N°. 85 anno N. 84 Anno XVIII XVIII delle delle pubblicazioni pubblicazioni dei dei Dalmati Dalmati di diTrieste Trieste n° I - ottobre n° 3/anno 1 - agosto 2014 2014 Taxe perque Italy Spedizione in a.p. art. 20/C legge 622/96 filiale di Trieste c.p.o. -via Brigata Casale Poste italiane SpA2 spedizione in abbonamento postale 70% NE/TS in caso di mancato recapito, inviare all’Ufficio Trieste-CPO per la restituzione al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto. IL DALMATA LIBERO GOVERNO, GEOGRAFI CROATI E L’UNIONE EUROPEA DISEGNANO INSIEME UNA REGIONE “DALMAZIA” QUASI UNITA CHE NASCERÀ DALLA FUSIONE DI QUATTRO CONTEE Zara reclama la capitale per essere stata la capitale del Regno di Dalmazia contro Spalato, già capitale dell’Impero romano. Ragusa ricorda l’indipendenza della sua Repubblica FALLITA LA POLITICA DI LUXARDO ABBANDONATO ANCHE DAI “RIMASTI” Con poche righe pubblicate su Il Piccolo del 7 settembre u.s., l’Unione italiana di Tremul annuncia che inizierà presso il Governo croato l’iter per l’applicazione dell’Accordo DiniGranić per aprire una scuola elementare pubblica di lingua italiana a Zara… con solo 18 anni di ritardo. Cade così una delle principali ragioni di scontro tra i dalmati triestini, in particolare con me, e l’Unione italiana di Tremul che si era rifiutata finora di chiedere l’applicazione dell’Accordo italo-croato Dini-Granić del 1996 che ha comportato tra l’altro, il mancato riconoscimento da parte della Croazia dell’Asilo di Zara e la necessità di ricorrere ogni anno per il suo finanziamento alle disponibilità della Regione Veneto, Continua in ultima pagina Adriatico mare di petrolio Servizio a pag. 3 Ripartizione della Croazia come voluta dall’Europa In clima di revisione della spesa pubblica, per evitare che la Repubblica di Croazia scivoli verso una crisi economico-finanziaria analoga a quella della Grecia, il Governo croato ha affidato ad una commissione di geografi un progetto per l’accorpamento delle attuali 20 Contee (Županije) in cinque Regioni o macro Contee. La competente commissione europea ha consigliato alcune varianti di non grande entità e si prevede che, subito dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento e del Presidente della Repubblica, il provvedimento sarà approvato dal Sabor ed entrerà in vigore in tempi brevi, HDZ permettendo. Riportiamo qui accanto la cartina della nuova ripartizione della Croazia nella quale notiamo che si va verso la riunificazione della Dalmazia croata. Ciò significa che, rispetto al Regno di Dalmazia asburgico mancano le Bocche di Cattaro ed il resto della Dalmazia montenegrina che fanno parte di un altro stato. Le isole quarnerine di Veglia, Cherso, Lussino e di Arbe, che anche ai tempi dell’Arcivescovo Marc’Antonio de’Dominis facevano parte della Dalmazia, negli ultimi tempi sono state aggregate in parte all’Istria ed in parte a Fiume. Peraltro, prima dellacaduta della Serenissima, anche nelle cartine allegate ai Trattati di Passarowitz e Karlowitz que- ste isole erano denominate Dalmazia veneta (vedi Il Dalmata n. 3 dell’aprile 1998 e succ. in www.dalmaziaeu.it). La riunificazione della Dalmazia è stata auspicata da varie parti da molto tempo e lo testimonia il libro Dalmazia, Regione d’Europa di Renzo de’Vidovich, pubblicato nel 1992, che all’argomento dedica un capitolo ritornato d’attualità. Negli ultimi secoli, la Dalmazia era stata ridotta ad una striscia di terra tra le Alpi Dinariche ed il mare Adriatico, perché facente parte della Civiltà marinara dell’Olio e del Vino, mentre i territori a nord del sistema montuoso venivano considerati territori continentali influenzati dalla Civiltà danubiana del Sego e della Birra. Ma tale distinzione oggi è meno evidente, perché i trafori dei monti e le strade che collegano la Dalmazia marittima con i territori continentali hanno reso meno stridenti le differenze che solo 50 anni fa si coglievano ictu occuli. Si è aperta subito una vivace polemica tra le tre città che maggiormente aspirano a diventare la capitale della nuova Regione dalmata. Zara vanta di essere stata capitale del Regno di Dalmazia, fin dai tempi dell’occupazione ungherese, poco dopo l’inizio dello scorso millennio, manteDaria Garbin Continua a pag. 2 ottobre 2014 pag.2 IL DALMATA LIBERO UNA DECISIONE IMPOSTA DALL’UE, MODIFICABILE SOLO NEI DETTAGLI LA REVISIONE DELLE SPESE DELLA CROAZIA IN DIFFICOLTÀ ACCOLTA CON MOLTA DIFFIDENZA E PREOCCUPAZIONE L’opposizione all’accorpamento in 5 Regioni delle 20 Contee, abituate ad una larga autonomia, bollata da Zagabria come miope municipalità, non è più consentita dalla crisi Continua dalla prima pagina nendo questa prerogativa fino al 1918, quando cioè esistette il Regno di Dalmazia incardinato nell’Impero asburgico. Spalato, d’altra parte, vanta di essere attualmente la più grande città della Dalmazia con oltre 180 mila abitanti, con il porto più attivo e l’industria più moderna e di essere erede della vicina Salona, ricorda l’imponente Palazzo di Diocleziano, dal quale l’Imperatore governò di fatto per più anni l’Impero romano. Salona fu anche centro di diffusione della Chiesa di Cristo in tutti i territori attualmente occupati dalla Slavia occidentale e, in parte, anche dall’Europa orientale. Infine Dubrovnik si è ricordata finalmente di essere nata dalla fusione delle città di Ragusa e dal porto di Gravosa, per cui vanta una notorietà ed una bellezza internazionale che la rendono famosa in tutto il mondo dove è ricordata per le strutture antiche pervenute intatte fino a noi. Inoltre, la Repubblica di Ragusa fu indipendente e staccata dal resto della Dalmazia per un lungo periodo: taluni studiosi parlano di cinque secoli, altri addirittura di un millennio. Secondo la dirigenza europea sarà possibile fare degli spostamenti tra i territori asse- gnati alle cinque regioni, ma non sarà consentito mantenere le attuali 20 Contee che pare costituiscano una spesa non più sostenibile dall’economia croata. Quello della capitale sarà dunque un problema di non facile soluzione e, con l’esperienza tratta da quelle regioni italiane che comprendevano più di una capitale storica, pensiamo che la soluzione più probabile possa trovarsi nella ripartizione degli assessorati – ministeri decentrati e divisi tra le maggiori città contendenti. Naturalmente, indifferente a tutto ciò che riguarda la Dalmazia, l’Unione italiana di Fiume non ne ha fatto alcun cenno. Questa volta, però, è scusabile perché, come appare dalla carta geografica, all’accorpamento delle Contee dell’Istria, di Fiume e delle altre isole del Carnaro si aggiunge la Lika che non ha nulla in comune con la tradizione marinara degli altri territori e che la tradizione storica e geografica vorrebbe un accorpamento della Lika alla Croazia centro-meridionale. In ciò Il Dalmata libero si schiera accanto all’Unione italiana di Fiume ed è pronto a recepire anche le osservazioni degli italiani delle attuali varie contee della Dalmazia. D.G. GRAZIE AL PERSEVERANTE IMPEGNO DEI TRIESTINI ZARA AVRÀ NEL PROSSIMO ANNO UNA SCUOLA PUBBLICA ELEMENTARE ITALIANA? Con l’applicazione, sia pure solo a Zara, dell’Accordo Dini-Granić anche l’asilo Pinocchio potrà essere finanziato dal Governo croato Le pressioni che abbiamo esercitato sull’Unione italiana di Fiume attraverso Il Dalmata e che ha indotto il padrone dell’Associazione Franco Luxardo a scippare il giornale, destituire il Presidente della Delegazione di Trieste e bloccarne l’attività (voleva vietare la pubblicazione dei due articoli sull’Ui ne Il Dalmata n. 80 del settembre 2013) abbiamo costretto l’Unione italiana a chiedere al Governo croato l’apertura di una scuola elementare a Zara che potrà partire, come abbiamo scritto nello scorso numero, da oltre una dozzina di bambini provenienti dall’asilo. Sicuramente si troveranno anche altri allievi. Tutto ciò avviene dopo 18 anni dall’Accordo Dini-Granić ed anche lo scorso anno, quando la Vice Ministro Dassù fece una conferenza a Trieste per annunciare l’aper- tura dell’Asilo (omettendo di dire che era privato e quindi soggetto a tutte le difficoltà finanziarie che hanno incontrato gli altri asili privati di Zara che regolarmente hanno chiuso in passato per ragioni finanziarie), chiedemmo, a nome della Delegazione di Trieste, che il Governo italiano pretendesse l’applicazione del famoso Accordo. La Dassù non rispose alle nostre richieste (che non erano state avanzate dalla FederEsuli, né dal Sindaco Luxardo che ne fa parte) ed oggi prendiamo atto che presto inizierà l’iter burocratico per aprire una scuola croata con insegnamento di lingua italiana a Zara. Nulla ci viene detto per Spalato, benché il nostro giornale abbia specificato che una dozzina di famiglie, all’incirca lo stesso numero di quelle di Zara, avevano fatto presente ai docenti e dirigenti del Liceo linguisticoinformatico Leonardo da Vinci di Spalato, rigorosamente privato, di essere disposte ad iscrivere i loro figli, cioè i fratelli minori degli allievi del Liceo, ad una scuola elementare pubblica croata con insegnamento della lingua italiana. Aspettiamo con ansia di vedere quando e come sarà aperta questa scuola di Zara, se il Governo italiano compererà i locali per ospitarla, come avviene per tutte le scuole elementari e non con l’insegnamento di lingua italiana in Istria ed a Fiume. Siamo anche curiosi di sapere qualora l’immobile sia acquistato con il finanziamento dello Stato italiano, se diventerà di proprietà dell’associazione privata denominata l’Unione italiana di Fiume o sarà intestato all’Ambasciata italiana di Zagabria. IL DALMATA LIBERO Via dei Giacinti n. 8 - 34135 Trieste tel. 040.425118 - fax 040.4260637 Autorizzazione del Tribunale di Trieste n. 1276 del 9/06/2014 Editore e Direttore Renzo de’Vidovich tel. 040.635944 - fax 040.3483946 Redazione Elisabetta de’Dominis, Daria Garbin, Maria Sole de’Vidovich, Antonella Tommaseo, Marino Maracich, Laura Tommaseo Paglia, Enrico Focardi, Simone Bais, Alberto Rutter, Gianna Duda Marinelli e Marcello Gabrielli Segreteria Daria Garbin Immagine Maria Sole de’Vidovich Coordinamento Antonella Tommaseo Conto corrente postale provvisorio Fondazione Rustia Traine (gentilmente concesso) C.c.p. n. 55921985 Iban: IT 84 D 07601 02200 000055921985 Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Posta Elettronica [email protected] Sito Internet www.dalmaziaeu.it Stampa Art Group S.r.l. Trieste Iniziativa realizzata con il contributo del Governo italiano ex L. 191/2009 IL DALMATA LIBERO ottobre 2014 pag.3 ABBASSAMENTO DELLE COSTE, FUORUSCITA DI GREGGIO, MORIA DI PESCI ADRIATICO MARE DI PETROLIO FONTE DI SMOTTAMENTI TERREMOTI E BRADISISMI Un branco di capodogli fuggono da Sebenico, spiaggiano a Vasto e richiamano l’attenzione sui danni da trivellazioni italo-croato-montenegrine che spezzano l’ecosistema Se non fosse stato per un branco di sette capodogli che nuotavano spaesati in acque troppo basse per loro a Sebenico e che, qualche giorno dopo, spiaggiavano in Abruzzo a Vasto (i quali hanno avuto l’onore della prima pagina di alcuni quotidiani ed in particolare de Il Piccolo dell’11 e 13 settembre u.s.) non si sarebbe saputo niente. Poi i geologi hanno fatto sapere che la causa del disorientamento dei branchi di pesce era dovuto alle esplosioni sottomarine necessarie per le ricerche petrolifere e alle trivellazioni che sono effettuate da tempo e rimaste ignote alle popolazioni che gravitano sulla costa adriatica. Negli ambienti specializzati se ne parlava da tempo e le estrazioni di petrolio al largo dell’Istria erano state più volte sospese perché si era verificato un abbassamento della costa a Pola e dintorni (bradisismo positivo): alcuni studiosi hanno ipotizzato che fossero responsabili anche di fenomeni di bradisismo osservati nella zona di Ravenna e Venezia. Un Ministro croato ha annunciato trionfalmente che la Repubblica croata sarebbe diventata uno dei più grandi produttori di greggio e ciò ha allarmato un po’ tutti, anche se l’espressione usata sembrava un tantino enfatica. Più silenziose, ma non meno pericolose, le ricerche a largo del Montenegro ed a metà dell’Adriatico, all’altezza della Puglia da parte dell’Ina croata e dell’Eni italiano. I pericoli che corre l’Adriatico a causa dello sfruttamento e dall’estrazione del greggio erano stati analizzati dal dott. Guido Cace, già Vice Presidente del FederGasAcqua e Presidente dell’Acegas di Trieste, che aveva rimarcato lo scarso ricambio Riprendiamo dalla prima pagina de Il Piccolo e da altra stampa italiana e croata una foto sul disorientamento di un branco di capodogli, a causa delle esplosioni sottomarine e delle trivellazioni per la ricerca del petrolio in corso in varie zone dell’Adriatico, che hanno allarmato gli ecologisti, per la contaminazione del mare, la stabilità delle coste e la sopravvivenza delle città rivierasche dell’acqua tra l’Adriatico ed il Mediterraneo, la troppo frequente moria di pesci, il temuto abbassamento delle coste che a Venezia può diventare letale, vanificando il Mose (infatti l’abbassamento delle isole esterne della laguna, collegate al Mose farebbe filtrare il mare trattenuto inutilmente dalle nuove paratie). L’inquinamento del mare com- porterebbe la fine del turismo in tutta la costa orientale d’Italia, in Istria, Dalmazia e nel Montenegro, oltre che nelle nascenti marine albanesi. Infatti, pescatori ed operatori turistici sono preoccupati per l’inquinamento dovuto alle inevitabili fughe di greggio durante le trivellazioni e nelle stazioni di pompaggio off-shore, senza contare il pericolo di smottamenti di terreni già oggi all’ordine del giorno, e l’incremento delle scosse sismiche, ogni anno più frequenti. Se poi si aggiungono, le stazioni di rigassificazione in corso d’istallazione nell’Adriatico, ad esempio a Veglia, per la trasformazione del gas liquido, trasportato via mare tramite navi e poi ritrasformato in gas, il futuro dell’Adriatico si presenta drammatico e senza vie di scampo. Ciò avverrà se non sarà convocata rapidamente una conferenza internazionale organizzata da tutte le regioni che si affacciano sull’Adriatico, per creare un’Autorità che limiti lo sfruttamento del sottosuolo marino e che tenga conto dei pericoli che incombono su tutti noi. Terremoti, tsunami, spandimenti petroliferi, incendi dolosi (vedi minacce del Califfato islamico) o accidentali di rigassificatori ecc. non badano a nazionalità o confini, perché colpirebbero con drammatica uniformità tutte le popolazioni adriatiche. Ivana Galasso COSTANTE INTERESSAMENTO DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE PER LA QUESTIONE ADRIATICA Nella riunione del Gruppo di studio sull’Istria, Fiume e Dalmazia istituito presso il Ministero della Pubblica Istruzione dello scorso 10 settembre è stato approvato il programma per il prossimo anno, in cui si conclude la polemica tra Interventisti e Neutralisti con la stipula da parte dell’Italia, dell’Inghilterra e della Francia degli Accordi di Londra e l’entrata d’Italia in guerra contro gli Imperi centrali. Il sen. Lucio Toth ha presentato un programma che, con poche integrazioni, è stato approvato all’unanimità. L’on. de’Vidovich ha sottolineato l’inspiegabile silenzio della stampa italiana e della cultura sulla contrapposizione tra Neutralisti ed Interventisti di cui parliamo a pag. 5 e sull’importanza per la Dalmazia degli Accordi di Londra. Il dott. Marino Micich ha chiesto che gli esponenti delle Associazioni culturali degli esuli possano prendere la parola al Seminario del prossimo anno e allestire una vetrina con le pubblicazioni che sono di grande spessore culturale dimostrando la ricchezza culturale dell’Esodo che, ha precisato con tono fortemente polemico, lui stesso aveva ignorato durante tutto il suo iter scolastico e universi- tario perché inadeguatamente pubblicizzata. La dirigente del Ministero della Pubblica Istruzione, dott. Caterina Spezzano, che ha presieduto la riunione ha assicurato la costante attenzione del Ministero verso le problematiche culturali della “Questione Adriatica” e delle tesi culturali maturate nel mondo degli esuli. Sono state approvate anche le linee guida dei prossimi temi che verranno proposti nelle scuole italiane in occasione del 10 febbraio e che saranno pubblicizzati attraverso il sito internet del Ministero, assiduamente frequentato dalla quasi totalità dei docenti. ottobre 2014 pag.4 IL DALMATA LIBERO AL MONUMENTO CHE RICORDA LA PARTENZA DANNUNZIANA PER FIUME IL SINDACO DI RONCHI DEI LEGIONARI: NON SI CHIAMERÀ “DEI PARTIGIANI” “L’impresa dannunziana a Fiume fu l’ultimo atto dell’unità d’Italia. Poi, scoppiò una guerra civile che dura tuttora”. Fallita la contromanifestazione antifascista estranea al Pd I dalmati non sono mai mancati, con Gonfalone di Dalmazia e manti del Patriziato dalmata, alla cerimonia che ricorda la partenza del 12 settembre 1919 di 2800 Granatieri di Sardegna e di altri che disertarono dal Regio esercito per dar man forte ai Legionari che Gabriele d’Annunzio aveva guidato a Fiume. Il poeta aveva conquistato militarmente la città che, secondo gli Accordi di Londra, avrebbe dovuto diventare città autonoma. Per decenni la nostra Delegazione è stata guidata da Ada Ceccoli, venuta a mancare da qualche mese, per cui alla manifestazione di questi giorni erano presenti tutti i dirigenti dalmati di Trieste. Dopo la pubblicazione su Elisabetta Pross e Flavia Bastiancich Senes depongono la corona d’alloro sotto la colonna romana del Monumento Il Giornale e su Il Dalmata libero dell’intenzione di un Comitato di modificare il nome della città da cui partirono i soldati dannunziani da “Ronchi dei Legionari” in “Ronchi dei Partigiani”, si sono quest’anno mobilitate oltre alla Lega Nazionale, e le sue sezioni di Fiume e Dalmazia, alla Delegazione di Trieste dei Dalmati italiani nel Mondo Foto di una parte delle Autorità presenti. Da sinistra: Adriano Ritossa, Paolo Sardos Albertini, Roberto Fontanot, Guido Brazzoduro, Rodolfo Ziberna, Renzo de’Vidovich, Fulvio Rocco, il Presidente dell’Associazione Finanzieri, Giampaolo Dabbeni ed i generali Riccardo Basile e Francesco Bonaventura. ed alla Fondazione Rustia Traine, anche le Associazioni d’Arma al completo, per cui la folla quest’anno gremiva l’intero piazzale antistante il monumento. Importanti interventi del Presidente della Lega Nazionale, Paolo Sardos Albertini e della Presidente della Lega Nazionale di Fiume Elda Sorci, del dott. Roberto Fontanot, Sindaco di Ronchi dei Legionari, appartenente ad una lista civica collegata al Pd, che ha sottolineato di aver parlato con gran parte dei cittadini di Ronchi, con i quali ha Elda Sorci, Presidente della sezione di Fiume della Lega Nazionale illustra le ragioni della solennità della manifestazione di quest’anno un contatto diretto e costante, e di aver tratto la conclusione che, se fosse indetto un referendum per cambiare il nome da Ronchi “dei Legionari” in Ronchi “dei Partigiani”, la stragrande maggioranza dei cittadini, compresi quelli di sinistra, avrebbero votato per il mantenimento del nome che ricorda l’impresa dannunziana. Hanno parlato, quindi, Adriano Ritossa, già consigliere regionale eletto nella vicina Monfalcone, che organizza tradizionalmente le manifestazioni patriottiche ed il prof. Fulvio Rocco dell’Università di Trieste che ha tenuto un’interessante prolusione a nome della Società di Studi Fiumani, di cui fa parte in rappresentanza di Trieste. Nel discorso ha ricordato come all’Impresa fiumana abbiano partecipato unitamente personalità politiche e culturali di destra e di sinistra, per cui gli storici considerano l’Impresa di Fiume come l’ultimo atto unitario conseguente alla Prima guerra mondiale. Poi, non pochi dei combattenti dannunziani si troveranno divisi nella guerra civile che contrappose i militanti che aderirono ai Accanto alle tre teste di leopardo in marmo del Monumento dannunziano, il Gonfalone del Regno di Dalmazia Fasci di combattimento a quelli della Volante rossa. Poco distante dal Monumento dannunziano, era stata preannunciata una contro-manifestazione organizzata da un gruppo di nostalgici comunisti e di anarchici presso il Monumento dedicato alla resistenza. Ignorata dalla popolazione anche di sinistra, invece, presente con il Sindaco in testa alla commemorazione dannunziana, assunta a simbolo dell’ultimo evento unitario italiano prima dello scoppio della guerra civile, la contro-manifestazione è stata sospesa. Enrico Focardi IL DALMATA LIBERO ottobre 2014 pag.5 LA CUPOLA ORDINÒ: BISOGNA DIMENTICARE IL CENTENARIO 1914-2014! L’ITALIA CENSURA LA COMMEMORAZIONE DEL 1914 CENTENARIO DELLA VITTORIA DEGLI INTERVENTISTI Il pensiero dell’Irredentismo giuliano-dalmata fu determinante nella vittoria degli Interventisti. Purtroppo si chiamavano: d’Annunzio, Corridoni, Mussolini e Marinetti! Quando il 28 luglio 1914 scoppiò la guerra tra l’Impero Austro-Ungarico ed il Regno di Serbia, divampò in Italia una vivace polemica tra i Neutralisti e gli Interventisti, che reclamavano l’entrata in guerra accanto a Francia, Inghilterra e lo Zar di tutte le Russie, contro la Lega dei Quattro Imperatori (Impero austro-ungarico, Impero tedesco, Impero bulgaro ed Impero ottomano). Si badi bene che la guerra era già scoppiata e che gli Interventisti reclamarono la liberazione di Trento, Trieste, l’Istria, Fiume e la Dalmazia, sostenendo che era decaduto il Patto di amicizia con la Germania e l’Austria che si era annessa l’intera BosniaErzegovina nel 1908, senza compensare con la cessione dei suoi territori le alleate Italia e Germania, come previsto esplicitamente dal Patto di Alleanza. I Neutralisti ed i pacifisti sostenevano, invece, che bisognava stare a guardare, limitandosi ad ottenere dall’Austria alcune insignificanti rettifiche di frontiera ed un accordo commerciale sull’uso del porto di Trieste. Come tutti sanno, vinsero gli Interventisti, che si appoggiavano apertamente sull’Irredentismo trentino-giulianoistriano e dalmata. Ma di questo, nel centenario degli avvenimenti, nessun giornale italiano parla, le mostre si limitano a documentare le sofferenze dei soldati in trincea, benché l’Italia nel 1914 non fosse ancora entrata in guerra. La nostra dichiarazione di guerra avverrà appena il 24 maggio 1915, cioè un mese dopo la sottoscrizione dei Patti di Londra del 26 aprile 1915 che assegnavano all’Italia la frontiera strategica fino al Brennero, Trieste, Gorizia, l’Istria e una buona parte Cartina geografica della ripartizione della Dalmazia secondo i Patti di Londra, traditi da Francia e Inghilterra su istigazione Usa che intervenne solo nella fase finale della Guerra della Dalmazia. Ma, perché i mansueti storici e giornalisti italiani non fanno accenno a ciò che accadde realmente nel 1914, cioè esattamente 100 anni fa? La risposta si ritrova nel fatto che a capo degli interventisti spiccavano quattro personalità: quella di Gabriele d’Annunzio, il poeta soldato, di Filippo Corridoni, sindacalista rivoluzionario che morirà sul Carso poco dopo l’entrata dell’Italia in guerra, il giornalista e politico, capo dei socialisti rivoluzionari, Benito Mussolini, ed il futurista Filippo Tommaso Marinetti, morto in seguito alle ferite sul fronte del Po, in divisa di tenente della Rsi. Pensare che qualcuno in Italia riconosca a questi quattro futuri fascisti di aver vinto la battaglia contro i “panciafichisti”, come venivano chiamati i Neutralisti, significherebbe non conoscere lo scarso coraggio degli intellettuali e dei giornalisti italiani ed i mezzi di pressione finanziaria, economica, politica e giudiziaria che i sistemi democratici usano per silenziare tutto ciò che non amano sentirsi dire. Ci pongono una domanda, che dovrebbe essere analizzata in un libro che mi impegno a scrivere e che si chiamerà Ucronìa: che cosa sarebbe successo se i futuri fascisti non avessero vinto e l’Italia fosse rimasta neutrale? Molti elementi per una risposta credibile si possono trovare nel libro di Virginio Gayda L’Italia d’oltre confine: le provincie italiane d’Austria, dove sono elencati morti, feriti, angherie, incendi di fattorie isolate, distruzione di stalle ed uccisione del bestiame attuati per conto del Governo di Vienna, forse all’insaputa della Corte imperiale, fin dai tempi del terrore scatenato in Dalmazia dalla banda irregolare agli ordini di von Flick. Questo volume, per la parte che riguarda la Dalmazia, è stato ripubblicato dalla Scuola dalmata dei SS. Giorgio e Trifone nelle edizioni delle Società Dalmata di Storia Patria, su iniziativa di Oddone Talpo e dell’indimenticabile Presidente del tempo, Nico Luxardo de’Franchi (appartenente al ramo di valorosi combattenti e nobili della famiglia Luxardo). L’Unione degli Istriani nel 2009 ha ripubblicato, sempre di Virginio Gayda, La Jugoslavia contro l’Italia. Documenti e rivelazioni: le organizzazioni, la propaganda dell’odio, il terrorismo, il boicottaggio, la preparazione alla guerra. Sarà opportuno rimarcare che la scelta dell’Italia avviene quando la guerra infuriava già da otto mesi e non riguarda, quindi, le cause dello scoppio della guerra. L’intervento del Regno d’Italia farà pendere la bilancia dalla parte dell’Intesa che non ci fu minimamente grata. Anche il ruolo dell’Italietta, di scarso peso politico ed internazionale nell’era giolittiana e che oggi addirittura è a “sovranità limitata”, deve risultare privo d’importanza perché non venga in mente a qualcuno di reclamare una sovranità piena, sia pure all’interno dell’Unione europea! Insomma, quando molti amici sorridono giustamente sul fatto che noi vogliamo scatenare un’offensiva culturale devono rendersi conto che quando si hanno poche armi Continua a pag. 6 ottobre 2014 pag.6 IL DALMATA LIBERO GLI SCOMODI PERSONAGGI CHE VINSERO NELL’ITALIA DEL 1914 Che abbiamo autocensurato per non urtare la suscettibilità degli sconfitti di allora Gabriele d’Annunzio Filippo Corridoni Benito Mussolini I KAISER TEDESCO ED AUSTRIACO CONTRO LA GUERRA IL COMPLOTTO MASSONICO SERBO ISPIRATO DA INGLESI E FRANCESI Il Primo Ministro austriaco fece credere falsamente a Francesco Giuseppe che i Serbi avessero ucciso soldati austriaci sulla Drina Per far scoppiare la Prima guerra mondiale nella quale morirono 24.402.000 uomini per attuare il piano della massoneria internazionale e disintegrare l’Europa, e togliere agli ottomani il petrolio arabo per darlo agli inglesi si attuò un complotto. I serbi della Mano nera, organizzazione massonica ispirata alla carboneria italiana, usarono Gavrilo Princip per uccidere l’erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando (con la moglie Sofia) che notoriamente voleva rivitalizzare i regni che componevano l’Impero e dare spazio a tutta la dozzina di nazionalità, oppresse dal Governo di Vienna. L’Imperatore Francesco Giuseppe, nonostante la sua famiglia fosse stata decapitata, rimase contrario ad un intervento contro la Serbia. Per indurlo a dichiarare guerra, il suo Primo Ministro Conte Karl von Stürgkh gli portò la notizia, inventata di sana pianta, di una dozzina di soldati austriaci uccisi sulla Drina dall’esercito regolare del Regno di Serbia. Il vecchio Imperatore, che riteneva utile prendere per buone le scuse ufficiali del Regno di Serbia che si dissociava dall’attentato e porgeva le sue condoglianze (è oggi storicamente appurato che la Mano nera era guidata dai servizi segreti serbi, ispirati dai servizi segreti inglesi e francesi) si trovò davanti ad un fatto nuovo: l’esercito regolare serbo sparava sull’esercito imperiale, per cui non vi era più spazio per mediazioni ed accomodamenti. Francesco Giuseppe, nel suo Proclama di guerra alla Serbia aggiunse all’uccisione del nipote Francesco Ferdinando anche quest’episodio, che non fu riportato però dalla stampa austriaca. L’Imperatore richiamò il Primo Ministro e lo rimproverò duramente per aver censurato una parte del Proclama imperiale, e von Stürgkh si scusò dicendo: “Maestà! La notizia della morte dei nostri soldati sulla Drina non è stata confermata!”. In buona sostanza, la massoneria e l’esercito austriaco che volevano la guerra, imbrogliarono il vecchio Imperatore con una notizia d’importanza strategica e politica essenziale, per indurlo in errore e farlo dichiarare una guerra non voluta dalla Casa imperale. Il documento integrale del Proclama imperiale di guerra è stato ben segretato, ma vari autori soprattutto austriaci e tedeschi riportano il grave episodio. Per quanto riguarda l’Imperatore tedesco Guglielmo II, quando il suo Primo Ministro gli chiese di dichiarare guerra allo Zar di tutte le Russie Nicola II Romanov, che nel frattempo era stato costretto a dichiarare guerra all’Austria per un accordo segreto con la Serbia che lo obbligava ad intervenire, Guglielmo II si chiuse un giorno intero in to- tale mutismo e la notte prima di firmare la dichiarazione di guerra girò per il suo castello gridando “Non voglio dichiarare guerra a mio cugino Niki!”. Perché lo Zar e l’Imperatore tedesco erano uniti da stretti vincoli di sangue che riunivano, peraltro, quasi tutte le famiglie regnanti in Europa, costrette ad eliminarsi tra di loro da astuzie e sotterfugi massonici che coinvolsero l’intero continente e determinarono la subalternità dell’Europa rispetto all’Inghilterra ed agli Stati Uniti. Anche questi episodi, pur noti agli specialisti, non sono conosciuti dal largo pubblico che nel Centenario dello scoppio della Grande guerra avrebbe avuto forse diritto di conoscere alcune verità che furono determinanti nel far scattare la carneficina della Guerra 1914’18. Per la Dalmazia fu l’inizio della fine della secolare convivenza tra la cultura latina e slava, già minata dal Governo di Vienna. Per l’Europa, la scomparsa delle quattro monarchie perdenti (Austria - Ungheria, Germania, Bulgaria e l’Impero Ottomano), nonché di quella dello Zar lasciarono un vuoto che fu occupato dal Comunismo di Lenin, Trockij e Stalin e dal di Nazional-socialismo di Adolf Hitler. Che bel risultato! Effeti Marinetti Continua da pag. 5 LA CUPOLA ORDINÒ: BISOGNA DIMENTICARE IL CENTENARIO 1914-2014! L’ITALIA CENSURA LA COMMEMORAZIONE DEL 1914 CENTENARIO DELLA VITTORIA DEGLI INTERVENTISTI e pochissime munizioni, è necessario sparare solo colpi mirati e dar loro un rilievo esagerato. E forse neanche questo basterà. Ma, chi appartiene ad una tradizione dalmata che sfida l’impossibile o, per dirla con d’Annunzio, getta il cuore oltre l’ostacolo prima del resto del corpo, sa già che noi tenteremo questa testimonianza storica. Non sarebbe la prima volta che i dalmati ottengono l’impossibile. Sicuramente nasconderanno anche i Patti di Londra che indussero Vittorio Emanuele III a scegliere l’alleanza con Francia ed Inghilterra, che ci tradirono. Saremo costretti a parlare anche di questo tradimento, benché sia politically correct parlare solo di presunti tradimenti italiani, mentre la patente violazione delle promesse solennemente sottoscritte per far entrare l’Italia in guerra non debbono essere chiamate “tradimento”. Ma, noi lo faremo lo stesso nel nostro piccolo anche se ben sappiamo che gli Stati Uniti (con Francia ed Inghilterra che non contano più nulla) hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, settant’anni fa. Ma noi scriviamo quel che ci pare, costi quel che costi. IL DALMATA LIBERO ottobre 2014 pag.7 LA LEGA NAZIONALE CON E LA FONDAZIONE DALMATA RUSTIA TRAINE CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA GRANDE GUERRA PER TRENTO, TRIESTE, ISTRIA, FIUME E DALMAZIA Il contributo ad alto livello scientifico rompe il silenzio sulle ragioni che spinsero l’Italia ad entrare in Guerra dalla parte degli Alleati. Il coordinato dal prof. Stefano Pilotto L’invito dei Dalmati di Trieste, esporesso in occasione della presentazione della Guida del Montenegro (vedi Il Dalmata. 82 p.7) di rompere la cortina di silenzio sulle ragioni che spinsero il Regno d’Italia ad entrare in Guerra contro l’Austria-Ungheria per rivendicare le terre italiane inglobate nell’Impero degli Asburgo, è stato accolto dalla Lega Nazionale, presieduta da Paolo Sardos Albertini, che ha indetto a Trieste una conferenza internazionale. Vi hanno partecipato studiosi di varie nazionalità e tendenze culturali, quali, Željko Bartulović (Croazia), Željko Cimprič (Slovenia), Piero Delbello (Italia), William Klinger (Italia), Diego Redivo (Italia) e Lorenzo Salimbeni (Italia), Il prof. Stefano Pilotto è da tempo noto come un profondo conoscitore della storia europea che ha affrontato anche le tematiche più scabrose con assoluta indipendenza di giudizio e senza reticenze, senza risparmiare neanche gli errori dell’Irredentismo giuliano-dalmata pali ragioni che spinsero l’Italia a scegliere le infide potenze occidentali, pronte a promettere tutto e di più pur di farci entrare in Guerra, ritenendo magistralmente coordinati dal prof. Stefano Pilotto, docente di Storia dei Trattati internazionali dell’Università di Trieste. Tutti gli oratori hanno convenuto, con sfaccettature diverse, e da punti di vista assai lontani tra di loro, che una delle principali ragioni che spinsero l’Italia ad entrare in guerra era rappresentata dalla volontà di liberare le terre irredente “dal giogo dell’Impero asburgico”, per dirla con una delle parole d’ordine degli Interventisti italiani, in ciò supportati dagli Irredentisti trentini e giulianodalmati. La lunga, importante relazione iniziale del prof. Stefano Pilotto, impossibile da riassumere in poche righe senza grossolane sintesi, ha lasciato spazio alle interpretazioni più diverse senza perdere di vista il tema principale del Convegno, che è riassunto Diego Redivo, giovane studioso diventato ormai un’autorità sulla questione adriatica nel logo, caro agli Irredentisti, pubblicato qui sopra e che ci sembra rappresentare compiutamente le tesi da sempre Lorenzo Salimbeni, ricercatore capace, molto apprezzato dal gruppo di studiosi della nostra storia per le sue ardite e comprovate interpretazioni di quanto è avvenuto in quel tempo l’Italia determinante per la vittoria degli Alleati. Salvo poi tradirci senza scrupoli e senza vergogna. L’avv. Paolo Sardos Albertini costituisce un punto di riferimento internazionale della cultura giuliano-dalmata come appare ai giorni nostri sostenute in Italia e che nessuno ha la capacità ed il coraggio intellettuale di contestare, ma che vengono silenziate ed ignorate. Invitiamo i lettori a leggere gli Atti che saranno pubblicati dalla Lega Nazionale. Sull’argomento pubblichiamo a pag. 5 la cartina dei Patti di Londra del 26 aprile 2015 (firmati meno di un mese prima dell’entrata dell’Italia in Guerra, avvenuta, come tutti sanno, il 24 maggio 1915), che non lascia dubbi sulle princi- Piero Delbello dedica da molto tempo il suo entusiasmo e le migliori energie al Museo della Civiltà Istriana Fiumana e Dalmata, gestito dall’Irci. Tra l’altro ha contagiato con il suo entusiasmo Simone Cristicchi che si è appassionato, grazie a lui, alla nostra storia. ottobre 2014 pag.8 Giornale fondato a Zara nel 1865, ma le chiavi del lucchetto sono finite nelle mani di Maurizio Tremul (Ui), di Renzo Codarin (FederEsuli), del fido Franco Luxardo e del docile amico dei “padroni” Giorgio Varisco NON FAR EL MONA PER NON PAGAR EL DAZIO Siamo venuti inaspettatamente a conoscenza di un numero consistente di e-mail in cui alcune belle intelligenze zaratine hanno finto perfino di essere stupidotti per non voler capire che lo scontro non avviene tra due persone ma tra due linee politiche: la politica di Franco Luxardo che forse non si è neanche reso conto di aver consegnato, mani e piedi legati, il nostro libero giornale ed il nostro Libero Comune nelle mani dei due personaggi a noi sempre estranei e spesso contrari alle nostre iniziative, quali sono il Presidente dell’Unione italiana di Fiume Maurizio Tremul (che ha fatto di tutto e di più per fermare la nascita degli istituti scolastici italiani in Dalmazia, Asilo di Zara compreso, salvo poi tentare di assumersi il merito a cose inevitabilmente fatte in gran parte da noi), e il furbo Presidente della FederEsuli Renzo Codarin che non trova più adepti a Trieste dopo essere passato da Forza Italia agli ambienti del Pd (che lo avevano nominato Presidente di EstEnergy, in cambio della consegna dell’Irci e del rispettivo Museo alla sinistra). Codarin si è reso conto che la FederEsuli non riscalda più i cuori di nessuno, anche perché da anni non dice nulla, per cui è costretto ad aggrapparsi ai 4-5 mila rimasti istriani dell’Ui che hanno votato irregolarmente nelle elezioni del Friuli Venezia Giulia, pur di contare qualcosa. Per rompere il blocco men- tale di una bella intelligenza come quella del nostro pittore Franco Ziliotto (scelto dalla Fondazione Rustia Traine, insieme a Secondo Raggi Karuz, gli unici artisti dalmati italiani contemporanei viventi per rappresentare il meglio degli artisti dalmati), il quale si chiude nella sua pittura e vuol dissertare il Consiglio comunale di Jesolo-Lido, abbiamo pensato di rappresentare graficamente le catene che bloccano Il Dalmata, che nei due numeri finora usciti da Padova hanno suscitato solo delusione tra i lettori. Un giornale così mesto costituisce un autentico flop, perché senza notizie, senza cultura e senza anima. Nell’ultima pagina di questo giornale riportiamo ben quattro vittorie raggiunte da Il Dalmata libero che in soli sei mesi di vita, scrivendo il nostro punto di vista sulla base delle tesi elaborate dalla Delegazione di Trieste che invano le aveva inviate alla Giunta (che ne ha recepito solo quella riguardante il rapporto con i partigiani di Padova. E nient’altro). In Consiglio comunale si voterà sul destino de Il Dalmata: se si deve pubblicare a Padova, nonostante le sue edizioni flop, o continuare come da diciott’anni, a pubblicarlo a Trieste, dove tutti possono scrivere quello che pensano, anche le cose che non vanno bene alla Cupola dei Tre (Tremul, Codarin, Luxardo, oltre al fido esecutore Varisco), ma senza subire le censure di sorta. Insomma, c’è qualcuno che approva le segrete manovre della politica di Luxardo che consiste nel silenziare o addirittura negare quanto la FederEsuli ha segretamente proposto al Governo? La politica di Luxardo ha bisogno di silenziare, censurare, occultare le notizie indecenti e solo per questo vuole disporre a piacimento de Il Dalmata, ben sapendo che nelle sue mani cesserà ben presto di esistere. Il suo progetto consiste nel travasare il nostro giornale in una paginetta ben controllata di Difesa Adriatica che ha nel nostro ambiente una dif- IL DALMATA LIBERO fusione minima e, quindi, un impatto modestissimo rispetto a Il Dalmata. In Consiglio comunale si deciderà il destino de Il Dalmata incatenato e ben censurato e quello de Il Dalmata libero, testata nuova ma la cui linea editoriale conoscete da diciott’anni. Nessuno faccia finta di non capire: i vecchi zaratini direbbero de fare el mona per non pagar el dazio, frase che riportiamo per scandalizzare i quattro snob, cioè alcuni personaggi sine nobiltade, che vorrebbero fare i fini, anzi come si diceva a Zara con ironia, i finoti de turno. L’ASILO DI ZARA IN APNEA Quando abbiamo ricevuto il disperato appello della Presidente delle Ci di Zara, prof. Rina Villani, in difficoltà perché il personale (quello non pagato dal Comune croato di Zara) non riceveva lo stipendio da tre mesi ed altri creditori bussavano alla porta, abbiamo immediatamente allertato gli amici parlamentari a Roma e pubblicato la notizia attraverso le 1.500 e-mail di amici, il notiziario Facebook e un articolo su Il Dalmata libero, inviato a tutti i funzionari del Ministero degli Affari Esteri. Il Ministero degli Affari Esteri ha capito l’urgenza del problema, anche se eravamo in agosto ed ha mandato subito gli 8 mila euro che hanno consentito l’apertura dell’Asilo a settembre. Insomma, missione compiuta e risultato ottenuto. Pubblichiamo integralmente le lettere della Ci di Zara e l’incredibile risposta di Giorgio Varisco che, da buon burocrate (ben diverso dai bistrattati burocrati del Ministero degli Esteri che si sono subito attivati!), ha finto di non poter far nulla, chiamando in causa le assenze agostane di parecchi membri della Giunta. Come se non sapessimo che la Giunta non è mai informata di niente (e non parliamo solo delle cose segrete, come la Fondazione del Mercimonio), ma anche di quelle note ed importanti, come ad esempio, la scelta del luogo del Raduno, la scelta del personaggio cui consegnare il Premio Tommaseo, per non citare che le ultime cose. Ma, il fatto più incredibile è l’invito ad avere “i buoni rapporti con il padrone”, che poi sarebbe Maurizio Tremul. Riportiamo l’indignata risposta della Presidente della Ci di Zara Villani, che non si era mai accorta di essere un cane che deve seguire un padrone. Da: Rina Villani 23 agosto 2014 A: Franco Luxardo, Giorgio Continua a pag. 9 IL DALMATA LIBERO ottobre 2014 pag.9 NON ERANO STATI PAGATI GLI STIPENDI DI GIUGNO-LUGLIO-AGOSTO RICHIESTA D’AIUTO DELLA CI DI ZARA NON C’ERANO I SOLDI PER APRIRE L’ASILO Padova: “È preferibile avere i buoni rapporti con il PADRONE”!!! Trieste: “Informa il Ministero e noi ti appoggeremo con Il Dalmata libero”, con Facebook e 1.500 e-mail Continua da pag. 8 Varisco, Renzo de’Vidovich Oggetto: Aiuto! Carissimi, credo che quello che vi dirò interesserà tutti; tutti abbiamo lavorato per questo asilo e non certo per poi vederlo chiudere. La prima a lavorare sono io che ho lottato contro i mulini a vento, e voi tutti lo sapete bene. Premetto che questo è stato il primo anno scolastico per l’asilo Pinocchio che è andato benissimo per quanto riguarda l’insieme, ma l’unico aiuto puntuale è stato quello del Comune di Zara (croato, n.d.r.) che ha fatto con noi un contratto, l’ha mantenuto e lo manterrà; loro pagano 2 maestre. Ma abbiamo altri 5 dipendenti ed ora per legge dovremo aggiungere una segretaria, perché una scuola con un gruppo di allievi o con 10 gruppi, è trattata dalla legge in modo uguale; quindi l’idea di Tremul di farci aprire con un solo gruppo è stata pessima. Siamo alle solite, dopo le mail mie di preghiera a Tremul perché non abbiamo soldi per l’asilo (mail a conoscenza di Cianfarani, d’Alessandro, De Luigi, e dell’UpT) il presidente Tremul fa finta di non capire. Gli stipendi sono una cosa seria e lui insinua, prende tempo, mi offende, ma questo non mi stupisce. In sede di coordinamento ha fatto approvare 15.000 € invece dei 25.000 € richiesti da noi. Ora il nodo è arrivato e la Comunità ha dovuto anticipare (prestare) più di 9.000 € all’asilo per stipendi ed altro, per non andare incontro a spiacevoli conseguenze, nell’attesa che la situazione si sbloccasse. Ora non ci sono più soldi né per noi né per l’asilo. Tutti ignorano le mie mail. Quando finirà questa storia? Ho scritto a tutti e allertato tutti: se non arrivano i mezzi, l’asilo a settembre non apre per mancanza di mezzi, ma pare che questa situazione non interessi nessuno.... tanto la Villani risolve. [omissis] Purtroppo la trappola di Tremul di far fondare l’asilo dalla Comunità ha funzionato benissimo. Datemi voi qualche consiglio io non so cosa fare, l’asilo non è “un’attività” della Comunità ma un’istituzione prescolare! Abbiamo problemi là dove non dovremmo averli. Aiutateci a trovare degli sponsor. Concludo chiedendo un aiuto economico concreto, se possibile, almeno fino a quando non ci saremo rimessi in piedi. In attesa di una risposta vi saluto cordialmente, Rina Villani Presidente Comunità degli Italiani di Zara Corrispondente Consolare per la Contea di Zara Ed ecco l’incredibile risposta del Libero Comune di Zara in Esilio alla richiesta d’aiuto: 25 agosto 2014, da Giorgio Varisco a Rina Villani: Cara Rina, Ritorno oggi dopo aver risolto alcuni non facili problemi di salute per i quali mi devo nuovamente assentare da casa. Luxardo arriverà a giorni, in ogni caso, forse te l’ho già scritto, avresti dovuto informarci ben prima delle difficoltà per l’apertura dell’asilo per darci modo d’intervenire nei modi più opportuni. Noi siamo un’associazione che, nel caso, prende decisioni collettive, vi è una Giunta esecutiva, difficili da intraprendere al volo con uno, due scritti inviati in fretta vie e mail in agosto, e l’asilo apre a settembre. Non ti pare? Non dubito che la situazione si sbloccherà in tempo anche se mi chiedo come si possa giungere a intrattenere rapporti tanto difficili e conflittuali con Tremul - Unione Italiana che in qualche modo finanzia l’asilo, era già accaduto ed avevamo fatto molta fatica a rattoppare una situazione compromessa, credevo che quell’esempio fosse servito. Quando si lavora, ad esempio in una fabbrica o in un’associazione composita, è preferibile avere buoni rapporti col “padrone” anche se si è dirigenti molto capaci, molto importanti. Forse non hai letto e ricevuto gli ultimi numeri de Il Dalmata, evita di scrivere a me e a de’Vidovich lo stesso messaggio e pertanto di mettermi sullo stesso suo piano; gli amici devi imparare a sceglierteli ed a capire chi sono le persone, da dove vengono e soprattutto dove vanno. Un caro saluto. Giorgio Varisco Risposta di Rina Villani a Giorgio Varisco 25 agosto 2014 Oggetto: Aiuto! Nemmeno i cani hanno più padroni. Grazie dei consigli! Rina Villani PER PAGARE IL PERSONALE DELL’ASILO DI ZARA SI MOBILITÒ IL MIN. ESTERI, NON L’UI Caro Renzo, dopo decine di mail telefonate e suppliche infine ieri ho telefonato al ministro plenipotenziario De Luigi. Cortesemente mi ha ascoltato, ha compreso e risposto che si sarebbe informato a proposito. Oggi la UpT mi ha assicurato in giornata un bonifico per gli stipendi di giugno, luglio ed agosto. Credo che la persona che si sia maggiormente attivata sia stato Fabrizio Somma, che ha interessato anche Rosato (deputato di Trieste del Pd, n.dr.). Ti informo di questo per confermarti che Tremul non ha mosso un dito, anzi stamane l’ultima sua mail, la terza alla quale non rispondo per ovvi motivi. Comunque chiederò ufficialmente che i nostri contributi per l’asilo vengano finanziati direttamente dall’UpT, lo hanno fatto oggi, lo potranno fare ancora. Grazie per quello che hai scritto sul Dalmata (libero, n.d.r.). Zara, 27 agosto 2014 Rina Villani ottobre 2014 pag.10 Lettere al Direttore HAI VINTO SULL’ACCORDO DINI-GRANIĆ! Egregio direttore, desidero congratularmi con te, come cittadino italiano ed europeo, pronipote di Dalmati italiani, per la tua indefessa ed instancabile operosità che quest’anno ha portato all’applicazione del Trattato Dini-Granić nella Dalmazia croata (del quale ho avuto anche l’onore di scrivere su Il Dalmata, prima del divorzio tra esso ed Il Dalmata libero), a coronamento dei tuoi sforzi, attraverso i quali ti sei prodigato a vantaggio della conservazione e della valorizzazione del nostro patrimonio culturale sulla costa orientale dell’Adriatico. Desidero anche complimentarmi per l’impegno profuso a fare luce sui problemi che purtroppo hanno diviso anche i Dalmati italiani, in rapporto ai giochi politici ed agli interessi dietrologici inerenti la trasformazione della Federazione degli Esuli in Fondazione… Sappi che come comunicatoti per vie brevi, la mia attuale minor frequentazione degli eventi e delle attività della Fondazione è provvisoria e non è dovuta a disinteresse e trascuratezza, bensì ai problemi quotidiani di sopravvivenza e di tutela, valorizzazione e rafforzamento della formazione, della conoscenze e delle esperienze professionali, messe a dura prova dalla situazione del mercato del lavoro e della quale sei perfettamente al corrente. Ti ringrazio sentitamente per tutto ciò che hai fatto e continui a fare per la Fondazione, per la Causa e per le persone di origine dalmata italiana e quindi, direttamente e indirettamente, anche per me. Un caro saluto, un abbraccio ed a presto. Alberto Rutter Caro Alberto, da molti anni mangiamo insieme a tutti gli amici triestini pane e Accordo di DiniGranić, per cui le tue congratulazioni vanno equamente ripartite tra me, te e gli altri numerosi amici della nostra Delegazione. Sappiamo tutti che le tue assenze dalla Sede nelle ultime settimane sono dovute ai gravosi impegni professionali e accademici. Ho visto recentemente un tuo contributo molto tecnico nel libro FVG – Europa ultima chiamata tratta dai tuoi studi con l’Università di Udine che è stato molto apprezzato da docenti e condiviso da studiosi della materia. Ne siamo fieri come amici e come dalmati. Continua così e non preoccuparti dei lavori dalmatici che quotidianamente facciamo in Sede, perché il Dio dei Dalmati vede e provvede. Ancora vive congratulazioni e ad maiora! MI PIACE IL GIORNALE CON NOTIZIE DALMATE NUOVE Caro on. Renzo, da molto tempo seguo da prima il giornale Zara, adesso Il Dalmata. Ho ricevuto sempre ottime informazioni. Ghe xe un detto “Chi sa fa, chi non sa insegna”. Per cortesia, continua così. Treviso, 20/06/2014 El mulo paghesan Roberto Grasso Caro amico di Pago, cerchiamo di pescare notizie attuali, insolite o poco conosciute sulla Dalmazia e mi fa piacere che tu apprezzi il nostro quotidiano sforzo per rendere interessante il giornale dei Dalmati. “Continueremo a fare” ignorando i cattivi insegnati. INDENNIZZI CROATI TROPPO MODESTI Egregio Direttore, Il Dalmata libero non mi interessa. Vi prego di cancellarmi dalla lista dei destinatari. Cordialità. Caterina Camalich P.S. Le “ingenti somme” stanziate dal governo croato per l’indennizzo dei beni “confiscati da Tito” sono destinati alle cosiddette “nazionalizzazioni”, a confische, cioè, non nate dai cosiddetti “accordi internazionali” e quindi per gli esuli ciccia. Il termine “ingenti” è ridicolo. Basta pensare che miei parenti hanno ottenuto, dopo dieci anni di lotta, per un terreno in riva al mare a Lussinpiccolo ed a fronte di un plateale quanto sfacciatissimo abuso sulle procedure e dimostrate false testimonianze, un indennizzo di trenta Kune al metro quadrato. Sapete che cosa si compra con trenta Kune? quattro litri di latte, o una bottiglia da un litro di vino (tappo a corona), o sei rotoli di carta igienica di media qualità. Inutile dire che il generoso risarcimento, liquidato dopo quattro anni, è stato totalmente assorbito, con ulteriore danno, da avvocati ed altre spesucce. Gentile sig.ra Camalich, il nostro giornale pubblica notizie certe, anche se non condivise. In particolare, mi pareva che fosse chiaro che gli stanziamenti “ingenti del Governo croato per indennizzare gli espropri effettuati da Tito”, (che non sappiamo se andranno a tutti gli italiani o solo ad una parte), entreranno in vigore solo fra qualche mese e, quindi, non riguardano l’irrisorio indennizzo che Lei ha ottenuto. La cancello, comunque, dal nostro indirizzario anche perché non vorrei che la futura pubblicazione degli importi per indennizzi milionari degli altri italiani Le facessero montare la Sua giusta rabbia. Che, però, non va indi- IL DALMATA LIBERO rizzata verso di noi cronisti, ma nei confronti dei voraci avvocati croati che sono riusciti a spuntare per Lei, anzi per loro, indennizzi veramente indecorosi. DIFFIDA AL GOVERNO DI INCASSARE I SOLDI DI OSIMO Caro Renzo, Ti invio copia della Diffida inviata il 25 giugno 2007 ai rappresentanti del Governo affinché non ritirino i “dollari lussemburghesi”. Ti mando in via riservata anche copia di una lettera di Note esplicative della diffida Come capirai non è stata scritta solo da me ma anche dagli altri firmatari. Spero ti siano utili per chiarire una volta per sempre la situazione. Buon lavoro! Istrianamente, Italo Gabrielli Caro Italo, sono lieto di sentirti forte e combattivo come ai tempi delle comuni battaglie per Trieste e per le nostre terre. La tua mi sembra un’iniziativa positiva che creerà non pochi problemi al patrio governo se volesse utilizzare il consenso della FederEsuli per incassare i fondi di Osimo. UNA ZARATINA DI 99 ANNI Faccio partecipi tutti gli amici dalmati della scomparsa della zia Vilma Novelli nata Neumayer a Zara nel 1915. All’età di 99 anni, dopo una vita intensamente vissuta, attorniata dai nipoti si è spenta a Padova il 10/07/2014. Le esequie, sono state celebrate martedì 15 luglio, presso la Chiesa di Santa Croce a Padova alle ore 10.45. Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al nostro dolore. Il nipote Ludovico Antonini IL DALMATA LIBERO ottobre 2014 pag.11 SCORAGGIATO L’ITALIANO IN DALMAZIA ALTRI ALTARINI CHE SI SCOPRONO Era da anni che non facevo una crociera in Dalmazia fra le meravigliose isole con acque cristalline, ho rigoduto nello spirito e mi sono splendidamente abbronzata. Tutto bellissimo, anche il tempo, poche barche, molti charter e grandi yachts con qualche nota stonata dovuta all’accoglienza croata non sempre fraterna: spesso nelle marine, nei ristoranti, nei caffè si chiedeva se parlassero in italiano o si ordinava qualche cosa in italiano. La risposta era “parliamo inglese, tedesco, anche swahili, ma non l’italiano”, accaduto in un ristorante di Zara ai miei cugini e a me (senza lo swahili) in una marina di Traù, dove c’erano molte barche italiane. Nella Dalmazia, un tempo veneziana, le nuove generazioni non parlano più l’italiano? Hanno rimosso la storia passata? Alzano gli occhi e vedono architettura veneziana, leoni di San Marco, una storia sulle targhe sparse per la città di Traù e non sanno una parola di italiano? O non la vogliono sapere? Sono esterrefatta da questo rifiuto quasi fossimo ritornati ai tempi di Tito quando gli italiani in vacanza erano spesso sopportati! Eppure molti vanno in vacanza e fanno girare l’economia croata! Che non naviga in buone acque. Impareremo meglio lo swahili, chissà se non ci risponderanno più gentilmente. Chiara Motka L’ondivaga politica del Governo croato nei confronti della lingua italiana in Dalmazia segna in questo periodo un punto piuttosto basso. La segnalazione della nostra Chiara Motka non è, purtroppo, singola e ci vengono segnalate analoghe rispostacce di camerieri, segretari d’albergo e perfino di addetti agli uffici turistici che sono proprio incomprensibili. Eppure, solo un paio d’anni anni fa, il Ministero degli Interni croato, gestione HDZ, faceva sapere che un terzo degli abitanti della Dalmazia parlava l’italiano ed un altro terzo lo capiva. Poi ha vinto le elezioni politiche la coalizione Chicchirichì, nome fantasioso dominato poco palesemente dal Partito socialdemocratico (in gran parte formato da ex titini) che ha innescato la retromarcia nei rapporti con i turisti italiani, che costituiscono la maggioranza delle barche ormeggiate nelle Marine dalmate, perché hanno ricevuto l’ordine di dimenticare l’italiano e di rispondere in inglese o in tedesco. Un atteggiamento incomprensibile per una Croazia che si trova in gravissime situazioni finanziarie, per cui l’apporto dei turisti italiani e soprattutto delle barche italiane nelle marine appare sostanziale ed insostituibile. Speriamo in un diverso atteggiamento della futura Regione Dalmazia. Con non poca fatica abbiamo ottenuto e pubblichiamo qui di seguito i finanziamenti più importanti stanziati a favore delle Associazioni degli Esuli dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Le tre associazioni presiedute da Codarin, con revisore dei conti o amministratore l’immancabile Stefano Nedoh, riceveranno € 144.959,50, pari al 30,39% della complessiva somma stanziata di 477.000,00 €. Il Cdm incassa 109.900,00 €, il Comitato di Trieste dell’Anvgd 25.042,50 € e la FederEsuli 10.017,00 €. L’Irci introita 120.013,70 €, l’Associazione delle Comunità istriane e l’Uni 49.256,00 €, Giuliani nel Mondo 15.741,00 €, le Anvgd di Udine, Gorizia e Pordenone € 35.059,50 €, il Circolo di Cultura Istro Veneto “Istria” (che all’atto della sua fondazione a Sistiana sosteneva di non essere formato da esuli ma da rifugiati politici scampati dal fascista Tito per rimanere fedeli al comunismo di Stalin), riceve 19.795,50 € ed il restante è diviso tra varie associazioni, tra le quali la Delegazione dei Dalmati di Trieste e la Fondazione Rustia Traine che ricevono 5.008,50 €. Poiché il nostro Libero comune è tra i fondatori del Cdm, per demerito di Renzo de’Vidovich, rendiamo noto che una giornalista è stata allontanata dal Cdm con una buonuscita di circa 50 mila €, per essere sostituita - pare - dal fido Giorgio Varisco. FINANZIAMENTO DEL MIN. ESTERI AL GIORNALE Nella relazione di Luxardo al Consiglio Comunale di Padova si fa accenno a 25.000 € annui che il Libero Comune di Zara erogherebbe a Il Dalmata. Le cose stanno così. Nel 2010 è stata stanziata dal Comitato presso il Ministero degli Affari Esteri la citata somma a favore de Il Dalmata, da spendere entro il 2011. La Delegazione di Trieste che pubblicava Il Dalmata ha speso e rendicontato, con fatture regolarmente intestate alla Delegazione, l’intera somma. Nel 2012 non ci è stata versato a questo titolo niente. Nel 2013 la Delegazione di Trieste ha ottenuto 12.500 € e basta. A tutt’ora, ottobre 2014, non abbiamo ricevuto il saldo dei soldi stanziati nel 2010. Ripetiamo che questi 12.500 € del 2011 sono stati stanziati dal MinEsteri e e non dal Libero Comune. Questo per la verità. ottobre 2014 pag.12 Non era un pesce d’aprile, anche perché l’intera stampa croata ha dedicato molto spazio alla notizia di cui riportiamo il titolo pubblicato in prima pagina da La Voce del Popolo del 23 agosto u.s. con un’intera pagina interna, nella quale il Premier Milanović spiegava che la Croazia riforniva d’armi niente meno che gli Stati Uniti d’America. Con grande tempestività alcune agenzie immobiliari dalmate hanno invitato i clienti interessati agli acquisti di case in Dalmazia a concludere rapidamente gli affari, perché prevedevano un aumento dei valori degli immobili in Dalmazia di almeno il 10%, per una previsione assai curiosa. Mentre l’Italia, che fornisce armi ai Curdi, sarebbe stata oggetto di ritorsioni ed attentati islamici, la Croazia e quindi la Dalmazia, sarebbero rimaste estranee ad ogni rappresaglia perché non fornivano armi contro la Jihad, ma le davano agli Stati Uniti. Sono passati pochi giorni dalla notizia che ha fatto il giro del mondo ed il Pentagono, cioè il Ministero della Difesa degli Stati Uniti, ha emesso un gelido comunicato pubblicato da La Voce del Popolo del 28 agosto u.s., di cui riportiamo il titolo, nel quale precisava che la Croazia, come l’Italia, forniva ai Curdi le armi di fabbricazione sovietica catturate durante la Guerra patriottica. Si precisava che i paesi interessati ad inviare armi ai Curdi erano, oltre all’Italia ed alla Croazia, anche l’Albania, il Canada, la Danimarca, la Francia e la Gran Bretagna, cioè sette paesi appartenenti ai 21 che compongono l’Ue, mentre il resto d’Europa, a cominciare da Germania, Spagna, Paesi Bassi e paesi dell’Est restavano fuori. Così si è ristabilita la verità sui sette paesi occidentali che mandano ufficialmente armi ai Curdi e fra questi non c’è solo l’Italia ma, ahimè, anche la Croazia e, quindi, la Dalmazia che sono uniti a noi nell’essere passibili di ritorsioni islamiche. Mal comune, mezzo gaudio? ORIETTA MAROT, PRESIDENTE DELLA CI DI FIUME Con grande sorpresa, una delle Comunità italiane più numerose ed importanti, quella di Fiume, ha eletto un Direttivo presieduto da Orietta Marot che è nota per essere persona indipendente che non canta nel coro del Presidente a vita dell’Ui Maurizio Tremul e che è notoriamente sensibile ai problemi degli Italiani di Dalmazia. Auguri, Orietta! I Dalmati sanno di poter contare sulla Tua autorevole voce nell’Ui. PADOVA CENSURA PERFINO LE CORREZIONI AL VERBALE In seguito alla pubblicazione su Il Dalmata libero della lettera con cui Guido Cace chiedeva che fosse allegato al Verbale della seduta del Consiglio comunale di Padova del 14 giugno u.s., una sua contestazione alla verbalizzazione sui Probiviri completamente falsata, è stata inviata ai consiglieri comunali e non a tutti. Anche in questo caso, i censori di Padova non hanno resistito alla tentazione di censurare le ultime dieci righe della lettera di Cace, nella quale il Vice Presidente dell’Assemblea ingiungeva di inviare una lettera di rettifica e completamento del Verbale falsato e che finiva con queste parole: “Il dissenso va inviato, in aggiunta al verbale già spedito a tutti i consiglieri per evitare che risulti monco del dissenso del Vice Presidente del Consiglio comunale. Mi spiace tanto dover insistere su tale punto, ma Verità vuole che io non possa esimermi da questo passo. Con amari saluti dalmatici, Guido Cace”. Insomma, gli innamorati della Censura perdono il pelo, ma non il vizio. ELEGANZA E IPOCRISIA Il vecchio Lino Sardos Albertini mi raccontò di essere rimasto esterrefatto quando accompagnò la moglie Bianca Marin, figlia dell’ultimo Podestà italiano di Zlarino o Clarino, isola presso Sebenico, ad una nostra festosa riunione dalmatica. Parenti ed amici si rivolgevano complimenti del tipo “Che mal che te vedo!”, “Che invecia che te trovo!”, “Più vecio che ti diventi e più mus de s’ciavo te vien fora!”.... la moglie dalmata trovava tutto ciò naturale, perché faceva parte della…. franchezza dalmatica. Non mi sono, dunque, meravigliato quando Luxardo mi ha invitato a fare un elegante passo indietro per evitare di essere cacciato da Direttore de Il Dalmata per non aver eseguito i suoi ordini sbagliati, rifiutandomi di censurare gli articoli sull’Unione italiana, “perché non mi meritavo”, a suo dire, questo trattamento. Quel rozzo dalmataccio di Roberto Predolin sentenziò: “Che ipocrisia!” e non sapeva ancora che sarei stato anche destituito da Pre- IL DALMATA LIBERO sidente della Delegazione di Trieste la quale sarebbe stata sospesa da ogni attività. Il tutto senza che Luxardo & C. avessero il potere di farlo. Resto, quindi, sorpreso nel sentire alcuni amici sinceri che mi consigliano di non rispondere ad offese sanguinose come “falso e bugiardo” e ad evitare perfino espressioni come “il gatto e la volpe” che non scandalizzavano neppure i bimbi del secolo scorso quando leggevano Pinocchio. La verità è che da quando denunciamo le cose papale papale tutti capiscono finalmente di essere stati presi per i fondelli, mentre prima le nostri eleganti allusioni scivolavano come acqua sugli ombrelli e venivano classificate come “baruffe personali” mentre erano importanti distinguo politici. Ma soprattutto abbiamo ottenuto con la franchezza dalmatica cose che per anni non avevamo mai raggiunto. ORGANIZZAZIONE SPIRITOSA DEI RADUNI Ci vengono segnalati due curiosi episodi che sono diventati emblematici dell’impegno profuso dal noto Organizzatore dei Raduni. Al Raduno di Osimo-Numana, l’Organizzatore decretò che non potevamo andare dal Sindaco di Osimo con più di due o tre macchine perché aveva accertato che il paese soprastante l’albergo di Numana dove eravamo alloggiati non disponeva di spazi per le autovetture ed era privo di un Monumento ai Caduti, per cui non potevamo portare neppure la tradizionale corona. Cacciati mala- Errata corrige Ci sono pervenuti due contributi per Il Dalmata libero da parte di due persone diverse, ma che sono quasi omonime. Abbiamo saltato il contributo di € 20 di Sergio Siccari, che aveva inviato anche un messaggio che è stato erroneamente attribuito a Sergio Siccardi, che nulla aveva scritto ed al quale avevamo erroneamente attribuito la dedica di Siccari. Ci scusiamo con i lettori e con gli interessati. IL DALMATA LIBERO mente, quelli che volevano venire addirittura con un pullman a loro disposizione, ci siamo recati ad Osimo, dove siamo rimasti a bocca aperta: vi era uno spazio che poteva contenere centinaia di vetture ed un Monumento ai Caduti di proporzioni notevoli. Ritornati in albergo, abbiamo chiesto all’Organizzatore dove avesse attinto le notizie così sballate: la colpevole era la centralinista. La malcapitata ci precisò che non era del luogo, era stata assunta da due giorni e non aveva mai visto la pur vicinissima Osimo! Insomma, una fonte seria ed attendibile che dimostra l’impegno dell’Organizzatore dei Raduni non andava al di là di una telefonata fatta a caso. Al Raduno di Parma, alcuni radunisti volevano denunciare ai Carabinieri la scomparsa della Corona d’alloro che solennemente avevamo deposto al Monumento ai Caduti. “Ferma tutto!” ordinò l’Organizzatore! Risultò che ci aveva fatto deporre la corona su un Monumento al Commercio per cui, nottetempo, l’aveva trasportata sul reale monumento ai Caduti. Fulgido esempio d’interessamento. A chi avrà chiesto dove fosse il Monumento ai Caduti? Resta la brutta figura der numerosi dirigenti e radunisti che sull’attenti hanno reso solenne omaggio agli ingenui commercianti, scambiati per i Caduti per la Patria. REFERENDUM CONTRO I SERBI CHE DANNEGGIA GLI ITALIANI Come abbiamo scritto da tempo, in Croazia è molto probabile se non proprio certo, che sia indetto un Referendum che consenta la tutela delle minoranze solo quando raggiungono percentuali che, per quanto riguarda gli italiani, non esistono in Dalmazia ma neppure a Fiume e nell’Istria. ottobre 2014 III, la quale emette la sua sentenza “El xe inamora’ dela Dalmazia come Sant’Antonio del porco!”. Non sarà un Il Referendum è stato indetto dai croati di Vukovar per colpire i serbi, ma interessa ovviamente tutte le minoranze presenti nella Repubblica croata (tedesche, ungheresi, slovene, italiane, romene, ecc.). Solo gli italiani si salveranno, spiegammo ai dirigenti dei “rimasti” che facevano orecchie da mercante. Se verrà applicato l’Accordo DiniGranić, la nostra minoranza in Istria, Fiume ma anche in Dalmazia è dunque ben tutelata, ancorché l’Ui con al traino i nostri geni politici di Padova non se ne siano accorti da 18 anni. INAMORÀ COME SANT’ANTONIO DEL PORCO Molti mi chiedono perché, dopo essere stato insultato, degradato, depredato del giornale che avevo fatto per 18 anni e messo in croce in ogni modo, io continui ad essere ogni giorno nella sede di via Giacinti n. 8, l’unica esistente al mondo intestata al Libero Comune di Zara in Esilio – Dalmati italiani nel Mondo, con telefono, segreteria, posta elettronica, ecc.. Mi si chiede cosa ci guadagno in euro e quale aspirazione io abbia in campo politico per sopportare questa situazione. Quando preciso che non solo non ne ricavo un euro, ma ci rimetto qualcosa e che a ottant’anni non ho voglia di candidarmi per qualsivoglia incarico, gli amici rimangono a bocca aperta. Segnalo l’interventto della solita babazza dalmata che spiega tutta la storia in termini di amori leciti e non, dalla contessa Walewska che salvò la Polonia da Napoleone I alla contessa di Castiglione che salvò l’accordo tra la nascente Italia e Napoleone pag.13 grande omaggio alla Dalmazia, ma la franchezza dei suoi figli è proverbiale e riporto il verdetto perché mi sembra non proprio di tutto infondato. NOSTALGIA PER OTTAVIO MISSONI Se fosse ancora vivo, non avrebbero avuto il coraggio di imporre censure, destituzioni, segreti indecenti, ecc.. Ballata per Ottavio Missoni Parole e musica di Loris Buckowsky Strofe recitate in alternanza con ritornello cantato due volte Ritornello: Ciao Ottavio, dalmata di gran cuore. Ora ti alleni coi master in Paradiso!... Questa e la ballata dedicata ad un grande dalmata, Ottavio Missoni Novantenne ex mulo di Zara, grande atleta, finalista alle Olimpiadi londinesi nel ’40 Ritornello cantato (due volte) Stilista di fama mondiale pluripremiato con la sua Rosita. Ha dato lustro ai dalmati della diaspora. Ritornello cantato (due volte) Ottavio, sei stato eccezionale sulla terra Lo sarai anche in …. Paradiso!!... Accanto al tuo Vittorio. Con la tua amata Rosita noi dalmati de tuto el mondo Te mandemo un baso…. Groso così!!!! Finale: Ciao, Vittorio, ciao Ottavio, splendido mulo zaratin!!! Oro a 81 anni… 400 SL. Armando Maburzio dedica la sua vittoria con tutto il cuore al suo caro amico Ottavio Missoni ottobre 2014 pag.14 IL DALMATA LIBERO 100.000 DUCATI SONO TROPPO POCHI PER ACQUISTARE UN INTERO REGNO IL DOGE CONQUISTÒ LA DALMAZIA, E INDENNIZZÒ I BENI ABBANDONATI DAGLI UNGHERESI Mancano studi sul valore dei castelli costruiti dal re Colomanno a Zara ed a Spalato e sui palazzi che ospitarono a Zara la Corte del Re d’Ungheria per un tempo considerevole La storia è suddivisa almeno in tre grandi branche. La principale è rappresentata dall’elencazione cronologica dei fatti comunemente chiamata cronaca, le altre due sono la filosofia della storia, cioè la metodologia usata dagli storici e, infine, l’interpretazione della storia che è diventata la parte più importante da quando le dottrine e le ideologie hanno interpretato e talvolta stravolto il senso di quanto ci era stato tramandato. I ricercatori della Fondazione Rustia Traine di Trieste hanno indirizzato i loro sforzi sull’interpretazione della storia della Dalmazia, per fare un esempio, sulla lapide che ricorda il pagamento di 100.000 ducati da parte del Doge Michel Sten al Re d’Ungheria Ladislao I di Napoli. Ancor prima della lapide correttiva apposta dalla Società Dalmata di Storia Patria, tenacemente voluta dal suo vecchio Presidente Nico Luxardo, alcuni ricercatori della Frt hanno ritenuto che la somma di 100.000 ducati, con un aggiunta di altri 20.000 in un periodo successivo sia una somma troppo esigua per l’acquisto di un Regno storicamente importante. È noto che la Dalmazia ha svolto una funzione strategica fin dai tempi dell’Illyricum Sacrum e dei romani che la ritenevano un antemurale per fermare le invasioni barbariche e dagli Ottomani che la volevano occupare per dominare il Golfo di Venezia, cioè l’Adriatico. Usando una terminologia moderna assai familiare agli esuli dalmati, si è ritenuto che, per non lasciare in mano infide beni immobili di proprietà della nobiltà ungherese e dello stesso Re d’Ungheria, la Serenissima abbia pensato di Un quadro di Andrea Vicentino su una delle sanguinose battaglie tra la Serenissima e gli Angiò, Re di Napoli e d’Ungheria, per il possesso di Zara e della Dalmazia, che smentiscono la tesi dell’acquisto della Dalmazia invece duramente conquistata acquistarli in blocco versando un indennizzo globale. Quando, però, si è andati a cercare il valore dei beni della nobiltà e del Re d’Ungheria in Dalmazia, i ricercatori si sono trovati davanti ad un muro invalicabile rappresentato dal fatto che mancano negli archivi veneziani anche una semplice elencazione o sommaria descrizione di questi immobili, sono ricorsi a cronache antichissime, risalenti ai beni appartenenti al Re ungherese Colomanno (1070 circa – 1116) che occupò la Dalmazia. Il grande storico dalmata Giovanni de’Kreglianovich Albinoni parla di due castelli costruiti da Colomanno, uno a Zara ed uno a Spalato, che nessuno sa individuare nelle due città dove si ricorda, invece, l’ubicazione di fortificazioni illiriche, greche e romane più vecchie di un millennio. Lascia anche perplessi il fatto che non si conoscano i palazzi nei quali ebbe la sua residenza la corte del Re ungherese a Zara per tempi non brevi. Anche gli studiosi ungheresi, che sostengono addirittura il trasferimento della capitale del Regno d’Ungheria a Zara, di cui non si hanno, però elementi certi, non fanno il minimo riferimento ai palazzi occupati dal Re e dalla sua corte. Ci sono poi vari cenni di Tommaso Arcidiacono a varie regalie del Re e della Regina d’Ungheria di terreni e case a molti conventi e confraternite, dalle quali si deduce che la famiglia reale ungherese avesse non poche proprietà terriere ed immobiliari in gran parte della Dalmazia. È significativo che Ladislao I fosse incoronato Re a Zaravecchia e, benché fosse figlio legittimo del defunto Re d’Ungheria Leopoldo I d’Angiò, la sua incoronazione fu contestata da Sigismondo di Lussemburgo. Da questi scarni e tenui elementi si ricava, però, l’impressione che le proprietà del Re e della nobiltà ungherese in Dalmazia fossero di una consistenza ben superiore al valore di 100-120.000 ducati, per cui si rafforza la tesi che la somma pagata dal Doge veneziano al Re ungherese che deteneva militarmente la Dalmazia non fosse per l’acquisto della Dalmazia, bensì per l’indennizzo di quelli che oggi chiameremmo beni abbandonati. Vero è che la Serenissima nel 1409 aveva già conquistato militarmente gran parte della Dalmazia e che le guarnigioni ungheresi non avessero nessuna possibilità di rovesciare la situazione, tenuto conto che Ladislao non poteva certo contare sull’esercito continentale perché Sigismondo del Lussemburgo gli insidiava il trono. In buona sostanza, per Ladislao non era pensabile contare su nuove forze armate continentali per combattere Venezia e riconquistare la Dalmazia. In questo scenario storico s’inquadrano la pace siglata nella sagrestia della Chiesa di San Silvestro, appartenente al Patriarca di Grado e quindi considerata territorio neutro, e la lapide che ancora si vede nella Chiesa, responsabile dell’equivoco della compravendita di Zara e della Dalmazia l’eccessiva sinteticità dell’epigrafe ha dato luogo alla credenza dell’acquisto della Dalmazia da parte della Serenissima che se l’era invece conquistata con sanguinosi scontri marittimi e di terra. Gli archivi di Budapest non sono mai stati esaminati. La consultazione non presenta particolari difficoltà, perché fino al 1918 il Regno d’Ungheria, la cui corona era unita a quella del Sacro Romano Impero degli Asburgo, aveva come lingua ufficiale il latino. Se l’archivio fosse stato scritto in magiaro, la ricerca sarebbe stata confinata ai ricercatori locali, mentre un qualsiasi ricercatore che conosca il latino può accedere agli archivi e leggere con relativa facilità quanto vi è scritto anche su questa materia. L’interpretazione della storia in questo settore potrebbe riservare molte sorprese ed i soldi versati dal Doge al Re d’Ungheria potrebbero risultare come un indennizzo per i beni privati ungheresi in Dalmazia e non come prezzo per l’acquisto di un intero Regno che le valutazioni del tempo lasciano intendere abbia un valore che oscilla tra le 500 e le 1000 volte quello pagato dalla Serenissima. D.G. IL DALMATA LIBERO ottobre 2014 pag.15 LA VERITÀ SULLA STATUA DI TOMMASEO E SULLE STRAGI INTERETNICHE DEL 1941 GLI ASILI PRIVATI ITALIANI IN DALMAZIA SI APRONO E SI CHIUDONO CON FACILITÀ Il Dalmata n. 82 del gennaio scorso ha pubblicato tra l’altro, due distinti articoli alle pagine 12 e 13, su chi ha voluto infrangere la lapide che lo ricordava sulla Sua casa natale, e su chi ha fatto saltare con la dinamite il suo gran monumento a Sebenico. Effettivamente, dalla parte anteriore della chiesa di S. Francesco, con annesso convento francescano dove il Tommaseo compì i suoi primi studi, di rimpetto nella relativa piazzetta era ubicata la Sua casa natale, sulla quale, in alto a destra del relativo portone di ingresso, era apposta la lapide commemorativa a ricordo della Sua nascita. Tale lapide venne prima imbrattata e poi smantellata contemporaneamente all’abbattimento del Suo monumento. La statua fu eretta nel primo giardino cittadino, cui si accede dalla parte del porto, verso al quale essa era rivolta, risalendo una duplice breve scalinata, posta di fronte alla parte posteriore della precitata chiesa di S. Francesco. Il monumento fu semplicemente abbattuto nell’inverno – primavera del 1946, e il relativo basamento, con annessa statua della musa ispiratrice, seduta alla base dello stesso basamento, smantellati e completamente rimossi. Provvisoriamente, in attesa della progettata fusione della statua del Tommaseo, questa venne deposta e distesa ai margini di un campo, usato da calciatori dilettanti, adiacente alla fabbrica “La Dalmatinka”, dove dovevano fonderla, ubicata nel sobborgo cittadino nord-occidentale, denominato “Cernizza (Crnica)”. Mentre resta ignota la destinazione del basamento e dell’annessa statua della musa. I semianalfabeti morlacchi e i boduli che vi transitavano ravvisavano nella statua della musa un uomo destinatario del monumento, interpretando lo scritto posto sul basamento Niccolò Tommaseo come “Toma seo”, cioè Tomaso seduto, dal verbo croato “sjesti” o “sjediti”, cioè sedere, ma nella loro versione dialettale (il seo o sio, invece del sjeo). Per quanto riguarda “le stragi interetniche verificatesi soprattutto dopo l’8 settembre 1943”, di cui alla pagina 13, esse invece iniziarono subito, già nella primavera del 1941 con la costituzione dello stato croato comprendente la Bosna-Hercegovina e parte della Dalmazia, la N.D.H. – Nezavisna Država Hrvatska (Stato indipendente della Croazia) di Ante Pavelić, compiute dagli ustaša croati scatenati soprattutto contro i serbi, come reazione alle angherie, soprusi ed oppressioni subiti dai croati durante il Regno jugoslavo (sic!). Gli eccidi arrivavano a tal punto da suscitare sdegno ed immediati interventi da parte dell’Esercito Italiano nelle zone da esso presidiate, allo scopo di bloccare e stroncare le stragi compiute dagli ustaša croati. Tanto, quanto allora constatato. Distinti, cordiali saluti Fraternamente, Il Sebenicense Sebenzan per i detrattori Il Sebenican – Šibenčanac Dr. Luigi Battigelli Quando la Delegazione di Trieste che curava per conto dell’intero Libero Comune le relazioni con la Dalmazia, era riuscita a trasformare da Vice Consolato il Consolato di Spalato che speravamo facesse un passo avanti e diventasse Consolato generale d’Italia per la Dalmazia, avemmo una sfacciata ed inaspettata fortuna di avere per Console il dott. Marco Nobili, Premio Tommaseo per gli sforzi personali e di funzionario del Ministero in difesa della Cultura italiana in Dalmazia. Si riuscì ad aprire quattro o cinque asili per iniziative personali di singoli. Cominciò a Lesina la famiglia Fio che tentò un esperimento nella piccola isola. Poi, nel 2003, si aprì un interessante sperimento durato un paio d’anni a Spalato. Infine, a Zara vi furono tre asili privati di lingua italiana nel 2005, ai quali con il Console Nobili portammo giocatoli, libri per la prima infanzia e qualche altro strumento didattico. L’Unione italiana non ritenne mai d’intervenire e nel 2004, su iniziativa del Presidente della Ci di Spalato, Mladen Čulić Dalbello e del Presidente della Fondazione Rustia Traine Renzo de’Vidovich furono fondati il Centro Ricerche Culturali Dalmate e il Liceo Leonardo da Vinci di Spalato per pungolare, ahimè inutilmente, l’Unione italiana di Fiume. ASILO PRIVATO ITALIANO DI SPALATO DEL 2003 Con la bella e brava maestra Nicolina, i bambini imparano giocando l’italiano. Vuoi vedere che i giochi dei piccoli riescono a riportare nell’Adriatico la concordia rovinata dai grandi? Da Il Dalmata n. 29/2003, p. 11 UNO DEI TRE ASILI PRIVATI DI ZARA DEL 2005 Alla festa pasquale degli asili di Zara hanno partecipato i bambini dell’asilo privato dove si insegna la lingua italiana. Indossavano una maglietta con la scritta “anch’io parlo italiano” accolti con simpatia da coetanei, genitori e dalle autorità scolastiche croate. Da Il Dalmata n. 41/2005, p. 1 ottobre 2014 pag.16 IL DALMATA LIBERO FALLITA LA POLITICA DI LUXARDO ABBANDONATO ANCHE DAI “RIMASTI” SENZA CENSURA, I DALMATI HANNO OTTENUTO BEN QUATTRO VITTORIE Continua dalla prima pagina del nostro Ministero degli Esteri, della Fondazione Rustia Traine di Trieste, degli Esuli dalmati, nonché dell’Unione italiana che così potrà condizionare la Comunità italiana di Zara. La politica dei Quattro di Padova, tra i quali Luxardo, di subire acriticamente le tesi dell’Unione italiana di Fiume è, quindi, fallita, perché anche quest’ultima si è resa conto che avevamo ragione da vendere e che l’Accordo Dini-Granić sarebbe tornato utile anche agli istriani ed ai fiumani. Quando tutti hanno capito che per superare il Referendum sulle minoranze c’era solo l’Accordo Dini-Granić, hanno mollato Luxardo & C. e noi abbiamo una ragione in meno di scontro con l’Unione italiana, anche perché tra me, Maurizio Tremul e soprattutto Furio Radin non vi è stato mai niente di personale, ma solo un sostanzioso scontro politico. In questi mesi in cui non abbiamo ricevuto censure ne ammonizioni, pur subendo sopraffazione di vario tenore, abbiamo registrato ben quattro successi. Il Ministero degli Esteri, su richiesta della Presidente della Comunità italiana di Zara, Rina Villani di cui diamo notizia a pag. 9, ha inviato 8 mila euro per pagare gli stipendi arretrati di una parte del personale che non aveva ricevuto un soldo da tre mesi. Il nostro giornale è stato inviato a tutti i funzionari e politici del Ministero degli Esteri ed ho speso i pochi centesimi di credibilità che mi restano per sollecitare l’intervento diretto del Ministero che è stato effettuato, si badi bene, senza passare attraverso il finanziamento all’Unione italiana, ma in via diretta attraverso l’UpT. Per chi non lo sapesse, i fondi erogati dallo Stato ita- liano avvengono con il controllo dell’Università popolare di Trieste che trattiene una percentuale per il proprio lavoro e l’Unione italiana di Fiume e di Capodistria, che trattiene a sua volta un’altra percentuale, anche quando i fondi servono per restaurare ed abbellire gli immobili che sono intestati all’Unione italiana che è, incredibili dictu, un’associazione privata! Questa nostra seconda vittoria, che riguarda il versamento di 8 mila euro (cioè di un millesimo degli 8 milioni di euro destinati annualmente dallo Stato italiano all’Unione italiana), costituisce, secondo i soliti ben informati, una prova per vedere se le cose funzionerebbero ugualmente – come noi sosteniamo da tempo – se i versamenti fossero fatti direttamente dall’Ambasciata e dai Consolati italiani in Croazia alle singole scuole ed alle varie Comunità, senza passare attraverso i costosi filtri dell’Unione italiana e dell’Università popolare. È un argomento da tempo allo studio dei Ministeri degli Esteri e dell’Economia ma soprattutto degli addetti alla spending review che tagliano costi inutili. Sull’argomento siamo stati spesso chiari, anche se cauti perché non vorremmo che, l’eliminazione di spese superflue finisse col danneggiare i finanziamenti per il mantenimento degli edifici scolastici, delle sedi delle Comunità italiane, dei Circoli e dei Centri di studio e, soprattutto, delle attività delle nostre Comunità. Anche in questo primo passo, da sempre ignorato e avversato dal gruppetto dei padovani di Luxardo, vantiamo di avere la primogenitura senza pretendere, però, di essere stati gli unici a spingere verso questa soluzione. La terza vittoria realizzata da quando parliamo chiaro, magari senza troppa eleganza, ma anche senza ipocrisia, è rappresentata dal fatto che è stata definitivamente abbandonata dalla FederEsuli di Codarin, segretamente appoggiato dai Quattro di Padova di Luxardo, la famosa Fondazione del Mercimonio dove i dalmati possono menar vanto di essere stati gli unici a iniziare questa battaglia per far conoscere i fatti, anche se molti amici istriani e fiumani si sono battuti insieme a noi per far emergere dalle nebbie lo Statuto della Fondazione, finora rimasto segreto(!), e le proposte indecenti che il sen. Lucio Toth ha creduto necessario svelare con una lettera letta nello scorso Consiglio comunale. Non possiamo nascondere la nostra soddisfazione, anche perché tutto era stato tenuto segreto: l’indizione di un Consiglio federale della FederEsuli di Codarin, dell’Esecutivo Federale, dell’incontro FederEsuli – Governo Letta e della commissione attribuita all’avvocato de Vergottini di stendere lo Statuto ancora segreto. Il tutto, ricevendo insulti quali “falso e bugiardo” che i consiglieri comunali hanno potuto sentire ripetere, per la quarta volta, da Giorgio Varisco nei miei confronti al Consiglio comunale di Padova. Infine, la quarta vittoria consiste nell’aver portato alla luce le manovre, formalmente riguardanti il diritto della Delegazione di Trieste di continuare a pubblicare, con generale soddisfazione, Il Dalmata; esse erano in realtà, un modo per bloccare la diffusione di queste ed altre notizie. Infatti, non le troverete minimamente accennate nei due numeri de Il Dalmata edito a Padova, dove non si parla di niente e che, secondo molti lettori che ci hanno contattato, sono di una noia mortale. Con la nomina dei Revisori dei Conti (che, oltretutto sono illegali perché non appartengono alla nostra Associazione ma sono stati “prestati” da un’altra Associazione con Bilancio, Statuto, principi e politica assai diversi dai nostri), verranno alla luce finalmente i Bilanci approvati in fretta ed in furia, senza neanche distribuirli tra i consiglieri. Forse perché un personaggio che materialmente predispone questi Bilanci riceve con le solite manovrette le spese per il proprio mantenimento? Se così fosse, come si sussurra a Padova, la sua nomina sarebbe irregolare perché un sostanziale dipendente del nostro Libero Comune e di altre associazioni facenti capo alla FederEsuli non può far parte dei dirigenti per l’evidente conflitto d’interessi. Da quando tutti hanno capito che Luxardo non ha più il diritto di censura e di veto, perché le notizie segrete ed indecenti vengono ugualmente conosciute, siamo stati presi sul serio da vari organismi deputati a trattare sulla cultura italiana in Dalmazia ed anche in Italia e si è diffusa la voce che Codarin e Luxardo faranno un passo indietro, lasciando ad altri il compito di guidare la FederEsuli, (Codarin è interessato a gestire solo se ci sono abbondanti finanziamenti destinati presto ad essere ridimensionati o a cessare) e di Franco Luxardo, la cui politica consiste nel prestare acquiescenza a quanto deciso da Codarin, che pensa ai fatti propri e da Tremul, che pensa agli interessi prevalentemente degli istriani della sua Associazione. Per questo Codarin e Luxardo debbono fare un passo indietro. Dir