Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili
di Bergamo
MINIMASTER
DI
DIRITTO FALLIMENTARE
***
Revocatoria fallimentare e
istituti di credito
Intervento del 28 novembre 2011
Federico Clemente
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REVOCATORIA FALLIMENTARE E ISTITUTI DI CREDITO
L’innovativa riforma dell’istituto della revocatoria fallimentare, introdotta dal
D.L. 35/2005, le modifiche apportate con il D. Lgs. 169/2007, l’ampio dibattito
dottrinale sviluppatosi e le prime pronunce giurisprudenziali concernenti il
nuovo impianto normativo offrono l’occasione per una panoramica delle
problematiche e delle possibili soluzioni percorribili in tema di revocatorie, in
sede di fallimento, agli istituti di credito.
Si richiamano le due modifiche normative introdotte sul tema nell’impianto
normativo della legge fallimentare, ossia:
-
il terzo comma dell’art. 67 l.f., a norma del quale “non sono soggetti
all’azione revocatoria… b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario,
purchè non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione
debitoria del fallito nei confronti della banca”;
-
il terzo comma dell’art. 70 l.f., a norma del quale “qualora la revoca abbia
ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto
corrente bancario…, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra
l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è
provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle
stesse, alla data in cui si è aperto il concorso”.
Le innovazioni qui richiamate vanno a modificare radicalmente il precedente quadro
normativo e, soprattutto, il quadro applicativo che ne era scaturito.
Giova rammentare che l’approccio alle revocatorie al sistema bancario, prima dei
richiamati interventi normativi, era saldamente radicato su un profilo interpretativo,
vale a dire che erano ritenute revocabili tutte le rimesse pervenute nel periodo
sospetto su un conto corrente scoperto (ossia passivo oltre il fido, ove concesso), nei
limiti in cui tali rimesse avessero ricondotto l’esposizione del conto alla soglia di
disponibilità per il correntista. Lo scoperto del conto, inoltre, secondo l’orientamento
giurisprudenziale
da ultimo radicato, veniva determinato sulla base del saldo
disponibile.
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Si ritiene opportuno ripercorrere le differenti problematiche giuridiche e tecniche che
caratterizzano il tema, in raccordo con le possibili interpretazioni e applicazioni
conseguenti alla nuova normativa.
Il conto corrente
Contratto principe nei rapporti tra banca e cliente (non vi è pressoché nessun cliente
di banca che non sia titolare di un rapporto di conto corrente), è peraltro dal punto di
vista civilistico è un tipo di rapporto che trova la sua collocazione e configurazione di
base (artt. 1823-1833). Il conto corrente, in base all’art. 1823 cod.civ., viene definito “il
contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da
reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto”. La
definizione è al di fuori del corpo riservato ai contratti bancari, laddove vi è solo una
sezione dedicata alle operazioni bancarie regolate in conto corrente (artt. 1852-1857).
L’impostazione codicistica ha dato corso a molteplici, diversificate interpretazioni in
relazione alla definizione ed alla natura del contratto.
Lo sviluppo dottrinale si basa, nell’evoluzione più recente, su alcuni punti fermi.
Si muove dall’assunto secondo cui il codice civile non prevede il conto corrente
bancario1 per statuire che il conto corrente bancario non è riconducibile al conto
corrente ordinario. Conseguentemente, è esclusa la tipicità legale del contratto e la
possibilità di ottenere una definizione giuridica dello stesso.
E’ stato quindi ritenuto che il conto corrente bancario sia un contratto autonomo, di
tipo normativo, derivato dalla unione di prestazioni proprie di altri contratti, intorno
ad una prestazione principale di mandato2.
In direzione non sostanzialmente dissimile è stato affermato3 che il conto corrente
bancario sia un contratto innominato o misto, caratterizzato dal contratto bancario
diretto a creare la disponibilità presso la banca a favore del cliente (es. apertura di
1
Liace, I contratti bancari, Padova, 2002, pag. 120; Ceccherini-Genghini, I contratti bancari nel codice civile, Milano,
2003, pag. 597; Silvetti, La banca: l’impresa e i contratti, Padova, 2001, pag. 477 e 479; sul tema anche, Tarzia, Il
contratto di conto corrente bancario, Milano, 2001, pag. 70; Cavalli, Conto corrente bancario, in Enciclopedia Giuridica
Treccani, Roma, 1989 pag. 1; Ferri, Conto corrente di corrispondenza, Enc. Dir., Milano, 1961, pag. 666; Caltabiano, Il
conto corrente bancario, Padova,1967, pag. 89; Salanitro, Il conto corrente bancario, in Digesto, Discipline
privatistiche, Torino, 1989, p.8
2
Molle, I contratti bancari, in Trattato dir. civ. econom., Milano, 1983, pag. 413; Fiorentino, Le operazioni bancarie,
Napoli, 1964, pag. 221; Spinelli-Gentile, Diritto bancario, Padova, 1984, pag. 236; in giurisprudenza, Cass., 10 febbraio
1982 n. 815, in Banca, borsa, tit. cred., 1982, II, pag. 124
3
Pellegrino, Contratti bancari e procedure concorsuali, Padova, 2000, pag. 150; in forma di eventualità, Cavalli, Conto
corrente, cit., pag. 2
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credito o deposito bancario) e dall’obbligo della banca di eseguire gli incarichi
ricevuti dal cliente.
Secondo un’ulteriore corrente di pensiero, non si verte nell’ambito di un contratto
unico a causa mista, ma si è innanzi ad una pluralità di contratti collegati sul piano
funzionale, ma strutturalmente autonomi4.
Le pur autorevolissime posizioni dottrinali sopra richiamate non convincono, ad
avviso di chi scrive, nell’escludere necessariamente una configurazione del conto
corrente bancario più lineare, e immediatamente riconducibile alle disposizioni
civilistiche del conto corrente ordinario, con le ulteriori specificazioni normative in
termini di operazioni bancarie regolate in conto corrente.
Si considerino infatti le seguenti circostanze:
-
il conto corrente ordinario, come accennato, costituisce una forma di
regolamentazione tra le parti delle reciproche spettanze, derivanti da atti di
diversificata natura;
-
su tale conto quindi si annotano gli effetti, in termini di dare ed avere, di
altri contratti tra le parti, contratti ben distinti dal contratto di conto corrente,
e che non perdono la loro identità e la loro regolamentazione specifica per il
solo fatto della annotazione del loro risvolto economico sul conto corrente
(come confermato dall’art. 1827 cod. civ.)5;
-
il saldo del conto corrente è esigibile alla scadenza stabilita.
Su questa schematica struttura, si innestano (ma non in via antitetica) le specifiche
norme relative (come chiaramente indicato dall’art. 1852 cod. civ.) alle “operazioni
regolate in conto corrente”.
Tali norme, che per l’appunto riguardano operazioni derivanti da differenti contratti
intervenuti tra cliente e banca (quali, per menzione dello stesso art. 1852 cod. civ., il
deposito o l’apertura di credito), non sostituiscono le norme sul conto corrente
ordinario, ma anzi presuppongono la sussistenza di un contratto di conto corrente.
Tale contratto, in quanto di supporto alla regolamentazione di operazioni bancarie,
viene ad assumere alcune specifiche (ulteriori) connotazioni di legge, ossia in
particolare:
4
Ferri, conto corrente… cit., pag. 668
cfr. Cass., 26 ottobre 1968 n. 3572, in Banca, borsa e tit. credito, 1969, II, 1, con commento di Molle, Nota minima sul
diritto della banca alla restituzione delle somme anticipate nel conto corrente bancario
5
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-
il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme a suo credito,
salva l’osservanza del termine eventualmente pattuito. Il che costituisce
uno sviluppo di quanto contenuto nell’art. 1823 cod. civ., secondo cui il
saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita, e può perfino portare ad
una equivalenza (laddove la scadenza ex art.1823 sia prevista in spazi
temporali ridotti, pari al termine di cui all’art. 1852 cod. civ.)6;
-
la banca risponde secondo le regole del mandato per l’esecuzione di
incarichi ricevuti dal correntista. Come è stato lucidamente evidenziato in
dottrina7, il mandato è solo eventuale, in quanto il correntista può limitarsi
a dare corso a depositi e prelevamenti eseguiti per cassa.
Il conto corrente bancario, in conclusione, può essere definito come un contratto di
conto corrente ordinario nel quale, salvo patto contrario, il saldo a credito del
correntista è a disposizione di quest’ultimo in qualsiasi momento8.
A conforto della tesi sviluppata, si consideri che la dottrina, nel giustificare
l’estinzione automatica del conto corrente bancario in caso di fallimento, si rapporta
al fatto che esso non è più in grado di perseguire il proprio scopo, ossia quello di
liquidare per saldo ed a termine, anziché di volta in volta, i rapporti di credito e
debito intercorrenti tra le parti (scopo tipico del conto corrente ordinario ex art. 1823
cod. civ.)9.
6
non così per Cass., 14 dicembre 1971, n. 3638, in Foro it., 1972, I, pag. 326, secondo cui il conto corrente di
corrispondenza si distingue dal contratto di conto corrente perché quest’ultimo è caratterizzato dalla libertà e dalla
reciprocità delle rimesse nonché dalla indisponibilità ed inesigibilità del saldo fino alla chiusura del conto, mentre nel
primo, che ha per oggetto una prestazione della banca, a favore del cliente, di un servizio sostanzialmente
corrispondente ad un servizio di cassa, il saldo è disponibile in ogni momento
7
Tarzia, Il contratto di conto corrente bancario, Milano, 1990, pag. 162; Fiorentino, Conto corrente, cit., pag. 160
8
da registrare, per completezza, la posizione di Morelli, Materiali per una configurazione del conto corrente bancario
come contratto legalmente tipico, in Giust. Civ., 1998, II, pag. 139, secondo cui il conto corrente bancario costituisce un
contratto legale tipico, essendo le tre componenti essenziali del contratto - rapporto di provvista, attività gestoria,
regolamento contabile - prefigurate e disciplinate negli art. 1852 e 1856 del codice civile.
9
Bonsignori, Il fallimento, in Trattato di diritto civile e commerciale, Padova, 1986, pag. 419; Ragusa Maggiore, Effetti del
fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Le procedure concorsuali, Torino, 1997, pag. 295; Mazzocca, Manuale di diritto
fallimentare, Napoli, 1996. Si richiama anche, in giurisprudenza, Cass, 11 ottobre 1971, n. 2840, in Foro it., 1972, I, pag.
1321, secondo cui nel contratto di conto corrente bancario, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1823, 1827, 1831,
2697 del codice civile, la banca non può esigere il pagamento di singole voci del suo avere senza prima aver proceduto
alla chiusura del conto e dimostrato l’esistenza di un saldo attivo a suo favore. La Suprema Corte, quindi, ritiene
applicabili le norme basilari del conto corrente ordinario (ancorché non richiamate dall’art. 1857 cod. civ.) al conto
corrente tra banca e cliente
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Le rimesse
Precisato quanto precede, il primo aspetto su cui cade l’accento è l’introduzione del
concetto di rimessa nell’ambito della revocatoria bancaria.
Sotto un profilo strettamente concettuale, l’impostazione può apparire come una
stortura, posto che la revocatoria, per quanto di specifico interesse, viene ad operare
nel caso di pagamenti.
Il termine rimessa va ricondotto all’art. 1823 cod. civ., laddove si enuncia che “il conto
corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in conto i crediti derivanti da
reciproche rimesse…”. La rimessa, quindi, viene a costituire l’atto dal quale sorge il
credito di ciascuna delle parti da annotare in conto corrente.
Come precisato in dottrina10, “la rimessa è tecnicamente un atto neutro, perché
rappresenta l’accreditamento di una somma su un conto. Diviene revocabile quando
costituisce un atto solutorio, cioè quando rappresenta un pagamento”.
A prescindere dalle pur comprensibili censure dottrinali circa l’uso di un termine,
rimesse, che non conosce una definizione normativa, proprio in questa direzione
pare muoversi l’orientamento del legislatore, ossia:
- la volontà di porre un freno allo sviluppo giurisprudenziale ante riforma,
secondo cui le rimesse disposte dal correntista sul conto corrente, ossia tutti
gli accreditamenti, potevano venire in considerazione quali “pagamenti” di
un debito (con l’artificioso calmieramento costituito dalla distinzione tra
conto scoperto e conto passivo, ossia negativo nei limiti dell’apertura di
credito in conto corrente);
- l’intenzione di prendere in considerazione le rimesse nella loro accezione di
pagamento, quando gli accrediti sul conto valgano a ridurre l’esposizione
della banca.
Confortano l’assunto interpretativo i lavori della Commissione ministeriale per la
riforma delle procedure concorsuali, dalla quale era stato approvato un testo che,
senza specifico riferimento alle rimesse, in un primo momento esentava da
revocatoria i pagamenti “compiuti nell’ambito di rapporti contrattuali continuativi per i
10
Arato, La revocatoria delle rimesse bancarie nel “nuovo” art. 67 l. fall., in Il Fallimento, 2006, 853.
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quali siano provati la corretta esecuzione e il regolare andamento “, così da portare il
regolare andamento del contratto quale discrimen per la revocabilità o meno delle
rimesse11.
Di fatto, mentre l’andamento regolare del conto non lascia ipotizzare estremi per
ipotesi di revocatoria, le rimesse assumono veste di pagamento, con valenza
solutoria, quando escono dall’operatività ordinaria consentendo alla banca un
riposizionamento della propria esposizione ad un livello inferiore12.
La soluzione prospettata si riavvicina alle prime, risalenti interpretazioni dottrinali13
e giurisprudenziali14 della normativa ante riforma, che riconducevano la revocabilità
delle rimesse alla sola ipotesi di quelle pervenute dopo la chiusura del conto, in
stretta aderenza alla qualificazione normativa del contratto di conto corrente.
Di fatto, anche, è una soluzione che si avvicina alla tesi per cui il sostanziale
congelamento del rapporto di conto, anche in assenza di una sua cessazione formale
o di una revoca espressa del fido, conduce alla revocabilità degli accrediti15
(revocabilità che ora viene “allargata”alle rimesse che, pur in presenza di un conto
con una residua vitalità, abbiano ridotto l’esposizione in modo consistente e
durevole).
11
Guglielmucci, La nuova normativa sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente, in Il Diritto fallimentare, 2005, I,
806
12
Terranova, La nuova disciplina delle revocatorie fallimentari, in Il Diritto fallimentare, 2006, I, 260, secondo cui il
legislatore “ha dovuto chiarire, una volta per tutte, che le rimesse non sono pagamenti …. Per altro verso, però, è
sembrato doveroso impedire che le banche possano approfittare della predetta immunità ...”; Trib. Udine, 24 febbraio
2011, in Il fallimento, 2011, 688, secondo cui è la riduzione consistente e durevole dell’esposizione debitoria del fallito
nei confronti della banca a conferire natura solutoria alle rimesse
13
Legnetti, Note sulle rimesse in conto corrente bancario e sull’art. 67, comma 2, legge fall., in Banca, Borsa, tit. cred.,
1973, I, 88; Tacchini, Apertura di credito in conto corrente e attività cognitiva nell’ammissione del saldo al passivo del
fallimento, in Mon. Trib., 1974, 270, secondo cui il versamento sul conto corrente da parte dell’accreditato non
comporta l’inversione della disponibilità del denaro, tipica del pagamento, in quanto il correntista continua a disporre
della liquidità versata sul conto corrente e non subisce una diminuzione patrimoniale.
14
App. Venezia, 10 giugno 1969, in Banca, Borsa, tit. cred., 1970, II, 428; Trib. Napoli, 16 febbraio 1966, in Foro It.,
Rep. 1966, voce Banca, n. 40; Cassazione, 12 gennaio 1971, n. 38, in Foro It., 1971, I, 378, secondo cui la banca,
quando accredita ad un suo correntista la somma pervenutale dal debitore di costui, diviene debitrice del correntista
accreditato e, inserendo il debito nel conto corrente, si opera una compensazione legale ex art. 1853 c.c. con il saldo a
debito del correntista; analogamente, Cassazione, 15 dicembre1970, n. 2685, in Foro It., 1971, I, 2886, secondo cui le
operazioni attive e passive di un conto corrente di corrispondenza non sono equiparabili a compensazioni convenzionali
suscettibili di revocatoria.
15
Cassazione n. 3657/1984; Cassazione n. 26823/2007
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Conto scoperto e conto passivo
Come è noto la giurisprudenza, nell’impostazione ante riforma (fondata sulla
revocabilità di tutte le rimesse “solutorie” nel periodo sospetto), aveva introdotto una
distinzione tra conto scoperto e conto passivo, fissando come segnalato i seguenti
concetti:
a. sono revocabili tutte le rimesse su conto corrente scoperto, e quindi che
abbiano ridotto l’esposizione del correntista;
b. il conto corrente è da considerarsi scoperto quando la banca ne abbia
consentito il passivo oltre i limiti del fido, e per la sola quota di passivo
extra fido, ovvero quando il conto passivo non sia assistito da alcun
affidamento (e quindi lo scoperto è pari al saldo negativo).
Il tutto, con la conseguenza che gli accrediti su conto corrente in presenza di
affidamento sono revocabili nella misura in cui abbiano ridotto il passivo nei limiti
del fido16.
Ci si pone la questione se la distinzione tra conto passivo e conto scoperto abbia
ancora ragione di sussistere.
La dottrina maggioritaria, con cui si concorda, ritiene che venga meno l’importanza
della eventuale apertura di credito e quindi la distinzione tra conto passivo e
scoperto: “quello che conta ora è solo l’individuazione delle rimesse che hanno ridotto in
modo consistente e durevole l’esposizione debitoria del correntista”17.
D’altro canto, se la nuova disciplina (come poc’anzi affermato) che dichiara la regola
generale della irrevocabilità delle rimesse si concentra su quelle sole che abbiano
concretamente contribuito a ridurre l’esposizione del correntista assumendo per tale
via la qualifica di pagamento, viene a perdere di significato la soglia
dell’affidamento.
Tra le prime posizioni giurisprudenziali permane contrasto.
16
Cfr. Cass. 18 ottobre 1982, n. 5413, in Il fallimento, 1982, 1249 ss.
Cfr. Arato, La revocatoria …,cit., 856; analogamente Silvestrini, La nuova disciplina della revocatoria delle rimesse
su conto corrente bancario, in Il Fallimento, 2005, 847, secondo cui la oggettiva funzione solutoria o ripristinatoria può
“essere accertata soltanto ex post, con la conseguenza di revocare non soltanto gli accrediti che abbiano comportato
un rientro dagli sconfinamenti, ma anche le rimesse che, seppur avvenute entro i limiti dell’apertura di credito, non
siano state più seguite da successivi prelievi”;Guglielmucci, La nuova normativa sulla revocatoria delle rimesse in
conto corrente, in Il diritto fallimentare, 2005, I, 805 ss.
17
9
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Un orientamento volge in questa direzione, attestando che la pregressa
impostazione, poggiata sulla distinzione tra conto passivo e scoperto, “era coerente
con lo sforzo di dover necessariamente inquadrare ex ante – per poter parlare di rimessa
solutoria e quindi revocabile – ogni singola rimessa a credito nelle esposizioni di conto
corrente bancario nello schema del pagamento, visto che il legislatore ante riforma non
riconosceva espressamente la revocabilità delle rimesse bancarie...”18, attestando altresì che
la riforma prevede la revocabilità di tutte quelle rimesse che, invece di essere
utilizzate per espletare il servizio di intermediazione del pagamento, vengono
utilizzate per ripianare rapporti tra correntista e banca.
Altre posizioni19 rinnovano, invero senza particolari motivazioni, l’impostazione per
cui “rivestono natura solutoria soltanto le rimesse intervenute a conto corrente scoperto”20,
ossia passivo oltre il fido.
Saldo contabile e saldo disponibile
Tra le elaborazioni interpretative retaggio della precedente normativa, vi è quella
della individuazione dello scoperto di conto tra le possibili alternative del saldo
contabile, del saldo per valuta e del saldo disponibile.
Dopo una serie di oscillazioni la giurisprudenza, in ciò confortata dalla dottrina, si è
orientata per la scelta del saldo disponibile21 al fine di determinare l’esposizione
giornaliera del conto corrente.
La nuova normativa, ad avviso di chi scrive, non comporta alcuna variazione sul
punto cosicché, correttamente, si dovrà continuare a vagliare l’andamento del
rapporto in base al saldo disponibile22.
18
Trib. Udine, 24 febbraio 2011, cit.
Trib. Milano, 25 maggio 2009, in Il fallimento, 2010, 602; Trib. Milano, 21 luglio 2009, in Il diritto fallimentare,
2010, II, 2
20
Trib. Milano, 21 luglio 2009, cit., il quale d’altra parte applica anche alle rimesse confluite sul conto anticipi, con
impostazione non condivisibile, l’affidamento di cassa concesso sul conto ordinario
21
Cfr. Cassazione, 22 marzo 1994, n. 2744
22
Cfr. Rebecca, La nuova revocatoria delle rimesse in conto corrente, profili tecnico contabili, in Il Diritto fallimentare,
2006, I, 1223; Guglielmucci, La nuova normativa ….. , cit, 808; contra, Trib. Milano, 25 maggio 2009, cit.
19
10
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Rapporto tra l’art. 67, comma 3, lett. b) e l’art. 70, comma 3, l.f.
Estremamente complessa è la determinazione del rapporto tra l’art. 67, comma 3, lett.
b) e l’art. 70, comma 3, della legge fallimentare.
L’art. 67, infatti, come si è avuto modo di esaminare fissa la regola base della
esclusione delle rimesse effettuate su conto corrente bancario, fatta esclusione per
quelle che abbiano ridotto “in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del
fallito nei confronti della banca”.
L’art. 70, invece, attesta che “quando la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni
passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario …. il terzo deve restituire una somma
pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il
quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla
data in cui si è aperto il concorso”. Si rimanda all’esempio numerico in allegato.
La dottrina ha sviluppato diversificate ipotesi interpretative; le principali, pur con
diverse sfumature, possono così essere sintetizzate:
a) la differenza di importi fissata dall’art. 70 l.f. coincide con la riduzione ex
art. 67, terzo comma, lett. b).
A sostegno di tale assunto è stato osservato che l’art. 70 non dice che il terzo
deve “al massimo” restituire la differenza ivi prevista, ma che tale differenza
costituisce quanto deve essere restituito, cosicché l’art. 70 assume valenza di
interpretazione autentica dell’art. 67 in tema di rimesse, nel senso che i
versamenti seguiti da successivi prelievi non costituiscono rimesse revocabili
perché non hanno ridotto in maniera durevole l’esposizione debitoria del
fallimento23.
Inoltre, è stato sostenuto come sia da escludersi un principio di specialità tra le
due norme (art. 70, norma generale, art. 67 norma speciale), in virtù della
mancanza di diversità di disciplina tra le due norme, da intendersi come
completamento l’una dell’altra, cosicché “ la riduzione consistente e durevole
dell’esposizione debitoria di cui fa parola l’art. 67, terzo comma, lett. b), legge
fallimentare coincide in tutto e per tutto con la differenza tra l’ammontare massimo
23
Arato, La revocatoria delle …, cit., in Il fallimento, 2006, 858.
11
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delle pretese della banca verso il fallito nel periodo in cui è provata la conoscenza dello
stato di insolvenza … e il residuo delle stesse al momento in cui si è aperto il
concorso”24.
Le rimesse, dunque, secondo questa linea interpretativa non vanno
considerate in modo atomistico, ma come importo unico, coincidente con la
somma algebrica ex art. 70 25.
b) l’art. 67 impone in primo luogo di individuare le rimesse revocabili (ossia
quelle che abbiano ridotto in modo consistente e durevole il debito del
correntista), la cui sommatoria non può in ogni caso superare il limite di cui
all’art. 70 l.f. 26.
La seconda impostazione pare più convincente.
Argomentando per una lettura unitaria degli artt. 67 e 70 in tema di rimesse, infatti,
perderebbe di significato la specificazione per cui le rimesse, per essere revocabili,
devono aver ridotto in maniera “consistente e durevole” l’esposizione debitoria.
A nulla, infatti, nell’impostazione indicata servirebbe tale specificazione, mentre
l’esegesi interpretativa porta in primo luogo a cercare di dare sempre un senso alla
norma. Inoltre, l’impostazione in esame includerebbe nella possibilità di revoca, ad
esempio, l’ipotesi di un conto corrente che abbia avuto nel periodo un andamento del
tutto regolare, con rimesse e prelievi di modesto importo e in linea con l’operatività
storica del rapporto, ma che abbia comunque conosciuto una riduzione dello
scoperto, per effetto in ipotesi di una progressiva lieve differenza tra le rimesse e i
prelievi, ovvero più semplicemente per una riduzione della attività d’impresa del
correntista. L’ipotesi tracciata costituirebbe, ad avviso di chi scrive, una violazione
dello spirito e delle finalità della norma, che invece evidentemente vuole mandare
24
Farina, Alla ricerca delle rimesse revocabili: spunti critici per una riflessione sul nuovo art. 67, terzo comma, lett. b), l.
fall.; …
25
Castiello D’Antonio, La revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente e degli atti estintivi dei rapporti
continuativi e reiterati in Il Diritto fallimentare, 2006, I, 645; Farina, Alla ricerca delle rimesse revocabili: spunti critici
per una riflessione sul nuovo art. 67, terzo comma, lett. b), l. fall.”, cit., 233.
26
Patti, L’esenzione da revocatoria delle rimesse bancarie, in Il Fallimento, 2006, 238; Fortunato, La natura dell’azione
revocatoria nella nuova legge fallimentare, in La riforma della legge fallimentare, Milano, 2005, 7; Tarzia …; Trib.
Milano, 27 marzo 2008, in Il fallimento, 2008, 1213 ss.
12
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esenti da revocatoria i terzi che abbiano proseguito i rapporti con l’imprenditore
secondo parametri di ordinaria operatività.
Inoltre, si osserva che la collocazione della disposizione limitativa (differenza tra
massimo scoperto e credito residuo alla data di fallimento), posta nell’art. 70,
rubricato “Effetti della revocazione”, non sia frutto di casualità o di errore, ma possa
condurre ad una interpretazione che ponga la differenza contabile enunciata quale
limite (massimo) dell’importo da restituire, per “effetto” della revocazione27.
In definitiva, una lettura che salvaguardi la significatività di entrambe le prescrizioni
in commento (art. 67 e art. 70) può essere la seguente:
- devono essere colpite le sole, singole rimesse che abbiano ridotto in modo
consistente e durevole il passivo del correntista, in quanto le stesse
costituiscono espressione della volontà dell’istituto di credito di “rientrare”,
ancorché a svantaggio degli altri creditori, per effetto della percepibile
insolvenza del debitore;
- in ogni caso, l’entità di tali rimesse non può superare la somma algebrica di
cui all’art. 70, terzo comma, poiché la lesione della “par condicio creditorum”
(o, se si preferisce, il vantaggio conseguito dall’istituto) non può essere
superiore a tale importo.
Si è osservato28 che, ove l’importo azionato in revoca fosse inferiore al limite di cui
all’art. 70, “si determinerebbe ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri
creditori che hanno intrattenuto rapporti continuativi o reiterati”.
Tuttavia, non va dimenticato che per primo l’art. 67 fissa una regola di esclusione,
annunciando il principio per cui le rimesse di norma non sono revocabili. Esclusione
che potrebbe trovare motivo proprio nella considerazione di fondo, per cui il conto
corrente non evidenzia di volta in volta un saldo netto a favore di una delle due
parti, ma costituisce un conto di annotazione delle movimentazioni tra le parti, in
attesa in una loro regolamentazione, rinviata alla chiusura del rapporto.
27
Cfr, sul tema, Appello Firenze, 28 gennaio 2004, in Foro italiano, 2004 ,I, 1, 2845; Trib. Bolzano, 14 gennaio 2003, in
Il Fallimento, 2003, 1221
28
Arato, I primi orientamenti sulla revocatoria delle rimesse bancarie dopo la riforma della legge fallimentare, il Il
fallimento, 2008, 1219
13
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Si tratta pertanto di una fattispecie ben diversa da quella di altri rapporti “reiterati o
continuati”, in cui non si tratta di rimesse, ma sempre e comunque di pagamenti29,
senza l’esclusione di principio di cui all’art. 67.
Non va altresì dimenticato che l’art. 70, comma 3, in un primo momento non
comprendeva apertis verbis i rapporti di conto corrente bancario, cosicché era stata
avanzata l’ipotesi che a questi ultimi si applicasse solo l’art. 67, comma 3.
La successiva modifica, introdotta con il D.Lgs 169/2007, non può comportare una
abrogazione implicita dell’art. 67, comma 3, lett. b), né si ritiene che possa valere
come interpretazione autentica, ma costituisce un chiaro intento di potenziare
ulteriormente il raggio di azione dell’esenzione per le rimesse previste dall’art. 67.
Riduzione consistente e durevole
Come si è potuto analizzare, per una corrente di pensiero (a quanto consta,
predominante) le rimesse che riducono in modo consistente e durevole l’esposizione
debitoria dell’imprenditore e di cui all’art. 67 l. f. sono da considerare in modo
unitario, quale equivalenza con la differenza di cui all’art. 70 l.f.. In tale ipotesi,
quindi, le singole rimesse non devono essere analizzate.
Volendo invece conservare un significato autonomo all’art. 67 l.f., necessita
analizzare quando le rimesse, singolarmente considerate, abbiano comportato una
riduzione “consistente e durevole”.
Indubbiamente, la terminologia utilizzata dal legislatore è indeterminata, si espone a
molteplici
possibili
interpretazioni
e
lascia
integralmente
al
cammino
giurisprudenziale l’onere di trovare una applicazione pratica.
Molteplici sono le proposte dottrinali, tra cui si annoverano le seguenti:
- la consistenza va paramentata all’esposizione debitoria al momento della
rimessa, mentre la riduzione durevole deve essere persistente e stabile 30;
29
mentre, come già sviluppato, la intenzione del legislatore nel caso di specie appare quella di parificare le rimesse ai
pagamenti solo quando hanno ridotto l’esposizione debitoria”.
30
Silvestrini, La nuova disciplina dell’art. 67 delle legge fallimentare, in Il diritto fallimentare, 2006, I, 873; Tarzia,
relazione al Convegno “Diritto Fallimentare: un primo passo verso la riforma” Milano, 8 aprile 2005
14
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
- la consistenza va considerata come sopra, mentre la riduzione è durevole
quando è definitiva, nel senso che la “riduzione deve protrarsi fino all’epilogo del
rapporto di conto corrente”31;
- la consistenza va valutata in base al risultato solutorio finale32;
- la consistenza e la durevolezza vanno valutate in relazione al regolare
andamento del rapporto, cosicché quando c’è un abituale riutilizzo delle
somme accreditate e si evidenziano riduzioni di modesta misura, non vi
possono essere rimesse revocabili33;
- la durevolezza va determinata in base alla tempistica usuale delle operazioni
effettuate su quel conto corrente;
- la durevolezza va parametrata all’intenzione delle parti34;
- la durevolezza è data dalla misura di un quarto del termine di sei mesi, ossia
45 giorni35.
Ad avviso di chi scrive, pare cogliere nel segno quella corrente di pensiero secondo
cui occorre avere riguardo all’andamento del conto in una fase di ordinaria gestione,
o comunque nella fase precedente agli ultimi sei mesi prima della dichiarazione di
fallimento o il minore o maggiore termine a partire dal quale è provata la conoscenza
dello stato di insolvenza da parte dell’istituto di credito. Si ipotizza a tale fine di
operare una media di periodo (es. i sei mesi antecedenti il periodo sospetto) della
entità delle rimesse (per ricavare una media, cui parametrare successivamente la
consistenza36) e della frequenza dei prelievi (per determinare una “durata” media, cui
parametrare la durevolezza).
31
Castello D’Antonio, La revocatoria …, cit, 613; L’autore muove dall’assunto, condivisibile in linea di principio, che
il versamento effettuato dal correntista su conto scoperto non configura, in linea di diritto, pagamento di debito
esigibile, ne cessitandosi a tale fine che il rapporto di conto corrente si sia sciolto, o comunque che il conto sia bloccato,
cioè non più operativo
32
Cavalli, Considerazioni sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente bancario dopo la riforma dell’art. 67 l. fall.,
in Banca, Borsa, titoli di credito, 2006, I, 1.
33
Guglielmucci, La nuova normativa …, cit, 807
34
Galletti, Le nuove esecuzioni della revocatoria fallimentare, in Giurisprudenza commerciale, 2007, I, 182
35
Rago, Manuale della revocatoria fallimentare, Milano, 2006, 870
36
ancorché in modo opinabile, per cui potrebbe essere considerata una consistente rimessa pari alla media trovata, al
suo doppio, alla sua metà …
15
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
A ciò, si aggiunge una nota di riflessione in ordine alla consistenza. L’ipotesi che
propone una percentuale sconta la difficoltà di determinare sia l’entità della
percentuale, sia l’importo cui applicare la percentuale.
Si ritiene, al contrario, che la qualificazione della consistenza non debba essere
approcciata esclusivamente con criteri relativi, ma che in prima battuta possa essere
applicato un criterio assoluto, secondo cui la consistenza delle rimesse può essere
fissata di per sé, a prescindere dai valori del passivo, dalle rimesse precedenti, dal
carattere anomalo 37.
In questa ipotesi, la media fra l’entità complessiva delle rimesse e il loro numero in
un periodo di tempo precedente potrà essere utilizzato quale criterio sussidiario, per
determinare eventuali paramenti di consistenza inferiori rispetto a quelli assoluti che,
quindi, verrebbero a costituire il limite sopra il quale le rimesse sono sempre
consistenti.
A parametro della consistenza assoluta potranno essere presi costi di riferimento
validi universalmente, quale ad esempio il costo del personale. Si consideri in
quest’ottica che una rimessa tra 2.500 e 5.000 euro copre di norma il costo mensile di
un dipendente della stessa ditta fallita (o di altri creditori del fallito). Ne deriva che
una rimessa di tale importo, nell’ottica di una redistribuzione delle somme a tutti i
creditori, ben potrebbe essere qualificata come consistente. Non va, infatti, guardato
al solo rapporto banca-correntista pari fallito, ma alla generalità dei creditori.
Diversamente, l’importanza di un creditore in termini di esposizione o di rientro si
porrebbe quale titolo per incrementare a suo favore la soglia di esenzione, con inique
ripercussioni sugli altri (più modesti) creditori.
Per tale via si potrebbero altresì tacitare le eccezioni di incostituzionalità della norma,
per la evidente disparità di trattamento con gli altri soggetti passibili di revocatoria.
I primi interventi giurisprudenziali
A fronte di un dibattito dottrinale così articolato, cominciano a pervenire le prime
posizioni della giurisprudenza.
37
non si ravvisa infatti una necessaria correlazione tra la consistenza e l’esposizione del conto.
16
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
In primo luogo, si desidera vagliare la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in
data 20 marzo 2008 38, la quale esprime alcuni decisi orientamenti:
- le rimesse devono essere analizzate singolarmente, devono avere avuto
natura solutoria, devono aver ridotto in maniera consistente e durevole
l’esposizione debitoria del fallito ex art. 67 l.f.;
- l’art. 70 l. f. interviene a fissare una ulteriore limitazione, autonoma rispetto
a quella dell’art. 67 l. f.: “L’art. 70 l.f., quindi, pone un limite agli obblighi
restitutori della banca, che non interferisce con i requisiti necessari, a monte,
affinché vi sia la revocabilità delle rimesse in conto corrente effettuate dal fallito”.
Quanto alla consistenza, è stato escluso che ci si possa riferire ad un criterio
quantitativo assoluto. Il tribunale ha quindi fissato una percentuale, del 10%, da
applicare alla “differenza tra la massima esposizione debitoria raggiunta dal fallito nel
periodo sospetto e quella riscontrata al momento di apertura del concorso”, laddove il
periodo sospetto pare essere individuato in quello di sei mesi ex art. 67, c. 2, l. f. (o
inferiore, se la conoscenza dell’insolvenza è provata in un termine più ridotto39).
In altri termini, fatta pari a 200 la differenza di cui all’art. 70 l. f., saranno consistenti
le rimesse non inferiori a 20 (ossia 200 x 10%).
La posizione ha il pregio di essere chiara, e di non dare luogo alla continua variabilità
delle rimesse da qualificarsi come consistenti.
Ci si permette peraltro richiamare le motivazioni che hanno indotto il collegio ad
affidarsi ad un criterio percentuale anziché assoluto, motivazioni che poggiano sulla
considerazioni per cui “l’inefficacia di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori va
necessariamente fatto dipendere dalla sua idoneità a ledere l’interesse tutelato, il che si
verificherà in tutti quei casi in cui la lesione della par condicio creditorum potrà essere
ritenuta apprezzabile e non trascurabile”.
Il principio, dunque, rimanda (correttamente) agli interessi della massa, ed alla
idoneità di un atto a ledere la par condicio creditorum.
38
in Il fallimento, 2008, 1213
Si richiama Farina, Alla ricerca …, cit., 235, secondo cui il massimo scoperto può essere individuato anche in un
periodo antecedente quello di sei mesi dalla dichiarazione di fallimento.
39
17
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Tuttavia, a fronte di tale principio, il parametro percentuale non viene applicato in
raccordo al passivo fallimentare, ma alla specifica situazione del convenuto in revoca.
L’applicazione, inoltre, contiene un elemento distorsivo, in quanto come già rilevato
maggiore è il rientro di cui ha beneficiato il convenuto, maggiore è la soglia di
esenzione delle singole rimesse revocabili.
In realtà, proprio il rinvio agli interessi della massa induce a confermare la posizione
enunciata nel paragrafo che precede, ossia che la consistenza delle rimesse debba
essere esaminata secondo criteri assoluti.
In subordine, pare comunque più equo il riferimento percentuale alla media delle
rimesse del periodo ante revocatoria, per evitare che l’ampiezza dell’esposizione
della banca o del rientro nel periodo sospetto possano mandare indenni da revoca, in
quanto “non consistenti”, rimesse di importo superiore alla media dell’andamento del
conto.
Con riguardo al concetto di durevolezza, il collegio ha escluso che lo stesso vada
equiparato a quello di definitività (“tale tesi non è fondata su alcuni indici normativi e
non vi è dubbio che, se tale fosse stato l’intento del legislatore, l’esplicitazione della regola
sarebbe stata doverosa”), oppure in direzione opposta all’ipotesi delle rimesse
bilanciate (“dalla previsione del requisito della durevolezza deve derivare, necessariamente,
pena l’inutilità della sua introduzione, che ci sia un quid pluris rispetto all’assenza del
bilanciamento delle operazione sul conto corrente”).
La durevolezza, quindi, esprime il concetto di stabilità “e si risolve nel ritenere che
soltanto il versamento (con effetto riduttivo consistente) che non venga compensato da
successivi prelevamenti (non necessariamente di importo corrispondente, ma anche superiore,
o inferiore ma non tale da ridurre il ripianamento al di sotto dell’individuata soglia di
<<consistenza>>, sia caratterizzato dalla durevole riduzione”.
Il periodo successivo, poi, va parametrato alla movimentazione che caratterizza il
conto (intensa od occasionale).
Lo stesso Tribunale di Milano, con sentenza del 25 maggio 200940, si è occupato di
una vicenda antecedente il D. Lgs. 169/2007, attestando in primo luogo che il criterio
40
in Il fallimento, 2010, cit.
18
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
di quantificazione dell’obbligazione derivante dall’azione revocatoria fallimentare, di
cui all’art. 70 l.f. prima del D. Lgs. 169/2007, non si applica alle rimesse di conto
corrente bancario.
Data questa limitazione, il Collegio ha asserito che ai fini dell’individuazione delle
rimesse che abbiano ridotto l’esposizione debitoria verso la banca in modo
consistente, bisogna individuare: l’importo medio delle rimesse affluite sul conto nel
periodo sospetto; il saldo medio del conto a seguito di ciascuna rimessa; la misura
percentuale della riduzione conseguente ad ogni rimessa (rapportando l’importo
medio delle rimesse all’importo medio del saldo dopo ciascuna rimessa). Le rimesse
che abbiano ridotto in maniera consistente l’esposizione diventano quelle che hanno
avuto una incidenza percentuale sul saldo del conto da esse determinato (e non su
quello medio) superiore alla media. Quanto alla durevolezza, è stata determinata la
durata media della permanenza delle rimesse in conto corrente (ossia assenza di
utilizzi dopo la rimessa); la riduzione è stata qualificata come durevole se uguale o
superiore a tale durata media.
L’impostazione è stata oggetto di critiche dottrinali41, specie con riguardo all’esame
della consistenza della rimessa avuto riguardo al saldo del conto successivo alla
stessa42, alle modalità di calcolo della rimessa media e del saldo medio, alla
durevolezza43.
L’organo giudicante ha altresì attestato che, nella disciplina di cui al D. Lgs. 35/2005,
non ha più alcuna rilevanza la sussistenza di eventuali affidamenti.
La sentenza del Tribunale di Milano del 21 luglio 200944, il cui giudice estensore è il
medesimo della sentenza del 27 marzo 2008, muove da una fattispecie in cui la
società fallita era titolare di due conti correnti, un conto ordinario e un conto anticipi,
ed analizza distintamente per entrambi le riduzioni tra massimo saldo passivo nei sei
mesi (periodo sospetto) e saldo al momento del fallimento.
41
Rebecca e Sperotti, in Il diritto fallimentare, 2010, II, 15
Gli autori sostengono che la consistenza va riferita al debito che la rimessa va a ridurre, non al debito già ridotto
dall’accredito
43
che, quantificata solo sulle rimesse consistenti, porta a richiedere una prolungata assenza di utilizzi
44
in Il diritto fallimentare, 2010, II, 2 e ss.
42
19
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Innanzitutto, pur trattandosi di fallimento antecedente il 1 genaio 2008, il Tribunale
ritiene applicabile la limitazione dell’art. 70. Lo stesso ritiene altresì che conservi
rilevanza la sussistenza del fido di cassa45.
In tema di consistenza, l’Organo giudicante ritiene che la stessa debba sussistere per
le rimesse che, nel periodo, siano superiori al 10% dell’importo massimo revocabile,
così come determinato dall’art. 70 l.f.. Ciò peraltro comporta che, più l’istituto è
rientrato nel periodo, più si incrementa l’importo al di sotto del quale le rimesse
divengono irrevocabili, in quanto non consistenti.
Quanto alla durevolezza, viene espresso un principio generale, di per sé
condivisibile, per cui la stessa “indica l’apprezzabile stabilità nel tempo dell’effetto
solutorio della rimessa, che si realizza soltanto se il relativo versamento non è seguito per un
lasso di tempo variamente quantificabile in pochi giorni o in un periodo più lungo – a seconda
della maggiore o minore intensità di movimentazione del singolo conto corrente – da prelievi
in grado di ridurre il ripianamento al di sotto della succitata soglia di consistenza”.
A questo punto la sentenza valuta il rapporto in modo unitario, e quindi somma il
massimo scoperto e il saldo all’apertura del fallimento del conto ordinario e del conto
anticipi, e valuta:
- la consistenza della rimessa sul conto anticipi in percentuale sul massimo rientro
complessivo;
- l’importo revocabile sulla base del massimo rientro complessivo.
L’impostazione unitaria non convince. Nel rimandare alle ulteriori considerazioni
che seguono, si osserva fin d’ora che ciascuna tipologia di rapporto (c/ordinario e
c/anticipi) può avere una consistenza ed una durevolezza differenti, dovute alla
diversa natura e finalità dei rapporti, cosicchè le stesse non possono essere
considerate come unicum.
Si segnala altresì all’attenzione degli interpreti una recente sentenza del Tribunale di
Udine in data 25/01/201146, per alcune interpretazioni decisamente innovative e
foriere di sviluppi.
45
Non è peraltro chiara la applicazione del fido di cassa. Dal tenore letterale della sentenza parrebbe che tale fido vada a
selezionare le rimesse di importo ad esso superiore, non le rimesse che riducono lo scoperto superiore al fido. Parrebbe
altresì che il fido di cassa venga applicato anche al conto anticipi, con ciò contravvenendo al costante insegnamento
giurisprudenziale
46
in Il fallimento, 2011, 688
20
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Il casus esaminato dal giudice friulano riguarda il caso di un’unica consistente
rimessa, pervenuta sul conto corrente dell’imprenditore poi fallito, comportando in
primo luogo l’azzeramento del passivo di conto, con un residuo saldo attivo.
Pressoché contestualmente, la banca convenuta ha estinto alcuni finanziamenti
scaduti,
addebitando il conto corrente. Come conseguenza, il conto è diventato
nuovamente a debito del correntista, per un importo superiore al passivo ante
operazione.
Tecnicamente, non vi si avrebbe alcun importo revocabile in quanto, pur in presenza
di una rimessa consistente, non vi sarebbero:
-
né il requisito della durevolezza;
-
né alcun rientro da parte della banca ai sensi dell’art. 70 l.f. (il massimo
scoperto del periodo, infatti, è proprio il saldo passivo del conto all’apertura
del fallimento)47.
D’altro canto, è di solare evidenza come, per effetto del meccanismo sopra descritto,
la banca sia rientrata dal passivo sia dell’originario scoperto di conto, sia di alcuni
finanziamenti (tramite prelievo dal conto attivo).
A fronte della descritta fattispecie, l’organo giudicante enuclea un primo principio,
ossia che la riforma prevede “la revocabilità … di tutte quelle rimesse che invece di essere
utilizzate per espletare il <<servizio cassa>> cioè di intermediazione del pagamento…
vengono dirottate per ripianare rapporti interni tra correntista e banca…”.
Sulla scorta di tale assunto, il giudice friulano afferma che il versamento de quo sia
servito in parte per estinguere finanziamenti verso il cliente. Tali estinzioni, pertanto,
divengono revocabili.
Considerato che l’oggetto della domanda non è la revoca delle rimesse sul conto, ma
i pagamenti, ossia le estinzioni di spettanze della banca tramite rimesse pervenute
sul conto, la sentenza sul punto non fa che affermare (pur con grande lucidità a
fronte di una fattispecie complessa) un principio estremamente logico: la banca,
utilizzando le disponibilità sul conto, ha dato luogo ad un meccanismo di pagamenti
di proprie spettanze. I pagamenti sono quindi revocabili, ex art. 67 c. 2.
47
la sentenza concerne una procedura antecedente il 2008, periodo a partire dal quale è stato espressamente previsto che
le limitazioni dell’art. 70 l. f., valgono anche per i rapporti di conto corrente.
Peraltro la sentenza ritiene pacificamente che si debba fare riferimento agli art. 67 e 70 l.f., fugando ogni dubbio circa
l’applicabilità dell’art. 70 per le procedure apertesi tra il 17 marzo 2005 e il 31/12/2007
21
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Il principio è estensibile ad avviso di chi scrive anche agli addebiti di interessi passivi
ed oneri, e lascia spazio ad un nuovo approccio per impostare la revocatoria delle
rimesse in rapporto all’art. 70 l. f..
Il saldo di conto alla fine della procedura, infatti, potrebbe essere determinato
espungendo dal conto tutti gli addebiti di spettanze della banca (interessi passivi,
finanziamenti, rate di mutuo, oneri di conto, spese di gestione, commissioni ecc.).
Con un esempio, si ipotizzi un conto corrente che nel periodo sospetto abbia la
seguente evoluzione:
movimenti cronologici
saldo progressivo
//
periodo
- 10
saldo
all’inizio
del
sospetto
+5
- 5
versamento
- 3
- 8
interessi passivi
- 4
- 12
bonifico a terzi
+ 11
- 1
versamento
- 8
- 9
estinzione
+ 2
- 7
versamento
- 1
- 8
oneri bancari
finanziamento
Intervenuto il fallimento, l’importo massimo revocabile ex art. 70 l. f. sarebbe 2, dato
dalla differenza algebrica tra il massimo scoperto del periodo (-10) e il saldo
all’apertura della procedura (-8).
Di fatto, però, la banca ha utilizzato rimesse a favore del correntista per pagare
proprie spettanze per complessivi
14. Infatti la banca si è “pagata” 3 per
interessi, 8 per estinzione finanziamento, 1 per oneri bancari, 2 per rientro dallo
scoperto, e così per complessivi 14.
Neutralizzando il conto dagli addebiti di spettanze della banca, il saldo sarebbe stato
positivo di + 4, con un rientro revocabile a favore della banca di 10.
La procedura dunque avrebbe beneficiato di 14 (4 di conto attivo, 10 per revoca del
rientro, purchè le singole rimesse potessero essere qualificate come consistenti e
durevoli).
22
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Un’altra statuizione della sentenza in esame merita approfondimento.
Muovendo dalla constatazione che “frequentemente, nella pratica bancaria, l’operatività
del conto corrente si intreccia con le dinamiche degli utilizzi e dei rimborsi a valere su altri
affidamenti”, l’organo giudicante attesta che “l’esposizione debitoria cui guardare è quella
complessiva”.
Il principio è stato salutato in dottrina con ampi apprezzamenti48
Lo stesso apre l’ipotesi di una valutazione complessiva dei rapporti, che però suscita
qualche perplessità.
Si immagini un rapporto impresa / banca connotato da più modalità di
finanziamento:
1) conto corrente con apertura di credito
2) anticipazioni di fatture con apertura di un conto anticipi
3) finanziamento a medio termine con rientro rateale
Si tratta di figure contrattuali differenti, che oltretutto nell’ambito della revocatoria
fallimentare sono assoggettate a regole differenti:
1) il conto corrente beneficia dell’esenzione ex art. 67 c. 3, e della limitazione
dell’art. 70 l. f.;
2) le anticipazioni beneficiano ad avviso dello scrivente della limitazione dell’art.
70 l. f. (ove svolte in via continuativa), mentre più problematico è stabilire se
beneficino di quella dell’art. 67 l. f. in quanto:
- il conto anticipi può ben essere inquadrato nel novero dei conti correnti, in
quanto nello stesso vengono riportate a debito del correntista le anticipazioni
disposte dalla banca ed a credito le rimesse rivenienti dal pagamento da parte
di terzi del credito oggetto di anticipazione, ovvero dal conto corrente
ordinario a copertura dell’anticipazione (sia perché i pagamenti di terzi sono
pervenuti sul conto corrente ordinario, sia perché i terzi non hanno
provveduto al pagamento, cosicché la provvista disponibile sul conto
ordinario viene destinata a saldo dell'anticipazione);
- tuttavia detto conto anticipi, per quanto possa essere definito come un conto
corrente,
appare più un conto di memoria dei singoli contratti di
anticipazione intervenuti tra banca e cliente e delle rimesse a chiusura;
48
Patti, Rimesse in conto corrente bancario: da una concezione atomistica ad una più realistica, in Il fallimento, 2011,
693 e ss.; Rebecca e Sperotti, Note a commento della sentenza n. 293/2011- Tribunale di Udine, in www.unijuris.it
23
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
- le rimesse di terzi su conto anticipi sono sempre consistenti in assoluto, ma
rischiano di non esserlo mai se rapportate percentualmente alle rimesse che
pervengono sul solo conto anticipi (salvo adottare la tecnica dell’entità
percentuale sul rientro complessivo ex art. 70 per stabilire la consistenza, così
come proposto dal Tribunale di Milano);
- la durevolezza potrebbe non esserci mai, se non alla chiusura delle
anticipazioni, considerato che ad ogni anticipazione che si chiude di fatto ne
segue una nuova. In ogni caso, anziché la revoca delle rimesse di terzi sul
c/anticipi si può ipotizzare la revoca dei singoli contratti di anticipazione, in
modo da evitare le problematiche correlate a durevolezza e consistenza delle
rimesse;
3) i finanziamenti non beneficiano di alcuna limitazione.
Non si riesce pertanto a cogliere come, dei vari rapporti tra imprenditore fallito e
banca, se ne possa trarre un rapporto unitario a fini revocatoria.
Pare quindi necessario tenere distinte le singole posizioni contrattuali, e per ciascuna
di queste applicare le rispettive regole per individuare gli atti revocabili e l’importo
massimo di cui chiedere la restituzione, sebbene sovente si possa pervenire al
medesimo risultato.
Infine, un’altra sentenza merita di essere richiamata, ossia quella emessa dal
Tribunale di Brescia in data 29 aprile 2008 49. Il Collegio, nell’esaminare la fattispecie
di accrediti pervenuti alla banca dopo la chiusura del conto, ha stabilito che gli
accrediti de quo non possono essere qualificati come rimesse, e quindi per gli stessi
non operi l’esenzione di cui all’art. 67, comma 3, l. f. .
Ulteriori fattispecie di revocatorie verso il sistema bancario
L’effetto fortemente limitativo delle revocatorie delle rimesse su conto corrente
bancario, e la complessità dei possibili percorsi interpretativi, anziché riaccendere il
dibattito su altri filoni di revoca nei confronti del sistema bancario, hanno semmai
portato ad un atteggiamento contrario, quasi di rassegnazione, nelle note di una
messa da requiem delle azioni revocatorie.
49
in Il fallimento, 2009, 101
24
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Pare invece a chi scrive che molteplici possano ancora essere gli spazi di operatività
delle curatele per riequilibrare quelle situazioni che, ante fallimento, abbiano
agevolato il contenimento dell’esposizione degli istituti di credito, a svantaggio degli
altri creditori. Situazioni che, quasi per un senso di pudore, non rientravano nelle
ordinarie iniziative giudiziali delle procedure, o venivano prese in considerazione
essenzialmente al fine di precostituirsi una contropartita da spendere in sede
transattiva.
In breve carrellata:
A) la più significativa operatività che di norma si instaura tra banca e cliente
è costituita dalle anticipazioni (rectius, da finanziamenti/aperture di
credito) concesse al cliente, a fronte di crediti vantati da quest’ultimo
verso terzi. Di norma, tali finanziamenti conoscono tre modalità
esecutive che, a fronte dell’anticipazione, vedono alternativamente:
1) la cessione del credito (si pongono all’attenzione, in questo ambito, le
anticipazioni su fatture all’esportazione);
2) l’emissione di ricevute bancarie, con un contestuale accordo tale per
cui la banca, ricevendo i denari al momento del pagamento da parte
dei terzi (debitori dell’imprenditore), può trattenere la somma
ricevuta a compensazione dell’anticipazione concessa (cd. patto di
compensazione);
3) l’emissione di ricevute bancarie, senza patto di compensazione.
Nei primi due casi, potrà essere revocato ex art. 67, comma 2, l’atto, ossia
il singolo contratto (ancorché sulla base di un accordo – quadro) di
finanziamento, ove al momento dell’anticipazione la banca conosceva lo
stato di insolvenza
50.
La banca quindi dovrà restituire quanto incassato
dal terzo, o “rendere” la titolarità del credito al fallimento.
Nel terzo caso, potrà essere direttamente revocato ex art. 67, comma 2,
l’incasso pervenuto alla banca dal terzo (debitore dell’imprenditore
50
prescindendo in questa sede dalla tematiche legate alla opponibilità degli atti di cessione al fallimento
25
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
fallito), in presenza di scientia decoctionis al momento dell’incasso ricevuto
dalla banca.
Ad avviso di chi scrive, anche ai contratti di cessione di credito e di
anticipazione sbf si applica la limitazione di cui all’art. 70 l.f. 51, laddove
gli stessi siano ripetuti, assumendo quindi la qualifica di “rapporti
continuativi o reiterati”.
In questo caso i contratti di anticipazione andranno riordinati in base alle
singole anticipazioni ed ai successivi rientri, per determinare il massimo
scoperto del periodo.
Non si ritiene invece che tali atti possono essere qualificati come
“anormali”
52
(con le conseguenti agevolazioni probatorie ex art. 67,
comma 1, l. f.), salvo che per le specifiche circostanze
53
si possa
ipotizzare un meccanismo solutorio anomalo.
Da vagliare infine l’ipotesi in cui vi sia l’operatività del cd. “fido mobile”,
vale a dire il caso in cui l’impresa presenti elenchi di fatture di propri
clienti e la banca, anziché anticipare il relativo importo con accredito sul
conto corrente:
o consente all’impresa uno sconfinamento di pari importo sul conto
corrente ordinario, con applicazione di un tasso inferiore a quello
relativo alla apertura di credito per cassa;
o accrediti direttamente sul conto corrente ordinario gli incassi delle
fatture, alle rispettive scadenze.
In quest’ipotesi, si ritiene che non si possa procedere alla revoca delle
diverse
operazioni
di
presentazione,
non
configurandosi
giuridicamente singole anticipazioni, ma di volta in volta variazioni del
fido di conto corrente;
51
come sembra essere affermato anche dal Tribunale di Udine, cit.
si richiama peraltro Trib. Ravenna, 14 giugno 2005, in Il Fallimento, 2005, 1321, secondo cui le operazioni di
anticipo su fatture, essendo caratterizzate da uno strumento preordinato al sicuro pagamento di finanziamenti da
erogare, danno luogo ad un mezzo satisfattorio diverso dal denaro e, pertanto, sono revocabili ai sensi dell'articolo 67,
primo comma, numero 2, l.f.
53
ad esempio, specifica finalità di consentire il rientro dall’esposizione del conto corrente (sul tema, cfr. Trib. Brescia,
19 giugno 2000, in www.ilcaso.it
52
26
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
B) è in linea di principio ipotizzabile la revoca dei singoli contratti di
anticipazione, o comunque delle rimesse pervenute sul conto anticipi e la
contestuale revoca dell’importo confluito sul conto corrente per effetto
dell’anticipazione concessa dalla banca (che può quindi costituire una
rimessa revocabile, nei limiti analizzati54).
Infatti, la giurisprudenza ha più volte affermato la revocabilità di ogni
singolo atto solutorio, indipendentemente dalla revocabilità del negozio
a monte55.
Peraltro, l’applicazione ai contratti delle limitazioni di cui all’art. 70 l.f. o
comunque, secondo le recenti impostazioni giurisprudenziali, la
considerazione unitaria del rapporto potrà evitare una reiterata
duplicazione degli importi.
Con due esempi:
1) si ipotizzi un conto corrente ordinario con saldo -100 (a debito
dell'impresa), e l'effettuazione di una anticipazione di un credito
dell'impresa per 100 con accredito sul conto corrente ordinario e
addebito del conto anticipi. Si ipotizzi di seguito che la banca riceva dal
terzo debitore dell'impresa l'importo di 100, e lo accrediti sul conto
anticipi a decurtazione delle proprie spettanze per anticipazione.
Intervenendo il fallimento, il saldo dei due conti sarà a zero. Il curatore
potrà revocare sia rimessa sul conto corrente, sia il rientro sul conto
anticipi (o lo stesso contratto di anticipazione), azionando quindi
l'importo di 200.
Ad analogo risultato si perviene con la teoria della somma delle
posizioni, in conformità alle ultime espressioni giurisprudenziali;
2) qualora, nella medesima configurazione, le anticipazioni fossero due
(si immagini per comodità entrambe di 100), per entrambe la banca
54
Bonfatti, Profili problematici della revocatoria delle rimesse sul conto corrente bancario, in Diritto Fallimentare, 2000,
I, 1313.
55
Cassazione, 30 gennaio 2003, n. 1391, in Giust. civ., 2003, I, 2761.
27
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
ricevesse il pagamento da parte del terzo soggetto “anticipato” e vi fosse
da parte del correntista un integrale utilizzo della prima somma
anticipata, e nessun utilizzo della seconda (quindi, conto corrente e conto
anticipi a zero all’apertura del fallimento) il curatore potrebbe revocare
entrambe le rimesse sul conto corrente (200) ed entrambe le rimesse sul
conto anticipi (200), ma sia sul conto corrente che sul conto anticipi
scatterebbe la limitazione di cui all'articolo 70 l.f.. Il monte revocabile
complessivo sarebbe quindi comunque di 200 (100 come rientro del conto
ordinario, 100 come rientro del conto anticipi).
C) potranno, ovviamente, essere revocati ex art. 67, comma 2 l.f. i singoli
pagamenti di rate di mutuo ancorché, si ritiene, gli stessi avvengano
mediante addebito della contropartita sul conto. La disponibilità del
conto, che il correntista avrebbe potuto utilizzare in altro modo, è stata
infatti destinata al saldo delle posizioni di finanziamento (fatta salva la
neutralizzazione dell’addebito sul conto, in sede di revoca delle rimesse
sul conto corrente);
D) infine, si ritiene che potrà trovare più ampia applicazione da parte delle
curatele il ricorso all’istituto dell’azione revocatoria ordinaria. In effetti,
si ritiene che il termine di sei mesi (anziché quello precedente di un
anno) per l’esercizio della azione revocatoria fallimentare ex art. 67,
comma 2 l. f. rappresenti una contrazione temporale di eccessivo favore
per i possibili convenuti in revoca 56.
L’esperienza insegna infatti che i maggiori rientri da parte dei creditori si
realizzano tra i dodici e i sei mesi ante dichiarazione di fallimento, e che
gli ultimi mesi sono di norma occupati dalla istruttoria prefallimentare, a
56
mentre il limite di cui all’art. 70 l. f. può costituire, al contrario, una norma di ritrovato equilibrio, atta ad impedire
l’uso distorto dell’istituto revocatorio ed a consentire che i terzi, pur in presenza di un imprenditore in crisi, possano
continuare ad operare con lo stesso, così contribuendo alla salvaguardia del bene azienda
28
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
fronte di una attività d’impresa ormai agonizzante e di una insolvenza
conclamata, con l’azzeramento delle possibilità finanziarie del debitore.
D’altro canto, quanto meno nelle revocatorie verso il sistema bancario
non pare impresa così ardua rispettare le condizioni di operatività
dell’art. 2901 cod. civ.. Dovranno essere in ogni caso provate la
conoscenza da parte del terzo del pregiudizio arrecato dall’atto (ancorché
tramite presunzioni semplici) e non più la sola prova della conoscenza
dello stato di insolvenza, nonché la prova della conoscenza del
pregiudizio da parte del debitore57.
La limitazione più significativa all'esercizio della revocatoria ordinaria
appare quella della irrevocabilità nell'adempimento di un debito scaduto.
Divengono quindi irrevocabili, ad esempio, i pagamenti di rate di
finanziamento effettuate dopo la scadenza, mentre resta la revocabilità
degli atti a titolo oneroso, quali anticipazioni con mandato in rem
propriam o cessioni di credito.
Una riflessione specifica si pone quanto alle rimesse di conto corrente.
Per esse vige l'esenzione dell'articolo 67, comma 3, l.f., cosicché si ritiene
che anche in sede di revocatoria ordinaria debbano essere individuate le
rimesse che hanno ridotto l'esposizione in modo consistente e durevole.
Tuttavia queste ultime, nelle intenzioni del legislatore (secondo le ipotesi
in precedenza sviluppate) vengono a qualificarsi come pagamenti, e
come tali parrebbero indenni dalla sfera di applicabilità dell'articolo 2901
cod. civ..
Non va però dimenticato che, secondo l'impostazione più rigorosa, nel
rapporto di conto corrente bancario non si ha pagamento fino alla revoca
dell'apertura di conto corrente (cfr. art. 6, comma uno, lett. c delle Norme
Bancarie Uniformi), cosicché fino a tale data le rimesse (entro il fido) che
abbiano ridotto in modo consistente e durevole l’esposizione potrebbero
57
contra Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1996, 259, in quanto il debitore non sarebbe soggetto passivo dell’azione
29
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
costituire pagamento di un debito non scaduto, come tale revocabile ex
art. 2901 cod. civ..
Non saranno infine assoggettabili a revocatoria ordinaria le costituzioni
di garanzia per debiti scaduti.
Un esempio pratico
Proviamo ora a costruire una esemplificazione pratica, basata sui seguenti assunti:
-
tra la banca e l’imprenditore poi fallito intercorrono un contratto di conto
corrente ordinario, con un contratto di apertura di credito in conto per 100.000
euro, un contratto di anticipazione di fatture tramite riba, un finanziamento a
medio termine con scadenza periodica delle rate di rimborso;
-
il conto, fino alla data in cui è provata la conoscenza dello stato di insolvenza,
manifestava una operatività continua, con accrediti e addebiti quotidiani per
importi diversificati.
Dalla data in cui è provata la conoscenza dello stato di insolvenza da parte
dell’istituto di credito alla data di fallimento, si evidenziano le seguenti operazioni
(che si ipotizzano per semplicità già riordinate secondo la data di disponibilità):
giorno e mese
importo
saldo
causale
progressivo
01/01
=
- 150.000
saldo iniziale
02/01
+ 50.000
- 100.000
bonifico a terzi
03/01
- 48.000
- 148.000
bonifico di terzi
04/01
+ 85.000
- 63.000
anticipazione s.b.f.
29/01
- 30.000
- 93.000
add. assegni emessi
30/01
+ 40.000
- 53.000
anticipazione s.b.f.
07/02
- 27.000
- 80.000
ritiro effetti
07/02
- 10.000
- 90.000
addebito rata
finanziamento
08/02
+
500
- 89.500
versamenti contanti
30
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09/02
+ 1.000
- 88.500
bonifico di terzi
10/02
+ 5.000
- 83.500
bonifico di terzi
10/02
- 15.000
- 98.500
add. insoluti
04/03
+ 50.000
- 48.500
anticipazione s.b.f.
05/03
- 10.000
- 58.500
addebito int. passivi
30/04
- 1.000
- 59.500
addebito commissioni
10/05
- 5.000
- 64.500
addebito insoluti
Saldo all’apertura del fallimento: - 64.500
Si ipotizzi anche che le operazioni di anticipazione sbf accreditate sul conto avessero
le seguenti scadenze e i seguenti esiti:
-
operazione del 04/01 di 85.000, scadenza 10/02, pagamenti pervenuti alla
banca 70.000, insoluti 15.000;
-
operazione del 04/02 di 40.000, scadenza 10/05, pagamenti pervenuti alla
banca 35.000, insoluti 5.000;
-
operazione del 04/03 di 50.000, scadenza 10/06, pagamenti pervenuti alla
banca 50.000.
Gli interventi in revoca potranno vedere, in una situazione siffatta:
1) la revoca delle rimesse su conto ordinario“consistenti e durevoli”, secondo le
varie alternative in precedenza sviluppate.
Volendo sposare l’ipotesi del raffronto con la media delle operazioni del
semestre precedente per determinare il parametro cui rapportare consistenza e
durevolezza, si immaginino:
-
una media di consistenza delle rimesse di euro 15.000, media posta come
entità oltre la quale si ritengono consistenti le rimesse;
-
una media di durevolezza delle rimesse di 4 giorni.
Date queste premesse:
-
la rimessa di 50.000 del 02/01, confluita su conto scoperto, non sarà
revocabile in quanto la riduzione dell’esposizione pur consistente non è
31
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
stata durevole (atteso il prelievo di 48.000 del 03/01, e salvo revocare il
solo importo di euro 2.000);
-
la rimessa di 85.000 del 04/01 riduce l’esposizione in modo consistente e
durevole rispetto alla media, e sarà quindi revocabile. Ove si ritenga che si
applichi la revoca della sola quota che ha ridotto l’esposizione extra fido,
l’importo revocabile sarà di 48.000 (pari alla differenza tra l’esposizione
precedente, - 148.000, e l’esposizione nel fido,
- 100.000; secondo la teoria
più ricorrente (nessuna distinzione tra conto passivo e conto scoperto),
l’importo (85.000) sarà integralmente revocabile;
-
la rimessa di 40.000 del 30/01 riduce l’esposizione in modo consistente e
durevole rispetto alla media, ed è quindi revocabile (salvo l’ipotesi di
applicabilità del fido);
-
le rimesse di 500, 1.000 e 5.000 del 08/02, 09/02 e 10/02, per complessivi
6.500, non sono revocabili, in quanto non sono consistenti (neppure come
sommatoria), né durevoli;
-
la rimessa di 50.000 del 04/03 è indubbiamente coerente al requisito della
consistenza. Quanto alla durevolezza, si ritiene che la stessa sussista
limitatamente all’importo di 40.000 (dato il prelievo di 10.000). La rimessa è
quindi revocabile per 40.000.
Il monte revocabile teorico è quindi di euro 165.000.
Lo stesso va confrontato con il massimo rientro della banca nel periodo, quantificato
quale differenza tra 150.000 (saldo passivo all’inizio del periodo sospetto) e 64.500
(saldo all’apertura del fallimento), e quindi in 85.500, che costituirà l’importo
azionabile in revoca.
Tuttavia, in base alle aperture che si possono cogliere nella sentenza del Tribunale di
Udine, il conto corrente nel periodo sospetto potrebbe essere sterilizzato dagli
importi che “ripianano rapporti tra correntista e banca”.
Andrebbero quindi tolti dal saldo del conto alla data di apertura del fallimento gli
addebiti del 07/02 di 10.000 (pagamento rata finanziamento), di 15.000 del 10/02
(addebito insoluti), di 10.000 del 05/03 (addebito interessi passivi), di 1.000 del 30/04
(addebiti commissioni), di 5.000 del 10/05 (addebito insoluti), per complessivi 41.000.
32
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
Il saldo di conto diverrebbe quindi -23.500, ed il massimo rientro della banca 126.500,
che costituirà l’importo azionabile in revoca.
2) Il curatore, inoltre, potrà revocare i contratti di anticipazione, o comunque le
rimesse sul conto anticipi58, con la limitazione di cui all’art. 70 l. f.. I contratti di
anticipazione andranno quindi riordinati in base alle singole anticipazioni ed ai
successivi rientri, per determinare il massimo scoperto del periodo.
Nel nostro esempio:
04/01
Anticip. (+) + 85.000
Rientri
04/02
10/02
+ 40.000
04/03
10/05
10/06
+ 50.000
(-)
- 85.000
- 40.000 – 50.000
Totale
Progressivo + 85.000
+125.000
+40.000
+ 90.000
+ 50.000
Pur avendo la banca, nel periodo sospetto, disposto anticipazioni per complessivi
euro 175.000, il massimo scoperto per anticipazioni è stato di 125.000, che costituirà
l’importo massimo revocabile (massimo scoperto).
La banca, peraltro, ha ricevuto insoluti a fronte delle anticipazioni per euro 20.000.
Tale importo, in linea di principio, potrebbe essere detratto dall’importo massimo
revocabile, costituendo l’ammontare residuo delle “pretese” della banca per
anticipazioni all’apertura del fallimento.
Tuttavia, si osserva come la banca abbia imputato tali insoluti in conto corrente e, per
tale via, abbia considerato chiusa (e saldata) l’operazione di anticipazione, cosicchè si
pone in dubbio la detraibilità degli insoluti dal monte revocabile relativo ai contratti.
Tali insoluti non potranno neppure essere detratti dall’importo massimo revocabile
relativo al conto corrente, in quanto:
58
Fatte salve le difficoltà interpretative in ordine alla applicazione dell’esenzione ex art. 67, comma 3, l.f.
33
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
-
gli
accreditamenti
disposti
dalla
banca
hanno
valenza
autonoma,
ed
assumonoquindi di per sé valore solutorio. I successivi insoluti della carta
commerciale anticipata non rilevano aifini dell’accoglimento della revocatoria;
- l’addebito degli stessi sul conto influenza comunque l’importo massimo revocabile
ex art. 70 l.f., ed è quindi ivi ricompreso. Va da sé che il relativo addebito sul conto, in
quest’ottica, non dovrebbe essere neutralizzato (in quanto l’istituto di credito non è
“rientrato” delle proprie spettanze).
3) infine, il curatore potrà revocare il pagamento del finanziamento, pari ad euro
10.000 (salvo il caso in cui l’addebito sia già stato neutralizzato sul conto corrente, ed
abbia quindi comportato un incremento del monte revocabile delle rimesse).
***
Riepilogando, il monte revocabile complessivo potrà essere il seguente:
tipo rapporto
monte revocabile
conto corrente
85.500
(126.500 con neutralizzazione addebiti
“rapporti interni”,salvo insoluti)
anticipazioni
125.000
finanziamento
10.000
(zero se neutralizzati su c/c addebiti
“rapporti interni”)
Totale
220.500
***
Stando all’impostazione che traspare da una interpretazione unitaria del rapporto, si
avrebbero
i
seguenti
dati
(prescindendo
per
semplicità
dall’ipotesi
di
neutralizzazione degli addebiti):
a) massimo scoperto 375.000
(150.000
c/c,
125.000
anticipi,
100.000
finanziamento)
b) saldo data apertura fallimento
154.500
(64.500 c/c, 0 anticipi, 90.000
finanziamento)
c) monte revocabile 220.500 (375.000 – 154.500)
34
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
L’importo coincide con quello ottenuto tramite l’impostazione che vaglia i rapporti in
modo separato.
Tuttavia, non sono da escludere divergenze, specie laddove il rientro su conto
corrente sia maggiore delle rimesse che possono essere qualificate consistenti e
durevoli.
La conoscenza dello stato di insolvenza
Per completezza di tema, si ritiene opportuno svolgere alcune brevi considerazioni
con riguardo alla prova della conoscenza dello stato di insolvenza, che il curatore
deve fornire ex art. 67, comma 2, l.f. .
Un interessante ed esaustivo riepilogo delle posizioni giuridisprudenziali di base in
tema di presupposto soggettivo della azione revocatoria fallimentare (cd. scientia
decoctionis) è offerto proprio dalla richiamata sentenza del 29 aprile 2008 del
Tribunale di Brescia.
Il collegio muove dalla posizione di fondo del giudice di legittimità, secondo cui la
conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo deve essere effettiva e non
soltanto potenziale.
Il rigido principio trova poi un calmieramento nell'asserzione per cui la prova della
conoscenza (effettiva) può essere data anche per elementi indiziari, purché
consentano di ritenere che il terzo, applicandosi con comune diligenza59, non
avrebbe potuto non avvedersi dello stato di insolvenza. È peraltro evidente che tale
prova debba essere, ai sensi dell'articolo 2729 cod. civ., il risultato di presunzioni
gravi, precise e concordanti60.
Così richiamati i principi cardine delle indagini in tema di scientia decoctionis, si
ritiene di trasmettere alcuni spunti che, nella prassi, possono condurre a trovare
elementi di presunzione adeguati al fine preposto:
59
comune diligenza che peraltro, nel caso degli istituti di credito, deve tenere conto della professionalità dei medesimi e
della loro capacità di accedere a fonti informative specifiche, e di darne interpretazione tecnica. Cfr. Cassazione, 6
dicembre 1996, n. 10886
60
Cassazione, 7 agosto 1997, n. 7298
35
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
1) elemento cardine è sicuramente il bilancio dell'imprenditore61.
Vengono sovente sviluppate in sede contenziosa articolate analisi per
indici, che peraltro ad avviso dello scrivente hanno presa relativa sugli
organi giudicanti, e scontano il fatto di essere rapportate a parametri
teorici che raramente le aziende riescono a raggiungere.
Si ritiene di più immediata percezione l'estrapolazione di alcuni dati
essenziali, quali ad esempio:
- l'incompatibilità dell'entità dei debiti tributari previdenziali con le voci
di conto economico. Infatti, qualora le voci di debito iscritte al passivo
sono di importi non dissimili a quelli delle corrispondenti voci di costo
iscritte a conto economico, con ogni probabilità l’impresa non sta dando
corso ai versamenti a termini di legge (di norma, versamenti mensili);
- l'assenza di fondi oneri per sanzioni, in presenza di arretrati contributivi
ed erariali;
- il progressivo incremento dell'indebitamento a breve nel corso degli
esercizi;
- l'entità dei debiti rispetto al fatturato, laddove un'entità dei debiti pari o
superiore al 60% rispetto al fatturato dell'esercizio viene notoriamente
ritenuta come segnale di significativo allarme;
- la effettuazione di investimenti di medio-lungo periodo senza
corrispondenti coperture finanziarie62;
- lo sviluppo di programmi imprenditoriali incompatibili con il cash-flow
prodotto dall'azienda, e/o basati su ipotetici incrementi di fatturato a
brevissimo termine, anziché su equilibrate proiezioni finanziarie;
- l'esiguità degli accantonamenti a fondo rischi su crediti, in rapporto
all'entità dei crediti commerciali e/o alle perdite su crediti ricorrenti;
- le vendite infragruppo, finalizzate all’emersione di plusvalenze, tanto
più in assenza di corresponsione del prezzo;
61
la cui acquisizione da parte degli istituti di credito può essere data di norma per certa nel caso delle società di capitali,
tenute al deposito nel registro delle imprese, ragionevolmente da provare per le società di persone
62
Alla cui evidenziazione possono essere di supporto analisi per flussi
36
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
- l’entità di crediti e finanziamenti verso società del gruppo;
- la lievitazione progressiva delle rimanenze, a parità di fatturato;
- i risultati della gestione caratteristica.
A ciò si aggiunge, quale elemento di immediata percettibilità, il margine
di tesoreria, dato dalla differenza tra le attività a breve e le passività a
breve63.
In quest'analisi, di grande sostegno possono essere la nota integrativa e la
relazione sulla gestione, da cui percepire l'inadeguatezza dei programmi,
piuttosto che la vera significatività dei "numeri";
2) lo stesso andamento del conto viene sovente a costituire elemento di
prova di uno scadimento del rapporto fiduciario tra banca e cliente.
Significativi, in quest'ambito, possono essere:
- lo stesso rientro oggetto di revocatoria;
- la sospensione delle operazioni di anticipazione (specie su ricevute
bancarie);
- una gestione molto attenta dell'extra-fido, a fronte di una precedente
maggiore elasticità;
- accrediti e addebiti di importi per cifra tonda;
- accrediti (o addirittura versamenti soci) corrispondenti ad addebiti,
specie nella prassi per assegni tratti sul conto, e addebitati con data
valuta di parecchi giorni precedenti;
- spese di richiamo assegni dal protesto e spese per pagamento di assegni
oltre il termine;
- mancato addebito di insoluti;
- rilevante entità di insoluti sulle ricevute bancarie verso clienti
dell'imprenditore (che può costituire segnale di una gestione negativa, o
sovente di anticipazione di crediti inesistenti);
63
si rammenta peraltro che la Corte di Cassazione (cfr. Cassazione, 6 giugno 1992, n. 8012, in Il Fallimento, 1992,
1026) ha avuto modo di affermare che lo squilibrio tra poste attive e poste passive non necessariamente significa
insolvenza. Si concorda con l'impostazione, tanto più che le aperture di credito concesse al sistema bancario, ancorché
indicate in bilancio tra i crediti a breve, vengono di fatto a rappresentare -nel loro continuo reiterarsi -una posta di non
immediata esigibilità
37
Revocatoria fallimentare e istituti di credito – Minimaster Ordine commercialisti Bergamo – novembre 2011 - Federico Clemente
- l’assenza della convenzione di utilizzo assegni;
- blocco dell'operatività corrente del conto, su cui vengono addebitati
solo interessi passivi e spese.
Non rileva, di contro, la circostanza per cui la banca abbia proseguito il
rapporto con il cliente mantenendo l’affidamento, in quanto “l’istituto
potrebbe essere stato indotto a proseguire il rapporto con il cliente con le
motivazioni più varie come,ad esempio, quella di ottenere dei pagamenti parziali,
o di accrescere le proprie garanzie, o, ancora, di aiutare il fallendo a superare la
crisi economica”64
3) la sussistenza di procedure esecutive immobiliari, di natura pubblica
(tramite Tribunale o comunque Conservatoria) e ciclicamente verificate
dagli istituti di credito. La fase esecutiva presuppone un iter giudiziario
che, di per sé, attesta di una insolvenza già in atto.
Allorché l'imprenditore arriva a subire più azioni esecutive (o, talvolta,
anche una sola di rilevante entità) a giudizio di chi scrive si ha un
elemento incontrovertibile (e forse anche sufficiente) di una insolvenza in
atto ed irreversibile senza interventi straordinari65;
4) le considerazioni che precedono esplicano ancor più la loro validità
con riguardo alla levata di protesti, che è oggetto di pubblicazione e
agevolmente consultabile da chiunque;
5) una certa valenza corroborativa possono assumere le notizie di
stampa, tanto più allorché diano atto di interventi straordinari
sull'organico (CIGS e mobilità), o di arretrati degli stipendi.
64
così Tribunale Milano, 21 luglio 2009, cit., in richiamo a Casazione, 22 gennaio 2009, n. 1617; analogamneteTrib.
Milano, 25 maggio 2009, cit.
65
non va dimenticato tuttavia che, secondo l'impostazione del supremo collegio, e azioni esecutive non sono di per se
stesse sufficienti ad integrare la prova la scienza decozione, cfr. è. Cassazione, 28 aprile 1995, numero 4718 e 28
maggio 1997,4731
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Conclusioni
Indubbiamente, dopo gli interventi di riforma il panorama interpretativo è ancora
estremamente variegato, e necessiterà un lungo cammino giurisprudenziale per
delimitare i confini di applicazione delle norme.
Ad avviso di chi scrive, pertanto, le curatele potrebbero costruire iniziative giudiziali
articolate, che prevedano:
a) la revoca ex art. 67, comma 2, l.f., delle rimesse, quale differenza ex art.
70 l.f.;
b) in subordine, la revoca delle rimesse ex art. 67, comma 2, l.f., con
l'individuazione di quelle non esenti ex art. 67, comma 3, secondo due
impostazioni (quanto alla consistenza):
-consistenza come importo assoluto;
-consistenza come rapporto percentuale (ipotizzando vari parametri di
riferimento cui applicare la percentuale, quali l'esposizione prima e dopo
la rimessa, l'esposizione media, l'entità media delle rimesse, la differenza
ex art. 70 l.f.);
c) la revoca ex art. 67, comma 2 dei contratti di anticipazione/cessione
del credito o dei correlati pagamenti dei terzi, a prescindere dalla
revocabilità della corrispondente rimessa sul conto corrente;
d) la revoca ex art. 67, comma uno, degli stessi contratti, quali atti
anormali di gestione (di per se stessi, o quantomeno quando siano stati
preordinati al pagamento di pregresse posizioni);
e) la revoca dei pagamenti di finanziamenti;
f) la revoca ordinaria dei contratti e la revoca ordinaria delle rimesse,
limitatamente a quelle che abbiano ridotto l'esposizione in modo
consistente e durevole, per la parte dell'esposizione compresa nel fido
(che quindi potrebbero non costituire pagamento).
Quanto alle possibili censure da parte degli istituti di credito convenuti,
le stesse potranno andare in particolare nell'indirizzo di:
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- sottolineare la necessaria concomitante applicazione dell'art. 67, comma
tre e dell'art. 70;
- rapportare la consistenza alla propria esposizione, e la durevolezza a
tempi non lontani dalla definitività;
- censurare l'ipotesi di doppia revoca (anche se la visione unitaria dei
rapporti ne configura comunque l’operatività);
- censurare le ipotesi che qualificano come anormali gli atti collegati alle
anticipazioni;
- ritenere inapplicabile la revocatoria ordinaria delle rimesse di conto
corrente in quanto le stesse, allorché abbiano ridotto in modo consistente
e durevole l’esposizione, divengono di per sé pagamento di debiti
scaduti e quindi estranee dalla sfera di operatività dell'articolo 2901 cod.
civ.
Bergamo, 23 novembre 2011
Federico Clemente
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Esempio limitazione art. 70, comma 3 l.f.
Si ipotizzi un fornitore che, pur consapevole dello stato di insolvenza del proprio
debitore, vantando già un credito di 80 prosegua ad effettuare alcune forniture e a
ricevere alcuni pagamenti per spettanze scadute. Si immagini che l'andamento delle
sue spettanze possa essere così rappresentato:
data
fornitura
pagamento
2/1
saldo a credito del fornitore
80
20/1
20
100
3/2
40
140
5/3
7/3
80
30
9/4
10/5
18/6
90
70
30
15/6
20
50
20
25
60
30
55
Il 20 giugno il debitore viene dichiarato fallito. Prima della riforma dell'articolo 70, il
fornitore avrebbe subìto la revoca di tutti i pagamenti ricevuti nel periodo ai sensi
dell'articolo 67, comma due, in quanto pagamenti di debiti scaduti (atti normali di
gestione), dovendo così restituire al fallimento l'importo di 170 (80+ 70+ 20).
In base al comma tre dell'articolo in commento, invece, il massimo importo
revocabile è pari a 85, ossia la differenza tra il massimo scoperto del periodo (140) e
quanto rimasto impagato all'apertura del fallimento (55).
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Esempio saldo per data di disponibilità
Movimenti del conto corrente
a)
saldo per data contabile
data
movimenti
saldo progressivo
1/2
saldo di apertura
-10.000
1/2
versamento
assegno con valuta 6/2
di euro 15.000
+ 5.000
prelievo
euro 12.000
- 7.000
2/2
Il versamento dell’assegno è revocabile per euro 10.000 (lo scoperto del 1/2)
b)
saldo per data disponibilità
Si presume che l’assegno sia stato effettivamente negoziato il 6/2, cioè in
corrispondenza con la data valuta, e che quindi solo dal 6/2 l’importo di euro 15.000
sia disponibile per il correntista.
Ne deriva che con il prelievo del 2/2 il conto corrente è scoperto per euro 22.000
data
movimenti
saldo progressivo
1/2
apertura
- 10.000
2/2
prelievo
euro 12.000
- 22.000
versamento assegno
con valuta 6/2
di euro 15.000
- 7.000
6/2
Il versamento dell’assegno è revocabile per euro 15.000.
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