre in tubi, canaline, ruscelli. Senza esperienze di acqua in movimento non ci si appropria veramente di cosa voglia dire che l’acqua è un liquido, anzi il liquido per eccellenza. Esce da una sorgente e scorre, forma rivoli, gorghi e flussi, schizzi e spruzzi; passa in buchi piccolissimi, ma non sopporta di essere bucata, (si dice appunto “fare un buco nell’acqua”...). Un altro tema è il “Cielo stellato e la luna”. Sara Bartesaghi e Valentina Robati ci aiutano raccontandoci la loro esperienza, nella Scuola dell’infanzia in occasione della loro tesi di laurea in Scienze della Formazione Primaria. Infine Antonella Pezzotti ci guida nel gioco di avvio allo studio degli organismi viventi tra gli ambienti all’aperto che si possono trovare nelle vicinanze delle scuole o nelle uscite didattiche e gli ambienti chiusi in cui più tradizionalmente si svolge l’azione educativa. Il filo conduttore di tutte queste proposte è il lavoro tra interno ed esterno, tra ambiente naturale e ambiente scolastico, tra fenomeni che avvengono senza il nostro diretto intervento e altri che facciamo avvenire ad arte, in modo selezionato e controllato. Tutte puntano a costruire poche idee fondamentali del campo di indagine selezionato e pongono al centro i bambini e il loro esplorare. per approfondire E. Giordano, Imparare sperimentando, “Psicologia dell’Educazione”, n. 5 (2), 2011, pp. 177-192. n. 1sSETTEMBREsANNO#) 71 Laura Plebani, Daniela Calò, Anna Cuccu, Simona Vimercati* dossier Il gioco con l’acqua acqua offre una ricca e versatile opportunità di gioco da proporre ai bambini di diversa età. Infatti, sin da piccolissimi i bambini sono affascinati dall’acqua che irresistibilmente li attrae e conquista. Da questa prima considerazione, dalle osservazioni su cosa fanno i bambini quando giocano e dalla convinzione che tutti imparano facendo, in Giocheria Laboratori proponiamo da anni laboratori scientifici di gioco con l’acqua. I bambini che giocano alla scienza passano da una fase in cui sperimentano e osservano ad una in cui riflettono su ciò che vedono accadere sia durante il laboratorio sia in classe tra un incontro e l’altro. Con modalità diverse a seconda delle diverse età, i bambini sono stati sollecitati a scambiarsi le osservazioni sulle scoperte fatte nel laboratorio e a rappresentarle attraverso disegni. Con l’insegnante si riprende, si rielabora, si propone una lettura ragionata che consente di porre attenzione ai passaggi, di analizzare le criticità, per ricominciare con le nuove conoscenze, in un moto circolare che sembra portare a continue previsioni e verifiche. Provare e riprovare porta a fare delle scoperte quando lo sperimentatore non sa dove l’esperienza che sta facendo lo conduce e questo ai bambini accade sempre poiché sanno imparare mentre fanno. “Fare con le mani” significa conoscere con il corpo e con i sensi il mondo a partire dalla curiosità, dalla spontanea spinta ad esplorare a confrontare che i bambini possiedono. I bambini imparano, imitandosi tra pari, la collaborazione che arricchisce l’apprendimento, lo amplia e lo fa viaggiare sulla strada delle relazioni personali. Se l’ambiente è ben strutturato e il materiale opportunamente scelto, la presenza dell’adulto è garanzia della sicurezza dello sperimentare del bambino che diventa artefice del proprio apprendimento. L’adulto dovrebbe essere presente senza però sovrapporsi, il modello “insegnante che travasa il suo sapere nei bambini” si può abbandonare a vantaggio di un insegnante che “accompagna e favorisce le scoperte dei bambini”; le eventuali domande saranno orientate a favorire la concentrazione su ciò che si sta sperimentando. Una Educazione scientifica per l’infanzia L’ posizione non direttiva, più rilassata consente di lasciare tempo per esplorare, affiancando la loro attività autonoma con una presenza più leggera. I laboratori I laboratori del gioco con l’acqua sono allestiti sia all’interno di Giocheria che nello spazio verde che circonda la struttura. All’esterno il ruscello è progettato perché i bambini possano giocare con l’acqua in movimento. Laura Plebani, Daniela Calò, Anna Cuccu, Simona Vimercati * Educatrici presso Giocheria Laboratori, Sesto San Giovanni (Mi) 72 n. 1sSETTEMBREsANNO#) n. 1sSETTEMBREsANNO#) Educazione scientifica per l’infanzia dossier Un rubinetto alla fonte può originare una goccia d’acqua o una cascata che si incanala lungo il percorso creato con canaline collegate tra loro; l’acqua scorre sfruttando la pendenza del terreno sino a tuffarsi in una grande vasca. I bambini possono osservare i diversi comportamenti a seconda del flusso d’acqua e hanno a disposizione diversi oggetti per la loro osservazione. Una serie di strumenti vengono predisposti affinché l’acqua possa “viaggiare da un punto all’altro”. Imbuti, canne di plastica, contenitori, bottiglie di plastica permettono ai bambini di trasportare l’acqua da un recipiente all’altro, di scoprire che può andare in salita o scappare da tutti i buchini. Le azioni e le scoperte dei bambini vengono raccontate oppure disegnate; riportiamo alcune delle loro frasi: Mirko: “Se riempio l’imbuto e lo alzo in alto l’acqua scende e si sente il verso della rana. Quando fa il verso della rana ho scoperto che si fa il vortice”. Desirée: “…fa il verso della rana perché l’acqua scende velocemente…”. Andrea: “…io versavo l’acqua era tutto bucato così andava a finire per terra”. 73 dossier Educazione scientifica per l’infanzia strando concentrazione per lungo tempo. Mentre giocano, guardano cosa succede alla mano, ma anche all’acqua e lo dicono: “l’acqua mi lascia entrare”. La mano non trova resistenza, l’acqua si sposta, avvolge, bagna, rinfresca. Se tolgo la mano “l’acqua si chiude”. Provano a usare gli oggetti, più oggetti insieme, a combinare due diversi effetti, a concatenare le osservazioni, i flussi. Alessandro: “Io facevo le bolle e soffiavo e l’acqua diventava più alta e mi bagnavo la faccia”. Giulia: “Ho messo la spugna nell’acqua ed è diventata verde scuro”. I granelli La trasparenza Oltre al ruscello, sia all’esterno sia all’interno, si predispongono le grandi vasche con i vari oggetti da immergere. Per contenere l’acqua abbiamo privilegiato delle vasche di plexiglass trasparenti appoggiate a strutture tubolari e sollevate da terra in modo tale che i bambini possano vedere da tutte le angolazioni. I loro gesti si fanno più precisi e attenti a non disperdere neanche una goccia d’acqua dimo- 74 Accanto al percorso con l’acqua abbiamo predisposto situazioni di gioco che consentissero il confronto sul travaso di materiali solidi con maggior e minore fluidità nello scorrimento. I bambini possono così fare un confronto di come miglio, sabbia, farina passano differentemente attraverso contenitori, imbuti e setacci. Gabriele: “Con l’imbuto grande il mais scendeva subito, con l’imbuto piccolo non usciva allora abbiamo preso il bastoncino e abbiamo spinto e se n. 1sSETTEMBREsANNO#) dossier Educazione scientifica per l’infanzia sbattevo ne uscivano tanti, sennò una alla volta”. Omar: “Ho messo le mani nei fagioli e ho sentito il solletico”. Giulia: “Mi è piaciuto mettere le mani nei semi piccoli, anch’io ho sentito il solletico fresco”. “Provvisorie” considerazioni finali Abbiamo osservato i bambini giocare, li abbiamo ascoltati “ragionare” sull’esperienza che stavano facendo e usare parole speciali. Nel tempo, le diverse esperienze che si sono susseguite, le diverse n. 1sSETTEMBREsANNO#) età dei bambini, i contesti più o meno strutturati hanno mostrato delle modalità di esplorazione che si ripetono. Proprio da queste ripetute modalità di gioco dei bambini abbiamo estrapolato alcuni indicatori necessari per costituire un percorso di scoperta scientifica. s 1UALEhPOSIZIONEvPERLADULTO Mettersi al fianco dei bambini anziché di fronte. Osservare il loro approccio, ascoltare le loro osservazioni e annotarle comporta un cambiamento di atteggiamento rispetto 75 dossier Educazione scientifica per l’infanzia al bisogno” di porre loro delle domande “giuste”, nell’intenzione di preparare il terreno all’intervento dell’adulto. La posizione diversa comporta anche una funzione diversa del linguaggio che accompagna le esperienze. Nei laboratori si possono fare domande aperte per dare la possibilità ai bambini di descrivere verbalmente i fatti sui quali stanno già ponendo la loro attenzione. h#HE COSA STAI OSSERVANDOv Come spiega Enrica Giordano, “attaccare le parole ai fatti è una parte della funzione dell’educatore, ma non nel senso di dare le nostre, ma invitare ad usare le parole per raccontare cosa sta ora accadendo, la differenza non è marginale ma sostanziale poiché la valenza cognitiva implicata è completamente diversa”. s 1UALIMATERIALIPROPORRE Ci vuole tempo e pazienza per andare a cercare strumenti e oggetti che a contatto con l’acqua si bagnano, si inzuppano, lasciano passare, trattengono, schizzano, gocciolano, vanno giù e ci rimangono o tornano su. Queste e molte altre azioni le abbiamo sperimentate noi educatori (per poi sorprenderci nel vedere che i bambini ne trovano di inedite) e ci hanno permesso di costruire la nostra collezione di oggetti. Anche la scelta dei contenitori in cui raccogliere o far scorrere l’acqua è il risultato 76 di uno studio. Le vasche sono di differenti dimensioni, trasparenti, infrangibili, con i bordi la cui altezza consente di riempirle con una giusta quantità di acqua, ma permette anche ai bambini di toccare il fondo. Abbiamo strutturato gli spazi interni ed esterni con l’obiettivo di permettere ai bambini di orientarsi facilmente riconoscendo le postazioni di gioco, di muoversi in sicurezza e ultimo ma egualmente importante, di giocare in un posto bello, curato, accogliente. s #HISCEGLIE Ai bambini è lasciata la scelta di come cominciare il gioco, che sia partendo dal privilegiare il contatto acqua-mano piuttosto che usare subito un oggetto come intermediario. Come l’acqua è sempre in movimento, così i nostri laboratori sono in continuo mutamento. Le nostre osservazioni su cosa succede nel gioco dei bambini diventano input e punto di partenza per riprogettare l’offerta nel laboratorio, con accorgimenti tesi a migliorare le condizioni dell’esplorazione dei bambini. La narrazione di cosa abbiamo visto accadere prende strade differenti, tante quanti sono stati i bambini osservati. Davanti alla vasche ogni bambino ha fatto il suo “pasticciamento” giocando con gli oggetti messi a disposizione. L’attenzione del bambino è su cosa succede, ma nel contempo il suo sguardo abbraccia l’esperienza del compagno che gli gioca vicino. I bambini si guardano tra loro, s’imitano, commentano. I bambini, lo abbiamo già detto, provano e riprovano fino a che sentono di poter chiudere l’esperienza in atto per spostare l’attenzione e la concentrazione su altro, magari anche solo un altro particolare (aspetto o fenomeno) della stessa esperienza. per approfondire Scienza in gioco. Costruzioni d’acqua di adulti e bambini, Junior, Azzano San Paolo, 2004. n. 1sSETTEMBREsANNO#) Un percorso scientifico, a qualsiasi grado venga proposto, dovrebbe prevedere, almeno nelle sue prime fasi, un’osservazione diretta dei fenomeni. Questo è possibile per il cielo diurno, per il sole e per la luna, spesso visibile anche di giorno. Più difficile sembra invece lo studio a scuola del cielo della notte e delle stelle, affrontabile solo con qualche uscita serale/notturna. Ma molto si può riuscire a fare, per ovviare ai problemi logistici e di orario scolastico senza snaturare il senso e la metodologia del nostro insegnamento scientifico. I percorsi che seguono illustrano due progetti “astronomici” sperimentati in classi della Scuola dell’infanzia in occasione di due tesi di laurea in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Milano Bicocca. Il primo, a cura di Sara Bartesaghi, avvicina i bambini alla comprensione delle ragioni dell’apparente mutare della forma della luna. Il secondo, a cura di Valentina Robati, è dedicato al cielo notturno tra mito e storia della scienza, tra osservazioni, fantasia ed immaginazione. Educazione scientifica per l’infanzia Chiunque alzando gli occhi al cielo, in una bella notte limpida, resta conquistato dallo spettacolo della volta celeste. Fin dai tempi più antichi l’uomo è stato affascinato dagli astri e dal cielo notturno e, con sempre maggior accuratezza, ha cercato di avvicinarlo a sé, osservandolo ed interpretandolo. Perché allora non avvicinarlo anche al mondo dei bambini, i quali sono dei maestri nello stuPIRSIEDINCURIOSIRSIPEROGNICOSA Troppo spesso si pensa che i bambini non siano ancora pronti cognitivamente ad affrontare le cosiddette scienze dure (ndr: dall’inglese hard, si intende matematica, fisica e chimica, “dure” per l’alto livello di formalizzazione e la difficoltà ad essere comprese). Ad esempio l’astronomia – fatta di calcoli, di misurazioni, di strumentazioni specifiche – sembra accessibile solo a menti matematiche. Questa immagine non rende giustizia alla conoscenza scientifica come impresa culturale, frutto di discussioni, di critiche, di fantasie e al bambino come individuo curioso, competente, capace di costruire la propria conoscenza attraverso l’esperienza e il confronto con gli altri. dossier Percorsi di astronomia V.R. “Ci sono tre lune diverse” Sara Bartesaghi* urante l’anno dell’astronomia 2009, nella Scuola dell’infanzia comunale di via Giacosa a Milano, il progetto ha preso avvio dalla mia richiesta a un gruppo di bambini fra i 4 e 5 anni di costruire ciascuno una propria “luna” attraverso l’uso di materiali a scelta tra creta, carte e cartoni, stoffe, bottoni, brillantini, plastica, cotone, fili, nastri, carta stagnola… Le attività artistiche e manipolative risultano essere molto efficaci nel portare alla luce preconoscenze, immaginario, curiosità, domande, ed aiutano i bambini ad esprimere i propri saperi e idee sviluppandone di nuovi. Quando un bambino disegna o costruisce non fa solo una D creazione artistica, ma contemporaneamente mette in gioco delle idee, le seleziona e ripensa, ristabilisce i contorni del problema, in un gioco continuo tra attività concreta e costruzione di conoscenza astratta. Fondamentale risulta accompagnare la realizzazione dei manufatti con parole e discussioni in cui si confronta cosa è stato fatto e perché: Lucas: “…poi con lo scotch l’ho chiusa e poi ho messo il cartone rosso e l’ho attaccato e ho messo anche la carta lucida.(…) eh perché è rotonda (la luna)… poi ho messo il giallo perché la luna è un pochino gialla… È anche un po’ brillante per quello ho messo il lucido”. Sara Bartesaghi * Laureata in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Milano Bicocca. n. 1sSETTEMBREsANNO#) 77 Educazione scientifica per l’infanzia dossier Lucas: “il sole è un pochino elettrico”. Ranim: “(la luna) è più spenta”. Lucas: “perché è un pochino argento… anche un pochino nera e un pochino pure gialla… però è anche un pochino argento e si vede al buio”. Alice: “… l’ho fatta così perché così potevo mettere il cotone, e poi qui su ho messo i brillantini”. Insegnante: “#OMEMAI”. Alice: “Perché sono belli”. Insegnante: “#OSÖLATUALUNADIVENTAVABELLA”. Alice: “Sì e poi così si possono un po’ vedere di notte, e poi ho messo anche il riso bianco”. Ranim: “(parlando della carta stagnola) Perché così si attaccava ed era bello argento luccicoso, perché io la luna la vedo sempre bianca”. Si vede che i bambini hanno l’idea che la luna sia in grado di fare luce come il sole, da cui la differenziano più in termini quantitativi che qualitativi. La scelta dei materiali è caduta su quelli che secondo loro avrebbero riprodotto nei manufatti questa supposta caratteristica del satellite, essere visibili al buio (brillantini, paillettes, carta stagnola, carta lucida argentata, stoffe argento…). Queste discussioni su luna e materiali utilizzati per ricostruirla sono state arricchite da una successiva osservazione diretta e mattutina della luna nel parco che circonda la scuola. Siamo quindi tornati a lavorare all’interno. Ho proposto di osservare una “luna” costruita da me con la carta stagnola e posta dentro una scatola totalmente dipinta di nero al suo interno. Questo strumento è stato presentato come capace di riprodurre la situazione e l’immagine della luna di notte. Abbiamo chiuso bene la scatola in modo che non entrasse luce; i bambini quindi a turno hanno guardato al suo interno attraverso un foro nel cartone, aspettandosi di vedere una figura luccicante nel buio. 78 Lucas: “Ma si vede tutto nero”. Dora: “Si vedeva tutto nero”. Lucas: “Forse si è mossa (la luna)… controlliamo!”. Insegnante: “Proviamo a controllare!”. Aperta la scatola si scopre che l’oggetto è ancora lì, attaccato al fondo con il velcro. Lucas: “Eh no è ancora lì… allora è perché il buco è troppo alto”. Ranim: “0OSSORIPROVAREAGUARDARE”. Insegnante: “Sì… cambiamo buco per vedere se QUESTOÒTROPPOALTO”. Ranim: “No...non si vede niente…”. Lucas: “Aspetta qui c’è una pila proviamo così. Insegnante: “Proviamo a metter dentro la luce”. Tutti: “Sì”. Ranim: “Io tengo la pila”. Alice: “L’ho vista adesso”. Dora: “Si vede”. Emiliano: “La palla… si vede la palla”. Lucas: “Si vede di più grazie alla mia idea… avete visto che avevo ragione”. Insegnante: “Ma allora questa luna qui…”. Lucas: “Si vede solo con questa (la pila)!”. Ranim: “Serve la luce anche se è tutta argento!”. Far emergere una problematica, creare una ragione di sorpresa, suscita nei bambini la voglia di costruire conoscenza e li mette in condizioni di svolgere ricerche. Lo stupore derivato dal fatto che le idee emerse attraverso la costruzione delle “lune” venissero disattese, ha dato il via a sperimentazioni, espen. 1sSETTEMBREsANNO#) Educazione scientifica per l’infanzia dossier aspetti della realtà quotidiana, quali sono luce e ombra, è stata l’occasione per esplicitare interpretazioni già esistenti e, attraverso un continuo scambio fra osservazione dei fatti, descrizioni e riflessioni interpretative, arricchire la conoscenza e l’analisi del fenomeno in questione. Siamo così arrivati a puntare l’attenzione sulla presenza sull’oggetto illuminato di parti in ombra e quindi su quelle che in arte si chiamano “ombre proprie”. Durante l’osservazione della candela: Ranim: “Guarda c’è la tua ombra nella luce… In ogni luce c’è un’ombra…”. Durante una seconda osservazione della “luna” argentata all’interno della scatola nera, successiva a tutte le varie esperienze su luci e ombre all’esterno: Insegnante: “#OMÒv. Emiliano: “Metà e l’altra…”. Lucas: “Non è tutta illuminata c’è una riga nera”. Insegnante: “#ÒUNARIGANERA”. Lucas: “Sì… è così (mimando con il dito una linea di demarcazione) qua così, poi qua è tutta colorata e qua buia”. Ranim: “È un pochino più buia di qui”. Una volta notato che la sfera è in parte illuminata e in parte è in ombra, si tratta di arrivare a comprendere che un altro fattore importante entra in gioco: la posizione da cui la osserviamo. Le forme a noi visibili di oggetti tridimensionali, fra cui la luna, che non fanno luce loro stessi, dipendono dalla possibilità di osservare dalla propria posizione varie porzioni delle zone di luce e ombra sull’oggetto e quindi dalle posizioni reciproche di osservatore, sorgente di luce primaria e oggetto illuminato su un determinato sfondo. rienze e ricerche sul funzionamento della nostra vista, sul buio e su luci e ombre, senza che venisse per il momento esplicitato l’importante collegamento esistente fra esse e l’apparente mutamento della forma della luna. All’interno della scuola si è cercato il buio entrando in una stanza senza finestre o nascondendosi sotto le coperte. All’esterno in una bella giornata di sole si è cercato il buio nella luce attirando l’attenzione sulle ombre: si è cercato di scappare dalla nostra ombra, si sono fotografate e ricalcate le ombre nostre e di altri oggetti, si è osservata la fiamma e le ombre create da una candela in una zona poco illuminata. Il fare esperienza in modo consapevole, con occhi interrogativi e intento di ricerca, di questi n. 1sSETTEMBREsANNO#) 79 Educazione scientifica per l’infanzia dossier vedi così… perché là da me si vede finissima… se ti sposti là da me si vede diversa”. Alice: “Basta che ci spostiamo”. Insegnante: “"ASTACHEVISPOSTIATE”. Alice: “O il faro”. Insegnante: “O ci spostiamo noi o spostiamo il FAROv. Alice: “E cambia la forma”. Emiliano: “Oppure spostiamo la palla”. Senza fare riferimento esplicito alla luna, abbiamo inizialmente sperimentato in un contesto familiare con coinvolgimento corporeo ed emotivo diretto: abbiamo osservato i nostri corpi ed in particolare i nostri visi illuminati da un torcia in una stanza buia. È stata poi proposta una nuova situazione che prevedeva un pallone di gommapiuma, illuminato per mezzo di un faro direzionale spostabile appeso al centro della stanza, posizione che invitava a non assumere un punto di vista fisso come nel caso precedente e ad esplorare la tridimensionalità dell’oggetto. Si è chiesto ai bambini disposti liberamente attorno al pallone di disegnare come vedevano il pallone. Ognuno ripeteva il disegno ogni volta che veniva spostato il faro che lo illuminava. La diversa posizione dei bambini durante il disegno ha permesso di osservare come l’immagine bidimensionale a noi visibile dipendesse dalle posizioni reciproche non soltanto dell’oggetto e della sorgente di luce, ma anche di noi osservatori. Lucas: “Ma Emiliano stai sbagliando… la stai facendo troppo grossa… guardala è illuminata pochissimo”. Emiliano: “No, è grossa”. Lucas: “Ma non vedi che è finissima”. Emiliano: “Non è vero”. Lucas: “(avvicinandosi a Emiliano) ah ma tu la 80 Da queste prime osservazioni sono partite varie sperimentazioni in cui si agiva prima liberamente poi in modo più controllato sulle variabili in gioco, arrivando a comprendere meglio le relazioni di causa-effetto e a prevedere cosa avrebbero prodotto le nostre azioni. Ad un certo punto l’attenzione dalla palla si è spostata sulla luna, introdotta dai bambini stessi: Lucas: “Ma sembra una luna”. Insegnante: “3EMBRAUNALUNA”. Lucas: “Sì, ha la stessa forma”. Insegnante: “%CHEFORMAHALALUNA”. Si è dato origine così ad una chiacchierata sulle varie forme con cui la luna ci appare ed è stata descritta come “rotonda”, “a volte ha la forma mezza”, “panciuta”, “ci sono tre modi diversi: una quella tutta cerchia, poi quella un po’ meno, poi quella magrissima”, “nello spazio la luna è rotonda ma noi la vediamo con le forme diverse, con noi cambia forma”. Per arricchire la conversazione si sono mostrate fotografie della luna nelle sue varie fasi e si è provato a ricreare le forme della luna in fotografia attraverso la palla e il faro. Si potrebbe pensare che dopo aver fatto vedere un possibile meccanismo di spiegazione delle fasi della luna l’argomento si potesse considerare concluso e l’idea acquisita. Ma non è così. “Le scoperte vengono fatte, osservate, perdute, e rifatte di nuovo… Quando la mente sta evolvendo… tutti noi dobbiamo superare la linea di separazione tra ignoranza e intuito più volte n. 1sSETTEMBREsANNO#) È un’idea errata che molti adulti hanno, che si tratti di un fenomeno di ombra della terra sulla luna o che possano entrare in qualche modo le nuvole. Ma attenzione le parole dei bambini sono difficili da interpretare e allora forse togliere non vuol dire quello che pensiamo noi. Lucas: “Perché si toglie tutto questo”. Insegnante: “3ITOGLIE”. Lucas: “Si toglie… cioè rimane lì ma è tutta nera”. Emiliano: “Perché, perché, perché qua c’è il nero e qua c’è la luce”. Lucas: “Perché qua diventa più buio”. Emiliano: “Perché quando è buio, buio non si vede proprio tutta… solo da una parte è illuminata, dall’altra è buia”. Emiliano sembrerebbe essersi appropriato della soluzione corretta eppure poi afferma: Emiliano: “Ci sono delle lune piene e lune mezze”. Insegnante: “Ci sono lune piene e lune mezze… ce NESONOTANTEDIVERSE”. Emiliano: “Sì, sì… Quelle piene sono uguali, quelle mezze non sono uguali”. Insegnante: “#ENESONOMEZZEDIDIVERSITIPI”. Emiliano: “Sì”. Ma Emiliano forse potrebbe avere ancora ragione, le lune a spicchi non sono tutte uguali, le lune piene sì, cosa intende questo bimbo quando dice che ci sono tante lune diverse? Ci sono o si vedono diverse? n. 1sSETTEMBREsANNO#) dossier Lucas: “È perché è tolto un pezzo”. Alice: “No, non lo sapete”. Emiliano: “Era sopra il cielo perché è così, il pezzo è andato sopra il cielo”. Alice: “No, c’è una nuvola”. Insegnante: “#ÒUNANUVOLACHELACOPRE”. Lucas: “Non è vero… è perché era la luna piena e poi se ne è andato un pezzo”. Alice: “Il sole illumina tutto”. Ranim: “Anche la luna”. Emiliano: “E la luna piena diventa mezza… o si vede luna piena o luna mezza”. Alice: “Qua io la vedo piccolissima”. Emiliano: “Nera e piccolissima… se ci spostiamo qua vuol dire che vediamo luce… se ci spostiamo qua, vediamo mezzo luce e mezzo nero… La luce illumina la luna che illumina la notte… la luna illumina la notte”. Lucas: “Ma pochissimo”. Educazione scientifica per l’infanzia prima di capire veramente” ci dice Hawkins. In successive discussioni si torna sull’argomento: Per poter qui brevemente esporre ed analizzare il percorso effettuato è stato necessario linearizzarlo e accompagnarlo con interventi e frasi selezionate, necessariamente isolate dal contesto. Così facendo si rischia però di non dare l’idea della reale e più complessa dinamica di questa conversazione e dell’intero percorso su cui ci si è mossi seguendo il reale processo dei bambini; si è trattato di un andirivieni continuo di diverse idee, ipotesi, esperienze, emozioni. Non si è arrivati a un’interpretazione definitiva dei fatti e non si sono abbandonate del tutto le idee iniziali, che sono state comunque ampiamente arricchite attraverso nuove osservazioni e discussioni. I bambini di questa età fanno tante ipotesi diverse e per lavorare su queste le confrontano con i fatti, con quello che si vede, con le loro idee che cambiano a seconda di quello che vanno osservando e comprendendo. Non chiedono agli adulti di dire loro le cose come stanno, non cercano già fatte soluzioni a cui non possono arrivare da soli. Il salvaguardare questa peculiarità, senza quindi smentire le loro interpretazioni offrendone una nostra come più autorevole, ma proponendo esperienze che diano l’opportunità ai bambini di pensare in proprio, evita di trasmettere l’idea, poco proficua per arrivare a una conoscenza significativa, che a scuola tutte le domande hanno già una risposta pronta e definitiva. Le interpretazioni dei bambini non sono da considerare errori da eliminare e sostituire il prima possibile ma punto di partenza da arricchire vivendo nuove esperienze e facendo nuove osservazioni. 81 dossier Profumo di cielo Valentina Robati* onvinta che fosse importante portare a scuola lo studio del cielo stellato ho pensato fin dalla progettazione del mio percorso ad alternative per ovviare ai limiti logistici e temporali imposti dalla scuola. Un possibile percorso può prevedere di ri-creare con i bambini in classe, attraverso materiali differenti, un cielo stellato andando così a riflettere sulle forme delle stelle, sul loro colore e sulle loro dimensioni. I bambini hanno tutti un’idea di cielo notturno, hanno delle loro teorie e delle loro curiosità che la manipolazione di oggetti e materiali rende visibile in modo concreto agli adulti e ai bambini stessi (vedi anche l’incipit del percorso di Sara Bartesaghi sulla luna). Oppure è possibile affrontare il tema astrale notturno, come ho fatto nella Scuola dell’infanzia di Pieranica, strutturando l’ambiente in modo da simulare la volta celeste all’interno della scuola, in una stanza buia con un proiettore e proporre attività che permettano ai bambini di approcciarsi in modo graduale ad argomenti astronomici in questo cielo simulato. Nel mio caso ho utilizzato un apparecchio in commercio, ma l’idea è nata dai bambini stessi: in una discussione uno di loro ha proposto “possiamo prendere una scatola tagliare delle forme di stelle e metterci una luce dentro che fa uscire le stelle”. Oltre ad un ambiente adeguato, è importante proporre attività attraverso metodologie che permettano sia di utilizzare i canali preferiti dai bambini, sia di riprodurre in interno ciò su cui si dovrebbe riflettere durante l’osservazione diretta all’esterno. Si possono utilizzare diverse tipologie di esperienze: attività di osservazione, narrative, di manipolazione o basate sui giochi corporei. Tra queste, l’aspetto narrativo risulta essere fondamentale, in parte per il coinvolgimento emotivo che porta inevitabilmente con sé, incentivando la partecipazione e l’immaginazione, ma anche perché permette di introdurre in modo naturali temi importanti, quale ad esempio, la Educazione scientifica per l’infanzia C Io conosco tante cose sulle stelle: ci sono le stelle comete, le stelle a punta, le stelle rotonde. Aurora, 4 anni dimensione storica del costruirsi della conoscenza scientifica. Se davvero si vogliono accompagnare i bambini alla scoperta dell’astronomia, come il tempo ha accompagnato gli antichi che per primi alzarono uno sguardo critico al cielo, allora bisogna partire dai miti e dalle leggende che hanno dato i nomi alle costellazioni, dalla fantasia e dall’immaginazione, avvicinandosi, attraverso la conoscenza di strumenti adatti e di personaggi rivoluzionari, all’Astronomia con la A maiuscola. Ad esempio, dopo aver osservato le costellazioni sul cielo proiettato, ne abbiamo create di nostre unendo dei puntini su un foglio e notando come dagli stessi punti è possibile ottenere figure diverse a seconda dell’immaginazione di ognuno. Le figure ottenute si possono inserire in storie che le colleghino per meglio ricordarle e riconoscere. Ho quindi deciso di dare valore alla loro esperienza narrando una storia, un mito, “che avevano inventato gli uomini, tanto tempo fa”. Si è deciso di utilizzare il mito dell’Orsa Maggiore, il quale ha molto appassionato i bambini e ci ha permesso di fare nuove conoscenze partendo dalle informazioni che esso ci aveva trasmesso: abbiamo scoperto la stella polare “che si trova proprio sulla coda del piccolo orso”, abbiamo capito attraverso giochi corporei e attività grafiche cosa ha di speciale ovvero è l’unica stella che vediamo ferma nel cielo e “serve ad aiutare i marinai per capire dove andare” (Leo, 5 anni). Questa narrazione aveva aperto la possibilità di esplorare mille percorsi diversi. Si sarebbe potuto continuare su un discorso più narrativo e iniziare a creare favole partendo dai personaggi del cielo dei bambini; si sarebbe potuto lavorare sul piano grafico e matematico con le linee spezzate delle costellazioni, gli andamenti sinuosi delle galassie o delle nebulose, Valentina Robati * Laureata in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Milano Bicocca 82 n. 1sSETTEMBREsANNO#) n. 1sSETTEMBREsANNO#) dossier Educazione scientifica per l’infanzia o i cerchi delle stelle; si sarebbe potuto affrontare tutta la tematica sulle distanze delle stelle in una stessa costellazione nello spazio (e la conseguente profondità del cielo stellato), o lavorare sulla dimensione osservata degli oggetti a seconda della distanza a cui si trovano attraverso la creazione di modelli e procedendo per prove ed errori. Ho deciso però in questo percorso di farmi guidare prevalentemente dalle domande e dalle curiosità dei bambini. Lo studio del cielo è anche nell’immaginario collettivo legato agli “strumenti ottici”. È nato proprio dai piccoli un progressivo interesse per lenti, binocoli e cannocchiali. Si è dunque pensato, dopo un primo momento di “pasticciamento” in cui ognuno sperimentava liberamente questi strumenti in classe e nel giardino (stando attenti a non puntarli verso il sole!), di strutturare delle attività più specifiche nelle quali i bambini avrebbero dovuto osservare delle immagini da diverse distanze, in modo tale da comprendere l’utilità, la funzione e la precisione delle lenti. La connessione storica tra il cannocchiale e l’osservazione del cielo notturno, mi ha poi permesso di introdurre la figura di Galileo, di far conoscere la sua biografia attraverso una narrazione drammatizzata in cui mi sono travestita da Galileo e di osservare i suoi disegni dei pianeti, tratti direttamente senza nessuna modifica dal Sidereus Nuncius, la sua massima opera di divulgazione di astronomia. Siamo poi passati a giochi corporei, per permettere una rielaborazione intima di un fatto prima conosciuto solo teoricamente. Questo ha permesso ai bambini di assumere punti di vista diversi, di “osservare” Giove e i suoi satelliti dalla Terra come visti da Galileo e poi dallo spazio, giungendo così alla conclusione che “quando dalla Terra si vedono tre (satelliti) è perché uno si nasconde dietro a Giove che è grasso” (Gaia 4 anni). Tenendo sempre presente la tensione didattica tra ciò che si vuole proporre e le conoscenze dei bambini, il percorso deve essere strutturato come un progetto che va costruendosi in itinere in base alle loro domande, curiosità e interessi e alle risorse e ai vincoli del contesto. Così grazie all’abilità dei bambini di passare dal mondo simbolico al mondo reale, come avviene nel gioco “del far finta”, è stato possibile proporre loro diverse rappresentazioni del cielo (narrazioni, proiezioni, modelli in scala, rappresentazioni corporee) utilizzandone sempre più di una per uno stesso fatto così da non indurre la confusione tra ciò che accade e ciò che è rappresentazione e analogia finalizzata all’apprendimento. Consapevole che per le cose “vicine” l’osservazione diretta sia insostituibile, credo però che per i bambini le stelle e i pianeti reali siano entità così lontane e irraggiungibili che anche quelli simulati possano sostituire degnamente quelli osservabili nel cielo notturno, superando così i vincoli che il contesto scolastico pone. Ma per rimanere coerenti alle scelte didattiche e metodologiche di fondo, di una educazione scientifica attiva e partecipata, la simulazione deve avvenire in uno spazio che permetta ai bambini di muoversi e osservare da diverse prospettive, li rassicuri ma sia analogo allo spazio aperto, che avvicini il cielo ma non lo trasformi in un disegno statico, che ne riproduca i movimenti osservati, che sia un piccolo ricco cielo a misura di bambino. per approfondire Gruppo di ricerca Pedagogia del Cielo del MCE, A scuola di miti e scienza, Junior, Bergamo, 2009. D. Hawkins, Pasticciando con le scienze, in Imparare a vedere. Saggi sull’apprendimento e sulla natura umana, Loescher, Torino 1979. 83 Antonella Pezzotti* Educazione scientifica per l’infanzia dossier Esperienze di biologia tra ambienti di apprendimento outdoor e indoor ccuparsi di temi legati agli organismi viventi significa cercare di capire come sono fatti, come mangiano, come si accoppiano, come comunicano con l’esterno, come si comportano in determinate situazioni, ecc. Per comprendere in modo significativo anche solo alcuni di questi aspetti sono necessarie esperienze dirette e personali in cui ciascun bambino, con il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze, sperimenti il piacere di scoprire “dal vero” quello che fanno i viventi. L’apprendimento costruito su attività concrete, in cui il lavoro di tipo pratico sia integrato alla riflessione sull’esperienza vissuta, risulta sicuramente più efficace. È quanto suggeriscono le Indicazioni ministeriali, in cui è sottolineato il ruolo centrale dell’esperienza e della dimensione laboratoriale, cioè di quella “modalità di lavoro che meglio incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare, realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri, e può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento”. Che cosa si intende per laboratorio? Come spiega Bersisa, il laboratorio non è soltanto uno spazio fisico, ma anche e soprattutto un “luogo privilegiato dove è possibile mettere in atto la metodologia della ricerca”, cioè un luogo in cui si fanno e si condividono osservazioni, si produce documentazione (con disegni, descrizioni, schemi), si fanno ipotesi e le si mettono alla prova dei fatti, ecc. Il laboratorio non è solo un’aula attrezzata: può essere un angolo della classe dedicato a una particolare attività, una sezione del museo o della biblioteca, ma anche un orto botanico, un bosco, un prato, uno stagno; può essere anche un setting didattico costruito ad hoc all’interno di strutture meno tradizionalmente vicine alla scuola, per esempio giardini pubblici, supermercati, centri per l’educazione informale, ecc. Nel laboratorio non ci si limita a manipolare: questo non basta, non è la strada giusta per fornire ai bambini quel bagaglio di conoscenze e competenze da spendere anche e soprattutto al di fuori di quello specifico contesto, al di fuori della scuola. Il lavoro di tipo pratico deve essere sempre affiancato da un O certo grado di riflessività, di consapevolezza, di pensiero. Il concetto di laboratorio così inteso si inserisce in quello più ampio di ambiente di apprendimento, da intendersi come luogo fisico ma anche come luogo mentale e sociale fatto di azioni, pratiche didattiche, relazioni. Seguendo il pensiero di Antonietti e di Carletti e Varani, l’ambiente di apprendimento è uno spazio di esperienza, di riflessione, di condivisione, di elaborazione, di assegnazione di significati; è un luogo in cui una serie di attività si realizzano con l’obiettivo di favorire l’apprendimento e in cui gli attori possono contare su una serie di supporti materiali e sulla collaborazione con gli altri. È importante quindi che gli insegnanti propongano esperienze pratiche di biologia e che lo facciano predisponendo ex novo oppure adattando opportuni ambienti di apprendimento sia interni sia esterni alla scuola: l’angolo con le teche per l’allevamento d’insetti, l’angolo con il cartellone della memoria su cui raccontare le fasi delle esperienze vissute, il giardino per osservare i cambiamenti degli alberi, lo stagno per osservare uova, girini e rane, ecc. La scelta e la preparazione dell’ambiente di apprendimento devono costituire la prima fase di ogni progettualità educativa, fin dalla Scuola dell’infanzia. Se nello scenario predisposto si vuole portare avanti un lavoro di tipo cognitivo e non “fare semplicemente delle cose”, occorre dedicare alla sua preparazione particolare cura e attenzione. Questo aspetto è molto importante nel caso di esperienze di biologia, per realizzare le quali occorre un luogo “emblematico”, speciale, in cui l’allestimento sia funzionale al tipo di lavoro che vi si svolgerà. Inoltre, aspetto non meno importante, l’ambiente di apprendimento deve piacere, risultare accattivante, deve invogliare i bambini che si apprestano a fare delle attività. Nella fase di preparazione del luogo per le esperienze l’insegnante deve trovare il modo di attivare nei bambini quella zona delicata ma fondamentale che li farà stare più attenti, li renderà curiosi, offrirà loro l’opportunità di esercitare un’azione creativa nei confronti del proprio imparare. E gli ambienti esterni? Uguale attenzione e cura Antonella Pezzotti * Dottore di ricerca, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” 84 n. 1sSETTEMBREsANNO#) 1. L’ecosistema albero Argomento Gli alberi sono una grande risorsa e offrono una quantità immensa di materiale da osservare, toccare, odorare, assaggiare, raccogliere, trasportare, n. 1sSETTEMBREsANNO#) dossier studiare con approfondimenti diversi, utilizzare per colorare, ecc. Pensiamo alle gemme, fiori, frutti, semi, foglie, rametti, cortecce, radici… Inoltre, se ci si avvicina ad una pianta con attenzione ci si accorge che essa ospita, nasconde, attira una miriade di organismi viventi: uccelli che si posano sui rami o vi fanno il nido, insetti che corrono su e giù per il tronco, altri insetti che mangiano le foglie, funghi che crescono sulla corteccia, ecc. Gli alberi instaurano infatti una fitta e intricata rete di relazioni con l’ambiente in cui vivono, con le altre piante, con gli animali, con i funghi e con i batteri. Pertanto, sono da considerarsi dei veri e propri ecosistemi e in quanto tali si prestano a ricche esplorazioni. Sul campo si individua un albero e lo si studia nella sua totalità, cercando di cogliere anche solo alcune delle relazioni che lo vedono protagonista; all’interno della sezione si studiano più in dettaglio alcuni elementi dell’ecosistema. Educazione scientifica per l’infanzia vanno date alla scelta degli ambienti esterni: devono essere ambienti piacevoli, stimolanti, accattivanti… ma soprattutto deve essere piacevole, stimolante e accattivante l’approccio all’utilizzo dell’ambiente e il lavoro che viene proposto (come ci ricorda Bortolotti). Il rischio, altrimenti, è quello di sminuire il significato didattico ed educativo dell’uscita sul campo. L’idea di uscire all’aria aperta entusiasma sempre moltissimo i bambini. Il giardino della scuola è già un buon punto di partenza per scoprire la varietà di organismi che vi trovano dimora. Il giardino è certamente il luogo adatto per lo svago, il gioco, il relax, ma può diventare anche un luogo di scoperta, di caccia, di raccolta, di incontro con la natura. Un luogo, quindi, in cui poter fare esperienze di biologia. Così inteso il giardino è un giardino segreto. Ritscher ci dice che: “Per i bambini, ogni spazio esterno è, in certi sensi, “segreto”. È segreto perché la natura è piena di segreti e offre un’infinità di attrazioni, anche piccolissime, da esplorare”. Lo sforzo che deve fare l’insegnante è quello di assecondare il naturale interesse dei bambini nei confronti degli organismi viventi e trasformare il giardino della scuola, il bosco, lo stagno in contesti di apprendimento, in teatri di esplorazioni, di osservazioni, di indagine, di raccolta di dati e di materiale… in luoghi in cui si può entrare in stretto contatto con l’ambiente naturale e con gli organismi viventi (vedi Gambini, Galimberti, 2010). Come utilizzare questi ambienti di apprendimento indoor e outdoor per proporre esperienze di biologia? Cosa è possibile fare outdoor? E cosa indoor? Sul campo è difficile ottenere l’attenzione e il raccoglimento necessari per discutere, per riflettere, rielaborare, ecc. Risulta più adatto per tale scopo lo spazio interno (come sostengono Gambini, Galimberti, 2009). Ma lo spazio interno, opportunamente organizzato, è utile anche per conservare i materiali raccolti fuori, per “far crescere”, per allevare, per monitorare, per documentare e tenere memoria. Di seguito sono illustrate tre esperienze di biologia che si basano sul lavoro svolto in classe durante il proprio tirocinio finale da tre laureate in Scienze della Formazione primaria, rispettivamente da Monica Nebuloni, Elena Brambilla, Valentina Borgo. Sono progetti proponibili in classi di Scuola dell’infanzia e caratterizzati da una stretta continuità e integrazione tra attività da svolgersi outdoor e attività da svolgersi indoor. Ambienti di apprendimento L’ambiente outdoor è costituito da un parco, un giardino o un bosco di facile accesso in cui si trovino diverse specie arboree (in modo da consentire riflessioni sul concetto di biodiversità e sull’importanza della sua salvaguardia) e in cui sia presente almeno un albero importante, di grandi dimensioni. L’ambiente indoor è costituito dalla sezione in cui siano organizzabili un angolo scientifico per le osservazioni (banchi che consentano la circolazione dei bambini tra i diversi gruppi di lavoro, buona illuminazione, lenti di ingrandimento, vaschette, contenitori e cesti per la raccolta e l’esposizione dei materiali, lastre in plexiglas per osservare sia da sopra sia da sotto) e un angolo per le attività artistiche, dotato di tutti i materiali per le rappresentazioni pittoriche, la realizzazione di modelli, ecc. Fasi dell’esperienza s ! PARTIRE DALLA DOMANDA STIMOLO h#OSA Ò PER te un albero?” si avvia una conversazione per raccogliere le idee dei bambini relativamente all’argomento di studio. In seguito si chiede loro di disegnare un albero, così come se lo rappresentano mentalmente. Il materiale così raccolto costituisce la base su cui l’insegnante costruisce le successive fasi del percorso. s $URANTELAPRIMAUSCITASIPROPONEUNOSSERVAzione generale degli alberi del parco e la realizzazione di un disegno “dal vero”. L’uscita può essere fatta anche in inverno, durante il quale è possibile osservare la struttura degli alberi, la disposizione dei rami, la presenza di nidi di uccelli. s -ETTENDO A CONFRONTO I DISEGNI REALIZZATI SUL campo ci si rende subito conto che gli alberi 85 dossier s Educazione scientifica per l’infanzia s s s sono molto diversi tra loro (concetto di biodiversità). $IFRONTEAIDIVERSIALBERIDELPARCOSIPUÛPRO porre il gioco del mimo: dopo aver osservato la loro struttura generale e la disposizione dei rami, si chiede ai bambini di rappresentarli con il corpo e di immaginare cosa succeda ai rami in caso di pioggia, sole, neve, vento, ecc. !LTERMINEDIQUESTEATTIVITÌMIRATEAFARACQUI sire familiarità con l’oggetto di studio, si ripropone la domanda stimolo “Cosa è per te un albero?” e si chiede una nuova rappresentazione. I dati così raccolti, messi a confronto con quelli precedenti e con i successivi, costituiscono un importante strumento di valutazione dell’efficacia del percorso che si sta proponendo. )LPERCORSOSICONCENTRAORASUUNSOLOALBERO da studiare in quanto ecosistema attraverso diverse uscite sul campo mirate a esaminare di volta in volta nuovi aspetti e nuove relazioni. Si osservano gli organi della pianta (tronco, rami, foglie, fiori, frutti), ma anche gli animali e gli altri organismi in relazione ad essa (muschio e funghi sul tronco, piccoli animali sulla e dentro la corteccia, uccelli che si posano sui rami). Le esplorazioni sono di tipo multisensoriale: si tocca con le mani, con la schiena e con la pancia; si va alla ricerca di profumi, si osserva con strumenti diversi, si ascoltano i suoni e i rumori. Il desiderio di raccogliere materiale è sempre molto forte nei bambini: è necessario quindi uscire sempre con palette per scavare tra le radici e raccogliere terriccio, cestini in cui riporre legnetti e pezzetti di cortecce, sacchetti in cui raccogliere fiori e foglie, contenitori trasparenti con coperchio bucherellato per mantenere gli animali, ecc. Da non dimenticare le lenti d’ingrandimento per osservare i dettagli e, come suggerito da Gambini e Galimberti, il finto cannocchiale (cioè un tubo di cartone come quello della carta da cucina) per focalizzare l’attenzione sulle parti lontane. 3I PORTA NELLANGOLO SCIENTIlCO TUTTO IL MATE riale raccolto per osservarlo e manipolarlo nel Fasi dell’esperienza “L’ecosistema albero” Indoor t "WWJPFSBDDPMUBEFMMFJEFF t "OBMJTJEFJEJTFHOJFQSJNF SJnFTTJPOJTVMMBCJPEJWFSTJUË t %JTDVTTJPOF t 4UVEJPEFMNBUFSJBMFOBUVSBMF EJTFHOJFEPDVNFOUB[JPOF t 3FBMJ[[B[JPOFEFMQSPEPUUP DPMMFUUJWPFEJTDVTTJPOFmOBMF 86 Outdoor t 0TTFSWB[JPOFHFOFSBMF EFHMJBMCFSJFEJTFHOP t (JPDPEFMNJNP t 0TTFSWB[JPOJ NVMUJTFOTPSJBMJTUVEJP EFMMFDPTJTUFNB BMCFSPSBDDPMUBEJ NBUFSJBMF dettaglio. Si lavora per esempio sulla forma, dimensione, consistenza, colore, profumo delle foglie e sulla loro diversità. Si analizzano cortecce per scoprire i rifugi o le tracce di piccoli animali, si osservano con la lente di ingrandimento gli animali catturati, ecc. Le osservazioni, guidate dall’insegnante, sono documentate con fotografie, disegni e altre rappresentazioni artistiche. s /LTREAIPRODOTTIREALIZZATIINDIVIDUALMENTEDAI bambini si può proporre, alla fine, la realizzazione di un prodotto collettivo che coinvolga tutta la sezione, per esempio il modello tridimensionale dell’albero e di tutti gli altri viventi ad esso relazionati. Per cercare di riprodurre le sensazioni e le percezioni provate dai bambini durante l’esperienza diretta è opportuno utilizzare, oltre al materiale presente in sezione (stoffe, carta, cartone, bottoni, sughero, ecc.), il materiale naturale raccolto sul campo: pezzi di Descrizione dell’albero di una bambina durante la discussione finale Un albero è una cosa della natura. Fuori ha la corteccia che è ruvida; poi sulla corteccia sono cresciuti il muschio e i funghi. La corteccia serve all’albero per proteggersi. Le foglie servono per bere, nel senso che ci sono i tubicini. Le radici servono a tenere in piedi l’albero. Le radici prendono anche il cibo dalla terra, che poi sale fino alle foglie. Sulla quercia ci sono tanti animali; noi abbiamo trovato il bruco, la coccinella, la formica, il ragno, il millepiedi, la forbicina, il lombrico. Gli animali stanno sulla quercia perché ci sono tante cose. n. 1sSETTEMBREsANNO#) Argomento Le radici sono organi delle piante di cui nella scuola si fa poca esperienza pratica e ai quali non sempre si guarda con l’intento di coglierne la diversità, le funzioni e le relazioni che instaurano con altri organismi e con l’ambiente. Le radici, quindi, sono generalmente poco conosciute dai bambini. Proprio per questa ragione è importante proporre esperienze dirette per mostrarne alcuni aspetti della biologia e dell’ecologia. In una fase outdoor, da svolgersi nel giardino della scuola o in un parco, è possibile andare a caccia di radici e osservarle così come sono nell’ambiente: le radici degli alberi sono talvolta molto contorte, o assumono forme strane per “aggirare” gli ostacoli. Inoltre, scavando in prossimità delle radici, ci si accorge che attorno ad esse ci sono numerose forme di vita: animali che vi trovano rifugio, animali che le mangiano, radici di altre piante con le quali si attorcigliano, ecc. Le osservazioni sul campo consentono quindi di approfondire la conoscenza di un organo delle piante inserito nel proprio contesto ambientale e quindi caratterizzato da moltissime relazioni. In classe, invece, si possono fare esperienze mirate a seguire la crescita di radici appartenenti a specie vegetali diverse, al fine di metterne in evidenza le peculiarità, i cambiamenti nel tempo e la variabilità morfologica. La coltivazione delle piante è un’ottima opportunità per stabilire una relazione di cura e per responsabilizzare i bambini alla sopravvivenza di organismi viventi. Ambienti di apprendimento L’ambiente outdoor è costituito da un giardino (anche quello della scuola), da un parco o un bosco in cui sia possibile osservare radici di alberi diversi. Molto interessante sarebbe anche avere a disposizione (o realizzare) un’aiuola dedicata in cui piantare le talee che si saranno formate in classe. L’ambiente indoor è costituito dalla sezione in cui sia organizzabile, oltre all’angolo in cui svolgere il lavoro di osservazione, un angolo delle piantine, ossia un angolo/spazio in cui riporre, ad altezza di bambino (quindi su un tavolino basso o su una panca), i contenitori per mantenere le specie vegetali scelte per l’osservazione della crescita delle radici. s s s s dossier 2. Le radici aggiunta) la visione di alcuni libri per l’infanzia illustrati in cui siano messe ben in evidenza le radici degli alberi. A partire dallo stimolo iniziale si avvia poi una discussione per raccogliere le prime idee dei bambini relativamente alle radici, le loro domande, i loro interessi. 3I ENTRA NEL VIVO DELLESPERIENZA E SI PROPONE ai bambini di andare a caccia di radici: per osservarle, toccarle, seguirne il percorso tortuoso, descriverle, disegnarle. Si possono scavare piccole buche per scovare le parti di radici che si nascondono sottoterra, o per trovare qualche piccolo animale che vive nelle loro vicinanze. Quest’attività, proposta come una sorta di gioco, consente di focalizzare l’interesse dei bambini nei confronti dell’oggetto di studio e di avvicinarli fin da subito al concetto di biodiversità. !LRIENTROINSEZIONESIDISCUTEDIQUANTOÒSTATO fatto e visto fuori. L’insegnante, poi, introduce la possibilità di coltivare delle radici in classe e coinvolge i bambini nella progettazione dell’angolo in cui mantenere le piantine. 0ERMONITORARELACRESCITADELLERADICIDURANTE la formazione di talee si immergono in acqua, in appositi contenitori, rami potati da piante diverse. Parti di piante alimentari (patata, cipolla, ravanello) sono invece mantenute al pelo dell’acqua, sorrette da lunghi stuzzicadenti. Osservando periodicamente le piantine, i bambini si accorgono che non tutte sviluppano le radici nello stesso modo e con la stessa velocità e che le radici sono morfologicamente diverse tra loro: ciascuna ha delle peculiarità che la distingue dalle altre. ,A CRESCITA E I CAMBIAMENTI DELLE RADICI SONO costantemente documentati sia attraverso la registrazione delle conversazioni tra insegnante e bambini, sia attraverso la realizzazione di un cartellone delle crescite – in cui si riportano descrizioni e fotografie dei momenti più significativi – sia attraverso i disegni “dal vero” realizzati dai bambini. In aggiunta ai disegni si può proporre la riproduzione delle diverse radici Educazione scientifica per l’infanzia corteccia, muschio, funghi, rami, foglie, ecc. Al termine di tutte le attività si intavola un’ultima discussione e si fa una sintesi del lavoro fatto. Fasi dell’esperienza s 3IPUÛINTRODURRELESPERIENZAATTRAVERSOLALETtura di una storia, anche inventata, oppure (o in n. 1sSETTEMBREsANNO#) 87 Fasi dell’esperienza “Le radici” dossier Indoor Educazione scientifica per l’infanzia t "WWJPFSBDDPMUBEFMMFJEFF t %JTDVTTJPOFFQSFQBSB[JPOF BOHPMPEFMMFQJBOUJOF t $PMUJWB[JPOFEFMMFQJBOUJOF PTTFSWB[JPOJFNPOJUPSBHHJP t %PDVNFOUB[JPOFFBUUJWJUË BSUJTUJDIF Outdoor t "DBDDJBEJSBEJDJ t *NQJBOUPJOUFSSBF PTTFSWB[JPOFEFMMF QJBOUFJOBNCJFOUF Conversazione tra insegnante e bambini D: Guardate la menta … le radici sono cresciute tanto. G: Sono bianchissime … e sottili sottili. Dobbiamo stare attenti a toccarle, sennò si rompono. El: Guardate le cipolle. I germogli sono cresciuti ancora! F: Sì, ma sotto ci sono anche delle radici bianche. El: Sono bianche come quelle della menta, però sono più grosse. Ins: E le altre piantine? D: Non è successo ancora nulla … ci vuole pazienza. M: La menta è stata veloce, ma non tutte le piantine crescono insieme. F: Eh sì, perché sono tutte piantine diverse. utilizzando fili di lana, di cotone e cordine di diverso spessore da attaccare a un cartoncino. Scegliendo i fili più adatti i bambini si soffermano ancora una volta sulle caratteristiche delle radici e, ancora una volta, si accorgono della diversità di lunghezza, spessore, direzionalità. s 3ICONCLUDELESPERIENZACONLIMPIANTOINTERRA nell’aiuola dedicata, delle talee che si sono formate in precedenza. In questo modo, ancora una volta, si ha la possibilità di ritornare nell’ambiente per nuove osservazioni, non più delle radici, ma delle piantine nella loro totalità. Ciò può costituire uno spunto per ulteriori esperienze mirate ad osservare altri organi e altri aspetti delle piante. 3. La Vanessa dell’ortica Argomento Quando si sceglie di allevare piccoli animali in classe la fase di preparazione è particolarmente importante. Occorre pensare e progettare con cura l’ambiente in cui dovrà essere mantenuto l’animale, occorre studiare attentamente le sue esigenze, l’ambiente in cui vive e le relazioni che esso instaura. Come illustrano anche Gambini, Galimberti e Borgo, proporre ai bambini lo studio di un particolare animale, tenendolo per un po’ di tempo in classe, è molto importante e utile ai fini della comprensione di alcune sue caratteristiche biologiche, del suo ciclo vitale, dei suoi comporta- 88 menti, ecc. Tuttavia è fondamentale non escludere il legame con il contesto naturale in cui l’animale vive. Questo legame deve essere mantenuto vivo e ripreso durante l’esperienza di allevamento. Le relazioni alimentari sono un aspetto pregnante di questo intrico di interazioni. La strettissima relazione tra animale e fonte di cibo è ben evidente nel caso della Vanessa (come per molti insetti), che, allo stadio larvale, si nutre esclusivamente di foglie di ortica. Diverse uscite presso un orticaio vicino alla scuola consentono non solo di responsabilizzare i bambini nel mantenere e prendersi cura degli animali, ma anche di tornare di continuo alla visione d’insieme dell’ambiente naturale delle larve e associare, quindi, quanto osservato in classe a quanto avviene in natura. Ancora meglio sarebbe allestire un giardino dotato delle piante nutrici della Vanessa, sia allo stadio larvale che a quello adulto. Questo consentirebbe di liberarvi le farfalle “nate” in sezione, assistere al loro accoppiamento, andare alla ricerca di crisalidi e uova e vedere le larve appena nate. Si potrebbero così individuare e ricostruire nell’ambiente naturale alcuni componenti e le loro relazioni osservati nella fase di “laboratorio” allestita in classe. Ambienti di apprendimento All’interno della classe va predisposto un angolo luminoso (ma non esposto alla luce diretta del sole) in cui posizionare una o più teche per mantenere le larve. L’angolo deve essere sufficientemente ampio per consentire l’osservazione ai diversi gruppi di bambini e la sua fruizione deve essere regolata da regole specifiche concordate insieme ai bambini. Particolare cura va data anche alla realizzazione delle teche: occorre prevedere un soffitto e delle pareti fatti di tulle per far sì che le larve possano aggrapparsi e impuparsi, una base rivestita di carta assorbente (facilmente sostituibile se si sporca), un vasetto per contenere i rametti di ortica. L’ambiente outdoor è costituito da un orticaio o, meglio ancora, da un piccolo giardino ricco di piante che con i loro fiori attirino le farfalle e, ovviamente, di ortiche le cui foglie serviranno da nutrimento per le larve. Fasi dell’esperienza s 5NMODOCREATIVOPERAVVIAREILLAVOROPOTREBBE essere quello di proporre l’osservazione di alcune diapositive proiettate in sequenza, ciascuna delle quali presenti via via un particolare in più del corpo di una farfalla (per esempio, con la prima si proietta sul muro l’ombra di un’ala, con la seconda due ali e così via). s ,E OSSERVAZIONI AVVENGONO A PICCOLI GRUPPI PER consentire a tutti di osservare con attenzione, di accorgersi dei cambiamenti degli animali, dei n. 1sSETTEMBREsANNO#) Fasi dell’esperienza “La Vanessa dell’ortica” Indoor t "WWJPFSBDDPMUBEFMMFJEFF t "MMFWBNFOUPEJ7BOFTTF PTTFSWB[JPOJNPOJUPSBHHJP EPDVNFOUB[JPOF t "UUJWJUËQBSBMMFMF t 3FBMJ[[B[JPOFEJVOQSPEPUUP DPMMFUUJWP Outdoor t 3BDDPMUBEFMMFGPHMJF EJPSUJDB t -JCFSB[JPOFEFMMF GBSGBMMFPTTFSWB[JPOJ FOVPWFSBDDPMUF n. 1sSETTEMBREsANNO#) Educazione scientifica per l’infanzia loro comportamenti, della loro diversità. Quotidianamente si chiede ai bambini di raccontare ciò che vedono, ponendo domande-stimolo qualora lo si ritenga opportuno. Ogni volta che nelle teche succede qualcosa di speciale (per esempio quando si nota la prima cacca, quando si forma la prima crisalide, quando questa cambia di colore…) si chiede ai bambini di rappresentare graficamente l’evento. Ovviamente per tutta la durata dell’esperienza è necessario uscire frequentemente sul campo per raccogliere foglie di ortica fresche. s 0ARALLELAMENTE ALLOSSERVAZIONE SI POSSONO PRO porre altre attività, per esempio la drammatizzazione. In questo caso si chiede ai bambini di immedesimarsi nei bruchi e di cercare il cibo, fare la muta e diventare bruchi più grandi, trasformarsi in crisalidi e così via. Un’altra attività che si può proporre è la realizzazione di un modello tridimensionale di bruco e farfalla utilizzando il pongo, il cartoncino, le bottiglie di plastica, i colori. s ,ESPERIENZASICONCLUDECONLAREALIZZAZIONEDI un prodotto collettivo, per esempio un libro in cui inserire disegni, materiale seccato, fotografie, commenti trascritti dall’insegnante. Questo prodotto può essere utilizzato per riflettere e fissare nella memoria l’esperienza, per capire l’importanza del ripensare a quello che si fa, del far diventare prodotto culturale anche l’osservazione divertita e attenta di un animale ospitato in classe per un certo periodo. dossier s 6IAVIACHELEFARFALLENASCONOOCCORRELIBERARLE per evitare che si feriscano nello spazio ristretto delle teche. Se si è avuta la possibilità di allestire un apposto giardino, è possibile ritornarci frequentemente per osservare le farfalle adulte, l’eventuale corteggiamento e, se si ha fortuna, anche per scovare le successive uova e larve. per approfondire A. Antonietti, Contesti di sviluppo-apprendimento come scenari di scuola, in C. Scurati (a cura di), Infanzia scenari di scuola, Editrice La scuola, Brescia 2003. M. Bersisa, Il laboratorio di scienze: tecniche e attrezzature, in V. Alfieri, M. Arcà, P. Guidoni, I modi di fare scienze, IRRSAE Piemonte, Bollati Boringhieri, Torino 2000, p. 435. A. Bortolotti, Outdoor education, ovvero alla scoperta dei (molti) motivi per fare scuola all’aperto, “Infanzia”, 6, 2011. A. Carletti, A. Varani, Ambienti di apprendimento e nuove tecnologie, Erickson, Trento 2007. A. Gambini, B. Galimberti, Materiali e spazi tra fuori e dentro, “Bambini”, 8, 2009. A. Gambini, B. Galimberti, Ambienti, animali e piante nella scuola dell’infanzia. Linee-guida per progettare e realizzare percorsi di biologia con bambini da 3 a 6 anni, Junior, Bergamo 2010. A. Gambini, B. Galimberti, V. Borgo, Dai bruchi alle farfalle, “Bambini”, 4, 2010. MIUR, Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Roma 4 settembre 2012. Consultabile in: http://hubmiur. pubblica.istruzione.it/web/istruzione/prot5559_12 A. Pezzotti, Proposta di analisi pedagogica delle interazioni che si sviluppano nei forum di un ambiente di apprendimento virtuale. Il caso del corso online di didattica della biologia. Tesi di Dottorato, 2011. Consultabile presso: http://boa.unimib.it/ handle/10281/19279?mode=full#.UTnVDRxWySo P. Ritscher, Il giardino dei segreti: organizzare e vivere gli spazi esterni nei servizi per l’infanzia, Junior, Bergamo 2002, p. 6. 89 Spazio libri Laura Colizzi* Storie del fare e del rifare ncominciamo l’anno con una proposta del fare che nasconde una traccia lunga lunga, perché è una storia che attraversa le stagioni Ravanello cosa fai? scritto e illustrato da Emanuela Bussolati è una novità di Editoriale Scienza (€ 9,90) che offre tantissimi pregi. Prima di tutto stimola nei bambini il senso dell’attesa: quello che un tempo era conosciuto come “abbi pazienza!” “non si può aver tutto subito” è sparito dal mondo dei piccoli e un po’ nei siamo responsabili anche noi che li cresciamo a ritmi sostenuti, dimenticando l’utilità la ricchezza dei “tempi morti” e della magia dell’aspettare…. Per reintrodurre il tempo che trascorre lento mentre il semino dorme cresce l’autrice suggerisce di farsi raccontare una storia, una sola però, ogni giorno, così anche il rapporto con l’adulto e la tradizione assumono un grande valore. Ma sveliamo qualche pagina di questa straordinario album: che cosa serve a un ravanello? Terra ghiaia vasetti cartellini calendario… da queste piccole indicazioni date dagli adulti può partire l’atti- I vità e tutti, proprio tutti possono partecipare e trasformarsi in contadini provetti. Non basta avere il materiale occorre sapere come usarlo, quindi capire a cosa servono i cartellini, perché bagnare i semini con lo spruzzino, perché togliere l’acqua dal sottovaso: quante attività, quanto lavoro, che fatica, ma anche che divertimento. E i giorni passano e non sembrano vuoti… inoltre si possono fare gli esperimenti: mettere tanti semi o pochi semi in un vaso, mettere le piantine all’aperto o al chiuso, alla luce o al buio, scoprire quante varietà di ravanelli esistono… e osservare la meraviglia della natura. Ma quando potremo mangiare? E soprattutto come? Ah! Ci sono anche le ricette! Sì, è proprio un libro lungo un mese…ma lo posso leggere in qualsiasi periodo dell’anno per prepararmi e procurarmi in tempo tutto l’occorrente. Un altro desiderio dei bambini è possedere un animale. Di solito i genitori acconsentono e compaiono con un grazioso cucciolo o un sornione gatto, quest’ultimo riscuote minore interesse perché fa vita indipendente. Ma il cucciolo diventa il giocattolo vivo per un po’ poi quando cresce viene riaffidato alle cure del genitore… insomma anche qui si tratta di educare i bambini all’amore al rispetto e per accendere il loro interesse occorre spostare l’attenzione su un animale “domestico” un po’ inusuale: un’oca. È un incontro casuale quello che accade in campagna tra un scrittore di città e un’oca che sta per essere venduta. Ognuno sta seguendo il suo destino: l’uomo è lì per riposarsi, l’animale per finire in qualche aia o in qualche pentolone. Ma se si modifica questo avvenire anche solo per amore bisogna essere disposti anche a cambiare stile di vita. Eh sì perché lo scrittore compra l’oca e la porta in città, convinto di fare la cosa giusta, di salvarla da una triste fine, ma il bipede non è felice, perché non può correre, non può mangiare l’erba fresca, non può giocare coi suoi simili… lo scrittore comprende e mette il giusto annuncio sul giornale: “regalo bellissima oca ad amanti degli animali”. Non sveliamo oltre. Ma ricordiamo ai bambini il rispetto verso tutti gli animali. Questa gradevole storia è pubblicata da Edizioni Corsare: Lo scrittore e l’oca di D. Tordi (€ 14). E per verificare immediatamente quanto siamo riusciti a sensibilizzarli o a interessarli potremmo chiedere: cosa avreste fatto voi per rendere contenta l’oca? E sull’onda della parola recuperare le fiabe in cui ci siamo oche, per esempio “la guardiana di oche” “quaquà, attaccati là” e il tradizionale intramontabile “gioco dell’oca” magari da reinventare con i bambini. Un buon inizio ricco di iniziative. Laura Colizzi * Insegnante scuola primaria 90 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Mariella Bombardieri* C’è sempre tempo per cambiare La storia che voglio raccontarvi riguarda Elisa: una mamma, suo figlio Domenico ed alcune insegnanti di scuola Materna e Primaria. Sono entrata in contatto con questa storia quando Domenico frequentava la scuola Materna. Sin dai primi giorni dell’anno scolastico, egli si era mostrato come un bambino vivace, incontenibile con una grande fatica a rispettare le regole. I genitori, ma soprattutto la mamma, di fronte ai suoi comportamenti si mostravano severi, rigidi e poco comprensivi. In un colloquio la mamma racconta: “Abbiamo cominciato sin da subito ad essere severi. Se non lo sgridavo io, lo faceva il papà. Non volevamo un figlio maleducato e cattivo e per questo lo richiamavamo spesso ed in modo autoritario”. Non passava giorno che Domenico non fosse punito per qualcosa, offeso, svalutato per azioni che aveva o non aveva fatto. La colpa infatti non era sempre di Domenico, ma per i genitori, che avevano una pessima immagine di lui, era diventato il colpevole di tutto quanto accadeva. Un incontro che apre alla novità Alla scuola Materna però i genitori incontrano delle brave insegnanti capaci di osservare, riflettere, comunicare in modo costruttivo non solo con il bambino ma anche con la famiglia. Esse richiedono un colloquio con i genitori ed in una clima di profondo rispetto segnalano che Domenico è duro, chiuso, con una scorza quasi da elefante. I genitori sentono questa accoglienza e non giudizio. L’obiettivo infatti è di aiutare il bambino anche attraverso una collaborazione con i genitori. Dall’incontro emerge che dal punto di vista relazionale la durezza è la strategia utilizzata più spesso a casa. Le maestre invece tentano un’altra strada: si atteggiano in modo diverso, provare a capire Domenico, lo valorizzano per le cose buone che fa e quando sbaglia cercano di non colpire la sua persona, ma di fargli comprendere quale sia il comportamento sbagliato da cambiare. Gli dimostrano affetto, lo fanno sentire importante per le cose che sa fare bene; gli danno piccoli incarichi che responsabilizzano il bambino. Domenico comincia a fidarsi un po’ di più di loro. Al primo colloquio ne seguono altri che aiutano i genitori a capire qualcosa di più della relazione genitoriale che può servire per aiutare un figlio in difficoltà. Attraverso le insegnanti, la mamma capisce che i bambini sono diversi dagli adulti, che fanno cose per curiosità o interesse o per attirare l’attenzione e non perché sono cattivi dentro. Ella si rende conto che presa dai suoi problemi non ha ascoltato e mostrato interesse verso il bambino. Comincia a farsi strada il dubbio che può esserci un modo diverso di educare. “Forse” pensa la madre “se la maestra mi dice queste cose è perché devo cambiare qualcosa del mio modo di stare con Domenico”. I tempi però non sono ancora maturi. Razionalmente i genitori hanno compreso il messaggio della scuola, ma concretamente non riescono a metterlo in atto. Le insegnanti mantengono comunque un rapporto di fiducia e dove possono cercano di mandare messaggi costruttivi. Mondo scuola Le etichette che fanno male Cosa accade a casa? A casa i genitori continuano ad utilizzare lo stile autoritario e rigido di sempre. La mamma di Elisa (mamma di Domenico) si ammala ed ella che deve accudirla, sente venir meno l’energia verso il figlio: “A volte ero così stanca che mi fermavo al supermercato e compravo un giochino, così mio figlio sarebbe stato tranquillo e non mi avrebbe creato troppi problemi”. Domenico in questa situazione non migliora. Arriva alla scuola Primaria con un atteggiamento di forte chiusura e di aggressività. La mamma si accorge che il figlio non racconta quasi nulla di ciò che vive, che è chiuso in un muro Mariella Bombardieri * Psicopedagogista, formatrice n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 91 Si può fare Mondo scuola di silenzio, che fatica a fidarsi degli adulti. Anche in prima elementare mostra spesso comportamenti oppositivi e si mette in situazioni di rischio, quasi volesse in modo eclatante essere visto. Una brava maestra (perché i bravi insegnanti esistono) parla della situazione con Elisa e le segnala il disagio del figlio, dandole la possibilità di parlarne per un confronto. Credendo nell’importanza della dimensione emotiva oltre che razionale, con il bambino e con i compagni di classe inizia un lavoro sull’affettività e sulla convivenza democratica. In gruppo Domenico mostra di avere un mondo interiore molto ricco; certo ha bisogno di regole chiare, ma anche di vicinanza ed affetto. La madre invece di fronte alle sue difficoltà lo svaluta, lo confronta con i compagni, gli dà punizioni che lo sviliscono. Anche questa insegnante periodicamente incontra i genitori che cominciano a porsi alcune domande: “Dove abbiamo sbagliato? Gli abbiamo sempre acquistato i giochi prima ancora che ce li chiedesse. Gli abbiamo dato tutto, ma forse non gli abbiamo dato niente”. In realtà questi genitori hanno dato qualcosa, ma forse gli eventi della vita e le loro convinzioni li hanno portati ad esagerare con le regole e l’anaffettività, credendo che Domenico fosse già un piccolo uomo. Segnali di speranza Incontrare brave insegnanti capaci di comprendere il bambino e la sua famiglia apre una strada. La mamma comincia a sperimentare uno stile educativo più tranquillo ed aperto; prova ad osservare, valorizzare, ascoltare il suo bambino. Domenico appare più sereno. Insieme cominciano a ritagliarsi momenti di leggerezza, di gioco, di scambio. La mamma racconta: “Adesso mio figlio lo vedo felice; incollo ai muri della cucina i suoi disegni dove mi scrive frasi bellissime: ‘La mamma è bella, la mamma è come una madonna, la mamma è importante anche quando mi sgrida’”. Anche la mamma prova a scrivergli delle frasi di affetto e Domenico le apprezza. Un’aria nuova entra in casa, la possibilità di non restare schiacciati dalle regole, dalla freddezza e dalla rigidità. Come simbolo di vita, la mamma accende la musica quando sono in cucina tutti insieme. L’allegria e la gioia colorano le relazioni. “Ieri sono stata tutto il giorno nel campo con mio figlio; avrei dovuto stirare, fare i mestieri ma ho pensato che era più bello fare qualcosa tutti insieme, concedendoci questo momento”. Capita anche che vadano nel bosco a raccogliere delle foglie ed insieme creano un bellissimo collage che viene appeso in cucina come simbolo del tempo trascorso insieme. Elisa cambia e con lei anche Domenico. Si mostra 92 meno rigida nei suoi programmi e impara a cogliere il punto di vista del figlio: “Lui è un bambino e deve fare la vita da bambino, devo rispettarlo”. Il cambiamento possibile Attraverso l’aiuto delle insegnanti, Elisa si mette alla ricerca di un modo nuovo di essere mamma, smette di concentrarsi solo sul negativo, esprime molto di più la sua parte affettiva oltre che quella normativa. Nel frattempo anche a scuola l’insegnante continua il lavoro di educazione socioaffettiva e Domenico può parlare delle sue emozioni anche con i compagni. Le maestre diventano per questi genitori un punto di riferimento. “Le maestre avevano capito che qualcosa non andava ed hanno provato ad aiutarci”. Nasce dunque un dialogo tra scuola e famiglia: la maestra offre degli spunti e la mamma prova a pensarci senza paura. Prende vita un’alleanza educativa fatta di piccoli consigli, di domande che cercano risposte, di comprensione reciproca. Inoltre, presso la scuola, prende avvio un gruppo genitori nel quale è presente anche l’insegnante. All’inizio Elisa si chiede che senso abbia una tale proposta, ma un’amica la invita a partecipare e così inizia anche questa avventura. Le prime volte sono difficili, si guarda intorno impaurita e non parla. Ogni volta pensa di smettere, ma le voci delle altre mamme che la cercano sono come un richiamo che non può non considerare. Così torna al gruppo ogni settimana e qualcosa si apre: “Mi ricordo che la formatrice mi ha posto una domanda ed io ho cominciato a parlare come un fiume in piena. È bello trovare altre mamme che ti ascoltano, non ti giudicano, perché hanno passato anche loro qualcosa di difficile”. Piano piano questa mamma non sente più il bisogno di avere un bimbo perfetto; trova normale che giochi e si sporchi; continua a mettergli delle regole perché gli servono per crescere ma accanto a queste mette l’ascolto, la condivisione, l’affetto. “Ho capito che volevo troppo da mio figlio; mi aspettavo che mi salutasse, mi raccontasse le cose come un soldatino obbediente. Oggi le regole le dò prima a me stessa: ascoltare i suoi desideri, i suoi problemi e coccolarlo quando ne ha bisogno”. Elisa capisce di aver bisogno di aiuto e prova a cercarlo. Domenico non è diventato un bambino perfetto; talvolta anche per il suo carattere fatica a stare alle regole, ma oggi non si sente più tutto sbagliato. Sa di avere aspetti di sé che deve modificare o ai quali deve stare attento ma riconosce anche i suoi punti forza. Il dialogo scuola-famiglia si approfondisce e continua a seminare piccole, grandi cose che possono aiutare a crescere Domenico. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Simona Ruggi*, Monica Gatti** Osservando e… curiosando Buongiorno a tutti! Abbiamo scelto di intitolare questo spazio “Una lente curiosa” perché il nostro intento è quello di dare agli insegnanti e agli educatori degli strumenti che possano supportarli nel loro delicato lavoro, ma aiutarli anche a sviluppare un nuovo sguardo, più consapevole delle lenti che si vestono e da cui non si può mai prescindere. Ciascuno di noi si costruisce infatti una propria visione della realtà, plasmata dai fattori soggettivi, sia di natura cognitiva che sociale. Vi contribuiscono i processi percettivi e mnestici, gli aspetti emotivi, le proprie conoscenze e i pregiudizi, legati ai gruppi di appartenenza (dettati dal genere, dall’età, dallo status, dalla professione, etc.). Inoltre, da un punto di vista professionale, compongono le nostre lenti anche le teorie di riferimento – esplicite o implicite – a cui ci appoggiamo e le credenze più ingenue che nutriamo rispetto a certi specifici temi. Crediamo che ciò che vediamo sia la realtà, dimenticando a volte di come sia sempre una nostra ricostruzione, filtrata dalla nostra personale lente. Diventa allora importante poterci appoggiare su un metodo scientifico che ci permetta di operare delle scelte consapevoli, ricordandoci sempre di assumere un atteggiamento rispettoso poiché la “verità” va co-costruita nella relazione con il nostro “oggetto” di osservazione e la prospettiva di ciascuno è un’importante fonte di informazione e conoscenza. Diventa allora fondamentale la relazione, in quanto l’essere umano esiste solo in relazione a qualcuno, che lo vede, che lo definisce dandogli un nome, che interagisce con lui, che lo rende vivo. Per evitare di erigersi dall’alto di una cattedra e dispensare giudizi credendo che quello che è giusto e funziona per noi lo sia anche per gli altri, come dice Cecchin, occorre assumere un atteggiamento curioso e rispettoso, interessandosi all’altro e riconoscendogli il ruolo di esperto della sua vita. Cosa intendiamo con osservazione… Utilizziamo il verbo osservare nel nostro linguaggio quotidiano e ammantiamo questo termine di un’aura particolare: ossevare è più che guardare. Per esempio, se “guardiamo quel dipinto” o “osserviamo quel dipinto” compiamo due operazioni percettive e cognitive differenti: nel primo caso cogliamo gli aspetti salienti e immediati del quadro (i colori, le forme, un “gusto” generale con l’impressione del “mi piace” o “non mi piace”), ma non i dettagli e soprattutto non ci impegnamo in una profonda riflessione successiva all’atto percettivo (l’uso della pennellata, lo stile, il messaggio che voleva trasmettere l’artista, il contesto storico-culturale in cui è stato dipinto), come invece accade dopo un’“osservazione”. Possiamo quindi ritrovare un parallelismo nella ben nota distinzione tra udire e ascoltare, che rimanda a un ruolo ancora più attivo di colui che compie la seconda attività, mettendoci anche molto del suo essere e delle sue capacità empatiche. Ma cosa significa osservare? Olga Liverta Sempio e Giulia Cavalli definiscono l’osservazione come un’“attività mirata e motivata (…) attività mediante la quale si dedica cura e attenzione specifica a qualcosa nella sua interezza, con lo scopo di ottenerne una visione completa e, nello stesso tempo, dettagliata”. Questa definizione, tratta dal dizionario Devoto-Oli, sottolinea il concetto di impegno, di prendersi cura, di accompagnare rimanendo accanto, senza giudizio ma con una profonda curiosità. Quella curiosità che è segno di interesse autentico che spinge ad avere uno Simona Ruggi Monica Gatti * Psicologa specializzata in psicologia scolastica ** Psicologa, psicoterapeuta sistemico-relazionale n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Mondo scuola Il perché di una lente curiosa… 93 Una lente curiosa Mondo scuola spazio mentale per qualcuno. Pensare qualcuno significa esserne incuriositi, cercarne una profonda conoscenza rispettando i suoi bisogni, desideri, emozioni. Vediamo anche cosa non sia l’osservazione. Abbiamo già detto che osservare non è guardare. Non significa neppure registrare in modo fedele la realtà. Al contrario ogni osservazione è influenzata dalla soggettività di chi la compie, dalle sue aspettative, quindi osservare vuol dire prestare attenzione alla realtà, consapevoli che il modo d’essere e di pensare di ciascuno influisce sulla percezione di ciò che si osserva. Allo stesso tempo, è impossibile separare l’oggetto di analisi dall’osservatore poiché continuano Liverta Sempio e Cavalli, “ciò che si conosce non è il reale in sé, ma la realtà influenzata dall’osservatore, dal metodo di indagine che si utilizza, che costituisce un fattore soggettivo”. La conoscenza si compone di elementi provenienti dal contesto, dall’osservatore e dall’osservato e dalla loro relazione e interazione. Occorre infine ricordare che osservare non è interpretare. Si tratta, piuttosto, di sospendere ogni giudizio e – attraverso una libertà intelletuale e un’apertura mentale – di accompagnare senza valutare. Il fine ultimo è quello di comprendere e dare senso a una realtà complessa, cercando di rispettarne l’interezza attraverso l’utilizzo chiaro di una teoria di riferimento e dei metodi coerenti all’obiettivo prefisso. Tutto questo non è semplice anche perché la nostra mente cerca di conservare le proprie energie e adotta automaticamente delle strategie che potrebbero ostacolarci nel tenere gli occhi aperti e lo sguardo vigile e attento. Quando decidiamo di “osservare” dobbiamo aggirare queste modalità e passare da una elaborazione superficiale delle informazioni a una raccolta più approfondita, sostenuti da una motivazione precisa e mirata. Nel rispetto della complessità… Abbiamo visto quindi come l’osservazione non possa mai essere oggettiva, in quanto parziale (legata ovvero a una prospettiva specifica) e frutto di una ricostruzione soggettiva (determinata da una precisa lente). Come è allora possibile orientarsi, nel rispetto della complessità di ciò che andiamo a osservare e considerando i “limiti” del nostro funzionamento mentale? La scienza ci insegna un metodo di indagine condiviso e le ricerche ci offrono 94 degli strumenti che ci permettono di operare dei confronti. Ogni osservazione necessita di riferimenti teorici che guidano l’osservazione stessa, che specificano cosa osservare, dove osservare, quando osservare, come osservare! Questo per dare fondamento scientifico, per assumere una “lente” che permetta una significativa riflessione sull’oggetto dell’osservazione e su se stessi in quanto professionisti. L’osservazione avviene, infine, sempre in uno specifico contesto e sicuramente siamo tutti d’accordo con l’idea che osservare i bambini nell’ambiente scolastico sia di fondamentale importanza nella relazione educativa. Quanto maggiori sono le conoscenze relative al bambino tanto più sarà efficace il progetto educativo e tanto più gli educatori avranno la possibilità di conoscere le caratteristiche individuali degli alunni e potenziarle. L’osservazione può essere realizzata attraverso metodi e tecniche differenti, relative soprattutto alla teoria di riferimento, agli obiettivi, ai contesti e alle variabili oggetto d’interesse. Nel corso della rubrica descriveremo alcune metodologie e strumenti e ne vedremo limiti e pregi. I temi legati all’osservazione di cui ci occuperemo cercheranno di coprire il più ampio campo di esperienze, passando dallo studio del contesto fisico, alla rete relazionale in cui il bambino è inserito. Non mancheranno poi cenni all’osservazione di alcune attività tipiche dei bambini a scuola, da quelle espressive a quelle maggiormente legate a compiti di apprendimento. Infine uno spazio verrà dedicato alla funzione dell’autoosservazione, come strumento di conoscenza e di formazione per l’educatore. Non ci resta dunque che salutarvi e a darvi appuntamento al prossimo numero! per approfondire G. Cecchin, Ci relazioniamo dunque siamo. Curiosità e trappole dell’osservatore, in “Connessioni”, 15, 17.3.2008, pp. 57-61. L. D’Odorico, R. Cassibba. Osservare per educare, Carocci, Roma 2001. O. Liverta Sempio, G. Cavalli, Lo sguardo consapevole, Unicopli, Milano 2005 pp. 11-12, 20. D.H. McBurney, T.L. White, Metodologia della ricerca in psicologia, Il Mulino, Bologna 2008. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) A che gioco giochiamo? Massimiliano Andreoletti* Lasciare tracce con il gioco di gioco nelle sue dimensioni temporali e spaziali, evitando pericolose derive che vedrebbero il gioco sacrificato o subordinato a finalità estrinseche (enfasi cognitiva, ludicismo esasperato e inconcludente, competizione accentuata, riempimento). È forte il rischio che già nel bambino l’attività ludica venga (fra)intesa come unica occasione per riempire momenti altrimenti vuoti, in un ottica di consumo/esaurimento del materiale/risorsa utilizzato, con un accento eccessivo sulla dimensione competitiva, nella prospettiva di svolgere l’attività nell’azzardo e nella scommessa. Premesso ciò, come pensare un adeguato setting formativo per un momento di gioco a misura di bambino? Qualsiasi esperienza, anche quella ludica, non è di per sé sufficiente a porre la persona nella condizione di beneficiare appieno dell’attività svolta. Una pratica, che consente al bambino di rallentare il ritmo con cui ha sostenuto l’attività ludica, facendo affiorare il vissuto, presente e passato, che il gioco fa emergere, è la ludografia. È un tempo ulteriore a quello del gioco, che permette di fermarsi per riflettere sull’esperienza avuta, nelle dimensioni fisiche, cognitive, affettive e sociali, considerando non solo cosa si è fatto, ma anche il come, il perché, il dove e per quanto lo si è fatto. Gli insegnanti devono predisporre due momenti, a latere del gioco: uno antecedente in cui si anticipa l’attività e si predispone il soggetto al gioco, creando quell’attesa meravigliata per quello che si andrà a vivere; ed uno posteriore in cui si riprendono le dimensioni costituenti la persona attraverso la narrazione orale, la rappresentazione grafica e l’espressione sonora. Mondo scuola ell’inaugurare la rubrica sul gioco è opportuno iniziare con una riflessione metodologica e culturale sul significato del gioco e su come rendere significativa l’attività ludica. Partendo dal presupposto che il gioco è l’attività maggiormente praticata dall’uomo in tutto l’arco della vita, esso dovrebbe essere in cima ai nostri pensieri, ma così non è. Esiste anche la difficoltà di individuare una definizione condivisa su cosa sia il gioco. I dizionari stessi generalmente presentano definizioni talmente generali che di fatto non distinguono tra cosa sia gioco e cosa non lo sia; ad esempio, il lemma viene definito dal Dizionario Garzanti come “qualsiasi attività a cui si dedicano bambini o adulti per svago, ricreazione o per tenere in esercizio la mente, il corpo”, senza però indicare quali siano i confini, le caratteristiche, le tipologie, ecc. Tale indeterminazione si riscontra anche confrontando il pensiero di Vygotskij e Piaget, ove per il primo è già gioco la fase esplorativa precedente la padronanza, mentre per il secondo non lo è ancora. Stando al ruolo che assume all’interno della società, l’attività ludica non ha ancora raggiunto quel pieno riconoscimento che le spetterebbe. Nei primi anni di vita dell’uomo il gioco è il perno attorno cui ruota ogni attività e pensiero della persona; man mano, che si cresce esso viene relegato solo ad alcuni momenti della giornata o della settimana, viene contrapposto al lavoro, alle attività serie, come se il gioco fosse una perdita di tempo, praticato da coloro che sono rimasti ancora bambini oppure trasformato in attività sportiva con finalità e funzioni ben precise. Nel tempo il gioco assume così un ruolo di secondo piano a cui dedicarsi nel tempo libero o quando ci si vuole rilassare. Questo depauperamento è ben visibile nei diversi gradi delle agenzie formative di istruzione formale. Se nelle istituzioni educative dell’infanzia il gioco è inteso come forma tipica di relazione e di conoscenza, che coinvolge l’intera persona nel suo percorso di maturazione e nel quale essa può esprimere, raccontare, rielaborare in modo creativo le esperienze personali e sociali, nei successivi gradi perde questo significato. C’è quindi la necessità di consolidare nella scuola dell’Infanzia l’esperienza ludica come valore in sé, che faccia sviluppare nel bambino il concetto maturo N per approfondire A. Di Pietro, Ludografie. Riflessioni e pratiche per lasciare tracce con il gioco, La Meridiana, Molfetta 2003. MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Roma 2012. A. Nobile, Gioco e infanzia, Editrice La Scuola, Brescia 1994. Massimiliano Andreoletti * Docente di “Didattica del gioco e dell’animazione” presso Università Cattolica, Milano n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 95 Manuela Mistri* “Mettiamo in pratica”: protagoniste le scuole anno scorso sono stati pubblicati tre contributi sull’organizzazione degli spazi all’interno della scuola dell’Infanzia. Ben sapendo che non è semplice organizzare gli spazi della sezione, quest’anno vogliamo offrire un contributo in termini operativi. Vorremmo darvi una mano ad individuare delle soluzioni a problemi relativi all’organizzazione degli spazi. Per questo abbiamo messo a punto una scheda tecnica. Si tratta di uno strumento utile per fare un “inventario” della sezione e degli spazi comuni, semplicemente segnando gli spazi e gli arredi principali in essi presenti. Unendo alcune fotografie degli spazi che sono sotto osservazione e, se possibile, anche una semplice piantina della sezione (fatta da voi, non ha importanza la precisione millimetrica) e inviandoci il tutto, potremo fornirvi il nostro punto di vista e supportarvi nell’organizzazione dello spazio. La rubrica potrà essere utilizzata in modi diversi: per avere consigli su come organizzare uno o più spazi, per ripensare all’intera sezione, per chiedere un parere su uno spazio organizzato. Teniamo inoltre presente che a volte le scelte didattiche possono condurre alla creazione di spazi parti- Mondo scuola L’ colari o alla modifica degli spazi. Non vogliamo porre dei limiti alle vostre eventuali richieste. L’obiettivo è allargare il più possibile la riflessione su questo tema portante per la scuola dell’infanzia e aprire un confronto tra realtà diverse, perché proprio dal confronto possano nascere idee, ma anche maggiore consapevolezza sul fare scuola. In ogni numero daremo spazio ad una scuola cercando di selezionare di volta in volta aspetti diversi che possano offrire stimoli sempre nuovi. Per noi questo rappresenta una sfida, perché lavorare a distanza, utilizzando materiale fotografico non è esattamente come vedere e muoversi dentro lo spazio. Tuttavia, rappresenta il modo più semplice per interagire con voi, per rendere davvero viva questa rubrica, per partire dai reali elementi di difficoltà che si possono incontrare. Siamo altresì consapevoli che, per coloro che decideranno di richiedere il nostro contributo, questo significa esporsi. Anche questo non è semplice! La scheda di osservazione La prima parte della scheda è dedicata alla descrizione della sezione. Infatti la configurazione di una sezione può cambiare in base all’età dei bambini, all’essere omogenea o eterogenea, alla sua dimensione, alle sue funzioni (per esempio dover ospitare il pranzo). Tutti dati fondamentali, quindi, per comprendere come ottimizzare al meglio gli spazi. A seguire, la scheda richiede una descrizione in breve degli spazi che sono stati ricavati e la modalità di suddivisione, cioè quali ausili sono stati utilizzati per definire i confini di uno spazio (arredi, tessuti, pareti mobili o altro). Anche queste informazioni permetteranno di avere un’idea di ciò che la scuola ha a disposizione, perché è fondamentale cercare di rivisitare eventualmente gli spazi utilizzando ciò che c’è (sappiamo quanto sia difficile oggi reperire fondi per fare acquisti). Infine la scheda prevede un elenco di arredi e spazi. Dovrete segnare solo ciò che è presente effettivamente nella sezione e nella scuola. Abbiamo Manuela Mistri * Psicologa, membro interno del Laboratorio di Psicologia della Comunicazione, Università Cattolica 96 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Si può fare aggiunto anche gli spazi comuni perché una scuola deve essere considerata nella sua globalità. Se la sezione può avvalersi di laboratori, saloni attrezzati… si potranno fare scelte differenti rispetto ad una sezione inserita in una scuola che non offre queste opportunità. Vi chiediamo di leggere con attenzione i diversi item, che in alcuni casi potranno sembrarvi ripetitivi. In realtà non lo sono. Per esempio un item dice “angolo computer (spazio strutturato per le attività con computer)”, successivamente si trova un altro item che dice “computer a disposizione dei bambini (non inserito in uno spazio strutturato)”. In questo caso c’è una differenza sostanziale. Si tratta di situazioni che offrono possibilità diverse ai bambini. Un oggetto (in questo caso il computer) suggerisce ai bambini delle possibili azioni/giochi, ma la situazione è qualitativamente diversa quando l’oggetto fa parte di uno spazio pensato con precisi obiettivi. La parte finale della scheda è dedicata ad eventuali osservazioni e note. È uno spazio in cui liberamente potete inserire le vostre richieste, perplessità oppure completare con elementi non presenti nella scheda, ma per voi importanti per fornire una corretta situazione degli spazi della vostra scuola. A seguire la scheda che potrete anche scaricare dal nostro sito (www.lascuola.it nella sezione “RIVISTE”) e inviare via e-mail, insieme alle foto o eventualmente ad una cartina della sezione, all’indirizzo: [email protected]. E noi proveremo a rispondervi! Mondo scuola :*/,+(;,*50*(+,33(;<(:,A065, 4PZ\YLTL[YPX\HKYH[PVTPZ\YLSH[P! 5\TLYVKPIHTIPUP! ;PWVSVNPHKPZLaPVUL!L[LYVNLULHVTVNLULH 5\TLYVKPTHLZ[YL! JVTWYLZLUaL QVSS` ZVZ[LNUV HS[YV +LZ[PUHaPVUL!H\SHH\SHLYLML[[VYPVH\SHLHS[YV *VTLOHPZ\KKP]PZVÄZPJHTLU[LNSPZWHaPZJHMMHSP[HWWL[PLJJ& 8\HU[PLX\HSP¸HUNVSP¹OHPYPJH]H[V& 5LSSH[\HZLaPVULJPZVUV! 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Mi è stato detto che fino ad oggi la guida pedagogic a è stata delegata alla capogruppo e che in genere vengono automaticamente estese anche alla scuola dell’infanzia le decisioni organizzativo-amministrative prese per l’intero istituto, compresi i registri. Sarà proprio così semplice? Da maestra a coordinatrice nella scuola dell’Infanzia paritaria Finalmente dopo anni di lavoro educativo in sezione, mi è stato proposto di rivestire il ruolo di coordinatrice pedagogico-didattica di una scuola dell’Infanzia paritaria di cinque sezioni, da parte del Gestore della Fondazione che la amministra. Per le mie colleghe sarò la nuova ed attesa coordinatrice. Da che parte si comincia? O meglio come si può definire e costruire la mia nuova identità professionale? Sono qui sopra brevemente descritte solo due possibili contesti istituzionali (non si sono prese in esame le scuole dell’Infanzia facenti capo agli Enti locali, ai Comuni) in cui si esercita la funzione dirigenziale e quella di coordinamento educativo-didattico. Già i termini sono chiari: le funzioni del dirigente scolastico non sono le medesime del/la coordinatore/coordinatrice, come previsto dai rispettivi statuti giuridici e contratti di lavoro. Ma non è su questo aspetto che si intende soffermare l’attenzione di questa rubrica dedicata alle professioni di scuola, quanto piuttosto ci si propone di fornire qualche suggestione sul variegato ed articolato modo di vivere questa dimensione professionale, Nella nuova rubrica “Professioni di scuola” si alterneranno riflessioni per coordinatori/dirigenti (numeri dispari della rivista) e per i docenti (numeri pari della rivista). articolata e polivalente, interpretata con altrettanti accenti, frutto di processi indispensabili di personalizzazione e contestualizzazione. Dalle due situazioni sopra descritte, abbastanza diffuse sul territorio nazionale, ricaviamo due avvertenze, che si spera possano essere utili per chi si trova o aspira a trovarsi in situazioni analoghe. Per i dirigenti scolastici di Istituti Comprensivi di grandi dimensioni e con numerosi plessi l’avvertenza è quella di non dimenticare la presenza della scuola dell’infanzia e della sua specificità, cercando di mantenerne l’identità pedagogica e le peculiarità, non assimilabili a quelle della primaria e della secondaria. Per il coordinatore educativo-didattico di scuole dell’Infanzia che proviene dall’insegnamento serve elaborare una trasformazione di compiti piuttosto significativa: si tratta di transitare dalla gestione di relazioni prevalentemente giocate nei processi di insegnamento-apprendimento con i bambini a relazioni di empowerment pedagogico di un gruppo o di più gruppi di insegnanti e di genitori. La nuova funzione è di mediazione tra istanze e richieste diverse degli adulti, che richiede una visione di natura meta didattica implicante una sorta di necessario distanziamento dall’aula, insieme alla capacità di orientare e promuovere un senso condiviso nelle azioni comuni. In modo esplicito ci viene comunicato in questa riflessione di una coordinatrice: “La problematica più rilevante, perché è la parte più sensibile del nostro lavoro, è la relazione, soprattutto laddove c’è una presenza quotidiana di interscambio con le educatrici, con il personale e con i genitori”. Per concludere, entrambi i profili (dirigente e coordinatore) richiedono: conoscenza e valorizzazione della vocazione pedagogica propria della scuola dell’Infanzia, visione strategica ed orientativa dell’azione didattica, promozione della qualità educativa nel suo complesso, sviluppo di una relazionalità progettuale e generativa tra adulti, in primis. Sonia Claris * Dirigente scolastica 98 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Letizia Carrubba* Com’è andata la giornata? mi ricordo... a mia Federica, 3 anni, si rifiuta di raccontarmi qualsiasi cosa dell’asilo. Se insisto, facendole domande specifiche, le vengono scatti di rabbia. Secondo voi perché non mi racconta dell’asilo? Mia figlia Giulia, 4 anni, mi racconta pochissimo. Al massimo frasi del tipo “Ho mangiato la pizza” “Oggi ero capofila”. Fine. Nient’altro. L Con Alberto ero contentissima, mentre Edoardo non racconta niente. Ieri sera abbiamo avuto la riunione all’asilo e ho visto alcune foto riguardanti le attività.. beh... non ne sapevo nulla... non mi racconta nulla. Lorenzo, 4 anni, non racconta niente. Scherzando con mio marito mi sono chiesta se lo avevamo iscritto alla carboneria, perché nulla ci è dato sapere! Aspetto fiduciosa che abbia voglia di raccontare la sua giornata. Le frasi sopra riportate, tratte da un forum per genitori, lamentano un comune denominatore: il non riuscire a sapere cosa fanno i propri figli durante le ore trascorse alla scuola dell’Infanzia. L’alone di mistero prosegue nonostante la raffica di domande a cui i genitori sottopongono i bambini: “Com’è andata?”, “È successo qualcosa?”, “Hai mangiato?”; le risposte ottenute sono il più delle volte monosillabiche o alquanto criptiche, del tipo “Non mi ricordo”, “Non ho fatto niente”. Il contatto quotidiano con le educatrici che gestiscono i vari momenti di routine tra cui l’uscita dalla scuola, consente di fatto ai genitori di essere informati sia riguardo l’andamento della giornata, sia rispetto ad eventuali piccole problematiche inerenti il proprio bambino (ha mangiato, non ha svolto le attività, era irrequieto, ecc.). Le riunioni con i genitori, i colloqui individuali ci consentono di partecipare attivamente alla vita scolastica dei nostri bambini anche attraverso la condivisione, con il personale educativo, di momenti più informali come ad esempio l’organizzazione di una festa. Non si lamenta, quindi, una mancanza di informazioni, quando il desiderio di sentire raccontare Quest’anno “Scuola Materna” apre le porte anche al punto di vista dei genitori, raccolto da una mamma psicopedagogista che affronterà i temi più comuni nella quotidianità scolastica. il proprio bambino, di sbirciare attraverso i suoi occhi e riuscire ad intravedere quello che sta diventando il suo mondo fatto di amicizie soltanto sue, di scelte e primi tentativi di autonomia. Messo da parte il comprensibile smarrimento, la frustrazione nei confronti di chi, invece, ha figli loquaci, gli svariati tentativi di integrare il racconto del proprio figlio con quello di altri genitori e bambini, cerchiamo di capire perché i bambini non parlano o parlano poco. Proviamo a rispondere al nostro quesito a partire dalla riflessione scaturita da alcuni termini che ricorrono nei colloqui con le educatrici. Iniziamo con il termine autonomia. La vita alla scuola dell’Infanzia richiede al bambino uno sforzo di autonomia considerevole. Tale concetto chiama in causa la capacità dei nostri piccoli di affermarsi e di affermare la propria individualità, di poter scegliere, di “provare a fare da soli” o di chiedere l’aiuto degli altri, di prendere iniziative proprie e di imparare a cooperare con i pari. L’autonomia nasce e si sviluppa attraverso forme e livelli crescenti di adattamento e competenze, si nutre di delicati equilibri e di necessari squilibri che invitano a rimettersi in cammino mediante una modalità di relazione continuamente in evoluzione, dove competenze fisiche, motorie, cognitive ed affettive si nutrono a vicenda e alimentano la voglia di fare e stare con persone e cose. Le educatrici, attraverso la cura dello spazio e l’alternanza tra le diverse attività, propongono elementi di organizzazione e apprendimento che permettono ai bambini di divenire poco alla volta protagonisti consapevoli della vita in sezione. I piccoli imparano, quindi, a gestire quotidianamente il proprio spazio prima accogliendo le routine, poi anticipandole e riconoscendole. Questa graduale Mondo scuola Non Letizia Carrubba * Docente di Psicologia dell’infanzia tra protezione e rischio, Università Cattolica, Piacenza n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 99 Cronache di scuola Mondo scuola conquista li gratifica molto, li rassicura e consente loro di tollerare e comprendere eventi nuovi e inaspettati. L’autonomia faticosamente guadagnata è soltanto l’inizio di un lungo percorso che vede i nostri bambini passare da un piccolo mondo relazionale mediato dai genitori ad un ampio contesto relazionale al cui interno si costruiscono legami amicali, si definiscono scelte, si apprende a confrontarsi, a comprendere il punto di vista dell’altro e a regolare le proprie emozioni. Al bisogno di autonomia si affianca quello di competenza, di controllo sull’ambiente che implica sia la necessità di affermarsi in un mondo sociale condiviso con altri, sia il piacere dell’efficacia sociale, cioè il vedere che le proprie azioni producono degli effetti ed hanno delle conseguenze positive nell’ambiente. I bambini si ritagliano uno spazio di azione del tutto personale che decidono come e quando condividere con i genitori. Crescere vuol dire anche imparare a stare in equilibrio tra il bisogno di relazione ed il bisogno di autonomia. A questo punto introduciamo un ulteriore termine su cui riflettere, parliamo cioè di relazioni. Alle figure di attaccamento primarie (generalmente i genitori) si affiancano altri agenti di socializzazione che arricchiscono e complicano la scena sociale del bambino che frequenta la scuola dell’Infanzia. Si tratta di figure adulte, le educatrici, con cui occorre stabilire relazioni nuove, significative dal punto di vista affettivo. Inoltre, vi sono i coetanei con i quali costruire un rapporto, mettendo in gioco, come in una sorta di banco di prova, tutte le abilità sociali precedentemente acquisite. Questi tre concetti possono essere visti come componenti di base di quella che possiamo definire la competenza sociale. Essa è infatti la risultante dei processi messi in atto dal bambino al fine di realizzare e soddisfare il bisogno di attaccamento, di competenza e di autonomia. I nostri bambini diventano grandi perché sono inseriti in un contesto relazionale entro il quale da un lato imparano ad interagire efficacemente con gli altri, ma parallelamente scoprono l’esigenza di separarsi e di trovare una collocazione propria, distinta da quella dei genitori. Rispettare gli spazi e i tempi dei bambini significa anche concedere loro il tempo di conoscere e scoprire i “quando” e i “perché” del mondo che ci circonda, lasciare che i concetti prendano forma e possano poi essere raccontati e condivisi con noi genitori. Il racconto della giornata richiede, inoltre, uno sforzo mnestico considerevole, il semplice mettere ordine tra gli eventi implica una fatica che talvolta 100 il bambino, stanco per l’intensa giornata, non è in grado di sostenere. Che cosa possiamo fare? Ecco qualche piccolo consiglio utile per tutti i genitori. s.ONSOMMERGEREILBAMBINODIDOMANDE s)NCORAGGIARLO A RACCONTARE SENZA FARLO SENTIRE sotto pressione. s0ARTIRE DALLA PROPRIA GIORNATA OGGI MI Ò SUC cesso…, ma guarda un po’ che pasticcio ho combinato...) e distinguere ciò che è canonico, dall’evento eccezionale che decidiamo di raccontare; seguire una coerenza e una sequenzialità nel racconto; inserire riferimenti a stati mentali (desideri, credenze, emozioni). s!SCOLTAREANCHENEIMOMENTINONPREVISTIMEN tre si lavano i denti, un secondo prima di spegnere la luce e addormentarsi, ecc.). s.ON ASPETTARSI CHE I BAMBINI RACCONTINO SOLA mente utilizzando le parole: talvolta disegnano, altre volte imitano il comportamento dell’educatrice, oppure utilizzano il gioco simbolico o il gioco di ruolo e simulano le attività svolte in sezione. Anche se desideriamo moltissimo sapere il più possibile della vita dei nostri piccoli non dobbiamo dimenticarci che in età prescolastica e scolastica sono facilmente osservabili molteplici esempi dell’alternarsi, nella giornata di un bambino, di momenti di maggior socievolezza in cui si ricercano gli altri, rispetto a momenti definiti “tempi per sé”. Talvolta nel corso della giornata, i bambini possono sentire il bisogno di disimpegnarsi dalla relazione sia con i pari che con gli adulti, per riflettere e rielaborare le esperienze sociali precedentemente vissute o per sperimentare, in condizioni di autonomia, ciò che è stato acquisito nel cotesto sociale. A tali momenti segue poi solitamente il desiderio di ritrovare l’altro da cui ci si aspetta di essere gratificati e sostenuti per quanto realizzato (un disegno, dei ritagli) e soprattutto di essere riaccolti. Recuperando la grande lezione di Winnicott, consoliamoci pensando che il bisogno di separarsi (da noi genitori) e di crescere in autonomia è esattamente ciò che permette ai nostri figli di costruire un modo relazionale e sociale equilibrato, così come la capacità di separarsi si sviluppa solo all’interno di relazioni affettive positive. per approfondire D.W. Winnicott, Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma 1965. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Mariateresa Cairo*, Caterina Martinazzoli** L’integrazione scolastica Sindrome autistica e di Asperger nella soddisfazione di un desiderio, l’irruzione della fantasia nella realtà e la difficoltà a mentalizzare le proprie e altrui emozioni. Cosa fare con questi bambini tanto particolari? sincoraggiare la motricità e le prassie, facendo giocare il bambino sullo scivolo, il dondolo, facendolo correre e saltare, lasciarsi cadere, toccare, strisciare, rotolare, esplorare e spostare oggetti e favorendo il miglioramento delle abilità fino motorie. Il primo passo è quello di portare il bambino ad avere un buon rapporto con il proprio corpo (toccare parti del viso copiando i movimenti dell’adulto) e con l’esterno, avvicinandosi gradualmente alle diverse esperienze. Ciò permette di aumentare con gradualità il livello di autostima, la percezione di Sé, degli altri e del mondo; sincrementare la comunicazione linguistica in comprensione ed espressione. Ciò implica educare il bambino ad articolare correttamente i suoni, arricchire il proprio vocabolario e costruire correttamente le frasi dal punto di vista morfo-sintattico. È necessario sostenere il bambino nel suo sforzo di farsi capire, anche attraverso forme di comunicazione alternativa aumentativa e l’uso del computer. Educare all’ascolto di fiabe e racconti aiuta il bambino nel prestare attenzione, memorizzare fatti e personaggi e nella comprensione; spromuovere la comprensione delle proprie ed altrui emozioni. Spesso i bambini con disturbi pervasivi dello sviluppo urlano o hanno comportamenti aggressivi verso se stessi e verso gli altri: è importante decodificare questi comportamenti ed emozioni portando il bambino a riconoscerli in espressioni del proprio volto (immagini/fotografie) e a verbalizzarle riconoscendole anche sul volto dell’insegnante; sstimolare giochi di costruzione (lego, puzzle, domino, incastri) in cui il bambino può sperimentare fino in fondo ed in modo originale l’esperienza del fare e le possibilità di azione e reazione attraverso i gesti; Mariateresa Cairo Caterina Martinazzoli * Docente di Didattica e Pedagogia speciale, Università Cattolica di Milano e Piacenza **Insegnante, cultore di Didattica e Pedagogia speciale, Università Cattolica di Milano n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Mondo scuola ell’arco della prima infanzia e agli inizi della seconda, la diagnosi di sindrome autistica e di sindrome di Asperger si collocano nell’intero range di disturbi di tipo autistico recentemente indicati con il termine disturbi dello spettro autistico (DSA). Quest’ultimo risulta un termine ‘ombrello’ che comprende quadri clinici multiformi caratterizzati da diversi livelli di funzionamento cognitivo e aspetti affettivi e relazionali diversificati che si dispongono lungo un continuum che va dal gravissimo ritardo mentale con epilessia, fino all’eccentricità e bizzarria di persone con funzionamento buono. La differenza fra la sindrome autistica e di Asperger è, per esempio, facilmente rintracciabile nel DSM IV–TR, per cui nel primo caso si assiste a una compromissione qualitativa dell’interazione sociale, della comunicazione e del linguaggio, a modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, con la presenza di disabilità intellettiva nel 70% circa dei bambini. Nella sindrome di Asperger si ripresentano le medesime caratteristiche, ma non vi è disabilità intellettiva, ci sono capacità di auto-accudimento adeguate all’età e comportamento adattivo con buon sviluppo linguistico. In alcuni casi il bambino è definito ad alto funzionamento, poiché ha un’intelligenza ed una memoria al di sopra della media e presenta ambiti di competenza seppur settoriali (disegno, musica, matematica) molto sviluppati. I bambini in tali situazioni tendono ad avere delle caratteristiche percettive e attentive molto particolari (portare alla bocca i giochi, rifiutare di lavorare con i colori a dita o manipolare, mancanza di attenzione condivisa, facile distraibilità, scarsa empatia) e comportamenti ripetitivi e bizzarri (ecolalia differita, stereotipie motorie, assenza di gioco simbolico, correre avanti e indietro, aprire e chiudere le porte, aggressività, eloquio solitario). Tali aspetti, sembra, prevalgano a livello comportamentale in quanto modalità per controllare la paura di situazioni nuove, l’ansia e l’insicurezza legate alla scarsa vigilanza sugli eventi, la rabbia nelle situazioni di frustrazione o l’impedimento N 101 Tutti a scuola Mondo scuola sCONTENERE dal punto di vista relazionale ed affettivo il bambino (anche fisicamente) in un ambiente che non spenga la sua fiducia, ma che completi ed amplifichi un Io ancora molto fragile ed una visione della realtà parziale e caotica. Per questo gli insegnanti devono essere creativi, ma decisi e hanno bisogno di trovare materiali, attività e ausili sempre nuovi; sla sperimentazione sonora e musicale può essere particolarmente efficace per sviluppare il senso del ritmo (canzoni e filastrocche), la motricità (ballo e mimo) e per far vivere momenti di comunicazione interpersonale e di interazione fisica ed emotivo-motivazionale con i compagni di sezione. L’ascolto della musica è anche un’occasione di rilassamento, distensione e tranquillità; sincoraggiare l’autonomia personale è importante per il benessere del bambino e la sua integrazione. Può accadere, a volte, che la scarsa capacità attentiva non permetta al bambino di portare a termine il lavoro in modo autonomo, per cui egli domanda continuamente conferma all’insegnante. Ciò richiede all’adulto una buona dose di pazienza e la capacità di attendere i tempi di apprendimento del bambino; sla stimolazione multisensoriale è significativa nella misura in cui il piccolo presenta disomogeneità a livello percettivo. La stimolazione sensoriale potrà rivolgersi alla vista (seguire un fascio di luce), all’udito (battere oggetti su superfici differenti), al tatto (passare la mano su diverse tessiture o manipolare pongo e plastilina), al gusto (assaggiare cibi salati, dolci, amari, aspri), essere propriocettiva (cambiare le posture), esterocettiva (posizionarsi nello spazio e riprodurlo in un disegno) e vestibolare (mantenere l’equilibrio); sil cooperative learning può favorire il rapporto con i compagni, spesso difficile e conflittuale, soprattutto quando i bambini iniziano a conoscere le reazioni e le personalità del proprio compagno con disturbo dello spettro autistico. Anche il gioco, su cui la scuola dell’infanzia fonda i propri processi di apprendimento e socializzazione, favorisce la possibilità di accedere al mondo del bambino (cfr. metodo Denver, Terapia di Scambio e di Sviluppo, metodo DIR, vedi Greenspan, Wieder). La partecipazione alle attività è favorita dalla spinta motivazionale e dal controllo e pazienza di compagni ed insegnanti. La programmazione con il bambino con disturbo dello spettro autistico va sempre monitorata e verificata giornalmente per tutto l’anno scolastico attraverso momenti di osservazione informale e formale. Qualsiasi iniziativa orientata a rendere più strutturati e prevedibili l’attività, i tempi e gli 102 spazi è efficace: scomposizione delle istruzioni in più fasi, calendarizzazione delle attività della giornata, della settimana e del mese, presentazione dei compiti ad un livello adeguato alle capacità del bambino, incremento graduale della tolleranza alle situazioni nuove ed impreviste ed accettazione delle frustrazioni, uso di schede, agenda delle attività e degli incontri, rispetto dei tempi e dei ritmi di apprendimento del bambino, definizione di regole e routine (cfr. metodo TEACCH, vedi Schopler, Mesibov). L’attività di sostegno va svolta in sezione, individualizzata e personalizzata. Uno spazio usato quotidianamente, ben ordinato e con abitudini e tempi prefissati può essere associato dall’alunno all’idea di lavoro. per approfondire M. Cairo e P. Cuccinelli, Autismo e interventi abilitativi e riabilitativi: il Denver Model, “L’integrazione scolastica e sociale”, 1, 2012, pp. 65-81. M. Cairo e P. Cuccinelli, Autismo e interventi abilitativi e riabilitativi: la terapia di scambio e di sviluppo (Thérapie d’échange et de dévelopment) (T.E.D.), “L’integrazione scolastica e sociale”, in stampa, 2013. S.I. Greenspan, S. Wieder, Trattare l’autismo, Raffaello Cortina, Milano 2007. E. Schopler, G.B. Mesibov, Apprendimento e cognizione nell’autismo, McGraw-Hill, Milano 1998. SIPeS (a cura di), Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico. Documento di indirizzo, Erickson, Trento, 2008. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Michela F. Mancini* Emozione e cognizione U_UZWÌTZ]VcRaa`ce`R_T`cR da spiegare Un importante passo avanti Una ricerca longitudinale americana condotta quest’anno da Blankson rappresenta un importante punto di partenza per scoprire come avviene lo sviluppo del cervello, per quanto riguarda il pensiero e l’emozione, e come questi due domini possano reciprocamente influenzarsi ed integrarsi. In particolare Blankson ha studiato due processi generali: il controllo, inteso come la capacità del bambino di autoregolarsi sia in situazioni d’intensa emozione che di forte impegno cognitivo, e la comprensione non solo come abilità del bambino di riconoscere le proprie e le altrui emozioni, Da quest’anno, “Scuola Materna” propone ogni mese un approfondimento sulle più recenti evoluzioni nella ricerca sui bambini di 2-6 anni. ma anche come consapevolezza che le proprie e le altrui credenze non sempre corrispondono alla realtà. Lo scopo del suddetto lavoro è di formulare un quadro generale che possa spiegare sia la relazione esistente tra quattro fattori principali – controllo emotivo, controllo cognitivo, comprensione emotiva, comprensione cognitiva – sia l’eventuale esistenza di una componente in grado di predire i cambiamenti nelle altre nel corso dello sviluppo. La ricerca Hanno partecipato allo studio 263 bambini di 3 anni (52% femmine e 48% maschi) insieme alle loro mamme, le prove sono state ripetute poi a distanza di un anno (sono tornati 244 bambini). Durante le sessioni di somministrazione veniva chiesto alle madri di compilare due questionari che descrivevano le reazioni dei loro bambini a diverse situazioni (CBQ di Putnam e Rothbart) e di indicare quanto spesso si verificava un certo comportamento nei loro figli (ERC di Shields e Cicchetti). I bambini venivano coinvolti in diverse attività videoregistrate che avevano finalità differenti a seconda del processo cognitivo o emotivo da prendere in esame: sper studiare il controllo emotivo si è fatto sperimentare al bambino una situazione frustrante diversa per le due età e si è osservato e codificato il comportamento di risposta sia verbale che fisico; sLEATTIVITÌPROPOSTEVOLTEADINDAGAREILPROCESSO del controllo cognitivo riguardano più precisamente: la memoria di lavoro – per la quale viene chiesto al bambino di ripetere delle sequenze di numeri di complessità crescente – e il controllo inibitorio per cui i bambini dovevano inibire una certa informazione contrastante per poter Michela F. Mancini * Psicologa e insegnante n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 103 Mondo scuola egli ultimi anni sono state realizzate molte ricerche che hanno avuto come obiettivo lo studio dei processi emotivi e cognitivi per migliorare la comprensione e delineare le tappe del loro sviluppo. Questo crescente interesse ha fatto in modo che molto si conosca sulle emozioni e sulla cognizione come processi isolati, ma ben poco si comprenda dei reciproci legami e dello sviluppo temporale degli stessi. Recenti evidenze in ambito neuroscientifico hanno sottolineato la stretta relazione esistente nel cervello tra emozioni e pensiero. All’inizio degli anni 2000, diversi autori, tra i quali Davidson e Davis, hanno individuato una regione del cervello, denominata corteccia cingolata anteriore (ACC), che si suddivide al suo interno in due grandi aree: una che controlla i processi attentivi e cognitivi e una seconda che controlla i processi emotivi. L’ipotesi che fra queste due aree esista una relazione reciproca conferisce un fondamento biologico all’integrazione evolutiva di specifici tipologie di processi di controllo e comprensione tra emozione e cognizione fin dalla prima infanzia. Infatti, è stato dimostrato che questa zona del cervello si attiva sia quando rievochiamo ricordi emozionali sia quando siamo chiamati a risolvere problemi di tipo cognitivo. N News dalla ricerca Mondo scuola rispondere alle domande dello sperimentatore; sPER QUANTO RIGUARDA LANALISI DEL PROCESSO DI comprensione emotiva le attività proposte ai bambini riguardavano tre diversi aspetti: la capacità di riconoscere e nominare le emozioni, la capacità di attribuire una determinata emozione a qualcun altro diverso da sé, ed infine, il riconoscimento della causa alla base di una situazione emotiva; sLULTIMO PROCESSO IN OGGETTO LA COMPRENSIONE cognitiva, è stato studiato attraverso compiti di comprensione della differenza esistente tra realtà ed apparenza, tra vere e false credenze. Per esempio, veniva presentato al bambino una candela a forma di mela e veniva chiesto se sapesse indicare cosa fosse realmente l’oggetto e cosa invece volesse essere; altre volte, veniva chiesto al bambino di “mettersi nei panni” di qualcun altro e comprendere il suo punto di vista indicando che cosa avrebbe potuto vedere o sentire non avendo la piena consapevolezza dell’intera situazione. L’unione fa la forza Lo studio era mirato a definire quale fosse il processo che guida ed influenza gli altri. I dati hanno messo in evidenza che tutti e quattro i processi – controllo emotivo, controllo cognitivo, comprensione emotiva e comprensione cognitiva – contribuiscono in egual misura allo sviluppo del bambino. Vi è un rapporto d’interconnessione tra i processi che non permette di considerarli come entità separate ma come strettamente intercorrelate. Nel passaggio dal terzo al quarto anno di vita del bambino, la crescita nel controllo e nella comprensione cognitiva, sembra essere dovuta in particolare non solo a una relazione reciproca tra i due processi ma anche ad un rapporto dinamico con la comprensione emotiva. I risultati suggeriscono una stretta interdipendenza tra cognizione ed emozione, senza che sia emerso quale dei due processi guidi l’altro nel percorso di crescita del bambino. Spunti educativi Il bambino si sviluppa lungo un flusso armonico che non permette di distinguere e separare i processi cognitivi da quelli emotivi è perciò indispensabile per chi lavora nell’ambito scolastico considerare di proporre attività che siano in grado di elicitare l’integrazione di questi diversi aspetti. Sviluppare una buona capacità di riflessione sulle proprie abilità e competenze favorisce una maggiore consapevolezza dei propri vissuti emotivi 104 e permette una migliore gestione e regolazione degli stessi. Per esempio, al termine di un’attività si può far riflettere il bambino sulle emozioni che lo hanno accompagnato lungo il procedere dell’attività facendolo concentrare su come si è sentito. In questo modo, non solo si va a implementare una maggiore capacità di riflessione del bambino su ciò che ha fatto ma ci si concentra anche ad aumentare il vocabolario emotivo. Glossario Cognizione: insieme di attività e di processi che consente all’individuo di elaborare e comprendere le informazioni della realtà circostante. Include diversi processi e strutture cognitive come la memoria, l’attenzione, la manipolazione d’informazioni multiple e contrastanti, ecc. Controllo cognitivo: capacità del soggetto di prestare attenzione, comprendere e manipolare diverse informazioni. Controllo emotivo: si riferisce a processi di regolazione delle proprie emozioni siano esse positive o negative. Comprensione cognitiva: riconoscere la differenza esistente tra realtà ed apparenza e abilità di comprendere ed assumere un diverso punto di vista sulla base di conoscenze parziali della realtà. Comprensione emotiva: capacità di nominare, riconoscere e avere consapevolezza delle proprie e delle altrui emozioni e della causa scatenante una determinata emozione. Emozione: reazione dell’individuo a determinati stimoli o situazioni, caratterizzata da una certa attivazione fisiologica dell’organismo che varia per intensità, durata ed espressione corporea. Essa rappresenta, quindi, un complesso processo multicomponenziale. Ricerca longitudinale: permette di studiare uno o più fattori nel corso del tempo in uno stesso soggetto. per approfondire O. Albanese, C. Fiorilli (a cura di), Le emozioni a scuola. Riconoscerle, comprenderle e intervenire efficacemente, Erickson, Trento 2012. A.N. Blankson, M. O’Brien, E.M. Leerkes, S. Marcovitch, S.D. Calkins, J.M. Weaver, Developmental dynamics of emotion and cognition processes in preschoolers, “Child Development”, 2013, 84, pp. 346-360. C. Cristini, A. Ghilardi, Emozioni e apprendimento: fra mente e cervello, Springer, Milano 2009. A. Techel, A. Pendezzini, La farfalla insegna. La funzione delle emozioni nel processo di apprendimento, Armando, Roma 1996. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Silvia Riva* Angioedema ereditario G`_Ì`cZZ^ac`ggZdZ spesso incompresi L’angioedema ereditario è una malattia rara caratterizzata da episodi ricorrenti e transitori di edema (gonfiore) che può colpire la cute, le mucose o gli organi interni. Clinicamente si manifesta con ricorrenti episodi di edema della durata di 2-5 giorni. Non si tratta di malattia allergica e quindi fra i fattori scatenanti non devono essere annoverati farmaci (se non in rarissimi casi), alimenti o sostanze similari, mentre traumi anche minimi e stress psichici possono favorire l’insorgenza di attacchi. La malattia si manifesta in genere in giovane età (entro i 20-30 anni), colpendo anche i bambini fin dall’infanzia. Può palesarsi con edema (“gonfiore”), anche imponente, del volto e degli arti, con gravi coliche addominali e delle vie urinarie e con difficoltà respiratorie fino all’asfissia per edema della glottide. Rispetto al trattamento, non esiste una cura risolutiva permanente; per alleggerire i sintomi vengono utilizzati alcuni farmaci contenenti androgeni ed alcuni derivati dal plasma di un donatore umano sano. Si tratta di terapie pesanti (con implicazioni a livello ormonale) e spesso dolorose (basate su iniezioni endovenose). Colpisce solo 1 persona ogni 10.000, ma chi ne è affetto non ha per nulla la vita facile. La sua rarità, la scarsa diffusione delle conoscenze mediche e scientifiche, la difficoltà diagnostica e la carenza di terapie adeguate rendono infatti l’angioedema ereditario una malattia molto complessa con la quale convivere è decisamente difficile, soprattutto da un punto di vista sociale e psicologico. Gli aspetti psicologici nella vita quotidiana Gli attacchi di angioedema si verificano a intervalli compresi mediamente tra 7 e 14 giorni, con una frequenza che varia dalla quasi assenza a due volte alla settimana. L’angioedema impone un notevole onere sulla persona e la qualità di vita dei pazienti e, nei bambini, risulta sensibilmente ridotta in termini di perdita di giorni di scuola, e attività ricreative. In un recente studio esplorativo condotto da von Mackensen e Riva, è stata valutata la “qualità di vita” dei pazienti con tale patologia, specialmente bambini, strutturando una ricerca trasversale in diversi ospedali italiani. Per valutazione della “qualità di vita” si intende studiare la funzionalità (functioning) e il benessere (well-being) negli aspetti fisici, psicologico-emotivi e sociali della vita di un paziente in relazione al suo stato di salute o di malattia, esaminando il punto di vista del paziente stesso e come lui stesso riferisce la sua condizione nella vita di tutti i giorni. Dai risultati di questa ricerca, è emerso che i bambini e gli adolescenti con angioedema ereditario presentano una “qualità di vita” sensibilmente ridotta rispetto alla popolazione generale, soprattutto in relazione agli aspetti emotivi; i pazienti lamentano problemi umorali, stati di ansia, depressione e vergogna. In alcuni casi, i genitori dichiarano di non voler parlare di questa malattia nel loro ambiente sociale (es. scuola, nei contesti per la attività del tempo libero), perché essendo una patologia rara e davvero poco conosciuta, essa genera paura e allontanamento. Purtroppo, però questo atteggiamento comporta un progressivo isolamento del bambino nel contesto sociale e difficoltà a rapportarsi con i pari. La paura dei genitori, non può essere giudicata semplicemente una condotta insensata, essa, infatti, è legata alla rappresentazione di questa malattia nel contesto sociale; un contesto, come quello italiano, ancora difficile in quanto, a livello medico-sanitario, sono ancora pochi gli specialisti in grado di riconoscere questa malattia e trattarla, ci sono pochi centri specializzati sul territorio e Mondo scuola Che cosa è l’angioedema? Silvia Riva * IRCCS Cà Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 105 Obiettivo salute c’è scarsa consapevolezza da parte dei servizi di emergenza (118, pronto soccorso) a riconoscere in tempo un attacco di angioedema. Questi dati appaiono in linea anche con il “Rapporto Internazionale sull’Angioedema in Europa: lo stato dell’arte”, i cui i dati mostrano come tale malattia risulti ancora oggi difficilmente gestita da parte delle autorità sanitarie competenti, con una forte compromissione della vita fisica e mentale, in particolare a causa della depressione e dell’interruzione delle attività scolastiche, lavorative e sociali. Come può aiutare la scuola? Mondo scuola I pazienti affetti da angioedema, devono affrontare una ristrutturazione cognitiva progressiva che non è di semplice soluzione, perché ci si trova di fronte a cambiamenti importanti a livello fisico e mentale. Nei primi anni di vita il bambino con angioedema, può presentare accanto ai disturbi organici, anche disordini di tipo emotivo, quali irritabilità, depressione, apatia o uno stato di impotenza. I disturbi di tipo comportamentale e sociale si possono verificare maggiormente con l’età scolastica, quando il bambino deve affrontare nuove situazioni e persone al di fuori del guscio familiare. Tali situazioni, potranno creare stress sullo stato generale di salute e interferire con la malattia, complicandone o aggravandone il decorso e influenzando negativamente il suo rapporto con la scuola. Nell’ambiente scolastico, confrontandosi con i suoi compagni, si accorgerà che ci sono elementi della sua vita che 106 non sono “universali”, per cui potrebbe subentrare in lui la convinzione di “essere diverso”. Come abbiamo visto, i bambini possono presentare stati d’animo quali inadeguatezza, l’impotenza e la diversità e tutto ciò li può spingere ad avere un atteggiamento psicologico passivo, di rinuncia, di chiusura in se stessi e la reazione più comune è quella di evitare momenti ricreativi con gli amici, o diversamente negare la malattia, con il rischio di adottare condotte di comportamento potenzialmente dannose. Grande importanza quindi, assume, non solo il ruolo dei genitori, che avranno l’obbligo di spiegare al bambino che cosa comporta l’angioedema e come gestire la sua malattia, ma anche l’educazione nelle scuole, a cominciare dai primissimi anni di vita, allo scopo di informare, ma soprattutto far conoscere e sensibilizzare i bambini, così come gli insegnanti e il personale scolastico, dei vari aspetti della malattia e dare così maggiori informazioni su come comportarsi, su quali precauzioni prendere in caso di emergenza e come aiutare i bambini affetti da questa malattia. A questo proposito, attività di peer-education, seminari di formazione ed educazione per bambini sono sempre da incoraggiare qualora in classe ci sia un bambino affetto da questa patologia. In questo modo, con una conoscenza più approfondita della malattia e della sua gestione, può essere garantita una migliore qualità della vita ed eliminare il senso di diversità che sembra essere dominante nella vita della persona affetta da una patologia cronica rara. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Serena Rivolta* I giochi cooperativi commento a cura di Luca Morganti (Psicologo, collaboratore SPAEE) L’esperienza del gioco Una buona proposta formativa s’inserisce nell’attività di gioco, naturale per il bambino, intervenendo in modo sensato e graduale per potenziarne il valore educativo. La strutturazione di alcuni momenti di gioco è essenziale per poter ricavare da essi la maggiore efficacia per i bambini: se da un lato è giusto tutelare l’attività di gioco libero e spontaneo per permettere al bambino di imparare a scoprire le sue potenzialità e a gestire i suoi primi momenti di autonomia, dall’altro prevedere alcuni giochi maggiormente guidati permette di sviluppare importanti abilità. La differenza tra queste due modalità in realtà non è così dicotomica: un semplice elemento innovativo, realizzato per esempio tramite la creazione di un contesto particolare, può essere sufficiente per stimolare nei bambini l’ideazione di giochi specifici che si abbinano alla situazione creata. Durante la preparazione e lo sviluppo dell’attività, è importante cogliere il più possibile le indicazioni ricevute dai bambini in merito alla prosecuzione del gioco oppure ad alcune modifiche da apportare allo stesso: tali richieste possono nascere spontanee oppure in seguito a proposte dell’insegnante. Al bambino non è dato il potere di controllare l’attività svolta, ma è garantito l’ascolto delle sue proposte, possibilmente anche con il coinvolgimento dei suoi pari. La relazione con l’insegnante non è sospesa durante il gioco, bensì potenziata da un contesto nel quale il bambino risulta più spontaneo perché a suo agio nell’attività ludica: ogni rielaborazione di quanto accade, stimolata dall’insegnante, risulta molto più efficace rispetto allo stesso intervento effettuato in un altro contesto. Tali spunti appaiono talvolta anche banali (“come continuereste l’attività?”, “voi cosa avreste fatto in quella situazione?”), tuttavia hanno grande valore perché focalizzano l’attenzione del bambino sul momento presente: aumentano il senso dell’attività stessa, rendendola più educativa e facendola percepire al bambino come diversa dalle altre, proprio perché oggetto di riflessione. Oltre al potenziamento delle abilità metacognitive, è in gioco anche lo sviluppo della propria identità: attraverso le sue proposte, i suoi commenti e quelli che sente dagli altri pari, il soggetto impara a scoprire le proprie preferenze e le proprie idee, soprattutto in cosa sono simili e in cosa differiscono da quelle degli altri. Inserire brevi momenti riflessivi nel gioco può stancare i bambini o annoiarli: variare leggermente i giochi permette di evitare questi rischi. Ricorrere ad attività simili ma diverse, sostituendo ad esempio alcuni attrezzi con altri (nell’attività descritta le sedie sono state sostituite coi cerchi) permette di risvegliare l’interesse ad ogni variazione pur restando nello stesso ambito di intervento educativo, aumentando anzi gradualmente l’abilità da potenziare. Se per esempio vogliamo migliorare la collaborazione, è possibile partire da un compito concreto che permette una cooperazione più semplice, proseguendo poi con compiti più astratti che ne richiedono una maggiormente pianificata e differita. Intervenire in un contesto Trovare uno spazio di tempo per un’attività formativa specifica sembra un’impresa complicata, tuttavia spesso è sufficiente modificare alcune impostazioni per rendere più efficaci le attività consuete. Se il momento di narrazione di una storia viene impreziosito da alcuni elementi che facilitano negli ascoltatori l’immersione nel contesto fiabesco, essa risulterà più coinvolgente, mantenendo più alti i livelli di concentrazione e stimolando la partecipazione all’attività. Così come il contesto può potenziare l’attività, analogamente essa può essere in grado di offrire spunti per risolvere alcune situazioni specifiche del contesto, per esempio all’interno del gruppo classe. La progettazione di un’attività parte da uno scopo preciso: quanto più esso si avvicina ad una tematica reale e ad una difficoltà concreta, tanto più alta sarà sia la motivazione di chi la progetta e la attua sia la positiva ricaduta nel quotidiano. Le qualità sviluppate nel bambino in un contesto di gioco possono essere generalizzate ad altri ambiti della sua Serena Rivolta * Insegnante scuola dell’infanzia “Cuore Immacolato di Maria”, Lissone (MB) n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 107 Dalle scuole L’unione fa la forza Dalle scuole esperienza: tale processo non è però né immediato né automatico. Il compito dell’educatrice è fornire i semplici stimoli adatti a far riflettere i bambini sui collegamenti tra il gioco in atto e le attività quotidiane: se stiamo lavorando sulla capacità di collaborare con i pari, un semplice intervento consiste nell’aiutare a cogliere come la piacevolezza di fare delle attività insieme possa riguardare anche aspetti quotidiani di “collaborazione forzata” nella classe (ad esempio, mettersi in fila). Al momento è probabile che i bambini non colgano il legame tra le varie situazioni, attuando però questa modalità di riflessione come spunto costante offerto ai bambini, sarà per loro naturale estendere le competenze sviluppate dall’attività pianificata ad altri ambiti, raggiungendo così lo scopo più ampio iniziale. Sistema cooperativo e sistema competitivo Numerose attività della scuola dell’infanzia si pongono come obiettivo lo sviluppo della collaborazione e della cooperazione nei bambini: all’importanza generale di questa competenza nella vita quotidiana si aggiunge l’efficacia nell’intervenire proprio in una fascia di età nella quale il bambino si trova a dover affrontare personalmente i primi conflitti. Soprattutto nella fascia più elevata – attorno ai 5 anni – i bambini cominciano infatti a soffrire la necessità di dover condividere spazi, tempi, attenzioni e decisioni con i loro compagni: fornire loro alcuni strumenti per capire le situazioni che affrontano ed insegnare la possibilità di risolverle in modo collaborativo è un obiettivo primario. Le nostre diverse modalità relazionali si attivano alternativamente in base al contesto sociale, biologico e alla propria storia di vita. Nei primi mesi di vita la relazione predominante è l’attaccamento: la relazione materna è ricercata per ottenere sostentamento e protezione, con intensità decrescente fino all’inizio dell’esplorazione del contesto da parte del bambino. In seguito, le relazioni del bambino aumentano di complessità: il narcisismo iniziale, tutelato nei primi mesi da un sistema che vuole il bambino unico protagonista e responsabile delle regole interattive, si attenua con i primi contesti sociali estesi che incontra. Una modalità di reazione istintiva in questa Progetto Sin dall’inizio dell’anno scolastico, osservando il gruppo “grandi” della mia sezione, avevo notato che i bambini avevano difficoltà a collaborare fra loro: cercavano di primeggiare in tutto, sfidandosi reciprocamente, assumendo sempre più spesso atteggiamenti competitivi, giungendo perfino ad aggressioni verbali e a litigi. Volevo raggiungere un nuovo 108 fase è la protezione della propria persona, attraverso condotte agonistiche e talvolta conflittuali. L’obiettivo è di sviluppare contemporaneamente un’altra modalità relazionale – per certi versi opposta, ma non mutualmente escludente – rappresentata dalla cooperazione. Lavorare con i bambini prestando attenzione ad entrambi questi aspetti è un obiettivo importante: occorre, ove possibile, personalizzare le attività selezionando i bambini per i quali è più opportuno sviluppare una modalità relazionale piuttosto che l’altra. Prevedere attività cooperative aggiuntive è utile per integrare gli altri contesti in cui l’attenzione è posta sull’agonismo e la competizione tra pari: si pensi alle realtà sportive e alle ore di ginnastica (“possiamo dirlo anche all’insegnante di ginnastica?” è esplicitamente chiesto da un bambino nell’esperienza descritta di seguito). Il punto di contatto si ha negli sport di squadra, dove l’obiettivo è trasformare l’agire cooperativo in un valore aggiunto per il contesto agonistico. La dimensione cooperativa nel gioco è realizzabile secondo modalità differenti. L’idea di base è creare contesti sfidanti in modo tale però che l’obiettivo sia facilmente raggiungibile, così da poter fornire un feedback positivo all’agire cooperativo. Parimenti importante è strutturare l’attività in modo tale che ogni partecipante sia in grado di percepire la propria indispensabilità nella riuscita del compito: è possibile pensare ad un approccio graduale, che parte da un contesto dove i compiti sono chiaramente delineati dall’insegnante fino ad attività dove i bambini cercano autonomamente di riconoscere l’importanza di organizzarsi per completare il gioco seguendo le regole. Le idee esposte sono state realizzate attraverso un progetto che le struttura lungo una serie di attività diverse e coinvolgenti con un obiettivo finale preciso: migliorare il clima cooperativo all’interno della classe. Il principale obiettivo è stato raggiungere un nuovo equilibrio e consolidare atteggiamenti più cooperativi, facendo comprendere ai bambini l’importanza e la bellezza dell’unire le forze per raggiungere la stessa meta in un’ottica di fiducia e sostegno reciproci, valorizzando e conservando, allo stesso tempo, l’originalità e l’identità di ciascuno. equilibrio e instaurare un clima più cooperativo in sezione, facendo comprendere ai bambini l’importanza e la bellezza dell’unire le forze per raggiungere la stessa meta in un’ottica di collaborazione, fiducia e sostegno reciproci, valorizzando e conser-vando, allo stesso tempo, l’originalità e l’identità di ciascuno. La tabella di programmazione è visionabile sul sito di “Scuola materna”. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) I bambini e l’insegnante si dispongono in cerchio, seduti su un telo azzurro. Gabriele: “Sere, perché siamo su questo telo?”. Ins. (Serena): “Vorrei leggervi una storia....”. Beatrice: “Sembra di stare sull’acqua!”. Francesco: “Ci devi raccontare una storia dell’acqua?”. Ins.: “Lo scopriamo subito… La storia di Guizzino, racconta le avventure di un pesciolino nero che viveva insieme a un branco di pesciolini rossi. Un giorno, un grosso tonno, mangiò tutti i pesciolini rossi, ma Guizzino riuscì a fuggire. Vagò per i fondali e incontrò altri animali e le bellezze del mare... quando finalmente trovò un altro branco di pesciolini rossi. Ma questi erano terrorizzati dai grandi tonni e non nuotavano più serenamente per paura di essere mangiati. Allora Guizzino ebbe un’idea: “Ho trovato: nuoteremo tutti insieme come il più grande pesce del mare!” e spiegò come dovevano nuotare vicini l’un l’altro, ognuno al suo posto. E quando ebbero imparato a nuotare insieme, Guizzino disse: “Io sono l’occhio”. Nuotarono nel grande mare e uniti riuscirono a cacciare i grandi pesci…”. Beatrice: “Nooooo! Senza coda il pesciolone non poteva nuotare!”. Alice: “E… non sembrava più un pesce!”. Ins: “Quindi quando noi facciamo la fila per uscire dalla sezione... non è importante essere primi o ultimi... perché siamo tutti importanti e andiamo tutti nello stesso posto...”. Francesco: “È vero!!”. “Sere... Perché non proviamo anche noi a fare come Guizzino? Costruiamo un bambino gigante!”. Beatrice: “Eeeeee, con cosa?”. Francesco: “Con noi!”. Ins: “Bellissima idea... Adesso, proprio come ha fatto Guizzino, perché non spieghi ai tuoi amici come realizzarlo?”. Francesco: “Io mi metto sdraiato e qualcuno fa le braccia e le gambe, io faccio il corpo!”. (Altri quattro compagni si offrono di aiutarlo e insieme negoziano soluzioni su come realizzare il bambino gigante). L’insegnante scatta la foto e la mostra. Ins: “Intendevi questo?”. Francesco: “Aahahah (risata), sì bello, però manca la testa!!!”. Ins: “Come possiamo fare?”. Francesco: “I bambini che mancano fanno la faccia!”. Sofia: “Io faccio l’occhio!”. Lorenzo: “Anche io, tanto sono due!”. (L’insegnante scatta la foto e la mostra ai bambini...) Francesco: “Bello ma non si capisce tanto!”. Beatrice: “Proviamo a fare solo la faccia così è più grande...”. (I bambini, autonomamente si dispongono in cerchio, e due di loro scelgono liberamente di fare gli occhi…) Beatrice: “Manca la bocca!”. Sofia: “Ok, la faccio io!!” Discussione in gruppo Ins.: “Vi è piaciuta questa storia?”. Arianna: “Sì perché è riuscito a spaventare il tonno!”. Ins: “Grazie a chi o a che cosa è riuscito?”. Emanuele: “Perché avevano fatto un pescione grosso come lui”. Lorenzo: “Grazie a tutti gli amici!”. Alice: “Perché si sono messi tutti insieme e hanno fatto il pesciolone e l’hanno spaventato!”. Ins: “E il pesciolino che faceva la coda, che stava per ultimo.... era importante come il primo di tutti che stava davanti, vicino a Guizzino?”. Gabriele/Arianna: “Nooooo!”. Ins: “Allora poteva anche non nuotare con loro e andare in un’altra direzione!”. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) 109 Dalle scuole Attività introduttiva Dalle scuole Dopo aver visionato la fotografia, la discussione prosegue. Emanuele: “Ecco, così sembra proprio una faccia!!!!!!”. Ins: “Siete stati proprio bravi a pansare e realizzare questa idea… Ma... se Francesco non ci fosse stato?”. Francesco: “La faccia non aveva un occhio!”. Lorenzo: “Poteva essere cieco!” Ins: “... e se non c’era Sofia?”. Emanuele: “Era muto! Non parlava perché non aveva la bocca!!”. Ins: “Da soli, sareste riusciti a realizzare una faccia?”. Emanuele: “Aspetta che provo... No. È impossibile!”. Ins: “Quindi ognuno di noi è stato importante e indispensabile nella realizzazione... tutti siete stati importanti per fare la faccia o il bambino di prima.....”. Tutti: “Sììììììììììì”. Ins: “Questo cosa ci fa capire?”. Beatrice: “Che insieme facciamo delle belle cose”. Francesco: “Come Guizzino e i suoi amici.....”. Insegnante: “Ora perché non proviamo a realizzare proprio il pesciolone della storia?? Io sono Guizzino e voi i miei amici.....mi aiutate a sconfiggere la paura del tonno?”. Tutti: “Sìììììììì”. L’insegnante ha disposto sul tavolo un cartellone blu (il mare) e Guizzino (realizzato con cartoncino nero). Ad ogni bambino è stato consegnato un foglio rosso e, a turno, hanno realizzato il proprio pesciolino con l’aiuto di un pesce preformato. Quando un bambino era in difficoltà, il compagno lo aiutava. Hanno ritagliato la sagoma e infine, ogni bambino, ha scritto il proprio nome sul pesciolino. Successi- 110 vamente, i bambini sono stati invitati a disporre i loro pesci (compreso Guizzino) sul cartoncino blu, in modo da realizzare il grande pesciolone della storia. Ins: “Com’è venuto secondo voi?”. Francesco: “Bene! È quasi uguale alla storia!”. Ins: “Ora... Arianna... prova a togliere il tuo pesciolino dal gruppo! Cosa succede?”. Arianna: “Manca un pezzo!”. Beatrice: “È un pesce strano... l’occhio così esce fuori!”. Ins: “Quindi.....Guizzino cosa ha voluto insegnarci?”. Beatrice: “Che se si sta insieme si fanno cose belle”. Gabriele: “Stare insieme è bello!”. Lorenzo: “Si sono aiutati.....”. Ins: “Si può dire quindi che insieme e collaborando....” Beatrice: “Si è più felici!”. Alice: “Se ci aiutiamo si riesce a fare le cose!”. Ins: “Vi va di terminare questa storia con un grande abbraccio tra amici?”. Tutti: “Sìììììì”. Francesco: “Sere adesso disegnamo anche le alghe colorate a Guizzino?”. Ins: “Sì, certo, se volete si può scrivere il titolo e disegnare ciò che volete...”. Gabriele: “Le alghe con la tempera”. Alice: “Di tutti i colori”. Ins: “Ok, sapete dove sono i materiali... organizzatevi e disegnatele”. Francesco scrive il titolo della storia: “La storia di Guizzino” con la scrittura spontanea, poi i bambini realizzano tutti insieme il fondale del mare, rispettando ognuno il proprio turno. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) L’importanza dei giochi cooperativi sta nel fatto che nessuno, inteso come singolo individuo, può vincere o perdere. I partecipanti non giocano l’uno contro l’altro, ma costituiscono insieme una “squadra”, sfidando se stessi e le proprie capacità per raggiungere un obiettivo comune. Gioco delle sedie: “Gioco dell’in braccio” I bambini camminano intorno alle sedie, disposte a cerchio, con sottofondo musicale. Nel momento in cui si ferma la musica, ogni bambino deve sedersi su una sedia libera, purtroppo però non ci saranno abbastanza sedie per tutti! Nonostante ciò, nessuno perde o viene eliminato: un compagno può condividere la sedie facendolo sedere sulle sue gambe! Ogni volta che ricomincia la musica, il numero delle sedie diminuisce e i bambini dovranno trovare il modo di condividere le sedie rimaste. Alla fine del gioco, tutti i bambini si troveranno a condividere una sola sedia, aiutandosi reciprocamente per raggiungere lo scopo finale, ovvero riuscire a stare tutti “seduti”. Discussione in gruppo Ins: “Vi è piaciuto questo gioco?”. Bambini: “Sìììììììììì!!!!”. Francesco: “È stato bello perché nessuno è stato eliminato!”. Emanuele: “Si infatti una sedia non ci rimane male se la eliminiamo!”. Beatrice: “….e abbiamo giocato tutti insieme fino alla fine!”. Alice: “Erano tutti in braccio a me alla fine!”. Emanuele: “….e ci tenevamo stretti!”. Ins: “Quindi con le forze di tutti siete riusciti?”. Beatrice: “Sì per fortuna che ci tenevamo anche se poi alla fine siamo caduti!”. Ins: “Se non vi foste tenuti? Sareste riusciti lo stesso?”. Bambini: “Noooooo”. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Francesco: “Se non ci tenevamo, cadevamo e rimaneva seduta solo l’Alice!”. Ins: “Quando vi aiutate a vicenda, proprio come l’altro giorno e come gli amici di Guizzino, riuscite anche nei giochi che sembrano difficili… vero?”. Emanuele: “Sììì è vero, siamo forti!!!”. Ins: “Diamo un nome a questo gioco? Così la prossima volta che vogliamo rifarlo lo chiamiamo col nome giusto…”. A votazione, è stato scelto “Gioco dell’in braccio!”. Gioco dei cerchi: “Gioco di Guizzino” I bambini sono pesciolini, liberi di “nuotare” nel “mare” (salone) al suono della musica. Quando la musica si ferma significa che c’è un pericolo: il tonno gigante! Tutti dovranno trovare rifugio nella propria “tana” (cerchio), purtroppo però non ci saranno “tane” per tutti. Durante la spiegazione dell’insegnante, i bambini intervengono spontaneamente per ipotizzare il proseguimento e lo scopo del gioco: Emanuele: “…e quindi un pesce viene mangiato!”. Beatrice: “No dai, non è bello così!”. Ins: “Come possiamo fare allora?”. Francesco: “Eliminiamo il cerchio, come con le sedie!”. Beatrice: “Così non ci rimane male nessuno!”. Ins: “Va bene, possiamo fare così. Se un bambino rimane senza tana... un compagno può ospitarlo e condividere la sua!”. Nella fase finale del gioco, quando tutti i bambini avrebbero dovuto dividersi il cerchio rimasto, Arianna entra nel cerchio dicendo “Sono entrata io per prima!”. Nel momento in cui si sono ritrovati tutti insieme nel cerchio, non sono riusciti a rimanere in piedi perché si spingevano a vicenda per farsi posto. Discussione in gruppo Ins: “Secondo voi è riuscito il gioco? Siete riusciti a condividere l’unica tana rimasta?”. 111 Dalle scuole Fase centrale: i giochi cooperativi Dalle scuole Ins: “Vi è piaciuto il gioco?”. Francesco: “Sì, perché si poteva stare tutti insieme e se stiamo insieme ci possiamo aiutare a fare le cose che non riusciamo”. Beatrice: “No, perché continuavamo a spingerci”. Francesco: “Ma il cerchio era troppo stretto!”. Ins: “È stato quello il motivo seondo voi?”. Gabriele: “No dai, non è stata colpa del cerchio!”. Arianna: “Era colpa nostra che ci spingevamo”. Ins: “Forse non avete collaborato fino alla fine, non vi siete aiutati come nell’altro gioco. Cosa possiamo fare per rimediare?”. Gabriele: “Possiamo farlo da capo e ricordarci come fare!”. Emanuele: “Ma con un cerchio più grande così ci stiamo”. Ins: “Secondo me....potete riuscirci anche con questo”. Gabriele: “Basta che stiamo su un piede magari”. Beatrice: “Oppure ci abbracciamo”. Il gioco è stato riproposto e i bambini sono riusciti a condividere l’ultimo cerchio, collaborando e trovando insieme soluzioni possibili come “abbracciarsi” e “tenersi stretti”! Ins: “Secondo voi adesso è riuscito il gioco?”. Beatrice: “Sì, siamo riusciti a stare tutti nel cerchio!”. Ins: “Allora siete riusciti a salvarvi tutti?”. Arianna: “Sì, abbiamo trovato un modo”. Lorenzo e Beatrice: “Siamo stati stretti nel cerchio e ci abbracciavamo”. Ins: “Perché siete riusciti questa volta?”. Francesco: “Perché ci siamo aiutati”. “E nessuno ha perso perché non siamo stati mangiati”. Emanuele: “Abbiamo vinto come una squadra di calcio”. Ins: “In una squadra di calcio giocano tutti insieme e si aiutano per fare gol e riuscire a vincere tutti insieme la partita, voi come vi siete aiutati e perché?”. Emanuele: “Facevamo entrare gli amici nella nostra casa”. Ins: “Quindi era importante arrivare primi nella tana?”. Arianna: “No, era importante stare insieme e aiutarci”. 112 Gioco dell’autolavaggio Gli alunni si dispongono su due righe costituite da tre bambini ciascuna, uno di fronte all’altro, per creare “l’autolavaggio”: i primi della riga saranno i primi rulli, poi i secondi e i terzi. A turno un bambino passerà in mezzo alle righe, come una macchina, e verrà lavato dai rulli. Ins: “Sapete cos’è un autolavaggio?”. Bea: “Quando una macchina si sporca va nell’autolavaggio e si lava”. Ins: “Cosa succede quando la macchina entra nell’autolavaggio?”. Emanuele: “Scende l’acqua poi ci sono i rulli per il sapone e poi piano la macchina va vicino a dei tubi che la asciugano”. Gabriele: “Come dei foni giganti”. Ins: “Bravissimi, il nostro autolavaggio però potrà fare solo tre passaggi, pensiamoci...”. Gabriele: “Prima l’acqua e il sapone”. Emanuele: “...e poi si asciuga!”. La “macchina” si prepara per essere “lavata”: i primi rulli gettano acqua e insaponano, i secondi rulli risciacquano e, infine, gli ultimi rulli asciugano. Discussione in gruppo Ins: “Vi è piaciuto questo gioco?”. Beatrice: “Si, mi soffiavano e mi facevano solletico”. Francesco: “È stato bello perché anche questo è stato un gioco che abbiamo giocato insieme”. Gabriele: “... e tutti facevamo tutto”. Ins: “Se non ci fosse stao uno di voi, quindi un rullo?”. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Fase finale: lavoro di gruppo “Progetto, realizzo e racconto una storia con l’aiuto dei miei compagni” Per svolgere questa attività, ho suddiviso i bambini in due gruppi, uno di maschi e uno di femmine. I bambini dovevano raggiungere la sezione dal cortile, passando per il corridoio, con l’aiuto delle tessere giganti del domino. Gli alunni hanno 2 o 3 tessere ciascuno e, in base ai numeri disegnati, devono metterle in successione, uno alla volta, creando il percorso per arrivare alla sezione. Ogni gruppo ha a disposizione diversi tipi di materiali per progettare (verbalmente), realizzare (graficamente) e infine raccontare una storia con l’aiuto dei componenti del proprio gruppo. L’obiettivo è collaborare e cooperare nella realizzazione di un progetto comune, evitando di primeggiare o “sostituire” i compagni. Durante lo svolgimento dell’attività ho osservato i due gruppi: le femmine hanno scelto subito il materiale e poi hanno deciso di disegnare una bambina che va a scuola. Mentre preparavano le tempere, è caduta una goccia di tempera blu sul foglio e così hanno deciso di fare il mare per coprire la macchia e di disegnare la bambina sulla spiaggia. Le bambine sono molto attratte da tutti i materiali e si confrontano su come possano usarli. Prima di attaccare qualcosa o disegnare si chiedono il permesso a vicenda. Ogni volta che una bambina aggiunge qualcosa, all’altra viene in mente un elemento successivo. Si consigliano anche sulla scelta del materiale e si aiutano ad attaccare gli oggetti o a versare la tempera nei bicchieri. Non si è verificato nessun episodio di litigio e la storia finale è stata inventata e raccontata da tutte loro. Il gruppo dei maschi ha deciso insieme di fare un bosco con molti alberi e ha scelto il materiale adatto. Gabriele ha spesso domandato a Francesco se poteva disegnare o attaccare del materiale ma, se quest’ultimo non si mostrava d’accordo, Gabriele lasciava il materiale sul carrello. Emanuele, invece, non chiedeva nulla a nessuno e sperimentava autonomamente l’uso di colori e altro materiale, pur restando tuttavia inerente al progetto che avevano in mente tutti i bambini. Egli ha cambiato spesso idea su cosa fare o cosa attaccare, in base agli stimoli che i diversi materiali gli suscitavano. Anche gli altri tre bambini, vedendo Emanuele, si sono incuriositi e hanno usato materiali diversificati, chiedendosi il n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Dalle scuole Lorenzo: “La macchina non si lavava bene”. Francesco: “... oppure rimaneva bagnata” “…e se non c’ero io (la macchina)?”. Beatrice: “Nessuna macchina da lavare e rimaneva chiuso”. Gabriele: “Ognuno ha fatto quello che doveva fare”. Beatrice: “Perché eravamo tutti insieme, perché un bambino da solo non puo’ giocare a questo gioco”. permesso vicendevolmente, aiutandosi e consigliandosi. Non si è verificato nessun episodio di litigio, nessun bambino ha voluto prevaricare sull’altro e la storia è stata raccontata da tutti. Discussione in gruppo Ins: “Vi è piaciuta questa attività?”. Gabriele: “Sì, perché c’erano tante cose che potevamo usare”. Sofia: “A me è piaciuto fare il mare con la Bea e aiutare l’Alice a fare la bambina”. Emanuele: “È stato bello perché c’erano tanti materiali e tutti in squadra abbiamo fatto il disegno e alla fine erano tutti belli!”. Ins: “Avete partecipato tutti allo stesso modo?”. Bambini: “Sììììììì”. Gabriele: “Ognuno faceva un pezzo come gli altri”. Ins: “Siete andati d’accordo o c’è stata qualche discussione?”. Beatrice: “Eravamo tutte d’accordo”. Francesco: “... anche noi!”. Osservazioni I bambini hanno partecipato sempre attivamente alle attività e ai giochi, proponendo anche in maniera autonoma diverse soluzioni per proseguire i giochi o modificare. Si sono dimostrati sempre at- 113 Dalle scuole tenti e interessati, chiedendomi spesso di poter rifare le attività, suggerendomi di proporle anche ai compagni più piccoli e all’insegnante di psicomotricità. Ho notato che hanno collaborato, a volte in maniera più spontanea di altre. Durante il gioco dei cerchi hanno perso di vista l’obiettivo comune, hanno voluto primeggiare e non sono riusciti a portarlo a termine come avrebbero dovuto. Dopo la discussione di gruppo, però, abbiamo deciso di rifarlo e, in questo caso, i bambini sono riusciti a collaborare e a raggiungere lo scopo dell’attività. Durante lo svolgimento delle attività, sembrava che i bambini avessero capito il significato e l’importanza di collaborare per un obiettivo comune. Anche nell’autovalutazione si sono espressi in maniera significativa a riguardo, ragionando in modo metariflessivo sulle esperienze vissute, sugli obiettivi raggiunti, le competenze acquisite, gli aspetti di criticità emersi, ecc. Ins: “Quale gioco o attività vi è sembrata più facile o più difficile e perché?” Francesco: “Per me l’autolavaggio era facile perché non si doveva correre o stare in braccio! Il gioco dei pesci era più difficile perché dovevamo stare nel cerchio tutti insieme e non ci siamo riusciti subito”. Beatrice: “Il gioco delle sedie è stato facile perché si eliminavano le sedie e quello del domino difficile perché non trovavamo la soluzione per entrare in classe, non avevamo il numero!”. Emanuele: “...anche per me! Quello difficile era quello delle sedie perché l’Alice doveva tenerci tutti in braccio come una montagna”. Ins: “Pensando alle attività e ai giochi che abbiamo fatto, cosa significa secondo voi collaborare e cooperare con i compagni?” Beatrice: “Significa fare i lavori insieme”. Gabriele: “... e farli belli!”. Emanuele: “Lavorare come una squadra”. Francesco: “... come una squadra di calcio”. Ins: “Pensate sia importante collaborare e cooperare con gli altri?”. Francesco: “Sì, perché da soli si fanno meno cose”. Lorenzo: “Tipo se facevamo i lavori dei cartelloni da -VJ\ZVZZLY]H[P]P 0IHTIPUPWHY[LJPWHUVH[[P]HTLU[LHPNPVJOPH[[P]P[nWYV WVZ[L&+PTVZ[YHUVPU[LYLZZL& 0 IHTIPUP YPLZJVUV H JVSSHIVYHYL WLY YHNNP\UNLYL SV ZJVWVMPUHSL& 0IHTIPUPOHUUVJVS[VPSZPNUPMPJH[VLS»PTWVY[HUaHKLSSH JVVWLYHaPVULLKLSSHJVSSHIVYHaPVUL& 114 soli venivano più... strani... più piccoli”. Beatrice: “... e non venivano proprio belli così”. Francesco: “Ma anche da soli si possono fare le cose”. Beatrice: “Sì, ma con gli altri è più bello e vengono di più belle”. Sofia: “Come quando ci aiutiamo a fare i disegni liberi che vengono più belli”. Lorenzo: “… e se uno non sa fare qualcosa lo chiede al suo amico e gliela fa e poi è più bello e contento”. La ricchezza di questa esperienza ha richiesto che mi prendessi alcuni momenti per un’autovalutazione obiettiva e profonda del mio modo di gestire il tutto. Durante i giochi e le attività mi è capitato spesso di pensare di essere riuscita a raggiungere l’obiettivo iniziale di far capire l’importanza di collaborare e cooperare e di aver avuto successo nel mio intento. I momenti della giornata e le routine quotidiane in cui avevo maggiori difficoltà a far capire ai bambini l’importanza di collaborare sono diminuiti progressivamente nel tempo: quando si mettono in fila, per esempio, o quando finiscono di svolgere un lavoro, oppure quando rivestono qualche incarico, tendono in misura minore a voler primeggiare sugli altri. Anche durante il gioco o le attività non guidate, si presentano meno occasioni di litigio tra loro. Credo ci sia ancora molto da lavorare, soprattutto in vista della scuola primaria. Se avessi avuto più tempo a disposizione, avrei proposto il gioco del domino in maniera differente, ovvero non come introduzione all’attività, ma come gioco vero e proprio, in tutta la sua durata e con a seguito una dovuta discussione. Mi spiace aver avuto solo due mesi di tempo per progettare e per mettere in atto il percorso didattico, infatti, sarebbe stato interessante proporre queste esperienze a partire dal mese di gennaio per concludere nel mese di maggio: in questo modo avrei avuto inevitabilmente maggiori riscontri da parte dei bambini e avremmo potuto approfondire altri aspetti rilevanti, inerenti al tema trattato. Imparare a collaborare non è così facile e immediato. Avrei potuto proporre collaborazioni più significative ed esperienze di tutoring, osservando gli alunni anche in momenti meno strutturati della giornata, come il pranzo o il gioco libero. Una difficoltà che ho riscontrato è stata quella di insegnare in una classe eterogenea e di lavorare solo con il gruppo “grandi”, infatti, durante le attività inerenti questo percorso ho dovuto chiedere aiuto alle colleghe e alla cordinatrice per gestire gli altri bambini. In conclusione mi sento di dire che, complessivamente, è stato un bellissimo progetto, soddisfacente e stimolante, che ha insegnato molto a me e che ha aiutato i bambini a capire che stare insieme è bello e che... l’unione fa la forza! n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Associazioni di scuole autonome (Asa) ra le forme associative promosse dalle Istituzioni scolastiche all’indomani del conferimento della personalità giuridica e dell’autonomia funzionale si collocano le Asa, sorte come tentativo di dotare le scuole associate di una rappresentanza collettiva di interessi pubblici sul modello dell’Associazione nazionale dei comuni (Anci) e dell’Unione delle province italiane (Upi). La rappresentanza doveva consentire alle scuole di essere interlocutrici competenti sui tavoli dove si decide la politica scolastica soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione che ha introdotto particolari dinamiche innovative: smantellamento dell’apparato periferico dello Stato1, esercizio delle funzioni amministrative da parte dei Comuni, potestà concorrente delle Regioni in materia di istruzione (cfr. artt. 117 e 118 Cost.), necessità conseguente di un nuovo modello di governance del sistema scolastico. Le Asa si sono prefisse e si prefiggono l’obiettivo di rappresentare e difendere gli interessi e gli spazi dell’autonomia in tutti questi delicati passaggi d’innovazione amministrativa e di cesura dal modello di gestione ministeriale. Le Asa hanno scelto, tra i modelli associativi esistenti, quello dell’associazione non riconosciuta cioè di soggetto di diritto privato, ai sensi degli artt. 36 e ss. c.c. Il modello non era previsto nella normativa sull’autonomia funzionale fatta eccezione per un cenno un po’ onnicomprensivo nel regolamento dell’autonomia T nel punto in cui si dispone che “le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo” (art. 6, comma 1, D.P.R. n. 275/1999). Le associazioni di scuole autonome sono associazioni private di enti pubblici, senza personalità giuridica; sono costituite per contratto (atto costitutivo) e stabiliscono le regole di funzionamento dell’associazione (statuto). Gli enti associati sono tra loro contrattualmente vincolati2. Le Asa sono oggi diffuse sul territorio nazionale, seppure in modo diseguale da Regione a Regione; hanno anche compo1 Smantellamento previsto dal Titolo V rinnovato ma non attuato; anzi si è assistito ad un rafforzamento degli Uffici scolastici territoriali e regionali, con pregiudizio per l’autonomia delle scuole. È venuto anche meno il dovere di supporto che l’apparato periferico doveva assicurare agli istituti autonomi. Il risvolto neocentralista degli apparati periferici della pubblica istruzione è stato avviato e proseguito, senza distinzione di colore politico, dai ministri L. Moratti, G. Fioroni e M.S. Gelmini. 2 Cfr. F. Galgano, Le associazioni, le fondazioni, i comitati, in I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, Padova 1987. Va ricordato che la libertà di associazione è garantita dalla Costituzione (art. 18) e che le associazioni sono formazioni sociali dove si svolge la personalità degli individui. Per costituire un’associazione non riconosciuta “è sufficiente l’accordo, comunque manifestato (anche oralmente o per scrittura privata) sugli elementi essenziali per l’esistenza dell’associazione: lo scopo, i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni per la n. 1 sSETTEMBREsANNO#) sizione diversa. Da una ricerca promossa dalla Libera Università di Bolzano negli anni 2011-2013 sull’associazionismo scolastico è emersa l’esistenza di queste tipologie di Asa: a. associazione provinciale di scuole autonome (es. Asab/Brescia, Asaberg/Bergamo, Assa/ Bolzano, Asabo/Bologna, ...); b. associazione regionale di scuole autonome (es. Asasi, Asafvg Friuli, Asas Sardegna, …); c. associazione o federazione regionale di associazioni provinciali di scuole autonome (associazione di associazioni) (es. Asaer/emilia Romagna, Faisal/ Lombardia, …); loro ammissione, le regole sull’ordinamento interno e sull’amministrazione: ma se l’associazione aspira ad ottenere il riconoscimento, l’atto costitutivo dovrà essere redatto in forma pubblica (artt. 14 e 2699 c.c.) e dovrà indicare anche la denominazione, il patrimonio e la sede: elementi che devono essere controllati dall’autorità governativa, e che sono indispensabili per attuare la pubblicità nel registro delle persone giuridiche” (P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Giuffré, Milano 200516, p. 79). L’assemblea degli associati delibera in base al principio maggioritario; le associazioni sono aperte all’adesione di nuovi enti secondo requisiti stabiliti nello statuto; l’associato può sempre recedere dall’associazione se non ha formalizzato la durata della sua adesione per un tempo determinato (art. 24, comma 2, c.c.); le prestazioni degli associati sono contributi a fondo perduto per gli obiettivi dell’associazione; l’associazione si estingue per deliberazione dell’assemblea (art. 21 c.c.), per il venir meno di tutti gli associati (art. 27 c.c.) e per le cause previste nell’atto costitutivo. 115 quadrante Mario Falanga quadrante d. associazione regionale di reti di scuole e di singole scuole (es. Asal/Lazio, …); e. federazione o unione nazionale di associazioni di scuole autonome (Fnasa, Unasa). La forma giuridica delle Asa La dottrina è pacifica nell’individuare nell’associazione non riconosciuta la forma giuridica nella quale inquadrare in modo appropriato le Asa. P. Parziani in un contributo sull’associazionismo scolastico argomenta che la forma associativa della rete tra scuole, previsto dall’art. 7, D.P.R. 275/1999, è strumento debole per rappresentate interessi collettivi pubblici delle scuole autonome, non garantendo un ruolo di rappresentanza autorevole rispetto ad interlocutori istituzionali per la definizione e la gestione del servizio di istruzione. Di conseguenza, e per converso, ritiene Parziani, le Associazioni di scuole, ai diversi livelli territoriali, “intendono essere” lo strumento più idoneo per questo dialogo inter-istituzionale sul servizio di istruzione; e aggiunge che l’Associazione tra scuole “trova il suo fondamento giuridico nella rete, negli accordi tra pubbliche amministrazioni previsti dalla legge 241/1990, nella possibilità 116 prevista dal Codice civile che venga costituita un’associazione di diritto privato formata da Enti pubblici che hanno personalità giuridica”3. La forma giuridica più appropriata delle Associazioni di scuole, sostiene R. Morzenti Pellegrini, è “quella del diritto privato, formalmente costruita con atto notarile. L’Associazione deve avere natura del tutto intenzionale e le singole istituzioni scolastiche aderiscono su delibera dei competenti organi collegiali e sono rappresentate dai rispettivi Dirigenti scolastici, nella loro veste di rappresentanti legali dell’Istituzione”4. In linea con la dottrina anche un autorevole parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato, n. 35231/2001, sopra riportato. L’Avvocatura assimila la rete tra scuole autonome alle associazioni di diritto privato in considerazione del fatto che “la struttura delineata per le reti di scuole ha carattere associativo in quanto diretto a creare un vincolo tra le scuole, per la gestione in comune di interessi delle medesime”. Come dire che l’unica forma giuridica possibile all’esistere delle reti fra scuole è quella associativa di diritto privato. A mio avviso duplice è il fondamento giuridico che legittima il ricorso all’associazionismo privatistico: 1. uno è rinvenibile nell’art. 15, comma 1, della L. n. 241/1990, in base al quale “le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di comune interesse”; 2. l’altro è rinvenibile nella già ricordata capacità negoziale propria degli istituti scolastici in quanto persone giuridiche. Detta capacità negoziale, che è “piena” (art. 31, comma 1, D.I. n. 44/2001 e art. 1, comma 3, D.P.R. n. 233/1998), analoga la scuola all’operatore del mercato giuridico. Ritengo che il principio della rappresentanza per così dire politica degli interessi pubblici delle Asa in materia di servizio scolastico sia principio debole nell’ordinamento in vigore; necessita di approfondimenti dottrinali e di copertura legislativa per delinearne gli effetti sul piano della governance. Non sono mancati tentativi di legislazione nazionale5 e iniziative popolari di legislazione regionale6 per definire e valorizzare l’associazionismo scolastico, tuttavia senza esito. 3 Tra centralismo e regionalismo. Quale rappresentanza per l’autonomia scolastica, cit., p. 22. 4 R. Morzenti Pellegrini, Le associazioni di scuole autonome, in “Scuola e didattica”, n. 13 (2007) p. 103. 5 D.L. n. 1763/2007 d’iniziativa delle senatrici Negri, Soliani, Carloni: Norme per la costituzione dell’Associazione nazionale delle Istituzioni scolastiche e per il rafforzamento delle sedi di concertazione e delega al Governo per la riforma del sistema di finanziamento. 6 Proposta di legge d’iniziativa popolare: Norme per la valorizzazione delle autonomie funzionali nel sistema di istruzione e formazione della Regione Lombardia. Modifiche alle leggi regionali 19/2007 e 22/2009. Le Regioni, nell’ambito della potestà di legislazione concorrente possono riconoscere il ruolo delle Asa come interlocutrici efficaci nella politica scolastica territoriale. Di eguale avviso S. Stefanel, Le Associazioni delle Scuole Autonome, in “Rivista trimestrale di Scienza dell’Amministrazione Scolastica”, n. 4 (2008) p. 32. n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Ogni attività delle Asa è attività delle scuole aderenti; di conseguenza ogni attività delle Asa deve porsi in sintonia, quindi non in contrasto, con gli interessi pubblici propri delle Istituzioni scolastiche associate. Le attività dell’Asa devono pertanto essere “coerenti con le finalità istituzionali” (art. 7, comma 2, D.P.R. n. 275/1999) e di “interesse comune” (art. 15, comma 1, L. n. 241/1990). Le Asa possono avere risorse economiche accreditate su un conto corrente autonomo oppure nel bilancio della scuola capofila ove è predisposta una scheda-progetto che giustifica e rendiconta l’utilizzo dei fondi. La struttura operativa delle Asa, in quanto organizzazioni non riconosciute, è stabile, al pari dei consorzi amministrativi e non. L’attività delle Asa soggiace alla disciplina pubblicistica, pur essendo l’Asa un’associazione di diritto privato, perché pubblici sono gli interessi che persegue e pubblici i fondi che utilizza. Le Asa sono soggetti alternativi agli organi classici della pubblica amministrazione per l’esercizio di compiti istituzionali7. La citata ricerca della Libera Università di Bolzano sull’associazionismo scolastico ha rilevato nella rappresentanza e nel supporto alle scuole i due grandi interessi pubblici da perseguire8. In particolare il 66% delle Asa dichiara che l’ambito di presenza e di intervento è sia la rappresentanza delle scuole presso gli Uffici scolastici regionali e gli Uffici scolastici territoriali, le organizzazioni sindacali e gli enti locali; sia lo sviluppo dell’autonomia mediante il supporto di queste azioni: s SOSTEGNOPERCONVENZIONI accordi 72%, per attività culturali 72%, sostegno per attività progettuali 72%; s CONSULENZELEGALI s INTERVENTI PER LA FORMAZIONE IN servizio: 72%; s TUTELADIINTERESSILEGITTIMIEPRE stigio professionale: 20%; s SCAMBI DI ESPERIENZE TRA PUB blico e privato: 33%; s ADESIONE AD ASSOCIAZIONI INTER nazionali: 0,6%; s RAPPORTI CON UNIVERSITÌ ED %NTI di Alta Formazione: 0,6%; s PUBBLICAZIONEPERIODICI Le scuole unite in associazione 7 Cfr. L. Paolucci, Reti di scuole, in G. Cerini-M. Spinosi, Voci della scuola, Tecnodid, Napoli 2004, vol. IV, pp. 299-300. 8 Dati elaborati da M.G. Vinciguerra, L’associazionismo delle Istituzioni scolastiche autonome il punto di vista delle associazioni; contributo che sarà pubblicato negli Atti del Convegno nazionale sull’associazionismo scolastico tenuto presso la Libera Università di Bolzano il 19 ottobre 2013. 9 G.C. Rattazzi, L’associazione tra scuole, in Rapporto sulla scuola dell’autonomia 2003, a cura dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia, Roma 2003, p. 272. Per la bibliografia sulle Asa si rinvia a: M. Falanga, Le associazioni di scuole autonome, in “Scuola e Didattica”, n. 11 (2008) p. 101; R. Morzenti Pellegrini, Perché le associazioni di scuole autonome: verso una nuova rappresentanza?, in “RAS”, n. 7 (2008); S. Stefanel, Le Associazioni delle Scuole Autonome, in “Rivista trimestrale di Scienze dell’Amministrazione scolastica”, n. 4 (2008) pp. 30-35; R. Morzenti Pellegrini, Le associazioni di scuole autonome, in “Scuola e Didat- n. 1 sSETTEMBREsANNO#) contano di più nel contesto sociale di riferimento e sono decisive nel dialogo istituzionale con le amministrazioni locali e con i soggetti pubblici e privati per la crescita culturale del territorio mediante l’istruzione, la formazione e l’orientamento, ma anche per lo sviluppo sociale ed economico della comunità locale. L’associazione, si sostiene, “riempie un vuoto di presenza istituzionale e risolve problemi che gli uffici periferici dello Stato non possono affrontare, perché subordinati e quindi adatti a trasmettere ordini, ma non a sostenere le esigenze di un’autonomia vivace non raramente ritenuta fastidiosa”9. tica”, n. 13 (2007) pp. 103-106; P. De Benedetti, Autonomia scolastica: costruire una forte rappresentanza delle scuole per contare di più, in “Rassegna dell’Autonomia Scolastica”, n. 11 (2007) p. 3; G.C. Rattazzi, Dall’Associazione regionale ad una Conferenza permanente delle Autonomie, in “Rassegna dell’Autonomia Scolastica”, n. 11 (2007) pp. 16-21; P. De Benedetti, Associazioni delle Scuole: situazione, attività prospettive, in “RAS”, n. 11 (2007) pp. 4-11; P. Perziani, Tra centralismo e regionalismo. Quale rappresentanza per l’Autonomia scolastica?, in “RAS”, n. 11 (2007) pp. 22-25; S. Stefanel, Associazione di scuole, in “Periodico amministrativo delle istituzioni scolastiche”, n. 3 (2006); G.C. Rattazzi, L’associazione tra scuole, in Rapporto sulla scuola dell’autonomia 2003, a cura dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia, Roma 2003, pp. 265-288; A. Ferrari Nasi, Una proposta: l’associazione delle scuole, Milano 2002, in http://ospitiweb.indire.it/~anp/news/sondaggio.pdf; L. Paolucci, L’attività contrattuale della scuola autonoma, Temi, Bologna 2000, pp. 261 ss. 117 quadrante Le attività delle Asa News Maurizio Landi Benessere dei bambini L’Italia è 22esima su 29 Paesi Nell’“istruzione” anche peggio: Italia 25esima L’Italia al 22° posto su 29 paesi nella classifica generale sul benessere dei bambini. Alle spalle di Spagna, Ungheria e Polonia, prima di Estonia, Slovacchia e Grecia. Nello specifico, l’Italia è al 23° posto nell’area del benessere materiale, al 17° posto nella salute e sicurezza, al 25° posto nell’istruzione; al 21° posto per quanto riguarda le condizioni abitative e ambientali. In Italia il 17% dei bambini – pari a circa 1.750.000 minorenni – vive sotto la soglia di povertà. L’Italia ha anche il più alto tasso “Neet” (Not in Education, Employment or Training) di tutti i Paesi industrializzati, dopo la Spagna, con l’11% dei giovani che non sono iscritti a scuola, non lavorano e non frequentano corsi di formazione. La classifica è stilata dal Report Card 11, uno studio sul benessere dei bambini nei Paesi ricchi, elaborato dal Centro di Ricerca Innocenti dell’Unicef. Il rapporto, “Il benessere dei bambini nei paesi ricchi. Un quadro comparativo”, presenta una ricchissima messe di dati che mettono a confronto 29 Paesi ad economia avanzata sulle differenti dimensioni del benessere dei bambini (distribuzione del reddito, salute e sicurezza, istruzione, comportamenti e rischi, condizioni abitative e ambientali). Dalla ricerca emerge che i Paesi Bassi mantengono la posizione di leader indiscusso nella graduatoria del benessere infantile, e sono anche l’unico Stato che si piazza nei primi 5 posti in tutte le aree del benessere prese in considerazione. Nel complesso, non sembra esserci una forte relazione tra il reddito (PIL pro capite) e il benessere infantile. La Repubblica Ceca, ad esempio, è posizionata meglio dell’Austria, così come la Slovenia sopravanza il ben più ricco Canada, e il Portogallo ha una posizione più alta rispetto agli Stati Uniti. Quattro paesi del Nord Europa – Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia – si collocano subito dietro i Paesi Bassi nella graduatoria generale, mentre le ultime quattro posizioni sono occupate da tre dei Paesi più poveri del Vecchio continente (Lettonia, Lituania e Romania) e da uno dei più ricchi a livello globale, gli Stati Uniti. Grecia, Italia, Portogallo e Spagna sono accomunati dal fatto di trovarsi nella metà inferiore della classifica del benessere infantile, mentre diversi segnali indicano che i paesi dell’Europa centrale e orientale stanno cominciando a colmare il divario con le economie industriali più affermate. Maurizio Landi 118 n. 1 sSETTEMBREsANNO#) Coriandolo Smatitiamo? In questo box, a partire dal prossimo numero di SMAT, troverete le indicazioni per tradurre in attività didattica gli esempi visivi disegnati da Coriandolo. Coriandolo è un personaggio che vola, i suoi colori sono cangianti, si potrebbe dire una metafora della fantasia: è per questo motivo che i suoi schizzi riusciranno sempre a rompere il silenzio dei fogli bianchi che spesso bloccano i bambini e non prevengono i disegni stereotipati. La sua nascita, illustrata in tre sequenze in questa pagina, è essa stessa spunto per attività di disegno e colorazione, ritaglio e collage: il personaggio origina infatti da una sagoma di Pittosauro tagliata in quattro parti e ricomposta utilizzandone solo due. Quando un bambino crea un nuovo personaggio non siamo ad un punto di arrivo ma soltanto alla partenza! Le espansioni delle idee e dei disegni nascono direttamente dalle immagini e non viceversa dai racconti come avviene nelle favole, i bambini “adottano” un personaggio che può vivere le loro stesse esperienze, ed attraverso di lui proiettano se stessi. Da questo punto di vista la tecnica sembra non avere importanza, ma la conoscenza e la padronanza dei materiali espressivi migliorano e potenziano la comunicazione del linguaggio visivo. Mentre i bambini si dedicano a questa metamorfosi, sarà la delicata gestione da parte dell’adulto dell’equilibrio instabile tra regole e libertà da esigere o concedere al bambino, a fare la qualità dei risultati “artistici”. Guido Morelli 120 n. 1 sSETTEMBREsANNO#)