Francesco Porcu Il Monte Granatico di Santu Lussurgiu 1761-1865 Agricoltura e potere locale in ambiente agro-pastorale Francesco Porcu, Il Monte Granatico di Santu Lussurgiu Copyright© 2013 Edizioni del Faro Gruppo Editoriale Tangram Srl Via Verdi, 9/A – 38122 Trento www.edizionidelfaro.it – [email protected] Prima edizione: maggio 2013 – Printed in Italy ISBN 978-88-6537-171-8 In copertina: immagine storica rielaborata da Francesco Pintus Questo libro è stato pubblicato con il contributo della Fondazione Banco di Sardegna “La distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l’esperienza dei contemporanei e quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni del Novecento. La maggior parte dei giovani alla fine del secolo è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono”. Eric J. Hobswaum Sommario Abbreviazioni 11 Presentazione 13 Premessa 15 1 I primi Monti Granatici in Sardegna e nella diocesi di Bosa 19 2L’opera di Giovanni Battista Massidda, fondatore e primo Censore del Monte lussurgese 25 3 Il censorato di Antonio Martino Massidda. Costruzione dell’edificio adibito a deposito del grano 37 4 Il censorato di Giuseppe Pasquale Cherchi Massidda e la visita del Viceré Des Hayes a Santu Lussurgiu 45 5 Insicurezza e illegalità diffuse anche negli ultimi decenni del secolo 49 6Nascita del Monte Numario e ridenominazione dell’Istituzione. Il problema di una eccessiva dotazione granaria 63 7 Gli anni della rivolta antifeudale. Avidità della mano pubblica sui Monti di Soccorso 69 8 Il governo locale del Monte lussurgese 77 9 Vicende amministrative in anni di carestia 85 10Le condizioni precarie del magazzino: un problema cruciale del Monte 91 11Comportamento arbitrario della Giunta Locale: sua destituzione e laboriosa formazione della nuova Giunta 103 12Il censorato del notaio Antonio Maria Meloni e la vertenza sui vacui 111 13I termini della vertenza sui vacui 127 14La difficile opera di risanamento dei nuovi amministratori 131 15Il nobile avvocato don Francesco Antonio Massidda, ultimo censore del Monte 139 16Vicende dell’edificio successive alla soppressione del Monte 147 Documenti d’archivio 155 Bibliografia 157 Immagini 159 Il Monte Granatico di Santu Lussurgiu 1761-1865 Agricoltura e potere locale in ambiente agro-pastorale A bbreviazioni ASC: Archivio di Stato di Cagliari ASO: Archivio di Stato di Oristano AST: Archivio di Stato di Torino ACS: Archivio Comunale di Santu Lussurgiu 11 Presentazione I l bel lavoro di Francesco Porcu sul Monte Granatico di Santu Lussurgiu è frutto di una lunga e attenta e paziente ricerca, condotta sulle fonti presenti nei documenti d’archivio (in particolare nell’Archivio di Stato Cagliari), e di una ricca e pertinente bibliografia, che l’autore ha condensato in diversi anni di impegno e di entusiasmo. La ricerca è ben condotta e permette di ricostruire l’organizzazione e la vita del Monte Granatico, calata nel contesto, spesso dinamico e ricco di contraddizioni della comunità di villaggio di Santu Lussurgiu, dove la forte attività armentizia non sempre è in sintonia con l’agricoltura. Emergono le istituzioni locali, come il Sindaco, il Consiglio Comunitativo e i probi uomini, il Censore locale dell’agricoltura in incontro e/o scontro con le istituzioni statali superiori, come il Viceré, il Censore Generale e altre. Appare una lotta di potere dove la nobiltà e il clero entrano pesantemente in lizza condizionando gravemente le decisioni della vita della comunità di villaggio. Anche le vicende del fabbricato del Monte Granatico sono affrontate in maniera specifica individuando i vari problemi e le ripercussioni sociali nella vita quotidiana. È una realtà ricca di chiaroscuri che il Porcu lumeggia con maestria, utilizzando sapientemente le fonti e ben descrivendo agilmente, con una lettura piacevole, le varie nervature dei processi in atto. 13 È un lavoro da certosino: la sistemazione delle tessere del mosaico è frutto di impegno e di duttile dosaggio delle fonti d’archivio e delle biblioteche; e, aggiungiamo anche di sincero entusiasmo civile per le sorti di questa istituzione che potrebbe essere di esempio anche oggi per i nostri tempi procellosi. Il dono di Francesco Porcu al suo paese merita di essere letto con attenzione e i lettori avvertiti e attenti possono scoprire una serie di aspetti non sempre ben illuminati dagli studiosi. Infine, la ricerca di Francesco Porcu può far germogliare nuove idee per la valorizzazione economica e sociale della realtà sarda nei tempi odierni, spesso confusi e incerti sulla strada da percorrere per il futuro. Francesco Carboni Università degli Studi di Cagliari * Francesco Carboni è docente di Storia Moderna e di Storia della Sardegna Moderna nella Facoltà di Lettere e Filosofia. 14 Premessa “Esistiamo perché, a differenza di altri popoli, non abbiamo mai smesso di raccontare il nostro passato”. Sergio Romano L a presente ricerca è stata condotta nel rigoroso rispetto delle fonti e nel solo intento di contribuire al recupero della memoria storica di un importante monumento architettonico, dislocato nel cuore antico del paese di Santu Lussurgiu, in un sito denso di storia feudale. Si tratta dell’edificio settecentesco del Monte Granatico, che aveva il compito di custodire la riserva di grano da concedere in prestito agevolato ai contadini, al tempo della seminagione. Mirando, dunque, a una comune riscoperta della dimensione storica di un bene culturale del territorio, questo lavoro si pone in continuità col progetto organico di tutela e valorizzazione della cultura locale, formulato trentacinque anni fa nel Centro di Cultura Popolare UNLA1, e oggi più che mai attuale come fonte d’ispirazione di diversi filoni di ricerca nel vasto campo Il Centro UNLA allora era diretto dal suo fondatore Francesco Salis. Il Progetto di intervento sui beni culturali del territorio fu, poi, recepito dal Ministero della P. I. che, sotto il nome di “Progetto Italia” lo trasmise al 1 15 della tradizione lussurgese. Da qui trae nutrimento un nuovo associazionismo non più concentrato e accentrato, ma diffuso e disperso in gruppi e gruppuscoli, spesso legalmente costituiti con obiettivi contigui, se non identici. Il risultato più cospicuo, tra gli interventi di recupero già effettuati nel corso di questi decenni, fu la costituzione del Museo della tecnologia contadina, che ancora oggi, pur non avendo utilizzato al meglio tutte le sue potenzialità, è sempre in grado di proporre una ricca documentazione sullo stadio artigianale e preindustriale della comunità, quando questa costruiva con le proprie mani gli oggetti di uso comune e gli strumenti per il suo lavoro e veniva determinando, giorno dopo giorno, l’attuale conformazione urbanistica dell’abitato, e quella paesaggistica del territorio. Orbene, questa comunità viene attestata nelle tracce di cultura materiale lasciate al suo passaggio e, soprattutto, nelle antiche carte d’archivio. In tali documenti, che hanno il dono della parola, la gente parla, chiede e protesta direttamente o indirettamente presso le autorità, dando, comunque, testimonianza di sé, e degli eventi che volta a volta la coinvolgono e, non di rado, la travolgono. Le classi più diseredate si intravedono, spesso silenziose, sullo sfondo. Pastori e contadini di umile condizione, talvolta possessori di piccole particelle di terreno di eredità familiare, ma soprattutto fruitori delle terre comuni fino alla riforma delle chiudende e poi destinati a incrementare la categoria degli zappatori a giornata. Soprattutto i piccoli contadini acquistano, ogni tanto, visibilità sulla scena pubblica, quando, nelle situazioni di emergenza, si fanno avanti per chiedere, per esempio, la protezione dei seminati dal bestiame incustodito e vedersi, Consiglio d’Europa come presenza italiana in una rete di interscambio di esperienze di educazione permanente fra Paesi europei. 16 magari, respingere dal giudice locale con lo schioppo spianato; oppure per chiedere il permesso di poter coltivare un po’ di orzo nelle radure della montagna ghiandifera, a causa della totale mancanza di seminativi aperti, e così via. Il Monte Granatico entrò in questi documenti fin dalla sua origine e da subito divennero abituali le immagini fuori campo degli agricoltori che in autunno si recavano al magazzino per avere in prestito il grano da semina e in estate per restituirlo con un leggero interesse. Questi gesti, quasi rituali, venivano, spesso, turbati dalle annate fallimentari che rendevano impraticabile la restituzione dei prestiti con la puntualità dovuta. Il Monte, nei momenti migliori, fu un potente fattore di crescita civile, per i valori di solidarietà, di collaborazione, di attenzione al bene comune di cui era portatore; e anche nei suoi momenti peggiori, in cui questi valori vennero messi da parte, restò sempre visibile la sua ispirazione ideale come tacito rimprovero agli amministratori infedeli. Nel 1864 il Comune di Santu Lussurgiu decise la soppressione del suo Monte, già in crisi, dopo un’attività secolare dispiegata tra gli anni del riformismo boginiano e l’Unità d’Italia, essendo stato testimone e, talvolta, vittima di rilevanti eventi storici, come i Moti antifeudali, la Riforma agraria promossa dalla legge sulle chiudende, la soppressione del feudalesimo, i moti popolari nelle campagne ecc. Cancellando l’antica Istituzione, il Comune si illudeva di poter disporre liberamente del suo edificio, con l’intento di utilizzarlo, opportunamente ristrutturato, a sede di pubblici uffici ed, inoltre, auspicava il passaggio a forme più moderne di credito agevolato. In realtà, gli agricoltori ebbero, poi, il tempo di sperimentare di nuovo l’avidità degli usurai, ancora per lunghi decenni. Il magazzino, invece, sopravvisse miracolosamente fino ai nostri giorni, nonostante i continui attentati alla sua identità, di cui quello perpetrato dal Fascismo è stato il più deleterio, non 17