FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE S.P.T O S.C.P.T
Le prove dinamiche continue sono state ideate per lo studio dei
terreni incoerenti, i dati elaborati per gli strati coesivi quindi, sono da
considerarsi utili solo per un primo inquadramento del problema.
Correlazione con SPT.
Poiché le correlazioni empiriche esistenti in letteratura tra i risultati di
una prova penetrometrica dinamica ed i principali parametri
geotecnici del terreno fanno riferimento essenzialmente alle prove
SPT, occorrerebbe in teoria applicare una correzione ai risultati delle
prove SCPT, per tenere conto delle diverse modalità esecutive.
Ciò può essere fatto secondo due criteri differenti:
•
correzione sulla base delle differenti modalità esecutive:
penetrometri con caratteristiche differenti rispetto all’ SPT (peso
del maglio, volata, area della punta, ecc.) comportano energie di
infissione ovviamente differenti; per rapportare il numero di colpi
dell’ SPT con quelli del dinamico continuo diversi Autori
propongono l'applicazione del seguente fattore correttivo:
Cf =
dove:
M2
H2
Pl2
Ap2
M1
H1
Pl1
Ap1
=
=
=
=
=
=
=
=
M 1 ⋅ H1 ⋅ P11 ⋅ Ap1
M 2 ⋅ H 2 ⋅ P12 ⋅ Ap2
peso del maglio SPT (63.5 kg);
volata del maglio SPT (75 cm);
passo di lettura SPT (15 cm);
area della punta SPT (20.4 cmq);
peso del maglio del dinamico continuo;
volata del maglio del dinamico continuo;
passo di lettura del dinamico continuo;
area della punta del dinamico continuo.
FORMULA GEO VER.2.0
Il numero di colpi da utilizzare nel calcolo dei parametri geotecnici
sarà dato da:
Nspt = CfNscpt
•
correzione sulla base delle litologie incontrate: si è dimostrato,
nelle correlazioni SPT-SCPT, che generalmente il rapporto fra il
numero dei colpi misurato con i due strumenti (Nspt/Nscpt) tende
a 1 per granulometrie grossolane, mentre tende a crescere per
granulometrie più fini; si suggeriscono le seguenti correlazioni
proposte in letteratura:
Correlazione
NSPT
NSPT
NSPT
NSPT
NSPT
NSPT
=
=
=
=
=
=
1
1.25
1.5
2
2.5
3
x
x
x
x
x
x
NSCPT
NSCPT
NSCPT
NSCPT
NSCPT
NSCPT
Litologia
Ghiaie e ghiaie sabbiose
Sabbie e ghiaie con fine plastico
Sabbie con molto fine
Limi
Argille limose/sabbiose
Argille
In ogni caso si tratta di correlazioni empiriche che vanno utilizzate
con cautela. In particolare, per quanto riguarda la correzione in
funzione della litologia, questa andrà calibrata sulla base delle
caratteristiche litologiche locali.
Poiché esistono molti tipi di penetrometri dinamici con diverse
caratteristiche, per poter utilizzare i metodi di interpretazione calibrati
per la SPT è necessario apportare delle correzioni ai risultati ottenuti.
Muromachi e Kobayashi (1981) hanno presentato una correlazione
fra N30 (colpi per 30 cm di penetrazione) ed Nspt. Il penetrometro
usato è l’RTRI-HEAVY, giapponese, con maglio di 63,5 Kg, caduta
75 cm, dpunta = 5,08 cm, il quale è simile al pemetrometro italiano tipo
EMILIA-DPSH. I due autori trovano che i dati, rilevati in materiali
compresi in un’ampia gamma granulometrica e senza tenere conto
FORMULA GEO VER.2.0
dell’attrito laterale lungo la batteria delle aste, consentono la
seguente relazione :
N 30
= 115
.
Nspt
Tenendo invece conto dell’influenza dell’attrito laterale la relazione
diventa :
N 30
=1,
Nspt
i risultati quindi in questo caso possono essere utilizzati senza alcuna
correzione.
Da alcune indagini italiane la relazione tra N30 e Nspt diventa :
N 30
= 0.57 ,
Nspt
Le prove sono state condotte da Tissoni (1987) in ghiaie sabbiosolimose con il penetrometro superpesante Meardi-AGI e dallo Studio
Geotecnico Italiano con lo stesso penetrometro in depositi sabbioso
limosi, talvolta con ghiaia fine.
Uno studio indiano presenta i risultati di prove penetrometriche
eseguite con penetrometro superpesante (maglio di 63,5 Kg, caduta
76 cm, dpunta 63,5 cm), in terreni costituiti prevalentemente da
sabbie, sabbie fini con limo e depositi sabbioso-limoso-argillosi con
ghiaia.
La relazione tra N30 e Nspt diventa :
1.5>N30/Nspt>0.8
la quale, tenendo conto del maggior diametro di punta rispetto alla
misura standard (63,5 cm invece di 50,5 cm) assume la seguente
forma:
FORMULA GEO VER.2.0
0.95>N30/Nspt>0.5,
vicina alle esperienze italiane.
Per quanto riguarda il penetrometro medio leggero tipo EMILIA la
relazione tra N10 (numero di colpi per 10 cm di affondamento) e Nspt
è la seguente :
0.7Nspt≥N10≥1.2Nspt
Conoscendo la natura del terreno e N10 si può ricavare Nspt dalla
seguente tabella (Vannelli e Benassi, 1983):
Terreni prevalentemente coesivi
Terreni prevalentemente granulari
N10/Nspt≥0.7-0.8
per
8≤N10≤14
N10/Nspt≥0.95-1.0 per
N10/Nspt≥0.8-1.0
per
14≤N10≤18
N10/Nspt≥1.0-1.2
per
8≤N10≤15
15≤N10≤30
Determinazione della litologia.
Non esiste attualmente in letteratura una correlazione fra il numero di
colpi misurato con il penetrometro dinamico e la litologia degli strati
attraversati. Una correlazione può essere effettuata assimilando la
procedura d'infissione delle aste e del rivestimento nella prova SCPT
a quella di pali battuti di piccolo diametro. Per tali tipologie di palo
esistono in letteratura delle indicazioni dei valori di resistenza laterale
all’ infissione in funzione delle diverse litologie. Sulla base di questi
dati e di un'ampia casistica relativa all'esecuzione di prove SCPT in
litologie differenti, vengono proposte le seguenti correlazioni in
funzione del rapporto n.colpi della punta / n.colpi del rivestimento:
FORMULA GEO VER.2.0
Rapporto
Npunta/Nrivestimento
< 0,25
0,25 - 0,40
0,40 - 0,70
0,70 - 2,25
2,25 – 4
>4
Litologia
Argilla
Argilla con limo o sabbia
Limo
Sabbia con limo o limosa
Sabbia o ghiaia con matrice plastica
Ghiaia o ghiaia + sabbia
Stima dei parametri geotecnici.
Parametri degli strati incoerenti
I parametri geotecnici calcolabili per terreni incoerenti (componente
sabbiosa o ghiaiosa dominante) attraverso le correlazioni dirette con
i valori di Nspt sono i seguenti:
•
•
•
•
•
angolo di resistenza al taglio ϕ;
densità relativa Dr;
modulo di deformazione ( o di Young) E 50;
modulo edometrico M0;
modulo dinamico di taglio G0.
Angolo di resistenza al taglio ϕ.
L'angolo di resistenza al taglio del materiale indagato può essere
valutato attraverso due categorie di metodi: i metodi di correlazione
diretta Nspt-ϕ e i metodi di correlazione indiretta. Tra i metodi di
correlazione diretta Nspt-ϕ vanno considerati, in generale, più
attendibili quelli che esprimono ϕ anche in funzione della pressione
efficace ϕ agente sullo strato.
FORMULA GEO VER.2.0
Metodi di correlazione diretta
a) Road Bridge Specification
Il metodo è valido per sabbie fini o limose e trova le sue condizioni
ottimali di applicabilità per profondità di prova superiori a 8 - 10 m
per terreni sopra falda e superiori a 15 m per terreni in falda (σ > 1520 t/mq).
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
ϕ = 15Nspt + 15
dove Nspt è il numero di colpi medio misurato nello strato.
b) Japanese National Railway
Il metodo è valido per sabbie medie - grosse fino a sabbie ghiaiose
e trova le sue condizioni ottimali di applicabilità per profondità
superiori a 8 - 10 m nel caso di terreni sopra falda e di 15 m per
terreni immersi in falda (σ> 15-20 t/mq).
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
ϕ = 0,3Nspt + 27
dove Nspt è il numero di colpi medio misurato nello strato.
c) De Mello
Il metodo di De Mello è valido per le sabbie in genere e per
qualunque profondità (tranne che per i primi 2 m sotto il p.c.). E' da
considerarsi inattendibile però per valori di ϕ superiori a 38°.
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
ϕ = 19 − 0,38σ + 8,73Log (N spt )
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq e
Nspt il numero di colpi medio misurato nello strato.
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d) Owasaki & Iwasaki
Il metodo è valido per sabbie da medie a grossolane fino a
debolmente
ghiaiose.
Anche questo metodo trova le
sue
condizioni ottimali di applicabilità per profondità di prova superiori
a 8 - 10 m per terreni sopra falda e superiori a 15 m per terreni in
falda (σ>15-20 t/mq).
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
ϕ = 20 Nspt + 15
dove Nspt è il numero di colpi medio misurato nello strato.
e) Sowers
Il metodo di Sowers (1961) è valido per le sabbie in genere e trova
le sue condizioni ottimali di applicabilità per profondità di prova
inferiori a circa 4 m per terreni sopra falda e inferiori a circa 7 m
per terreni in falda (σ > 5-8 t/mq).
La relazione è la seguente:
ϕ = 28 + 0,28 Nspt
f) Malcev
Il metodo di Malcev (1964) è invece valido per le sabbie in genere e
per qualunque profondità (tranne che per i primi 2 m sotto il p.c.). E'
da considerarsi inattendibile per valori di ϕ superiori a 38°.
ϕ = 20 − 5 Log (σ) + 3,73 Log (N spt )
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq e
Nspt il numero di colpi medio misurato nello strato.
FORMULA GEO VER.2.0
g) Peck-Hanson & Thornburn
Il metodo di Peck - Hanson & Thornburn è valido per le sabbie in
genere e trova le sue condizioni ottimali di applicabilità per
profondità di prova inferiori a circa 5 m per terreni sopra falda e
inferiori a circa 8 m per terreni in falda (pressione efficace inferiore
a 8-10 t/mq).
ϕ = 27,2 + 0,28 N spt
h) Meyerhof
Il metodo di Meyerhof (1965) che correla ϕ con Nspt medio dello
strato in funzione della sua granulometria, è valido per le sabbie in
genere e trova le sue condizioni ottimali di applicabilità per
profondità inferiori a 5 m (relazione 1) e 3 m (relazione 2) nel caso di
terreni sopra falda e inferiori a 8 m (relazione 1) e 5 m (relazione 2)
per terreni sotto falda (pressione efficace inferiore a 5-8 t/mq).
(rel.1) ϕ = 29,47 + 0,46 N spt − 0,004 N 2 spt (< 5% di limo)
(rel.2) ϕ = 23,7 + 0,57 N spt − 0,006 N 2 spt (>5% di limo)
Metodi di correlazione indiretta
a) Schmertmann
Questo metodo correla ϕ con la densità relativa dello strato in
funzione della sua composizione granulometrica.
Il metodo è valido per sabbie e ghiaie in genere. Facendo
riferimento ad un altro parametro , affetto generalmente da errore
non trascurabile, i valori di ϕ vengono ad essere quasi sempre
sovrastimati.
ϕ = 28 + 0,14 Dr
Sabbia fine
ϕ = 31,5 + 0,115 Dr
Sabbia media
ϕ = 34,5 + 0,10 Dr
Sabbia grossa
Ghiaia
ϕ = 38+ 0,08Dr
FORMULA GEO VER.2.0
Densità relativa.
La densità relativa viene valutata attraverso correlazioni applicabili
solo nel caso di terreni prevalentemente sabbiosi .
In presenza di depositi ghiaiosi si ottengono valori eccessivamente
elevati e quindi a sfavore della sicurezza: in questo caso si
consiglia di adottare il valore più basso fra quelli calcolati con metodi
differenti.
a) Gibbs & Holtz
Il metodo di Gibbs & Holtz (1957) è valido per le sabbie da fini a
grossolane pulite, per qualunque valore di pressione efficace, in
depositi normalmente consolidati. Nel caso di depositi ghiaiosi il
valore di Dr(%) viene sovrastimato, nel caso di depositi limosi viene
sottostimato.
Dr (%) = 21
N spt
σ + 0,7
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq e
Nspt il numero di colpi medio misurato nello strato.
Il metodo fornisce generalmente valori in eccesso rispetto agli altri,
nei primi metri di approfondimento della prova.
b) Schultze & Mezembach
Il metodo di Schultze & Mezembach (1961) è valido per le sabbie da
fini a ghiaiose, per qualunque valore di pressione efficace, in depositi
normalmente consolidati. Nel caso di depositi ghiaiosi il valore di
Dr(%) viene sovrastimato, nei depositi limosi viene sottostimato.
ln ( Dr % ) = 0,478 ln (N spt ) − 0,262 ln (σ ) + 2,84
FORMULA GEO VER.2.0
c) Skempton
Il metodo è valido per le sabbie da fini a grossolane, per qualunque
valore di pressione efficace, in depositi normalmente consolidati.
Nel caso di depositi ghiaiosi il valore di Dr(%) viene sovrastimato,
nei depositi limosi viene sottostimato.
Il metodo si basa sulla seguente relazione:


 N s pt 98 
σ 
Dr (%) = 100 
32 + 0.288σ 




dove:
σ = pressione efficace in kPa;
Nspt = numero di colpi medio nello strato.
Modulo di deformazione (modulo di Young).
a) Schmertmann
Il metodo è valido per le sabbie in genere. La relazione non
considera l'influenza della pressione efficace, che porta a parità di
Nspt ad una diminuzione di E con la profondità.
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
E (kg / cmq) = 2 BNspt
dove Nspt è il numero di colpi medio nello strato e B è una costante
variabile in funzione della litologia:
B
Litologia
4
6
10
sabbia fine
sabbia media
sabbia grossolana
FORMULA GEO VER.2.0
b) Terzaghi
Il metodo è valido per sabbia + ghiaia e sabbia pulita. La relazione
non considera l'influenza della pressione efficace, che porta a
parità di Nspt ad una diminuzione di E con la profondità.
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
E ( MPa ) = B Nspt
dove Nspt è il numero di colpi medio nello strato mentre B è una
costante pari a 7 Mpa. La relazione va considerata inattendibile per
Nspt molto bassi o molto alti Nel primo caso E risulta
eccessivamente elevato, nel secondo caso eccessivamente basso.
c) D’Appolonia et Alii.
Il metodo di D’Appolonia è valido per sabbia+ghiaia e sabbie
sovraconsolidate. Il metodo non considera l'influenza della pressione
efficace, che porta a parità di Nspt ad una diminuzione di E con la
profondità.
E (kg / cmq) = 7,71Nspt + 191 (Ghiaia + sabbia)
E (kg / cmq) = 10,63 N spt + 375 (Sabbia SC)
d) Schultze e Menzebach.
Il metodo di Schultze e Menzebach è valido per sabbia sotto falda. Il
metodo non considera l'influenza della pressione efficace, che porta
a parità di Nspt ad una diminuzione di E con la profondità.
E (kg / cmq) = 5,27 N spt + 76
FORMULA GEO VER.2.0
e) Webb.
Il metodo di Webb è valido per sabbia sotto falda o sabbia con fine
plastico. Il metodo non considera l'influenza della pressione efficace,
che porta a parità di Nspt ad una diminuzione di E con la profondità.
E (kg / cmq) = 4,87 Nspt + 73 (Sabbia satura)
E (kg / cmq) = 3,22 N spt + 16 (Sabbia con fine plastico)
Modulo edometrico.
a) Farrent.
Il metodo di Farrent è valido per le sabbie in genere. Il metodo non
considera l'influenza della pressione efficace, che porta a parità di
Nspt ad una diminuzione di M con la profondità.
M (kg / cmq) = 7,1N spt
b) Menzebach e Malcev.
Il metodo di Menzebach e malcev è valido per le sabbie in genere. Il
metodo non considera l'influenza della pressione efficace, che porta
a parità di Nspt ad una diminuzione di M con la profondità.
M (kg / cmq) = 3,54 Nspt + 38 (Sabbia fine)
M (kg / cmq) = 4,46 N spt + 38 (Sabbia media)
M (kg / cmq) = 10,46 N spt + 38 (Sabbia + ghiaia)
M (kg / cmq) = 11,84 Nspt + 38 (Sabbia ghiaiosa)
FORMULA GEO VER.2.0
Modulo di deformazione di taglio.
a) Ohsaki & Iwasaki
Il metodo di Ohsaki & Iwasaki, valido per le sabbie pulite o con fine
plastico (limo o argilla), si basa sulla seguente relazione:
G0 (t / mq ) = aNspt b
dove Nspt è il numero di colpi medio nello strato mentre a e b sono
costanti dipendenti dalla granulometria del deposito secondo il
seguente schema:
a
b
Granulometria
650
1182
0.94
0.76
Sabbie pulite
Sabbie con fine plastico
Parametri degli strati coesivi.
I parametri geotecnici calcolabili per terreni coesivi (componente
limosa o argillosa dominante) attraverso le correlazioni dirette con i
valori di Nspt sono i seguenti:
•
•
•
•
coesione non drenata Cu;
modulo edometrico Ed;
rapporto di sovraconsolidazione OCR;
modulo dinamico di taglio G0.
Coesione non drenata.
La prova penetrometrica non fornisce, in generale, valori attendibili
per i terreni coesivi. Ci si può orientare nella scelta dei valori di Cu
proposti di seguito considerando che:
FORMULA GEO VER.2.0
•
•
•
nessuna correlazione tiene conto delle pressioni efficaci e del
grado di sovraconsolidazione ( OCR );
i metodi si applicano ad argille non sensitive e portano ad una
sotto stima di Cu, nel caso di materiali con elevato indice di
sensibilità ;
vista la non trascurabile dispersione dei dati, i metodi vanno
applicati con prudenza e solo per stime di primo riferimento.
a) Terzaghi & Peck
Il metodo è valido per argille di media plasticità e si basa sulla
seguente relazione:
cu (kg / cmq) = 0,067 N spt
b) DM-7 (Design Manual for Soil Mechanichs)
Il metodo è valido per le argille in genere e si basa sulle seguenti
relazioni:
cu (kg / cmq) = 0,038 N spt (argille a bassa plasticità)
cu (kg / cmq) = 0,074 N spt (argille a media plasticità)
cu (kg / cmq) = 0,125 N spt (argille ad alta plasticità)
c) Sanglerat
Il metodo è valido per argille di media e bassa plasticità e si basa
sulle seguenti relazioni:
cu (kg / cmq) = 0,125 N spt (argille a media plasticità)
cu (kg / cmq) = 0,100 N spt (argille limose)
cu (kg / cmq) = 0,067 N spt (argille limo-sabbiose)
FORMULA GEO VER.2.0
d) Shioi - Fukui
Il metodo è valido per argille di media e alta plasticità e si basa sulle
seguenti relazioni:
cu (kg / cmq) = 0,025 N spt (argille a media plasticità)
cu ( kg / cmq) = 0,05 N spt (argille ad alta plasticità)
Modulo edometrico.
a) Stroud e Butler
Il metodo è valido per argille di media plasticità e bassa plasticità si
basa sulla seguente relazione:
Ed ( kg / cmq) = 5N spt (argille a media plasticità)
Ed ( kg / cmq) = 6 Nspt (argille a bassa plasticità)
Rapporto di sovraconsolidazione.
a) Ladd e Foot
Si basa sulla seguente relazione:
OCR = (
Cu 1.25
)
σKK
dove:
Cu = coesione non drenata dello strato (Kg/cmq);
σ = pressione efficace a metà strato (Kg/cmq);
KK = 7-Kp, parametro correttivo in funzione della profondità.
Kp viene calcolato come illustrato dalla seguente tabella:
FORMULA GEO VER.2.0
Profondità media
dello strato, P(m)
Kp
Kp = 0.2
P<=1
Kp = (
1<P<4
Kp = (
P>4
P
p
02
.
035
. (P − 1)
)+[
]
p
p
02
.
3 05
. (P − 4)
) + (035
. ) +[
]
p
p
p
dove p è il passo di lettura della prova espresso in metri.
Nel caso risultasse KK < 0.25 si pone KK = 0.25.
Modulo dinamico di taglio.
a)Metodo Di Ohsaki & Iwasaki
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
G0 (t / mq ) = aNspt b
con a = 1400 e b = 0.78.
Il metodo è valido per i terreni coesivi in genere (dai limi plastici alle
argille). Vista la non trascurabile dispersione dei dati, il metodo va
applicato con prudenza e solo per stime di primo riferimento.
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo della portanza di fondazioni superficiali.
a) Formula di Meyerhof
Meyerhof ha proposto le seguenti relazioni:
Qamm( KPa) =
Nspt
Kd , per B>1.2 m
0.08
Qamm( KPa ) =
Nspt
, per B≤1.2 m
0.05
dove:
Kd
Nspt
D
B
=
=
=
=
1 + 0.33(D/B), per Kd≤1.33);
numero di colpi di punta medio nello strato;
profondità di posa della fondazione;
larghezza della fondazione.
Questa relazione ha il vantaggio di legare il valore della portanza
oltre che alle caratteristiche del terreno anche alla geometria della
fondazione.
Va usata nei terreni prevalentemente incoerenti. Da notare che la
formula fornisce direttamente la portanza ammissibile, senza che sia
necessario introdurre ulteriori coefficienti di sicurezza.
b) Formula degli Olandesi
La formula degli Olandesi si basa sulla seguente relazione :
Q lim( Kg / cmq) =
dove:
P (kg) = peso del maglio;
H (cm) = volata del maglio;
P2H
20 ApRf ( P + Pa)
FORMULA GEO VER.2.0
Ap (cmq) = area della punta;
Rf (cm) = rifiuto medio, dato dal rapporto fra lunghezza del
tratto d'avanzamento e numero di colpi per tratto
d'avanzamento (per es.30/Nscpt per penetrometri
pesanti tipo Meardi);
Pa (kg) = peso della colonna di aste.
La Formula degli Olandesi rispetto a quella di Meyerhof non
permette di correlare la portanza alle caratteristiche geometriche
della fondazione, e in particolare al parametro D (profondità di posa
della fondazione). Va quindi usata con molta prudenza e solo per
stime di massima.
c) Parry
Il metodo di Parry si basa sulla seguente relazione :
Qamm( KPa) =
30 Nspt
Fs
dove: Fs = coefficiente di sicurezza, di solito posto uguale a 3.
Calcolo dei cedimenti di fondazioni superficiali.
I cedimenti nel programma vengono calcolati con le relazioni
proposte da Schmertmann, per gli strati incoerenti, e da Terzaghi,
per gli strati coesivi, passando attraverso la stima del modulo di
deformazione o edometrico, con le metodologie di calcolo presentate
in precedenza.
Metodo semplificato di Terzaghi
Si tratta di un metodo speditivo utile per avere una prima indicazione
dell'ammontare del cedimento. La relazione è la seguente:
FORMULA GEO VER.2.0
s = dH
Qz
Ed
dove:
dH = spessore dello strato;
Qz = incremento di pressione dovuto al sovraccarico
applicato dalla fondazione a meta strato, calcolabile
con uno dei metodi descritti nel precedente capitolo;
Ed = modulo edometrico dello strato.
Il calcolo va esteso a tutti gli strati di fondazione e i risultati sommati.
Il cedimento totale sarà quindi espresso dalla seguente relazione:
n
S = ∑ si ,
i =1
dove n è il numero degli strati di fondazione.
Metodo di Schmertmann
Il metodo di Schmertmann viene usato per calcolare il cedimento
immediato e secondario di terreni incoerenti ed ha la seguente
espressione:
 Iz

S = C1 C2 Q∑  i ⋅ dH

i= 1  E i
n
dove:
Q
C1
C2
= carico netto applicato sulla fondazione;
= 1-0.5(σ/Q), fattore correttivo per tenere conto
dell'approfondimento della fondazione dove σ è la
pressione efficace al piano di posa della fondazione
(C 1≥0.5);
= 1 + 0.21log ( T/0.1), fattore correttivo per tenere conto
del cedimento secondario dove T è il tempo di calcolo
del cedimento in anni;
FORMULA GEO VER.2.0
σ
n
dH
Ei
Izi
=
=
=
=
=
pressione efficace al piano di posa della fondazione;
numero degli strati;
spessore dello strato;
modulo di deformazione dello strato i-esimo;
fattore d'influenza per tenere conto della diffusione del
carico netto applicato sulla fondazione nel terreno; ha
una distribuzione di tipo triangolare che dipende dalla
geometria della fondazione.
Calcolo della portanza di un palo.
La portanza ammissibile di un palo viene generalmente valutata con
la relazione:
Qamm (t ) =
Qpunta + Ql aterale
Fs
− Ppalo
dove:
Qpunta
Qlaterale
Ppalo
Fs
= portanza di punta del palo;
= portanza laterale del palo;
= peso del palo;
= fattore di sicurezza (di solito≥2,5);
Per correlare Qpunta e Qlaterale con Nspt il programma utilizza il metodo
di Meyerhof.
a) Meyerhof.
Valido solo per pali infissi, la Qpunta e la Q laterale vengono calcolate con
le seguenti relazioni:
Qlaterale( t ) = 0,2 Alat Nspt
Qpunta (t ) = 40 AbaseN spt
dove:
FORMULA GEO VER.2.0
Alat = area laterale del palo in mq;
Abase = area di base del palo in mq.
FORMULA GEO VER.2.0
PROVA PENETROMETRICA STATICA
Introduzione.
L' interpretazione della prova penetrometrica statica (CPT) avviene
generalmente in cinque fasi distinte:
• discretizzazione del terreno indagato in livelli caratterizzati da
valori di Rp e Rl relativamente costanti per tutto lo spessore dello
strato;
• stima della litologia del livello attraverso le metodologie di
Begemann, Schmertmann, Robertson, ecc…
• calcolo dei parametri geotecnici associati agli strati;
• riepilogo della stratigrafia e dei parametri geotecnici dei singoli
strati.
Determinazione della litologia.
Il programma utilizza tre metodi:
•
•
•
metodo di BEGEMANN (1965);
metodo di SCHMERTMANN (1978);
metodo di ROBERTSON (1990).
Metodo di Begemann
Il metodo di BEGEMANN considera il rapporto tra Rp e Rl come
parametro indicativo delle variazioni litologiche. In particolare l’Autore
suggerisce le seguenti correlazioni:
Rapporto Rp/Rl
Rp/Rl < 15
15 < Rp/Rl < 20
30 < Rp/Rl < 60
Rp/Rl > 60
Litologia
Argilla organica e torba
Limo e/o argilla inorganica
Limo sabbioso e sabbia limosa
Sabbie o sabbia più ghiaia
1
FORMULA GEO VER.2.0
Va ricordato che tali correlazioni sono valide solo per
immersi in falda.
terreni
Metodo di Schmertmann.
Il metodo di SCHMERTMANN considera come indicativo della
litologia della verticale indagata il rapporto delle resistente Fr (con
Fr%=100 Rl/Rp), secondo il grafico seguente:
2
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo di Robertson.
Il metodo di Robertson, più recente rispetto a quelli sopra proposti,
considera come indicativo della litologia il confronto fra i parametri
Q ( resistenza di punta normalizzata) e F (rapporto delle resistenze
normalizzato) del terreno indagato. Q e F in pratica hanno le
seguenti espressioni:
Q=
Rp − σv 0
σ'v 0
 Rl 
F = 100 

 Rp − σv 0 
dove:
Rp(kg/cmq)=
Rl(kg/cmq)=
σv0(kg/cmq)=
σ’v0(kg/cmq)=
Resistenza alla punta del penetrometro statico
Resistenza laterale del penetrometro statico
Pressione litostatica totale
Pressione litostatica efficace
Il grafico che permette l’identificazione del tipo litologico in funzione
di Q e F è il seguente:
3
FORMULA GEO VER.2.0
Robertson introduce anche il parametro Ic (Indice del tipo di
comportamento del terreno) definito come:
Ic =
(3.47 − LogQ )2 + (LogF + 1.22 )2
Il parametro Ic può essere correlato empiricamente al contenuto di
fine del terreno attraverso la relazione
4
FORMULA GEO VER.2.0
FC% = 1.75 Ic3 .25 − 3.7 .
5
FORMULA GEO VER.2.0
Stima dei parametri geotecnici.
Parametri degli strati incoerenti
I parametri geotecnici calcolabili per terreni incoerenti (componente
sabbiosa o ghiaiosa dominante) attraverso le correlazioni dirette con
i valori di Rp sono i seguenti:
•
•
•
•
•
angolo di resistenza al taglio ϕ;
densità relativa Dr;
modulo di deformazione ( o di Young) E 50;
modulo edometrico M0;
modulo dinamico di taglio G0.
Angolo di resistenza al taglio ϕ .
L'angolo di resistenza al taglio del materiale indagato può essere
valutato attraverso due categorie di metodi: i metodi di correlazione
diretta Rp-ϕ e i metodi di correlazione indiretta. Tra i metodi di
correlazione diretta Rp-ϕ vanno considerati, in
generale, più
attendibili quelli che esprimono ϕ anche in funzione della pressione
efficace agente sullo strato.
6
FORMULA GEO VER.2.0
Metodi di correlazione diretta
a) Durgunouglu-Mitchell
Il metodo è valido per sabbie N.C., non cementate (per sabbie S.C.
va aumentato di 1-2°).
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
ϕ = 14.4 + 4.8 ln Rp − 4.5 ln σ
dove Rp(kg/cmq) è la resistenza di punta media misurata nello strato
e σ(kg/cmq) è la pressione litostatica efficace a metà strato.
b) Meyerhof
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
ϕ = 17 + 4.49Rp
dove Rp(kg/cmq) è la resistenza di punta media misurata nello
strato.
La relazione non è applicabile per ϕ< 32° e ϕ> 46°. Nel caso di
sabbie S.C. (sovraconsolidate) occorre aumentare il valore di ϕ
trovato di 1-2°. In sabbie cementate va tenuto presente che ad un
aumento di Rp può non corrispondere automaticamente un
aumento di ϕ , per cui in questi casi i risultati vanno utilizzati con
cautela.
La relazione non valuta, nella correlazione Rp-σ, l'influenza della
pressione efficace. Quindi i valori dell'angolo di resistenza al taglio
ottenuti con questo metodo risulteranno:
• per modeste profondità (H < 5-6 m) più bassi del reale;
• per elevate profondità (H > 14-15 m) più alti del reale.
c) Caquot
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
7
FORMULA GEO VER.2.0
 Rp 
ϕ = 9.8 + 4.96 ln 

σ 
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq e
Rp la resistenza alla punta media misurata nello strato, sempre in
kg/cmq.
La relazione trova le sue condizioni ottimali di applicabilità in sabbie
N.C. (normalmente consolidate) e non cementate per profondità
maggiori di 2 metri (terreni saturi) o maggiori di 1 metro (terreni non
saturi). Nel caso di sabbie
S.C. (sovraconsolidate) occorre
aumentare il valore di ϕ trovato di 1-2°. In sabbie cementate va
tenuto presente che ad un aumento di Rp può non corrispondere
automaticamente un aumento di ϕ , e quindi il valore calcolato va
utilizzato con prudenza.
d) Koppejan
Il metodo si basa sulla seguente relazione:
 Rp 
ϕ = 5.8 + 5.21ln  
σ
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq e
Rp la resistenza alla punta media misurata nello strato, sempre in
kg/cmq.
La relazione trova le sue condizioni ottimali di applicabilità in sabbie
N.C. (normalmente consolidate) e non cementate per profondità
maggiori di 2 metri (terreni saturi) o di 1 metro (terreni non saturi).
Nel caso di sabbie S.C. (sovraconsolidate) occorre aumentare il
valore di ϕ trovato di 1-2°.
In sabbie cementate va tenuto presente che ad un aumento di Rp
può non corrispondere automaticamente un aumento di ϕ , e quindi
per questi terreni occorre utilizzare con una certa cautela i valori
ottenuti.
8
FORMULA GEO VER.2.0
e) De Beer
La relazione è la seguente:
 Rp 
ϕ = 5.9 + 4.76 ln 

σ 
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq e
Rp la resistenza alla punta media misurata nello strato, sempre in
kg/cmq.
La relazione trova le sue condizioni ottimali di applicabilità per sabbie
N.C. (normalmente consolidate) e non cementate per profondità
maggiori di 2 metri (terreni saturi) o di 1 metro (terreni non saturi).
Nel caso di sabbie S.C. (sovraconsolidate) occorre aumentare il ϕ
trovato di 1-2 °.
In sabbie cementate va tenuto presente che ad un aumento di Rp
può non corrispondere automaticamente un aumento di ϕ , e quindi i
valori ottenuti vanno considerati con estrema cautela.
Metodi di correlazione indiretta
a) Schmertmann
Questo metodo correla ϕ con la densità relativa dello strato in
funzione della sua composizione granulometrica.
Il metodo è valido per sabbie e ghiaie in genere. Facendo
riferimento ad un altro parametro , affetto generalmente da errore
non trascurabile, i valori di ϕ vengono ad essere quasi sempre
sovrastimati.
ϕ = 28 + 0,14 Dr
Sabbia fine
ϕ = 31,5 + 0,115 Dr
Sabbia media
ϕ = 34,5 + 0,10 Dr
Sabbia grossa
ϕ = 38+ 0,08Dr
Ghiaia
9
FORMULA GEO VER.2.0
Densità relativa.
La densità relativa viene valutata attraverso correlazioni applicabili
solo nel caso di terreni prevalentemente sabbiosi .
In presenza di depositi ghiaiosi si ottengono valori eccessivamente
elevati e quindi a sfavore della sicurezza: in questo caso si
consiglia di adottare il valore più basso fra quelli calcolati con metodi
differenti.
a) Harman
Il metodo è valido per le sabbie da fini a grossolane pulite, per
qualunque valore di pressione efficace, in depositi normalmente
consolidati.
 Rp 
Dr (%) = 34.36 ln 
0. 7 
 12.3σ 
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq e
Rp(kg/cmq) la resistenza di punta media misurata nello strato.
b) Schmertmann
Si basa sulla seguente relazione:
Dr % = −97.8 + 36.6 ln Rp − 26.9 ln σ
Modulo di deformazione (modulo di Young).
a) Schmertmann
Il metodo è valido per le sabbie in genere normalmente consolidate.
La relazione non considera l'influenza della pressione efficace,
che porta a parità di Rp ad una diminuzione di E con la profondità.
10
FORMULA GEO VER.2.0
E (kg / cmq) = 2.5 Rp
Modulo edometrico.
a) Robertson e Campanella.
Il metodo di Robertson e Campanella è valido per le sabbie in
genere. Si basa sulla seguente relazione
M (kg / cmq) = 0.03Rp + 11.7σ + 0.79 Dr %
dove σ è la pressione litostatica efficace a metà strato in kg/cmq,
Rp(kg/cmq) la resistenza di punta media misurata nello strato e Dr la
densità relativa in percentuale.
11
FORMULA GEO VER.2.0
Modulo di deformazione di taglio.
a) Imai e Tomauchi
Il metodo, valido per tutti i tipi di terreno, si basa sulla seguente
relazione:
G0 ( kg / cmq) = 28 Rp 0 .611
dove Rp è la resistenza di punta media nello strato.
Parametri degli strati coesivi.
I parametri geotecnici calcolabili per terreni coesivi (componente
limosa o argillosa dominante) attraverso le correlazioni dirette con i
valori di Rp sono i seguenti:
•
•
•
•
•
coesione non drenata Cu;
modulo edometrico Ed;
rapporto di sovraconsolidazione OCR;
modulo dinamico di taglio G0;
indice di compressione vergine C c ;
Coesione non drenata.
a) Lunne e Eide
Il metodo è valido per argille in genere e si basa sulla seguente
relazione:
cu (kg / cmq) =
dove:
Rp(kg/cmq)=
IP
Rp − σ
20.7 − 0.18IP
Resistenza alla punta media dello strato
Indice di plasticità medio dello strato
12
FORMULA GEO VER.2.0
σ(kg/cmq)=
Pressione litostatica efficace a metà strato
Modulo edometrico.
a) Mitchell e Gardner
Il metodo, valido per
relazione:
argille in genere, si basa sulla seguente
Ed ( kg / cmq) = αRp
dove Rp è la resistenza alla punta media dello strato e α è un
coeffficiente variabile in funzione del tipo di terreno, secondo la
seguente tabella:
Terreno
CL
ML
MH-CH
OL-OH
α
Per 0.7>Rp α=5
Per 2>Rp>0.7 α=3.5
Per Rp>2 α=1.7
Per 2>Rp α=2
Per 2<Rp α=4.5
α=4
α=4
Dove Rp è la resistenza alla punta espressa in Mpa.
Rapporto di sovraconsolidazione.
a) Ladd e Foot
Si basa sulla seguente relazione:
OCR = (
Cu 1.25
)
σKK
13
FORMULA GEO VER.2.0
dove:
Cu = coesione non drenata dello strato (Kg/cmq);
σ = Pressione efficace a metà strato (Kg/cmq);
KK = 7-Kp, parametro correttivo in funzione della profondità.
Kp viene calcolato come illustrato dalla seguente tabella:
Profondità media
dello strato, P(m)
Kp
Kp = 0.2
P<=1
Kp = (
1<P<4
Kp = (
P>4
P
p
02
.
035
. (P − 1)
)+[
]
p
p
02
.
3
05
. (P − 4)
) + (035
. ) +[
]
p
p
p
dove p è il passo di lettura della prova espresso in metri.
Nel caso risultasse KK < 0.25 si pone KK = 0.25.
Modulo dinamico di taglio.
a) Imai e Tomauchi
Il metodo, valido per tutti i tipi di terreno, si basa sulla seguente
relazione:
G0 ( kg / cmq) = 28 Rp 0 .611
dove Rp è la resistenza di punta media nello strato.
14
FORMULA GEO VER.2.0
Indice di compressione vergine.
a) Schmertmann
Per una stima di massima del parametro Cc è possibile utilizzare la
relazione di Schmertmann:
 2c 
Cc = 0.09 − 0.055 Log  u 
 σ 
dove cu è la coesione non drenata media dello strato e σ la pressione
litostatica efficace media a metà strato.
15
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo della portanza di fondazioni superficiali.
a) Formula di Meyerhof
Meyerhof ha proposto le seguenti relazioni:
Rp
Qamm( KPa) = 4 Kd , per B>1.2 m
0.08
Rp
Qamm( KPa) = 4 , per B≤1.2 m
0.05
dove:
Kd
Rp
D
B
=
=
=
=
1 + 0.33(D/B), per Kd<1.33);
resistenza di punta media nello strato;
profondità di posa della fondazione;
larghezza della fondazione.
Questa relazione ha il vantaggio di legare il valore della portanza
oltre che alle caratteristiche del terreno anche alla geometria della
fondazione.
Va usata nei terreni prevalentemente incoerenti. Da notare che la
formula fornisce direttamente la portanza ammissibile, senza che sia
necessario introdurre ulteriori coefficienti di sicurezza.
b) Schmertmann
Si distingue il caso di un strato incoerente da quello di uno strato
coesivo.
Nel primo caso la Qlim dello strato è data da:
Q lim( kg / cmq) = 28 − 0.0052(300 − Rp )1 .5 (per fondazioni nastriformi);
16
FORMULA GEO VER.2.0
Q lim( kg / cmq) = 48 − 0.009(300 − Rp )1 .5 (per fondazioni rettangolari);
nel secondo da:
Q lim( kg / cmq) = 2 + 0.28Rp (per fondazioni nastriformi);
Q lim( kg / cmq) = 5 + 0.34 Rp (per fondazioni rettangolari).
Per ricavare la portanza d'esercizio la Qlim va divisa per un
opportuno coefficiente di sicurezza, generalmente posto uguale 3.
c) Terzaghi
Si distingue il caso di un strato incoerente da quello di uno strato
coesivo.
Nel primo caso la Qlim dello strato è data da:
Q lim( kg / cmq) = γ1 DN q + 0.5 Bγ 2 Nγ
in cui: Nq=Rp/0.8 e Ny=Rp/0.8;
nel secondo caso:

 B 
Q lim( kg / cmq) = 2 Kq 1 + 0.3 
 L 

in cui: Kq = Rp/15, B=larghezza della fondazione e L=lunghezza della
fondazione.
Per ricavare la portanza d'esercizio la Qlim va divisa per un
opportuno coefficiente di sicurezza, generalmente posto uguale 3.
17
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo dei cedimenti di fondazioni superficiali.
I cedimenti nel programma vengono calcolati con le relazioni
proposte da Schmertmann, per gli strati incoerenti, e da Terzaghi,
per gli strati coesivi, passando attraverso la stima del modulo di
deformazione o edometrico, con le metodologie di calcolo presentate
in precedenza.
Metodo semplificato di Terzaghi.
Si tratta di un metodo speditivo utile per avere una prima indicazione
dell'ammontare del cedimento. La relazione è la seguente:
s = dH
Qz
Ed
dove:
dH = spessore dello strato;
Qz = incremento di pressione dovuto al sovraccarico
applicato dalla fondazione a metà strato, calcolabile
con uno dei metodi descritti nel precedente capitolo;
Ed = modulo edometrico dello strato.
Il calcolo va esteso a tutti gli strati di fondazione e i risultati sommati.
Il cedimento totale sarà quindi espresso dalla seguente relazione:
n
S = ∑ si ,
i =1
dove n è il numero degli strati di fondazione.
18
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo di Schmertmann.
Il metodo di Schmertmann viene usato per calcolare il cedimento
immediato e secondario di terreni incoerenti ed ha la seguente
espressione:
n
 Iz

S = C1 C2 Q∑  i ⋅ dH

i= 1  E i
dove:
Q = carico netto applicato sulla fondazione;
C1 = 1-0.5(σ/Q), fattore correttivo per tenere conto
dell'approfondimento della fondazione dove σ è la
pressione efficace al piano di posa della fondazione
(C 1≥0.5);
C2 = 1 + 0.21log ( T/0.1), fattore correttivo per tenere conto
del cedimento secondario dove T è il tempo di calcolo
del cedimento in anni;
σ = pressione efficace al piano di posa della fondazione;
n = numero degli strati;
dH = spessore dello strato;
Ei = modulo di deformazione dello strato i-esimo;
Izi = fattore d'influenza per tenere conto della diffusione del
carico netto applicato sulla fondazione nel terreno; ha
una distribuzione di tipo triangolare che dipende dalla
geometria della fondazione.
19
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo della portanza di un palo.
La portanza ammissibile di un palo viene generalmente valutata con
la relazione:
Qamm (t ) =
Qpunta + Ql aterale
Fs
− Ppalo
dove:
Qpunta
Qlaterale
Ppalo
Fs
= portanza di punta del palo;
= portanza laterale del palo;
= peso del palo;
= fattore di sicurezza (di solito≥2,5);
Per correlare Qpunta e Qlaterale con Rp il programma utilizza il metodo
di Meyerhof.
a) Meyerhof.
Valido solo per pali infissi e trivellati, la Qpunta e la Q laterale vengono
calcolate con le seguenti relazioni:
Qlaterale(t ) = Alat Rp (per livelli coesivi);
Qlaterale(t ) = 2 Alat Rp (per livelli incoerenti);
Qpunta ( t ) = AbaseRp
dove:
Alat
Abase
= area laterale del palo in mq;
= area di base del palo in mq.
20
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
FONDAZIONI SUPERFICIALI
Capacità portante di una fondazione superficiale.
Introduzione.
Per fondazione s'intende una struttura adatta a trasmettere il peso del
fabbricato e le altre forze agenti sulla sovrastruttura al terreno. I carichi
trasmessi da una struttura al terreno di fondazione non devono superare la
massima resistenza al taglio mobilitabile dal terreno stesso. Nel caso ciò
avvenisse la conseguenza sarebbe la rottura degli strati portanti, che si
manifesterebbe con ampie deformazioni non tollerabili dalla sovrastruttura.
Il valore della resistenza al taglio massima mobilitabile, e quindi il carico
massimo teorico che può essere applicato dal fabbricato, viene definito
capacità portante limite del terreno di fondazione.
Vengono definite superficiali le fondazioni in cui sia verificata la
disuguaglianza:
(1) D < 4 x B;
in cui D è la profondità di posa della fondazione dal piano campagna e B la
dimensione del lato corto della fondazione stessa. Dove la 1) non è
soddisfatta si parla invece di fondazioni profonde.
Portanza del terreno attraverso relazioni analitiche.
Introduzione.
Il comportamento teorico del terreno di fondazione sottoposto
all'applicazione di un carico viene generalmente schematizzato secondo le
indicazioni di Terzaghi (1943). Si suppone quindi che, per una fondazione
ruvida, nel terreno caricato del peso del fabbricato si possano individuare tre
zone a comportamento meccanico e reologico differente:
I) zona, geometricamente assimilabile ad un cuneo, in cui il terreno
mantiene un comportamento elastico e tende a penetrare negli strati
1
FORMULA GEO VER.2.0
sottostanti, solidalmente con la fondazione; questo cuneo forma un angolo
uguale a Phi
(Phi = angolo di resistenza al taglio del terreno su cui poggia la fondazione)
rispetto all'orizzontale secondo Terzaghi, uguale a 45°+Phi/2 secondo
Meyerhof,Vesic e Brinch Hansen;
II) zona di scorrimento radiale, rappresentabile graficamente da una serie di
archi di spirale logaritmica per Phi>0 o di cerchio per Phi=0, dove avviene
la trasmissione dello sforzo applicato dal cuneo di materiale che costituisce
la zona I alla zona III;
III) zona che si oppone alla penetrazione del cuneo della zona I nel terreno;
si assume teoricamente che assuma la forma di un triangolo isoscele con
un'inclinazione dei due lati uguali rispetto all'orizzontale di 45°-Phi/2; sulla
supeficie di questa zona agisce, con effetto stabilizzante, il peso del terreno
sopra il piano di posa della fondazione ed altri eventuali sovraccarichi.
Si ha la rottura del terreno di fondazione quando il carico applicato dal
cuneo della zona I supera la resistenza passiva della zona III. In questo caso
la zona I penetrerà nel terreno di fondazione, che tenderà a rifluire
lateralmente lungo la zona di scorrimento plastico, dando luogo a
rigonfiamenti superficiali.
Si può giungere alla rottura del terreno attraverso tre modalità differenti:
a) rottura di tipo generalizzato: in terreni addensati e/o consolidati la
resistenza al taglio mobilitata aumenta rapidamente per piccoli incrementi di
deformazione; al superamento della portanza limite il terreno si rompe e
subisce grosse deformazioni; riportando in grafico gli sforzi applicati e le
deformazioni relative risulta facilmente identificabile il valore della
resistenza al taglio massima;
b) rottura di tipo locale: in terreni sciolti e/o scarsamente consolidati la
resistenza al taglio mobilitata aumenta gradualmente in relazione a
significativi incrementi di deformazione; risulta difficile individuare in
questo caso di resistenza al taglio massima, superata la quale si ha la rottura
del terreno, in quanto qui il fenomeno avviene con maggiore gradualità;
2
FORMULA GEO VER.2.0
c) rottura di tipo intermedio: presenta caratteristiche intermedie fra la rottura
di tipo generalizzato e locale.
Numerose sono le relazioni analitiche proposte per valutare la capacità
portante di una fondazione superficiale. Le più utilizzate, e attendibili, sono
quelle di Terzaghi, Meyerhof, Vesic e Brinch Hansen.
Formula di Terzaghi (1943).
La formula di Terzaghi ha la seguente forma:
(2) Qlim = c x Nc x sc + y1 x D x Nq + 0.5 x y2 x B x Ny x sy;
in cui: Nc,Nq,Ny = fattori adimensionali di portanza legati rispettivamente
al contributo di terreni con coesione, al terreno posto sopra al piano di posa
della fondazione e agli strati di coesione nulla;
Terzaghi per questi fattori propone le seguenti relazioni:
2
(3) Nq = a2 /[ 2 x cos (45 + Phi/2)]
dove (4) a = exp[(0.75 x Pi - Phi/2) x tg(Phi)];
(5) Nc = (Nq -1) x cotg(Phi)
(6) Ny = [tg(Phi)/2] x [ (Kp/cos2(Phi)) - 1]
dove: Kp=fattore di portanza proposto da Terzaghi, approssimabile
con la seguente relazione:
(7) Kp= A0 + A1 x Phi + A2 x Phi2 + A3 x Phi3 + A4 x Phi4;
in cui:
A0,A1,A2,A3,A4=fattori del polinomio interpolatore.
3
FORMULA GEO VER.2.0
(si tenga presente però che lo stesso Terzaghi consiglia di utlizzare il
valore di Ny ricavato da Meyerhof [vedi paragrafo successivo]);
c = coesione del terreno;
y1=peso di volume medio del terreno sopra il piano di posa;
y2=peso di volume sotto il piano di posa;
B=larghezza della fondazione (dimensione del lato corto);
D=profondità di posa della fondazione;
sc,sy=fattori di forma dati da:
sc = 1.0 per fondazioni nastriformi;
sc = 1.3 per fondazioni quadrate;
sy= 1.0 per fondazioni nastriformi;
sy=0.8 per fondazioni quadrate.
La formula di Terzaghi fornisce generalmente valori di portanza
sovrastimati tranne nel caso di terreni coesivi sovraconsolidati; deve essere
utilizzata solo per fondazioni molto superficiali, dove cioè sia verificata la
disuguaglianza:
D<B.
Formula di Meyerhof (1951).
Simile alla relazione di Terzaghi, introduce un fattore di forma sq legato al
fattore di portanza Nq, tre fattori legati all'approfondimento del piano di
posa della fondazione e tre fattori correttivi per carichi inclinati. Ha la
seguente espressione:
(8) Qlim = c x Nc x sc x dc x ic + sq x y1 x D x Nq x dq x iq+ 0.5 x y2 x B
x Ny x sy x dy x iy;
in cui: Nc,Nq,Ny=fattori adimensionali di portanza dati dalle relazioni:
(9) Nq = exp[Pi x tg(Phi)] x tg2 (45 + Phi/2);
4
FORMULA GEO VER.2.0
(10) Nc = (Nq -1) x cotg(Phi);
(11) Ny = (Nq - 1) x tg(1.4 x Phi);
sc,sq,sy=fattori di forma, dati da:
(12) sc =1 + 0.2 x Kp x B/L;
2
dove Kp=tg (45 + Phi/2) e L=lato lungo della fondazione;
(13) sq = sy = 1 + 0.1 x Kp x B/L per Phi>0;
(14) sq = sy = 1 per Phi=0;
dc,dq,dy=fattori correttivi per l'approfondimento, dati da:
(15) dc = 1 + 0.2 x sqr(Kp) x D/B;
(16) dq = dy = 1 + 0.1 x sqr(Kp) x D/B per Phi>0;
(17) dq = dy =1 per Phi=0;
ic,iq,iy=fattori correttivi per l'inclinazione dei carichi, dati da:
(18) ic = iq = (1 - I°/90);
dove I°=inclinazione del carico rispetto alla verticale;
(19) iy = (1 - I°/Phi°)2 per Phi>0;
(20) iy=0 per Phi=0.
A differenza della formula di Terzaghi, la relazione di Meyerhof può essere
impiegata per qualunque tipo di terreno e per profondità di posa fino a D= 4
x B. Non può essere utilizzata per fondazioni su pendio o per fondazioni con
base ruotata.
Formula di Brinch Hansen (1970).
Deriva dalla formula di Meyerhof , dalla quale differisce per i valori dei
fattori correttivi di forma, di approfondimento, d'inclinazione dei carichi e
per il fattore di portanza Ny e per l'introduzione di fattori correttivi relativi
5
FORMULA GEO VER.2.0
al caso di fondazione su pendio e di fondazioni con base ruotata. Ha la
seguente espressione:
(21) Qlim = c x Nc x sc x dc x ic x bc x gc + sq x y1 x D x Nq x dq x iq x bq
x gq + 0.5 x y2 x B x Ny x sy x dy x iy x by x gy (per Phi>0);
(22) Qlim = 5.14 x Cu x (1 + sc + dc - ic -bc - gc) + y1 x D (per Phi=0);
in cui: Nc,Nq,Ny=fattori adimensionali di portanza, dove Nc e Nq hanno la
stessa forma dei corrispondenti parametri della relazione di Meyerhof
(equazioni 9 e 10) e Ny
è dato da:
(23) Ny = 1.5 x (Nq -1) x tg(Phi);
sc,sq,sy=fattori di forma, dati da:
(24) sc = 0.2 x B/L per Phi=0;
(25) sc = 1 + (Nq/Nc) x (B/L) per Phi>0;
(26) sq = 1 + (B/L) x tg(Phi);
(27) sy = 1 - 0.4 x (B/L);
dc,dq,dy=fattori correttivi per l'approfondimento, dati da:
(28) dc = 0.4 x k per Phi=0;
dove k=D/B per D/B<=1 e k=atang(D/B) per D/B>1
(29) dc = 1 + 0.4 x k;
(30) dq = 1 + 2 x tg(Phi) x [1 - sen(Phi)]2 x k;
(31) dy = 1.
ic,iq,iy=fattori correttivi per carichi inclinati, dati da:
(32) ic = 0.5 - 0.5 x sqr[1 - H/(A x c)] per Phi=0;
(33) ic = iq - (1 - iq)/(Nq -1) per Phi>0;
(34) iq = [1 - 0.5 x H /(V + A x c x cotg(Phi))]5;
(35) iy = [1 - 0.7 x H /(V + A x c x cotg(Phi))]5 per b°=0;
6
FORMULA GEO VER.2.0
(36) iy = [1 - (0.7-b°/450) x H /(V + A x c x cotg(Phi))]5 per b°>0;
dove H=componente longitudinale del carico;
V=componente assiale del carico;
b°=inclinazione della base della fondazione rispetto all'orizzontale;
A=area effettiva della fondazione;
bc,bq,by=fattori correttivi per l'inclinazione della base della
fondazione, dati da:
(37) bc = b°/147 per Phi=0;
(38) bc = 1 - b°/147 per Phi>0;
(39) bq = exp[-2 x b(rad) x tg(Phi)];
(40) by = exp[-2.7 x b(rad) x tg(Phi)];
gc,gq,gy=fattori correttivi per fondazioni su pendio, dati da:
(41) gc = p°/147 per Phi=0;
(42) gc = 1 - p°/147 per Phi>0;
(43) gq = gy = (1 - 0.5 x tg p°)5.
A differenza della formula di Terzaghi, la relazione di Brinch Hansen può
essere impiegata per qualunque tipo di terreno e per profondità di posa fino
a D= 4 x B. Può essere utilizzata inoltre per fondazioni su pendio o per
fondazioni con base ruotata.
Formula di Vesic (1973).
Deriva dalla formula di Brinch Hansen, dalla quale differisce per i valori dei
fattori correttivi per carichi inclinati, per fondazioni su pendio, per
fondazioni con base ruotata e per una diversa definizione del fattore di
portanza Ny. Ha la seguente espressione:
(44) Qlim = c x Nc x sc x dc x ic x bc x gc + sq x y1 x D x Nq x dq x iq x bq
x gq + 0.5 x y2 x B x Ny x sy x dy x iy x by x gy (per Phi>0);
7
FORMULA GEO VER.2.0
(45) Qlim = 5.14 x Cu x (1 + sc + dc - ic -bc - gc) + y1 x D (per Phi=0);
in cui: Nc,Nq,Ny=fattori adimensionali di portanza, dove Nc e Nq hanno la
stessa forma dei corrispondenti parametri della relazione di Meyerhof
(equazioni 9 e 10) e Ny
è dato da:
(46) Ny = 2 x (Nq +1) x tg(Phi);
sc,sq,sy=fattori di forma di valore uguale a quelli proposti da Brinch
Hansen
(eq.24,25,26 e 27);
dc,dq,dy=fattori correttivi per l'approfondimento di valore uguale a
quelli proposti da Brinch Hansen (eq.28,29,30 e 31);
ic,iq,iy=fattori correttivi per carichi inclinati, dati da:
(47) ic = 1 - m x H / (A x c x Nc) per Phi=0;
dove m=(2 + B/L)/(1 + B/L) per H parallelo a B;
m=(2 + L/B)/(1 + L/B) per H parallelo a L;
(48) ic = iq - (1 - iq)/(Nq -1) per Phi>0;
(49) iq = [1 - H /(V + A x c x cotg(Phi))]m;
(50) iy = [1 - H /(V + A x c x cotg(Phi))](m+1);
bc,bq,by=fattori correttivi per l'inclinazione della base della
fondazione, dati da:
(51) bc = b°/147 per Phi=0;
(52) bc = 1 - b°/147 per Phi>0;
(53) bq = by = (1 - b x tg(Phi))2 ;
gc,gq,gy=fattori correttivi per fondazioni su pendio, dati da:
(54) gc = p°/147 per Phi=0;
(55) gc = 1 - p°/147 per Phi>0;
(56) gq = gy = (1 - tg p°)2.
8
FORMULA GEO VER.2.0
La relazione di Vesic fornisce risultati non dissimili da quelli ottenibili con
la formula di Brinch Hansen, anche se quest'ultima risulta essere più diffusa
e usata.
Formula di Froelich (1935).
A differenza delle relazioni viste nei precedenti paragrafi la formula di
Froelich non fornisce la capacità portante limite della fondazione bensì
quella
critica. Per portanza critica s'intende quel carico oltre il quale si hanno i
primi fenomeni di plasticizzazione del terreno, con deformazioni
significative. E' applicabile in particolare in terreni di fondazione con rottura
di tipo locale. La formula ha la seguente espressione:
(57) Qcrit = Ncrit x [y1 x D + C x cotg(Phi)] per Phi>0;
con Ncrit=Pi/[cotg(Phi) - (Pi/2 - Phi)] (con Phi in radianti);
Pi=Pi greco;
D=profondità di posa
(58) Qcrit = Pi x c per Phi=0.
Determinazione del carico d'esercizio.
Il carico da applicare sul terreno viene ricavato dal valore della portanza
limite o critica, adottando un opportuno coefficiente di sicurezza. Nel caso
venga utilizzato il valore della capacità portante limite, il coefficiente di
sicurezza utilizzato per Legge e per consuetudine è posto uguale 3. La
portanza d'esercizio in questo caso è data quindi da:
(59) Qes = Qlim/3.
Volendo utilizzare il valore della portanza critica si consiglia generalmente
di impiegare un coefficiente di sicurezza uguale a 1.5:
(60) Qes = Qcrit/1.5.
9
FORMULA GEO VER.2.0
Fondazioni con carichi eccentrici.
Nel caso alla fondazione siano applicati dei momenti il carico non risulta più
centrato, ma eccentrico. Se con Q indichiamo il valore del carico applicato
alla fondazione e con Mb e Ml i momenti agenti rispettivamente lungo il
lato corto e lungo della fondazione, l'eccentricità del carico sarà data da:
(61) eb = Mb/Q;
(62) el = Ml/Q;
con eb = eccentricità lungo il lato corto della fondazione;
el = eccentricità lungo il lato lungo della fondazione.
Il calcolo della capacità portante in questo caso andrà eseguito, utilizzando
le formule viste nei paragrafi precedenti, inserendo però nel calcolo, come
suggerito da Meyerhof, i valori di B e L corretti come segue:
(63) B' = B - 2 x eb;
(64) L' = L - 2 x el.
Calcolo del valore y1 x D.
Nel caso il profilo del terreno sia irregolare, per cui si abbiano spessori di
terreno differenti lungo i due lati della fondazione (rispetto al lato corto
della stessa) o nel caso in cui vi sia la presenza di sovraccarichi, come
fabbricati, terrapieni, ecc., in prossimità della fondazione, il prodotto y1 x D
(peso di volume del terreno sopra il piano di posa della fondazione per la
profondità di posa della stessa) diventa di più difficile valutazione. In questi
casi si consiglia di procedere come segue:
a) si calcolino i 2 valori medi dei prodotti y1 x D (P1 e P2) lungo i due lati
della fondazione;
b) si trasformino eventuali sovraccarichi in altezza di terra equivalente e si
sommino ai prodotti y1 x D già calcolati;
c) si introduca nel calcolo della capacità portante il valore minore fra P1 e
P2.
10
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo della capacità portante in terreni stratificati.
La profondità sotto il piano di posa della fondazione da prendere in
considerazione nel calcolo della portanza può essere stimata dalla relazione
(Meyerhof, 1953):
(65) H = 0.5 x B x tg(45 + Phi/2);
H è in pratica la profondità a cui si spinge il cuneo di terreno solidale con la
fondazione (zona I). Se all'interno di questo intervallo di profondità
ricadono più strati, la scelta dei parametri geotecnici da introdurre nel
calcolo della portanza diventa più problematica.
Per un terreno di fondazione multistrato vanno distinti in generale tre casi:
a) caso in cui gli strati sono costituiti da terreni dotati di sola coesione
(Phi=0);
b) caso in cui gli strati siano costituiti da terreni con Phi>0 e c>0;
c) caso in cui gli strati siano costituiti da un'alternanza di terreni coesivi
(Phi=0) e incoerenti (Phi>0).
Caso a).
Meyerhof e Brown (1969) propongono di adottare la seguente procedura:
1) si esegue il rapporto fra la coesione del primo strato sotto il piano di posa
della fondazione e quello immediatamente successivo:
Rc = c1/c2;
2) se Rc è minore di 1 si calcola il nuovo valore del fattore di portanza Nc
come segue:
(66) Nc = (1.5 x d/B) + 5.14 x Rc (Nc<=5.14);
in cui: d=spessore dello strato 1;
11
FORMULA GEO VER.2.0
3) se Rc è maggiore o uguale a 1, vanno calcolati i due fattori parziali:
(67) Nc1 = 4.14 + (0.5 x B/d);
(68) Nc2 = 4.14 + (1.1 x B/d);
e quindi se ne fa una media per ottenere il fattore Nc:
(69) Nc = 2 x [Nc1 x Nc2 /(Nc1 + Nc2)].
4) il fattore Nc calcolato va quindi inserito nelle formule di calcolo della
capacità portante di Meyerhof, Vesic o Brinch Hansen.
5) il valore di Qlim calcolato va quindi confrontato con il carico di
schiacciamento del primo strato dato dalla relazione:
(70) Qpz = 4 x c1 + y1 x D;
si adotta come capacità portante il minore dei due valori.
La (70) assume generalmente valori molto bassi solo nel caso di strati
coesivi scarsamente consolidati.
Caso b).
Purushothamaray et alii (1974) nel caso di un terreno a due strati propone la
seguente soluzione:
1) si calcola un valore di Phi medio del terreno dato da:
(71) Phi' = [d x Phi1 + (H - d) x Phi2] / H;
in cui: Phi1 e Phi2 = angolo d'attrito dello strato 1 e 2;
2) si calcola un valore medio di c:
(72) c' = [d x c1 + (H - d) x c2] / H;
in cui: c1 e c2 = coesione degli strati 1 e 2;
12
FORMULA GEO VER.2.0
3) s'inseriscono i valori di c' e Phi' in una delle equazioni per il calcolo della
portanza viste in precedenza;
4) nel caso il primo strato presentasse delle caratteristiche meccaniche
scadenti, si esegue la verifica allo schiacciamento (eq. 70) e si confronta il
risultato con il valore di Qlim calcolato nel punto 3), adottando come
capacità portante il minore dei due valori.
La procedura ovviamente può essere estesa ad un numero qualsiasi di strati.
Caso c).
Bowles (1974) propone la seguente procedura nel caso di terreno a due
strati:
1) si calcola, con i metodi visti, la Qlim del primo strato (quello
immediatamente sotto il piano di posa della fondazione) (Qlim1);
2) si calcola la Qlim del secondo strato (Qlim2), usando i valori di c e Phi
del secondo strato e introducendo nel prodotto y1 x D il peso di volume del
primo strato ed il suo spessore;
3) si calcola la Qlim complessiva dei due strati attraverso la relazione:
(73) Qlim' = Qlim2 + [p x Pv x K x tg(Phi)/A] + (p x d x c/A);
in cui: A=area della fondazione=B x L;
p=perimetro della fondazione=2 x B + 2 x L;
d=spessore del primo strato;
P=pressione efficace dal piano di posa della fondazione al tetto dello
strato inferiore;
K=tg(45 + Phi/2)2;
4) si confronta il valore di Qlim1 con Qlim' e si adotta come portanza il
minore dei due.
Anche in questo caso il procedimento può essere esteso a tre e più strati.
13
FORMULA GEO VER.2.0
Effetti sulla portanza della variazione di B e D.
Dall'osservazione dell'equazioni proposte da Terzaghi, Meyerhof, Brinch
Hansen e Vesic per il calcolo della capacità portante si può notare che
generalmente all'aumentare di B e D la Qlim tende a crescere. In particolare
a piccoli incrementi di D, mantenendo invariato B, corrispondono spesso
notevoli aumenti della Qlim. Quest'effetto è più vistoso nei terreni
incoerenti, dove il termine dell'equazione legato a Nc è nullo e quello legato
a Nq diventa dominante.
Gli incrementi di Qlim all'aumentare di B sono invece più contenuti in
quanto il termine legato a Ny spesso è trascurabile. Da notare però che in
terreni
stratificati si può anche verificare che ad un incremento di B segua una
diminuzione di Qlim: ciò accade in presenza di strati con caratteristiche
meccaniche scadenti posti sotto strati con caratteristiche migliori. In questi
casi è consigliabile effettuare il calcolo della portanza, utilizzando un range
abbastanza ampio di valori di B, per individuare la Qlim massima e minima
in funzione del lato corto della fondazione.
Correzione di Terzaghi della portanza limite.
Tutte le equazioni per il calcolo della capacità portante presentate in
precedenza si basano sul presupposto che il terreno di fondazione abbia un
comportamento descrivibile dalla legge di Coulomb:
(74) T = c + Pef x tg(Phi);
in cui: T=resistenza al taglio del terreno;
Pef=pressione efficace del terreno.
I dati sperimentali confermano che il campo di validità della (74) è limitato
all'intervallo di Qammissibile che va da 0 a 4.5 kg/cmq circa. Oltre i 4.5 kg/cmq
la relazione sforzi - resistenza al taglio non è più di tipo lineare, come
nell'eq. 74, ma assume una forma più complessa. L'uso delle formule per il
calcolo della portanza fuori dal campo di validità della (74) conduce a valori
della Qlim sovrastimati.
14
FORMULA GEO VER.2.0
Terzaghi (1943) ha proposto una correzione da applicare ai parametri
coesione e angolo d'attrito del terreno, nei casi in cui risulti dal calcolo una
Qam>4.5 kg/cmq, per tener conto della non linearità della relazione sforzi resistenza al taglio. In pratica ha suggerito di utilizzare nel calcolo valori
ridotti di Phi e c, calcolati come segue:
c' = (2/3) x c;
Phi' = atang[(2/3) x Phi].
Lo stesso tipo di correzione viene proposta da Terzaghi per terreni dove è
prevedibile una rottura del terreno di tipo locale. Nella pratica per
distinguere
fra terreni con rottura di tipo locale e generale si può utilizzare il seguente
criterio:
a) rottura di tipo locale: probabile nei terreni che abbiano un densità relativa
(Dr%) inferiore a 20 e/o una coesione (c) minore di 0.25 kg/cmq; in questo
caso si consiglia di procedere al calcolo della Qlim adottando i valori ridotti
di c e Phi:
c' = (2/3) x c;
Phi' = atang[(2/3) x Phi];
b) rottura di tipo generale: probabile nei terreni che abbiano una Dr%>=70
e/o una coesione maggiore o uguale a 1 kg/cmq; in questo caso nel calcolo
vanno impiegati i valori reali di c e Phi;
c) rottura di tipo intermedio: probabile nei terreni con Dr%>=20 e <70 e/o
con una con c>=0.25 kg/cmq e c<1 kg/cmq: in questo caso si procede a
interpolazione fra i valori ridotti c' e Phi' e quelli reali c e Phi.
Fondazioni su roccia.
Per valutare la capacità portante di fondazioni superficiali poggianti su
roccia si può utilizzare il criterio suggerito da Stagg e Zienkiewicz (1968).
15
FORMULA GEO VER.2.0
Secondo quanto proposto dai due Autori la portanza può essere valutata con
uno dei metodi già visti, impiegando i seguenti fattori di portanza:
Nq = tg6(45 + Phi/2);
Nc = 5 x tg4(45 + Phi/2);
Ny = Nq +1.
Il valore della Qlim ottenuto va poi ridotto in base al valore del parametro
RQD:
Qlim' = Qlim x (RQD%/100)2.
Il limite di questo procedimento è nella difficolta di ottenere per ammassi
rocciosi valori attendibili di Phi e c. D'altra parte raramente la Qlim è un
fattore limitante nel caso di fondazioni su roccia.
Correzioni da applicare all'angolo d'attrito in condizioni sismiche.
Le sollecitazioni indotte da un sisma possono, nel caso di terreni incoerenti
ben addensati, indurre il fenomeno della dilatanza, cioè un aumento di
volume del materiale conseguente ad una diminuzione del suo grado di
addensamento (espresso dal parametro densità relativa). Poichè nei terreni
incoerenti esiste un legame fra grado di addensamento e angolo d'attrito
interno, una diminuzione della prima grandezza conduce ad una
diminuzione anche della seconda.
Due sono le correzioni presentate in questo programma: quella di Vesic e
quella di Sano.
a)Criterio di Vesic.
Secondo questo Autore per tener conto del fenomeno della dilatanza nel
calcolo della capacità portante è sufficiente diminuire di 2° l'angolo d'attrito
degli strati di fondazione. Il limite di questo suggerimento è nel fatto che
non tiene conto dell'intensità della sollecitazione sismica (espressa
16
FORMULA GEO VER.2.0
attraverso il parametro accelerazione sismica orizzontale massima). Questo
criterio pare però trovare conferma nelle osservazioni fatte in occasione di
diversi eventi sismici.
b)Criterio di Sano.
L'Autore propone di diminuire l'angolo d'attrito degli strati portanti di una
quantità data dalla relazione:
Dp = arctg[Amax /sqr(2)];
dove Amax è l'accelerazione sismica orizzontale massima.
Questo criterio, rispetto a quello di Vesic, ha il vantaggio di prendere in
considerazione anche l'intensità della sollecitazione sismica. L'esperienza
però dimostra che l'applicazione acritica di questa relazione può condurre a
valori eccessivamente cautelativi della Qlim.
Le correzioni di Sano e di Vesic si applicano esclusivamente a terreni
incoerenti ben addensati: è errato applicarle a terreni sciolti o mediamente
addensati, dove le vibrazioni sismiche producono il fenomeno opposto a
quello della dilatanza, con aumento del grado di addensamento e
dell'angolo d'attrito.
Per quanto riguarda la coesione (drenata e non), le osservazioni confermano
che le sollecitazioni sismiche vi inducono effetti del tutto trascurabili.
Portanza del terreno attraverso correlazioni empiriche con i dati di
prove in situ.
Correlando i dati ricavati da alcuni tipi di prove in situ con la capacità
portante della fondazione, è possibile ottenere rapidamente un'indicazione di
massima dei carichi che il terreno può tollerare. E' consigliabile verificare
comunque in seguito la validità di quest'indicazione con i metodi analitici,
più completi e attendibili.
Portanza attraverso correlazioni con le prove CPT.
17
FORMULA GEO VER.2.0
Vengono qui descritte le relazioni di Schmertmann e di Terzaghi.
a) Formula di Schmertmann.
Si distingue il caso di un strato incoerente da quello di uno strato coesivo.
Nel primo caso la Qlim dello strato è data da:
(75) Qlim (kg/cmq) = 28 - 0.0052 x (300 - Rp)1.5 (per f.nastriformi);
(76) Qlim (kg/cmq) = 48 - 0.009 x (300 - Rp)1.5 (per f.rettangolari);
nel secondo:
(77) Qlim (kg/cmq) = 2 + 0.28 x Rp (per f.nastriformi);
(78) Qlim (kg/cmq) = 5 + 0.34 x Rp (per f.rettangolari).
Per ricavare la portanza d'esercizio la Qlim va divisa per un opportuno
coefficiente di sicurezza, generalmente posto uguale a 3.
b) Formula di Terzaghi.
Si distingue il caso di un strato incoerente da quello di uno strato coesivo.
Nel primo caso la Qlim dello strato è data da:
(79) Qlim (kg/cmq) = y1 x D x Nq + 0.5 x B x Ny;
in cui: Nq=Rp/.8 e Ny=Rp/.8;
nel secondo caso:
(80) Qlim (kg/cmq) = 2 x Kq x [1 + 0.3 x (B/L)];
in cui: Kq = Rp/15.
Per ricavare la portanza d'esercizio la Qlim va divisa per un opportuno
coefficiente di sicurezza, generalmente posto uguale a 3.
18
FORMULA GEO VER.2.0
Portanza attraverso correlazioni con le prove SPT e SCPT.
Vengono qui descritte la relazione di Meyerhof e la formula degli Olandesi.
a) Formula di Meyerhof.
La relazione è la seguente:
(81) Qamm (kPa) = (Nspt/0.08) x Kd;
con
Kd = 1 + 0.33 x (D/B) (con Kd<=1.33);
Nspt=numero di colpi di punta medio nello strato;
D=profondità di posa della fondazione;
B=larghezza della fondazione.
Questa relazione ha il vantaggio di legare il valore della portanza oltre che
alle caratteristiche del terreno anche alla geometria della fondazione.
Va usata nei terreni prevalentemente incoerenti. Da notare che la formula
fornisce direttamente la portanza ammissibile, senza che sia necessario
introdurre ulteriori coefficienti di sicurezza.
b) Formula degli Olandesi.
La relazione è la seguente:
(82) Qamm (kg/cmq) = Pm2 x Hm / [ 20 x Ap x Rf x (Pm + Pa)];
con
Pm (kg)=peso del maglio;
Hm(cm)=volata del maglio;
Ap(cmq)=area della punta;
Rf(cm)=rifiuto medio, dato dal rapporto fra lunghezza
del
tratto d'avanzamento e numero di colpi per
tratto
d'avanzamento (per es.
30/Nscpt per penetrometri pesanti tipo
Meardi);
Pa(kg)=peso della colonna di aste.
19
FORMULA GEO VER.2.0
La Formula degli Olandesi rispetto a quella di Meyerhof non permette di
correlare la portanza alle caratteristiche geometriche della fondazione, e in
particolare al parametro D (profondità di posa della fondazione). Va quindi
usata con molta prudenza e solo per prime stime. La portanza ricavata con la
relazione (82) fornisce direttamente la portanza ammissibile, quindi il
coefficiente di sicurezza deve essere posto uguale a 1.
Calcolo del coefficiente di sottofondazione.
Si definisce pressione di contatto la pressione unitaria che la fondazione
esercita in ciascun punto d'appoggio sul terreno di fondazione. Per modulo o
coefficiente di sottofondazione si definisce la relazione che esiste fra la
pressione di contatto in ogni punto della fondazione e la relativa
deformazione del terreno:
(83) k = Q/s.
Generalmente ci si basa sull'ipotesi che il modulo k sia costante sotto ogni
punto della fondazione, come proposto da Winkler e da Westergaard. Se ciò
si può verificare nel caso di fondazioni rigide, per fondazioni elastiche
l'assunzione non è più valida. L'utilizzo di k anche per il dimensionamento
di platee e reticoli di travi rimane nonostante questo ancora diffuso,
mancando metodi di calcolo più attendibili e uguale semplicità.
Numerose sono le relazioni proposte in letteratura per il calcolo di k.
Vengono qui descritte le formule di Bowles, Terzaghi e Vesic, tra le più
citate ed usate.
Formula di Bowles.
Bowles (1974) propone la seguente relazione:
(84) k (kN/mc) = 40 x Qlim.
20
FORMULA GEO VER.2.0
Si tratta di una formula di semplice utilizzo, ma che generalmente conduce a
valori di k eccessivamente conservativi. Si consiglia di usarla solo per
ottenere una prima indicazione.
Formula di Vesic.
Vesic (1961) ha proposto la seguente relazione che correla k con il modulo
di elasticità del terreno e della fondazione:
(85) k (kg/cmc) = (1/B) x 0.65 x [(Et x B4)/(Ef x If)]1/12 x Et/(1 - p2);
in cui: Et (kg/cmq)= modulo di deformazione dello strato di fondazione;
Ef (kg/cmq)= modulo elastico della fondazione;
If (cm4)=momento d'inerzia della fondazione;
B (cm)=lato corto della fondazione;
p=rapporto di Poisson.
Poichè il prodotto 0.65 x [(Et x B4 )/(Ef x If)]1/12 ha generalmente un valore
prossimo all'unità, la (85) può essere semplificata come segue:
(86) k (kg/cmc) = (1/B) x Et/(1 - p2).
Formula di Terzaghi.
Terzaghi (1955) ha suggerito di correlare il coefficiente di sottofondazione
con il valore del modulo di reazione kp calcolato con una prova su piastra di
lato uguale a 30 cm. La correlazione proposta è la seguente:
(87) k (kg/cmc) = kp x [(B + 30)/(2 x B)]2 per terreni incoerenti;
(88) k (kg/cmc) = kp/(1.5 x B) per terreni coesivi.
Correlando kp con il numero di colpi medio dello strato di fondazione,
attraverso la relazione:
21
FORMULA GEO VER.2.0
(89) kp (kg/cmc) = 1 / (7.8 x Q / N);
in cui: Q (kg/cmq)=carico applicato sulla fondazione;
N=numero di colpi SPT medio nello strato di fondazione;
è possibile ricavare k direttamente dai dati di una prova penetrometrica
dinamica.
Distribuzione del sovraccarico nel terreno di fondazione.
Introduzione.
L'applicazione del sovraccarico della fondazione conduce ad una variazione
dello stato tensionale del terreno. Il carico applicato tende a diffondersi fino
al suo completo assorbimento. Generalmente si ammette che il sovraccarico
si annulli ad una profondità, sotto il piano di posa della fondazione,
variabile da 1 a 4 volte B (B=lato corto della fondazione).
E' importante eseguire una stima di come il carico si diffonde negli strati di
fondazione, in quanto indispensabile per il successivo calcolo dei cedimenti.
Vengono di seguito descritti tre procedimenti, fra i più utilizzati e collaudati,
per la valutazione della diffusione del sovraccarico nel terreno: il metodo
semplificato, il metodo di Reimbert ed il metodo di Newmark.
Metodo semplificato.
Si suppone che il sovraccarico netto applicato sul terreno di fondazione, cioè
il peso della sovrastruttura al netto, eventualmente, del peso del terreno
asportato sopra il piano di posa della fondazione, si diffonda con un angolo
di circa 63° rispetto alla verticale. In pratica alla quota z sotto il piano di
posa della fondazione la pressione indotta dalla fondazione è data dalla
relazione:
(90) pz = Q/[(B + z) x (L + z)];
in cui: Q=carico netto applicato dalla fondazione;
B=lato corto della fondazione;
22
FORMULA GEO VER.2.0
L=lato lungo della fondazione.
Confrontato con metodi più sofisticati, come quello di Newmark, non si
notano in genere grandi divergenze per profondità comprese fra 1xB e 4xB.
Se ne sconsiglia l'utilizzo invece nell'intervallo di profondità 0 - 1xB.
Metodo di Newmark.
Si basa sul presupposto che il terreno di fondazione possa essere assimilato
ad uno spazio semiinfinito a comportamento perfettamente elastico,
omogeno e isotropo. Deriva dall'integrazione su un'area rettangolare o
quadrata di dimensioni B x L (B=lato corto della fondazione, L=lato lungo
della fondazione) delle equazioni di Boussinesq.
In pratica l'incremento di pressione netta indotta dal carico applicato dalla
fondazione alla quota z sotto il piano di posa, lungo la verticale che passa
per uno degli angoli dell'area BxL, è dato da:
(91) pz = [Q/(4 x Pi)] x (m1 + m2);
in cui: m1=[2 x M x N x sqr(V) x (V + 1)] / [(V + V1) x V];
m2=atang[(2 x M x N x sqr(V))/(V1 - V)];
dove M=B/z;
N=L/z;
V=M2 + N2 + 1;
V1=(M x N)2 ;
Pi=Pi greco.
Per stimare la diffusione del sovraccarico nel terreno lungo più verticali,
occorre dividere l'area B x L in più rettangoli o quadrati con gli spigoli
coincidenti al punto di passaggio della verticale, calcolare e quindi sommare
i contributi delle singole aree.
Il metodo di Newmark è ampiamente utilizzato e fornisce generalmente
risultati a favore della sicurezza. In alcuni casi però, in particolare in terreni
23
FORMULA GEO VER.2.0
stratificati incoerenti o con alternanze di strati coesivi e incoerenti, dove
cioè ci si allontana notevolmente da un comportamento perfettamente
elastico del terreno, i valori ottenibili con Newmark risultano
eccessivamente cautelativi.
24
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo di Reimbert.
Rispetto ai metodi descritti in precedenza, quello di Reimbert ha il pregio di
considerare nel calcolo anche le caratteristiche meccaniche del terreno,
precisamente l'angolo d'attrito del terreno e il suo grado di addensamento.
Dato un carico netto applicato alla fondazione Qp, alla quota z sotto il piano
campagna si avrà un'incremento della pressione netta dato da:
(92) pz = (2/Pi) x Qp/[(Fb + (z x Fa)2] per fondazioni quadrate;
(93) pz = (1.9/Pi) x Qp/[(Fb + (z x Fa)2] per fondazioni rettangolari;
(94) pz = 0.75 x Qp/(Fb + z x Fa) per fondazioni nastriformi;
in cui: Fb=0.564 x B (fondazioni quadrate);
Fb=0.564 x sqr(B x L) (fondazioni rettangolari);
Fb=B/2 (fondazioni nastriformi);
Fa=cotg(Phi) per Phi<30°;
Fa=tg(Phi) per Phi>=30°.
Il metodo di Reimbert fornisce risultati più attendibili, rispetto al metodo di
Newmark, in terreni stratificati incoerenti o con alternanze di strati
incoerenti e coesivi. Rispetto al metodo di Newmark è però meno
collaudato. Non è utilizzabile inoltre per il primo metro sotto il piano di
posa della fondazione.
Calcolo dei cedimenti del terreno di fondazione.
Introduzione.
Anche se la pressione esercitata sul terreno di fondazione non supera il
valore calcolato, si possono, in alcuni casi, manifestare delle deformazioni
nel terreno non tollerabili dall’opera.
25
FORMULA GEO VER.2.0
I cedimenti sono dovuti alla deformazione elastica e plastica del terreno e,
nel caso di terreni poco permeabili (argille e limi), al processo di lenta
espulsione dell’acqua contenuta al loro interno (consolidazione).
Poichè le caratteristiche geotecniche del terreno variano da punto a punto,
così come spesso variano da punto a punto anche le condizioni di carico, i
cedimenti possono assumere localmente valori differenti.
Il cedimento calcolato in un punto prende il nome di cedimento assoluto; la
differenza fra i cedimenti assoluti misurati in due o più punti prende il nome
di cedimento differenziale.
Il cedimento assoluto totale è dato dalla somma di tre componenti:
(95) Stot= Simm + Scon + Ssec;
in cui:
Simm=cedimento immediato, dovuto alla deformazione iniziale, senza
variazione di volume, del terreno caricato; è prevalente nei terreni
incoerenti(coesione=0), trascurabile in quelli coesivi (coesione>0);
Scon=cedimento di consolidazione, legato alla variazione di volume del
terreno saturo, in seguito alla lenta espulsione dell’acqua contenuta al suo
interno; è dominante nei terreni coesivi, poco permeabili, e trascurabile in
quelli incoerenti (da mediamente a molto permeabili);
Ssec=cedimento secondario, dovuto alla deformazione viscosa dello
scheletro solido del terreno; normalmente trascurabile in tutti i tipi di
terreno.
Proprio per le differenti modalità con cui si manifestano i cedimenti nei
terreni coesivi ed incoerenti, i due casi vanno trattati separatamente.
Cedimenti nei terreni incoerenti.
Metodo semplificato di Terzaghi(1943).
Si tratta di un metodo speditivo utile per avere una prima indicazione
dell'ammontare del cedimento. La relazione è la seguente:
26
FORMULA GEO VER.2.0
(96) S = DH x Qz / Ed;
in cui: DH=spessore dello strato;
Qz=incremento di pressione dovuto al sovraccarico applicato dalla
fondazione a metà strato, calcolabile con uno dei metodi descritti nel
precedente capitolo;
Ed=modulo di deformazione dello strato.
Il procedimento fornisce in genere valori sovrastimati e va quindi
controllato con metodi più completi. Il cedimento calcolato corrisponde alla
sola componente immediata,
quella secondaria viene considerata
trascurabile. Il valore del cedimento calcolato è valido per fondazioni
flessibili; per fondazioni rigide questo valore va moltiplicato per un fattore
generalmente posto uguale a 0.75. Inoltre il metodo va applicato solo negli
strati dove è soddisfatta la condizione:
(97)DH < B;
con B=lato corto della fondazione.
Metodo di Schmertmann(1970).
E' stato ideato per calcolare il cedimento immediato e secondario di terreni
incoerenti utilizzando direttamente i dati delle prove penetrometriche
statiche (CPT). Ha la seguente espressione:
(98) Stot = C1 x C2 x Q x DH x sommatoria(Iz/E);
in cui:
Q=carico netto applicato sulla fondazione;
C1=fattore correttivo per tener conto dell'approfondimento della fondazione:
(99) C1 = 1 - 0.5 x (P/Q);
dove P=Pressione efficace al piano di posa della fondazione;
C2=fattore correttivo per tener conto del cedimento secondario:
(100) C2 = 1 + 0.21 x Log ( T/0.1);
dove:
27
FORMULA GEO VER.2.0
T=tempo di calcolo del cedimento in anni;
DH=spessore dello strato;
E=modulo di deformazione dello strato; i valori di E consigliati da
Schmertmann sono i seguenti:
E=2 x Rp (sabbie fini e limo);
E=3.5 x Rp (sabbie medie);
E=5 x Rp (sabbia grossolana);
E=6 x Rp (sabbia e ghiaia);
con Rp=resistenza alla punta media dello strato;
Iz=fattore d'influenza per tener conto della diffusione del carico netto
applicato sulla fondazione nel terreno; ha una distibuzione di tipo
triangolare che dipende dalla geometria della fondazione:
fondazioni nastriformi: Iz=0.2 per z=0 - Iz=0.5 per z=B - Iz=0 per z=4xB;
fondazioni quadrate: Iz=0.1 per z=0 - Iz=0.5 per z=B/2 - Iz=0 per z=2xB;
fondazioni rettangolari:si risolvono i due casi precedenti e si prende un
valore interpolato.
Il procedimento di Schmertmann fornisce risultati attendibili purchè si
utilizzino i valori di E proposti dall'Autore e venga impiegato per fondazioni
rigide. Il cedimento calcolato va visto come il massimo cedimento teorico
prevedibile in funzione del carico netto applicato.
Metodo di Steinbrenner(1934).
Consente di calcolare il cedimento immediato di una fondazione
rettangolare o quadrata, rigida o elastica, di area B x L in corrispondenza di
uno dei suoi vertici. Si basa sulla Teoria dell'Elasticità, partendo dal
presupposto che il terreno di fondazione si comporti come un mezzo
elastico. Ha la seguente espressione:
(101) Si = Q x B' x [(1 - p2)/E] x [I1 + I2 x (1 - 2xp)/(1 - p)] x If;
in cui: Q=carico netto applicato sulla fondazione;
B'=B/2 con B=lato corto della fondazione;
p=coefficiente di Poisson;
28
FORMULA GEO VER.2.0
E=modulo di deformazione dello strato;
della
I1,I2,If=fattori d'influenza per tener conto della distribuzione del
carico netto in
funzione della lunghezza della fondazione,
profondità di calcolo sotto al piano di posa e della profondità di
posa.
Nel caso di una fondazione elastica è possibile calcolare il cedimento
immediato lungo più verticali all'interno dell'area caricata, suddividendola in
rettangoli con i vertici coincidenti con il punto di passaggio della verticale
di calcolo, valutando i cedimenti per ogni singolo rettangolo e sommando i
valori ottenuti.
Nel caso di una fondazione rigida, dove i cedimenti si suppongono uniformi,
si calcola con la (101) il cedimento nel punto centrale dell'area B x L e lo si
moltiplica per un fattore riduttivo, generalmente posto uguale a 0.931:
(102)Sr = Sf x 0.931;
in cui: Sr=cedimento della fondazione rigida;
Sf=cedimento della fondazione flessibile;
Il metodo non prende in considerazione la componente secondaria del
cedimento, considerata trascurabile.
Il procedimento di Steinbrenner fornisce risultati attendibili, purchè si tenga
conto, lungo le verticali di calcolo, della variazione di E per la
stratificazione del terreno di fondazione e non si assuma, come suggerito da
alcuni Autori, semplicemente il valore del modulo di deformazione
immediatamente sotto il piano di posa.
Metodo di Burland e Burbridge.
Permette di calcolare il cedimento immediato e secondario di una
fondazione direttamente dai dati di una prova penetrometrica dinamica. Ha
la seguente espressione:
(103)Stot = Fs x Fh x [Pf x (B0.7)x(Ic / 3)+(Q - Pf) x (B0.7) x Ic] x Ft;
29
FORMULA GEO VER.2.0
in cui: Ft = 1 + R3 + R0 x Log(T / 3);
dove R3=0.3 e R0=0.2 per carichi statici,
dove R3=0.7 e R0=0.8 per carichi dinamici,
T=anni di calcolo del cedimento secondario(maggiore di 3);
Fs = [1.25 x (L / B) / (L / B + .25)]2 ;
Ic=fattore che tiene conto della probabilità che il cedimento reale superi
quello calcolato; viene calcolato come segue:
Ic50 = 1.706 / (Nspt)1.4 (probabilità del 50% che il cedimento relae non
superi quello calcolato) con Nspt=numero di colpi medio dello strato;
Ic2 = 5.47 / (Nspt)1.4 (probabilità del 2% che il cedimento reale non superi
quello calcolato);
Pf=pressione efficace al piano di posa della fondazione;
Q=carico applicato alla fondazione;
B=lato corto della fondazione.
Fh = fattore che tiene conto dello spessore dello strato maggiormente
compressibile (Sp); è dato da:
Fh=1 se Sp>= Zi;
Fh = (Sp / Zi) x (2 - (Sp / Zi)) se Sp<Zi con
Zi = 1.025 + .4286 x B - 9.91 x 10-4 x B2
Generalmente nel calcolo si utilizza il valore di Ic50, in quanto con Ic2 si
ottengono valori eccessivamente cautelativi. Il metodo fornisce buoni
risultati in terreni relativamente omogenei; va usato con cautela in presenza
di stratificazione. Può essere applicato solo a fondazioni rigide.
Cedimenti nei terreni coesivi.
Metodo semplificato di Terzaghi(1943).
Ha la stessa espressione e limiti visti per il procedimento relativo a terreni
incoerenti; al posto del modulo di deformazione va utilizzato però il modulo
edometrico definito come segue:
30
FORMULA GEO VER.2.0
(104) Ed = 1/mv;
con mv=modulo di compressibilità volumetrica dello strato.
Metodo di Steinbrenner.
Ha la stessa espressione e limiti visti per il procedimento relativo a terreni
incoerenti; anche in questo caso al posto del modulo di deformazione va
utilizzato il modulo edometrico.
Metodo basato sulle prove edometriche.
Consente il calcolo del cedimento di consolidazione; ha la seguente
espressione:
(105)Sc = DH x [Cc/(1 + e0)] x Log[(Pf + dp)/Pf] (strati normalmente
consolidati);
(106)Sc = DH x [Cc/(1 + e0)] x Log[(Pf + dp)/Pf] (strati sovraconsolidati
con dp<Pc);
(107)Sc = Dh x [Cc/(1 + e0)] x Log(Pc / Pf) + DH x [Cr/(1 + e0)] x Log[(Pf
+ dp) / Pc] (strati sovraconsolidati con dp>Pc);
in cui: DH=spessore dello strato;
Cc=indice di compressione vergine;
Cr=indice di ricompressione vergine;
Pf=pressione efficace a metà strato;
Pc=pressione di sovraconsolidazione a metà strato;
dp=incremento di pressione a metà strato dovuto al carico applicato
sulla fondazione;
e0=indice naturale dei vuoti;
31
FORMULA GEO VER.2.0
In presenza di terreno multistrato il procedimento va applicato ad ogni
singolo strato coesivo ed i risultati sommati.
Per il calcolo del cedimento secondario si utilizza la seguente espressione:
(108)Ss = DH x Cs x Log(1 + T);
in cui: Cs=indice di compressione secondario;
T=tempo di calcolo del cedimento secondario in anni.
va tenuto presente che il procedimento considera che le deformazioni
indotte dal sovraccarico applicato sulla fondazione siano di tipo assiale,
trascurando quelle laterali; ciò può essere considerato ammissibile solo dove
sia verificata la relazione:
(109)DH<B;
con B=lato corto della fondazione.
Il metodo fa riferimento a fondazioni flessibili; per calcolare il cedimento
per fondazioni rigide il valore calcolato va moltiplicato per un fattore
correttivo, generalmente posto uguale a 0.75.
Tempo di consolidazione di uno strato coesivo.
La consolidazione sotto carico di uno strato coesivo avviene in seguito alla
lenta espulsione dell'acqua contenuta al suo interno. Il tempo necessario
perchè una determinata percentuale del cedimento di consolidazione totale
si sia verificato può essere stimato sulla base della seguente relazione:
(110)t = T x H2 / cv;
in cui: T=fattore tempo tabellato in funzione della distribuzione della
pressione dei pori nello strato;
H=DH/2 nel caso in cui il drenaggio sia consentito da ambedue i lati
dello strato;
32
FORMULA GEO VER.2.0
H=DH nel caso il drenaggio sia consentito da un solo lato dello
strato;
cv=coefficiente di consolidazione verticale, fornito dalle prove
edometriche.
Per un tempo corrispondente ad una consolidazione del 50% la (110) può
essere riscritta come segue:
(111)t = 0.197 x H2 /cv.
Cedimenti assoluti e differenziali.
Elevati cedimenti differenziali (dell’ordine di alcuni centimetri in genere,
ma a volte anche meno) possono indurre lesioni nell’opera. Partendo dal
presupposto che a elevati cedimenti assoluti generalmente corrispondono
elevati cedimenti differenziali, Terzaghi e Peck proposero di considerare
come valori limite tollerabili cedimenti assoluti di 2,5 cm in terreni
incoerenti (sabbie e ghiaie) e 4 cm in terreni coesivi (limi e argille). La
maggiore tolleranza consentita per i materiali dotati di coesione dipende dal
fatto che in quest'ultimi i cedimenti sono essenzialmente dovuti alla
consolidazione, quindi distribuiti su intervalli di tempo relativamente ampi,
fatto che consente alla sovrastruttura di meglio adattarsi alle deformazioni
del terreno.
Un sistema meno empirico di procedere consiste nello stimare la distorsione
angolare fra due o più punti della struttura di cui sia noto il cedimento
assoluto del terreno di fondazione:
(112) Dang= (S2 -S1)/L12;
con
Dang=distorsione angolare;
S2=cedimento assoluto nel punto 2;
S1=cedimento assoluto nel punto 1;
L12=distanza fra i punti 1 e 2.
33
FORMULA GEO VER.2.0
In prima approssimazione, sono da considerare tollerabili distorsioni
angolari inferiori a 1/600 per strutture in muratura e a 1/1000 per strutture in
calcestruzzo.
34
FORMULA GEO VER.2.0
Portanza attraverso metodi probabilistici.
Introduzione.
Nel calcolo della capacità portante di una fondazione superficiale la maggior
fonte d'indeterminazione è costituita dalla caratterizzazione meccanica del
terreno, in particolare dalla stima dei parametri coesione e angolo di
resistenza al taglio ( o angolo d'attrito).
Nei metodi dell'equilibrio limite spesso i parametri geotecnici utilizzati nel
calcolo sono ricavati facendo una media ponderata fra i dati ottenuti dalle
misure eseguite in situ o in laboratorio. La dispersione dei valori che si
osserva in molti casi non è trascurabile, per cui la scelta delle grandezze da
inserire nel calcolo può diventare problematica. In queste situazioni è
preferibile far seguire la verifica condotta con un metodo deterministico,
cioè con uno dei metodi analitici già visti (Terzaghi, Vesic, Meyerhof e
Brinch Hansen), da un'analisi di tipo probabilistico, che fornisca un'idea
dell'influenza della dispersione dei dati geotecnici sul valore della portanza.
Metodi di Montecarlo applicati al calcolo della portanza.
I metodi di Montecarlo si basano sulla generazione di numeri casuali, scelti
in determinati intervalli, che godano nel complesso di proprieta' statistiche.
Fra le varie applicazioni possibili di tali metodi, vi e' quella detta 'del
campionamento' che consiste nel dedurre proprieta' generali di un insieme
grande, studiandone solo un sottoinsieme casuale, giudicato rappresentativo
dell' insieme stesso. E' evidente che maggiori saranno le dimensioni del
campione random, piu' rappresentative saranno le proprieta' dedotte.
Nel caso di applicazione del metodo al calcolo della portanza di fondazioni
superficiali, la procedura da seguire potrebbe essere la seguente:
•
•
si genera la distribuzione delle variabili aleatorie coesione e angolo
d'attrito misurate in situ o in laboratorio, supponendo che sia di tipo
gaussiano ( cioè rappresentate da una curva a campana, con il valore
centrale corrispondente al valore medio);
attraverso un generatore di numeri casuali, si crea una serie, estesa
quanto si vuole, di valori numerici compresi fra 0 e 1;
35
FORMULA GEO VER.2.0
•
•
•
si associa ad ogni valore numerico casuale della serie un valore della
coesione e dell'angolo d'attrito, rispettando la curva di distribuzione
delle probabilità di queste due grandezze (facendo cioè in modo che la
frequenza con cui un certo parametro viene chiamato nel calcolo sia
uguale alla sua probabilità ricavata dalla curva gaussiana di probabilità
del parametro stesso); in questo modo si trasforma la serie di numeri
casuali generati nel punto precedente in una serie di coppie di valori di c
e ϕ;
scelto un metodo deterministico di calcolo, si esegue il calcolo della
portanza con tale metodo per ogni coppia di valori di c e ϕ , ricavando il
rispettivo valore di Qlim;
si crea la curva di distribuzione della frequenza dei valori di Qlim
ottenuti, per esempio sottoforma di istogramma, visualizzando
l'andamento di tali grandezze.
L'aspetto del grafico della distribuzione di Qlim consente di valutare se la
dispersione dei valori di c e ϕ misurata influisce in maniera significativa sul
calcolo della stabilità del versante. Il metodo di Montecarlo può essere
impiegato anche per retro-analisi di portanza. Costruendo infatti a tentativi
delle curve di distribuzione ipotetiche di c e ϕ, si può stimare per quale
intervallo di questi valori la portanza rientra negli intervalli previsti.
Il metodo di Montecarlo richiede, per consentire di ottenere delle
distribuzioni di Qlim valide, che venga generato un numero
sufficientemente elevato di coppie di parametri c e ϕ, dalle quali ricavare il
corrispondente valore di Qlim . Normalmente per ottenere distribuzioni
stabili del coefficiente di sicurezza sono necessarie alcune centinaia di
verifiche. Il raggiungimento della stabilità delle curve di distribuzione può
essere valutato, applicando il metodo di Montecarlo su due insiemi di
verifiche e confrontando quindi le relative distribuzioni con il test del χ2.
Metodo di Rosemblueth applicato al calcolo della portanza.
Il metodo di Rosemblueth, applicato al calcolo della portanza di una
fondazione superficiale, consente di ricavare il valore più probabile
della
36
FORMULA GEO VER.2.0
portanza (valore medio) ed un'indicazione della sua dispersione (scarto
quadratico medio).
Si possono utilizzare anche in questo caso come variabili casuali i parametri
c e ϕ, supponendo una loro distribuzione gaussiana simmetrica (cioè a curva
a campana con i tratti di sinistra e di destra simmetrici rispetto al valore
centrale).
Il procedimento da seguire è il seguente:
•
•
dai dati misurati in situ o in laboratorio, si calcoli il valore medio di c e
ϕ (c m e ϕm) e i rispettivi scarti quadratici medii (sc e sϕ);
utilizzando uno dei metodi dell'equilibrio limite, si calcoli la Qlim
relativa alle seguenti combinazioni di parametri:
1.
2.
3.
4.
•
( c = c m + sc
( c = c m + sc
( c = c m - sc
( c = c m - sc
ϕ = ϕm + s ϕ )⇒ Qlim1
ϕ = ϕm - s ϕ )⇒ Qlim2
ϕ = ϕm + s ϕ )⇒ Qlim3
ϕ = ϕm - s ϕ )⇒ Qlim4
si calcoli quindi il valore medio di Qlim attraverso la relazione:
(113) Qlimm = ( Qlim1 + Qlim2 + Qlim3 + Qlim4) / 4;
e lo scarto quadratico medio con la formula:
(114) SF =0.5 x √ ( Qlim12 +Qlim22 + Qlim32 + Qlim42 ).
Anche in questo caso il risultato può essere visto come un'indicazione
dell'influenza della dispersione dei parametri geotecnici sulla portanza: un
elevato valore di SF può indicare una non sufficiente caratterizzazione
geotecnica del terreno.
La Qlim potrà quindi essere espressa come segue:
(115) Qlims = Qlimm ± SF;
37
FORMULA GEO VER.2.0
indicando che la portanza può variare nell'intervallo compreso fra Qlim =
Qlimm - SF e Qlims = Qlimm + SF.
38
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
FONDAZIONI SU PALI
Vengono distinte due tipologie di pali, sia per la diversa procedura di messa in opera, sia per gli
effetti che producono sulle caratteristiche meccaniche del terreno di fondazione: i pali infissi ed i
pali trivellati. A parte vengono presi in cosiderazione i micropali tipo tubfix, che pur potendo essere
inseriti nella categoria generale dei pali trivellati, se ne differenziano per alcune importanti
caratteristiche, ed ovviamente i tiranti.
Portanza verticale del palo attraverso formule statiche.
Pali infissi.
Sono pali che vengono messi in opera senza l’asportazione del terreno.
Sono utilizzabili in terreni incoerenti da poco a mediamente addensati, dove la procedura
d’infissione conduce generalmente ad un miglioramento delle caratteristiche geotecniche.
Sconsigliabile invece il loro utilizzo in terreni coesivi, nei quali l’infissione porta ad un
rimaneggiamento degli strati con conseguente scadimento delle caratteristiche geotecniche degli
stessi. Non sono impiegabili in terreni molto addensati, o con trovanti o livelli cementati.
Il calcolo della portata di un palo infisso viene effettuata sommando i contributi di portata della
punta del palo con quello dovuto alla resistenza laterale del fusto.
Vengono distinti 3 casi.
Terreni incoerenti.
PORTATA LATERALE
•
Metodo di Burland
La relazione di Burland(1973) può essere espressa come segue:
(1) Q lat= Alat x Pef x K x fw x tg δ;
con
Alat = area laterale del palo;
Pef = pressione efficace del terreno data da:
Pef =Lpalo γ se Lpalo < 15 x Dpalo ;
Pef =15Dpalo γ se Lpalo > 15 x Dpalo;
15 x Dpalo = profondità critica per il calcolo della pressione efficace;
Lpalo =lunghezza del palo;
Dpalo =diametro o lato medio del palo;
γ =peso di volume del terreno;
K =1-sen ϕ‘;
ϕ‘= angolo d'attrito terreno dopo l'infissione, spesso posto uguale a (3/4)ϕ + 10;
ϕ =angolo d'attrito del terreno prima dell'infissione.
δ=angolo d’attrito terra-palo, posto generalmente uguale a 20° per pali in acciaio e a (2/3)ϕ‘ per
pali in calcestruzzo;
fw=fattore correttivo legato alla tronco-conicità percentuale del palo (tr)del palo;
FORMULA GEO VER.2.0
N.B.:Per tronco-conicita' del palo s'intende la diminuzione percentuale del
diametro del palo con la profondità nel caso di pali prefabbricati troncoconicità (per es. una tronco-conicità del 5% vuol dire che il diametro del
palo diminuisce di 5 cm per ogni metro di lunghezza del palo stesso).
ponendo α(°)= arctg(tr /100)
per α=0 (palo cilindrico) fw=1;
per α>0 (palo tronco-conico) i valori di fw sono forniti dalla seguente tabella:
FORMULA GEO VER.2.0
ϕ‘
ϕ‘<30
ϕ‘<30
ϕ‘<30
30≤ϕ‘<35
30≤ϕ‘<35
30≤ϕ‘<35
35≤ϕ‘<40
35≤ϕ‘<40
ϕ‘≤40
ϕ‘≤40
•
α°
α °≤
≤ 0.8
0.8<α
α °≤
≤ 1.6
α °>1.6
α °≤
≤ 1.1
1.1<α
α °≤
≤ 1.6
α °>1.6
α °≤
≤1
α °>1
α °>0.5
α °≤
≤ 0.5
fw
1+1.5 α °
2.75 α °
2.8+α
α°
1+2.45 α °
2.16+1.4 α °
4+0.25 α °
1+3.3 α °
4.3
4
1+6 α °
Metodo di Nordlund;
Si procede come nel metodo di BURLAND,utilizzando i seguenti valori di K:
per ϕ‘<30
per ϕ‘=30-35
per ϕ‘=36-40
per ϕ‘>40
K=0.6+0.0041x d;
K=-0.115+0.78 x Log(d);
K=-0.056+1.025 x Log(d);
K=-1.02+2.21 x Log(d).
con
d=diametro palo;
ϕ‘= angolo d'attrito terreno dopo l'infissione, spesso posto uguale a (3/4)ϕ + 10;
ϕ =angolo d'attrito del terreno prima dell'infissione.
La portata laterale è data quindi dalla relazione (1).
FORMULA GEO VER.2.0
•
Metodo di Meyerhof.
Si procede come nel metodo di NORDLUND, utilizzando per il parametro K la seguente relazione:
(2) K = -8.32 + 1.56 x √(ϕ‘);
con
d=diametro palo;
ϕ‘= angolo d'attrito terreno dopo l'infissione, spesso posto uguale a (3/4) ϕ+ 10;
ϕ =angolo d'attrito del terreno prima dell'infissione.
Il metodo non è applicabile per ϕ ‘<=28°.
•
Metodo di Brinch Hansen.
La portata laterale viene calcolata secondo il procedimento di NORDLUND, utilizzando per il
parametro K le seguenti relazioni:
(3) K = (1 / 7) x Kp / (1 - K0 x tg δ)
con
Kp = (1 + sen ϕ ‘) / K0
K0 =1-sen ϕ‘;
ϕ‘= angolo d'attrito terreno dopo l'infissione, spesso posto uguale a (3/4) ϕ + 10;
ϕ =angolo d'attrito del terreno prima dell'infissione.
δδ=angolo d’attrito terra-palo, posto generalmetne uguale a 20° per pali in acciaio e a (2/3) ϕ ‘ per
pali in calcestruzzo;
PORTATA DI BASE.
La portanza della punta viene invece valutata utilizzando la relazione:
(4)Q base = (Abase Pef Nq)- Wpalo ;
con
Abase = area della base del palo;
Nq =fattore adimensionale di portata.
Wpalo = peso del palo.
Per quanto riguarda il calcolo di Nq vengono proposte tre relazioni.
•
Metodo di Berezantev.
Nq =10m;
dove:
m =-0.764 + 0.076 ϕ‘(°);
ϕ‘= angolo d'attrito terreno dopo l'infissione, spesso posto uguale a (3/4) ϕ + 10;
ϕ =angolo d'attrito del terreno prima dell'infissione.
•
Metodo di Vesic.
FORMULA GEO VER.2.0
Nq = M1 x M2 x M3 x M4 x Ku;
dove:
M1 = 3 / (3 - sen ϕ ‘);
M2 = Exp( π / 2) - ϕ‘(rad)) x tg ϕ ‘;
M3 = tg2(45 + ϕ‘/ 2);
M4 = Ir u
U = (4 x sen ϕ‘) / [3 x (1 + sen ϕ‘)];
Ir = 1.7 x Dr%;
Dr% = densità relativa dello strato di base;
Ku = [1 + 2 x (1 - sen ϕ ‘)] / 3;
ϕ‘= angolo d'attrito terreno dopo l'infissione, spesso posto uguale a (3/4) ϕ+ 10;
ϕ =angolo d'attrito del terreno prima dell'infissione.
•
Metodo di Janbu.
Nq = M1 x M2;
dove:
M1 = [tg ϕ‘ + √(1 + tg 2 ϕ‘ )]2
M2 = Exp(2 x (Mu x π / 180) x tg ϕ ‘ ;
Mu = 60 + 0.45 x Dr%
Terreni coesivi normalmente consolidati o leggermente sovraconsolidati (rapporto di
sovraconsolidazione OCR<4).
Si procede come nel caso precedente, sommando i contributi della portanza laterale e di punta.
PORTANZA LATERALE.
•
Metodo di Tomlison.
La portanza laterale è data da:
(5) Q lat= Ca x Alat;
con Ca=adesione palo-terreno;
Per il parametro Ca vengono utilizzati generalmente i valori suggeriti da Tomlison.
Litologia
Sabbia giacente su terreni coesivi
compatti
Sabbia giacente su terreni coesivi
compatti
Argille molli su terreni coesivi
compatti
Pinfissione /Dpalo
<20
Ca/C
1.25
≥ 20
0.80
<20
0.40
FORMULA GEO VER.2.0
Argille molli su terreni coesivi
compatti
Terreni coesivi compatti
Terreni coesivi compatti
≥ 20
0.70
<20
≥ 20
0.40
0.60
Pinfissione /Dpalo = rapporto di penetrazione = rapporto profondità di
penetrazione del palo in argilla compatta/diametro palo;
Ca/C=rapporto adesione palo-terreno/coesione del terreno.
•
Metodo di Focht et alii.
(6) Q lat= Alat; x λ x ( Peff + 2 x C)
dove:
λ = 0.49 - 4.456x10 -2xHpa + 2.23x10-3 xHpa2 - 4.75x10-5xHpa-3 + 3.49x10-7xHpa4
C = coesione del terreno;
Peff = pressione efficace alla profondità critica.
PORTATA DI BASE.
La portata di base del palo viene calcolata con la seguente relazione:
(7)Q base = Abase x (C x Nc + Peff ) - Pp
con
Nc = fattore adimensionale di portata;
Pp= peso del palo.
Per il calcolo del fattore adimensionale Nc vengono qui proposti tre metodi.
•
Metodo di Skempton.
Nella pratica Skempton propone di utilizzare sempre un valore di Nc = 9.
•
Metodo di Vesic.
Nc secondo Vesic va posto uguale a:
(8) Nc = (4/3) x [ln (Ir) +1] + π/2 + 1;
dove:
Ir = 12.5 x C;
C (t/mq) = coesione non drenata dello strato di base.
•
Metodo di Meyerhof.
Nc secondo Meyerhof va posto uguale a:
FORMULA GEO VER.2.0
(9) Nc = (4/3) x [ln (Ir) +1] + 1;
dove:
Ir = 12.5 x C;
C (t/mq) = coesione non drenata dello strato di base.
Terreni fortemente sovraconsolidati (OCR≥
≥4).
PORTANZA LATERALE.
Si procede come nel caso di terreni incoerenti, modificando il fattore k della formula della portanza
laterale come segue:
k=(1-sen ϕ)√OCR;
ϕ=angolo d’attrito del terreno in condizioni drenate.
PORTANZA DI BASE.
Si utilizzano le stesse procedure viste per i terreni incoerenti.
Pali trivellati.
Sono pali messi in opera con asportazione di terreno. Vengono impiegati in terreni incoerenti da
mediamente a molto addensati e in terreni coesivi, dove provocano un minor rimaneggiamento
rispetto ai pali infissi.
Il calcolo della portanza di un palo trivellato viene eseguito come nel caso di un palo infisso,
sommando i contributi di portata della punta del palo e del fusto.
Sono valide in generale le relazioni viste in precedenza per i pali infissi. Nell’applicare tali relazioni
va tenuto presente però che, a causa del disturbo indotto nei livelli incoerenti dall’asportazione del
terreno, l’angolo d’attrito palo-terreno da utilizzare andrebbe corretto come segue:
ϕ‘°=ϕ° - 3°.
con
ϕ=angolo d’attrito del terreno prima della messa in opera del palo.
•
Metodo di Mayer.
La portata laterale è data da:
(10) Q lat= Alat x Pef x tg ϕ‘;
con
ϕ‘=angolo d'attrito del terreno;
Alat = area laterale del palo;
Pef = Pcls x Z;
Pcls=peso di volume del cls;
FORMULA GEO VER.2.0
Z = profondità critica = altezza della colonna di calcestruzzo, da porre uguale alla lunghezza del
palo se questa è inferiore agli 8 metri o uguale a 8 se è superiore.
Micropali tipo tubfix.
Si procede come nel caso dei pali trivellati, introducendo nel calcolo al posto della lunghezza totale
del palo e del suo diametro medio la lunghezza ed il diametro presunto del bulbo iniettato. Si
consiglia però di non utilizzzare la correzione per il rimaneggiamento del terreno (ϕ‘°=ϕ° - 3°) vista
per i pali trivellati, e di introdurre come profondità critica la profondità media del bulbo iniettato.
Per il calcolo della portata laterale al posto della formula di Mayer classica si può adottare una
versione modificata della stessa, che tenga conto della pressione residua d'iniezione.
•
Metodo di Mayer modificato.
La portata laterale è data da:
(11) Q lat= Alat x Pef x tg ϕ ‘;
con
ϕ‘=angolo d'attrito del terreno;
Alat = area laterale del palo;
Pef = pressione d'iniezione, data da P in + H x Pcls,
Pin = pressione residua d'iniezione;
H = altezza della colonna di calcestruzzo nel foro;
Pcls=peso di volume del cls;
occorre tener presente che la Pef non dovrà mai superare un valore massimo fornito dalla relazione
Pmax = γ x Z x tg (45 + ϕ ‘/2) (pressione massima d'iniezione), dove γ = peso di volume del
terreno, per impedire il verificarsi di fenomeni di rottura del terreno.
Z = profondità critica = profondità media del bulbo iniettato.
Le formule di Mayer e di Nordlund si usano per pali in terreni omogenei; in questi casi
normalmente si trascura la portata di base. La formula di Meyerhof modificata va utilizzata per
micropali incastrati in strati con buone caratteristiche sottostanti a strati soffici; in questo caso la
lunghezza del bulbo va posta uguale all'incastro.
Tiranti.
La forza d'esercizio di un tirante può essere calcolata con la formula di Schneebeli:
(12) Fes= π x D x L x K x Pef ;
con
D=diametro di perforazione;
L=lunghezza dell'ancoraggio;
Pef =pressione efficace del terreno agente sul punto medio dell'ancoraggio;
K =coefficiente dato da:
(13) K = tg(45-ϕ ‘/2) x sen ϕ ‘ x [ (1 + exp(6.28 x tg ϕ ‘) ) /2 ];
FORMULA GEO VER.2.0
ϕ ‘=angolo d'attrito del terreno.
FORMULA GEO VER.2.0
Portanza verticale del palo attraverso formule dinamiche.
Formule classiche.
Esistono in letteratura più di 450 formule dinamiche per il calcolo della portata di un palo infisso.
La maggior parte di queste si riferiscono a situazioni geologiche locali e non sono utilizzabili
fuori dal contesto per il quale sono state ideate. Questo limite dipende dalla mancanza nelle
formule in questione di parametri che siano legati direttamente alla litologia del terreno e/o alle
sue caratteristiche geotecniche.
Fra le più attendibili si segnalano le relazioni di Janbu, Gates e la formula danese.
•
Formula di JANBU.
(14) Q(t) = (1 / Ku) x (W x H / S);
con
Q (t) = portata verticale del palo in tonnellate;
Ku = Cd x [1+√(1+l/Cd) ];
Cd = 0.75+0.15 x Wp / W;
l = W x Hx L / (AxExS 2);
W(t) = peso del maglio;
Wp(t)= peso del palo;
H(m) = altezza di caduta del maglio;
S(m) = affondamento del palo per colpo;
L(m) = lunghezza del palo;
E(t/mq)= modulo di elasticità del palo;
A(mq) = area trasversale media del palo;
Coefficiente di sicurezza da applicare alla (14) =3.
•
Formula di GATES.
(15) Q(t) = 4 x (ef x W x H) x ln(25 / S);
con
ef = efficienza del maglio, variabile nell'intervallo 0.75-1.0 e dipendente dalla modalità di
sganciamento del maglio;
H(cm)= altezza di caduta del maglio;
W(t) = peso del maglio;
S(cm)= affondamento del palo per colpo;
Coefficiente di sicurezza da applicare alla (15) = 3.
•
Formula DANESE.
(16) Q (t) =(ef x W x H)/[S+√(2 x ef x W x H x L / A x Ep)];
con
FORMULA GEO VER.2.0
ef= efficienza del maglio (0.75-1.0);
W(t) = peso del maglio;
H(m) = volata del maglio;
S(m) = affondamento del palo per colpo;
L(m) = lunghezza del palo;
A(mq)= area trasversale media del palo;
Ep(t/mq)=modulo di elasticità del palo;
Coefficiente di sicurezza =3
Queste tre relazioni vengono considerate, sulla base di prove di carico su pali, le meno imprecise
(coefficiente di sicurezza utilizzato = 3).
Va ricordato che questi risultati vanno utilizzati con cautela ed in assenza di dati che permettano
l'utilizzo delle formule statiche (caratteristiche meccaniche del terreno e stratigrafia). Inoltre i
carichi ammissibili determinati faranno riferimento alla situazione immediatamente successiva
all'infissione e non tengono conto delle variazioni delle caratteristiche meccaniche del terreno con il
tempo. Lowery suggerisce in questi casi che il carico finale si possa ottenere moltiplicando il carico
ottenuto dalle relazioni dinamiche per i seguenti coefficienti d'infissione:
Litologia
Argille molli
Argille compatte
Terreni incoerenti
Coef. correttivo
3
2
1
Metodo dell'equazione d'onda.
Le formule dinamiche classiche partono dal presupposto che la sollecitazione indotta dall 'impatto
del maglio sul palo si trasmetta istantaneamente alla punta, producendo una deformazione
plastica del terreno sottostante (affondamento o rifiuto del palo).
In realtà l'urto produce un treno d'onde elastiche che si propagano a velocità finita lungo il palo.
Quest'impulso, raggiunta la punta, viene parzialmente riflesso e torna verso la testa, dove subisce
un'ulteriore riflessione parziale verso la punta e così di seguito, finchè l'energia elastica non viene
completamente dissipata. In seguito al passaggio del treno d'onde, il terreno subisce una
deformazione che puo' essere di tipo elastico (e quindi reversibile) o di tipo plastico (e quindi
permanente).
Il metodo dell'analisi dell'equazione d'onda simula il passaggio dell'impulso elastico nel palo e le
deformazioni che questo induce nel terreno.
Il programma utilizza la schematizzazione di Smith per la soluzione del problema.
Si tratta di un metodo alle differenze finite nel quale il palo viene rappresentato come un insieme
di masse collegate fra loro da molle interne (simulanti l'interazione fra le varie parti del palo) ed
interagenti con l'esterno attraverso un insieme di molle esterne e smorzatori.
A differenza dei metodi dinamici classici è possibile far intervenire nel calcolo le caratteristiche
geologiche e geotecniche del sito, attraverso i parametri Ke (costante elastica delle molle esterne) e
J (coefficiente di smorzamento).
Per quanto riguarda l'attendibilita' del metodo, Lowery fornisce per i principali tipi di terreno i
seguenti intervalli d'errore (con il doppio segno):
Sabbia
25%
FORMULA GEO VER.2.0
Argilla
Terreni misti
40%
15%
Anche in questo caso comunque va tenuto conto che i valori di carico fanno riferimento alle
condizioni immediatamente successive all'infissione Il metodo, pur fornendo valori in generale
meno attendibili di quelli ottenuti da metodi statici, ha il vantaggio di permettere un più razionale
dimensionamento del sistema palo attrezzatura d'infissione, consentendone l'analisi dell'efficienza a
tavolino.
FORMULA GEO VER.2.0
Svergolamento di pali snelli.
Calcolo del modulo di reazione orizzontale (Kh).
Nella progettazione di pali sottoposti a sforzi orizzontali e nella verifica allo svergolamento è
indispensabile valutare il coefficiente di reazione orizzontale del terreno (Kh). Questo parametro
serve ad introdurre nel calcolo l'effetto di contenimento operato dal terreno in cui si trova immerso
il palo.
Il valore di Kh può essere ottenuto rapidamente attraverso le diverse correlazioni empiriche
esistenti in letteratura. In particolare nel programma vengono adottate le seguenti relazioni:
•
In terreni coesivi sovraconsolidati (Cu>0.5 kg/cmq).
(17) Kh(kg/cmc) = Cf x Cu / d (Skempton, 1951);
con
Cu (kg/cmq) =coesione non drenata:
d (cm) = diametro o larghezza del palo
Cf = coefficiente variabile da 80 a 320 (valore consigliato 120) secondo Skempton, assunto invece
uguale a 67 da Davisson (1970);
In questi terreni si ammette che Kh sia costante per tutto lo spessore dello strato.
•
In terreni incoerenti sovraconsolidati (es. terreni glaciali).
(18) Kh (kg/cmc) = 3.00 x Es / d (Chen, 1978);
con
d (cm) = diametro o larghezza del palo.
Es (kg/cmq) = modulo di deformazione del terreno (E50):
Anche in questo caso si ammette che il valore di Kh rimanga costante con la profondità.
•
In terreni coesivi normalmente consolidati (Cu<=0.5 kg/cmq).
In questo caso Kh tende a variare con la profondità. Si adotta generalmente una variazione di tipo
lineare, espressa dalla relazione:
(19) Kh (kg/cmc) = nh x Z / d;
con
nh (kg/cmc) = costante dipendente dalla litologia;
Z (cm) = profondità;
d (cm) = diametro o larghezza del palo.
Per nh si propongono i seguenti valori (Reese e Matlock, 1956):
Argilla con Cu<=0.25 kg/cmq
Argilla con Cu>0.25 e <=0.50 kg/cmq
•
In terreni incoerenti non sovraconsolidati.
nh = 0.022 kg/cmc
nh = 3.51 kg/cmc
FORMULA GEO VER.2.0
Anche in questo caso si ammette una variazione con la profondità di Kh e si adotta una relazione di
tipo lineare (vedi eq.19).
In questo caso per nh si propongono i seguenti valori, espressi in kg/cmc:
Sabbia sciolta (Dr%<30%)
secca-umida
nh=0.224
secca- umida
nh=0.672
secca-umida
nh=1.792
Sabbia media (Dr>30
e<=70%)
Sabbia grossa (Dr%>70)
satura nh=0.128;
satura nh=0.448;
satura nh=1.088;
Per la ghiaia si consiglia di adottare gli stessi valori utilizzati per la sabbia grossa in via cautelativa,
mancando dati sperimentali diretti per questo materiale.
Metodi per la verifica allo svergolamento.
Le procedure di calcolo variano a seconda del tipo di terreno e del fatto che le teste dei pali
emergano dal terreno o meno.
•
Pali immersi.
Si tratta di pali la cui testa emerge dal terreno per una lunghezza non superiore ai 50 cm.
I) Metodo di Timoshenko.
Nel caso di terreno sovraconsolidato monostrato si può utilizzare il metodo di Timoshenko (1936).
Il carico critico (carico oltre il quale si ha lo svergolamento del palo) è dato da:
(20) Pcr (Kg) = (m2 + b / m2) x Pe;
con
m = numero di semionde di svergolamento;
Pe(Kg)= carico Euleriano per palo libero lateralmente, dato da:
(21) Pe (Kg) = π 2 x Ep x Jp / L2;
con
Ep(Kg/cmq)=modulo elastico del palo
Jp(cm^4)=momento d'inerzia del palo
L(cm) = lunghezza del palo;
b = coefficiente adimensionale dato da:
(22) b = Kh x d x L4 / (π 4 x Ep x Jp);
Per determinare Pcr occorre procedere per tentativi, facendo variare il parametro <m> entro un
intervallo ragionevole (per es. da 1 a 10) fino ad ottenere un valore minimo per Pcr.
II) Metodo di Davisson (1963).
FORMULA GEO VER.2.0
Nel caso più frequente di terreno stratificato o di terreno monostrato non sovraconsolidato si può
utilizzare il metodo di Davisson.
Secondo tale procedura il carico critico può essere espresso da:
(23) Pcr (Kg) = Vcr x Ep x Jp / T;
con
T = parametro funzione di nh dato da:
(24) T (cm) = (Ep x Jp / nh)(1/5);
Vcr = fattore di carico adimensionale dipendente dalle condizioni di testa e di base del palo; in
particolare:
per pali incastrati in testa e alla base:
per Zmax>1.8 e <3.7
Vcr =-0.15xZmax3 + 1.96xZmax2 - 7.13xZmax + 10.42
per Zmax<=1.8 o >=3.7 Vcr=3;
per pali incastrati in testa e liberi di traslare e ruotare alla base:
per Zmax<2
1.85xZmax
Vcr = e
x 0.048;
per Zmax>=2 Vcr=1.75;
per pali liberi in testa e incastrati alla base:
per Zmax<2.4
Vcr = e1.95xZmax x 0.015;
per Zmax>=2.4 Vcr=0.8;
per pali liberi in testa e alla base:
per Zmax<3.2
Vcr = e1.31xZmax x 0.015;
per Zmax>=3.2 Vcr=0.7;
con Zmax = L / T con L (cm)=lunghezza del palo.
•
Pali parzialmente emersi.
Nel caso di pali con sommità che emerge dal terreno per una lunghezza superiore a 50 cm, le
procedure di calcolo viste non sono più adeguate.
In queste situazioni possono essere utilizzate le relazioni di Davissone Robinson (1965), valide sia
per terreni con Kh costante (terreni monostrato SC)che per terreni a Kh variabile (terreni stratificati
o NC).
I) Kh costante con la profondità.
In questo caso il carico critico viene determinato attraverso la seguente relazione:
FORMULA GEO VER.2.0
(25) Pcr (kg) = π 2 x Ep x Jp / 4 x (Sr+Jr)2 x R2 ;
con
Sr = Ls / R;
Ls (cm) = [1.442 / (π x (L / l' )] x l';
con l'(cm) = π x R;
R (cm) = [Ep x Jp / (Kh x d)] (1/4) ;
L(cm) = lunghezza del palo;
d(cm) = diametro o larghezza del palo;
Jr = Lu / R;
con Lu (cm) = lunghezza del palo fuori terra.
N.B. Questa procedura di calcolo è valida solo per lmax>4, con lmax=R/L.
II) Kh variabile con la profondità.
Le relazioni sono simili a quelle viste nel caso precedente:
(26) Pcr (kg) = π 2 x Ep x Jp / 4 x (St+Jt)2 x T2;
con
St = Ls / T;
Jt = Lu / T;
T (cm)= (Ep x Jp /nh) (1/5).
N.B. Questa procedura di calcolo è valida solo per Zmax>4, con Zmax=L/T.
•
Stima del momento d'inerzia di un palo.
Il momento d'inerzia di un palo cilindrico rispetto ad una direzione perpendicolare al suo asse è
dato da:
(27) J = (π x D4) / 64;
D = diametro del palo in cm
Nel caso di un palo non armato D sarà uguale al diametro del palo; nel caso di palo armato con
tondini d'acciaio,la (27) andrà così modificata:
(28) J = [π x (De4 - Di4 )] / 64;
con De = diametro esterno dell'anello di tondini;
Di = diametro interno dell'anello di tondini.
Nel caso infine di micropali con anima tubolare si utilizzerà ancora la (28), prendendo per De il
diametro esterno dell'armatura e per Di quello interno.
FORMULA GEO VER.2.0
Analisi di pali soggetti a carichi orizzontali.
I pali di fondazione possono essere soggetti a forze orizzontali e momenti. E’ necessario quindi in
tali casi eseguire un'analisi del comportamento del palo sottoposto a queste sollecitazioni.
Si può eseguire l'analisi attraverso due metodologie differenti: il metodo delle tensioni ammissibili e
quello dello stato limite ultimo.
Metodo delle tensioni ammissibili.
Si parte in questo caso dall'ipotesi che il palo si comporti come una trave infinita appoggiata su un
suolo perfettamente elastico reagente in entrambi i versi.
S'introduce nel calcolo il carico orizzontale d'esercizio e l'eventuale momento applicato sulla testa
del palo e si determinano il momento flettente massimo agente sul palo e la reazione orizzontale
massima del terreno.
Gli spostamenti del palo (linea elastica), l'andamento dei momenti e del taglio sono in funzione
delle condizioni di vincolo in testa (palo incastrato o non) e del parametro 'lunghezza caratteristica
(o elastica) del palo' definito come segue (Zimmermann):
(29) λ (cm) = [ ( 4 x E x J) / ( k x D)](1/4)
dove
E (kg/cmq) = modulo elastico del palo;
J (cm4) = momento d'inerzia del palo;
D (cm) = diametro o larghezza media del palo;
k (kg/cmc) = modulo di reazione orizzontale del palo.
Un palo viene definito rigido (corto) nel caso in cui λ sia minore o uguale a 500 cm, flessibile
(lungo) nel caso in cui λ sia maggiore di 500 cm.
Nel caso più comune di palo con testa incastrata impedita a ruotare, ma non a spostarsi, si utilizzano
le seguenti relazioni.
I) Andamento degli spostamenti.
(30) X(z) = [ H / ( k x D x λ)] x e-(z/ λ) x [ cos (z/λ) + sen (z/λ) ];
con
H = carico orizzontale applicato alla testa del palo;
z = profondità di calcolo.
II) Andamento dei momenti flettenti.
(31) M(z) = [ (H x λ) / 2] x e-(z/ λ) x [ cos (z/λ) - sen (z/λ) ].
III) Andamento del taglio.
(32) T(z) = -H x e-(z/ λ) x cos (z/λ).
Lo spostamento massimo si ha alla testa del palo con il seguente valore:
FORMULA GEO VER.2.0
(33) Xmax = H / ( k x D x λ).
Il momento e la reazione massima del terreno hanno invece la seguente espressione:
(34) M max = 0.322 x H x λ / 2;
(35) σmax = H / ( D x λ).
Metodo dello stato limite ultimo.
La teoria di Broms(1964) permette di valutare il valore del massimo momento flettente e del
massimo carico orizzontale (carico di rottura) tollerabile dal palo o dal terreno.
Vengono distinti più casi a seconda della litologia dominante del terreno (coesivo o incoerente), di
come avviene la rottura (nel palo nel caso di pali lunghi, nel terreno nel caso di pali corti) e del
vincolo in testa (palo incastrato o libero).
Terreni coesivi.
Pali corti.
Nel caso di pali incastrati la resistenza laterale è data da:
(36)H max=9 x C u x Dpalo x (Lpalo - 1.5 x Dpalo);
con
Cu=coesione non drenata del terreno;
Dpalo =diametro o lato medio del palo;
Lpalo =lunghezza del palo.
La reazione del terreno ha quindi un andamento di tipo rettangolare, cioè costante con la profondità:
(37)H z=9 x C u x Dpalo.
Il momento flettente massimo è fornito dall'espressione:
(38)M max= Hmax x (0.5 x Lpalo + 0.75 x Lpalo);
Nel caso di pali a testa libera la reazione massima del terreno è data dalla:
(39)H max= M max / (Zpalo + 1.5 x Dpalo + 0.5 x f);
dove:
Zpalo = sporgenza del palo dal terreno;
Dpalo = diametro del palo;
FORMULA GEO VER.2.0
f = punto d'applicazione del momento flettente massimo;
Il momento flettente massimo viene fornito dall'espressione:
(40) M max = 2.25 x Dpalo x Cu x g02 ;
con
g0 = Lpalo - 1.5 x Dpalo - f
Lpalo = lunghezza del palo;
f = Hmax / (9 x Cu x Dpalo )
Pali lunghi.
Nel caso di pali lunghi è il palo che si rompe, per cui il momento flettente massimo va posto uguale
al momento di plasticizzazione del palo.
(41)M max= Mplast ;
La reazione massima del terreno , per pali vincolati, è fornita dall'espressione:
(42)H max= 2 x M max / (1.5 x Dpalo + 0.5 x f);
Nel caso di pali a testa libera la (42) diventa:
(43) Hmax= M max / (1.5 x Dpalo + 0.5 x f);
Terreni incoerenti.
Pali corti.
Nel caso di un palo a testa libera la reazione massima del terreno è data da:
(44) Hmax= (0.5 x γ x Dpalo x Lpalo 3 x Kp;) / (Zpalo + Lpalo );
con
γγ = peso di volume del terreno;
Kp=(1 + sen ϕ)/(1 - sen ϕ).
ϕ = angolo d'attrito del terreno;
Zpalo = sporgenza del palo dal terreno;
Dpalo = diametro del palo;
Il momento flettente massimo vale:
(45) M max= Hmax x (Zpalo + 2/3 x f);
con f = 0.82 x √( Hmax / Dpalo x γ x Kp;).
FORMULA GEO VER.2.0
Nei pali a testa vincolata la (44) va riscritta come segue:
(47) Hmax= 1.5 x γ x Lpalo2 x Dpalo x Kp;;
con
γ = peso di volume del terreno di fondazione;
Kp=(1 + sen ϕ)/(1 - sen ϕ).
Il momento flettente massimo è dato dall'espressione:
(48) M max= 2/3 x Hmax x Lpalo ;
La reazione del terreno ha qui un andamento di tipo triangolare, cioè crescente linearmente con la
profondità:
(49) Hz=3 x γ x Lpalo x Dpalo x Kp.
(50) Hmax= 1.5 x γ x Lpalo2 x Dpalo x Kp;;
Pali lunghi.
Come già visto per il caso di terreni coesivi, è il palo che si rompe, per cui il momento flettente
massimo va posto uguale al momento di plasticizzazione del palo.
(51)M max= Mplast ;
La reazione massima del terreno , per pali vincolati, è fornita dall'espressione:
(52)H max= 2 x M max / (0.5 x Zpalo + 2/3 x f);
Nel caso di pali a testa libera la (52) diventa:
(53) Hmax= M max / (0.5 x Zpalo + 2/3 x f).
FORMULA GEO VER.2.0
Portanza di pali soggetti a carichi inclinati.
Nel caso di pali di fondazione soggetti a carichi inclinati, cioè alla combinazione di carichi verticali
e orizzontali, occorrerà verificare che siano soddisfatte le due condizioni:
a)Pvert<Qpalificata (verifica al collasso assiale);
b)Poriz<Rpalificata (verifica al collasso laterale).
in cui
Pvert=componente verticale del carico;
Qpalificata=portanza d’esercizio verticale della palificata;
Poriz=componente orizzontale del carico;
Rpalificata=portanza d’esercizio orizzontale della palificata.
FORMULA GEO VER.2.0
Portanza complessiva di una palificata
Si definisce efficienza della palificata il rapporto fra la portanza del gruppo di pali e la somma della
portanza dei singoli pali:
(54)Epalificata = Qpalificata /ΣQpalo ;
Va notato che, mentre in terreni incoerenti l’efficienza è di solito prossima all’unità, o in alcuni casi
addirittura superiore, a causa dell’addensamento del terreno prodotto dall’infissione dei pali, nei
terreni coesivi è spesso inferiore a 1. La causa principale è il sovrapporsi dei bulbi di pressione dei
singoli pali, con la conseguente riduzione del contributo alla capacità portante totale degli stessi.
Vengono qui proposti due metodi semplificati per la stima dell'efficienza del gruppo di pali.
Metodo di Terzaghi e Peck.
Un criterio semplice per determinare la portanza di una palificata in terreni coesivi è quello
proposto da Terzaghi e Peck (1948): la portanza verticale del gruppo di pali va posta uguale alla
minore delle due seguenti grandezze:
a)la portanza data dalla somma delle portanze dei singoli pali;
b)la portanza di un blocco di terreno di larghezza uguale a Bpalificata (larghezza della palificata),
lunghezza uguale a Lpalificata (lunghezza della palificata) e profondità corrispondente alla
lunghezza dei pali, data da:
(55)Q palificata=Bpalificata x Lpalificata x Cbase x Nc + 2 x (Bpalificata + Lpalificata) x Lpalo x
Clat;
con
Cbase=coesione del terreno alla base del blocco;
Clat=coesione del terreno agente lateralmente al blocco;
Nc=coefficiente di portanza, in genere posto uguale a 9 (Skempton);
Lpalo =lunghezza del palo.
Nei terreni incoerenti invece, per interassi compresi fra 2.5 e 6 Dpalo (Dpalo=diametro o lato medio
del palo), si può assumere che la portanza complessiva della palificata sia data semplicemente dalla
somma delle portanze dei singoli pali.
Poulos e Davis, facendo riferimento all'eq.55, propongono di esprimere l'efficienza del gruppo con
la seguente relazione:
(56)1 / η2 = 1 + (npali x Qpalo )2 / Qpalificata2
dove
η = efficienza del gruppo;
npali = numero pali del gruppo;
Qpalo = portata del palo singolo;
Qpalificata= portata del blocco di fondazione, definito dalla (55).
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo di Converse e Labarre.
La formula di Converse-Labarre permette di stimare l'efficienza di un gruppo di pali in funzione del
loro numero, del numero delle file e della spaziatura fra i pali.
(57) η = 1 - (Φ/90) x [ (n-1) x m + (m - 1) x n] / ( m x n) ;
dove
η = efficienza del gruppo;
n = numero di pali per fila;
m = numero di file;
Φ = arctg ( D / i );
D = diametro del palo;
i = spaziatura dei pali.
Pur essendo una formula molto usata nella pratica, non tenendo in considerazione le caratteristiche
meccaniche del terreno, va utilizzata con estrema prudenza.
Interasse dei pali.
L’interasse, o spaziatura, dei pali è un parametro fondamentale, in quanto influenza direttamente
l’efficienza di una palificata. Interassi troppo piccoli o troppo grandi infatti possono far diminuire
drasticamente la portanza complessiva della palificata. In alcuni casi inoltre, per es. per pali infissi
in terreni incoerenti mediamente o molto addensati, una spaziatura troppo stretta può condurre ad
un danneggiamento reciproco dei pali.
Il D.M. 21.1.81 consiglia un interasse minimo di 3Dpalo in qualunque situazione (Dpalo =diametro
o lato medio del palo), anche se in realtà occorrerebbe tener conto della modalità di messa in opera
del palo (infisso o trivellato) e del tipo di terreno di fondazione (coesivo o incoerente).
In generale si consiglia un interasse maggiore di 3Dpalo in argilla, per tener conto del disturbo
prodotto dalla messa in opera del palo, mentre in sabbia, l’interasse proposto dal D.M.21.1.81 può
anche essere ridotto a 2.5Dpalo per pali infissi in sabbie sciolte.
Per una stima di massima, alcuni Autori propongono di utilizzare la seguente relazione:
(58) s = √(0.025 x Q);
dove:
s (m) = spaziatura dei pali;
Q (t) = carico applicato sul singolo palo.
Portanza complessiva di una palificata soggetta a carichi orizzontali.
Come nel caso di una palificata soggetta a carichi verticali, anche per gruppi di pali sottoposti a
sollecitazioni orizzontali va definito il concetto di efficienza del gruppo.
Viene definita efficienza di una palificata soggetta a carichi orizzontali il rapporto fra la portanza
laterale complessiva del gruppo e la somma delle portanze laterali dei singoli pali (vedi espressione
(54)).
Valgono in complesso le considerazioni già fatte per i pali caricati verticalmente: in pali fondati in
terreni incoerenti l’efficienza spesso è prossima all’unità, in pali in terreni coesivi generalmente è
inferiore.
FORMULA GEO VER.2.0
Si consiglia in generale di utilizzare come portanza laterale del gruppo di pali il minore fra questi
due valori:
1. la somma delle portanze laterali dei singoli pali;
2. la portanza laterale di un blocco di fondazione di larghezza uguale alla larghezza della palificata
(lato della palificata perpendicolare alla direzione di carico) e di spessore corrispondente alla
lunghezza dei pali, cioé:
(59) Rpalificata = 9 x C u x Lpalo x (Lpalificata-Cr);
con
Lpalificata=larghezza della palificata;
Cr=il minore fra i valori (1.5Dpalo )e (0.1Lpalo ).
per terreni coesivi e
(60) Rpalificata = 1.5 x γγ x Lpalo 2 x Lpalificata x Kp.
per terreni incoerenti.
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Distribuzione dei carichi esterni sui pali.
Si supponga di avere un carico agente sulla palificata con la risultante posizionata nelle coordinate
generiche X,Y e inclinata lungo l'asse X di un angolo α r, misurato rispetto alla verticale; si vuole
determinare come questo carico si ripartisce fra i singoli pali del gruppo.
Il problema può essere risolto utilizzando il procedimento di Nokkentved.
Lo sforzo assiale complessivo applicato al singolo palo del gruppo è dato dalla relazione:
(61) P=cos α x (M1 x M2 + M3 x M4 + M5);
dove:
M1 = Q / Σcos2 α
M2 = (tg α h - tg α) / (tg α h - tg α v)
M3 = H / (Σcos2 α x tg α)
M4 = (tg α - tg α v) / (tg α h - tg α v)
M5 = M x X' / I0
Q = componente verticale della risultante del carico esterno;
H = componente orizzontale della risultante del carico esterno;
α = inclinazione rispetto alla verticale del palo;
α h = arctg (Σcos α x sin α / Σcos2 α);
α v = arctg ( Σsin2 α / Σcos α x sin α);
M = momento esterno applicato sulla palificata;
I0 = Σ X'2 x cos2 α
X' = ascissa della testa del palo singolo relativa al centro elastico del gruppo di pali, data da: X' = X
- X0 + Y0 x tg α;
X = ascissa della testa del palo rispetto all'origine delle coordinate;
X0 = ascissa del centro elastico della palificata, che vale:
(62)X0 = (tg α h x M1 - tg α v x M2) / (tg α h - tg α v);
con
M1 = (Σcos2 α x Xi ) / Σcos2 α;
M2 = (Σcos2 α x tg α x Xi ) / (Σcos2 α x tg α);
Y0 = ordinata del centro elastico della palificata;
(63) Y0 = (M1 - M2) / (tg α h - tg α v);
M1 = (Σcos2 α x X ) / Σcos2 α;
M2 = (Σcos2 α x tg α x X ) / (Σcos2 α x tg α);
Ovviamente nel caso di carichi inclinati lungo l'asse Y è sufficiente eseguire una rotazione degli
assi.
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Il valore del carico assiale di ogni palo va poi scomposto nella sua componente verticale ed
orizzontale:
(64) P vert = P x cos α;
(65) Poriz = P x sen α.
I valori ottenuti sono da confrontare con i carichi limite di rottura verticali ed orizzontali del terreno
e del palo.
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Cedimento assoluto della palificata.
Distribuzione dei carichi esterni in profondità.
Il calcolo dei cedimenti parte dalla conoscenza della distribuzione dei sovraccarichi indotti nel
terreno dalla palificata.
Il programma utilizza per la valutazione di quest'ultima la soluzione delle equazioni di Mindlin
proposta da Geddes.
Viene ipotizzato che il terreno si comporti approssimativamente come un semispazio elastico,
isotropo ed omogeneo.
Per la determinazione dello sforzo verticale e di taglio agente alla quota z dal piano campagna
Geddes prende in considerazione tre situazioni:
•
•
•
caso in cui i pali portino quasi esclusivamente di punta;
caso in cui la portanza laterale del palo si mantenga costante con la profondità;
caso in cui la portanza laterale del palo aumenti con la profondità.
Nel primo caso lo sforzo verticale alla quota generica z può essere espresso con la relazione:
(66) σz = P / [ 8π x (1 - µ)] x ( -M1 + M2 - M3 - M4 - M5);
dove:
M1 = (1 - 2 x µ) x (z - D) / R13 ;
M2 = (1 - 2 x µ) x (z - D) / R23 ;
M3 = 3 x (z - D)3 / R15;
M4 = [ 3 x (3 - 4 x µ) x z x (z + D)2 - 3 x D x (z + D) x (5 x z - D)] / R25;
M5 = 30 x z x D x (z + D)3 / R27
R1= r2 + (z - D)2;
R2= r2 + (z + D)2.
r = distanza radiale dall'asse del palo;
D = lunghezza del palo.
Lo sforzo di taglio è invece esprimibile come:
(67) τz = P / [ 8π x (1 - µ)] x ( -M1 + M2 - M3 - M4 - M5);
dove:
M1 = (1 - 2 x µ) / R13 ;
M2 = (1 - 2 x µ) / R23 ;
M3 = 3 x (z - D)3 / R15;
M4 = [ 3 x (3 - 4 x µ) x z x (z + D) - 3 x D x (3 x z + D)] / R25 ;
M5 = 30 x z x D x (z + D)3 / R27
FORMULA GEO VER.2.0
Valutazione del cedimento.
Il calcolo del cedimento assoluto del terreno di fondazione della palificata può essere eseguito in
prima approssimazione, utilizzando la procedura semplificata proposta da Bowles. Si considera il
cedimento totale come somma di due componenti:
(68) Stot = Sterreno + Spalo ;
dovute rispettivamente alla deformazione elastica e plastica del terreno e all'accorciamento elastico
dei pali.
La grandezza relativa al cedimento del terreno può essere espressa come:
(69) Sterreno = σ x H / E;
σ=sovraccarico sul terreno di fondazione alla quota relativa a metà dello spessore dello strato;
H=spessore dello strato;
E=modulo di deformazione o edometrico dello strato.
Nel caso di terreno pluristrato la (68) va applicata ad ogni singolo strato ed i risultati sommati.
Poichè il metodo richiede che sia verificata la diseguaglianza:
H < Bfond ;
strati di spessore superiore a questo limite vanno divisi in due o più sottostrati, con spessore uguale
e uguale modulo di deformazione o modulo edometrico.
Il cedimento legato all’accorciamento elastico del palo può essere stimato invece con la seguente
relazione:
(70) Spalo = 0.75 x Qpalo x Lpalo / (Apalo x Ey);
con
Qpalo=portanza del singolo palo;
Apalo =area trasversale media del palo;
Ey=modulo di elasticità del palo.
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
MURI DI CONTENIMENTO
Coefficiente di spinta attiva del terreno.
Può essere visto in prima approssimazione come il rapporto minimo
fra gli sforzi agenti sul piano orizzontale (contenimento ad opera del
terreno circostante) e quelli agenti sul piano verticale (peso del
terreno sovrastante ed eventuali sovraccarichi agenti sul piano
campagna) applicati ad un elemento di terreno in condizioni di
equilibrio plastico limite:
(1) K a = P h / P v .
La spinta attiva si mobilita quando il terreno subisce una
decompressione (una diminuzione della pressione orizzontale alla
quale non corrisponda un uguale variazione della pressione verticale,
come può verificarsi per esempio in seguito ad uno sbancamento)
con deformazioni dell’ordine dello 0,2-0,3%.
E’possibile individuare un piano lungo il quale Ka assume il suo
valore minimo. Questo piano rappresenta una superficie potenziale
di rottura lungo la quale potrà muoversi il prisma di terreno isolato
dalla superficie di rottura stessa, che andrà a sollecitare l’eventuale
opera di contenimento posta a valle.
I tre modelli più in uso per la stima del valore di Ka e della geometria
della superficie di rottura sono:
• il modello di Rankine;
• il modello di Coulomb;
• il modello di Caquot-Kerisel.
Modello di Rankine.
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FORMULA GEO VER.2.0
E’ il modello in assoluto più semplice, ma che pone per la sua
utilizzazione una serie di condizioni che lo rendono spesso non
applicabile a situazioni reali.
Posto con ϕ(°) il valore dell’angolo di resistenza al taglio( o d’attrito)
del terreno, il coefficiente di spinta attiva assume, secondo questo
modello, il seguente valore:
(2)Ka=[cos β-√ (cos2β-cos2ϕ)]/[cos β+√ (cos2β-cos2ϕ)]
La superficie potenziale di rottura del terreno è piana e parte dal
piede dello scavo con un’inclinazione di 45°+ ϕ/2.
Tale metodo richiede, per poter essere utilizzato, che sia il piano
orizzontale che quello verticale siano piani principali di sforzo. Nella
pratica ciò si verifica quando:
• il paramento interno dell’opera di sostegno sia verticale;
• non via sia attrito al contatto fra superficie del muro e del
terreno (angolo d’attrito terre-muro=0).
Per quanto riguarda quest’ultimo punto va tenuto presente che la
presenza di sforzi di taglio agenti lungo il paramento interno
conducono ad una riduzione significativa della spinta attiva. Ignorare
tali sforzi porta quindi a valori di Ka e della spinta totale della terra a
favore della sicurezza.
Modello di Coulomb.
Nel modello di Coulomb non viene posta la condizione che gli sforzi
agenti sul piano orizzontale e su quello verticale siano sforzi
principali. La spinta totale del terreno risulterà quindi inclinata di un
certo angolo uguale all’angolo d’attrito terra-muro.
Posto:
• β = inclinazione del paramento interno del muro;
• ρ = inclinazione della superficie di rottura del terreno;
• δ = angolo d’attrito terra-muro;
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FORMULA GEO VER.2.0
• ε = inclinazione del versante a monte dell’opera di
sostegno;
• ϕ = angolo di resistenza al taglio del terreno;
il coefficiente di spinta attiva assume la seguente forma:
(3) K a=sen2(β+ϕ)/[sen2β sen(β-δ)( 1 + √Rp)2]
con
Rp=sen(ϕ+δ)sen(ϕ-ε)/sen(β-δ)sen(β+ε)];
Il metodo è applicabile alla maggioranza dei casi pratici, con
un’errore contenuto entro il 5% rispetto a procedimenti più elaborati,
purchè sia verificata la condizione δ ≤ ϕ/3.
E’ inoltre richiesto che l’angolo d’inclinazione del pendio a monte sia
inferiore all’angolo d’attrito del terreno.
Modello di Caquot-Kerisel.
Nel caso in cui sia δ>ϕ/3 gli errori che si commettono applicando il
metodo di Coulomb non sono più trascurabili.
La superficie potenziale di scorrimento del terreno è assimilabile in
questo caso ad un arco di spirale logaritmica e non più ad una
superficie piana.
Il coefficiente di spinta attiva secondo Caquot-Kerisel è valutabile
attraverso la seguente relazione:
(4) K c = p x K 0;
con
p=a b;
K0=10(w f);
in cui:
a=[cos(β'-ϕ)2/cos(β'+δ)];
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FORMULA GEO VER.2.0
b={1/[1+√(sen(ϕ+δ)sen(ϕ-ε)/cos(β'+δ)cos(β'-ε))]}2;
w=-Log[(1-0.9l2- 0.1l4 )(1 - 0.3l3)];
f=√(sen ϕ)[2-(tg2ε + tg2δ)/(2 tg2ϕ)];
l=(β'-β)/(β'+β+π-2ϕ);
b0=(m+ε-r)/2;
r=arcsen(sen ε/sen ϕ)
m=2arctg {[cotg δ-√(cotg 2δ-cotg 2ϕ)]/(1+cosecϕ)};
β‘=90°- β;
Il modello di Caquot-Kerisel è il più preciso e completo fra quelli
proposti ed è applicabile a quasi tutte le situazioni che si presentano
nella pratica. Unica eccezione è rappresentata dalle situazioni in cui
si abbia un’inclinazione del pendio a monte superiore all’angolo
d’attrito del terreno.
Nel caso in cui delta sia minore o uguale a ϕ/3 i metodi di Coulomb e
di Caquot-Kerisel conducono a risultati praticamente equivalenti.
Calcolo della spinta attiva del terreno.
Sulla base della (1), è possibile in prima approssimazione valutare,
noto K a, la spinta orizzontale del terreno:
(5) P h = P v Ka.
Nel caso di un terreno omogeneo, privo di coesione ed in assenza di
falda, sul quale agisca solo la forza di gravità, la (5) potrà essere
riscritta nel seguente modo:
(6) P h = γ z Ka;
con γ = peso di volume del terreno;
z = profondità dal piano campagna.
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FORMULA GEO VER.2.0
Il prodotto γ z corrisponde in pratica al peso della colonna litostatica
alla profondità z.
Integrando su tutta l’altezza del muro si ottiene:
(7) S a = 0.5 H2 γ Ka;
con S a = spinta attiva del terreno.
La spinta è applicata ad una altezza dal piano di posa del muro
uguale a:
(8) l = H/3.
Alla (7) andranno aggiunte altre componenti di spinta, se presenti,
dovute alla presenza di:
•
•
•
•
•
•
terreni multistrato;
falda;
terreni coesivi;
sovraccarichi esterni;
azioni sismiche;
pendii a monte con profilo spezzato;
• pendii a monte con ε > ϕ.
Terreni multistrato.
Si prenda in considerazione, come esempio, un terreno a tre strati
con litologia e/o parametri geotecnici differenti. Il calcolo della spinta
attiva dovrà procedere nel seguente modo:
• si applica la (7) ad ogni strato, sostituendo ad H il valore dello
spessore dello strato e a γ il peso di volume dello strato e a Ka il
valore corrispondente al ϕ dello strato; la (8) sarà data da:
(9) ls = Hs /3 + Σ(da H1 a Hs-1) H;
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FORMULA GEO VER.2.0
quindi nel caso di un terreno a tre strati, il punto d’applicazione della
(7) per lo strato n.3 (il più superficiale) sarà dato da:
(10) l3 = H3/3 + H2 + H1.
• si calcola il contributo come sovraccarico di ogni strato rispetto a
quelli sottostanti; quindi il contributo totale alla spinta attiva dato
dallo strato n.1 (il più profondo) sarà:
Sa1’=0.5 H12Ka3 γ3(contributo dello strato 1)
Sa1”=(γ2H2+γ3H3)H3 Ka3(contributo strati 2 e 3 come sovraccarico sullo
strato 1);
con un punto d’applicazione dato da:
l1=[(H1 /3)Sa1’+(H1/2)Sa1”]/(Sa1’+Sa1”).
Analogamente per lo strato 2 e 3:
Sa2’=0.5 H22Ka2 γ2(contributo dello strato 2)
Sa2”=(γ3xH3)H2 Ka2(contributo strato 3 come sovraccarico sullo strato
2);
Sa3’=0.5 H32Ka3 γ3(contributo dello strato 3)
Sa3”= 0;
l2={[(H2/3)+H1 ]Sa2’+[(H2 /2)+H1]Sa2”}/(Sa2’+ Sa2”);
l3={[(H3/3)+H2+H1]Sa1’ +[(H1/2)+H2+H1 ]Sa1”}/ (Sa1’+Sa1”).
La spinta attiva totale sarà data quindi da:
Sa=(Sa1’+Sa1”)l1+(Sa2’+Sa2”)l2 +(Sa3’+Sa3”)l3/(Sa1’+Sa1”+Sa2’+Sa2”
+Sa3’+Sa3”).
6
FORMULA GEO VER.2.0
Presenza della falda.
In presenza di falda la relazione (7), per gli strati immersi, si modifica
come segue:
(11) S aw =0.5 γ‘ K a Hw 2;
con γ‘=peso di volume immerso del terreno;
Hw =altezza della falda rispetto al piano di posa
del muro.
con un punto di applicazione della spinta dato da
(12) law = Hw /3.
Per gli strati sopra falda nella (7) al posto di H va introdotto H-Hw ,
cioè l’altezza fuori falda del terreno.
Il punto d’applicazione della spinta per il terreno non immerso è dato
da:
(13) l = Hw + (H-Hw )/3.
Vanno inoltre considerati il contributo alla spinta attiva totale dato
dalla spinta idraulica:
(14) Sw = 0.5 Hw 2 γw,
con punto di applicazione:
(15) lw = Hw /3,
e quello costituito dal sovraccarico indotto dalla porzione di terreno
non immersa su quella immersa:
(16) S a’ = (H-Hw )γ Hw Ka,
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FORMULA GEO VER.2.0
con γ = peso di volume del terreno sopra falda,
e punto d’applicazione dato da:
(17) la’ = Hw /2.
Terreni coesivi.
La presenza di coesione nel terreno conduce, com’è ovvio, ad una
riduzione della spinta attiva.
Ad una profondità z dal piano campagna, supponendo per semplicità
un terreno omogeneo e privo di falda e sovraccarichi, lo sforzo attivo
totale sarà dato da:
(18) P h = γ z Ka - 2 c √Ka,
con c = coesione del terreno.
Il primo termine della (18) (γ z Ka) rappresenta la variazione della
spinta attiva con la profondità in un terreno privo di coesione ( si
veda la relazione (6) ); il secondo termine è la componente costante
dovuta alla coesione.
Integrando su tutta la lunghezza del muro si ha:
(19) S a = 0.5 γ H2 Ka - 2c H √Ka,
con un punto d’applicazione:
(20) la = H/3.
In prossimità della superficie del pendio a monte del muro (z
prossimo a zero), il secondo termine della (18) diventa maggiore, in
valore assoluto, al primo e la spinta attiva assume un valore
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FORMULA GEO VER.2.0
negativo. Quindi il livello più superficiale del terreno a tergo del muro
viene sottoposto a trazione e si fessura. La profondità di questo
livello si ottiene ponendo Ph=0 nella (18) e risolvendo rispetto a z:
(21) Zc = 2c / (γ √Ka).
Da questa quota, in cui la spinta attiva si annulla, fino al piano
campagna il terreno è quindi sottoposto a trazione, si fessura e si
distacca dal paramento interno del muro. Ai fini del calcolo della
spinta attiva che agisce sull’opera il contributo di questo livello
superficiale va quindi posto uguale a zero. Considerando un
diagramma di spinta triangolare si ottiene:
(22) S c’ = 0.5(Zc 2 c √Ka.)
Sostituendo a Zc l’espressione (21) si ha quindi:
(23) S c’ = 2c2/γ.
La (23) rappresenta una termine compensativo della spinta attiva
negativa che si ha nel livello più superficiale, sottoposto a trazione.
La (19) andrà modificata di conseguenza come segue:
(24) S a = 0.5 γ H2Ka - 2c H √Ka + S c’,
con un punto d’applicazione:
(25) la = (H - Zc )/3.
Inoltre, in assenza di un drenaggio efficiente delle acque superficiali
a monte del muro, le fessure di trazione potrebbero riempirsi
d’acqua, dando luogo ad un incremento della spinta attiva, valutabile
come segue:
(26) S cw = 0.5 Zc 2,
9
FORMULA GEO VER.2.0
con un punto d’applicazione della spinta uguale a:
(27) lcw = (H - Zc ) + Zc /3.
Sovraccarichi esterni.
Vengono qua presi in considerazione tre tipi possibili di sovraccarichi
esterni agenti sulla superficie del pendio a monte del muro:
• sovraccarichi uniformemente ripartiti;
• sovraccarichi concentrati;
• sovraccarichi nastriformi.
Sovraccarichi uniformemente ripartiti.
Si tratta di carichi esterni di notevole estensione areale, che giunge
fino al paramento interno del muro, e di intensità uguale in ogni punto
dell’area sovraccaricata.
Ponendo q=modulo del sovraccarico, il contributo dato alla spinta
attiva totale è:
(28) S u = q H K a [sen β / sen (β+ε)],
con un punto d’applicazione:
(29) lu = 0.5 H.
Non è corretto, come proposto da alcuni Autori, trasformare, in
alternativa, il sovraccarico uniforme in altezza di terra equivalente,
riscrivendo la (7) nel seguente modo:
(30) S a = 0.5 γ Ka (H + Heq),
10
FORMULA GEO VER.2.0
con Heq = q [sen β / sen (β+ε)]/γ,
poichè la (28) presuppone un diagramma di pressione rettangolare,
la (30) un diagramma di pressione triangolare.
Sovraccarichi concentrati.
Un sovraccarico concentrato è un sovraccarico con un’estensione
areale molto ridotta. Il problema di valutare il contributo alla spinta
attiva totale di questo tipo di sovraccarico può essere risolto
attraverso la teoria dell’elasticità, utilizzando l’ equazione di
Boussinesq:
(31) σr = (Q/2π){(3r2 z/R5)-[(1-2µ)/(R2+zR)]}.
in cui:
σr = componente radiale della spinta alla quota z
sotto il piano
campagna in un punto di coordinate x,y rispetto al punto di
applicazione del sovraccarico;
Q = modulo del sovraccarico;
r = √(x2 + y2);
R = √(r2 + z2 );
µ = coefficiente di Poisson (che vale mediamente 0.35 nei terreni
sciolti).
Attraverso σr si ricava il valore della spinta orizzontale alla quota z:
(30) σh = σr(x/r).
Integrando numericamente con un passo fissato in maniera
appropriata ( per es. 0.1 m), si ottiene il contributo alla spinta attiva
totale del sovraccarico con un punto d’applicazione dato da:
(31) lsc = ΣPiHi/ΣPi;
con
Hi=altezza rispetto al piano di posa del muro;
11
FORMULA GEO VER.2.0
Pi=pressione indotta dal sovraccarico all’altezza H i
Sovraccarichi nastriformi.
Si tratta di sovraccarichi di estensione areale significativa, che si
sviluppano parallelamente alla lunghezza del muro, coprendo solo
una porzione del pendio a monte dell’opera. L’intensità del
sovraccarico viene considerata uguale in ogni punto dell’area
caricata.
Il problema della stima del contributo alla spinta attiva totale di
questo tipo di sovraccarico viene ricondotto al caso dei sovraccarichi
concentrati. In pratica, si suddivide l’area caricata in un numero
maggiore di aree rettangolari di estensione sufficientemente piccola
(nel programma si utilizzano superfici di 0.2x0.3 metri) ad ognuna
delle quali si attribuisce una frazione del sovraccarico, trattato come
se fosse di tipo concentrato.
Calcolati i contributi delle singole aree, la spinta totale verrà data
dalla somma di questi.
Analogamente si procede per la determinazione del punto
d’applicazione della spinta.
Sollecitazioni sismiche.
Per la stima del contributo alla spinta attiva totale dovuta alle
eventuali sollecitazioni sismiche, si fa riferimento a quanto proposto
dal Legislatore (D.M.19/6/84).
Eseguito il calcolo della spinta attiva totale del terreno in condizioni
statiche (S a), si procede al calcolo della spinta in condizioni
dinamiche con gli stessi criteri adottati in precedenza, ponendo però:
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FORMULA GEO VER.2.0
α‘ = α +θ;
ε‘ = ε +θ;
con α = 90° -β;
θ = arctg C.
In base alla categoria sismica alla quale appartiene il sito, viene
definito un Coefficiente d’Intensità Sismica C, ricavabile dalla
seguente tabella:
Categoria
Ex I cat.
Ex II cat.
Nuova cat.
Sismicità
12
9
6
Coef.Sismico C
0.10
0.07
0.04
Il valore della spinta totale calcolato (S a’ ) va quindi moltiplicato per un
fattore correttivo dato da:
(32) A = cos2(α+θ)/( cos2α cos θ).
L’incremento di spinta sismica si ottiene dalla differenza fra la spinta
in condizioni dinamiche e quella in condizioni statiche:
(33) ∆S = S a’ - S a.
Il suo punto d’applicazione è uguale a:
(34) l∆S = (2/3)H.
Pendii a monte con profilo spezzato.
Nel caso il pendio a monte del muro possieda un profilo
caratterizzato da un tratto inclinato seguito da uno sub-orizzontale
13
FORMULA GEO VER.2.0
non è possibile applicare le relazioni viste per il calcolo del
coefficiente di spinta attiva.
Il problema può essere risolto assimilando il pendio ad un piano
orizzontale(ε = 0) e trattando il terreno al di sopra di questo piano
come una combinazione di due sovraccarichi nastriformi: il primo,
con andamento del carico di tipo linearmente crescente con la
distanza dal muro, corrispondente al tratto inclinato del pendio, il
secondo, con andamento di tipo lineare uniforme, al tratto suborizzontale.
Il contributo di questi sovraccarichi alla spinta attiva totale va
calcolato come già visto per i sovraccarichi nastriformi. Va tenuto
presente però che, nel tratto di pendio inclinato, alle singole aree di
carico, in cui va diviso il sovraccarico totale, andrà attribuito una
frazione di quest’ultimo crescente linearmente con la distanza dal
muro.
Pendii a monte con ε ≥ ϕ.
Anche in questo caso le relazioni viste per la stima del coefficiente di
spinta attiva non sono utilizzabili direttamente. Si deve procedere
quindi come nel caso f), ponendo ε = 0 e considerando il terreno
posto al di sopra del piano orizzontale come un sovraccarico di tipo
nastriforme, con un andamento del carico crescente linearmente con
la distanza dal muro.
Verifiche di stabilità del muro .
Occorre valutare la stabilità dell’opera rispetto:
• allo slittamento;
• al ribaltamento;
• allo schiacciamento.
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FORMULA GEO VER.2.0
Verifica del muro allo slittamento.
Viene eseguita, confrontando le forze orizzontali che tendono a far
slittare il muro verso valle (forze instabilizzanti) e quelle di verso
contrario, che si oppongono al movimento (forze stabilizzanti).
Occorre distinguere fra muri a gravità (e a semigravità) e muri a
mensola.
Muri a gravità e a semigravità.
Forze stabilizzanti.
La componente complessiva stabilizzante è data da:
(35) F stab = P l + fa [Lm(W muro+S vert+Cvert)cos α + Lm(S oriz +C oriz )sen α Lm Wacqua Bmuro /cos α] + C b Bmuro /cos α;
con
Pl=portanza laterale della palificata, se presente;
fa=tg ϕm (ϕ m= angolo d’attrito terra-base del muro);
Lm=interasse dei contrafforti, se presenti (se assenti si pone L m = 1);
Wmuro=peso del muro;
Svert =componente verticale della spinta delle terre;
Cvert=eventuali carichi esterni verticali agenti sulla sommità del muro;
α=inclinazione della base rispetto all’orizzontale;
Soriz =componente orizzontale della spinta delle terre;
Coriz =eventuali carichi esterni orizzontali agenti sulla sommità del
muro;
Wacqua=carico idraulico medio al piano di posa del muro = 0.5(Hacqua1Hacqua2)(Hacqua1=altezza dell’acqua rispetto al piano di posa del muro
a valle; Hacqua2=altezza dell’acqua rispetto al piano di posa a monte);
Bmuro=larghezza della base del muro;
15
FORMULA GEO VER.2.0
Cb=coesione agente sulla fondazione, posta generalmente uguale a
(2/3)C, con C = coesione dello strato di terreno su cui posa il muro.
Nel caso in cui la base del muro non sia inclinata,
la (35) si riduce alla:
(36) F stab = P l + fa[L m(W muro+S vert+C vert) - L m Wacqua Bmuro] + C b B muro.
Viene trascurata, a favore della sicurezza, come suggerito dal
Legislatore (D.M. 21.1.81.), la spinta passiva della terra agente sul
piede a valle del muro.
Forze instabilizzanti.
La componente complessiva instabilizzante è data da:
(37) F instab = Lm(S oriz +C oriz )cos α.
Nel caso in cui la base del muro sia orizzontale (α =0), la (37) si
riduce alla:
(38) F instab = Lm(S oriz +C oriz ).
Muri a mensola.
Forze stabilizzanti.
Si definiscono le seguenti grandezze:
Na = L m(W muro+Wterra+S vert+Cvert) lcr /Bmuro;
con
Wterra=peso del prisma di terra poggiante sulla mensola posteriore;
16
FORMULA GEO VER.2.0
lcr=larghezza del cordolo, se presente (lcr=0 se assente);
Ta = L m(S oriz +C oriz ) lcr /Bmuro;
Wa = L m scr γ dcr/2 (peso del prisma triangolare di terreno compreso
fra il bordo esterno della base e l’estremità del cordolo);
con
scr=spessore del cordolo, se presente;
γ =peso di volume del terreno su cui poggia il muro;
dcr=distanza del cordolo dal lato a valle della base.
Nb = L m(W muro+Wterra+S vert+Cvert)- Na;
Tb = L m(S oriz +C oriz ) - Nb;
La componente complessiva stabilizzante è data quindi da:
(39)F stab=P l + Na fa +[(Nb + Wa )cos θ + Tb sen θ]fa’
+ C B ef ;
con
θ=arctg (scr / dcr)=inclinazione della congiungente il bordo a valle della
base con l’estremità del cordolo;
fa=angolo d’attrito terra-muro;
fa’=angolo d’attrito lungo la superficie di slittamento del muro, che
può assumere i seguenti valori:
a) fa’ =tg ϕ (ϕ = angolo d’attrito del terreno di fondazione) se è
presente il cordolo, per cui lo slittamento non avviene lungo la base
del muro, ma lungo la congiungente bordo esterno-estremità del
cordolo, che passa nel terreno;
b) fa’ =angolo d’attrito terra-muro, se il cordolo è assente;
C=coesione agente lungo la superficie di slittamento del muro, che
può assumere i seguenti valori:
17
FORMULA GEO VER.2.0
a) C=C terra ,se il cordolo è presente e quindi la superficie di
slittamento passa lungo la congiungente bordo esterno della baseestremità del cordolo;
b) C=(2/3)C terra , se il cordolo è assente e la superficie di slittamento
corrisponde alla base del muro;
Bef =lunghezza della superficie potenziale di slittamento del muro, che
può assumere i seguenti valori:
a) B ef =[(scr / sen θ) + lcr] + (B muro- (lcr+dcr), in presenza del cordolo;
b) B ef =B muro in assenza del cordolo.
Forze instabilizzanti.
La componente complessiva instabilizzante è data da:
(40) F instab=Ta + Tbcos θ - (Nb + Wa ) sen θ;
Una volta stimate le componenti stabilizzanti e non delle forze agenti
sul muro, la misura del grado di stabilità allo slittamento dell’opera è
dato dal rapporto:
(39) F sic = Fstab / Finstab,
che viene definito Coefficiente di Sicurezza allo slittamento.
Per legge tale coefficiente non può essere inferiore a 1.3
(D.M.21.1.81).
Verifica del muro al ribaltamento.
La verifica al ribaltamento consiste nello stimare i momenti ribaltanti
e quelli stabilizzanti agenti sull’opera, riferiti al piede esterno della
base del muro.
18
FORMULA GEO VER.2.0
Anche in questo caso occorre distinguere fra verifiche su muri a
gravità (e a semigravità) e a mensola.
Muri a gravità e a semigravità.
Momenti stabilizzanti.
a) Componente dovuta al peso del muro:
Ms1=Lm W muro Xb;
con
Xb=ascissa del baricentro del muro.
b) Componente dovuta alla spinta attiva verticale della terra.
Ms2=Lm Svert(B muro - Ys cos β);
con
Ys =altezza del punto d’applicazione della spinta della terra rispetto al
piano di posa del muro;
β=inclinazione del paramento interno del muro rispetto all’orizzontale
(positivo in senso orario).
c)Componente dovuta alla presenza della palificata.
Ms3=P l (2/3)Lpalo;
con
Lpalo=lunghezza della palificata;
Pl=portanza laterale della palificata.
19
FORMULA GEO VER.2.0
d)Componente dovuta alla presenza di carichi esterni verticali agenti
sulla sommità del muro.
Ms4=Lm Cvert Xb.
e)Componente dovuta alla presenza di momenti esterni stabilizzanti
agenti sulla sommità del muro.
Ms5=Mest.
Anche per questa verifica, tra le componenti stabilizzanti viene
trascurata la spinta passiva a favore della sicurezza, come suggerito
nel D.M. 21.1.81.
Momenti ribaltanti.
a)Componente dovuta alla spinta attiva orizzontale della terra.
Mr1=Lm Soriz (Ys – B murotg α);
con
α=inclinazione della base del muro.
b)Componente dovuta alla presenza di carichi orizzontali esterni
agenti sulla sommità del muro.
Mr2=Lm Coriz Hmuro;
con
Hmuro=altezza del muro dal piano di posa delle fondazioni.
c)Componente dovuta alla spinta idraulica sulla base del muro.
Mr3=Wacqua Bmuro Lm Hw /cos α;
20
FORMULA GEO VER.2.0
con
Hw =(3Hacqua1 + 2Hacqua2)B muro/(6Hacqua1 + 3Hacqua2).
d)Componente dovuta alla presenza di momenti esterni ribaltanti
agenti sulla sommità del muro.
Mr4=Mest.
Muri a mensola.
Momenti stabilizzanti.
a) Componente dovuta al peso del muro:
Ms1=Lm W muro Xb.
b) Componente dovuta alla spinta attiva verticale della terra.
Ms2=Lm Svert(B muro - Ys cos β).
c) Componente dovuta al peso del terreno poggiante sulla mensola
posteriore:
Ms3=Lm Wterra Bmuro.
d)Componente dovuta alla presenza della palificata.
Ms4=P l(2/3)Lpalo.
e)Componente dovuta alla presenza di carichi esterni verticali agenti
sulla sommità del muro.
Ms5=Lm Cvert Xb.
21
FORMULA GEO VER.2.0
f)Componente dovuta alla presenza di momenti esterni stabilizzanti
agenti sulla sommità del muro.
Ms6=Mest.
Momenti ribaltanti.
a)Componente dovuta alla spinta attiva orizzontale della terra.
Mr1=Lm Soriz Ys ;
b)Componente dovuta alla presenza di carichi orizzontali esterni
agenti sulla sommità del muro.
Mr2=Lm Coriz Hmuro.
c)Componente dovuta alla presenza di momenti esterni ribaltanti
agenti sulla sommità del muro.
Mr3=Mest.
Valutate le componenti stabilizzanti e ribaltanti, la misura del grado
di stabilità rispetto al ribaltamento dell’opera è dato dal rapporto:
(40) F sic = ΣMstabilizzanti / ΣMribaltanti.
che viene definito Coefficiente di Sicurezza al ribaltamento.
Per legge tale coefficiente non può essere inferiore a 1.5
(D.M.21.1.81).
Verifica del muro allo schiacciamento.
22
FORMULA GEO VER.2.0
La verifica allo schiacciamento consiste nella stima del rapporto fra
portanza della fondazione del muro e la somma delle componenti
verticali delle forze che agiscono sulla base dell’opera:
Se il muro poggia su fondazioni superficiali si ha:
(41)F sic =3Beb cos α Qamm /(W muro+Wterra+S vert +C vert);
con
Fsic =coefficiente di sicurezza allo schiacciamento;
Beb = lunghezza della base del muro corretta per l’eccentricità dei
carichi verticali;
Qamm=portanza ammissibile del terreno di fondazione;
α=inclinazione della base del muro (per muri a gravità).
Nel caso di fondazioni su pali, la (41) va riscritta come segue:
(42)F sic = 2.5Pm /(W muro+Wterra+S vert+Cvert );
con
Pamm=portata della palificata.
La (42), come suggerito dal Legislatore (D.M. 21.1.81), deve risultare
maggiore o uguale a 2.
Pressioni massime e minime sul terreno.
Per il calcolo della pressione massima e minima applicate dal
muro sul terreno si utilizzano le seguenti relazioni:
(43) P max=(Nvertcos α/B)(1+6e cos α/B)
Pmin=(Nvertcos α/B)(1-6 e cos α/B);
con
Nvert=risultante dei carichi verticali:
Nvert=(Wmuro+Wterra+S vert+Cvert) per muri a mensola;
23
FORMULA GEO VER.2.0
Nvert=(Wmuro+S vert+C vert) per muri a gravità o a semigravità;
B=larghezza effettiva della fondazione;
α=inclinazione della base (per muri a gravità);
e=distanza dal punto d'applicazione della risultante dei carichi
verticali dal centro della base = B/2-r
in cui r=(ΣMstabilizzanti - ΣMribaltanti)/Nvert;
se la risultante dei carichi verticali cade entro il terzo medio della
base (e < B/6);
(43’) P max=(2Nvert)/[3(B/2-e)] P min=0;
se la risultante dei carichi verticali cade fuori dal terzo medio della
base (e > B/6);
(43”) Pmax=(2N)/H Pmin=0;
con H =altezza del muro.
se la risultante dei carichi verticali coincide con il terzo medio della
base (e = B/6).
Generalmente nei muri a gravità e a semigravita' è richiesto che sia
verificata la condizione e<B/6.
Portanza e cedimenti del terreno di fondazione.
La verifica allo schiacciamento presuppone che sia stato eseguito in
precedenza il calcolo della portanza del terreno su cui poggia il muro.
24
FORMULA GEO VER.2.0
La portanza è una grandezza che fornisce un’indicazione della
pressione o del carico massimo ammissibile dal terreno di
fondazione, senza che questo subisca rottura per taglio o cedimenti
non tollerabili dall’opera.
Occorre distinguere fra fondazioni superficiali e fondazioni su pali
(profonde).
Fondazioni superficiali.
Portanza del terreno di fondazione.
Sono considerate tali quelle in cui sia verificata la disuguaglianza:
Dfond ≤ Bfond;
con
Dfond=profondità di posa della fondazione;
Bfond =larghezza della fondazione (lato più corto).
Nella determinazione della portanza influiscono sia la geometria della
fondazione (principalmente la larghezza, la lunghezza e la profondità
di posa), sia, ovviamente, le caratteristiche geotecniche del terreno.
Fra le numerose relazioni empiriche e semi-empiriche per il calcolo
della portanza note in letteratura, una delle più attendibili e verificate
è quella proposta da Brinch Hansen (1970).
Terreni con angolo d’attrito maggiore di 0.
Nel caso in cui sia ϕ>0 (terreni incoerenti o coesivi in condizioni
drenate), la relazione di Brinch Hansen assume la seguente forma:
(44)Qlim=CNc sc dcic gc bc + γ1DfondNqsqdqiqgqbq + 0.5BfondNγγ2sγdγiγgγbγ;
25
FORMULA GEO VER.2.0
in cui
C=coesione del terreno;
γ1=peso di volume del terreno sopra il piano di posa della
fondazione;
γ2=peso di volume del terreno sotto il piano di posa della fondazione;
con Nq, Nc , Nγ = fattori di portanza;
Nq=ek tg2(45°+ϕ/2) (k=π tg ϕ);
Nc =(Nq-1)cotg ϕ;
Nγ=1.5(Nq-1)tg ϕ.
sq, sc , sγ = fattori di forma;
sq=1+(B fond/Lfond )tg ϕ (Lfond = lunghezza della fondazione);
sc =1+(Nq/Nc )(B fond/Lfond);
sc =1 per fondazioni nastriformi (Lfond>5Bfond);
sγ=1-0.4(B fond/Lfond).
dq, dc , dγ = fattori di approfondimento;
dq=1+2tg ϕ (1-senϕ)2k;
k=D fond/Bfond per Dfond/Bfond ≤ 1;
k=arctg(D fond/Bfond )(in rad) per D fond/Bfond > 1;
dc =1+0.4k
dγ=1
iq, i c , i γ = fattori per l’inclinazione del carico;
iq=[1 - 0.5Qoriz /(Qvert + Lfond Bfond Ca cotg ϕ)]5;
Qoriz =componente orizzontale del carico;
Qvert=componente verticale del carico;
Ca=coesione agente sulla base della fondazione=(2/3)C
26
FORMULA GEO VER.2.0
ic =i q - (1- i q)/(Nq-1)
iγ=[1 - 0.7Qoriz /(Qvert + Lfond Bfond Ca cotg ϕ)]5 con base della
fondazione non inclinata;
iγ=[1 - (0.7-η/450)Qoriz /(Qvert + Lfond Bfond Ca cotg ϕ)]5 con base della
fondazione inclinata;
η (°)=inclinazione della base;
Nel caso della fondazione di un muro di contenimento le grandezze
Qoriz e Qvert si ottengono come segue:
Qoriz = S oriz +C oriz ;
Qvert= Wmuro+Wterra+S vert+Cvert;
in cui Qoriz ≤ Qverttg δ + Lfond Bfond Ca;
δ=angolo d’attrito terra-fondazione.
gq, gc , gγ = fattori per fondazioni su pendio;
gq=(1-0.5tg β)5;
β=inclinazione del pendio;
gc =1-(β°/147) ;
gγ= gq.
bq, bc , bγ = fattori per fondazioni con base inclinata;
bq=exp(-2ηtg ϕ)
η=inclinazione della base;
bc = 1-η°/147;
bγ= exp(-2.7ηtg ϕ);
Terreni con angolo d’attrito uguale a 0.
In terreni coesivi in condizioni non drenate (ϕ=0) la (44) assume la
seguente forma:
27
FORMULA GEO VER.2.0
(45)Qlim=5.14C(1+sc +dc -ic -gc -bc ) + γ1Dfond;
con i parametri sc , dc , i c , gc , bc modificati come segue:
sc =0.2Bfond/Lfond;
dc =0.4k;
ic =0.5 - 0.5√[1-Qoriz / (Lfond Bfond Ca)];
gc =β°/147;
bc =η°/147.
In presenza di carichi eccentrici, come nel caso della fondazione di
un muro di contenimento, nel calcolo della (44) e della (45) va
introdotta una larghezza ed una lunghezza della fondazione corretta
come segue:
L’fond= Lfond - 2ecl;
B’fond= Bfond - 2ecb.
con
ecl=eccentricità del carico rispetto al lato lungo della fondazione;
ebl=eccentricità del carico rispetto al lato corto della fondazione;
I due parametri e cl, e bl verrano valutati in un successivo paragrafo.
La portanza calcolata con le relazioni (43) e (44) rappresenta la
pressione massima tollerabile dal terreno di fondazione. Per Legge
(D.M.21.1.81) questo valore deve essere ridotto, per ottenere la
portanza d’esercizio, dividendolo per un coefficiente di sicurezza, che
non può essere inferiore a 3.
(46) Qes = Q lim/3.
Il criterio di Coulomb (vedi relazione 68), che descrive l’andamento
della resistenza al taglio del terreno al variare della pressione di
confinamento e sul quale si basa la relazione di Brinch Hansen, può
essere considerato valido solo per valori di τ (resistenza al taglio)
inferiori a circa 5 kg/cmq. Nel caso la (46) fornisca valori superiori a
28
FORMULA GEO VER.2.0
questo limite sarà necessario procedere ad una correzione di Qam
come suggerito Terzaghi e Peck. La correzione andrà effettuata
modificando i valori della coesione e dell’angolo di resistenza al
taglio (angolo d’attrito) del terreno come segue:
C’= (2/3) C;
tg ϕ‘= (2/3) tg ϕ;
ripetendo quindi il calcolo della portanza del terreno.
Cedimenti assoluti del terreno.
Anche se la pressione esercitata sul terreno di fondazione non
supera il valore calcolato con la (46), si possono, in alcuni casi,
manifestare delle deformazioni nel terreno non tollerabili dall’opera.
I cedimenti sono dovuti alla deformazione elastica e plastica del
terreno e, nel caso di terreni poco permeabili (argille e limi), al
processo di lenta espulsione dell’acqua contenuta al loro interno
(consolidazione).
Poichè le caratteristiche geotecniche del terreno variano da punto a
punto, così come spesso variano da punto a punto anche le
condizioni di carico, i cedimenti possono assumere localmente valori
differenti.
Il cedimento calcolato in un punto prende il nome di cedimento
assoluto; la differenza fra i cedimenti assoluti misurati in due o più
punti prende il nome di cedimento differenziale.
Il cedimento assoluto totale è dato dalla somma di tre componenti:
(47)S tot= S imm + S con + S sec ;
in cui:
Simm=cedimento immediato, dovuto alla deformazione iniziale, senza
variazione di volume,del terreno caricato; è prevalente nei terreni
incoerenti (coesione=0), trascurabile in quelli coesivi (coesione>0);
Scon=cedimento di consolidazione, legato alla variazione di volume
del terreno saturo, in seguito alla lenta espulsione dell’acqua
29
FORMULA GEO VER.2.0
contenuta al suo interno; è dominante nei terreni coesivi, poco
permeabili, e trascurabile in quelli incoerenti (da mediamente a molto
permeabili);
Ssec =cedimento secondario, dovuto alla deformazione viscosa dello
scheletro solido del terreno; normalmente trascurabile in tutti i tipi di
terreno.
Cedimenti in terreni incoerenti.
Un metodo semplificato per stimare il cedimento immediato di un
terreno di fondazione prevalentemente incoerente è fornito dalla
relazione di Schleicher:
(48)S imm=QvertI(1-µ2)/E;
con
Qvert=carico verticale applicato alla fondazione;
E=modulo elastico (o di deformazione) del terreno;
µ=coefficiente di Poisson=0.5 (terreni saturi, in condizioni non
drenate);
I=fattore di influenza, ottenibile attraverso le relazioni di
Schmertmann:
I=0.6 z; per z ≤ 1;
I=0.6 - 0.2(z-1); per 1 < z ≤ 4;
con z=profondità dal piano di posa della fondazione in metri.
Nel caso di un terreno pluristrato la (47) va applicata ad ogni singolo
strato ed i risultati sommati.
Cedimenti in terreni coesivi.
30
FORMULA GEO VER.2.0
In prima approssimazione, i cedimenti per consolidazione di un
terreno prevalentemente coesivo possono essere ottenuti attraverso
la relazione:
(49)S con=H ∆σ/Ed;
con
H=spessore dello strato;
∆σ=sovraccarico indotto dal muro alla quota dal piano di posa della
fondazione equivalente a metà dello spessore dello strato;
Ed=modulo edometrico dello strato;
Il sovraccarico ∆σ può essere stimato approssimativamente con la
relazione:
(50)∆σ =(Qvert-γ1Dfond)/[(B fond + z tg 27°)(Lfond + z tg 27°)];
Nel caso di un terreno pluristrato la (49) va applicata ad ogni singolo
strato ed i risultati sommati.
Poichè il metodo richiede che sia verificata la diseguaglianza:
H < B fond;
strati di spessore superiore a questo limite vanno divisi in due o più
sottostrati, con spessore uguale e uguale modulo di deformazione o
modulo edometrico.
Elevati cedimenti differenziali (dell’ordine di alcuni centimetri in
genere, ma a volte anche meno) possono indurre lesioni nell’opera.
Partendo dal presupposto che a elevati cedimenti assoluti
generalmente corrispondono elevati cedimenti differenziali, Terzaghi
e Peck proposero di considerare come valori limite tollerabili
cedimenti assoluti di 2,5 cm in terreni incoerenti (sabbie e ghiaie) e 4
cm in terreni coesivi (limi e argille).
31
FORMULA GEO VER.2.0
Un sistema meno empirico di procedere consiste nello stimare la
distorsione angolare fra due o più punti della struttura di cui sia noto
il cedimento assoluto del terreno di fondazione:
χang= (S 2 -S1)/L12 ;
con
χang=distorsione angolare;
S2=cedimento assoluto nel punto 2;
S1=cedimento assoluto nel punto 1;
L12=distanza fra i punti 1 e 2.
In prima approssimazione, sono da considerare tollerabili distorsioni
angolari inferiori a 1/600 per strutture in muratura e a 1/1000 per
strutture in calcestruzzo.
Fondazioni su pali.
In assenza di strati portanti in prossimità del piano di posa delle
fondazioni, si può rendere necessario l’utilizzo di fondazioni su pali.
Vengono distinte due tipologie di pali, sia per la diversa procedura di
messa in opera, sia per gli effetti che producono sulle caratteristiche
meccaniche del terreno di fondazione: i pali infissi ed i pali trivellati. A
parte vengono presi in cosiderazione i micropali tipo tubfix, che pur
potendo essere inseriti nella categoria generale dei pali trivellati, se
ne differenziano per alcune importanti caratteristiche.
32
FORMULA GEO VER.2.0
Portanza verticale del palo.
Pali infissi.
Sono pali che vengono messi in opera senza l’asportazione del
terreno.
Sono utilizzabili in terreni incoerenti da poco a mediamente
addensati, dove la procedura d’infissione conduce generalmente ad
un miglioramento delle caratteristiche geotecniche. Sconsigliabile
invece il loro utilizzo in terreni coesivi, nei quali l’infissione porta ad
un rimaneggiamento degli strati con conseguente scadimento delle
caratteristiche geotecniche degli stessi. Non sono impiegabili in
terreni molto addensati, o con trovanti o livelli cementati.
Il calcolo della portata di un palo infisso viene effettuata sommando
i contributi di portata della punta del palo con quello dovuto alla
resistenza laterale del fusto.
Vengono distinti 3 casi.
Terreni incoerenti.
In questo tipo di terreno la portanza laterale può essere valutata
attraverso la relazione di Burland(1973):
(51) Q lat= A lat Pef K fw tg δ;
con
Alat = area laterale del palo;
Pef = pressione efficace del terreno data da:
Pef =Lpalo γ se L palo < 15 D palo;
Pef =15D paloγ se L palo > 15 D palo;
Lpalo=lunghezza del palo;
Dpalo=diametro o lato medio del palo;
γ =peso di volume del terreno;
33
FORMULA GEO VER.2.0
K =1-sen ϕ‘;
ϕ‘=(3/4)ϕ + 10;
ϕ =angolo d'attrito del terreno.
δ =angolo d’attrito terra-palo, posto =20° per pali in acciaio e =(2/3)ϕ‘
per pali in calcestruzzo;
fw =fattore correttivo legato alla tronco-conicità percentuale del palo
(tr)del palo;
N.B.:Per tronco-conicita' del palo s'intende la diminuzione
percentuale del diametro del palo con la profondità nel caso di pali
prefabbricati tronco-conicità (per es. una tronco-conicità del 5%
vuol dire che il diametro del palo diminuisce di 5 cm per ogni metro
di lunghezza del palo stesso).
ponendo ω(°)= arctg(tr/100)
per ω=0 (palo cilindrico) fw =1;
per ω>0 (palo tronco-conico) i valori di fw sono forniti dalla seguente
tabella:
ϕ‘
ϕ‘<30
ϕ‘<30
ϕ‘<30
30≤ϕ‘<35
30≤ϕ‘<35
30≤ϕ‘<35
35≤ϕ‘<40
35≤ϕ‘<40
ϕ‘≥40
ϕ‘≥40
ω°
ω °≤
≤ 0.8
0.8<ω
ω °≤
≤ 1.6
ω °>1.6
ω °≤
≤ 1.1
1.1<ω
ω °≤
≤ 1.6
ω °>1.6
ω °≤
≤1
ω °>1
ω °>0.5
ω °≤
≤ 0.5
fw
1+1.5 ω °
2.75 ω °
2.8+ω
ω°
1+2.45 ω °
2.16+1.4 ω °
4+0.25 ω °
1+3.3 ω °
4.3
4
1+6 ω °
La portanza della punta viene invece valutata
relazione:
utilizzando la
34
FORMULA GEO VER.2.0
(52)Qbase = (A base Pef Nq)- Wpalo;
con
Abase = area della base del palo;
Nq =fattore adimensionale di portata sec.Berantezev;
Nq =10 m;
m =-0.764 + 0.76 ϕ‘;
Wpalo = peso del palo.
Terreni
coesivi
normalmente
consolidati
o
leggermente
sovraconsolidati (rapporto di sovraconsolidazione OCR<4).
Si procede come nel caso precedente, sommando i contributi della
portanza laterale e di punta.
La portanza laterale è data da:
(53) Q lat= C a Alat ;
con C a=adesione palo-terreno;
Per il parametro C a vengono utilizzati i valori suggeriti da Tomlison.
Litologia
Sabbia giacente su terreni
coesivi compatti
Sabbia giacente su terreni
coesivi compatti
Pinfissione/D palo
<20
≥ 20
Ca/C
1.25
0.80
35
FORMULA GEO VER.2.0
Argille molli su terreni coesivi
compatti
Argille molli su terreni coesivi
compatti
Terreni coesivi compatti
Terreni coesivi compatti
<20
0.40
≥ 20
0.70
<20
≥ 20
0.40
0.60
Pinfissione/D palo = rapporto di penetrazione = rapporto profondità di
penetrazione del palo in argilla compatta/diametro palo;
Ca/C=rapporto adesione palo-terreno/coesione del terreno.
La portata di punta del palo viene calcolata con la seguente
relazione:
(54)Qbase = A base C Nc ;
con
Nc = fattore adimensionale di portata;
Nella pratica viene utilizzato un valore di Nc = 9 come proposto da
Skempton.
Terreni fortemente sovraconsolidati (OCR≥4).
Si procede come nel caso di terreni incoerenti, modificando il fattore
k della formula della portanza laterale come segue:
k=(1-sen ϕ)√OCR;
ϕ=angolo d’attrito del terreno in condizioni drenate.
Pali trivellati.
Sono pali messi in opera con asportazione di terreno. Vengono
impiegati in terreni incoerenti da mediamente a molto addensati e in
terreni coesivi, dove provocano un minor rimaneggiamento rispetto ai
pali infissi.
36
FORMULA GEO VER.2.0
Il calcolo della portanza di un palo trivellato viene eseguito come nel
caso di un palo infisso, sommando i contributi di portata della punta
del palo e del fusto.
Nell’applicare le relazioni viste in precedenza va tenuto presente che,
a causa del disturbo indotto nei livelli incoerenti dall’asportazione del
terreno, l’angolo d’attrito da utilizzare dovrà essere corretto come
segue:
ϕ‘°=ϕ° - 3°.
con ϕ=angolo d’attrito del terreno prima della messa in opera del
palo.
Micropali tipo tubfix.
Si procede come nel caso dei pali trivellati, introducendo nel calcolo
al posto della lunghezza totale del palo e del suo diametro medio la
lunghezza ed il diametro presunto del bulbo iniettato.
Portanza complessiva della palificata.
Si definisce efficienza della palificata il rapporto fra la portanza del
gruppo di pali e la somma della portanza dei singoli pali:
(55)E palificata = Qpalificata /ΣQpalo;
Va notato che, mentre in terreni incoerenti l’efficienza è di solito
prossima all’unità, o in alcuni casi addirittura superiore, a causa
dell’addensamento del terreno prodotto dall’infissione dei pali, nei
terreni coesivi è spesso inferiore a 1. La causa principale è il
sovrapporsi dei bulbi di pressione dei singoli pali, con la conseguente
riduzione del contributo alla capacità portante totale degli stessi.
Un criterio semplice per determinare la portanza di una palificata in
terreni coesivi è quello proposto da Terzaghi e Peck (1948): la
37
FORMULA GEO VER.2.0
portanza verticale del gruppo di pali va posta uguale alla minore delle
due seguenti grandezze:
a)la portanza data dalla somma delle portanze dei singoli pali;
b)la portanza di un blocco di terreno di larghezza uguale a Bpalificata
(larghezza della palificata), lunghezza uguale a Lpalificata (lunghezza
della palificata) e profondità corrispondente alla lunghezza dei pali,
data da:
(56)Qpalificata=B palificata Lpalificata Cbase Nc + 2(B palificata + Lpalificata)Lpalo Clat;
con
Cbase=coesione del terreno alla base del blocco;
Clat=coesione del terreno agente lateralmente al blocco;
Nc =coefficiente di portanza, in genere posto uguale a 9 (Skempton);
Lpalo=lunghezza del palo.
Nei terreni incoerenti invece, per interassi compresi fra 2.5 e 6 Dpalo
(D palo=diametro o lato medio del palo), si può assumere che la
portanza complessiva della palificata sia data semplicemente dalla
somma delle portanze dei singoli pali.
Interasse dei pali di una palificata.
L’interasse, o spaziatura, dei pali è un parametro fondamentale, in
quanto influenza direttamente l’efficienza di una palificata. Interassi
troppo piccoli o troppo grandi infatti possono far diminuire
drasticamente la portanza complessiva della palificata. In alcuni casi
inoltre, per es. per pali infissi in terreni incoerenti mediamente o
molto addensati, una spaziatura troppo stretta può condurre ad un
danneggiamento reciproco dei pali.
Il D.M. 21.1.81 consiglia un interasse minimo di 3Dpalo in qualunque
situazione (D palo=diametro o lato medio del palo), anche se in realtà
occorrerebbe tener conto della modalità di messa in opera del palo
(infisso o trivellato) e del tipo di terreno di fondazione (coesivo o
incoerente).
38
FORMULA GEO VER.2.0
In generale si consiglia un interasse maggiore di 3Dpalo in argilla, per
tener conto del disturbo prodotto dalla messa in opera del palo,
mentre in sabbia, l’interasse proposto dal D.M.21.1.81 può anche
essere ridotto a 2.5Dpalo per pali infissi in sabbie sciolte.
Cedimento assoluto della palificata.
Il calcolo del cedimento assoluto del terreno di fondazione della
palificata può essere eseguito in prima approssimazione, utilizzando
la procedura semplificata proposta da Bowles. Si considera il
cedimento totale come somma di due componenti:
(57) S tot = S terreno + S palo;
dovute rispettivamente alla deformazione elastica e plastica del
terreno e all'accorciamento elastico dei pali.
La grandezza relativa al cedimento del terreno può essere espressa
come:
(58) S terreno = ∆σ H / E;
∆σ=sovraccarico sul terreno di fondazione alla quota relativa a metà
dello spessore dello strato; può essere calcolata attraverso la (50),
prendendo in considerazione l’intervallo di profondità compreso fra
(2/3)Lpalo e 2 L palo , con L palo=lunghezza del palo;
H=spessore dello strato;
E=modulo di deformazione o edometrico dello strato.
Nel caso di terreno pluristrato la (58) va applicata ad ogni singolo
strato ed i risultati sommati.
Poichè il metodo richiede che sia verificata la diseguaglianza:
39
FORMULA GEO VER.2.0
H < B fond;
strati di spessore superiore a questo limite vanno divisi in due o più
sottostrati, con spessore uguale e uguale modulo di deformazione o
modulo edometrico.
Il cedimento legato all’accorciamento elastico del palo può essere
stimato invece con la seguente relazione:
(59) S palo = 0.75 Qpalo Lpalo / (A palo Ey );
con
Qpalo=portanza del singolo palo;
Apalo=area trasversale media del palo;
Ey =modulo di elasticità del palo.
Per quanto riguarda il discorso sulla compatibilità dei cedimenti con
la struttura, si veda quanto detto per le fondazioni superficiali.
Portanza di un palo soggetto a carichi laterali.
Portanza del palo singolo.
I pali di fondazione di un muro sono soggetti a forze laterali e
momenti. E’ necessario quindi valutare anche la resistenza laterale
del terreno di fondazione.
Si utilizza la teoria di Broms(1964) applicata a pali rigidi a testa
incastrata, distinguendo fra fondazioni in terreni coesivi e fondazioni
in terreni incoerenti.
Terreni coesivi.
40
FORMULA GEO VER.2.0
La resistenza laterale è data da:
(60)Rlat =9 C u Dpalo (Lpalo - 1.5 D palo );
con
Cu=coesione non drenata del terreno;
Dpalo=diametro o lato medio del palo;
Lpalo=lunghezza del palo.
La reazione del terreno ha quindi un andamento di tipo rettangolare,
cioè costante con la profondità:
(61)Rz =9 C u Dpalo.
Terreni incoerenti.
In questo caso la (60) va riscritta come segue:
(62) R lat=1.5 γ Lpalo2 Dpalo Kp ;
con
γ = peso di volume del terreno di fondazione;
Kp=(1 + sen ϕ)/(1 - sen ϕ).
La reazione del terreno ha qui un andamento di tipo triangolare, cioè
crescente linearmente con la profondità:
(63) Rz =3 γ Lpalo Dpalo Kp.
Sia alla (60) che alla (62) va applicato un coefficiente di sicurezza
(con un valore minimo di 2.5 secondo il D.M.21.1.81) per ottenere le
portanze d’esercizio:
(64)Res =R lat/Fs ;
41
FORMULA GEO VER.2.0
con
Fs =coefficiente di sicurezza.
Portanza della palificata.
Come nel caso di una palificata soggetta a carichi verticali, anche per
gruppi di pali sottoposti a sollecitazioni orizzontali va definito il
concetto di efficienza del gruppo.
Viene definita efficienza di una palificata soggetta a carichi orizzontali
il rapporto fra la portanza laterale complessiva del gruppo e la
somma delle portanze laterali dei singoli pali (vedi espressione (55)).
Valgono in complesso le considerazioni già fatte per i pali caricati
verticalmente: in pali fondati in terreni incoerenti l’efficienza spesso è
prossima all’unità, in pali in terreni coesivi generalmente è inferiore.
Si consiglia in generale di utilizzare come portanza laterale del
gruppo di pali il minore fra questi due valori:
1. la somma delle portanze laterali dei singoli pali;
2. la portanza laterale di un blocco di fondazione di larghezza uguale
alla larghezza della palificata (lato della palificata perpendicolare
alla direzione di carico) e di spessore corrispondente alla
lunghezza dei pali, cioé:
Terreni coesivi:
(65)Rpalificata=9 C u Lpalo(Lpalificata-Cr);
con
Lpalificata=larghezza della palificata;
Cr=il minore fra i valori (1.5Dpalo)e (0.1Lpalo).
Terreni incoerenti:
42
FORMULA GEO VER.2.0
(66) Rpalificata=1.5 γ Lpalo2Lpalificata Kp.
Portanza di pali soggetti a carichi inclinati.
I pali di fondazione di un muro di contenimento sono soggetti a
carichi inclinati, cioè alla combinazione di carichi verticali e
orizzontali. In questo caso occorrerà verificare che siano soddisfatte
le due condizioni:
a)P vert<Qpalificata (verifica al collasso assiale);
b)P oriz <Rpalificata (verifica al collasso laterale).
in cui
Pvert =componente verticale del carico;
Qpalificata=portanza d’esercizio verticale della palificata;
Poriz =componente orizzontale del carico;
Rpalificata=portanza d’esercizio orizzontale della palificata.
Analisi della stabilità globale del muro.
Definizione del problema.
Non è sufficiente che il muro risulti verificato per lo slittamento,il
ribaltamento e lo schiacciamento: occorre infatti valutare anche la
stabilità globale del pendio sul quale è fondato il muro.
Le procedure di analisi di stabilta' di un pendio in terra, attraverso la
valutazione dell'equilibrio limite, consistono nella stima di un
coefficiente di sicurezza alla traslazione e/o alla rotazione del volume
di terra compreso fra la superficie del versante ed una superficie di
taglio potenziale imposta.
43
FORMULA GEO VER.2.0
La procedura di calcolo prende in considerazione tutte le forze e/o i
momenti agenti lungo il piano di taglio, fornendo una valutazione
della stabilita' globale attraverso le equazioni d'equilibrio fornite dalla
statica.
Il coefficiente di sicurezza globale del pendio viene calcolato
attraverso il rapporto fra la resistenza di taglio massima disponibile
lungo la superficie di rottura e gli sforzi tangenziali mobilitati lungo
tale piano:
(67) F sic = Tmax / T mob ;
con
Fsic = coefficiente di sicurezza;
Tmax= resistenza di taglio massima;
Tmob= sforzo tangenziale mobilitato.
All'equilibrio(T max=Tmob)Fsic deve essere ovviamente uguale a 1.
Il pendio potrebbe essere considerato in teoria stabile, quando Fsic
risulta maggiore di 1 (Tmax>Tmob), instabile in caso contrario
(Tmax<Tmob). In realta', per tener conto dell'incertezza introdotta dalle
ipotesi semplificatrici nella procedura di calcolo e soprattutto
dell'approssimazione con cui sono noti i parametri geotecnici del
terreno, per Legge (D.M.21.1.81) e per consuetudine pratica la
stabilita'puo' dirsi raggiunta solo nel caso in cui Fsic sia maggiore di
1.3.
Vanno quindi distinti tre casi:
a) Coefficiente di sicurezza inferiore a 1: il pendio si trova in
condizioni di instabilita' globale.
b) Coefficiente di sicurezza compreso fra 1 e 1.3: il pendio si trova in
condizioni prossime all'equilibrio limite; anche un piccolo incremento
44
FORMULA GEO VER.2.0
degli sforzi tangenziali sulla superficie potenziale di rottura puo'
innescare il fenomeno franoso.
c) Coefficiente di sicurezza superiore a 1.3: il pendio si trova in
condizioni di stabilita' globale.
Impostazione della procedura di calcolo.
Nell'applicare le equazioni della statica al problema dell'analisi di
stabilita' di un pendio in terra occorre ipotizzare che siano verificate
le seguenti condizioni:
a) la verifica va eseguita prendendo in esame una striscia di versante
di larghezza unitaria (solitamente di 1 metro), trascurando
l’interazione laterale fra tale striscia ed il terreno contiguo;
b) la resistenza al taglio lungo la superficie potenziale di rottura deve
essere esprimibile attraverso la legge di Coulomb:
(68) Tmax = c + γ h tg ϕ;
con
Tmax = resistenza di taglio massima del terreno;
c= coesione del terreno;
γ= peso di volume del terreno;
h= profondita' della superficie di rottura;
ϕ = angolo di resistenza al taglio del terreno.
c)la precisione con cui vengono stimati in sito o in laboratorio i
parametri geotecnici coesione e angolo di resistenza al taglio deve
essere la stessa: in caso contrario la resistenza al taglio mobilitata
dovrebbe essere espressa nel seguente modo:
(69) Tmob = (c/F sicc) + (γ h tg ϕ/Fsicp);
45
FORMULA GEO VER.2.0
con
Fsiic =coefficiente di sicurezza legato a c;
Fsicp =coefficiente di sicurezza legato a ϕ;
introducendo nel calcolo due coefficienti di sicurezza invece di uno,
con ovvie complicazioni nella risoluzione analitica del problema;
d) deve aversi una distribuzione omogenea degli sforzi tangenziali
mobilitati (Tmob) lungo la superficie potenziale di rottura. Questo
significa che in ogni punto del piano ipotetico di scivolamento i
parametri dell'equazione di Coulomb c, ϕ, γ ed h devono avere lo
stesso valore.
Per limitare l'errore introdotto nel calcolo da quest’ultima ipotesi, la
superficie di scivolamento viene, nella maggior parte delle procedure
di calcolo note in letteratura, suddivisa in piu' settori (conci),
all'interno dei quali si considera realizzata la condizione di
omogeneita' di Tmob. Nella pratica i limiti dei conci vengono fatti
cadere dove vi sia una variazione significativa di ϕ, c e γ del terreno
o in corrispondenza di variazioni significative nel profilo topografico
del versante.
Questo modo d'impostare il problema conduce pero' all'introduzione
nella risoluzione analitica di nuove incognite che esprimono il modo
in cui interagiscono fra loro, lungo le superfici divisorie, i vari conci.
In definitiva nel calcolo del valore di Fsic intervengono le seguenti
incognite(n=numero dei conci preso in considerazione):
a) le forze normali (N) agenti sulla base del concio ( n incognite);
b) le forze tangenziali (T) agenti sulla base dei conci ( n incognite);
c) i punti, sulla base del concio, di applicazione delle forze normali e
tangenziali (n incognite);
d) le forze orizzontali agenti lungo le superfici di separazione dei
conci ( n-1 incognite);
e) le forze verticali agenti lungo le superfici di separazione dei conci
(n-1 incognite);
46
FORMULA GEO VER.2.0
f) i punti di applicazione, sulle superfici di separazione dei conci,
delle forze d) ed e) (n-1 incognite);
g) il coefficiente di sicurezza F sic (1 incognita).
In totale il problema comporta l'introduzione di 6n-2 incognite.
Per la sua risoluzione sono disponibili:
a) 3n equazioni d'equilibrio;
b) n equazioni del tipo:
(70) T = (c l + N tg ϕ)/F sic ;
con
l = lunghezza del concio;
che collegano fra loro, per ogni concio, le incognite N, T ed F sic .
c) n equazioni ottenute ponendo che il punto di applicazione di N e T
cada a meta' della base del concio.
In totale quindi sono disponibili 5n equazioni per la soluzione
analitica del problema.
Perche' si possa arrivare alla determinazione di Fsic occorrerebbero
ovviamente tante equazioni quante sono le incognite.
In realta' perche' il problema sia staticamente determinato, e quindi
risolvibile, mancano ancora n-2 equazioni (la differenza fra il numero
delle incognite,6n-2, ed il numero delle equazioni disponibili, 5n).
Le equazioni mancanti possono essere ottenute introducendo
nell'analisi ulteriori ipotesi semplificatrici. Tali ipotesi riguardano
generalmente la distribuzione delle forze lungo le superfici di
separazione dei conci. Le varie procedure di risoluzione del
problema differiscono essenzialmente per la schematizzazione che
viene fatta di questa distribuzione.
47
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo di risoluzione di Fellenius.
Con il metodo di Fellenius si pone la condizione che le forze agenti
sulle superfici di separazione dei conci siano orientate
parallelamente alla base dei conci stessi. Viene inoltre ipotizzato che
la superficie potenziale di scivolamento sia circolare.
Posto:
(71) N i=Wconcio(i) cos α i;
con
Wconcio(i) =peso del volume di terra compreso nel concio i-esimo;
α i=inclinazione della base del concio i-esimo;
Ni=componente normale alla base del concio di Wconcio(i) .
Imponendo l’equilibrio dei momenti rispetto al centro della superficie
circolare di scivolamento potenziale del pendio, si può scrivere:
(72) ΣR sen α i Wconcio(i) =ΣR Ti;
in cui il prodotto R sen α i rappresenta il braccio di Wconcio(i).
Sostituendo nella (72) a Ti la sua espressione, data dalla (70), si
ottiene infine:
(73)F sic = Σ(C i Lconcio(i) +Ni tg ϕi) / Σ sen α i Wconcio(i);
con
Ci=coesione agente lungo la base del concio i;
Lconcio(i) =lunghezza della base del concio i;
ϕi=angolo d’attrito agente lungo la base del concio i;
Introducendo nella (73) il contributo dovuto alla presenza di falda
idrica, di sovraccarichi a monte del muro, di carichi esterni, di azioni
sismiche e di eventuali fondazioni su pali che intercettino la
superficie di scorrimento, si ottiene:
48
FORMULA GEO VER.2.0
(74) F sic = Σ[C i Lconcio(i) + S monte(i) cos α i + P pali(i) sen α i + Cvert(i) cos α i +
Coriz(i) sen α i + (Ni -hfalda(i) Lconcio(i) -asisma Wconcio(i) sen α i)tg ϕi ] / Σ
[(Wconcio(i) + Cvert(i) + Smonte(i) )sen α i + (C oriz(i) - Ppali(i) )cos α i;
in cui:
Smonte(i) =sovraccarichi agenti sulla superficie del concio i;
Cvert(i) =carico verticale agente sulla sommità del muro;
Coriz(i) =carico orizzontale agente sulla sommità del muro;
asisma =accelerazione sismica orizzontale;
hfalda(i) =altezza della falda rispetto alla base del concio i;
Ppali(i) =portanza laterale unitaria (per metro di larghezza) della
palificata;
Il metodo di Fellenius conduce generalmente a sottostime di Fsic
rispetto a metodi più rigorosi, soprattutto in terreni coesivi e/o
sovraconsolidati.
L’errore è comunque a favore della sicurezza.
Sollecitazioni in un muro a contrafforti.
Le sollecitazioni sulla parete e sulla mensola di fondazione di un
muro a contrafforti vengono calcolate come nel caso di una piastra,
utilizzando la procedura semplificata di Grashof. Si considerà cioè
una ripartizione dei carichi secondo due ordini di strisce
perpendicolari, in cui si suppone divisa la piastra. Il criterio
presuppone che la piastra si possa considerare sollecitata da un
carico distribuito costante di valore pari al valore medio del
diagramma di carico reale.
In pratica le ordinate del diagramma di carico andranno moltiplicate
per i seguenti fattori:
49
FORMULA GEO VER.2.0
Cx =Ly 4/(K L x 4 + Ly 4) Cy=1-C x ;
con
Ly =altezza della parete del muro (per la piastra corrispondente alla
parete del muro) o larghezza della mensola posteriore (contrafforti
interni) o anteriore (contrafforti esterni)(per la piastra corrispondente
alla mensola di fondazione);
Lx =Icontra - S contra;
in cui
Icontra =interasse dei contrafforti;
Scontra =spessore dei contrafforti.
K =coefficiente uguale a 1.77 per la piastra di parete (tre lati in
condizioni d’incastro e uno in condizioni di semincastro) o per la
mensola di fondazione in presenza di cordolo, e a 1.5 per la mensola
di fondazione in assenza di cordolo (tre lati in condizioni d’incastro e
uno libero).
Il diagramma di carico parallelo al muro è dato quindi da:
Sx =S tot Cx ;
quello perpendicolare al muro:
Sy =S tot Cy ;
con
Stot=diagramma di carico in assenza di contrafforti.
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FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
DIAFRAMMI
Coefficienti di spinta del terreno.
COEFFICIENTE DI SPINTA ATTIVA.
Il coefficiente di spinta attiva può essere visto in prima approssimazione
come il rapporto minimo fra gli sforzi agenti sul piano orizzontale
(contenimento ad opera del terreno circostante) e quelli agenti sul piano
verticale (peso del terreno sovrastante ed eventuali sovraccarichi agenti sul
piano campagna) applicati ad un elemento di terreno in condizioni di
equilibrio plastico limite:
(1) Ka = Phmin / P v.
La spinta attiva si mobilita quando il terreno subisce una decompressione
(una diminuzione della pressione orizzontale alla quale non corrisponda un
uguale variazione della pressione verticale, come può verificarsi per
esempio in seguito ad uno sbancamento) con deformazioni dell’ordine dello
0,2-0,3%.
E’possibile individuare un piano lungo il quale Ka assume il suo valore
minimo. Questo piano rappresenta una superficie potenziale di rottura lungo
la quale potrà muoversi il prisma di terreno isolato dalla superficie di rottura
stessa, che andrà a sollecitare l’eventuale opera di contenimento posta a
valle.
COEFFICIENTE DI SPINTA PASSIVA.
Comprimendo orizzontalmente il terreno e mantenendo inalterata la
pressione verticale, il valore di Ph aumenta fino a raggiungere un valore
massimo. Questa condizione viene chiamata stato di equilibrio plastico
limite superiore o stato passivo e raggiungibile solo in seguito a notevoli
deformazioni del terreno (2% - 4%). Lo stato passivo si genera normalmente
nel terreno a valle di un opera di sostegno in seguito a spostamenti che
1
FORMULA GEO VER.2.0
questa subisce per le spinte del terreno a monte e ha come effetto di
contrastare il movimento dell’opera stessa.
I due modelli più in uso per la stima del valore di Ka e Kp sono:
· il modello di Rankine;
· il modello di Coulomb.
Modello di Rankine.
E’ il modello in assoluto più semplice, ma che pone per la sua utilizzazione
una serie di condizioni che lo rendono in alcuni casi non applicabile a
situazioni reali.
Posto con ϕ(°) il valore dell’angolo di resistenza al taglio( o d’attrito) del
terreno, il coefficiente di spinta attiva assume, secondo questo modello, il
seguente valore:
(2)Ka = tg2 (45°- ϕ/2);
La superficie potenziale di rottura del terreno è piana e parte dal piede dello
scavo con un’inclinazione di 45°+ ϕ/2.
Il coefficiente di spinta passiva invece può essere valutato con la relazione:
(3)Kp = tg2 (45°+ ϕ/2).
Tale metodo richiede, per poter essere utilizzato, che sia il piano orizzontale
che quello verticale siano piani principali di sforzo. Nella pratica ciò si
verifica quando:
· il paramento interno dell’opera di sostegno sia verticale;
· non via sia attrito al contatto fra superficie del diaframma e del
terreno (angolo d’attrito terra-diaframma=0).
Per quanto riguarda quest’ultimo punto va tenuto presente che la presenza di
sforzi di taglio agenti lungo il paramento interno conducono ad una
2
FORMULA GEO VER.2.0
riduzione significativa della spinta attiva. Ignorare tali sforzi porta quindi a
valori di Ka e della spinta totale della terra a favore della sicurezza.
Modello di Coulomb.
Nel modello di Coulomb non viene posta la condizione che gli sforzi agenti
sul piano orizzontale e su quello verticale siano sforzi principali. La spinta
totale del terreno risulterà quindi inclinata di un certo angolo uguale
all’angolo d’attrito terra-diaframma.
Posto:
· β = inclinazione del paramento interno dell’opera;
· ρ = inclinazione della superficie di rottura del terreno;
· δ = angolo d’attrito terra-diaframma, di solito posto uguale a
arctg[2/3 x tg(ϕ)];
· ε = inclinazione del versante a monte dell’opera di sostegno;
· ϕ = angolo di resistenza al taglio del terreno;
il coefficiente di spinta attiva assume la seguente forma:
(4) Ka=sen2(β+ϕ)/[sen2β sen(β-δ)( 1 + √Rp)2]
con
Rp=sen(ϕ+δ)sen(ϕ-ε)/[sen(β-δ)sen(β+ε)];
Il coefficiente di spinta passiva è invece dato dalla
(5) Kp=sen2(β-ϕ)/[sen2β sen(β-δ)( 1 - √Rp)2]
con
Rp=sen(ϕ-δ)sen(ϕ+ε)/[sen(β-δ)sen(β+ε)];
Il metodo è applicabile alla maggioranza dei casi pratici, con un’errore
contenuto entro il 5% rispetto a procedimenti più elaborati, purchè sia
verificata la condizione δ ≤ ϕ/3.
3
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo della spinta attiva e passiva del terreno.
Sulla base della (1), è possibile in prima approssimazione valutare, noto Ka,
la spinta attiva orizzontale del terreno:
(6) P h = P v Ka.
Nel caso di un terreno omogeneo, privo di coesione ed in assenza di falda,
sul quale agisca solo la forza di gravità, la (6) potrà essere riscritta nel
seguente modo:
(7) P h = γ z Ka;
con γ = peso di volume del terreno;
z = profondità dal piano campagna.
Il prodotto γ z corrisponde in pratica al peso della colonna litostatica alla
profondità z.
Integrando su tutta l’altezza del diaframma si ottiene:
(8) Sa = 0.5 H2 γ Ka;
con Sa = spinta attiva del terreno.
La spinta è applicata ad una altezza dal piano di posa del diaframma uguale
a:
(9) l = H/3.
Alla (8) andranno aggiunte altre componenti di spinta, se presenti, dovute
alla presenza di:
·
·
·
·
terreni multistrato;
falda;
terreni coesivi;
sovraccarichi esterni;
4
FORMULA GEO VER.2.0
· azioni sismiche;
· pendii a monte con profilo spezzato;
Terreni multistrato.
Si prenda in considerazione, come esempio, un terreno a tre strati con
litologia e/o parametri geotecnici differenti. Il calcolo della spinta attiva
dovrà procedere nel seguente modo:
· si applica la (8) ad ogni strato, sostituendo ad H il valore dello spessore
dello strato e a γ il peso di volume dello strato e a Ka il valore
corrispondente al ϕ dello strato; la (9) sarà data da:
(10) ls = Hs /3 + Σ(da H1 a Hs-1) H;
quindi nel caso di un terreno a tre strati, il punto d’applicazione della (8) per
lo strato n.3 (il più superficiale) sarà dato da:
(11) l3 = H3/3 + H2 + H1.
· si calcola il contributo come sovraccarico di ogni strato rispetto a quelli
sottostanti; quindi il contributo totale alla spinta attiva dato dallo strato
n.1 (il più profondo) sarà:
Sa1’=0.5 H12Ka3 γ3(contributo dello strato 1)
Sa1”=(γ2H2+γ3H3)H3 Ka3(contributo strati 2 e 3 come sovraccarico sullo
strato 1);
con un punto d’applicazione dato da:
l1=[(H1/3)Sa1’+(H1/2)Sa1” ]/(Sa1’+Sa1” ).
Analogamente per lo strato 2 e 3:
Sa2’=0.5 H22Ka2 γ2(contributo dello strato 2)
5
FORMULA GEO VER.2.0
Sa2”=(γ3xH3)H2 Ka2(contributo strato 3 come sovraccarico sullo strato 2);
Sa3’=0.5 H32Ka3 γ3(contributo dello strato 3)
Sa3” = 0;
l2={[(H2 /3)+H1]Sa2’+[(H2/2)+H1]Sa2” }/(Sa2’+ Sa2” );
l3={[(H3 /3)+H2+H1 ]Sa1’+[(H1 /2)+H2+H1 ]Sa1” }/ (Sa1’+Sa1” ).
La spinta attiva totale sarà data quindi da:
Sa=(Sa1’+Sa1” )l1+(Sa2’+Sa2” )l2+(Sa3’+Sa3” )l3/(Sa1’+Sa1” +Sa2’+Sa2”
+Sa3’+Sa3” ).
Presenza della falda.
In presenza di falda la relazione (7), per gli strati immersi, si modifica come
segue:
(12) Saw=0.5 γ‘ Ka Hw2;
con γ‘=peso di volume immerso del terreno;
Hw=altezza della falda rispetto al piano di posa del diaframma.
con un punto di applicazione della spinta dato da
(13) law = Hw/3.
Per gli strati sopra falda nella (8) al posto di H va introdotto H-Hw, cioè
l’altezza fuori falda del terreno.
Il punto d’applicazione della spinta per il terreno non immerso è dato da:
(14) l = Hw + (H-Hw)/3.
6
FORMULA GEO VER.2.0
Vanno inoltre considerati il contributo alla spinta attiva totale dato dalla
spinta idraulica:
(15) Sw = 0.5 Hw2 γw,
con punto di applicazione:
(16) lw = Hw/3,
e quello costituito dal sovraccarico indotto dalla porzione di terreno non
immersa su quella immersa:
(17) Sa’ = (H-Hw)γ Hw Ka,
con γ = peso di volume del terreno sopra falda,
e punto d’applicazione dato da:
(18) la’ = Hw/2.
Terreni coesivi.
La presenza di coesione nel terreno conduce, com’è ovvio, ad una riduzione
della spinta attiva.
Ad una profondità z dal piano campagna, supponendo per semplicità un
terreno omogeneo e privo di falda e sovraccarichi, lo sforzo attivo totale
sarà dato da:
(19) P h = γ z Ka - 2 c √Ka,
con c = coesione del terreno.
Il primo termine della (19) (γ z Ka) rappresenta la variazione della spinta
attiva con la profondità in un terreno privo di coesione ( si veda la relazione
(7) ); il secondo termine è la componente costante dovuta alla coesione.
7
FORMULA GEO VER.2.0
Integrando su tutta la lunghezza del diaframma si ha:
(20) Sa = 0.5 γ H2 Ka - 2c H √Ka,
con un punto d’applicazione:
(21) la = H/3.
In prossimità della superficie del pendio a monte del diaframma (z prossimo
a zero), il secondo termine della (19) diventa maggiore, in valore assoluto,
al primo e la spinta attiva assume un valore negativo. Quindi il livello più
superficiale del terreno a tergo del diaframma viene sottoposto a trazione e
si fessura. La profondità di questo livello si ottiene ponendo Ph=0 nella (19)
e risolvendo rispetto a z:
(22) Zc = 2c / ( γ √Ka).
Da questa quota, in cui la spinta attiva si annulla, fino al piano campagna il
terreno è quindi sottoposto a trazione, si fessura e si distacca dal paramento
interno del diaframma. Ai fini del calcolo della spinta attiva che agisce
sull’opera il contributo di questo livello superficiale va quindi posto uguale
a zero. Considerando un diagramma di spinta triangolare si ottiene:
(23) Sc’ = 0.5(Zc 2 c √Ka.)
Sostituendo a Zc l’espressione (22) si ha quindi:
(24) Sc’ = 2c2 /γ.
La (24) rappresenta una termine compensativo della spinta attiva negativa
che si ha nel livello più superficiale, sottoposto a trazione.
La (20) andrà modificata di conseguenza come segue:
(25) Sa = 0.5 γ H2Ka - 2c H √Ka + Sc’,
8
FORMULA GEO VER.2.0
con un punto d’applicazione:
(26) la = (H - Zc )/3.
Inoltre, in assenza di un drenaggio efficiente delle acque superficiali a
monte del diaframma, le fessure di trazione potrebbero riempirsi d’acqua,
dando luogo ad un incremento della spinta attiva, valutabile come segue:
(27) Scw = 0.5 Zc2,
con un punto d’applicazione della spinta uguale a:
(28) lcw = (H - Zc) + Zc /3.
Sovraccarichi esterni.
Vengono qua presi in considerazione tre tipi possibili di sovraccarichi
esterni agenti sulla superficie del pendio a monte del diaframma:
· sovraccarichi uniformemente ripartiti;
· sovraccarichi concentrati;
· sovraccarichi nastriformi.
Sovraccarichi uniformemente ripartiti.
Si tratta di carichi esterni di notevole estensione areale, che giunge fino al
paramento interno del diaframma, e di intensità uguale in ogni punto
dell’area sovraccaricata.
Ponendo q=modulo del sovraccarico, il contributo dato alla spinta attiva
totale è:
(29) S u = q H Ka [sen β / sen (β+ε)],
9
FORMULA GEO VER.2.0
con un punto d’applicazione:
(30) lu = 0.5 H.
Non è corretto, come proposto da alcuni Autori, trasformare, in alternativa,
il sovraccarico uniforme in altezza di terra equivalente, riscrivendo la (8) nel
seguente modo:
(31) Sa = 0.5 γ Ka (H + Heq),
con Heq = q [sen β / sen (β+ε)]/γ,
poichè la (29) presuppone un diagramma di pressione rettangolare, la (31)
un diagramma di pressione triangolare.
Sovraccarichi concentrati.
Un sovraccarico concentrato è un sovraccarico con un’estensione areale
molto ridotta. Il problema di valutare il contributo alla spinta attiva totale di
questo tipo di sovraccarico può essere risolto attraverso la teoria
dell’elasticità, utilizzando l’ equazione di Boussinesq:
(32) σr = (Q/2π){(3r2 z/R5)-[(1-2µ)/(R2+zR)]}.
in cui:
σr = componente radiale della spinta alla quota z sotto il piano campagna
in un punto di coordinate x,y rispetto al punto di applicazione del
sovraccarico;
Q = modulo del sovraccarico;
r = √(x2 + y2);
R = √(r2 + z2 );
µ = coefficiente di Poisson (che vale mediamente 0.35 nei terreni sciolti).
Attraverso σr si ricava il valore della spinta orizzontale alla quota z:
(30) σh = σr (x/r).
10
FORMULA GEO VER.2.0
Integrando numericamente con un passo fissato in maniera appropriata ( per
es. 0.1 m), si ottiene il contributo alla spinta attiva totale del sovraccarico
con un punto d’applicazione dato da:
(31) lsc = ΣP iHi/ΣP i;
con
Hi=altezza rispetto al piano di posa del diaframma;
Pi=pressione indotta dal sovraccarico all’altezza Hi.
Sovraccarichi nastriformi.
Si tratta di sovraccarichi di estensione areale significativa, che si sviluppano
parallelamente alla lunghezza del diaframma, coprendo solo una porzione
del pendio a monte dell’opera. L’intensità del sovraccarico viene
considerata uguale in ogni punto dell’area caricata.
Il problema della stima del contributo alla spinta attiva totale di questo tipo
di sovraccarico viene ricondotto al caso dei sovraccarichi concentrati. In
pratica, si suddivide l’area caricata in un numero maggiore di aree
rettangolari di estensione sufficientemente piccola (nel programma si
utilizzano superfici di 0.2x0.3 metri) ad ognuna delle quali si attribuisce una
frazione del sovraccarico, trattato come se fosse di tipo concentrato.
Calcolati i contributi delle singole aree, la spinta totale verrà data dalla
somma di questi.
Analogamente si procede per la determinazione del punto d’applicazione
della spinta.
Sollecitazioni sismiche .
Per la stima del contributo alla spinta attiva totale dovuta alle eventuali
sollecitazioni sismiche, si fa riferimento a quanto proposto dal Legislatore
(D.M.19/6/84).
11
FORMULA GEO VER.2.0
Eseguito il calcolo della spinta attiva totale del terreno in condizioni statiche
(Sa), si procede al calcolo della spinta in condizioni dinamiche con gli stessi
criteri adottati in precedenza, ponendo però:
α ‘ = α + θ;
ε ‘ = ε + θ;
con α = 90° - β;
θ = arctg C.
In base alla categoria sismica alla quale appartiene il sito, viene definito un
Coefficiente d’Intensità Sismica C, ricavabile dalla seguente tabella:
Categoria
Ex I cat.
Ex II cat.
Nuova cat.
Sismicità
12
9
6
Coef.Sismico C
0.10
0.07
0.04
Il valore della spinta totale calcolato (Sa’) va quindi moltiplicato per un
fattore correttivo dato da:
(32) A = cos2(α + θ)/( cos2α cosθ).
L’incremento di spinta sismica si ottiene dalla differenza fra la spinta in
condizioni dinamiche e quella in condizioni statiche:
(33) ∆S = Sa’ - Sa.
Il suo punto d’applicazione è uguale a:
(34) l∆S = (2/3)H.
12
FORMULA GEO VER.2.0
Pendii a monte con profilo non orizzontale.
Nel caso il pendio a monte del diaframma possieda un profilo non
orizzontale e con andamento irregolare qualsiasi è possibile procedere
assimilando il pendio ad un piano orizzontale(ε = 0) e trattando il terreno al
di sopra di questo piano come una serie di sovraccarichi nastriformi di
larghezza ridotta (per es. 0,1 m). Il modulo del sovraccarico viene calcolato
con la relazione:
(35) Q (t/m) = ∆l x h x γ;
dove:
= larghezza dell’area caricata (per es. 0,1 metri);
∆l
h
= altezza media della colonna di terreno;
= peso di volume del terreno.
γ
Il contributo di questi sovraccarichi alla spinta attiva totale va calcolato
come già visto per i sovraccarichi nastriformi.
Per il calcolo della spinta passiva totale valgono le stesse considerazioni e le
medesime procedure di calcolo viste per quella attiva. In questo caso al
posto del coefficiente di spinta attiva Ka andrà utilizzato ovviamente quello
di spinta passiva Kp . Inoltre il fattore 2c H √Kp , legato alla presenza della
coesione andrà preso con il segno + e quindi sommato alle altre componenti
di spinta.
13
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo del carico d’esercizio di un tirante.
Il carico limite di un tirante può essere calcolato in un terreno incoerente
con la formula di Schneebeli:
(36) Tlim (t) = π x D x L x K x Pef ;
con
D (m)=diametro di perforazione;
L (m)=lunghezza dell'ancoraggio;
Pef (t/mq)=pressione efficace del terreno agente sul punto medio
dell'ancoraggio;
K =coefficiente dato da:
(37) K = tg(45-ϕ ‘/2) x sen ϕ‘ x [ (1 + exp(6.28 x tg ϕ‘) ) /2 ];
ϕ ‘=angolo d'attrito del terreno.
La forza d’esercizio è data invece dalla relazione:
(38) Tes (t) = Tlim / Fs;
dove Fes è il coefficiente di sicurezza, generalmente posto uguale a 2,5.
In un terreno coesivo la (36) può essere riscritta come segue:
(39) Tlim (t) = π x D x L x cu ;
dove c u è la coesione non drenata del terreno in t/mq. In questo caso si può
notare che il carico limite del tirante non dipende dalla profondità di
ancoraggio del bulbo nel terreno.
14
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo delle sollecitazioni e degli spostamenti di un diaframma.
Nel calcolo delle sollecitazioni indotte su un diaframma, si assume
normalmente che a monte dell’opera agisca la spinta attiva del terreno,
contrastata a valle dalla spinta passiva generata dallo spostamento del
diaframma, agente sul tratto interrato dell’opera, e da eventuali tiranti.
Tralasciando le procedure di calcolo classiche (Blum, Tschebotarioff, ecc...)
, utilizzabili solo in situazioni semplici, il problema della verifica di un
diaframma viene qui affrontato, assimilando il diaframma ad una trave
appoggiata su un terreno a comportamento elasto-plastico.
F
x
z
Schema di una trave.
Si assume l’asse x parallelo al lato lungo della trave (vedi figura 35) e si
indica con F la forza per unità di lunghezza agente sulla trave (trave di
larghezza unitaria). L’equilibrio lungo l’asse z, perpendicolare all’asse x,
richiede che siano soddisfatte la relazioni:
(40) dQ / dx = -F;
(41) dM / dx = Q;
dove Q è la forza di taglio e M il momento flettente. Combinando la (40) e
la (41) si ottiene:
(42) d2 M / dx2 = -F.
Ipotizzando inoltre che la rotazione dw/dx, con w uguale allo spostamento
laterale, sia minore di 1, si può scrivere:
15
FORMULA GEO VER.2.0
(43) EI d2 w / dx2 = -M;
in cui EI è la rigidità della trave data dal prodotto del modulo elastico del
materiale costituente la trave per il momento d’inerzia della stessa.
Combinando le equazioni (42) e (43) si ottiene:
(44) EI d4 w / dx4 = F.
Nel caso di trave appoggiata su terreno, la (42) e la (44) possono essere
riscritte come segue:
(45) d2 M / dx2 = -F + kw;
(46) EI d4 w / dx4 = F - kw;
dove il prodotto kw rappresenta la reazione del terreno e k è il coefficiente
di reazione del terreno.
L’andamento dei momenti flettenti e del taglio agenti in ogni punto del
diaframma viene fornito quindi dalla risoluzione analitica o numerica delle
equazioni differenziali (43) e (45).
Nel programma si adotta una soluzione numerica basata sul metodo delle
differenze finite, che comporta l’approssimazione dei quozienti differenziali
con differenze finite. In pratica il diaframma viene suddiviso in n tratti di
lunghezza uguale d (d=xi+1 - xi) e ogni sezione viene immaginata sottoposta
ad un carico uniformemente distribuito q e ad un carico concentrato P nel
punto xi.
16
FORMULA GEO VER.2.0
Pi
qi+ 1
X
Z
Qi
Q i+ 1
Xi
X i+ 1
Schema per il calcolo con le differenze finite.
La procedura di calcolo viene ripetuta sia per il lato a monte, dove agisce la
spinta attiva, che per il lato a valle, dove invece agisce la spinta passiva. In
pratica la reazione del terreno viene scomposta in due parti: una
proporzionale allo spostamento laterale ed una costante. In funzione
dell’entità dello spostamento la spinta del terreno aumenta o diminuisce
all’interno dei due valori limite corrispondenti alla spinta attiva (limite
inferiore) e alla spinta passiva (limite superiore). Se lo spostamento del
diaframma è piccolo la reazione del suolo rientra nel campo elastico, nel
caso però superi un certo valore si entra nel campo plastico. All’interno del
campo elastico le deformazioni del terreno sono reversibili, togliendo il
carico cioè si annullano. Nel campo plastico invece le deformazioni
diventano permanenti. In una serie di cicli di carico e scarico quindi la
deformazione plastica si accumula e la reazione elastica si attiva per
spostamenti ogni volta superiori. In un terreno a comportamento elastoplastico la reazione del suolo all’interno della sezione i-esima può essere
rappresentata quindi dalla relazione:
(47) Ri = ki ( wi - wi) + Di;
dove
k
= coefficiente di reazione del terreno;
w = spostamento medio della sezione;
w = spostamento medio plastico cumulato della sezione;
17
FORMULA GEO VER.2.0
D = reazione del terreno nel campo plastico.
Il valore di k viene ricavato dalla formula:
(48) k = (sp - sa) / ∆v;
dove
sp = spinta passiva del terreno;
sa = spinta attiva del terreno;
∆v = differenza fra lo spostamento del terreno fra lo stato attivo e passivo
(in inglese stroke);
Il valore di ∆v tende a diminuire con l’aumentare dello stato di
addensamento o la consistenza del terreno. Qui di seguito vengono riportati
alcuni valori indicativi.
Litologia
Argilla molle
Argilla dura
Sabbia sciolta
Sabbia densa
∆v
0,04 - 0,05
0,01 - 0,02
0,05 - 0,15
0,02 - 0,08
18
FORMULA GEO VER.2.0
Verifica al sifonamento
In presenza di filtrazione di acqua sul fondo scavo è consigliabile effettuare
una verifica al sifonamento. Un metodo semplificato che consente di
quantificare la sicurezza dell’opera relativamente a questo problema è
quello di Terzaghi. Il procedimento si basa sulla relazione:
Fs =
dove:
D
γ’
ha
γa
Dγ '
ha γ a
= profondità d’infissione del diaframma;
= peso di volume immerso del terreno all’interno del quale è
infisso il diaframma;
= eccesso di pressione interstiziale alla profondità D, che può
essere posta, a favore della sicurezza uguale 0.5H, con
H=profondità dello scavo;
= peso di volume dell’acqua;
L’opera si considera generalmente verificata se il coefficiente di sicurezza è
superiore a 1.
19
FORMULA GEO VER.2.0
Dimensionamento di massima di una berlinese
Viene di seguito descritta una metodologia semplificata per il
dimensionamento di massima di una berlinese proposta dall’Ing.A.
Mammino (1994). La procedura di calcolo richiede, oltre alle caratteristiche
geotecniche del terreno e dei sovraccarichi eventualmente presenti a monte,
alcuni input riguardanti la geometria dell’opera. In particolare vengono
richiesti i seguenti dati:
•
•
•
•
•
l’interasse dei micropali (im);
la distanza dal piano campagna della prima fila di tiranti (i0 );
l’interasse orizzontale della prima fila di tiranti (ds);
l’interasse orizzontale della fila di tiranti più profonda (di);
il carico d’esercizio dei tiranti della prima e dell’ultima fila (T1 e Tn ).
Alcuni di questi parametri sono stimabili direttamente, altri invece
richiedono una procedura a tentativi fino all’ottenimento della
configurazione ottimale dell’opera.
INTERASSE DEI MICROPALI.
Generalmente nelle berlinesi i micropali vengono messi in opera con un
interasse superiore al loro diametro, lasciando cioè uno spazio vuoto fra palo
e palo. L’effetto arco che si genera impedisce infatti al terreno di rifluire
attraverso le fenditure. La quantificazione di questo fenomeno, e di
conseguenza la stima dell’interasse massimo fra palo e palo in funzione
delle caratteristiche geotecniche del terreno, non è però semplice.
Utilizzando alcune semplificazioni è comunque possibile avere almeno un’
indicazione di massima dell’entità del fenomeno.
Dato uno scavo di larghezza L, la stima della spinta delle terre che agisce
lungo la parete dello scavo ad una quota z dal piano campagna, ridotta per
l’effetto arco, può essere ottenuta attraverso la formula proposta da
Schneebeli:
(49) σz = γ L Ka [1 - e-sen(2ϕ) (z/L) ] / sen(2ϕ);
20
FORMULA GEO VER.2.0
dove:
Ka = coefficiente di spinta attiva;
= peso di volume del terreno;
γ
ϕ = angolo d’attrito del terreno;
z
= quota di calcolo della spinta.
con L→∞ il valore di σz tende a quello calcolabile con la classica relazione:
(50) σz = γ z Ka;
valida per fronti di scavo larghi, in assenza dell’ effetto arco.
Nel caso di una berlinese con z uguale ad alcuni metri e L generalmente
inferiore a 1 metro, il termine [1 - e-sen(2ϕ) (z/L)] tende ad essere molto
prossimo all’unità e quindi può essere trascurato. La (49) allora si riduce
alla:
(51) σz = γ L Ka / sen(2ϕ).
In assenza di sostegno la spinta σz espressa nella (51) può essere contrastata
solo dalla coesione del terreno. Ad una generica quota z dal piano campagna
l’azione di contenimento della coesione viene espressa dalla formula:
(52) σz = 2 c √ Ka;
dove c è la coesione del terreno. Eguagliando la (51) e la (52) si può
ottenere quindi una stima della distanza massima fra i pali per evitare
fenomeni di scavernamento:
(53) L = 2 c sen(2ϕ) / γ √Ka.
A titolo d’esempio si fornisce una tabella con i valori di L in funzione di c
per un terreno con ϕ=30° e γ=1.8 t/mc. Il coefficiente di spinta attiva Ka,
calcolato con la relazione di Rankine (formula (2)), ha un valore uguale a
0.333.
21
FORMULA GEO VER.2.0
c (t/mq)
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
L (m)
0.17
0.33
0.50
0.67
0.83
1.00
1.17
1.33
1.50
1.67
DISTANZA DAL P.C. DELLA PRIMA FILA DI TIRANTI.
La distanza i0 massima dal piano campagna della prima fila di tiranti può
essere determinata risolvendo l’equazione:
(54) a i0 3 + b i0 2 +d = 0;
dove:
a = (pb -pt ) / 3s1 ;
b = pt ;
d = π (de4 - di4 ) σa / 16 im de;
in cui:
pb = spinta della terra alla base del primo strato;
pt = spinta della terra al tetto del primo strato;
s1 = spessore del primo strato;
de = diametro esterno dei micropali;
di = diametro interno dei micropali;
im = interasse dei micropali;
σa = trazione ammissibile dell’acciaio.
INTERASSE ORIZZONTALE DELLA PRIMA E DELL’ULTIMA FILA
DI TIRANTI.
22
FORMULA GEO VER.2.0
Gli interassi orizzontali della prima e dell’ultima fila di tiranti non posso
essere stimati direttamente. Occorre operare a tentativi, introducendo dei
valori iniziali, che potranno poi essere corretti fino ad ottenere una
disposizione ottimale. Per ragioni esecutive l’interasse dei tiranti viene
posto uguale ad un multiplo dell’interasse dei micropali. Come indicazione
di massima, per la fila superiore si può porre inizialmente un valore
dell’interasse uguale 7-9 volte im e per la fila inferiore un valore di 4-5 volte
im, dove im è l’interasse dei micropali.
CARICO D’ESERCIZIO
DELL’ULTIMA FILA.
DEI
TIRANTI
DELLA
PRIMA
E
Ipotizzando che la prima fila di tiranti sia posta alla quota 0i e l’ultima a
fondo scavo, utilizzando la formula (36) o (39) si calcolano i rispettivi valori
dei carichi d’esercizio dei tiranti (T1 e Tn ). Si passa quindi alla stima dei
parametri R0 e N0 , che verranno utilizzati più avanti nella procedura di
calcolo:
(55) R0 = (Tn - T1 ) / (hn - h1 );
(56) N0 = T1 - R0 h1 .
dove:
T1
Tn
h1
hn
= carico d’esercizio dei tiranti della prima fila;
= carico d’esercizio dei tiranti a fondo scavo;
= quota della prima fila di tiranti = i0 ;
= quota dell’ultima fila di tiranti = altezza dello scavo.
Valutati i parametri di input, si passa al calcolo vero e proprio.
Si definiscono i parametri Wa, Wb e Wc come segue:
Wa = 0.5 K0 γ;
Wb = (ds - di) / 2H;
Wc = K0 q;
dove:
K0
= coefficiente di spinta a riposo del terreno;
23
FORMULA GEO VER.2.0
γ
ds
di
q
= peso di volume del terreno;
= interasse della prima fila di tiranti;
= interasse dell’ultima fila di tiranti;
= eventuale carico uniforme.
Si calcola quindi il parametro h1 con la relazione:
(57) h1 = [ 1 /(2 Wa ds ) ] [√ ( Wc2 ds2 + 4 N0 Wa ds) - Wcds];
Il valore di h1 ricavato va quindi utilizzato per ottenere i coefficienti W0 ,
W1 , W2 e W3 .
W0 = N0 + (R0 /2)h1 + Wa ds h1 2 - Wa Wb h1 3 + Wc ds h1 - Wc Wa h1 2 ;
W1 = (R0 /2) - Wcds - Wa Wb h1 2 ;
W2 = Wads +Wc Wb + Wa Wb h1 ;
W3 = Wa Wb.
Si calcola quindi la grandezza h2 , risolvendo l’equazione:
(58) W3 h2 3 + W2h2 2 + W1 h2 +W0 = 0.
Si ricalcolano quindi i fattori W0 , W1 , W2 e W3 , introducendo h2 al posto di
h1 e risolvendo nuovamente la (58) per ottenere h3 .
La procedura va ripetuta n volte, finchè non si ottiene hn+1 > H, con H
uguale alla profondità di scavo della berlinese. La grandezza n indica il
numero di file di tiranti necessarie per la stabilità dell’opera.
L’interasse verticale della i-esima fila di tiranti si ottiene quindi attraverso la
seguente relazione:
(59) ii = 2 ( hi - ∑k=0→i-1 ik );
La profondità dal piano campagna delle singole file di tiranti si ottiene
semplicemente dalla:
(60) Zi = ∑k=0→i-1 ik ;
24
FORMULA GEO VER.2.0
L’interasse orizzontale dei tiranti nella i-esima fila di tiranti si ricava invece
dalla formula:
(61) di = d1 + [(dn - d1 ) / (Zn - Z1 )] (Zi - Z1 );
Infine il carico d’esercizio dei tiranti della fila i-esima si ottiene con la:
(62) Ti = R0 Zi + N0 .
Nel caso la configurazione ottenuta non risulti soddisfacente, si può ripetere
il calcolo, variando per esempio l’interasse della prima e dell’ultima fila di
tiranti oppure modificando la geometria dei tiranti stessi (lunghezza,
inclinazione, ecc...).
25
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
STABILITA’ DI VERSANTI IN TERRA
Definizione del problema.
Le procedure di analisi di stabilta' di un pendio in terra, attraverso la
valutazione dell'equilibrio limite, consistono nella stima di un coefficiente di
sicurezza alla traslazione e/o alla rotazione del volume di terra compreso fra
la superficie del versante ed una superficie di taglio potenziale imposta.
La procedura di calcolo prende in considerazione tutte le forze e/o i
momenti agenti lungo il piano di taglio, fornendo una valutazione della
stabilita' globale attraverso le equazioni d'equilibrio fornite dalla statica.
Il coefficiente di sicurezza globale del pendio viene calcolato attraverso il
rapporto fra la resistenza di taglio massima disponibile lungo la superficie
di rottura e gli sforzi tangenziali mobilitati lungo tale piano:
(1) Fsic = Tmax / Tmob ;
con
Fsic= coefficiente di sicurezza;
Tmax= resistenza di taglio massima;
Tmob= sforzo tangenziale mobilitato.
All'equilibrio(Tmax=Tmob) Fsic deve essere ovviamente uguale a 1.
Il pendio potrebbe essere considerato in teoria stabile, quando Fsic risulta
maggiore di 1 (Tmax>Tmob), instabile in caso contrario (Tmax<Tmob). In
realta', per tener conto dell'incertezza introdotta dalle ipotesi semplificatrici
nella procedura di calcolo e soprattutto dell'approssimazione con cui sono
noti i parametri geotecnici del terreno, per Legge (D.M.21.1.81) e per
consuetudine pratica la stabilita'puo' dirsi raggiunta solo nel caso in cui Fsic
sia maggiore di 1.3.
Vanno quindi distinti tre casi:
a) Coefficiente di sicurezza inferiore a 1: il pendio si trova in condizioni di
instabilita' globale.
b) Coefficiente di sicurezza compreso fra 1 e 1.3: il pendio si trova in
condizioni prossime all'equilibrio limite; anche un piccolo incremento
75
FORMULA GEO VER.2.0
degli sforzi tangenziali sulla superficie
innescare il fenomeno franoso.
potenziale di
rottura puo'
c) Coefficiente di sicurezza superiore a 1.3: il pendio si trova in condizioni
di stabilita' globale.
Impostazione della procedura di calcolo.
Nell'applicare le equazioni della statica al problema dell'analisi di
stabilita' di un pendio in terra occorre ipotizzare che siano verificate le
seguenti condizioni:
a) la verifica va eseguita prendendo in esame una striscia di versante di
larghezza unitaria (solitamente di 1 metro), trascurando l’interazione laterale
fra tale striscia ed il terreno contiguo;
b) la resistenza al taglio lungo la superficie potenziale di rottura deve essere
esprimibile attraverso la legge di Coulomb:
(2) Tmax = c + γ h tg ϕ;
con
Tmax = resistenza di taglio massima del terreno;
c= coesione del terreno;
γ= peso di volume del terreno;
h= profondita' della superficie di rottura;
ϕ = angolo di resistenza al taglio del terreno.
c)la precisione con cui vengono stimati in sito o in laboratorio i parametri
geotecnici coesione e angolo di resistenza al taglio deve essere la stessa: in
caso contrario la resistenza al taglio mobilitata dovrebbe essere espressa
nel seguente modo:
(3) Tmob = (c/F sicc) + (γ h tg ϕ/F sicp);
con
Fsiic =coefficiente di sicurezza legato a c;
Fsicp =coefficiente di sicurezza legato a ### ;
76
FORMULA GEO VER.2.0
introducendo nel calcolo due coefficienti di sicurezza invece di uno, con
ovvie complicazioni nella risoluzione analitica del problema;
d) deve aversi una distribuzione omogenea degli sforzi tangenziali
mobilitati (T mob) lungo la superficie potenziale di rottura. Questo significa
che in ogni punto del piano ipotetico di scivolamento i parametri
dell'equazione di Coulomb c, ϕ, γ ed h devono avere lo stesso valore.
Per limitare l'errore introdotto nel calcolo da quest’ultima ipotesi, la
superficie di scivolamento viene, nella maggior parte delle procedure di
calcolo note in letteratura, suddivisa in piu' settori (conci), all'interno dei
quali si considera realizzata la condizione di omogeneita' di Tmob. Nella
pratica i limiti dei conci vengono fatti cadere dove vi sia una variazione
significativa di γ, c e ϕ del terreno o in corrispondenza di variazioni
significative nel profilo topografico del versante.
Questo modo d'impostare il problema conduce pero' all'introduzione nella
risoluzione analitica di nuove incognite che esprimono il modo in cui
interagiscono fra loro, lungo le superfici divisorie, i vari conci.
In definitiva nel calcolo del valore di F sic intervengono le seguenti
incognite(n=numero dei conci preso in considerazione):
a) le forze normali (N) agenti sulla base del concio ( n incognite);
b) le forze tangenziali (T) agenti sulla base dei conci ( n incognite);
c) i punti, sulla base del concio, di applicazione delle forze normali e
tangenziali (n incognite);
d) le forze orizzontali agenti lungo le superfici di separazione dei conci ( n1 incognite);
e) le forze verticali agenti lungo le superfici di separazione dei conci (n-1
incognite);
f) i punti di applicazione, sulle superfici di separazione dei conci, delle
forze d) ed e) (n-1 incognite);
g) il coefficiente di sicurezza Fsic (1 incognita).
In totale il problema comporta l'introduzione di 6n-2 incognite.
Per la sua risoluzione sono disponibili:
a) 3n equazioni d'equilibrio;
b) n equazioni del tipo:
77
FORMULA GEO VER.2.0
(4) T = (c l + N tg ϕ)/F sic;
con
l = lunghezza del concio;
che collegano fra loro, per ogni concio, le incognite N, T ed Fsic.
c) n equazioni ottenute ponendo che il punto di applicazione di N e T cada a
meta' della base del concio.
In totale quindi sono disponibili 5n equazioni per la soluzione analitica
del problema.
Perche' si possa arrivare alla determinazione di Fsic occorrerebbero
ovviamente tante equazioni quante sono le incognite.
In realta' perche' il problema sia staticamente determinato, e quindi
risolvibile, mancano ancora n-2 equazioni (la differenza fra il numero delle
incognite,6n-2, ed il numero delle equazioni disponibili, 5n).
Le equazioni mancanti possono essere ottenute introducendo nell'analisi
ulteriori ipotesi semplificatrici. Tali ipotesi riguardano generalmente la
distribuzione delle forze lungo le superfici di separazione dei conci. Le
varie procedure di risoluzione del problema differiscono essenzialmente
per la schematizzazione che viene fatta di questa distribuzione.
78
FORMULA GEO VER.2.0
Risoluzione con i metodi dell'equilibrio limite
Metodo di Fellenius.
Con il metodo di Fellenius si pone la condizione che le forze agenti sulle
superfici di separazione dei conci siano orientate parallelamente alla base
dei conci stessi. Viene inoltre ipotizzato che la superficie potenziale di
scivolamento sia circolare.
Posto:
(5) N i=Wconcio(i) cos α i;
con
Wconcio(i)=peso del volume di terra compreso nel concio i-esimo;
α i=inclinazione della base del concio i-esimo;
Ni=componente normale alla base del concio di Wconcio(i).
Imponendo l’equilibrio dei momenti rispetto al centro della superficie
circolare di scivolamento potenziale del pendio, si può scrivere:
(6) ΣR sen α i Wconcio(i)=ΣR Ti;
in cui il prodotto R sen α i rappresenta il braccio di Wconcio(i).
Sostituendo nella (6) a Ti la sua espressione, data dalla (4), si ottiene infine:
(7)Fsic = Σ(C i Lconcio(i)+N i tg ϕ i) / Σsen α i Wconcio(i);
con
Ci=coesione agente lungo la base del concio i;
Lconcio(i)=lunghezza della base del concio i;
ϕi=angolo d’attrito agente lungo la base del concio i;
Introducendo nella (7) il contributo dovuto alla presenza di falda idrica si
ottiene:
(8) Fsic = ΣC i Lconcio(i) + (N i-hfalda(i) Lconcio(i))tg ϕ i] / ΣWconcio(i)
sen α i ;
79
FORMULA GEO VER.2.0
in cui:
hfalda(i)=altezza della falda rispetto alla base del concio i;
Il metodo di Fellenius conduce generalmente a sottostime di Fsic rispetto a
metodi più rigorosi, soprattutto in terreni coesivi e/o sovraconsolidati.
L’errore è comunque a favore della sicurezza.
Metodo di risoluzione di Bishop (semplificato).
Con il metodo di Bishop semplificato si pone la condizione che le forze
verticali agenti sulle superfici di separazione dei conci siano trascurabili. Di
conseguenzai singoli conci interagiscono fra di loro solo attraverso forze
orientate lungo l'orizzontale.
Viene inoltre supposto che la superficie potenziale di scivolamento sia
circolare.
La resistenza al taglio massima disponibile lungo la superficie potenziale
di rottura e' data, per ogni concio da:
(9) Ti max = Xi / (1 + Yi / Fs);
con Xi = ( c + (g x h - gw x hw) x tg ϕ) x dx / cos α
con gw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua sulla base del concio;
dx = lunghezza del concio lungo l'orizzontale;
α = inclinazione del concio sull'orizzontale.
Yi = tg α x tg ϕ
La resistenza al taglio mobilitabile lungo il piano di taglio e' per ogni
concio data da:
con Zi = g x h x dx x sen α
(10) Ti mob = Zi
Il coefficiente di sicurezza del pendio viene, sulla base della (1), espresso
come segue:
80
FORMULA GEO VER.2.0
(11) Fs = ∑(i=1-n) Ti max / ∑(i=1-n)Ti mob
Si noti che il coefficiente di sicurezza Fs, che e' la grandezza da
determinare, viene a comparire anche al numeratore della (11) attraverso
l'espressione della T max (equazione (9)). Di conseguenza non sara'
possibile la risoluzione diretta della (11).
La procedura da adottare in questo caso dovra' essere di tipo iterativo, fino
all'ottenimento della convergenza su un valore praticamente costante di Fs.
Questi sono i passi da seguire:
1.
si introduce un valore iniziale di Fs (per es. 1) e si risolve la (11);
2.
il nuovo valore di Fs (Fs') ottenuto viene confrontato col valore di
partenza;
3.
se la differenza supera un limite prefissato ( es. Fs'-Fs>0.001), si
ritorna al passo a), inserendo nella (11), al posto del valore di
partenza di Fs, il nuovo valore calcolato;
4.
se la differenza rimane contenuta nel limite indicato, l'elaborazione va
interrotta: il coefficiente di sicurezza cercato e' Fs'.
Generalmente il procedimento richiede dalle quattro alle otto iterazioni per
convergere.
Il metodo di Bishop richiede che siano, per tutti i conci, rispettate le due
seguenti condizioni:
•
s' = (g x h - gw x hw - c x tg α / Fs)/(1+Y / Fs) > 0
con s' = pressione normale agente sulla base del concio;
•
cos α x (1 + Y/Fs) > 0.2.
In caso contrario il metodo puo' condurre a valori del coefficiente di
sicurezza non realistici.
Il metodo va applicato preferibilmente su versanti costituiti da terreni
omogenei, dal punto di vista litologico e delle caratteristiche geotecniche, o,
al limite, su terreni in cui la stratificazione non porti a contatto litologie a
81
FORMULA GEO VER.2.0
comportamento meccanico significativamente diverso (per esempio sabbia
su argilla); se ne sconsiglia l'uso anche
in presenza di terreni fortemente sovraconsolidati.
Confrontando il metodo di Bishop semplificato con la sua versione
completa, si ottengono differenze massime nei valori dei coefficienti di
sicurezza non superiori all'uno percento. Rispetto ad altri metodi piu'
rigorosi, come il Morgenstern-Price, lo scarto non supera il 5%, tranne nel
caso, di scarso interesse pratico, in cui sia Fs<1.
Metodo di risoluzione di Janbu (semplificato).
Nel metodo di Janbu semplificato si pone la condizione che le forze
verticali agenti sulle superfici di separazione dei conci siano trascurabili. Di
conseguenza i singoli conci interagiscono fra di loro solo attraverso forze
orientate lungo l'orizzontale.
Questo metodo, a differenza di quello di Bishop, consente di verificare
superfici potenziali di scivolamento di forma qualsiasi.
La resistenza al taglio massima disponibile lungo la superficie potenziale
di rottura e' data, per ogni concio, da:
(12) Ti max = Xi / (1+Yi/Fs);
con Xi = [c+(g x h-gw x hw ) x tg ϕ] x [1+(tg ϕ2)] x dx
con gw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua sulla base del concio;
dx = lunghezza del concio lungo l'orizzontale;
α = inclinazione del concio sull'orizzontale.
Yi = tg α x tg ϕ
La resistenza al taglio mobilitabile lungo il piano di taglio e' per ogni
concio data da:
(13) Ti mob = Zi
con Zi = g x h x dx x tg α
82
FORMULA GEO VER.2.0
Il coefficiente di sicurezza del pendio viene, sulla base della (1), espresso
come segue:
(14)Fs = ∑(i=1-n)T i max / ∑(i=1-n)Ti mob
Si noti che il coefficiente di sicurezza Fs, che e' la grandezza da
determinare, viene a comparire anche al numeratore della (14) attraverso
l'espressione della T max (equazione (12)). Di conseguenza non sara'
possibile la risoluzione diretta della (14).
La procedura da adottare in questo caso dovra' essere di tipo iterativo,come
nel caso del metodo di Bishop, fino all'ottenimento della convergenza su un
valore praticamente costante di Fs.
Questi sono i passi da seguire:
1.
si introduce un valore iniziale di Fs (per es. 1) e si risolve la (14);
2.
il nuovo valore di Fs (Fs') ottenuto viene confrontato col valore di
partenza;
3.
se la differenza supera un limite prefissato ( es. Fs'-Fs>0.001), si
ritorna al passo a), inserendo nella (7), al posto del valore di partenza
di Fs, il nuovo valore calcolato;
4.
se la differenza rimane contenuta nel limite indicato, l'elaborazione va
interrotta: il coefficiente di sicurezza cercato e' Fs'.
Generalmente il procedimento richiede dalle quattro alle otto iterazioni per
convergere.
Il metodo va applicato preferibilmente su versanti costituiti da terreni
eterogenei, dal punto di vista litologico e delle caratteristiche geotecniche, o
fortemente sovraconsolidati. In questi casi infatti la superficie potenziale di
rottura avra' probabilmente forma irregolare, lontana dalla circolarita'.
Il metodo di Janbu puo' condurre, rispetto ad altri metodi piu' rigorosi, come
il Morgenstern-Price, a scarti non trascurabili, soprattutto in presenza di
superfici potenziali di rottura profonde o in presenza di forte coesione. E'
quindi consigliabile l'introduzione di un fattore correttivo che minimizzi tale
scarto.
Janbu suggerisce per tale coefficiente la seguente forma:
83
FORMULA GEO VER.2.0
(15) f = 1 + K x [ d/l - 1.4 x (d/l)2];
con
l = lunghezza del segmento retto congiungente il piede del versante con
la sua estremita' superiore;
d = scarto massimo fra la congiungente il piede del versante e l' estremità
superiore e la superficie potenziale di scivolamento, misurato lungo la
perpendicolare del primo;
K = costante uguale a 0.31 in terreni privi di coesione (c=0) e a 0.5 per
terreni coesivi (c>0).
Il coefficiente di sicurezza corretto e' dato quindi da:
(16) Fs' = f x Fs
con Fs = coefficiente di sicurezza non corretto.
Metodo di risoluzione di Spencer
Nel metodo di Spencer si pone la condizione che le forze d'interazione
lungo le superfici di divisione dei singoli conci siano orientate
parallelamente fra loro ed applicate nel punto medio della base del concio.
Si tratta, nella sua espressione analitica, di un' estensione del metodo di
Bishop semplificato, ed è quindi valido per superfici di scivolamento subcircolari.
La forza d'interazione fra i conci applicata nel punto medio della base del
concio i-esimo è data da:
(17) Q i = [(c x l /Fs) x (W cos α - h x gw x l x sec α) x tg ϕ / Fs - W sen α] /
(cos (α-θ) x ma
con ma=1+ [tg ϕ x tg(α-θ)] / Fs
θ = angolo d'inclinazione della forza Q i rispetto all'orizzontale.
Imponendo l'equilibrio dei momenti rispetto al centro dell'arco descritto
dalla superficie di scivolamento si ha:
(18) ∑ Qi x R x cos(α-θ)=0;
84
FORMULA GEO VER.2.0
con R= raggio dell'arco di cerchio.
Imponendo l'equilibrio
rispettivamente:
delle
forze
orizzontali
e
verticali
si
ha
(19) ∑ Qi cos θ=0;
(20)∑ Qi sen θ=0.
Con l'assunzione delle forze Q i parallele fra loro, si può anche scrivere:
(21) ∑ Qi =0.
Il metodo propone di calcolare due coefficienti di sicurezza: il primo (Fsm)
ottenibile dalla (18), legato all'equilibrio dei momenti; il secondo (Fsf) dalla
(21), legato all'equilibrio delle forze. In pratica si procede risolvendo le (18)
e le (21) per un dato intervallo di valori dell'angolo teta, considerando come
valore unico del coefficiente di sicurezza quello per cui si abbia Fsm=FsF.
Il metodo è valido per superfici di scivolamento circolari e quindi presenta
le stesse limitazioni di applicabilità del metodo di Bishop semplificato.
Applicazione della rottura progressiva a superfici di scivolamento in
terreni sovraconsolidati.
In terreni sovraconsolidati, con comportamento meccanico assimilabile a
quello di una roccia, il collasso di un versante o di un fronte di scavo
avviene per il fenomeno della rottura progressiva; alla rottura delle parti più
sollecitate, le cui caratteristiche di resistenza precipitano verso termini
residui, segue infatti la ridistribuzione delle tensioni in eccesso con
conseguente crisi di porzioni sempre maggiori che conducono al collasso
globale.
Di tale effetto, difficilmente implementabile in un codice di calcolo
automatico basato sull’equilibrio limite, se ne può tenere in conto attraverso
due approcci:
a) con l’attribuzione dei parametri residui ai conci con coefficiente di
sicurezza FS(n) < 1
b) considerando la cessione degli esuberi di forze agenti sulla base di
conci con FS(n) < 1 ai conci limitrofi.
85
FORMULA GEO VER.2.0
La prima procedure appare più semplice e percorribile.
Secondo questa metodologia e considerando il metodo di Bishop
semplificato si può procedere attraverso le seguenti fasi:
1) si determina il valore di FS globale
2) si stimano i valori di FS(n) relativi ai singoli conci
3) s’individuano i conci a rottura per scivolamento (dove cioè FS(n)<1)
4) si attribuiscono i valori di resistenza al taglio residua ai conci con
FS(n)<1
5) si procede al ricalcolo del coefficiente di sicurezza globale del versante.
Scelta dei parametri geotecnici da utilizzare nelle verifiche.
Occorre distinguere fra terreni prevalentemente incoerenti e terreni
prevalentemente
coesivi.
Terreni incoerenti.
In sabbie o ghiaie va utilizzato l'angolo di resistenza al taglio di picco o
critico a seconda del grado di addensamento del terreno (quantificabile
attraverso il parametro Densita' relativa).
Per densita' relative minori del 20% si consiglia l'impiego dell'angolo di
resistenza al taglio critico, ricavabile, in prima approssimazione, dal
valore di picco attraverso la relazione di Terzaghi:
(22) tg ϕ' = 2/3 x tg ϕ;
con ϕ'= angolo di resistenza al taglio critico;
ϕ = angolo di resistenza al taglio di picco.
Per densita' relative superiori al 70% va utilizzato l'angolo d'attrito di picco.
Nei casi intermedi occorre interpolare fra i due valori estremi (phi' e phi).
Per verifiche di stabilita' a breve termine (per esempio per scavi provvisori)
si deve tener conto anche della debole coesione temporanea che puo' essere
presente in terreni umidi o leggermente cementati dalle acque circolanti.
Terreni coesivi.
86
FORMULA GEO VER.2.0
Piu' problematico e' il caso di un versante costituito in prevalenza da
terreni coesivi argille e limi plastici).
Le verifiche di stabilita' vanno sempre, tranne che in casi particolari,
condotte considerando le condizioni a lungo termine, che sono le piu'
sfavorevoli alla sicurezza. Vanno quindi utilizzati i parametri geotecnici
angolo di resistenza al taglio e coesione drenati.
Nel caso di pendii costituiti da terreni coesivi normalmente consolidati, in
frane di neoformazione, va utilizzato l'angolo d'attrito di picco ( la coesione
drenata in questo caso e' nulla).
Per versanti in argilla o limo sovraconsolidati e non fessurati, sempre per
frane di neoformazione, vanno impiegati l'angolo di resistenza al taglio di
picco e la coesione drenata. In presenza di fessure diffuse va ipotizzato un
annullamento a lungo termine della coesione, che va quindi trascurata.
Per verifiche di stabilita' su versanti gia' mobilizzati da eventi franosi passati
puo' essere impiegato per il calcolo solo l'angolo di resistenza al taglio
residuo, ponendo uguale a zero la coesione.
Nel caso di analisi di stabilita' a breve termine (per esempio per scavi
provvisori) puo' essere utilizzata la coesione non drenata, ignorando l'angolo
di resistenza al taglio.
Calcolo dell'influenza di carichi esterni e di opere di sostegno sulla
stabilità del versante.
Sovraccarichi esterni.
Con Sn indichiamo la componente normale al piano potenziale di taglio
della somma delle forze applicate sulla superficie della base del concio da
sovraccarichi esterni (Si). La sua espressione è la seguente:
(23) S n = S i x (sen β x cos α + cos β x sin α);
con
α=inclinazione della base del concio.
β=inclinazione dei sovraccarichi rispetto all'orizzontale, crescente in senso
antiorario.
87
FORMULA GEO VER.2.0
La grandezza Sn va sommata, nell'equazioni dei metodi di calcolo visti in
precedenza, alla componente della forza normale N dovuta al peso del
concio i (vedi eq.4)
Con St indichiamo la componente tangenziale al piano potenziale di taglio
della somma delle forze applicate sulla superficie del concio da
sovraccarichi esterni (Si). La sua espressione è la seguente:
(24) St = S i x (cos β x cos α - sen β x sen α);
La grandezza St va sommata alla componente della forza tangenziale T
dovuta al peso del concio (vedi eq.4).
L'effetto di un sovraccarico sul pendio e' quindi duplice: si ha una
variazione positiva o negativa (a seconda dell'inclinazione del sovraccarico
rispetto alla superficie potenziale di rottura ) sia delle forze normali sia di
quelle tangenziali, con conseguente modifica dei valori della resistenza al
taglio massima e di quella mobilitata.
Sollecitazioni sismiche.
L’analisi dell’influenza delle sollecitazioni sismiche sulla stabilità globale di
un versante può essere condotta attraverso due approcci differenti:
1. si può introdurre la semplificazione che il sisma agisca come un sistema
di forze sul pendio di intensità e verso costante per tutta la durata
dell’evento sismico (metodo pseudostatico);
2. si può introdurre nel calcolo un sistema di forze che tenga conto delle
variazioni di verso ed intensità della sollecitazione sismica durante l’evento
(metodo dinamico).
La seconda procedura (metodo dinamico), pur conducendo a valutazioni più
realistiche, richiede la conoscenza o la simulazione di un accelerogramma di
riferimento, che fornisca per ogni istante dell’evento sismico l’andamento
delle accelerazioni subite dal pendio. Questi dati non sono però di facile
acquisizione, fatto che limita in pratica l’utilizzo di questo approccio.
Il programma utilizza il metodo pseudostatico, metodo meno preciso di
quello dinamico (fornisce in genere stime a favore della sicurezza della
stabilità globale), ma che presenta il vantaggio di essere di facile
88
FORMULA GEO VER.2.0
applicazione. Gli unici dati richiesti in questo caso sono la accelerazione
massima orizzontale e, eventualmente, verticale subita dal versante durante
il sisma.
Il valore Ago (accelerazione massima orizzontale), in mancanza di
valutazioni migliori può essere scelto fra quelli proposti dalle Norme
tecniche per le costruzioni in zona sismica del GNDT :
• Ago = 0.15 in zone con grado di sismicità uguale a 6;
• Ago = 0.25 in zone con grado di sismicità uguale a 9 (ex II categoria);
• Ago = 0.35 in zone con grado di sismicità uguale a 12 (ex I categoria);
oppure fra quelli indicati dalla Normativa vigente:
• Ago = 0.04 in zone con grado di sismicità uguale a 6;
• Ago = 0.07 in zone con grado di sismicità uguale a 9 (ex II categoria);
• Ago = 0.10 in zone con grado di sismicità uguale a 12 (ex I categoria);
Per il parametro Agv (accelerazione massima verticale) una stima può
essere fatta applicando la relazione proposta da Tezcan et alii (1971):
Agv = f x Ago;
con f = fattore di trasformazione variabile da 0.5 a 0.67.
Si tenga presente comunque che la Normativa vigente propone, in
condizioni normali, di trascurare Agv.
Il programma applica il metodo pseudostatico alla stabilità attraverso due
procedure differenti: il criterio delle forze orizzontali e quello di Binnie.
Criterio delle forze orizzontali
Una valutazione dell’effetto di un sisma sulla stabilità di un versante può
essere fatta, supponendo che, durante l’intervallo di tempo in cui si ha la
manifestazione dell’evento sismico, su ogni singolo concio venga applicata
una forza orizzontale, diretta verso l’esterno, di modulo uguale a:
(25)Fsisma = Ago x Pc
89
FORMULA GEO VER.2.0
con Ago = accelerazione sismica orizzontale max;
Pc = peso del concio.
Se con Ssisma indichiamo la sollecitazione sismica applicata al concio iesimo:
(26)Ssisma = Ago x Vc x y
con Vc = volume del concio;
y = peso di volume medio del terreno costituente il concio;:
le componenti normali e tangenziali di questa forza saranno date
rispettivamente da:
(27a)Sn = -Ssisma sen(alfa)
(27b)St = Ssisma cos(alfa)
con alfa = inclinazione della base del concio rispetto all’orizzontale.
La sollecitazione sismica conduce quindi da una parte alla diminuzione delle
forze normali applicate sulla base del concio, dall’altra porta ad un aumento
delle forze tangenziali sulla base stessa. L’effetto complessivo è quello
quindi di abbassare il valore del coefficiente di sicurezza. Questo criterio
non è applicabile a pendii con superfici di scivolamento potenziali molto
profonde, poiché in questo caso si avrebbe una sovrastima eccessiva delle
forze agenti, con un conseguente abbassamento sproporzionato del
coefficiente di sicurezza.
Criterio di Binnie.
Secondo questo criterio l’azione delle forze sismiche può essere simulata,
effettuando la verifica sul pendio ruotato di un angolo dato dalla relazione:
J = arctg[Ago/(1+Agv)]
In pratica viene aumentata l’inclinazione media del versante, con
conseguente abbassamento del coefficiente di sicurezza.
Nel metodo si propone inoltre di moltiplicare il peso dei singoli conci per un
fattore correttivo dato da:
90
FORMULA GEO VER.2.0
fc = √[(1+Agv) 2 +Ago 2 ].
Il criterio può essere applicato a pendii con superficie potenziale di
scivolamento qualsiasi, ma può condurre ad errori, soprattutto per valori
elevati di Ago e Agv, nel caso sia presente la falda.
Criterio di Singh e Anbalagan.
Basandosi sull’analisi, effettuata con programmi di calcolo, di centinaia di
pendii in condizioni differenti, gli Autori hanno ricavato una semplice
correlazione fra il coefficiente di sicurezza in condizioni dinamiche e quello
in condizioni statiche:
Fsdin=Fsstat/(1+3.3 Ago)
La relazione, pur essendo di tipo empirico, ha dimostrato di fornire risultati ragionevoli
nelle varie condizioni. Va comunque confrontato con quello ricavabile da metodi analitici,
come quello di Binnie.
Tiranti.
La tirantatura di un versante potenzialmente instabile cerca di conseguire il
duplice obiettivo di introdurre forze tangenziali (St) che si oppongano a
quelli instabilizzanti dovuti alla forza di gravità (diminuzione di T nell'eq.4)
e di aumentare lei forze normali (Sn) agenti sulla base del concio
(incremento di N nell'eq.4).
(28) S n = S i x (sen β x cos α + cos β x sin α);
(29) St = S i x (cos β x cos α - sen β x sen α);
con
alfa=inclinazione della base del concio i-esimo;
b=180°-i, con i=inclinazione del tirante rispetto all'orizzontale contato in
senso orario;
Si=carico d'esercizio del tirante.
Nel posizionare e dimensionare i tiranti va tenuto presente che:
91
FORMULA GEO VER.2.0
•
•
il bulbo d'ancoraggio deve trovarsi ad una profondità superiore a quella
della superficie potenziale di scivolamento, per poter esercitare la sua
azione stabilizzante;
l'inclinazione ottimale del tirante può essere valuta con la relazione :
(30) iottimale = tan phi/Fs
con
phi=angolo di resistenza al taglio del terreno;
Fs=coefficiente di sicurezza da raggiungere con l'intervento.
Reticolo di micropali.
La stabilizzazione di un versante può essere ottenuta anche attraverso la
messa in opera di un reticolo di pali di piccolo diametro (micropali).
L'effetto che si cerca di ottenere in questo caso è di incrementare la
resistenza al taglio mobilitabile lungo la superficie di scivolamento,
creando un complesso pali-terreno che si comporti come un insieme
omogeno, rispetto ale sollecitazioni a cui è sottoposto il pendio. Questa
azione di armatura del pendio può essere introdotta nel calcolo, supponendo
un incremento virtuale della resistenza meccanica del terreno costituente il
versante.
Supponendo, a favore della sicurezza, che l'angolo di resistenza al taglio del
terreno rimanga invariato, si può esprimere il miglioramento delle
caratteristiche meccaniche del pendio incrementando il parametro coesione.
La procedura è descritta di seguito.
•
Si calcola l'area resistente equivalente del micropalo singolo attraverso
la relazione:
(31) Ae = Acls + Co x Aacciaio;
•
con
Acls=area trasversale del micropalo;
Aacciaio=area dell'armatura d'acciaio.
Co=coef. di omogeneizzazione.
Si valuta l'incremento della superficie potenziale di scivolamento con la
formula:
(32) DS=Co x Nm x Ae;
92
FORMULA GEO VER.2.0
in cui
Co=Coefficiente di omogenizzazione palo-terreno dato da:
(33) Co=Ep/Et;
dove:
Ep=modulo di elasticità del calcestruzzo;
Et=modulo di deformazione media del terreno;
Nm=numero di file di micropali per metro verticale.
•
Si determina l'incremento della coesione lungo la superficie potenziale
di scivolamento con la relazione:
(34) Dc = (ci + Smi x tan phii) x DS / ∑ li
dove:
ci=coesione media del concio i-esimo;
phii=angolo di resistenza al taglio media nel concio i-esimo;
Smi=pressione efficace media agente sulla base del concio i-esimo
∑li=sommatoria delle lunghezze delle basi dei singoli conci.
•
Si stima infine coesione virtuale per ogni concio, da usare nella verifica
di stabilità, con la relazione:
(35) Cv = Ci + DC.
Come nel caso dei tiranti è evidente che il reticolo di micropali per svolgere
un'azione stabilizzante deve andare ad appoggiarsi ad una profondità
superiore a quella della superficie potenziale di scivolamento.
Muri e gabbionate.
Opere di stabilizzazione superficiali, come muri e gabbionate, vanno
considerati , nella verifica di stabilità del pendio, sia per il loro effetto come
sovraccarichi verticali sia per l'azione di contenimento che esercitano sul
terreno a monte . I due effetti vanno calcolati come segue:
93
FORMULA GEO VER.2.0
•
•
il sovraccarico verticale è dato dalla somma del peso dell'opera, muro o
gabbionata, e della componente verticale della spinta delle terre a tergo
dell'opera stessa;
l'azione di contenimento va posta uguale alla componente orizzontale
della spinta delle terre.
Va tenuto presente che quest'ultima spinta entra in azione solo per superfici
potenziali di scivolamento che vadano ad intersecare la base dell'opera: per
superfici più profonde il muro o la gabbionata agiscono solo come
sovraccarichi, senza espletare funzione di contenimento.
Nel calcolo della stabilità del pendio, l'effetto delle due spinte è quello di
modificare le forze tangenziali (St) e normali (Sn) agenti sulla base del
concio. Numericamente questo può essere espresso dalle relazioni (23) e
(24), modificate come segue:
•
nel caso l'opera agisca come sovraccarico verticale (b=90°):
(36) Sn = Sv x cos(alfa) ;
•
(37) St = Sv x sin(alfa);
con
Sv=modulo del sovraccarico verticale;
alfa=inclinazione della base del concio.
nel caso invece l'opera svolga azione di contenimento (b=0°):
(38) Sn = So x sin(alfa);
(39) St = So x cos(alfa);
con
So=modulo della spinta orizzontale delle terre.
Palificate.
Palificate con pali di grosso diametro che resistano a forze orizzontali
possono essere impiegati nella stabilizzazione di pendii. L'azione di
contenimento della palificata può essere calcolata considerando prima
l'effetto del palo singolo e quindi del gruppo di pali.
94
FORMULA GEO VER.2.0
Pali singoli.
Verrà presa in considerazione la teoria di Broms(1964) applicata a pali
rigidi a testa incastrata, distinguendo fra pali fondati in terreni coesivi e pali
fondati in terreni incoerenti.
Terreni coesivi.
La resistenza laterale è data da:
(40)R lat=9 C u Dpalo (Lpalo - 1.5 Dpalo );
con
Cu=coesione non drenata del terreno;
Dpalo =diametro o lato medio del palo;
Lpalo =lunghezza del palo.
La reazione del terreno ha quindi un andamento di tipo rettangolare, cioè
costante con la profondità:
(41)R z=9 C u Dpalo.
95
FORMULA GEO VER.2.0
Terreni incoerenti.
In questo caso la (40) va riscritta come segue:
(42) Rlat=1.5 γ Lpalo 2 Dpalo Kp;
con
γ = peso di volume del terreno ;
Kp=(1 + sen ϕ)/(1 - sen ϕ).
La reazione del terreno ha qui un andamento di tipo triangolare, cioè
crescente linearmente con la profondità:
(43) Rz=3 γ Lpalo Dpalo Kp.
Portanza della palificata.
Come nel caso di una palificata soggetta a carichi verticali, anche per gruppi
di pali sottoposti a sollecitazioni orizzontali va definito il concetto di
efficienza del gruppo.
Viene definita efficienza di una palificata soggetta a carichi orizzontali il
rapporto fra la portanza laterale complessiva del gruppo e la somma delle
portanze laterali dei singoli pali . In pali fondati in terreni incoerenti
l’efficienza spesso è prossima all’unità, in pali in terreni coesivi
generalmente è inferiore.
Si consiglia in generale di utilizzare come portanza laterale del gruppo di
pali il minore fra questi due valori:
1. la somma delle portanze laterali dei singoli pali;
2. la portanza laterale di un blocco di fondazione di larghezza uguale alla
larghezza della palificata (lato della palificata perpendicolare alla
direzione di carico) e di spessore corrispondente alla lunghezza dei pali,
cioé:
96
FORMULA GEO VER.2.0
Terreni coesivi:
(44)Rpalificata=9 C u Lpalo(Lpalificata-Cr);
con
Lpalificata=larghezza della palificata;
Cr=il minore fra i valori (1.5Dpalo )e (0.1Lpalo ).
Terreni incoerenti:
(45) Rpalificata=1.5 γ Lpalo2 Lpalificata Kp.
Azione di stabilizzazione della palificata.
L'azione di contenimento della palificata interviene nel calcolo della stabiltà
del pendio, modificando le forze normali (Sn) e tangenziali (St) agenti sulla
base del concio.
Le relazioni utilizzate sono quelle già viste in precedenza:
(46) Sn = Rpalificata x sin a ;
(47) St = -Rpalificata x cos a;
con
Rpalificata = portanza laterale della palificata;
a = inclinazione della base del concio.
Geotessili.
La resistenza meccanica del terreno può essere migliorata con l'introduzione
di rinforzi in geotessili. Il singolo rinforzo, intercettando la superficie
potenziale di scivolamento, isola un cuneo di terreno a monte che, in caso
d'instabilità, tende a muoversi verso l'esterno. Il geotessile si oppone a
questo movimento, sviluppando lungo la superficie di contatto terra-rinforzo
97
FORMULA GEO VER.2.0
una forza d'attrito diretta verso l'interno del pendio. Numericamente questa
forza può essere espressa nel seguente modo:
(48) Fr = Cf x tg phi x Lg x sv x Lf / Fsg
con
Cf = coefficiente d'attrito terra-rinforzo (normalmente varibile da 0.5 a 1);
phi = angolo di resistenza al taglio del terreno;
Lg = larghezza del rinforzo (posto in questo caso uguale a 1 metro);
sv = pressione efficace agente sul rinforzo;
Lf = tratto di rinforzo compreso fra la superficie di scivolamento ed il piano
campagna (tratto in cui si sviluppa la forza d'attrito);
Fsg = coefficiente di sicurezza (di solito posto uguale a 1.5).
Anche in questo caso l'azione di contenimento della Fr, calcolata con la
(48), interviene nel calcolo della stabiltà del pendio, modificando le forze
normali (Sn) e tangenziali (St) agenti sulla base del concio.
Le relazioni utilizzate sono quelle già viste in precedenza:
(49) Sn = Fr x sin a ;
(50) St = -Fr x cos a;
con
a = inclinazione della base del concio.
Tension crack.
In presenza di movimenti franosi incipienti o in evoluzione, è frequente la
formazione in superficie di fratture di trazione (tension crack). Queste oltre
a rappresentare vie preferenziali per l'infiltrazione delle acque superficiali
nel corpo di frana, possono portare alla formazione di ristagni superficiali,
agenti come sovraccarichi sul pendio.
La variazione delle forze normali e tangenziali agenti sulla superficie del
concio è data da:
(51) Sn = yw x hw x sin a ;
(52) St = yw x hw x cos a;
98
FORMULA GEO VER.2.0
con
yw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua nella tension crack;
a = inclinazione della base del concio.
Va ricordato anche che fratture di trazione superficiali possono formarsi in
terreni coesivi per essiccazione.
Effetto dell'acqua sulla stabiltà dei versanti.
Come è possibile constatare dall'osservazione delle formule utilizzate nei
metodi dell'equilibrio limite (vedi eq. 8, 9, 12, 17), la falda viene fatta
intervenire nel calcolo in due modi:
•
•
attraverso l'introduzione del carico idrostatico in diminuzione delle forze
normali agenti sulla base del concio;
attraverso l'utilizzo nelle verifiche del peso di volume immerso del
terreno.
Attenzione.
Occorre non confondere il peso di volume immerso del terreno con il peso
di volume saturo.
Il peso di volume saturo è dato dalla somma del peso per unità di volume
dello scheletro solido del terreno e del peso dell'acqua gravitativa infiltrata
nei pori beanti dello stesso.
Il peso di volume immerso è uguale invece al peso di volume saturo
diminuito dalla spinta di galleggiamento.
Per esempio, se il peso di volume saturo del terreno è uguale a 2 t/mc ed il
peso di volume dell'acqua è 1 t/mc, il peso di volume immerso del terreno
sarà dato da:
peso di volume saturo - peso di volume dell'acqua = 2 -1 = 1
Nel caso in cui siano presenti carichi idraulici superficiali (corsi d'acqua,
laghi, ristagni ecc...) la superficie del pendio, a favore della sicurezza, può
essere considerata permeabile. Questo comporta che il terreno costituente il
pendio venga considerato saturo e trattato come se si fosse in presenza di
falda. Ciò, da un punto di vista del calcolo porta ad una parziale
99
FORMULA GEO VER.2.0
compensazione dell'effetto, generalmente stabilizzante (perchè di solito
applicati al piede del versante) dei carichi idraulici superficiali.
Un caso particolare è quello costituito da pendii dove la circolazione idrica
sia limitata a livelletti di terreno più permeabili di spessore limitato e dove
quindi non sia possibile individuare una vera e propria falda. In questi casi
trattare le venute d'acqua come falda, disegnando una superficie di
filtrazione continua, può condurre ad errori grossolani. Questi errori nel caso
di terreno con phi>0 (condizioni drenate) sono a favore della sicurezza, ma
in terreni con phi=0 (condizioni non drenate) risultano al contrario a sfavore
della sicurezza. Si consideri, per esempio, un pendio costituito
prevalentemente da terreni argillosi: nel caso phi=0, utilizzando per
semplicità la relazione di Fellenius, l'eq. (8) diventerà:
(53) Fsic = ΣC i Lconcio(i) / Σ Wconcio(i) sen α i .
Effettuando la verifica in assenza di falda e poi ripetendola con la falda si
noterà che il coefficiente di sicurezza tenderà ad aumentare , in contrasto
con quello che indica l'esperienza. Da una punto numerico il risultato si
spiega con il fatto che in presenza di falda, mentre il numeratore della (53)
non viene modificato, il denominatore risulterà diminuito, e quindi il
coefficiente di sicurezza aumentato, per l'utilizzo nel calcolo del peso di
volume immerso del terreno.
In questa situazione si consiglia di effettuare la verifica in assenza di falda e
di introdurre l'effetto della circolazione idrica limitata, diminuendo il valore
della coesione, per effetto del rammollimento del terreno, ed aumentando il
peso di volume del terreno, per tener conto della sua parziale saturazione.
Metodi di analisi probabilistica.
Introduzione.
In una verifica di stabilità di pendii in terra la maggior fonte
d'indeterminazione è costituita dalla caratterizzazione meccanica del
terreno, in partcolare dalla stima dei parametri coesione e angolo di
resistenza al taglio ( o angolo d'attrito).
Nei metodi dell'equilibrio limite spesso i parametri geotecnici utilizzati nel
calcolo sono ricavati facendo una media ponderata fra i dati ottenuti dalle
misure eseguite in situ o in laboratorio. La dispersione dei valori che si
osserva in molti casi non è trascurabile, per cui la scelta delle grandezze da
100
FORMULA GEO VER.2.0
inserire nel calcolo può diventare problematica. In queste situazioni è
preferibile far seguire la verifica condotta con un metodo deterministico,
cioè con uno dei metodi dell'equilibrio limite, da un'analisi di tipo
probabilistico, che fornisca un'idea dell'influenza della dispersione dei dati
geotecnici sul valore del coefficiente di sicurezza.
Metodi di Montecarlo applicati alla verifica di stabilita'.
I metodi di Montecarlo si basano sulla generazione di numeri casuali, scelti
in determinati intervalli, che godano nel complesso di proprieta' statistiche.
Fra le varie applicazioni possibili di tali metodi, vi e' quella detta 'del
campionamento' che consiste nel dedurre proprieta' generali di un insieme
grande, studiandone solo un sottoinsieme casuale, giudicato rappresentativo
dell' insieme stesso. E' evidente che maggiori saranno le dimensioni del
campione random, piu' rappresentative saranno le proprieta' dedotte.
Nel caso di applicazione del metodo alla verifica di stabilità di pendii in
terra, la procedura da seguire potrebbe essere la seguente:
•
•
•
•
•
si genera la distribuzione delle variabili aleatorie coesione e angolo
d'attrito misurate in situ o in laboratorio, supponendo che sia di tipo
gaussiano ( cioè rappresentate da una curva a campana, con il valore
centrale corrispondente al valore medio);
attraverso un generatore di numeri casuali, si crea una serie, estesa
quanto si vuole, di valori numerici compresi fra 0 e 1;
si associa ad ogni valore numerico casuale della serie un valore della
coesione e dell'angolo d'attrito, rispettando la curva di distribuzione
delle probabilità di queste due grandezze (facendo cioè in modo che la
frequenza con cui un certo parametro viene chiamato nel calcolo sia
uguale alla sua probabilità ricavata dalla curva gaussiana di probabilità
del parametro stesso); in questo modo si trasforma la serie di numeri
casuali generati nel punto precedente in una serie di coppie di valori di c
e ϕ;
scelto un metodo deterministico di calcolo, si esegue la verifica di
stabilità con tale metodo per ogni coppia di valori di c e ϕ , ricavando il
rispettivo coefficiente di sicurezza Fs ;
si crea la curva di distribuzione della frequenza dei valori di Fs ottenuti,
per esempio sottoforma di istogramma, visualizzando l'andamento di tali
coefficienti rispetto ad un valore di riferimento (per es. rispetto al valore
di Legge 1,3).
101
FORMULA GEO VER.2.0
L'aspetto del grafico della distribuzione di Fs consente di valutare se la
dispersione dei valori di c e ϕ misurata influisce in maniera significativa sul
calcolo della stabilità del versante. Nel caso, per esempio, in cui il valore
medio di Fs sia maggiore di 1.3, ma una percentuale significativa delle
verifiche effettuate con il metodo di Montecarlo ricada sotto tale limite, si
può trarre la conclusione che la dispersione dei parametri geotecnici sia
eccessiva e non permetta di fornire una risposta precisa al problema della
stabilità del versante: in questo caso si rende necessaria una migliore
caratterizzazione geotecnica del terreno.
Il metodo di Montecarlo può essere impiegato anche per retro-analisi di
stabilità. Costruendo infatti a tentativi delle curve di distribuzione ipotetiche
di c e ϕ, si può stimare per quale intervallo di questi valori il pendio risulta
stabile. Il confronto fra la distribuzione dei parametri geotecnici ipotizzata e
quella misurata permette di trarre delle conclusioni sulla stabilità globale del
pendio.
Il metodo di Montecarlo richiede, per consentire di ottenere delle
distribuzioni di Fs valide, che venga generato un numero sufficientemente
elevato di coppie di parametri c e ϕ, dalle quali ricavare il corrispondente
valore di F s . Normalmente per ottenere distribuzioni stabili del coefficiente
di sicurezza sono necessarie alcune centinaia di verifiche. Il raggiungimento
della stabilità delle curve di distribuzione può essere valutato, applicando il
metodo di Montecarlo su due insiemi di verifiche e confrontando quindi le
relative distribuzioni con il test del χ2.
Metodo di Rosemblueth applicato alla verifica di stabilità.
Il metodo di Rosemblueth, applicato allla verifica di stabilità di un pendio in
terra, consente di ricavare il valore più probabile del coefficiente di
sicurezza ( valore medio) ed un'indicazione della sua dispersione (scarto
quadratico medio).
Si possono utilizzare anche in questo caso come variabili casuali i parametri
c e ϕ, supponendo una loro distribuzione gaussiana simmetrica (cioè a curva
a campana con i tratti di sinistra e di destra simmetrici rispetto al valore
centrale).
Il procedimento da seguire è il seguente:
• dai dati misurati in situ o in laboratorio, si calcoli il valore medio di c e
ϕ (c m e ϕm) e i rispettivi scarti quadratici medii (sc e sϕ);
102
FORMULA GEO VER.2.0
•
utilizzando uno dei metodi dell'equilibrio limite, si calcoli il coefficiente
di sicurezza relativo alle seguenti combinazioni di parametri:
1. ( c = c m + sc ϕ = ϕm + s ϕ )⇒ Fs1
2. ( c = c m + sc ϕ = ϕm - s ϕ )⇒ Fs2
3. ( c = c m - sc ϕ = ϕm + s ϕ )⇒ Fs3
4. ( c = c m - sc ϕ = ϕm - s ϕ )⇒ Fs4
•
si calcoli quindi il valore medio di Fs attraverso la relazione:
(54) F m = ( F s1 +Fs2 + Fs3 + Fs4) / 4;
e lo scarto quadratico medio con la formula:
(55) SF =0.5 x √ ( Fs12 +Fs22 + Fs32 + Fs42 ).
Anche in questo caso il risultato può essere visto come un'indicazione
dell'influenza della dispersione dei parametri geotecnici sulla stabilità del
versante: un elevato valore di SF può indicare una non sufficiente
caratterizzazione geotecnica del terreno, fatto di cui tener conto in particolar
modo quando il valore di F m sia prossimo al valore di 1.3. Il coefficiente di
sicurezza potrà quindi essere espresso come segue:
(56) Fs = F m ± SF;
indicando che il coefficiente di sicurezza può variare nell'intervallo
compreso fra Fs = F m - SF e Fs = Fm + SF.
103
FORMULA GEO VER.2.0
Casi particolari
Pendio illimitato
Nel caso di con una frana di scorrimento allungata dove l’influenza delle porzioni del piede
e della testa sono trascurabili possono essere utili per il calcolo del coefficiente di sicurezza
le equazioni del pendio illimitato.
Il fattore di sicurezza ha la seguente espressione :
Fs =
tgϕ
tgβ
dove:
ϕ = angolo d’attrito interno;
β = inclinazione del pendio.
Tale espressione è valida per terreno incoerente asciutto e per terreno immerso in acqua in
quiete.
In uno scorrimento esteso, caratteristico di tipi di movimenti che avvengono dove un
mantello di materiale viene eroso dagli agenti atmosferici o una lamina di materiale si
sposta sopra un materiale molto più coerente ad una certa profondità, è probabile che il
flusso sia parallelo alla superficie del pendio. In questo caso l’espressione del coefficiente
di sicurezza diventa la seguente :
Fs =
γ ' cos βtg ϕ
sen β ( γ '+γ w )
dove:
ϕ
β
γ’
γw
=
=
=
=
angolo d’attrito interno;
inclinazione del pendio;
peso di volume immerso del terreno;
peso di volume dell’acqua.
Nel caso di terreno coerente l’espressione del coefficiente di sicurezza diventa :
Fs =
c cos β
γ ( tgβ − tg ϕ)
dove:
ϕ
β
γ
c
=
=
=
=
angolo d’attrito interno;
inclinazione del pendio;
peso di volume del terreno;
coesione.
104
FORMULA GEO VER.2.0
3.5.2 Metodo di Taylor
Il metodo di Taylor permette di ricavare per un determinato valore di ϕ (angolo di attrito
interno) e di β (inclinazione del pendio) l’altezza critica, Hc, del pendio che si rompe con
un cerchio passante per il piede del pendio.
La formula di Taylor è la seguente :
Hc = Ns ⋅
c
γ
dove:
Ns = fattore di stabilità in funzione di ϕ e di β;
c = coesione;
γ = peso di volume del terreno.
Ns è un numero puro e può essere ricavato dal grafico di Fig. 3.4.
105
FORMULA GEO VER.2.0
Nel caso ϕ sia uguale a zero (argilla molle normalmente consolidata o sottoconsolidata
poggiante su uno strato di terreno molto compatto), per ricavare Hc si può utilizzare ancora
la (3.50), nella quale però Ns dipende da β e dal fattore di profondità nd, che ha la seguente
espressione:
nd =
H1 + H
H
dove H è l’altezza del pendio dal p.c. e H1 la profondità del piede del versante dallo starto
compatto. In questo caso Ns viene ricavato dal grafico di Fig. 3.5.
106
FORMULA GEO VER.2.0
Se β>53° il franamento avviene con un cerchio al piede. Se β<53° il tipo di rottura dipende
dai valori di nd : il franamento avviene secondo un cerchio di pendio al di sopra dell’area
tratteggiata, avviene lungo un cerchio al piede all’interno dell’area trateggiata, avviene
secondo un cerchio medio tangente allo strato resistente, al di sotto dell’area trateggiata.
107
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione dei fenomeni franosi
La classificazione dei fenomeni franosi
più usata e utile per i suoi criteri di
scientificità e praticità, è la
classificazione di Varnes(1978).Tale
classificazione è basata sul tipo di
movimento tra corpo di frana e terreno
in posto al quale sono legate sia la forma
della superficie di scorrimento, sia
quella del corpo di frana. Il tipo di
movimento può essere determinato con
relativa facilità e senza grandi incertezze
attraverso osservazioni di superficie o
con indagini speditive nel sottosuolo.
Un’importante ragione della popolarità
della classificazione di Varnes sono i
diagrammi dei movimenti franosi che la
accompagnano.
Varnes fa riferimento agli “slope
movements” (movimenti di versante), e
include inoltre alcuni fenomeni che non
possono considerarsi frane in senso
stretto, quali le deformazioni lente
superficiali o profonde dei pendii.
Queste si differenziano per la velocità
del movimento ma assumono una
notevole importanza in quanto possono
precedere movimenti franosi veri e
propri.
La classificazione di Varnes comprende
sei classi :
1. Crolli. Il movimento avviene
prevalentemente nell’aria, il
fenomeno comprende la caduta
libera, salti, rimbalzi, rotolamento di
frammenti di roccia o di terreno
sciolto.
2. Ribaltamenti. In questo caso si
sviluppano forze che causano un
movimento ribaltante attorno ad un
punto di rotazione situato al di sotto
del baricentro della massa
interessata.
3. Scorrimenti. Si tratta di spostamenti
per taglio lungo una o più superfici ;
tali superfici sono visibili e possono
essere ricostruite. Gli scorrimenti si
distinguono in rotazionali e
traslativi: i primi sono dovuti a forze
che producono un momento di
rotazione attorno ad un punto posto
sopra del centro di gravità della
massa. Gli scorrimenti traslativi si
verificano in prevalenza lungo una
superficie piana o debolmente
ondulata la quale corrisponde spesso
a discontinuità strutturali (faglie,
giunti di fessurazione o
stratificazione, passaggi tra strati di
litologia diversa, contatto fra roccia
n posto e detrito sovrastante).
4. Espansioni laterali. Sono movimenti
diffusi in masse fratturate. Spesso
l’espansione laterale della roccia o
del terreno sciolto è dovuta alla
liquefazione o alle deformazioni
plastiche del materiale sottostante.
Alcune volte invece, prevalentemente
in roccia, non si riconosce né una
superficie basale di scivolamento, né
una zona di deformazioni plastiche
definite.
5. Colamenti. In ammassi rocciosi si
verificano deformazioni continue, sia
superficiali che profonde. I
movimenti differenziali che si
sviluppano sono lenti e possono
avvenire lungo più superfici di taglio,
provocare piegamenti o
rigonfiamenti. Nei terreni sciolti i
movimenti sono simili a quelli dei
fluidi viscosi. Le superfici di
108
FORMULA GEO VER.2.0
scorrimento nella massa che si
muove non sono visibili o hanno
breve durata. Il limite tra la massa in
movimento e il materiale in posto può
essere una superficie netta di
movimento differenziale oppure una
zona di scorrimenti distribuiti. Il
movimento varia da estremamente
lento a estremamente rapido.
6. Fenomeni complessi. Il movimento
risulta dalla combinazione di due o
più dei cinque tipi principali sopra
descritti. Molte sono le frane
complesse ma in genere un tipo di
movimento predomina sugli altri.
Ogni classe è ulteriormente suddivisa in
base al tipo di materiale interessato dal
fenomeno franoso per un totale di
diciotto tipi.
88
FORMULA GEO VER.2.0
89
FORMULA GEO VER.2.0
90
FORMULA GEO VER.2.0
STIMA DELL’INTENSITA’ CRITICA DI PRECIPITAZIONE METEORICA PER
L’INNESCO DI FRANE IN COLTRI DETRITICHE
Stima della curva di possibilità climatica.
Partendo dai dati pluviometrici forniti da una stazione di misura, è possibile eseguire le
elaborazioni necessarie per ottenere le curve che descrivono l’altezza delle precipitazioni
(h) in funzione della loro durata (t). L’equazione che collega queste due variabili ha la
seguente forma:
h (mm) = a tn;
dove a = variabile funzione del tempo di ritorno;
n = costante per un dato valore di t;
e prende il nome di curva segnalatrice di possibilità climatica o pluviometrica.
Tale equazione permette, per esempio, di calcolare l’altezza meteorica (h) relativa ad una
precipitazione di 30 minuti (t), con un tempo di ritorno di 10 anni.
I dati pluviometrici necessari al calcolo sono reperibili sugli Annali Idrologici delle stazioni
pluviografiche. Su tali documenti vengono generalmente fornite, in forma di tabella, le
massime precipitazioni registrate anno per anno, per determinate durate di riferimento.
Normalmente si distinguono i dati relativi alle precipitazioni con durata inferiore ad 1 ora
(piogge di notevole intensità e breve durata), da quelle di durata superiore. Le durate di
riferimento sono generalmente standard, prendendo in considerazione durate di 10, 15,
30, 45 minuti, nel caso di piogge brevi ed intense, e di 1, 3, 6, 12 e 24 ore nel caso di
precipitazioni orarie.
N
.
1
2
3
4
N
.
1
2
3
4
t = 10 minuti
17.0
10.6
5.4
9.2
t=1h
10.0
37.0
28.0
54.0
t = 15
t = 30
t = 45 minuti
anno
minuti
minuti
19.0
22.4
30.4
1985
14.2
21.0
29.6
1986
7.8
15.8
30.2
1987
10.4
23.0
35.8
1988
Tabella 1 - precipitazioni di durata inferiore a 1 h.
t=3h
t=6h
t = 12 h
t = 24 h
anno
20.0
22.0
33.4
43.4
1985
38.0
39.8
39.8
41.0
1986
31.2
31.2
43.8
61.2
1987
68.6
71.2
71.2
71.2
1988
Tabella 2 - precipitazioni di durata superiore a 1 h.
Una stima sufficientemente attendibile della curva segnalatrice di possibilità climatica
richiede l’utilizzo di registrazioni che coprano almeno un intervallo di 30-35 anni. Minore
l’intervallo di registrazione minore l’attendibilità dei risultati.
Volendo ricavare le curve relative a precipitazioni di durata superiore ad un’ora (Tabella 2),
bisogna procedere come segue:
91
FORMULA GEO VER.2.0
• per ogni durata di riferimento, si ordinano e si numerano i valori delle precipitazioni
ricavati dagli Annali Idrologici, regolarizzati con il metodo di Gumbel (vedi di seguito), in
senso decrescente, ponendo quindi i valori massimi registrati per ogni intervallo di
tempo sulla prima riga della tabella, quelli minini sull’ultima; di conseguenza, se per
esempio l’intervallo di registrazione è di 30 anni, la prima riga sarà indicata con il
numero 30, l’ultima con il numero 1.
• utilizzando i dati di ogni riga e impostando un calcolo di regressione, si ricavano i valori
dei parametri a e n relativi ad ogni anno; il numero identificativo di ogni riga rappresenta
il tempo di ritorno dell’evento meteorico; nel caso, per esempio, di un’intervallo di
registrazione di 30 anni, si ricavano 30 curve segnalatrici di possibilità climatica ( quindi
30 valori di a e di n); i parametri a e n relativi alla prima riga sono quelli riferiti ad eventi
meteorici di durata inferiore ad 1 h con tempo di ritorno di 30 anni, quelli dell’ultima riga
ad eventi meteorici con tempo di ritorno di 1 anno.
Lo stesso va adottato per durate pluviometriche inferiori ad 1 h (Tabella 1), quando questa
è disponibile.
Ricavate le curve, si potrà notare che, mentre n rimane più o meno costante, il parametro
a tende ad assumere valori differenti in funzione del tempo di ritorno, tendendo a crescere
con esso.
Attraverso procedure statistiche è possibile ricavare stime del parametro a anche per
tempi di ritorno superiori al numero massimo di registrazioni annuali disponibili.
Il metodo statistico utilizzato generalmente è quello di Gumbel. Di seguito viene esposta la
procedura da seguire.
• Eseguito il calcolo delle curve segnalatrici di possibilità climatica per gli N anni di cui si
dispongono le registrazioni pluviometriche, si ordinano i valori di a ricavati in ordine
crescente, attribuendo il numero 1 al valore massimo, il valore N a quello minimo.
• Si calcolano gli N rapporti:
Pi = i / (N + 1);
con i compreso fra 1 e N. Questi rapporti indicano la probabilità che il corrispondente
valore di a non venga raggiunto o superato. I valori di Pi ricavati permettono di definire la
scala dei tempi di ritorno:
Ti = 1 / (1 - P i).
• Si riportano le N coppie di valori (Ti, ai) in un diagramma semilogaritmico (l’ asse X l’asse dei tempi di ritorno - va costruito in scala logaritmica), interpolando fra i punti una
retta: il diagramma consente di ricavare il valore di a per qualsiasi tempo di ritorno.
Per ottenere, per esempio, l’altezza di precipitazione per un evento meteorico di durata
corrispondente a 1,3 ore, con tempo di ritorno di 50 anni, si procede come segue:
dal diagramma Tempo di ritorno - Parametro a si ricava il valore di a corrispondente ad un
tempo di ritorno di 50 anni;
1. si calcola il parametro n facendo la media dei valori di n ottenuti dalle curve segnalatrici
di possibilità pluviometrica;
2. si introducono infine i valori di a e n nella relazione h = a x tn; ponendo t = 1.3 ore.
92
FORMULA GEO VER.2.0
E’ evidente che l’estrapolazione del parametro a non deve andare troppo oltre il periodo di
registrazione.
93
FORMULA GEO VER.2.0
Prove di permeabilità.
Introduzione
Nei materiali sciolti, permeabili per porosità, nei quali è verificata la legge di Darcy, la
permeabilità si esprime attraverso il coefficiente di permeabilità k che ha le dimensioni di
cm/s o m/s. Nelle rocce, permeabili per fessurazione, nelle quali non è valida la legge di
Darcy, la permeabilità si indica attraverso il valore degli assorbimenti d’acqua misurati in
fori di sonda, espressi in litri assorbiti per ogni metro di lunghezza di foro, e della
pressione usata nella prova. Talvolta il coefficiente k è usato per definire la permeabilità
degli ammassi rocciosi, ma assume in questo caso un significato orientativo.
Il coefficiente di permeabilità di un terreno viene sempre determinato con difficoltà e
presenta spesso un notevole grado di incertezza; i valori sperimentali , salvo nei casi in cui
il terreno è omogeneo ed isotropo, sono infatti affetti da errori che possono anche essere
di un intero di grandezza.
La scelta del metodo di prova va effettuata in funzione del tipo di terreno e della precisione
desiderata.
L’attendibilità delle prove, come suggerito dall’AGI nelle “Raccomandazioni sulla
programmazione ed esecuzione delle indagini geotecniche” (giugno 1977), può essere
migliorata adottando i seguenti accorgimenti:
•
•
•
•
conoscenza della distribuzione delle pressioni neutre nel terreno prima della prova;
conoscenza esatta , per quanto possibile, del profilo stratigrafico;
realizzazione con la prova di condizioni di moto laminare in regime permanente;
adozione in tutte le prove che comportano immissione d’acqua nel terreno, di acqua
limpida.
Prove in pozzetto.
Le prove in pozzetto sono adatte soprattutto per terreni granulari e forniscono una
valutazione della permeabilità dei terreni superficiali al di sopra del livello di falda.
Vengono eseguite in pozzetti cilindrici o a base quadrata con pareti verticali o inclinate.
Si dividono in:
• prove a carico costante, effettuate cioè riempiendo d’acqua il pozzetto e misurando la
portata necessaria per mantenere costante il livello;
• prove a carico variabile, effettuate misurando la velocità di abbassamento in funzione
del tempo.
Le condizioni necessarie perchè le prove siano significative sono le seguenti:
• il terreno deve essere saturato preventivamente in modo da stabilire un regime di flusso
permanente;
• la profondità del pozzetto deve essere pari a circa 1/7 dell’altezza del fondo dal livello di
falda;
• il diametro (o il lato di base) del pozzetto deve essere almeno 10 - 15 volte il diametro
massimo dei granuli del terreno;
• il terreno sia omogeneo, isotropo e con coefficiente di permeabilità
k >10-6m/s
94
FORMULA GEO VER.2.0
A)
Pozzetto circolare.
Il coefficiente di permeabilità k viene calcolato con le seguenti relazioni:
a) Prove a carico costante:
k=
q
πdhm
con
q = portata assorbita a livello costante;
hm = altezza dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4);
d = diametro del pozzetto.
b) Prove a carico variabile:
k=
d (h2 − h1 )
32(t 2 − t1 )hm
con
hm = altezza media dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4);
d = diametro del pozzetto;
t2-t1 = intervallo di tempo;
h2-h1 = variazione di livello dell’acqua nell’intervallo t2-t1 .
B)
Pozzetto quadrato.
Il coefficiente di permeabilità k viene calcolato con le seguenti relazioni:
a) Prove a carico costante:
k=
q
 h

b2  27 + 3 
 b

con
q = portata assorbita a livello costante;
h = altezza dell’acqua nel pozzetto (h > d/4);
b = lato della base del pozzetto.
b) Prove a carico variabile:
 h 
1+ 2 m 
h −h
 b 
k= 2 1
t 2 − t1  hm

+ 3
 27
b


95
FORMULA GEO VER.2.0
con
hm = altezza media dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4);
b = lato della base del pozzetto.
t2-t1 = intervallo di tempo;
h2-h1 = variazione di livello dell’acqua nell’intervallo t2-t1 .
96
FORMULA GEO VER.2.0
Prove in foro di sondaggio
Le prove in foro di sondaggio permettono di determinare la permeabilità di terreni al di
sopra o al di sotto del livello di falda. Possono essere eseguite durante la trivellazione del
foro a diverse profondità oppure alla fine della trivellazione sul solo tratto terminale.
Per l’esecuzione delle prove è necessario che:
• le pareti della perforazione siano rivestite con una tubazione per tutto il tratto del
sondaggio non interessato dalla prova;
• nel caso di terreni che tendono a franare o a rifluire, il tratto di prova deve essere
riempito con materiale filtrante di granulometria adatta ed isolato mediante un tampone
impermeabile.
Le prove si dividono in prove a carico costante o a carico variabile.
A)
Prove a carico costante.
Le prove a carico costante si eseguono misurando la portata necessaria per mantenere
costante il livello dell’acqua nel foro, in condizioni di regime costante. Si possono eseguire
anche nel terreno al di sopra del livello di falda; in questo caso è necessario saturare
preventivamente il terreno in modo da stabilire un regime di flusso permanente.
1)Raccomandazioni A.G.I. (1977)
Il coefficiente di permeabilità è dato dalla:
k=
q
mh
con
q = portata immessa;
h = livello dell’acqua in foro;
m = coefficiente di forma = 2,85D
con D= diametro del foro
(N.B.: per prove sopra il livello di falda, h è misurato rispetto alla base del foro).
2) Hvorslev (1951) Wilkinson (1968)
Il coefficiente di permeabilità è sempre dato dalla:
k=
q
mh
in questo caso però il coefficiente m assume valori differenti, in funzione delle condizioni di
filtrazione, secondo la tabella:
97
FORMULA GEO VER.2.0
Condizioni
Filtro sferico in terreno uniforme
Filtro emisferico al confine con uno strato
confinato
Fondo filtrante piano al confine con uno strato
confinato
Fondo filtrante piano in terreno uniforme
Tubo parzialmente riempito al confine con uno
strato confinato
Tubo parzialmente riempito in terreno uniforme
Filtro cilindrico al confine con uno strato
confinato
2D
2,75D
2D
8LK h
1+
πDK v
2,75 D
11LK h
1+
πDK v
3πL
2
3L
 3L  
ln  + 1 +   
 D  
 D
3πL
Filtro cilindrico in terreno uniforme
Dove:
L=
Kh=
Kv =
Coefficiente
2πD
πD
2
 3L
 3L  
ln  + 1 +   
 D  
 D
Lunghezza del tratto filtrante;
Permeabilità orizzontale del terreno;
Permeabilità verticale del terreno.
Nel caso non sia noto, il rapporto Kh /Kv può essere inserito in prima approssimazione
uguale a 10.
3) Zagar (1953)
3a) Terreno saturo
Si applica sempre la relazione :
k=
q
mh
in questo caso però il coefficiente m assume i seguenti valori:
m = 5,7r
se il foro è aperto solo sul fondo;
2
 L
4πr   − 1
 2r 
Se il foro è aperto anche lateralmente
m=
2
L

 L
ln  +   − 1
 2r

 2r 


con r=raggio del foro e L=lunghezza del tratto filtrante.
3b) Terreno non saturo
98
FORMULA GEO VER.2.0
Nel caso in cui il livello dell’acqua nel foro di prova sia ad una quota superiore rispetto al
livello della falda, la relazione vista in precedenza non è più applicabile.
Definiti Hu la differenza di quota fra il livello dell’acqua nel foro e il livello della falda e r’ il
rapporto fra il raggio del foro e l’area della superficie filtrante, si calcola il parametro Y
secondo la relazione:
100h
Y = −1,0556 + 0,035
Hu
dove h è l’altezza media dell’acqua nel foro rispetto al fondo del foro stesso. Nel caso
risulti Log10(Hu/L)>Y, dove L è la lunghezza del tratto filtrante, per il calcolo di K si applica
la relazione:
k=
q
Cr ' h
dove C è fattore ricavabile dalla formula:
C = C1 + (C 2 − C1)Log10
100 L
h
h
C1 = 60,96 + 0,152
r
h
C 2 = 104,58 + 0,822
r
Nel caso invece in cui sia Log10(Hu/L)≤Y si applica la relazione:
k=
q
r

 C + 4  r ' ( Hu + h − L )
r' 

L
r
Si tenga presente che la procedura è in questo caso applicabile solo se sono verificate le
condizioni h>5L e L>10r’.
dove C = 6,247 + 0,797
B)
Prove a carico variabile.
Le prove a carico variabile al di sotto del livello di falda si dividono in Prove di risalita e
Prove di abbassamento. Le prove di risalita si eseguono abbassando il livello dell’acqua
nel foro di un’altezza nota e misurando la velocità di risalita del livello. Le prove di
abbassamento si eseguono riempiendo il foro d’acqua per un’altezza nota e misurando la
velocità di abbassamento del livello. Le prove di abbassamento possono essere eseguite
anche nel terreno al di sopra del livello di falda; in questo caso il terreno deve essere
preventivamente saturato.
1)Raccomandazioni A.G.I. (1977)
99
FORMULA GEO VER.2.0
Per le prove a carico variabile il coefficiente di permeabilità è dato dalla:
k=
A
h
ln 1
C L (t 2 − t1 ) h2
con
A = area di base del foro di sondaggio;
h1 e h2 = altezza dei livelli d’acqua nel foro rispetto al livello della falda indisturbata o al
fondo del foro stesso agli istanti t1 e t2;
t1 e t2 = tempi ai quali si misurano h1 e h2;
CL = coefficiente di forma dipendente dell’area del foro di sondaggio e dalla lunghezza del
tratto di foro scoperto.
Per il coefficiente C L sono suggeriti i seguenti valori:
L >> d CL = L
L≤ d
CL = 2πd+L
dove L è la lunghezza del tratto di foro scoperto e d il diametro del foro.
4) Hvorslev (1951) Wilkinson (1968)
Il coefficiente di permeabilità è sempre dato dalla:
k=
A
h
ln 1
C L (t 2 − t1 ) h2
in questo caso però il coefficiente CL assume valori differenti, in funzione delle condizioni
di filtrazione, secondo la tabella:
Condizioni
Coefficiente
2πD
Filtro sferico in terreno uniforme
Filtro emisferico al confine con uno strato
confinato
Fondo filtrante piano al confine con uno strato
confinato
Fondo filtrante piano in terreno uniforme
Tubo parzialmente riempito al confine con uno
strato confinato
Tubo parzialmente riempito in terreno uniforme
Filtro cilindrico al confine con uno strato
confinato
πD
2D
2,75D
2D
8LK h
1+
πDK v
2,75 D
11LK h
1+
πDK v
3πL
2
3L
 3L  
ln  + 1 +   
 D  
 D
100
FORMULA GEO VER.2.0
3πL
2
 3L
 3L  
ln  + 1 +   
 D  
 D
Filtro cilindrico in terreno uniforme
Dove:
Lunghezza del tratto filtrante;
L=
Kh=
Kv =
Permeabilità orizzontale del terreno;
Permeabilità verticale del terreno.
Nel caso non sia noto, il rapporto Kh /Kv può essere inserito in prima approssimazione
uguale a 10.
5) Zagar (1953)
Si applica la relazione:
 h2 − h1 


πr  t 2 − t1 
k=
m
hm
2
dove r è il raggio del foro e hm la profondità media dell’acqua nel foro.
Il coefficiente m assume i seguenti valori:
m = 5,7r
se il foro è aperto solo sul fondo;
2
 L
4πr   − 1
 2r 
Se il foro è aperto anche lateralmente
m=
2
L

 L
ln  +   − 1
 2r

 2r 


con r=raggio del foro e L=lunghezza del tratto filtrante.
3.2.4 Stima della permeabilità da analisi granulometriche.
Esistono in letteratura numerose correlazioni empiriche che permettono di stimare la
permeabilità di un mezzo poroso, passando attraverso l’analisi della curva granulometrica.
Pur non potendo sostituire le determinazioni in sito, tali formule possono essere utili per
una prima determinazione di k in terreni sabbiosi. Di seguito vengono elencate e descritte
le dieci relazioni più usate, indicando per ognuna di essa il campo di applicabilità. Tutte,
per semplicità, vengono espresse nella forma:
K (m / s) =
g
Cφ(n )d e 2
v
dove:
g
=accelerazione di gravità=9,81 (m/s2);
v
=coefficiente di viscosità dell’acqua, variabile in funzione della
101
FORMULA GEO VER.2.0
temperatura, secondo la seguente tabella:
T (°C)
V
(mq/s)
0
1,78
10-6
5
1,52
10-6
10
1,31
10-6
15
1,14
10-6
20
1,01
10-6
30
0,81
10-6
50
0,55
10-6
C
= costante;
φ(n) = funzione della porosità del terreno;
de
= diametro efficace dei granuli.
Le formule presentate differiscono fra loro per i diversi valori adottati delle grandezze C,
φ(n) e d e.
Si ricorda infine che la porosità del terreno può essere stimata in prima approssimazione
attraverso la relazione empirica:
(
n = 0,255 1 + 0,83η
)
dove η= d 60/d10 è il coefficiente di uniformità del terreno.
1.
Formula di Hazen.
Nella formula di Hazen le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K assumono
i seguenti valori:
C
=6 10-4
φ(n) = [1 + 10(n − 0, 26)]
de
=d10
La formula è applicabile nelle seguenti condizioni:
0,1 mm < d e < 3 mm e η<5.
2.
Formula di Slichter.
Nella formula di Slichter le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K
assumono i seguenti valori:
C
=1 10-2
φ(n) =n3,287
de
=d10
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
0,01 mm < d e < 5 mm.
3.
Formula di Terzaghi.
Nella formula di Terzaghi le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K
assumono i seguenti valori:
C
=10,7 10-3 per sabbia con granuli arrotondati e 6,1 10-3 per
sabbia con granuli a spigoli vivi
102
FORMULA GEO VER.2.0
 n − 0,13 

φ(n) =  3
 1− n 
de
=d10
2
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
4.
Formula di Beyer.
Nella formula di Beyer le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K assumono
i seguenti valori:
C
=6 10-4 Log10 (500/η)
φ(n) =1
de
=d10
La formula è applicabile nelle seguenti condizioni:
0,06 mm < d e < 0,6 mm e 1<η<20.
5.
Formula di Sauerbrei.
Nella formula di Sauerbrei le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K
assumono i seguenti valori:
=3,75 10-3
n3
=
φ(n)
(1 − n )2
de
=d17
C
La formula è applicabile nel caso di sabbie e argille sabbiose con d e < 0,5 mm.
6.
Formula di Krueger.
Nella formula di Krueger le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K
assumono i seguenti valori:
=4,35 10-5
n
φ(n) = (1 − n )2
C
1/de
2
dove ∆gi è la frazione di peso del campione
di + di d
compresa fra il diametro maggiore e minore (d ig e d id) dei
granuli del passante i-esimo
= ∑ ∆gi
g
La formula è applicabile nel caso di sabbie medie con η>5.
7.
Formula di Kozeny.
103
FORMULA GEO VER.2.0
Nella formula di Kozeny le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K
assumono i seguenti valori:
=8,3 10-3
n3
=
φ(n)
(1 − n )2
C
1/de
3 ∆gi
d i g + d id
=
+ ∑ ∆g i
dove ∆gi è la frazione di peso del
2 di
2 di g d i d
campione compresa fra il diametro maggiore e minore (d ig e
did) dei granuli del passante i-esimo
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
8.
Formula di Zunker.
Nella formula di Zunker le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K
assumono i seguenti valori:
C
-3
=2,4 10 per sabbie uniformi con granuli arrotondati
-3
=1,4 10 per sabbie grossolane con granuli arrotondati
-3
=1,2 10 per sabbie eterogenee
-3
=0,7 10 per sabbie eterogenee, argillose con granuli a spigoli vivi
-3
in alternativa si può inserire un valore medio di 1,55 10
 n 

φ(n) = 
 1− n 
3 ∆gi
d i g − di d
1/de
=
+ ∑ ∆gi g d
dove ∆gi è la frazione di
2 di
di d i ln d i g − ln d i d
peso del campione compresa fra il diametro maggiore e minore
(dig e d id) dei granuli del passante i-esimo
2
(
)
La formula è applicabile nel caso di sabbie da fini a grossolane.
9.
Formula di Zamarin.
Nella formula di Zamarin le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K
assumono i seguenti valori:
=8,3 10-3
n3
=
(1, 275 − 1,5n)2
2
φ(n)
(1 − n )
C
1/de
3 ∆gi
ln di g − ln di d
+ ∑ ∆g i
dove ∆gi è la frazione di peso del
2 di
di g − d i d
campione compresa fra il diametro maggiore e minore (d ig e
did) dei granuli del passante i-esimo
=
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
10. Formula USBR.
104
FORMULA GEO VER.2.0
Nella formula USBR le grandezze da introdurre nella relazione di calcolo di K assumono i
seguenti valori:
C
=4,8 10-4 d200,3
φ(n) =1
de
=d20
La formula è applicabile nel caso di sabbie medie con η< 5.
105
FORMULA GEO VER.2.0
Stima dell’intensità e della durata critica di precipitazione per l’innesco di movimenti
franosi in coltri detritiche.
Stima dello spessore critico di una copertura detritica.
I movimenti franosi che coinvolgono coperture detritiche in senso lato, cioè quei depositi
derivanti dal disfacimento meteorico e dalla frammentazione meccanica del substrato
roccioso, in genere sono caratterizzati da una notevole estensione in senso longitudinale
rispetto allo spessore del materiale coinvolto. Tale tipo di frana può essere analizzato in
maniera efficace attraverso il metodo del pendio illimitato (Skempton, 1957), supponendo
cioè una superficie di scivolamento piana, parallela al profilo topografico e di lunghezza
indefinita. Un’altra osservazione è che spesso la mobilitazione del detrito avviene in
seguito a saturazione del materiale in corrispondenza di eventi meteorici intensi. E’
possibile, utilizzando la relazione di Skempton nel caso di terreni saturi, valutare lo
spessore della coltre detritica necessario per raggiungere la condizione di equilibrio limite
(forze stablizzanti=forze instabilizzanti). In questa situazione il coefficiente di sicurezza
calcolato con la formula del pendio illimitato è uguale a 1 e lo spessore di materiale
corrispondente viene definito critico.
Lo spessore critico può essere quindi calcolato direttamente attraverso la relazione:
hcrit =
c
1
cos 2 β
γ
γ'

 tgβ − tgϕ
γ


dove:
c (t/mq) = coesione drenata del terreno;
ϕ (°)
= angolo di resistenza al taglio del terreno;
γ (t/mc) = peso di volume saturo del terreno;
γ’(t/mc) = peso di volume immerso del terreno;
β (°)
= inclinazione del versante.
E’ evidente che, nel caso di terreno con coesione nulla, lo spessore critico sarà sempre
uguale a zero e quindi perde significato tutta la verifica seguente.
Stima dell’intensità e della durata critica di precipitazione.
Il modello, messo a punto da Wallace (1977) e Pradel e Raad (1993), prevede il verificarsi
della seguente serie di eventi:
su un versante assimilabile ad un pendio illimitato, secondo la definizione di Skempton, si
verifica una precipitazione meteorica di intensità superiore alla permeabilità del terreno; si
considerano nulli gli apporti idrici provenienti da monte e l’effetto dell’evapotraspirazione,
ipotizzando che i due fenomeni si compensino;
lo strato superficiale inizia a saturarsi e il fronte di saturazione, al proseguire della
precipitazione, tende ad approfondirsi sempre più;
quando lo spessore della coltre saturata dalla pioggia è uguale o leggermente superiore
allo spessore critico, calcolato con la verifica di stabilità, si ha l’innesco del movimento
franoso.
Nel caso la precipitazione duri meno del tempo necessario al fronte di saturazione per
raggiungere lo spessore critico non si avrà alcun movimento franoso.
106
FORMULA GEO VER.2.0
Utilizzando il modello di infiltrazione di Green e Ampt (1911) è possibile stabilire il tempo
minimo necessario, perché si abbia la saturazione dello spessore critico:
t min =
 Pris + D 
∆θ 

 D − Pris ln 
k 
 Pris 
dove:
∆θ
= porosità efficace residua data da (1-s) θ, in cui s è il
grado di saturazione iniziale del terreno e θ è la porosità
efficace;
k (mm/h) = permeabilità del terreno;
D (mm)
= spessore critico
Pris (mm) = pressione di risaturazione, stimabile, nota la curva
granulometrica del terreno, con la relazione 12/d 10, dove
d10 è il diametro del passante al 10%.
Di conseguenza una delle condizioni perché si abbia l’innesco del movimento franoso è
che sia tprec ≥tmin (durata della precipitazione).
Nel caso inoltre l’intensità della precipitazione sia inferiore alla permeabilità del terreno
non si potranno instaurare le condizioni di saturazione, in quanto l’acqua infiltrata viene
allontanata troppo rapidamente.
Per un determinato valore di durata è possibile stimare l’intensità di precipitazione minima,
perchè si possa creare un fronte di saturazione:
I min ( mm / h) =
 Pris + D   D + Pris
∆θ 
 
 D − Pris ln 
t 
 Pris   D
Facendo variare t, partendo da un valore minimo uguale al tmin calcolato, si può ottenere
una curva, che, su un grafico in scala bilogaritmica, disponendo sulle ordinate le intensità
di precipitazione e in ascissa le durate, fornisce l’indicazione dell’intensità minima di
precipitazione, associata ad una determinata durata, necessaria per l’innesco della frana.
In pratica tutte le precipitazioni con una durata minima superiore a t min e con un’intensità
che si colloca sopra la curva disegnata possono produrre il movimento franoso.
Per poter fare delle previsioni sulla frequenza, in un determinato versante, di eventi di
movimentazione della coltre detritica, è necessario confrontare la curva Durata-Intensità,
determinata con il modello, con le curve di possibilità climatica stimate partendo dai dati di
piovosità del bacino per diversi tempi di ritorno.
Nella figura che segue in blu è indicata la curva del modello e in nero la curva di possibilità
climatica per un determinato tempo di ritorno. La zona in rosso racchiude tutte le possibili
combinazioni di durata e intensità di precipitazione che possono innescare, nel versante
preso in esame, un movimento franoso con una frequenza uguale al tempo di ritorno della
curva climatica.
107
FORMULA GEO VER.2.0
108
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
STABILITA’ DI VERSANTI IN ROCCIA
Stabilità globale dell'ammasso roccioso.
Definizione del problema.
Le procedure di analisi di stabiltà globale di un pendio in roccia, attraverso
la valutazione dell'equilibrio limite, consistono nella stima di un coefficiente
di sicurezza alla traslazione e/o alla rotazione del volume di roccia
compreso fra la superficie del versante ed una superficie di taglio potenziale
imposta.
La procedura di calcolo prende in considerazione tutte le forze e/o i
momenti agenti lungo il piano di taglio, fornendo una valutazione della
stabilità globale attraverso le equazioni d'equilibrio fornite dalla statica.
Il coefficiente di sicurezza globale del pendio viene calcolato attraverso il
rapporto fra la resistenza di taglio massima disponibile lungo la superficie
di rottura e gli sforzi tangenziali mobilitati lungo tale piano:
(1) Fsic = Tmax / Tmob ;
con
Fsic= coefficiente di sicurezza;
Tmax= resistenza di taglio massima;
Tmob= sforzo tangenziale mobilitato.
All'equilibrio(Tmax=Tmob) Fsic deve essere ovviamente uguale a 1.
Il pendio potrebbe essere considerato in teoria stabile, quando Fsic risulta
maggiore di 1 (Tmax>Tmob), instabile in caso contrario (Tmax<Tmob). In
realtà, per tener conto dell'incertezza introdotta dalle ipotesi semplificatrici
nella procedura di calcolo e soprattutto dell'approssimazione con cui sono
noti i parametri geomeccanici della roccia, per Legge (D.M.21.1.81) e per
consuetudine pratica la stabilità può dirsi raggiunta solo nel caso in cui Fsic
sia maggiore di 1.3.
Vanno quindi distinti tre casi:
1
FORMULA GEO VER.2.0
a) Coefficiente di sicurezza inferiore a 1: il pendio si trova in condizioni di
instabilità globale.
b) Coefficiente di sicurezza compreso fra 1 e 1.3: il pendio si trova in
condizioni prossime all'equilibrio limite; anche un piccolo incremento degli
sforzi tangenziali sulla superficie potenziale di rottura può innescare il
fenomeno franoso.
c) Coefficiente di sicurezza superiore a 1.3: il pendio si trova in condizioni
di stabilità globale.
Impostazione della procedura di calcolo.
Nell'applicare le equazioni della statica al problema dell'analisi di stabilità
di un pendio in roccia occorre ipotizzare che siano verificate le seguenti
condizioni:
a) la verifica va eseguita prendendo in esame una striscia di versante di
larghezza unitaria (solitamente di 1 metro), trascurando l’interazione laterale
fra tale striscia e la roccia contigua;
b) la resistenza al taglio lungo la superficie potenziale di rottura deve essere
esprimibile attraverso la legge di Coulomb:
(2) Tmax = c + γhtgϕ ;
con
Tmax = resistenza di taglio massima del terreno;
c= coesione del terreno;
γ= peso di volume del terreno;
h= profondita' della superficie di rottura;
ϕ = angolo di resistenza al taglio del terreno.
c)la precisione con cui vengono stimati in sito o in laboratorio i parametri
geotecnici coesione e angolo di resistenza al taglio deve essere la stessa: in
caso contrario la resistenza al taglio mobilitata dovrebbe essere espressa
nel seguente modo:
2
FORMULA GEO VER.2.0
Tmob =
c
γhtgϕ
+
Fiscc Fiscϕ
con
Fsiic =coefficiente di sicurezza legato a c;
Fsicp =coefficiente di sicurezza legato a ϕ;
introducendo nel calcolo due coefficienti di sicurezza invece di uno, con
ovvie complicazioni nella risoluzione analitica del problema;
d) deve aversi una distribuzione omogenea degli sforzi tangenziali
mobilitati (T mob) lungo la superficie potenziale di rottura. Questo significa
che in ogni punto del piano ipotetico di scivolamento i parametri
dell'equazione di Coulomb c, ϕ, γ ed h devono avere lo stesso valore.
Per limitare l'errore introdotto nel calcolo da quest’ultima ipotesi, la
superficie di scivolamento viene, nella maggior parte delle procedure di
calcolo note in letteratura, suddivisa in più settori (conci), all'interno dei
quali si considera realizzata la condizione di omogeneità di Tmob. Nella
pratica i limiti dei conci vengono fatti cadere dove vi sia una variazione
significativa di ϕ c e γ del terreno o in corrispondenza di variazioni
significative nel profilo topografico del versante.
Questo modo d'impostare il problema conduce però all'introduzione nella
risoluzione analitica di nuove incognite che esprimono il modo in cui
interagiscono fra loro, lungo le superfici divisorie, i vari conci.
In definitiva nel calcolo del valore di F sic intervengono le seguenti
incognite(n=numero dei conci preso in considerazione):
a) le forze normali (N) agenti sulla base del concio ( n incognite);
b) le forze tangenziali (T) agenti sulla base dei conci ( n incognite);
c) i punti, sulla base del concio, di applicazione delle forze normali e
tangenziali (n incognite);
d) le forze orizzontali agenti lungo le superfici di separazione dei conci ( n1 incognite);
3
FORMULA GEO VER.2.0
e) le forze verticali agenti lungo le superfici di separazione dei conci (n-1
incognite);
f) i punti di applicazione, sulle superfici di separazione dei conci, delle
forze d) ed e) (n-1 incognite);
g) il coefficiente di sicurezza Fsic (1 incognita).
In totale il problema comporta l'introduzione di 6n-2 incognite.
Per la sua risoluzione sono disponibili:
a) 3n equazioni d'equilibrio;
b) n equazioni del tipo:
T = (c l + N tg ϕ)/Fsic;
con
l = lunghezza del concio;
che collegano fra loro, per ogni concio, le incognite N, T ed Fsic.
c) n equazioni ottenute ponendo che il punto di applicazione di N e T cada a
metà della base del concio.
In totale quindi sono disponibili 5n equazioni per la soluzione analitica
del problema.
Perchè si possa arrivare alla determinazione di Fsic occorrerebbero
ovviamente tante equazioni quante sono le incognite.
In realtà perchè il problema sia staticamente determinato, e quindi
risolvibile, mancano ancora n-2 equazioni (la differenza fra il numero delle
incognite,6n-2, ed il numero delle equazioni disponibili, 5n).
Le equazioni mancanti possono essere ottenute introducendo nell'analisi
ulteriori ipotesi semplificatrici. Tali ipotesi riguardano generalmente la
distribuzione delle forze lungo le superfici di separazione dei conci. Le
varie procedure di risoluzione del problema differiscono essenzialmente
per la schematizzazione che viene fatta di questa distribuzione.
4
FORMULA GEO VER.2.0
Differenza con il caso di un pendio in terra.
CRITERIO DI ROTTURA DI HOEK & BROWN.
A differenza di quanto avviene nei versanti in terra, in quelli in roccia per la
descrizione della resistenza al taglio del materiale costituente il pendio non
può generalmente essere utilizzato il criterio di rottura di Coulomb:
Tmax = c + γ h tg ϕ;
dove
c = coesione del terreno;
γ h = pressione di confinamento;
ϕ = angolo d'attrito del terreno.
Questo infatti indica una correlazione fra resistenza al taglio del materiale e
pressione di confinamento di tipo lineare, mentre negli ammassi rocciosi
tale correlazione è chiaramente di tipo non lineare.
D'altra parte l'applicazione dei metodi classici per la verifica di stabilità di
un versante (Fellenius, Bishop, ecc...) richiedono che il materiale, terra o
roccia, sia descrivibile attraverso i parametri c e ϕ.
E' necessaria quindi una correlazione che leghi queste due grandezze a
quelle utilizzate normalmente per la descrizione del comportamento
meccanico dell'ammasso roccioso.
Hoek e Brown descrivono una procedura che consente l'applicazione delle
formule classiche dell'equilibrio limite di pendii in terra anche al caso di
ammassi rocciosi.
La forma generale del criterio di rottura di Hoek & Brown è la seguente:
 σ

(3) σ1 = σ3 ' + σc  mb 3 + s ;
 σc

a
dove:
mb =
s, a =
valore della costante m per gli ammassi rocciosi;
costanti dipendenti dalle caratteristiche dell’ammasso
5
FORMULA GEO VER.2.0
σc =
σ1 σ3 =
roccioso;
resistenza alla compressione monassiale della roccia intatta;
sforzi principali in tensioni efficaci.
La determinazione dei parametri a, s e mb viene fatta in funzione della
qualità dell’ammasso roccioso, quantificata dall’indice BasicRMR(76). Il
BasicRMR(76) corrisponde alla somma dei primi quattro termini della
classificazione di Bieniawski del 1976, alla quale va aggiunto un quinto
termine, relativo alle condizioni idrauliche dell’ammasso, assunto sempre
pari a 15 (ammasso completamente asciutto). Si tenga presente che l’indice
BasicRMR(76) corrisponde numericamente all’indice GSI (Geological
Strength Index).
Sulla base del valore stimato dell’indice BasicRMR(76), si distinguono i
seguenti casi:
• per ammassi rocciosi in condizioni indisturbate di qualità da buona a
media per i quali sia BasicRMR(76)≥25, si ha:
a = 0.5;
 GSI − 100
mb = mi exp 
;


28
 GSI − 100 
s = exp
;


9
• per ammassi rocciosi in condizioni indisturbate per i quali sia
BasicRMR(76)<25 (ma maggiore di 18, valore minimo previsto dalla
classificazione), si ha:
GSI
;
200
 GSI − 100
mb = mi exp 
;


28
s = 0;
a = 0.65 −
6
FORMULA GEO VER.2.0
• in tutti i casi in condizioni rimaneggiate o disturbate (ammassi rocciosi
scavati con esplosivo o alterati e detensionati), si ha:
 GSI − 100
mb = mi exp 
;


14
 GSI − 100 
s = exp
 (solo nel caso BasicRMR≥25, altrimenti s=0);


6
Per quanto riguarda la stima dei valori di mi, costante per i diversi litotipi, in
assenza di dati sperimentali, si può fare riferimento alla seguente tabella:
7
FORMULA GEO VER.2.0
8
FORMULA GEO VER.2.0
STIMA DEI VALORI DI ci E ϕi.
Poiché il criterio di Hoek e Brown esprime una curva di tipo non lineare, i
valori di coesione e angolo di resistenza al taglio variano in funzione dello
sforzo normale efficace (σn ' ) agente sulla base dei singoli conci.
ån ' viene definito come segue:
(4)σn ' = γ h cos α - γw hw (metodo di Fellenius);
γ h - γw hw - C tg α/ F
(4’) ån ' =
in cui:
1 + tg ϕ tg α/ F
(altri metodi);
γ = peso di volume dell'ammasso roccioso;
h = spessore medio del concio;
γw=peso di volume dell'acqua;
hw=spessore medio della colonna d'acqua nel concio;
α = inclinazione della base del concio;
F = coefficiente di sicurezza.
I valori della coesione e dell’angolo di resistenza al taglio istantanei da
impiegare nel calcolo si ricavano dalle seguenti relazioni:
9
FORMULA GEO VER.2.0
• per ammassi rocciosi in condizioni indisturbate di qualità da buona a
media per i quali sia BasicRMR(76)≥25:


1
1  
ϕi ' = arc tan  4h cos 2  30 + arcsin 3  − 1
3


h  
16(mi σn '+σc )
h = 1+
;
3mi 2 σc
ci ' = τ − σn ' tan ϕi ;
m
τ = σc i (cot ϕi '− cos ϕi ') ;
8
−0. 5
;
• per ammassi rocciosi in condizioni indisturbate per i quali sia
BasicRMR(76)<25 (ma maggiore di 18, valore minimo previsto dalla
classificazione) i valori di ci e ϕi’si possono ottenere attraverso lo
sviluppo di una tecnica numerica per la soluzione in forma implicita. In
questo caso i passi di calcolo sono i seguenti:
• sulla base della distribuzione degli sforzi normali efficaci σn ’alla
base di ogni singolo concio della superficie potenziale di
scivolamento, si stabilisce un campo di variazione ∆σn ’ compreso
fra il σn ’ massimo e il σn ’ minimo della superficie;
• ad ogni passo di incremento ∆σn ’ , con le procedure di Hoek e
Brown, si calcolano i valori di σ1 , facendo variare σ3 da un valore
prossimo a 0 fino ad un valore tale per cui il σn ’, valutato con le
equazioni di Balmer, supera di poco il σn ’ massimo dell’intervallo
analizzato. Il passo di variazione di σ3 (∆σ3 ) è fornito dalla
relazione ∆σ3 = σc/210 . Ad n passi ∆σ3 corrispondono altrettante
coppie di valori di σ1 , σ3 , con le formule di Hoek e Brown, e n
gruppi di valori δσ1 /δσ3 , σn ’, τ, ottenuti attraverso le relazioni di
Balmer:
σ1 − σ3
;
σn = σ3 + δσ
1
+1
δσ3
10
FORMULA GEO VER.2.0
τ = (σn − σ3 )
δσ1
σ 
= 1 + amb a  3 
δσ3
 σc 
δσ1
;
δσ3
a −1
(caso GSI<25, con s=0).
Dalle formule di regressione lineare:

∑ σn ∑ τ 
 ∑ σn τ −

n

,
ϕi ' = arc tan
2 

( ∑ σn ) 
 ∑ σn 2 −

n


 ∑ τ   ∑ σn 
ci ' = 
 − 
 tan ϕi ' ,
 n   n 

•
si ricavano i corrispondenti valori di ci’ e ϕi’ dell’intervallo
considerato.
Per ogni singolo concio s’individua l’intervallo di valori di σn
calcolati nel passo precedente (∆σn ) nel quale ricade il σn ’ medio
della base del concio. ∆σn a sua volta si collega a due intervalli di
variazione della coesione e dell’angolo di resistenza al taglio
istantanei (∆ci’ e ∆ϕi’), da cui si ricavano:
σnbc '
∆c ' ,
∆σn i
σ '
ϕibc = nbc ∆ϕi ' ,
∆σn
dove bc=base del concio.
cibc =
CONSIDERAZIONI SULL’USO DEL CRITERIO DI ROTTURA DI HOEK & BROWN.
11
FORMULA GEO VER.2.0
Il criterio di rottura di Hoek & Brown andrebbe utilizzato in teoria solo in
presenza di rocce intatte o ammassi rocciosi altamente fratturati, dove
l’ammasso roccioso nella sua globalità può essere considerato come un
mezzo omogeneo ed isotropo. Non deve essere applicato in situazioni
intermedie, dove le superfici di discontinuità presenti vadano ad influenzare
il comportamento geomeccanico dell’ammasso. In questi casi problemi
d'instabilità potranno aversi esclusivamente per singoli blocchi o porzioni di
versante isolati dall'intersezione dei giunti di discontinuità meccanica
presenti. Questo tipo di problema andrà affrontato con una procedura
sostanzialmente differente (vedi 'Stabilità di cunei isolati').
Risoluzione con i metodi dell'equilibrio limite
Le instabilità di interi versanti o di importanti parti di versanti in roccia,
avvengono per superfici circolari o subcircolari solo in presenza delle
seguenti caratteristiche geostrutturali e geomeccaniche:
• Pendio costituito da rocce altamente fratturate fino a cataclasate (“waste
or crushed rock mass”), con comportamento a grande scala
tendenzialmente simile a quello dei terreni e discontinuità non isorientate
(“random”) in cui si verificano le condizioni:
• basso grado di “ interlocking” ovvero di intercompenetrazione
e reciproco incastro dei volumi rocciosi unitari determinati
dalle superfici di discontinuità
• dimensioni dei volumi rocciosi unitari isolati dalle
discontinuità, trascurabili nei confronti delle dimensioni del
pendio. Questa situazione si verifica nei confronti dei versanti
fortemente estesi in rapporto al reticolo fratturativo presente;
si tratta quindi di un fenomeno che risente in maniera
piuttosto evidente del decadimento delle caratteristiche di
resistenza per il cosiddetto“effetto scala”. Tale fenomeno
contraddistingue i cosiddetti “sackung” (“Deep Seated Mass
Rock Creep”) che consistono in frane di versante di grosse
dimensioni.
• Pendio costituito da rocce con una o più famiglie di superfici di
discontinuità geostrutturale-geomeccanica disposte sfavorevolmente alla
giacitura del pendio o con direzione prossima alla stessa. Le superfici di
12
FORMULA GEO VER.2.0
discontinuità geostrutturale-geomeccanica possono essere di origine
singenetica, tettonica o metamorfica ( o post-tettonica o postmetamorfica) e possono essere inclinate in qualsiasi modo rispetto al
pendio purché la loro direzione sia prossima allo stesso (± 20° da “Rock
Slope Engineering”) ovvero le superfici siano “cinematicamente
ammissibili”. E’ il caso prevalentemente considerato nella presente
trattazione.
• Pendio costituito da rocce tenere e/o suoli molto compatti e
sovraconsolidati dove il comportamento complessivo a grande scala è
quello rispettivamente di un mezzo omogeneo isotropo continuo e dei
terreni.
• Pendio costituito da rocce completamente alterate dai fenomeni di
“weathering” dove il comportamento è quello dei terreni.
Fig. 1 Scivolamento subcircolare in roccia fratturata con discontinuità non
isorientate (“random”)
Superfici di rottura subcircolari possono verificarsi in tutti i casi in cui esiste
una combinazione delle precedenti quattro tipologie di caratteristiche
geostrutturali e geomeccaniche.
Con riferimento alla classificazione proposta da Aydan et Alii, che classifica
la tipologia di rottura nei versanti in roccia essenzialmente sui criteri di
classificazione di tipo C [Froldi], ovvero determinati dalle strutture o
insieme di strutture coinvolte nella rottura, questi fenomeni rientrano nella
classe II della Fig. 2. In particolare modo essi combinano taglio lungo la
matrice rocciosa e scivolamento lungo le discontinuità preesistenti.
13
FORMULA GEO VER.2.0
Fig. 2 Classificazione di Aydan et Alii di rottura su pendii in roccia
Questa eventualità è individuata anche da Jaeger che suggerisce il caso
particolare di un pendio con discontinuità a franappoggio con diverse
possibili superfici di rottura (vedi Fig. 3);
14
FORMULA GEO VER.2.0
Fig. 3 Possibilità di rottura su roccia e discontinuità secondo Jaeger
a titolo di esempio eclatante e internazionalmente riconosciuto riporta la
frana del Vajont (vedi Fig. 4).
Fig. 4 Frana del Vajont (9 Ottobre 1963)
Di seguito sono illustrati alcuni esempi di pendii in roccia con potenziale
formazione di superfici di rottura circolari o subcircolari in base alle relative
caratteristiche geostrutturali e geomeccaniche.
Nb. : In tutti i casi le discontinuità devono risultare con direzione prossima
(± 20°) a quella del pendio; qualora posseggano discontinuità con
15
FORMULA GEO VER.2.0
immersione reggipoggio di elevata inclinazione, le superfici di potenziale
scivolamento non devono ricalcare dette discontinuità nella parte alta del
pendio ovvero le analisi all’equilibrio limite a conci non contemplano
superfici a tetto con conseguenti stati di sforzo a trazione.
1. Pendio con una sola famiglia di discontinuità immergente a
contropoggio
2. Pendio con una sola famiglia di discontinuità immergente a debole
franappoggio (in caso di pronunciato franappoggio prevale lo
scivolamento planare “plane failure”
3. Pendio con una sola famiglia di discontinuità immersa a reggipoggio
4. Pendio con due o più famiglie di discontinuità in combinazioni di
assetti geostrutturali variabili
5. Pendio con due o più famiglie di discontinuità con giaciture
orizzontali e verticali
6. Pendio con una o più famiglie di discontinuità e con contatto
formazionali, stratigrafici e/o tettonici particolari.
Metodo di Fellenius.
Con il metodo di Fellenius si pone la condizione che le forze agenti sulle
superfici di separazione dei conci siano orientate parallelamente alla base
dei conci stessi. Viene inoltre ipotizzato che la superficie potenziale di
scivolamento sia circolare.
Posto:
(5) N i=Wconcio(i) cos α i;
con
Wconcio(i)=peso del volume di terra compreso nel concio i-esimo;
α i=inclinazione della base del concio i-esimo;
Ni=componente normale alla base del concio di Wconcio(i).
Imponendo l’equilibrio dei momenti rispetto al centro della superficie
circolare di scivolamento potenziale del pendio, si può scrivere:
(6) ΣR sen α i Wconcio(i)=ΣR Ti;
16
FORMULA GEO VER.2.0
in cui il prodotto R sen α i rappresenta il braccio di Wconcio(i).
Sostituendo nella (6) a Ti la sua espressione, data dalla (4), si ottiene infine:
(7)Fsic = ΣC i Lconcio(i)+N i tg ϕ i) / Σ sen α i Wconcio(i);
con
Ci=coesione agente lungo la base del concio i;
Lconcio(i)=lunghezza della base del concio i;
ϕi=angolo d’attrito agente lungo la base del concio i;
Introducendo nella (7) il contributo dovuto alla presenza di falda idrica si
ottiene:
(8) Fsic = Σ[C i Lconcio(i) + (N i- hfalda(i) Lconcio(i) )tg ϕ i] / ΣWconcio(i)
sen α i ;
in cui:
hfalda(i)=altezza della falda rispetto alla base del concio i;
Il metodo di Fellenius conduce generalmente a sottostime di Fsic rispetto a
metodi più rigorosi. L’errore è comunque a favore della sicurezza.
Metodo di risoluzione di Bishop (semplificato).
Con il metodo di Bishop semplificato si pone la condizione che le forze
verticali agenti sulle superfici di separazione dei conci siano trascurabili. Di
conseguenzai singoli conci interagiscono fra di loro solo attraverso forze
orientate lungo l'orizzontale.
Viene inoltre supposto che la superficie potenziale di scivolamento sia
circolare.
La resistenza al taglio massima disponibile lungo la superficie potenziale
di rottura è data, per ogni concio da:
(9) Ti max = Xi / (1 + Yi / Fs);
17
FORMULA GEO VER.2.0
con Xi = ( c + (g x h - gw x hw) x tg ϕ) x dx / cos α
con gw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua sulla base del concio;
dx = lunghezza del concio lungo l'orizzontale;
α = inclinazione del concio sull'orizzontale.
Yi = tg α x tg ϕ
La resistenza al taglio mobilitabile lungo il piano di taglio è per ogni concio
data da:
(10) Ti mob = Zi
con Zi = g x h x dx x sen α
Il coefficiente di sicurezza del pendio viene, sulla base della (1), espresso
come segue:
(11) Fs = ∑(i=1-n) Ti max / ∑(i=1-n)Ti mob
Si noti che il coefficiente di sicurezza Fs, che è la grandezza da
determinare, viene a comparire anche al numeratore della (11) attraverso
l'espressione della T max (equazione (9)). Di conseguenza non sarà
possibile la risoluzione diretta della (11).
La procedura da adottare in questo caso dovrà essere di tipo iterativo, fino
all'ottenimento della convergenza su un valore praticamente costante di Fs.
Questi sono i passi da seguire:
1.
si introduce un va lore iniziale di Fs (per es. 1) e si risolve la (11);
2.
il nuovo valore di Fs (Fs') ottenuto viene confrontato col valore di
partenza;
18
FORMULA GEO VER.2.0
3.
se la differenza supera un limite prefissato ( es. Fs'-Fs>0.001), si
ritorna al passo a), inserendo nella (11), al posto del valore di
partenza di Fs, il nuovo valore calcolato;
4.
se la differenza rimane contenuta nel limite indicato, l'elaborazione va
interrotta: il coefficiente di sicurezza cercato è Fs'.
Generalmente il procedimento richiede dalle quattro alle otto iterazioni per
convergere.
Il metodo di Bishop richiede che siano, per tutti i conci, rispettate le due
seguenti condizioni:
•
s' = (g x h - gw x hw - c x tg α / Fs)/(1+Y / Fs) > 0
con s' = pressione normale agente sulla base del concio;
•
cos α x (1 + Y/Fs) > 0.2.
In caso contrario il metodo può condurre a valori del coefficiente di
sicurezza non realistici.
Il metodo va applicato preferibilmente su versanti costituiti da terreni
omogenei, dal punto di vista litologico e delle caratteristiche
geomeccaniche, o, al limite, su terreni in cui la stratificazione non porti a
contatto litologie a comportamento meccanico significativamente diverso ;
se ne sconsiglia l'uso anche in presenza di terreni fortemente
sovraconsolidati.
Confrontando il metodo di Bishop semplificato con la sua versione
completa, si ottengono differenze massime nei valori dei coefficienti di
sicurezza non superiori all'uno percento. Rispetto ad altri metodi più
rigorosi, come il Morgenstern-Price, lo scarto non supera il 5%, tranne nel
caso, di scarso interesse pratico, in cui sia Fs<1.
Metodo di risoluzione di Janbu (semplificato).
19
FORMULA GEO VER.2.0
Nel metodo di Janbu semplificato si pone la condizione che le forze
verticali agenti sulle superfici di separazione dei conci siano trascurabili. Di
conseguenza i singoli conci interagiscono fra di loro solo attraverso forze
orientate lungo l'orizzontale.
Questo metodo, a differenza di quello di Bishop, consente di verificare
superfici potenziali di scivolamento di forma qualsiasi.
La resistenza al taglio massima disponibile lungo la superficie potenziale
di rottura è data, per ogni concio, da:
(12) Ti max = Xi / (1+Yi/Fs);
con Xi = [c+(g x h-gw x hw ) x tg ϕ] x [1+(tg ϕ2)] x dx
con gw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua sulla base del concio;
dx = lunghezza del concio lungo l'orizzontale;
α = inclinazione del concio sull'orizzontale.
Yi = tg α x tg ϕ
La resistenza al taglio mobilitabile lungo il piano di taglio è per ogni concio
data da:
(13) Ti mob = Zi
con Zi = g x h x dx x tg α
Il coefficiente di sicurezza del pendio viene, sulla base della (1), espresso
come segue:
(14)Fs = ∑(i=1-n)T i max / ∑(i=1-n)Ti mob
Si noti che il coefficiente di sicurezza Fs, che è la grandezza da
determinare, viene a comparire anche al numeratore della (14) attraverso
20
FORMULA GEO VER.2.0
l'espressione della T max (equazione (12)). Di conseguenza non sarà
possibile la risoluzione diretta della (14).
La procedura da adottare in questo caso dovrà essere di tipo iterativo,come
nel caso del metodo di Bishop, fino all'ottenimento della convergenza su un
valore praticamente costante di Fs.
Questi sono i passi da seguire:
1.
si introduce un valore iniziale di Fs (per es. 1) e si risolve la (14);
2.
il nuovo valore di Fs (Fs') ottenuto viene confrontato col valore di
partenza;
3.
se la differenza supera un limite prefissato ( es. Fs'-Fs>0.001), si
ritorna al passo a), inserendo nella (7), al posto del valore di partenza
di Fs, il nuovo valore calcolato;
4. se la differenza rimane contenuta nel limite indicato, l'elaborazione va
interrotta: il coefficiente di sicurezza cercato è Fs'.
Generalmente il procedimento richiede dalle quattro alle otto iterazioni per
convergere.
Il metodo va applicato preferibilmente su versanti costituiti da terreni
eterogenei, dal punto di vista litologico e delle caratteristiche
geomeccaniche. In questi casi infatti la superficie potenziale di rottura avrà
probabilmente forma irregolare, lontana dalla circolarità.
Il metodo di Janbu può condurre, rispetto ad altri metodi più rigorosi, come
il Morgenstern-Price, a scarti non trascurabili, soprattutto in presenza di
superfici potenziali di rottura profonde o in presenza di forte coesione. E'
quindi consigliabile l'introduzione di un fattore correttivo che minimizzi tale
scarto.
Janbu suggerisce per tale coefficiente la seguente forma:
(15) f = 1 + K x [ d/l - 1.4 x (d/l)2];
con
l = lunghezza del segmento retto congiungente il piede del versante
con la sua estremità superiore;
21
FORMULA GEO VER.2.0
d = scarto massimo fra la congiungente il piede del versante e l'
estremità superiore e la superficie potenziale di scivolamento,
misurato lungo la perpendicolare del
primo;
K = costante uguale a 0.31 in terreni privi di coesione (c=0) e a
0.5 per terreni coesivi (c>0).
Il coefficiente di sicurezza corretto è dato quindi da:
(16) Fs' = f x Fs
con Fs = coefficiente di sicurezza non corretto.
Il metodo di Janbu semplificato si presta inoltre meglio di altre procedure
alla verifica dell’influenza di superfici di discontinuità geostrutturaligeomeccaniche sulla stabilità complessiva. Le porzioni di superficie di
potenziale scivolamento appartenenti alle superfici subcircolari e/o
irregolari che ricadono all’interno di un intervallo prefissato intorno ai piani
di discontinuità ne assumono le relative caratteristiche di resistenza, mentre
le restanti parti assumeranno le caratteristiche della massa rocciosa nel suo
complesso.
In pratica nel calcolo si tiene conto di ciò attraverso la seguente procedura:
• s’individuano le superfici di discontinuità con valore della direzione di
immersione contenute entro ± 20° rispetto alla direzione di immersione
del pendio (asse della sezione) e le relative caratteristiche di:
a1) distribuzione di frequenza dei valori di immersione
(dip, β );
a2) caratteristiche di resistenza secondo il criterio di Hoek
& Brown, Mohr-Coulomb o Barton;
• s’individuano le inclinazioni (α
α ) (valori di dip) delle basi dei conci della
massa di potenziale scivolamento;
• si stima l’intervallo o “cono di confidenza” (± ε ), dipendente dalla
distribuzione di frequenza dei valori di immersione (β
β ) entro il quale
applicare alla base del concio le caratteristiche della discontinuità in essa
compresa. L’intervallo (ε
ε ) si può determinare sulla base di:
c1) un valore prefissato “a priori”
c2) un valore di ampiezza della classe modale
22
FORMULA GEO VER.2.0
c3) altri valori di significatività statistica in base alla forma
di distribuzione di frequenza del campione
(“gaussiana” o non)
• si attribuiscono le caratteristiche di resistenza alle basi dei conci quando
la loro dip (α
α ) ricade (vedi Fig. 6) all’interno dell’intervallo o “cono di
confidenza” (± ε ) precedentemente definito ovvero quando β - ε < α < β
+ ε . Le caratteristiche di resistenza saranno immesse secondo i parametri
richiesti dal criterio di resistenza prescelto nella fase a2).
b2
59°02'10"
Discontinuit
K2
Pendio con superficie di
scivolamento circolare
Superficie circolare
+e
Profilo del pendio
6°27'30"
6°58'08"
Discontinuit
K1
-e
b1
18°35'30"
4°02'20"
4°04'02"
+e -e
b1, b2 = valori di immersione (dip) delle discontinuit
+ e, - e = valori di escursione del "cono di confidenza" intorno alla discontinuit
Metodo di risoluzione di Spencer.
Nel metodo di Spencer si pone la condizione che le forze d'interazione
lungo le superfici di divisione dei singoli conci siano orientate
parallelamente fra loro ed applicate nel punto medio della base del concio.
Si tratta, nella sua espressione analitica, di un' estensione del metodo di
23
FORMULA GEO VER.2.0
Bishop semplificato, ed è quindi valido per superfici di scivolamento subcircolari.
La forza d'interazione fra i conci applicata nel punto medio della base del
concio i-esimo è data da:
(17) Q i = [(c l/Fs) (Wcosα - h gw l secα) tg ϕ / Fs - Wsenα] /(cos(α-θ) ma
con ma=1+ [tg ϕ tg(α-θ)] / Fs
θ = angolo d'inclinazione della forza Q i rispetto all'orizzontale.
Imponendo l'equilibrio dei momenti rispetto al centro dell'arco descritto
dalla superficie di scivolamento si ha:
(18) ∑ Qi R cos(α-θ)=0;
con R= raggio dell'arco di cerchio.
Imponendo l'equilibrio
rispettivamente:
delle
forze
orizzontali
e
verticali
si
ha
(19) ∑ Qi cos θ=0;
(20)∑ Qi sen θ=0.
Con l'assunzione delle forze Q i parallele fra loro, si può anche scrivere:
(21) ∑ Qi =0.
Il metodo propone di calcolare due coefficienti di sicurezza: il primo (Fsm)
ottenibile dalla (18), legato all'equilibrio dei momenti; il secondo (Fsf) dalla
(21), legato all'equilibrio delle forze. In pratica si procede risolvendo le (18)
e le (21) per un dato intervallo di valori dell'angolo teta, considerando come
valore unico del coefficiente di sicurezza quello per cui si abbia Fsm=FsF.
24
FORMULA GEO VER.2.0
Il metodo è valido per superfici di scivolamento circolari e quindi presenta
le stesse limitazioni di applicabilità del metodo di Bishop semplificato.
Applicazione della rottura progressiva a superfici di scivolamento in
roccia.
Molto frequentemente se non sempre il collasso di un versante o di un fronte
di scavo in roccia avviene per il fenomeno della rottura progressiva; alla
rottura delle parti più sollecitate, le cui caratteristiche di resistenza
precipitano verso termini residui, segue infatti la ridistribuzione delle
tensioni in eccesso con conseguente crisi di porzioni sempre maggiori che
conducono al collasso globale.
Di tale effetto, difficilmente implementabile in un codice di calcolo
automatico basato sull’equilibrio limite, se ne può tenere in conto attraverso
due approcci:
a) con l’attribuzione dei parametri residui ai conci con coefficiente di
sicurezza FS(n) < 1
b) considerando la cessione degli esuberi di forze agenti sulla base di
conci con FS(n) < 1 ai conci limitrofi.
La prima procedure appare più semplice e percorribile.
Secondo questa metodologia e considerando il metodo di Bishop
semplificato si può procedere attraverso le seguenti fasi:
1) si determina il valore di FS globale
2) si stimano i valori di FS(n) relativi ai singoli conci
3) s’individuano i conci a rottura per scivolamento (dove cioè FS(n)<1)
4) si attribuiscono i valori di resistenza al taglio residua ai conci con
FS(n)<1
5) si procede al ricalcolo del coefficiente di sicurezza globale del versante.
La fase 4 appare la più critica nell’intero processo.
Il comportamento tensio-deformativo di una roccia o ammasso roccioso
dipende da svariati fattori.
Considerando una curva sforzi-deformazioni caratteristica (Fig. 1, [Price,
1979]) di un campione in roccia sottoposto a compressione monoassiale si
osservano le fasi tipiche di evoluzione della rottura.
In essa si individuano, dopo un iniziale fase di compattazione dei vuoti (a),
tre fasi fondamentali di sviluppo corrispondenti a :
1) fase di pseudo-elasticità (b, c)
25
FORMULA GEO VER.2.0
2) fase di inizio rottura (d, e)
3) fase di propagazione della rottura (f)
Fig.1 - Curva sforzi-deformazioni caratteristica.
Tale comportamento, tipico di un campione di roccia intatta, può in realtà
differire notevolmente nella pratica nel caso di un ammasso roccioso
fratturato sottoposto a un tensore di sforzi non monoassiale.
Esemplificativamente, con riferimento alla Fig. 2, si possono distinguere tre
tipologie di comportamenti tipo:
a) elastico-fragile (brittle)
26
FORMULA GEO VER.2.0
b) elastico perfettamente plastico (ductile)
c) elastico-plastico con incrudimento (ductile-strain hardening)
Fig.2 - Tipologie di comportamenti.
27
FORMULA GEO VER.2.0
Il comportamento elastico-plastico con rammolimento può essere
considerato un sottotipo dei casi a) e b).
Nella figura 2 i tre comportamenti sforzi-deformazioni differiscono a causa
della diversa tensione di confinamento (s3) applicata: al crescere di questa
si ha una migrazione dal tipo a) al tipo c).
In generale si possono quindi individuare tre livelli di resistenza, che con
riferimento al tipo elastico-fragile della Fig. 3 [Brady & Brown],
corrispondono ai punti A, B, C:
A = sforzo di “snervamento” (yield strength)
B = sforzo di picco (peak strength)
C = sforzo residuo (residual strength).
Fig.3 - Livelli di resistenza sulla curva intrinseca.
Il comportamento di tipo b) è di fatto considerato in tutti i metodi di calcolo
all’equilibrio limite di stabilità di versanti; infatti in esso la resistenza di
picco coincide con quella residua.
Il comportamento di tipo a) elastico-fragile è proprio delle rocce; esse
possono avere comportamento di tipo b) solo se fortemente fratturate o
alterate.
In generale comunque è lecito aspettarsi, nel caso degli ammassi rocciosi,
una caduta di resistenza connessa al superamento della resistenza di picco.
Detta caduta di resistenza sarà funzione di:
a)
stato fratturativo dell’ammasso
b)
tensione di confinamento nel campo degli sforzi.
Qualora si applicasse il criterio di rottura di Hoek & Brown si possono
allora utilizzare come parametri residui quelli ottenuti dalla formulazione
28
FORMULA GEO VER.2.0
empirica di Priest & Brown che definisce i valori di m,s in funzione del
parametro RMR.
Calcolo dell'influenza di carichi esterni e di opere di sostegno sulla
stabilità del versante.
Sovraccarichi esterni.
Con Sn indichiamo la componente normale al piano potenziale di taglio
della somma delle forze applicate sulla superficie della base del concio da
sovraccarichi esterni (Si ). La sua espressione è la seguente:
(23) S n = S i x(sen β x cos α + cos β x sin α);
con
α=inclinazione della base del concio.
β=inclinazione dei sovraccarichi rispetto all'orizzontale, crescente in senso
antiorario.
La grandezza Sn va sommata, nell'equazioni dei metodi di calcolo visti in
precedenza, alla componente della forza normale N dovuta al peso del
concio i (vedi eq.4)
Con St indichiamo la componente tangenziale al piano potenziale di taglio
della somma delle forze applicate sulla superficie del concio da
sovraccarichi esterni (Si). La sua espressione è la seguente:
(24) St = S i x (cos β x cos α - sen β x sen α);
La grandezza St va sommata alla componente della forza tangenziale T
dovuta al peso del concio (vedi eq.4).
L'effetto di un sovraccarico sul pendio è quindi duplice: si ha una variazione
positiva o negativa (a seconda dell'inclinazione del sovraccarico rispetto alla
superficie potenziale di rottura ) sia delle forze normali sia di quelle
tangenziali, con conseguente modifica dei valori della resistenza al taglio
massima e di quella mobilitata.
29
FORMULA GEO VER.2.0
Sollecitazioni sismiche.
L'analisi dell'influenza delle sollecitazioni sismiche sulla stabilità globale di
un versante può essere condotta attraverso due approcci differenti:
•
•
si può introdurre la semplificazione che il sisma agisca come un sistema
di forze sul pendio di intensità e verso costante per tutta la durata
dell'evento sismico (metodo pseudostatico);
si può introdurre nel calcolo un sistema di forze che tenga conto delle
variazioni di verso ed intensità della sollecitazione sismica durante
l'evento (metodo dinamico).
La seconda procedura (metodo dinamico), pur conducendo a valutazioni più
realistiche,richiede la conoscenza o la simulazione di un accelerogramma di
riferimento, che fornisca per ogni istante dell'evento sismico l'andamento
delle accelerazioni subite dal pendio. Questo dati non sono però di facile
acquisizione, fatto che limita in pratica l'utlizzo di questo approccio.
Il programma utilizza il metodo pseudostatico, metodo meno preciso di
quello dinamico (fornisce in genere stime a favore della sicurezza della
stabilità globale), ma che presenta il vantaggio di essere di facile
applicazione. Gli unici dati richiesti in questo caso sono la accelerazione
massima orizzontale e, eventualmente, verticale subita dal versante durante
il sisma.
Il valore di Ago (accelerazione massima orizzontale), in mancanza di
valutazioni migliori può essere scelto fra quelli proposti dalle Norme
tecniche per le costruzioni in zona sismica del GNDT :
•
Ago=0.15 in zone con grado di sismicità uguale a 6;
•
Ago=0.25 in zone con grado di sismicità uguale a 9 (ex II categoria);
•
Ago=0.35 in zone con grado di sismicità uguale a 12 (ex I categoria);
oppure fra quelli indicati dalla Normativa vigente:
•
Ago=0.04 in zone con grado di sis micità uguale a 6;
30
FORMULA GEO VER.2.0
•
Ago=0.07 in zone con grado di sismicità uguale a 9 (ex II categoria);
•
Ago=0.10 in zone con grado di sismicità uguale a 12 (ex I categoria);
Per il parametro Agv (accelerazione massima verticale) una stima può
essere fatta applicando la relazione proposta da Tezcan et Alii(1971):
Agv = f x Ago;
con f=fattore di trasformazione variabile da 0,5 a 0,67.
Si tenga presente comunque che la Normativa vigente propone, in
condizioni normali, di trascurare Agv.
Il programma applica il metodo pseudostatico alla stabilità attraverso due
procedure differenti: il criterio delle forze orizzontali e quello di Binnie.
•
Criterio delle forze orizzontali:
Una valutazione dell'effetto di un sisma sulla stabilità di un versante può
essere fatta, supponendo che, durante l'intervallo di tempo in cui si ha la
manifestazione dell'evento sismico, su ogni singolo concio venga applicata
una forza orizzontale, diretta verso l'esterno, di modulo uguale a:
(25)Fsisma = Ago x Pc;
con
Ago = accelerazione sismica orizzontale max;
Pc = peso del concio.
Se con Ssisma indichiamo la sollecitazione sismica applicata al concio iesimo:
(25') Ssisma= Ag x Vc x y;
con
Vc=volume del concio;
31
FORMULA GEO VER.2.0
y=peso di volume medio del terreno costituente il concio;
le componenti normali e tangenziali di questa forza saranno date
rispettivamente da:
(26a)Sn = - Ssisma sen(alfa);
(26b)St = Ssisma cos(alfa).
con alfa=inclinazione della base del concio rispetto all'orizzontale.
La sollecitazione sismica conduce quindi da una parte alla diminuzione
delle forze normali applicate sulla base del concio, dall'altra porta ad un
aumento delle forze tangenziali sulla base stessa. L'effetto complessivo è
quello quindi di abbassare il valore del coefficiente di sicurezza. Questo
criterio non è applicabile a pendii con superfici di scivolamento potenziali
molto profonde, poichè in questo caso si avrebbe una sovrastima eccessiva
delle forze agenti, con un conseguente abbassamento sproporzionato del
coefficiente di sicurezza.
•
Criterio di Binnie.
Secondo questo criterio l'azione delle forze sismiche può essere simulata,
effettuando la verifica sul pendio ruotato di un angolo dato dalla relazione:
(27a) θ = arctg [Ago/(1+Agv)].
In pratica viene aumentata l'inclinazione media del versante, con
conseguente abbassamento del coefficiente di sicurezza.
Nel metodo si propone inoltre di moltiplicare il peso dei singoli conci per un
fattore correttivo dato da:
(27b) fc = √ [ ( 1 + Agv )² + Ago² ].
Il criterio può essere applicato a pendii con superficie potenziale di
scivolamento qualsiasi, ma può condurre ad errori, soprattutto per valori
elevati di Ago e Agv, nel caso sia presente la falda.
32
FORMULA GEO VER.2.0
Tiranti.
La tirantatura di un versante potenzialmente instabile cerca di conseguire il
duplice obiettivo di introdurre forze tangenziali (St) che si oppongano a
quelli instabilizzanti dovuti alla forza di gravità (diminuzione di T nell'eq.4)
e di aumentare lei forze normali (Sn) agenti sulla base del concio
(incremento di N nell'eq.4).
(28) S n = S i x (sen β x cos α + cos β x sin α);
(29) St = S i x (cos β x cos α - sen β x sen α);
con
alfa=inclinazione della base del concio i-esimo;
b=180°-i, con i=inclinazione del tirante rispetto all'orizzontale contato in
senso orario;
Si=carico d'esercizio del tirante.
La presenza dell’elemento strutturale lineare metallico (tirante o chiodo)
agisce inoltre come sezione resistente al taglio puro lungo la superficie di
potenziale rottura; in tal caso, allo scopo di rappresentare lo sforzo resistente
di taglio puro offerto dall’elemento resistente, d’ora in poi chiamato
“chiodo”, è possibile introdurre un incremento di resistenza (Τ
Τ d)
nell’ammasso roccioso dovuto al cosiddetto “effetto Dowel” (in italiano
“effetto tassellatura o incavicchiatura”).
I presupposti perchè si sviluppi l’ ”effetto Dowel” sono:
a) elementi di rinforzo passivi ovvero non tesati
b) sufficiente rigidezza e resistenza dell’ammasso roccioso al contorno
dell’insieme cementazione-chiodo.
Secondo Bjurstrom questo effetto dipende da tre parametri dell’insieme
roccia al contorno-cementazione-chiodo:
1. il diametro del chiodo (o barra) (∅
∅ b o db)
33
FORMULA GEO VER.2.0
2. la resistenza a compressione monoassiale minore tra quella
dell’anello di cementazione nel foro e quella dell’ammasso roccioso
al contorno (σ
σ c)
3. la resistenza allo snervamento del chiodo (o barra) (σ
σ s)
Il contributo allo forza resistente così offerto da ciascun chiodo è pari a :
Τd = d b2 × 0,67 ×
Td = 0,67d b 2 σs σc [MPa * m2 ] ;
(σ s × σc )
dove i parametri sono espressi in:
db [m]
σc [MPa]
σs [MPa]
In termini di incremento di coesione dovuto all’ “effetto Dowel” - Cd =
coesione dovuta all’ “ effetto Dowel” – si ha:
Cd =
n × Τd
s
Cd =
nTd
s
[MPa];
dove :
n = numero di chiodi che interessa la superficie di scivolamento
s = sviluppo della superficie di scivolamento considerata
Per inserire l’incremento di resistenza così espresso nelle verifiche di
stabilità in roccia occorre calcolare i parametri ni e si relativi alla base di
ciascun i-esimo concio e conseguentemente stimare la componente di
resistenza (coesione = Cd-i-esimo ) per “effetto Dowel” di ciascuno di essi da
sommarsi alla coesione dell’ammasso roccioso naturale.
Nel posizionare e dimensionare i tiranti va infine tenuto presente che:
•
•
il bulbo d'ancoraggio deve trovarsi ad una profondità superiore a quella
della superficie potenziale di scivolamento, per poter esercitare la sua
azione stabilizzante;
l'inclinazione ottimale del tirante può essere valuta con la relazione :
(30) iottimale = tan phi/Fs
34
FORMULA GEO VER.2.0
con
phi=angolo di resistenza al taglio del terreno;
Fs=coefficiente di sicurezza da raggiungere con l'intervento.
35
FORMULA GEO VER.2.0
Reticolo di micropali.
La stabilizzazione di un versante può essere ottenuta anche attraverso la
messa in opera di un reticolo di pali di piccolo diametro (micropali).
L'effetto che si cerca di ottenere in questo caso è di incrementare la
resistenza al taglio mobilitabile lungo la superficie di scivolamento,
creando un complesso pali-terreno che si comporti come un insieme
omogeno, rispetto ale sollecitazioni a cui è sottoposto il pendio. Questa
azione di armatura del pendio può essere introdotta nel calcolo, supponendo
un incremento virtuale della resistenza meccanica del terreno costituente il
versante.
Supponendo, a favore della sicurezza, che l'angolo di resistenza al taglio del
terreno rimanga invariato, si può esprimere il miglioramento delle
caratteristiche meccaniche del pendio incrementando il parametro coesione.
La procedura è descritta di seguito.
•
Si calcola l'area resistente equivalente del micropalo singolo attraverso
la relazione:
(31) Ae = Acls + 15 x Aacciaio;
con
Acls=area trasversale del micropalo;
Aacciaio=area dell'armatura d'acciaio.
•
Si valuta l'incremento della superficie potenziale di scivolamento con la
formula:
(32) DS=Co x Nm x Ae;
in cui
Co=Coefficiente di omogenizzazione palo-terreno dato da:
(33) Co=Ep/Et;
dove:
Ep=modulo di elasticità del calcestruzzo;
36
FORMULA GEO VER.2.0
Et=modulo di deformazione media del terreno;
Nm=numero di file di micropali per metro verticale.
•
Si determina l'incremento della coesione lungo la superficie potenziale
di scivolamento con la relazione:
(34) Dc = (ci + Smi x tan phii) x DS / ∑ li
dove:
ci=coesione media del concio i-esimo;
phii=angolo di resistenza al taglio media nel concio i-esimo;
Smi=pressione efficace media agente sulla base del concio i-esimo
∑li=sommatoria delle lunghezze delle basi dei singoli conci.
•
Si stima infine coesione virtuale per ogni concio, da usare nella verifica
di stabilità, con la relazione:
(35) Cv = Ci + DC.
Come nel caso dei tiranti è evidente che il reticolo di micropali per svolgere
un'azione stabilizzante deve andare ad appoggiarsi ad una profondità
superiore a quella della superficie potenziale di scivolamento.
Muri e gabbionate.
Opere di stabilizzazione superficiali, come muri e gabbionate, vanno
considerati , nella verifica di stabilità del pendio, sia per il loro effetto come
sovraccarichi verticali sia per l'azione di contenimento che esercitano sul
terreno a monte . I due effetti vanno calcolati come segue:
•
•
il sovraccarico verticale è dato dalla somma del peso dell'opera, muro o
gabbionata, e della componente verticale della spinta delle terre a tergo
dell'opera stessa;
l'azione di contenimento va posta uguale alla componente orizzontale
della spinta delle terre.
37
FORMULA GEO VER.2.0
Va tenuto presente che quest'ultima spinta entra in azione solo per superfici
potenziali di scivolamento che vadano ad intersecare la base dell'opera: per
superfici più profonde il muro o la gabbionata agiscono solo come
sovraccarichi, senza espletare funzione di contenimento.
Nel calcolo della stabilità del pendio, l'effetto delle due spinte è quello di
modificare le forze tangenziali (St) e normali (Sn) agenti sulla base del
concio. Numericamente questo può essere espresso dalle relazioni (23) e
(24), modificate come segue:
•
nel caso l'opera agisca come sovraccarico verticale (b=90°):
(36) Sn = Sv x cos α ;
(37) St = Sv x sin α;
•
con
Sv=modulo del sovraccarico verticale;
α=inclinazione della base del concio.
nel caso invece l'opera svolga azione di contenimento (b=0°):
(38) Sn = So x sin α;
(39) St = So x cos α;
con
So =modulo della spinta orizzontale delle terre.
Palificate.
Palificate con pali di grosso diametro che resistano a forze orizzontali
possono essere impiegati nella stabilizzazione di pendii. L'azione di
contenimento della palificata può essere calcolata considerando prima
l'effetto del palo singolo e quindi del gruppo di pali.
38
FORMULA GEO VER.2.0
1. Pali singoli
Verrà presa in considerazione la teoria di Broms(1964) applicata a pali
rigidi a testa incastrata, distinguendo fra pali fondati in terreni coesivi e pali
fondati in terreni incoerenti.
• Terreni coesivi.
La resistenza laterale è data da:
(40)R lat=9 C u Dpalo (Lpalo - 1.5 Dpalo );
con
Cu=coesione non drenata del terreno;
Dpalo =diametro o lato medio del palo;
Lpalo =lunghezza del palo.
La reazione del terreno ha quindi un andamento di tipo rettangolare, cioè
costante con la profondità:
(41)R z=9 C u Dpalo.
•
Terreni incoerenti.
In questo caso la (40) va riscritta come segue:
(42) Rlat=1.5 γ Lpalo 2 Dpalo Kp;
con
γ = peso di volume del terreno ;
Kp=(1 + sen ϕ)/(1 - sen ϕ).
La reazione del terreno ha qui un andamento di tipo triangolare, cioè
crescente linearmente con la profondità:
39
FORMULA GEO VER.2.0
(43) Rz=3 γ Lpalo Dpalo Kp.
2. Portanza della palificata.
Come nel caso di una palificata soggetta a carichi verticali, anche per gruppi
di pali sottoposti a sollecitazioni orizzontali va definito il concetto di
efficienza del gruppo.
Viene definita efficienza di una palificata soggetta a carichi orizzontali il
rapporto fra la portanza laterale complessiva del gruppo e la somma delle
portanze laterali dei singoli pali . In pali fondati in terreni incoerenti
l’efficienza spesso è prossima all’unità, in pali in terreni coesivi
generalmente è inferiore.
Si consiglia in generale di utilizzare come portanza laterale del gruppo di
pali il minore fra questi due valori:
1. la somma delle portanze laterali dei singoli pali;
2. la portanza laterale di un blocco di fondazione di larghezza uguale alla
larghezza della palificata (lato della palificata perpendicolare alla
direzione di carico) e di spessore corrispondente alla lunghezza dei pali,
cioé:
•
Terreni coesivi:
(44)Rpalificata=9 C u Lpalo(Lpalificata-Cr);
con
Lpalificata=larghezza della palificata;
Cr=il minore fra i valori (1.5Dpalo )e (0.1Lpalo ).
•
Terreni incoerenti:
(45) Rpalificata=1.5 γ Lpalo2 Lpalificata Kp.
3. Azione di stabilizzazione della palificata.
40
FORMULA GEO VER.2.0
L'azione di contenimento della palificata interviene nel calcolo della stabiltà
del pendio, modificando le forze normali (Sn) e tangenziali (St) agenti sulla
base del concio.
Le relazioni utilizzate sono quelle già viste in precedenza:
(46) Sn = Rpalificata x sin a ;
(47) St = -Rpalificata x cos a;
con
Rpalificata = portanza laterale della palificata;
a = inclinazione della base del concio.
Geotessili.
La resistenza meccanica del terreno può essere migliorata con l'introduzione
di rinforzi in geotessili. Il singolo rinforzo, intercettando la superficie
potenziale di scivolamento, isola un cuneo di terreno a monte che, in caso
d'instabilità, tende a muoversi verso l'esterno. Il geotessile si oppone a
questo movimento, sviluppando lungo la superficie di contatto rocciarinforzo una forza d'attrito diretta verso l'interno del pendio. Numericamente
questa forza può essere espressa nel seguente modo:
(48) Fr = Cf x tg phi x Lg x sv x Lf / Fsg
con
Cf = coefficiente d'attrito terra-rinforzo (normalmente varibile da 0.5 a 1);
phi = angolo di resistenza al taglio del terreno;
Lg = larghezza del rinforzo (posto in questo caso uguale a 1 metro);
sv = pressione efficace agente sul rinforzo;
Lf = tratto di rinforzo compreso fra la superficie di scivolamento ed il piano
campagna (tratto in cui si sviluppa la forza d'attrito);
Fsg = coefficiente di sicurezza (di solito posto uguale a 1.5).
41
FORMULA GEO VER.2.0
Anche in questo caso l'azione di contenimento della Fr, calcolata con la
(48), interviene nel calcolo della stabiltà del pendio, modificando le forze
normali (Sn) e tangenziali (St) agenti sulla base del concio.
Le relazioni utilizzate sono quelle già viste in precedenza:
(49) Sn = Fr x sin a ;
(50) St = -Fr x cos a;
con
a = inclinazione della base del concio.
Tension crack.
In presenza di movimenti franosi incipienti o in evoluzione, è frequente la
formazione in superficie di fratture di trazione (tension crack). Queste oltre
a rappresentare vie preferenziali per l'infiltrazione delle acque superficiali
nel corpo di frana, possono portare alla formazione di ristagni superficiali,
agenti come sovraccarichi sul pendio.
La variazione delle forze normali e tangenziali agenti sulla superficie del
concio è data da:
(51) Sn = yw x hw x sin a ;
(52) St = yw x hw x cos a;
con
yw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua nella tension crack;
a = inclinazione della base del concio.
Va ricordato anche che fratture di trazione superficiali possono formarsi in
terreni coesivi per essiccazione.
Effetto dell'acqua sulla stabiltà dei versanti.
42
FORMULA GEO VER.2.0
Come è possibile constatare dall'osservazione delle formule utilizzate nei
metodi dell'equilibrio limite (vedi eq. 8, 9, 12, 17), la falda viene fatta
intervenire nel calcolo in due modi:
•
•
attraverso l'introduzione del carico idrostatico in diminuzione delle forze
normali agenti sulla base del concio;
attraverso l'utilizzo nelle verifiche del peso di volume immerso del
terreno.
Attenzione.
Occorre non confondere il peso di volume immerso del terreno con il peso
di volume saturo.
Il peso di volume saturo è dato dalla somma del peso per unità di volume
dello scheletro solido del terreno e del peso dell'acqua gravitativa infiltrata
nei pori beanti dello stesso.
Il peso di volume immerso è uguale invece al peso di volume saturo
diminuito dalla spinta di galleggiamento.
Per esempio, se il peso di volume saturo del terreno è uguale a 2 t/mc ed il
peso di volume dell'acqua è 1 t/mc, il peso di volume immerso del terreno
sarà dato da:
peso di volume saturo - peso di volume dell'acqua = 2 -1 = 1
Nel caso in cui siano presenti carichi idraulici superficiali (corsi d'acqua,
laghi, ristagni ecc...) la superficie del pendio, a favore della sicurezza, può
essere considerata permeabile. Questo comporta che il terreno costituente il
pendio venga considerato saturo e trattato come se si fosse in presenza di
falda. Ciò, da un punto di vista del calcolo porta ad una parziale
compensazione dell'effetto, generalmente stabilizzante (perchè di solito
applicati al piede del versante) dei carichi idraulici superficiali.
Metodi di analisi probabilistica della stabilità globale.
Introduzione.
Nella verifica di stabilità di un pendio in roccia la maggior fonte
d'indeterminazione è costituita dalla caratterizzazione meccanica del
43
FORMULA GEO VER.2.0
terreno, in particolare dalla stima dei parametri qualità dell'ammasso
roccioso (indice Q di Barton o RMR di Beniawski) e resistenza alla
compressione monassiale della roccia, che sono alla base del calcolo dei
parametri coesione e angolo d'attrito istantaneo della roccia.
Nei metodi dell'equilibrio limite spesso i parametri geomeccanici utilizzati
nel calcolo sono ricavati facendo una media ponderata fra i dati ottenuti
dalle misure eseguite in situ o in laboratorio. La dispersione dei valori che si
osserva in molti casi non è trascurabile, per cui la scelta delle grandezze da
inserire nel calcolo può diventare problematica. In queste situazioni è
preferibile far seguire la verifica condotta con un metodo deterministico,
cioè con uno dei metodi dell'equilibrio limite, da un'analisi di tipo
probabilistico, che fornisca un'idea dell'influenza della dispersione dei dati
geomeccanici sul valore del coefficiente di sicurezza.
Metodi di Montecarlo applicati alla verifica di stabilità.
I metodi di Montecarlo si basano sulla generazione di numeri casuali, scelti
in determinati intervalli, che godano nel complesso di proprietà statistiche.
Fra le varie applicazioni possibili di tali metodi, vi è quella detta 'del
campionamentò che consiste nel dedurre proprietà generali di un insieme
grande, studiandone solo un sottoinsieme casuale, giudicato rappresentativo
dell' insieme stesso. E' evidente che maggiori saranno le dimensioni del
campione random, più rappresentative saranno le proprietà dedotte.
Nel caso di applicazione del metodo alla verifica di stabilità di pendii in
terra, la procedura da seguire potrebbe essere la seguente:
•
•
•
si genera la distribuzione delle variabili aleatorie RMR e Rc (resistenza
alla compressione monassiale) misurate in situ o in laboratorio,
supponendo che sia di tipo gaussiano ( cioè rappresentate da una curva a
campana, con il valore centrale corrispondente al valore medio);
attraverso un generatore di numeri casuali, si crea una serie, estesa
quanto si vuole, di valori numerici compresi fra 0 e 1;
si associa ad ogni valore numerico casuale della serie un valore
dell'indice RMR e della Rc, rispettando la curva di distribuzione delle
probabilità di queste due grandezze (facendo cioè in modo che la
frequenza con cui un certo parametro viene chiamato nel calcolo sia
44
FORMULA GEO VER.2.0
•
•
uguale alla sua probabilità ricavata dalla curva gaussiana di probabilità
del parametro stesso); in questo modo si trasforma la serie di numeri
casuali generati nel punto precedente in una serie di coppie di valori di
RMR e Rc;
scelto un metodo deterministico di calcolo, si esegue la verifica di
stabilità con tale metodo per ogni coppia di valori di RMR e Rc ,
ricavando il rispettivo coefficiente di sicurezza Fs ;
si crea la curva di distribuzione della frequenza dei valori di Fs ottenuti,
per esempio sottoforma di istogramma, visualizzando l'andamento di tali
coefficienti rispetto ad un valore di riferimento (per es. rispetto al valore
di Legge 1,3).
L'aspetto del grafico della distribuzione di Fs consente di valutare se la
dispersione dei valori di c e ϕ misurata influisce in maniera significativa sul
calcolo della stabilità del versante. Nel caso, per esempio, in cui il valore
medio di Fs sia maggiore di 1.3, ma una percentuale significativa delle
verifiche effettuate con il metodo di Montecarlo ricada sotto tale limite, si
può trarre la conclusione che la dispersione dei parametri geomeccanici sia
eccessiva e non permetta di fornire una risposta precisa al problema della
stabilità del versante: in questo caso si rende necessaria una migliore
caratterizzazione geomeccanica dell'ammasso roccioso.
Il metodo di Montecarlo può essere impiegato anche per retro-analisi di
stabilità. Costruendo infatti a tentativi delle curve di distribuzione ipotetiche
di RMR e Rc, si può stimare per quale intervallo di questi valori il pendio
risulta stabile. Il confronto fra la distribuzione dei parametri geomeccanici
ipotizzata e quella misurata permette di trarre delle conclusioni sulla
stabilità globale del pendio.
Il metodo di Montecarlo richiede, per consentire di ottenere delle
distribuzioni di Fs valide, che venga generato un numero sufficientemente
elevato di coppie di parametri RMR e Rc, dalle quali ricavare il
corrispondente valore di Fs . Normalmente per ottenere distribuzioni stabili
del coefficiente di sicurezza sono necessarie alcune centinaia di verifiche. Il
raggiungimento della stabilità delle curve di distribuzione può essere
valutato, applicando il metodo di Montecarlo su due insiemi di verifiche e
confrontando quindi le relative distribuzioni con il test del χ2.
45
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo di Rosemblueth applicato alla verifica di stabilità.
Il metodo di Rosemblueth, applicato allla verifica di stabilità di un pendio in
terra, consente di ricavare il valore più probabile del coefficiente di
sicurezza ( valore medio) ed un'indicazione della sua dispersione (scarto
quadratico medio).
Si possono utilizzare anche in questo caso come variabili casuali i parametri
RMR e Rc, supponendo una loro distribuzione gaussiana simmetrica (cioè a
curva a campana con i tratti di sinistra e di destra simmetrici rispetto al
valore centrale).
Il procedimento da seguire è il seguente:
•
•
dai dati misurati in situ o in laboratorio, si calcoli il valore medio di
RMR e Rc (RMR m e Rc m) e i rispettivi scarti quadratici medii (srmr e
src);
utilizzando uno dei metodi dell'equilibrio limite, si calcoli il coefficiente
di sicurezza relativo alle seguenti combinazioni di parametri:
1.
2.
3.
4.
•
(Rc = Rc m + src RMR = RMR m + srmr )⇒ Fs1
( Rc = Rc m + src RMR = RMR m - srmr )⇒ Fs2
( Rc = Rc m - src RMR = RMRm + s rmr )⇒ Fs3
( Rc =R c m - src RMR = RMRm - srmr )⇒ Fs4
si calcoli quindi il valore medio di Fs attraverso la relazione:
(54) F m = ( F s1 +Fs2 + Fs3 + Fs4) / 4;
e lo scarto quadratico medio con la formula:
(55) SF =0.5 x √ ( Fs12 +Fs22 + Fs32 + Fs42 ).
46
FORMULA GEO VER.2.0
Anche in questo caso il risultato può essere visto come un'indicazione
dell'influenza della dispersione dei parametri geomeccanici sulla stabilità
del versante: un elevato valore di SF può indicare una non sufficiente
caratterizzazione geomeccanica del terreno, fatto di cui tener conto in
particolar modo quando il valore di Fm sia prossimo al valore di 1.3. Il
coefficiente di sicurezza potrà quindi essere espresso come segue:
(56) Fs = F m ± SF;
indicando che il coefficiente di sicurezza può variare nell'intervallo
compreso fra Fs = F m - SF e Fs = Fm + SF.
Stabilità dei singoli cunei rocciosi.
Verifica di un cuneo in roccia
La scelta del modello di verifica da adottare nell'analisi di stabilità di un
pendio roccioso dipende essenzialmente dall'assetto strutturale dell'ammasso
di cui è costituito e non può prescindere da un accurato rilevamento
geomeccanico del versante stesso e dal riconoscimento delle condizioni
idrogeologiche che condizionano il sito.
L'analisi di stabilitàin termini di fattore di sicurezza è quindi subordinata
alla comprensione dei fenomeni in atto e alla quantificazione
geometrica e fisica delle grandezze e delle forze in gioco, includendovi
anche gli eventuali carichi idraulici, sismici, ecc. .
I fenomeni di instabilità delle scarpate in roccia sono condizionati dallo
assetto strutturale dell'ammasso roccioso. Il meccanismo del dissesto
dipenderà quindi dal numero e dall' orientamento delle famiglie di
discontinuità che interessano l'ammasso roccioso stesso.Se due piani di
giunto si intersecano tra loro si puòavere, nel caso che questo sia limitato
da altre due superfici libere costituite dal fronte e dalla superficie del
versante, la formazione di un cuneo roccioso. Nel caso di scivolamenti
lungo giunti coniugati appartenenti a famiglie diverse l' analisi della
stabilitàviene condotta con il metodo dell'equilibrio limite,assumendo che
47
FORMULA GEO VER.2.0
la resistenza allo scorrimento sia diretta parallelamente alla direzione del
movimento.
La soluzione del problema richiede la definizione dei principali elementi
geometrici del cuneo (angoli, aree e volumi) e della risultante delle varie
forze agenti.
Analisi con il test di Markland.
Un'analisi di tipo speditivo della stabilità dei singoli cunei rocciosi può
essere fatta utilizzando il test di Markland.
Il procedimento fornisce un'indicazione qualitativa della stabilità del cuneo
in funzione del suo orientamento nello spazio e della stima della resistenza
al taglio mobilitabile lungo i piani di possibile scorrimento. Quest'ultima
grandezza viene quantificata attraverso il parametro angolo d'attrito di picco
medio delle discontinuità meccaniche (vedi paragrafo 'Scelta dei parametri
di resistenza al taglio’).
Il test prevede quattro situazioni possibili.
1. Cuneo potenzialmente instabile.
48
FORMULA GEO VER.2.0
Questa sistuazione si verifica per un cuneo roccioso a franapoggio meno
inclinato del pendio, in cui l'angolo d'attrito medio di picco mobilitabile
lungo le superfici potenziali di scorrimento sia inferiore all'inclinazione
della linea d'intersezione dei piani di scorrimento.
2. Cuneo stabile.
49
FORMULA GEO VER.2.0
Questa sistuazione si verifica per un cuneo roccioso a franapoggio meno
inclinato del pendio, in cui l'angolo d'attrito medio di picco mobilitabile
lungo le superfici potenziali di scorrimento sia superiore all'inclinazione
della linea d'intersezione dei piani di scorrimento. Si verifica ovviamente
anche per cunei a reggipoggio o a franapoggio più inclinati del pendio.
3. Cuneo con stabilità incerta.
50
FORMULA GEO VER.2.0
Questa sistuazione si verifica per un cuneo roccioso a franapoggio meno
inclinato del pendio, in cui l'angolo d'attrito medio di picco mobilitabile
lungo le superfici potenziali di scorrimento sia circa uguale all'inclinazione
della linea d'intersezione dei piani di scorrimento. In questa caso va tenuto
presente che generalmente l'errore insito nella grandezza angolo di
resistenza al taglio è di circa 2°, se non addirittura maggiore. Il test di
Markland non permette in queste condizioni di ottenere un responso preciso
sulla stabilità del cuneo, per ottenere il quale occorrerà l'impiego di metodi
più precisi.
51
FORMULA GEO VER.2.0
4. Cuneo potenzialmente instabile per ribaltamento.
Questa situazione si verifica quando il pendio ed una delle discontinuità
sono subverticali con immersione circa uguale. In questo caso il valore
dell'angolo di resistenza al taglio non influisce sulla stabilità, in quanto si
può supporre che le due facce della superficie di ribaltamento non siano in
contatto e quindi non sviluppi un'apprezzabile resistenza al taglio.
Analisi con il metodo dell'equilibrio limite.
52
FORMULA GEO VER.2.0
Il piu semplice schema di dissesto tridimensionale fa riferimento ad un
cuneo di roccia a forma tetraedrica che può avere due superfici libere
(caso più importante e frequente) o una sola superficie libera.Per il calcolo
del fattore di sicurezza si consideri il caso di un cuneo simmetrico (con
due superfici libere) soggetto soltanto alla sola azione del peso proprio.Il
peso del cuneo puòessere scomposto in due componenti:
T12 agente lungo la linea di intersezione
N12 normale a tale linea
Quest'ultima deve essere equilibrata da una reazione tangenziale TN e da
una reazione normale N, agenti su ciascuna faccia.
La reazione N determina la massima resistenza allo scorrimento
mobilizzabile e il coefficiente di sicurezza potrà essere definito come
segue:
(57) Fs = [A x Tr x (N / A)] / û[ (T12 / 2)ý + TNý];
con:
A = area di ciascun giunto;
Tr = legge di resistenza assunta (vedi paragrafo 'Scelta dei parametri
di resistenza al taglio');
Per L'equilibrio in direzione perpendicolare alla linea di intersezione deve
aversi:
(58) 2N x sin(i/2) + 2 x TN x cos (i/2) = N12 = W cos (b12 );
con:
i = angolo compreso fra i due giunti A e B;
b12 = inclinazione rispetto all'orizzontale della linea d'intersezione.
Il problema risulta staticamente indeterminato per cui varie combinazioni di
N e TN possono fornire coefficienti di sicurezza molto differenti tra loro.
53
FORMULA GEO VER.2.0
Se si assume TN = 0 si ottiene il coefficiente piùelevato tra quelli possibili
(metodo del cuneo rigido).
Per il calcolo della stabilità del cuneo occorre in primo luogo che la
giacitura dei giunti rispetto al pendio sia tale da consentire cinematismi.
Occorre che il cuneo sia appoggiato sulla massa rocciosa retrostante. Le
normali alle facce del cuneo devono essere cioè dirette verso il basso.
Il fattore di sicurezza di sicurezza può essere calcolato come segue.
(59) Fs = [A1 x TR1 x (N1 / A1) + A2 x TR2 x (N2 / A2)] / T12 ;
dove:
A1 = area del giunto 1
A2 = area del giunto 2
TR1 x (N1/A1) = resistenza disponibile lungo il giunto 1 in
corrispondenza delle sollecitazioni normali N1/A1;
TR2 x (N2/A1) = resistenza disponibile lungo il giunto 2 in
corrispondenza delle sollecitazioni normali N2/A2;
T12 = componente del peso del cuneo agente lungo l' intersezione
dei piani 1 e 2.
La 3) in realtà può essere considerata valida solo nel caso in cui sia N1>0 e
N2 > 0, con il cuneo che tende a scivolare lungo la linea d' intersezione dei
piani 1 e 2.
Nei casi in cui sia N1 > 0 e N2 < 0 oppure N1 < 0 e N2 > 0 lo scivolamento
non avviene più lungo l'intersezione dei piani,ma lungo la linea di massima
pendenza dei piani 1 o 2 rispettivamente.
Il coefficiente di sicurezza deve essere espresso allora nei seguenti modi:
(60) Fs = A1 x TR1 x (N1 / A1) / T1 (N1 > 0 e N2 < 0);
con
T1 = componente del peso del cuneo agente lungo la linea di
massima
pendenza del piano 1
(61) Fs = A2 x TR2 x (N2 / A2) / T2 (N1 < 0 e N2 > 0);
54
FORMULA GEO VER.2.0
con
T2 = componente del peso del cuneo agente lungo la linea di
massima pendenza del piano 2.
Nell'ipotesi infine in cui si abbiano N1 < 0 e N2 < 0 (cuneo che si solleva
rispetto al versante) non esiste alcuna definizione di Fs e si assume una
generale instabilitàsenza quantificarla numericamente.
Scelta dei parametri della resistenza al taglio.
Il comportamento meccanico dei giunti di discontinuità meccanica può
essere descritto con due criteri alternativi. Supponendo che il giunto
abbia un comportamento meccanico globale di tipo lineare (la resistenza
mobilitata cresce linearmente con gli sforzi applicati) può essere utilizzata
la relazione di Mohr-Coulomb:
(62) T = C + (s-u) x Tg ϕ;
con:
T = reistenza al taglio del giunto;
s = pressione totale agente sul giunto;
u = carico idraulico;
ϕ = angolo di resistenza la taglio del giunto;
C = coesione del giunto.
L'esperienza ha peròdimostrato la non corrispondenza di questa ipotesi
col comportamento reale dell'ammasso roccioso. Più indicato in questo caso
è l'adozione di un criterio non lineare (la resistenza mobilitata cresce in
maniera non lineare al crescere degli sforzi efficaci, con un andamento
di tipo parabolico).
Barton suggerisce l'adozione del seguente criterio empirico:
(63) T = Pn x tg [ϕ b + JRC x Log (Pj / Pn) ];
55
FORMULA GEO VER.2.0
con:
T = resistenza la taglio del giunto;
Pn = pressione normale applicata sul giunto;
ϕ b= angolo di resistenza la taglio di base del giunto;
JRC = coefficiente che descrive il grado di rugosità della superficie
della discontinuità (Joint Roughness Coefficient);
Pj = resistenza alla compressione monoassiale del giunto.
Questa relazione ha il suo campo ottimale di applicabilità per valori di
(Pj/Pn) compresi nell'intervallo 0.01 e 0.3., all'interno del quale ricadono la
maggior parte dei casi di analisi di stabilità.
56
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
MECCANICA DELLE ROCCE
Modalità d’esecuzione del rilievo geomeccanico.
Definizione del problema.
Per caratterizzare un ammasso roccioso a comportamento rigido dal punto
di vista meccanico è necessario eseguire una serie di operazioni che, nel loro
insieme, costituiscono il rilievo geomeccanico. Nella pratica si distinguono
generalmente rilievi geomeccanici speditivi, di dettaglio e di grande
dettaglio. Nel primo caso vanno misurati soltanto alcuni parametri
fondamentali, nel secondo tutti quelli necessari per la caratterizzazione
dell'ammasso roccioso e nel terzo caso ulteriori parametri richiesti
esplicitamente dalla finalità del lavoro.
Di seguito vengono esposte le operazioni necessarie per un corretto rilievo
geomeccanico, a partire dalla scelta dell'area su cui effettuare le misure.
Tutti i dati ricavati dal rilievo andranno utilizzati per la determinazione della
classe dell'ammasso roccioso studiato, al fine di individuarne
qualitativamente le caratteristiche meccaniche attraverso le classificazioni
tecniche di Bieniawski (1973 e successive modifiche), di Wickham (1972) e
di Barton (1979).
1
FORMULA GEO VER.2.0
Scelta dell’area di rilievo strutturale A.R.S.
L'area su cui effettuare il rilievo geomeccanico deve avere specifiche
caratteristiche:
• la superficie sulla quale si eseguiranno le misure deve essere il più
vicino possibile al sito dove verrà realizzata l'opera; se si tratta di una
caratterizzazione volta all'analisi di stabilità di un versante è opportuno
effettuare le misure sull'ammasso che costituisce il versante stesso; nei
casi più generali, l'area scelta deve essere rappresentativa, dal punto di
vista geologico e strutturale, di una zona più ampia, dove verrà realizzata
l'opera;
• la superficie di affioramento deve essere di almeno 50 mq;
• gli affioramenti dovrebbero essere esposti (preferibilmente) almeno su
due lati, così da consentire osservazioni più complete.
Operazioni di rilievo.
• Descrizione geologica e petrografica dell'ammasso roccioso.
Andranno descritte la struttura (pieghe, faglie, eteropie), lo stato di
alterazione dell'ammasso roccioso e tutto quanto può servire per un
inquadramento più generale (nome formazionale, litologia, particolari
strutture sedimentarie, ecc.).
• Operazioni riguardanti le discontinuità
Orientamento nello spazio.
In funzione della complessità strutturale dell'ammasso roccioso sarà
necessario effettuare un certo numero di misure di immersione e
inclinazione delle famiglie di discontinuità presenti. Il numero di misure da
effettuare dovrà essere in funzione del grado di fratturazione dell’ammasso
2
FORMULA GEO VER.2.0
e dell’estensione areale dell’affioramento. Si va quindi da poche decine di
misure per situazioni strutturali semplici, in indagini di tipo speditivo, a
parecchie centinaia per situazioni strutturali complesse per indagini di
dettaglio.
L'orientazione dei piani di discontinuità delle famiglie andrà rappresentata
attraverso opportune proiezioni stereografiche (vedi capitolo successivo). E'
buona norma comunque, prima di iniziare l’esecuzione del rilievo dei dati,
individuare subito i maggiori sistemi di discontinuità, in base al loro
orientamento generale nello spazio, e misurare quindi le giaciture dei giunti
procedendo famiglia per famiglia.
Misura della spaziatura.
La spaziatura è la distanza media tra due discontinuità appartenenti alla
stessa famiglia, misurata perpendicolarmente alle discontinuità stesse. Per
misurare questo dato si dovrà predisporre un allineamento almeno dieci
volte maggiore della spaziatura media stimata in prima approssimazione
(comunque l'allineamento non deve essere mai inferiore ai 2 m) e contare le
discontinuità della stessa famiglia che vi ricadono. Il valore medio della
spaziatura sarà dato ovviamente dal rapporto S=L/n (L = lunghezza
dell'allineamento e n= numero di discontinuità contate).
Misura dell' intercetta.
Lungo una traccia prefissata si misurano le distanze fra tutte le discontinuità
che intersecano lo stendimento (appartenenti a qualsiasi famiglia). E'
consigliabile effettuare misure lungo due stendimenti tra loro perpendicolari
(per esempio uno orizzontale ed uno verticale). Si terrà in considerazione il
valore minore fra quelli misurati.
Stima della persistenza.
La persistenza è l'estensione areale percentuale di una discontinuità. Se non
è possibile verificare l' estensione areale, perchè l'affioramento è esposto
solo lungo un lato, è sufficiente misurare la persistenza lineare, ovvero la
continuità espressa in percentuale della traccia della discontinuità rispetto
all'estensione dell'affioramento.
3
FORMULA GEO VER.2.0
Per la stima della persistenza lineare media di una famiglia di discontinuità
si considerano 3 classi:
- PL < 50%
- 50%< PL <90%
- PL >90%
Per la stima della persistenza areale (cosa possibile in presenza di almeno
due superfici di affioramento contigue ed orientate in maniera differente) si
distinguono ancora 3 classi:
- PA < 25%
- 25% < PA <80%
- PA >80%
Se la PA è < 25% la resistenza dell'ammasso roccioso dipende
esclusivamente dal comportamento meccanico del materiale roccia. Sarà
invece la resistenza mobilitabile lungo le superfici dei giunti a caratterizzare
il comportamento meccanico di un ammasso roccioso con PA>80%.
Rientrano nella classe intermedia tutte le situazioni comprese tra il 25 e 80%
di PA.
Lo stesso discorso è valido anche per quanto riguarda la PL, anche se in
questo caso l’indicazione è meno attendibile.
Stima del V.R.U. (Volume Roccioso Unitario).
Bisogna indicare quali sono le dimensioni medie dei volumi rocciosi isolati
dall'intersezione delle discontinuità. Per la definizione del V.R.U si può
ricorrere all'indice Jv (numero di giunti per mc):
V .R.U . =
8
Jv1 Jv 2 ...Jvn
dove:
Jv= 1/ Spaziatura famiglia 1,2…n;
4
FORMULA GEO VER.2.0
oppure si fa una media dei volumi più rappresentativi in cui è suddiviso
l'ammasso roccioso.
Irregolarità delle discontinuità.
Una discontinuità è caratterizzata da irregolarità a grande scala
(ondulazioni) e a piccola scala (rugosità). A grande scala si fanno
osservazioni qualitative (superfici planari, regolari, ondulate, seghettate), a
piccola scala si è conveniente utilizzare uno Shape Tracer (pettine di
Barton).
I profili, ottenuti attraverso l'adattamento alle irregolarità degli aghi mobili
cui è costituito lo Shape Tracer, vanno confrontati con i profili di rugosità
proposti da Barton ad ognuno dei quali corrisponde un coefficiente
chiamato JRC (Joint Roughness Coefficient -indice della scabrezza delle
superfici dei giunti-) (10 profili tipo con coefficienti variabili da 0-20 ad
intervalli di 2).
5
FORMULA GEO VER.2.0
In linea di principio il valore di J.R.C. potrebbe anche essere ricavato con
maggior precisione applicando la relazione:
J .R.C. = 32.2 + 32.47 Log10 Z
dove Z è dato dalla:
Z=
n
1
∑ ( yi +1 − yi )
n(dx )2 i =1
in cui:
n=
Numero degli intervalli di ascissa in cui è stato diviso il profilo;
dx=
Ampiezza lungo l’asse x dell’intervallo;
6
FORMULA GEO VER.2.0
Y
Ordinata del profilo.
Il valore di J.R.C. può essere ottenuto anche in maniera sperimentale,
attraverso le prove di rotazione proposte da Barton e Choubey, 1977 (Tilt
Test), utilizzando la relazione:
J .R.C. =
(α − ϕr )
 J .C.S. 

Log10 
σ
n


dove:
α (°)= angolo di incipiente scorrimento
ϕr (°)= angolo di attrito residuo
σn (MPa)= sforzo normale
J.C.S.(Mpa) = Joint Compressive Strength (Miller, 1965)
Nella formula l'angolo d'attrito residuo ϕr(°) può essere assunto circa uguale
all'angolo d'attrito di base del materiale roccia, ottenuto per scivolamento
lungo superfici liscie. In alternativa, noto il valore di J.C.S. per la roccia
sana e per quella alterata può essere ricavato attraverso la relazione:
 J .C.S .a 

ϕr = ϕb − 20 + 20
 J .C.S.s 
dove:
ϕb = angolo d’attrito di base della roccia;
J.C.S.s=J.C.S. della roccia sana;
J.C.S.a=JCS della roccia alterata.
L’angolo d’attrito di base della roccia è quello relativo ad un superficie della
discontinuità perfettamente levigata, ed è funzione solo della tessitura e
della composizione mineralogica della roccia.
In tabella sono riportati alcuni valori indicativi di ϕb per varie litologie:
7
FORMULA GEO VER.2.0
Litologia
Amfibolite
Arenaria
Basalto
Calcare
Conglomerato
Dolomite
Gesso
Granito
Gneiss
Marna
Porfirite
Siltite
ϕb(°)
31
25 - 35
31 - 38
33 - 40
35
27 - 31
30
23 - 39
29 - 35
27
31
27 - 31
Misura della resistenza sulle superfici.
Per la valutazione della resistenza meccanica delle superfici dei giunti si
utilizza il Martello di Schmidt o sclerometro, strumento costituito da un
cilindro con punta rientrante, che misura la capacità del materiale di
assorbire l'urto. Le superfici di discontinuità su cui appoggiare lo strumento
non devono essere troppo rugose (JRC max=8). Inoltre, al di sotto del punto
dove si effettua la prova non deve esserci una discontinuità entro una
distanza di almeno 25 cm.
L'indice del martello di Schmidt può essere correlato con la resistenza alla
compressione delle superfici di discontinuità J.C.S. attraverso la relazione:
Log10 J .C.S.( MPa ) = 0.00088γr + 1.01
dove:
γ(kN/mc)= Peso di volume della roccia;
r=
Indice del martello di Schmidt.
8
FORMULA GEO VER.2.0
In alternativa si può utilizzare il seguente grafico, che tiene conto anche
dell’inclinazione dello strumento rispetto all’orizzontale:
9
FORMULA GEO VER.2.0
10
FORMULA GEO VER.2.0
Vanno effettuate misure sia su giunti sani che su giunti alterati. La
differenza dei valori suggerisce il grado di alterazione della roccia.
E' buona norma confrontare i valori di resistenza ottenuti con queste
misurazioni con quelli ricavati da prove di Point load, su campioni prelevati
dall'ammasso roccioso. Per alti valori di resistenza lo sclerometro infatti non
è affidabile. Si possono avere dispersioni addirittura del 50 % per valori
compresi tra i 100 e i 150 MPa.
Misura dell'apertura e del riempimento delle discontinuità.
Questi dati servono per entrare nelle tabelle di classificazione.
Le aperture si possono misurare con spessimetro o con calibro, ma è
sufficiente distinguere le classi considerando i range di valori indicati nelle
tabelle di classificazione (vedi parametro A4 della Classificazione di
Bieniawski -che propone valori compresi tra 0 e 30 in funzione dell'apertura
e del tipo di riempimento- e parametri Jr e Ja della Classificazione di
Barton, valutati in modo meno soggettivo).
Condizioni di umidità.
La valutazione qualitativa delle condizioni di umidità che interessano
l'ammasso roccioso è indispensabile per entrare nelle tabelle delle
classificazioni, che assegnano coefficienti variabili a seconda delle
condizioni idrauliche che caratterizzano l'ammasso roccioso stesso.
Prove di punzonamento (Point Load Test).
Sui campioni prelevati si possono eseguire prove di Point Load per risalire
alla resistenza a compressione monoassiale della roccia. I campioni vanno
sempre prelevati dall'affioramento e non da blocchi già staccati, alla base
dello stesso.
Per provini irregolari (che si preleveranno dal sito studiato) il programma
utilizza la formula proposta da Greminger:
Is (50)( MPa ) =
(0.138F )
( DL )0. 75
11
FORMULA GEO VER.2.0
dove:
Is(50)(MPa)= Indice di point load già rapportato al diametro di riferimento
(50 mm);
D(mm)=
Distanza fra le punte;
L(mm)=
Lunghezza del campione lungo la superficie di rottura;
F(N)=
Carico a rottura;
La formula è valida anche per prove assiali su campioni cilindrici.
Attraverso il parametro è possibile passare alla stima della resistenza alla
compressione monoassiale della roccia attraverso la relazione:
C 0( MPa) = 24 Is (50)
Rappresentazioni stereografiche delle giaciture delle discontinuità.
Mentre grandezze come la spaziatura delle discontinuità, la loro apertura, i
valori di JCS e JRC ecc., possono essere rappresentati con efficacia anche
attraverso semplici istogrammi, le giaciture delle discontinuità richiedono
per la loro visualizzazione diagrammi particolari, che forniscano
un’indicazione precisa del loro orientamento nello spazio ed i rapporti
spaziali fra piano e piano.
Le giaciture dei piani di discontinuità vengono normalmente visualizzate
attraverso proiezioni sferiche, equatoriali o polari. Tra le proiezioni più
usate in questo campo si hanno:
• la proiezione polare equiareale di Schmidt:
viene utilizzata per la rappresentazione dei piani di discontinuità,
visualizzati attraverso i loro poli, cioè attraverso l’intersezione della
perpendicolare al piano con la sfera;
12
FORMULA GEO VER.2.0
questa rappresentazione stereografica, essendo equiareale, e quindi
rispettando i rapporti fra le aree proiettate, consente di effettuare un’analisi
statistica della distribuzione dei poli, per l’individuazione dei valori di
giacitura più rappresentativi delle singole famiglie, corrispondenti con le
zone di massimo addensamento dei poli;
13
FORMULA GEO VER.2.0
•
la proiezione equiangolare di Wulff:
viene utilizzata per la visualizzazione dei piani di discontinuità più
rappresentativi, individuati attraverso l’analisi statistica delle giaciture
misurate in campagna; essendo una proiezione equiangolare, permette di
mantenere i rapporti angolari fra i diversi piani.
14
FORMULA GEO VER.2.0
15
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione dell’ammasso roccioso.
Introduzione.
I dati ricavati dal rilievo geomeccanico vanno utilizzati per la
determinazione della qualità dell'ammasso roccioso, esprimibile attraverso
appositi indici, che hanno lo scopo di permettere una valutazione
preliminare delle caratteristiche meccaniche dell’ammasso nel suo
complesso.
Diverse sono le classificazioni tecniche note in letteratura, le più importanti
delle quali sono quelle di Deere (1964), Bieniawski (1973 e successive
modifiche), di Wickham (1972) e di Barton (1979). Ognuna di esse fornisce
un valore numerico (rispettivamente RMR, RSR e Q) derivato dalla somma
di indici parziali stimati attraverso la valutazione qualitativa o quantitativa
dei parametri e delle condizioni viste in precedenza.
16
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione di Deere (1964).
Si basa sulla stima del parametro R.Q.D. (Rock Quality Designation),
definito come la percentuale di recupero di carotaggio in roccia di spezzoni
con lunghezza superiore ai 10 cm rispetto alla lunghezza totale perforata.
R.Q.D. (%) = Σ Lunghezza spezzoni >=10 cm
Lunghezza totale carotaggio
Il valore di RQD% può essere calcolato, non disponendo di perforazioni,
attraverso la formula di Palmstrom(1982):
RQD% = 115 - 3.3 x Jv
dove:
Jv = numero di giunti per metro cubo, dato dalla sommatoria dell’inverso
delle spaziature mediein metri delle famiglie di discontinuità rilevate
Jv =Σ (1/Spaziatura);
In alternativa può essere utilizzata la relazione di Priest e Hudson (1976):
 −0 .1 


S

 media 
 0.1


+ 1
 S media 
solitamente meno conservativa della precedente.
La classificazione proposta da Deere è la seguente:
RQD % = 100e
R.Q.D. (%)
0 - 25
26 - 50
51 -75
76 - 90
91 - 100
Qualità della roccia
molto scadente
scadente
discreta
buona
eccellente
17
FORMULA GEO VER.2.0
La classificazione proposta da Deere è puramente qualitativa e fornisce solo
un’indicazione sul comportamento meccanico dell’ammasso, che andrà
integrata con altri parametri.
18
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione di Bieniawski (1973 e successive modifiche).
La classificazione di Bieniawski tiene conto di 5 parametri relativi allo stato
della roccia e dell'ammasso roccioso e di un indice di correzione il cui
valore è funzione dell'orientamento delle discontinuità e del problema
affrontato (gallerie, versanti e fondazioni).
RMR = (A1 + A2 + A3 + A4 + A5) - Ic;
I parametri sono:
A1
A2
A3
A4
A5
Ic
<Co> (Resistenza a compressione monoassiale);
<RQD%> (Rock Quality Designation);
<s> (Spaziatura delle discontinuità);
Condizioni dei giunti
Condizioni idrauliche dei giunti
Indice di correzione
Ad ognuno di essi viene assegnato un indice parziale a seconda del valore
(per <RQD%>, <Co> e <s>) o della condizione.
Esistono diverse versioni di questa classificazione. Le più usate sono quelle
del 1976, del 1979 e del 1989.
19
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione di Bieniawski del 1976
1
PARAMETRI
RESISTENZA
Carico puntuale(Mpa)
ROCCIA
Compressione
INTATTA
monoassiale(MPa)
Indice
2
RQD (%)
Indice
SPAZIATURA GIUNTI (m)
3
Indice
4
CONDIZIONE GIUNTI
Indice
5
CONDIZIONI
IDRAULICHE
Indice
Afflusso per 10m di
lunghezza del tunnel
(litri/min)
Rapporto Pressione
acqua nei
giunti/Pressione
naturale in sito
Condizioni generali
>8
>200
4-8
100-200
15
90-100
20
>3
30
Superfici
molto
scabre non
continue.
Pareti
roccia
dura
25
12
75-90
17
1-3
25
Superfici
scabre.
Apertura
<1mm.
Pareti
roccia
dura
20
INTERVALLI DI VALORI
2-4
1-2
50-100
25-50
Non applicabile
10- 3-10
1-3
25
7
4
2
1
0
50-75
25-50
<25
13
8
3
0,3-1
0,05-0,3
<0,05
20
10
5
Superfici
Superfici lisce o
Riempimento tenero
scabre.
laminate o
con spessore >5mm o
Apertura
riempimento<5mm giunti aperti>5 mm.
<1mm.
o apertura 1-5mm.
Giunti continui
Pareti roccia
Giunti continui
tenera
12
6
0
Assente
< 25
25-125
>125
0
0-0,2
0,2-0,5
>0,5
Giunti asciutti
Umidi
Acqua in debole
pressione
10
7
4
Gravi problemi
idraulici
0
La somma dei 5 indici parziali fornisce il Basic RMR (BRMR). Il Basic
RMR in condizioni di giunti asciutti (A5=10) corrisponde numericamente al
parametro G.S.I. (Geological Strenght Index), grandezza collegata ai fattori
m, a ed s dell’ammasso roccioso integro (vedi capitolo). Cioè si ha:
GSI = BRMR76 (solo per BRMR>18)
Per la stima dell’indice di correzione Ic si deve fare riferimento alla
seguente tabella:
20
FORMULA GEO VER.2.0
Orientamento dei giunti
Gallerie e miniere
Fondazioni
Indice
Versanti
Molto favorevole
0
0
0
Favorevole
-2
-2
-5
Discreto
-5
-5
-7
Sfavorevole
-10
-15
-50
Molto sfavorevole
-12
-25
-60
Applicando alla BRMR la correzione Ic si ottiene l’indice RMR, correlato
alla qualità dell’ammasso roccioso e alle sue caratteristiche meccaniche
secondo la seguente tabella:
RMR
CLASSE
QUALITA’
Coesione(Mpa)
ϕ(°)
0-25
V
Molto scadente
<0,1
<30
25-50
IV
Scadente
0,1-0,15
30-35
50-70
III
Discreta
0,15-0,20
35-40
70-90
II
Buona
0,2-0,3
40-45
90-100
I
Ottima
>0,3
>45
21
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione di Bieniawski del 1979
1
2
3
PARAMETRI
RESISTENZA
Carico puntuale(Mpa)
ROCCIA
Compressione
INTATTA
monoassiale(MPa)
Indice
RQD (%)
Indice
SPAZIATURA GIUNTI (m)
Indice
>10
>250
CONDIZIONE GIUNTI
Indice
CONDIZIONI
IDRAULICHE
Afflusso per 10m di
lunghezza del tunnel
(litri/min)
Rapporto Pressione
acqua nei
giunti/Pressione
naturale in sito
Condizioni generali
Indice
INTERVALLI DI VALORI
2-4
1-2
50-100
25-50
15
12
7
90-100
75-90
50-75
20
17
13
>2
0,6-2
0,6-0,2
32
15
10
Superfici
Superfici
Superfici
molto
scabre.
scabre.
scabre non Apertura
Apertura
continue.
<1mm.
<1mm.
Pareti
Pareti
Pareti roccia
roccia non
roccia
molto
alterate
leg.alterate
alterate
30
25
20
4
5
4-10
100-250
5-25
Non applicabile
1-5
2
4
25-50
8
0,06-0,2
8
Superfici lisce o
laminate o
riempimento<5mm
o apertura 1-5mm.
Giunti continui
1
0
<25
3
<0,06
5
Riempimento tenero con
spessore >5mm o giunti
aperti>5 mm. Giunti continui
10
0
Assente
<10
10-25
25-125
>125
0
<0,1
0,1-0,2
0,2-0,5
>0,5
Giunti
asciutti
15
Umidi
Bagnati
Stillicidio
Venute d’acqua
10
7
4
0
La somma dei 5 indici parziali fornisce il Basic RMR (BRMR). Il Basic
RMR in condizioni di giunti asciutti (A5=15) può essere correlato anche in
questo caso al parametro G.S.I. (Geological Strenght Index), grandezza
collegata ai fattori m, a ed s dell’ammasso roccioso integro (vedi capitolo).
Infatti si ha:
GSI = BRMR 79 − 5 (solo per BRMR>23)
Per la stima dell’indice di correzione Ic si deve fare riferimento, anche in
questo caso, alla seguente tabella:
Orientamento dei giunti
Gallerie e miniere
Indice
Fondazioni
Versanti
Molto favorevole
0
0
0
Favorevole
-2
-2
-5
<1
Discreto
-5
-5
-7
Sfavorevole
-10
-15
-50
Molto sfavorevole
-12
-25
-60
22
FORMULA GEO VER.2.0
Applicando alla BRMR la correzione Ic si ottiene l’indice RMR, correlato
alla qualità dell’ammasso roccioso e alle sue caratteristiche meccaniche
secondo la seguente tabella:
RMR
CLASSE
QUALITA’
Coesione(Mpa)
ϕ(°)
0-20
V
Molto scadente
<0,1
<15
21-40
IV
Scadente
0,1-0,20
15-25
41-60
III
Discreta
0,20-0,30
25-35
61-80
II
Buona
0,3-0,4
35-45
81-100
I
Ottima
>0,4
>45
23
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione di Bieniawski del 1989
Rispetto alle precedenti la classificazione del 1989 si differenzia per due
aspetti:
• la possibilità di valutare i parametri A1(resistenza della roccia), A2
(RQD) e A3 (spaziatura) secondo una curva continua e non per classi
discrete, come avveniva nelle classificazioni precedenti;
• la possibilità di ricavare il parametro A4 (condizione dei giunti) in modo
meno soggettivo, utilizzando una tabella più dettagliata.
I parametri A1, A2, A3 possono essere ricavato direttamente attraverso i
seguenti grafici:
A1:
A2:
24
FORMULA GEO VER.2.0
A3:
25
FORMULA GEO VER.2.0
Il parametro A4 deve essere ricavato attraverso la sommatoria di una serie
di indici parziali, che tengono in considerazione la rugosità, l’apertura, la
persistenza lineare, il riempimento e il grado di alterazione dei giunti.
PARAMETRI
Lunghezza giunto
Indice
Apertura giunto
Indice
Rugosità giunto
Indice
Riempimento
Indice
Alterazione giunti
Indice
<1m
6
Chiuso
6
Molto rugoso
6
Nessuno
6
Non alterati
6
1-3 m
4
<0,1 mm
5
Rugoso
5
Compatto<5mm
4
Legg.alterati
5
INTERVALLI DI VALORI
3-10 m
10-20 m
2
1
0,1-1 mm
1-5 mm
4
1
Leggerm. rugoso
Liscio
3
1
Compatto>5mm
Molle<5mm
2
2
Mediam.alterati
Molto alterati
3
1
>20 m
0
>5 mm
0
Laminato
0
Molle>5mm
0
Decomposti
0
Nell’effettuare la scelta di questi indici parziali si tenga presenti che alcune
condizioni si escludono a vicenda: per esempio, se è presente un
riempimento spesso diventerà irrilevante il contributo della rugosità,
venendo a perdersi il contatto fra le pareti dei giunti.
26
FORMULA GEO VER.2.0
Infine, il parametro A5 (condizioni idrauliche) andrà calcolato come nella
classificazione del 1979.
Come nelle classificazioni precedenti, la somma dei 5 indici parziali
fornisce il Basic RMR (BRMR). Il Basic RMR in condizioni di giunti
asciutti (A5=15) può essere correlato anche in questo caso al parametro
G.S.I. (Geological Strenght Index), grandezza collegata ai fattori m, a ed s
dell’ammasso roccioso integro (vedi capitolo). Infatti si ha:
GSI = BRMR 79 − 5 (solo per BRMR>23)
Per la stima dell’indice di correzione Ic si deve fare riferimento, anche in
questo caso, alla seguente tabella:
Orientamento dei giunti
Gallerie e miniere
Indice
Fondazioni
Versanti
Molto favorevole
0
0
0
Favorevole
-2
-2
-5
Discreto
-5
-5
-7
Sfavorevole
-10
-15
-50
Molto sfavorevole
-12
-25
-60
Applicando alla BRMR la correzione Ic si ottiene l’indice RMR, correlato
alla qualità dell’ammasso roccioso secondo la seguente tabella:
RMR
CLASSE
QUALITA’
0-20
V
Molto scadente
21-40
IV
Scadente
41-60
III
Discreta
61-80
II
Buona
81-100
I
Ottima
I parametri geomeccanici sono invece essere correlati direttamente a BRMR
(e non a RMR) attraverso le relazioni:
BRMR
2
c ( MPa) = 0,005 * BRMR
ϕ( °) = 5 +
BRMR −10
E (GPa) = 10
40
dove:
ϕ(°)=
c(Mpa)=
E(Gpa)=
Angolo d’attrito dell’ammasso roccioso;
Coesione dell’ammasso roccioso;
Modulo elastico dell’ammasso roccioso;
27
FORMULA GEO VER.2.0
Test di Markland
La classificazione di Bieniawski può essere applicata anche per la
caratterizzazione geomeccanica di versanti, se si stabilisce un coefficiente di
compensazione appropriato.
Il programma propone l'utilizzo del Test di Markland (1972) (come
suggerito da R. Pozzi e A. Clerici, 1985) per individuare quantitativamente
le discontinuità che rappresentano piani di scivolamento in un pendio in
roccia.
Il procedimento fornisce un'indicazione qualitativa della stabilità del cuneo
in funzione del suo orientamento nello spazio e della stima della resistenza
al taglio mobilitabile lungo i piani di possibile scorrimento. Quest'ultima
grandezza viene quantificata attraverso il parametro angolo d'attrito medio
delle discontinuità meccaniche.
Il test prevede quattro situazioni possibili.
1. Cuneo potenzialmente instabile.
28
FORMULA GEO VER.2.0
Questa situazione si verifica per un cuneo roccioso a franapoggio meno
inclinato del pendio, in cui l'angolo d'attrito medio mobilitabile lungo le
superfici potenziali di scorrimento sia inferiore all'inclinazione della linea
d'intersezione dei piani di scorrimento.
29
FORMULA GEO VER.2.0
2. Cuneo stabile.
Questa situazione si verifica per un cuneo roccioso a franapoggio meno
inclinato del pendio, in cui l'angolo d'attrito medio mobilitabile lungo le
superfici potenziali di scorrimento sia superiore all'inclinazione della linea
d'intersezione dei piani di scorrimento. Si verifica ovviamente anche per
cunei a reggipoggio.
30
FORMULA GEO VER.2.0
3. Cuneo con stabilità incerta.
Questa situazione si verifica per un cuneo roccioso a franapoggio meno
inclinato del pendio, in cui l'angolo d'attrito medio mobilitabile lungo le
superfici potenziali di scorrimento sia circa uguale all'inclinazione della
linea d'intersezione dei piani di scorrimento. In questa caso va tenuto
presente che generalmente l'errore insito nella grandezza angolo di
resistenza al taglio è di circa 2°, se non addirittura maggiore. Il test di
31
FORMULA GEO VER.2.0
Markland non permette in queste condizioni di ottenere un responso preciso
sulla stabilità del cuneo, per ottenere il quale occorrerà l'impiego di metodi
più precisi.
4. Cuneo potenzialmente instabile per ribaltamento.
Questa situazione si verifica quando il pendio ed una delle discontinuità
sono subverticali con immersione circa uguale. In questo caso il valore
dell'angolo di resistenza al taglio non influisce sulla stabilità, in quanto si
può supporre che le due facce della superficie di ribaltamento non siano in
contatto e quindi non sviluppi un'apprezzabile resistenza al taglio.
32
FORMULA GEO VER.2.0
Una volta identificate le possibili direzioni di movimento è possibile
definire le condizioni da 'molto favorevole' a 'molto sfavorevole' ed entrare
nella tabella proposta da Z. T. Bieniawski.
La condizione 'molto favorevole' è identificabile con l'assenza di direzioni
critiche.
Le condizioni 'mediocre' e 'sfavorevole' e 'molto sfavorevole' sono
identificabili con la presenza di una, due e tre direzioni critiche,
rispettivamente.
La condizione 'favorevole' si ha quando non ci sono direzioni critiche, ma
basta la variazione di pochi gradi nel valore attribuito all'angolo d'attrito di
base perchè si verifichi la possibilita' di instabilità dei cunei rocciosi.
Alle condizioni sopra riportate corrispondono i seguenti indici di
compensazione:
Condizione
molto favorevole
favorevole
discreta
sfavorevole
molto sfavorevole
Indice
0
-5
-25
-50
-60
L'indice RMR ottenuto dalla classificazione di Bieniawski, può essere
inoltre correlato con l'indice Q (Classificazione di Barton) e con RSR
(Classificazione di Wickham) mediante le seguenti relazioni:
RMR = 9 ln Q + 44
RSR − 12, 4
RMR =
0,77
33
FORMULA GEO VER.2.0
Stima delle grandezze m,s e a dell’ammasso roccioso.
Attraverso il parametro G.S.I. ricavato dalla classificazione di Bieniawski è
possibile ricavare le grandezze m, s ed a , necessarie per la definizione del
criterio di rottura di Hoek e Brown, secondo la relazione:
 σ

σ1 = σ3 + σc mb 3 + s 
 σc

dove:
σ1 e σ3 =
σ c=
a
Sforzi principali;
Resistenza alla compressione monoassiale della roccia intatta.
Si riconoscono tra casi.
• Roccia indisturbata e G.S.I.>25.
GSI −100
m = mi e
28
GSI −100
s=e 9
a = 0,5
•
Roccia indisturbata e G.S.I.≤25.
GSI −100
m = mi e 28
s=0
GSI
a = 0,65 −
200
•
Roccia disturbata qualunque valore di G.S.I..
GSI −100
mr = mi e
14
34
FORMULA GEO VER.2.0
GSI −100
sr = e 6
a = 0,5
dove:
mi= grandezza dipendente dalle caratteristiche mineralogiche e
petrografiche della roccia intatta, ottenibile, in assenza di determinazioni di
laboratorio più precise, dalla seguente tabella:
35
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione di Wickham (1972).
La classificazione di Wickham costituisce il primo sistema di classificazione
completo apparso in letteratura.
Si basa sulla stima dell’indice R.S.R.(Rock Structure Rating), così definito:
RSR = A + B + C.
Dove A, B e C sono tre indici parziali ricavabili attraverso lo schema
proposto di seguito:
• Parametro A: valutazione delle caratteristiche generali della roccia.
Intervengono la genesi del litotipo, la durezza, l'intensità dei fenomeni
plicativi. Il campo numerico varia da 6 a 30.
Si seleziona il tipo litologico nella tabella 1, quindi si entra nella tabella 2.
Calcolo del parametro A - Tipo litologico - Tabella 1
Tipo di roccia
Dura
Mediocre Tenera
Alterata
Ignea
1
2
3
4
Metamorfica
1
2
3
4
Sedimentaria
2
3
4
4
Calcolo del parametro A - Struttura dell'ammasso - Tabella 2
Massiccia
Poco
Mediam.
Molto
Fratturata
fratturata
fratturata
30
22
15
9
27
20
13
9
24
18
12
7
19
15
10
6
TIPO
TIPO
TIPO
TIPO
1
2
3
4
• Parametro B: si riferisce alla caratteristiche fisiche delle discontinuità e
all'orientamento della galleria.
Il parametro varia da 7 a 45 ed è funzione della spaziatura tra le fratture e
dell’orientamento relativo tra l'asse del cavo e le discontinuità.
Bisogna tener conto dell'immersione delle discontinuità rispetto al verso di
avanzamento della galleria.
36
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo del parametro B
Immersione
|| al fronte di scavo
|- al fronte di scavo
Qualsiasi
Pendenza giunti
Pendenza giunti
pendenza Concorde
Discorde
Concorde o dis corde
col verso di
col verso di
col verso di
Avanzamento
avanzamento
avanzamento
Valori inclinazione
0-20 20-50
50-90
20-50
50-90
0-20
20-50
Roccia int.fratturata
9
11
13
10
12
9
9
Roccia fratturata
13
16
19
15
17
14
14
Roccia scar.fratturata
23
24
28
19
22
23
23
Roccia deb.fratturata
30
32
36
25
28
28
28
Roccia quasi integra
36
38
40
33
35
36
34
Roccia integra
40
43
45
37
40
40
38
• Parametro C: riguarda le caratteristiche fisiche delle discontinuità in
rapporto alle condizioni idrauliche.
Il parametro varia tra 6 e 25 e viene assegnato in funzione della somma dei
parametri A + B ottenuta precedentemente e sulla base di una valutazione
qualitativa che tiene conto principalmente dell'alterazione, dell'apertura e
della continuità dei giunti e delle venute d'acqua prevedibili.
Calcolo del parametro C - somma A+B<45
Cond.idriche
Condizioni dei giunti
Buona
Media Scarsa
Asciutto
22
18
12
Scarsa(<25 l/ min)
19
15
9
Media(25-125 l/ min)
15
11
7
Forte (>125 l/ min)
10
8
6
37
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo del parametro C - somma A+B>=45
Cond.idriche
Condizioni dei giunti
Buona
Media Scarsa
Asciutto
25
22
18
Scarsa(<25 l/ min)
23
19
14
Media(25-125 l/ min)
21
16
12
Forte (>125 l/ min)
18
14
10
Condizioni dei giunti:
Buona = ben chiusi o cementati
Media = scarsamente bagnati o alterati
Scarsa = molto bagnati, alterati o aperti
Il coefficiente RSR (variabile da 19 a 100) cosi' ottenuto si traduce in un
diverso grado di armatura in funzione delle dimensioni della galleria.
Questo sistema fa riferimento ad armature ottenute con centine. Solo
subordinatamente si può estendere ad altre tecniche di supporto (es. bulloni
e shotcrete).
Per definire una classe di ammasso roccioso bisogna correlare il valore
ottenuto di R.S.R. con i valori di R.M.R. o Q, attraverso le relazioni:
RSR = 0,77 RMR + 12,4
RSR = 13,3 LogQ + 46
Questa classificazione è l'unica che tiene in considerazione la natura
litologica e la genesi delle rocce che costituiscono l'ammasso roccioso.
38
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione di Barton (1979).
La classificazione di Barton è basata sull'analisi di 200 casi reali. Il dettaglio
con cui sono state stilate le tabelle per la definizione numerica dei parametri
limita estremamente la soggettività delle scelte.
L’indice Q viene calcolato attraverso la relazione:
Q=
RQDJ r J w
J n J a SRF
Le grandezze espresse al secondo membro hanno il seguente significato.
• RQD % (Rock Quality Designation).
Tiene conto della suddivisione della massa rocciosa.
• Jn (Joint Set Number).
Dipende dal numero di famiglie di giunti presenti nell'ammasso roccioso.
Viene ricavato dalla seguente tabella:
Jn (Joint Set Number)
A Roccia compatta o poche discontinuità
B Una famiglia di discontinuità
C Una famiglia di discontinuità + random
D Due famiglie di discontinuità
E Due famiglie di discontinuità + random
F Tre famiglie di discontinuità
G Tre famiglie di discontinuità + random
H Quattro famiglie di discontinuità, random,
intensamente fratturato, <Sugar cube>
I Rocce fratturate, terrose
Jn
0-1
2
3
4
9
6
12
15
20
• Jr (Joint Roughness Number).
Dipende dalla rugosità delle superfici di discontinuità.
39
FORMULA GEO VER.2.0
Jr (Joint Roughness Number)
Jr
Pareti delle fratture a contatto o con tratti beanti < 10
cm
A fratture discontinue
4
B rugose, irregolari, ondulate
3
C ondulate, lisce
2
D ondulate a facce levigate
1.5
E planari, ruvide o irregolari
1.5
F planari lisce
1.0
G planari a facce levigate
0.5
Pareti delle fratture aperte
H minerali argillosi nei giunti, fratture non a
1.0
contatto
I zone sabbiose, ghiaiose o fratturate
1.0
• Ja (Joint Alteration Number) .
Dipende dal grado di alterazione delle fratture, dallo spessore e dalla natura
del riempimento.
Ja (Joint Alteration Number)
A Riempimento impermeabile, duro,
strettamente cicatrizzato
B Bordi fratture inalterati, superfici
autoreggentesi
C Bordi fratture leggermente alterati,rivestiti
di minerali non ammorbiditi, particelle
sabbiose
D Rivestimento limoso-argilloso o sabbiosoargilloso
E Rivestimento di minerali ammorbiditi con
argille rigonfianti
F Particelle sabbiose, roccia disgregata libera
da argilla
G Riempimenti di minerali argillosi non
rigonfianti, continui
H Riempimenti di minerali argillosi
ammorbiditi
J Riempimenti di minerali argillosi
rigonfianti
Ja
0.75
1
2
3
4
4
6
8
8-12
40
FORMULA GEO VER.2.0
• Jw (Joint Water Number).
Dipende dalle condizioni idrogeologiche.
Jw (Joint Water reduction factor)
A Scavo secco o afflussi minimi(< 5 l/ min
localmente)
B Sporadici getti del materiale di
riempimento dei giunti
C Pressioni elevate in rocce competenti con
giunti non
riempiti (afflussi sostenuti)
D Come C, consistenti getti di materiali dai
giunti
E Colpi d'acqua decrescenti nel tempo
F Colpi d'acqua costanti nel tempo
Jw
1
0.66
0.5
0.33
0.2-0.1
0.1-0.05
• S.R.F (Stress Reduction Factor) .
Dipende dalle tensioni che interessano il cavo della galleria e a seconda che
l'ammasso roccioso risulti competente, incompetente, spingente oppure
rigonfiante. E' indicativo quindi dello stato di sollecitazione che interessa
l'ammasso roccioso. Si può valutare osservando i fenomeni negli immediati
dintorni dell' ARS (faglie attive, zone di debolezza o rilasci parietali,
presenza di rocce rigonfiabili, ecc.).
41
FORMULA GEO VER.2.0
SRF(Stress Reduction Factor)
SRF
Zone deboli interessanti lo scavo - distacchi di volumi di roccia nel
cavo
A Zone deboli multiple con argille o rocce disgregate
10
chimicamente, rocce del contorno del cavo molto
allentate
B Singole zone deboli con argille o rocce disgregate
5
chimicamente (prof. di scavo < 50m)
C Come B ma con prof. di scavo > 50 m
2.5
D Zone di frattura multiple in rocce competenti, senza
7.5
argilla rocce del contorno molto allentate (qualsiasi
profondità)
E Singole zone di frattura in rocce competenti, senza
5
argilla con prof. di scavo < 50 m
F Come E ma con prof. di scavo > 50 m
2.5
G Giunti allentati aperti, rocce intensamente fratturate
5
Sugar cube (qualsiasi profondità)
Problemi di tensione in rocce competenti
H Tensione bassa vicino alla superficie
2.5
J Tensione media
1
K Tensione alta, struttura molto compatta
0.5-2
L Scoppi di roccia moderati
5-10
M Scoppi di roccia forti
10-20
Roccia compressa, flusso plastico di rocce incompetenti sotto
pressione
N Flusso plastico medio, prssione moderata
5-10
O Flusso plastico forte, pressione forte
10-20
Roccia rigonfiante, rigonfiamento dipendente dall'acqua
P Pressione di rigonfiamento media
5-10
Q Pressione di rigonfiamento forte
10-20
I tre rapporti della formula hanno un determinato significato fisico:
• RQD/Jn: definisce la struttura dell'ammasso roccioso e fornisce una
misura approssimata dei blocchi unitari di roccia.
• Jr/Ja: tiene conto delle caratteristiche di resistenza meccanica dei giunti.
Il valore e di questo rapporto viene ridotto in funzione del grado di
alterazione e dell'apertura dei giunti.
42
FORMULA GEO VER.2.0
• Jw/SRF: il valore di questo rapporto esprime lo stato di tensione
efficace che agisce sull'ammasso roccioso.
L'indice Q system (variabile da 0.001 a 1000) è diviso in 9 intervalli cui
corrispondono altrettante classi di ammasso roccioso. Gli intervalli sono
espressi in scala logaritmica.
Q system
Descrizione
Classe
Q system
Descrizione
Classe
1000-400
OTTIMO
400-100
BUONISSIMO
I
II
4-1
SCADENTE
VI
1-0.1
MOLTO
SCADENTE
VII
100-40
MOLTO
BUONO
III
40-10
BUONO
10-4
DISCRETO
IV
V
0.1-0.01
SCADENTISSIMA
0.01-0.001
PESSIMA
VIII
XI
A differenza di quanto suggerito da Bieniawski, Barton non riporta, nella
classificazione, indicazioni circa l'orientamento dei giunti in funzione
dell'orientamento della galleria in quanto (come spiegato dallo stesso
Autore) i parametri Jn, Jr e Ja giocano un ruolo più importante
dell'orientazione dei giunti, perchè definiscono il grado di libertà riguardo al
movimento dei blocchi. Le caratteristiche frizionali delle discontinuità
possono variare più della componente normale della forza di gravità delle
discontinuità orientate sfavorevolmente.
Come visto in precedenza l’indice Q può essere correlato all’indice RMR e
BRMR della classificazione di Bieniawski con la relazione:
RMR=9lnQ+44;
BRMR=9lnQ’+44;
dove Q’ deriva dall’indice Q, ponendo il rapporto Jw/SRF =1
43
FORMULA GEO VER.2.0
Portanza di fondazioni su roccia.
Fondazioni superficiali.
Per fondazioni superficiali su roccia Stagg e Zienkiewicz (1968)
propongono l’utilizzo della formula classica di Terzaghi:
Q lim = cN c sc + γ1 DN q + 0.5γ 2 BNγ sγ
dove:
c = coesione dell’ammasso roccioso;
γ1 = peso di volume della roccia sopra il piano di posa;
γ2 =peso di volume della roccia sotto il piano di posa;
D=profondità di posa della fondazione;
B=larghezza della fondazione;
sc = fattore di forma, uguale a 1 per fondazioni nastriformi e a 1.3 per
fondazioni quadrate o rettangolari;
sγ = fattore di forma, uguale a 1 per fondazioni nastriformi e a 0.8 per
fondazioni quadrate o rettangolari;
Nc, Nq e Nγ = fattori adimensionali di portanza.
Rispetto alla formula di Terzaghi applicata alle terre, gli Autori citati
propongono di inserire i seguenti fattori di portanza:
Nq = tg6 (45 + ϕ/2);
Nc = 5 x tg4 (45 + ϕ/2);
Nγ =Nq +1.
dove ϕ=angolo d’attrito dell’ammasso roccioso.
La Qlim (portanza limite) della fondazione andrà poi corretta in funzione
del grado di fratturazione della roccia, utilizzando il parametro R.Q.D.(%):
44
FORMULA GEO VER.2.0
Qlim’ = Qlim x (RQD/100)2 .
Si tenga presente che questa relazione è inapplicabile nel caso di ammassi
rocciosi con R.Q.D. molto bassi, inferiori a 30%.
Vista la difficoltà di quantificare i parametri coesione e angolo d’attrito
della roccia, in alternativa alla formula di Stagg e Zienkiewicz può essere
impiegata direttamente la seguente relazione:
RQD 

Q lim =  0.1 + 0.2
C0
100 

dove C0 è la resistenza alla compressione monoassiale della roccia. La
formula è basata su valori tabellati da Bowles.
Nel caso infine in cui si abbia il valore di RQD prossimo a zero, la portanza
dell’ammasso roccioso può essere ricavata con le stesse relazioni, che si
utilizzano per fondazioni su terreni sciolti (Terzaghi, Vesic, Meyerhof,
Brinch Hansen).
Fondazioni su pali.
Nel caso di fondazioni su pali Peck et Alii (1974) propongono di trascurare
la resistenza laterale, dovuto all’attrito palo-roccia, e di verificare
semplicemente che il carico applicato sul palo sia inferiore alla resistenza
alla compressione monoassiale della roccia di base:
Carico su palo ≤ Res. compressione monoaasiale roccia.
45
FORMULA GEO VER.2.0
Gallerie
Analisi dell’interazione roccia – sostegno.
Viene di seguito trattato l’argomento dell’analisi dell’interazione fra roccia
e sostegno secondo il metodo semplificato di Hoek e Brown. Questa
procedura, utile per un primo dimensionamento delle opere di sostegno del
tunnel, si basa su alcune importanti assunzioni.
•
•
•
•
Geometria del tunnel: si assume una galleria a sezione circolare di
lunghezza tale da poter trattare il problema solo in due dimensioni.
Campo degli sforzi in situ: gli sforzi in situ orizzontali e verticali
vengono assunti uguali come valore.
Pressione dei supporti : si ipotizza che i supporti messi in opera
esercitino una pressione radiale uniforme sulle pareti del foro.
Proprietà del materiale roccia indisturbato: l’ammasso roccioso si
presume abbia, in condizioni indisturbate, un comportamento di tipo
lineare - elastico; il criterio di rottura di questo materiale deve essere
descrivibile attraverso la relazione:
(
σ1 = σ3 + mσcσ3 + sσc 2
•
)
Proprietà del materiale roccia disturbato: l’ammasso roccioso
disturbato attorno al tunnel viene assunto con comportamento di tipo
perfettamente plastico e deve soddisfare il seguente criterio di rottura:
(
σ1 = σ3 + mr σcσ3 + sr σc 2
•
0, 5
)
0 ,5
Deformazioni volumetriche: nelle zone a comportamento elastico sono
governate dalle costanti elastiche E (modulo di Young) e ν (rapporto di
Poisson) della roccia; a rottura l’ammasso roccioso subirà un aumento di
volume e le relative deformazioni saranno calcolate secondo la teoria
della plasticità.
46
FORMULA GEO VER.2.0
•
•
Comportamento dipendente dal tempo: si assume che l’ammasso
roccioso, disturbato e non, non mostri un comportamento dipendente dal
tempo.
Estensione della zona plastica: s’ipotizza che la zona a comportamento
plastico abbia un’estensione di raggio re, dipendente dalla pressione in
situ P0 , dalla pressione esercitata dai sostegni Pi e dalle caratteristiche
dell’ammasso roccioso.
Curva pressioni - deformazione
Quello che segue è lo schema di calcolo per ottenere la curva pressioni –
deformazioni necessaria per effettuare il dimensionamento di massima dei
sostegni della galleria. Lo schema è quello proposto da Hoek e Brown
(1982).
Dati di input.
σ c=
m, s=
E=
ν=
mr, sr=
γr=
p0 =
ri=
Resistenza alla compressione monoassiale della roccia intatta;
Costanti dell’ammasso roccioso integro;
Modulo di elasticità dell’ammasso roccioso indisturbato;
Rapporto di Poisson;
Costanti dell’ammasso roccioso disturbato;
Peso di volume dell’ammasso roccioso disturbato;
Pressione in situ;
Raggio del tunnel.
Sequenza di calcolo.
Il calcolo deve essere eseguito ripetendo la sequenza con pi (pressione del
sostegno) che viene fatto variare da 0 a p0 , secondo il passo di calcolo
desiderato.
•
2

1  m 
p
M =   + m 0 + s 
2  4 
σc

0, 5
−
m
8
47
FORMULA GEO VER.2.0
•
D=
−m
m

m + 4  ( p0 − Mσc ) + s 
σc

0, 5
 p − Mσc
s 
N = 2 0
+ r2 
mr 
 mrσc
Per pi>p0 -Mσc la deformazione intorno alla galleria è elastica
0 ,5
•
•
ui (1 + ν )
=
( p0 − pi )
ri
E
•
Per pi≤p0 -Mσc si ha rottura di tipo plastico intorno alla galleria :
u e (1 + ν )
=
Mσc
re
E
 pi
sr 
N − 2
+ 2
m σ

 r c mr 
0 ,5
re
=e
ri
r
r
Per e < 3 : R = 2 D ln e
ri
ri
r
Per e > 3 : R = 1,1D
ri
e av =
2
 re 
 
 ri 

1
− 1 1 + 
 R 
u
2 e
re
 r
 e
 ri



2
 u
 r
A =  2 e − eav  e
 re
 ri
ui
 1 − e av 
= 1− 

ri
 1+ A 



2
0 ,5
48
FORMULA GEO VER.2.0
•
Per la calotta della galleria, diagrammare
(
pi + γ r re − ri
p0
•
•
)
ui
in funzione di
ri
ui
p
in funzione di i
ri
p0
u
Per la platea della galleria, diagrammare i in funzione di
ri
Per i piedritti della galleria, diagrammare
(
pi − γ r re − ri
p0
)
La grandezza p0 − Mσc rappresenta la pressione critica, cioè la pressione
che deve essere contrastata dai sostegni, perché non si abbia la creazione di
una zona di rottura a comportamento plastico nell’ammasso roccioso.
Interazione roccia-sostegno
Di seguito viene presentata la sequenza di calcolo per il dimensionamento
dei sostegni della galleria (anello di cemento, bulloni e centine). Il
dimensionamento deve essere eseguito a tentativi, calcolando prima la
rigidità e la massima pressione sostenibile dal supporto, e disegnando quindi
la curva del sostegno sul diagramma pressioni-deformazioni elaborato in
precedenza. Il metodo prevede anche la possibilità di combinare due opere
di tipo differente, per esempio centine e bulloni, ed elaborare in un’unica
curva l’azione del supporto combinato.
Il sostegno è stato dimensionato correttamente, quando si osserverà la curva
del sostegno stesso intersecare, nel diagramma pressioni-deformazioni, le
tre curve relative alla calotta, ai piedritti e alla platea.
49
FORMULA GEO VER.2.0
•
Anello di cemento: calcolo della rigidità e della massima pressione
sostenibile.
Dati di input:
Ec=
Modulo di elasticità del cls;
Rapporto di Poisson del cls;
ν c=
tc=
Spessore dell’anello di cls;
ri=
Raggio della galleria;
σcc= Resistenza alla compressione monoassiale del cls.
Rigidità: k c =
[
]
Ec ri 2 − (ri − tc )2
(1 + νc ) (1 − 2νc )ri2 + (ri − tc )2
[
]
 (r − t )2 
1
Pressione massima: Psc max = σcc 1 − i 2 c 
2 
ri

50
FORMULA GEO VER.2.0
•
Centine: calcolo della rigidità e della massima pressione sostenibile.
Dati di input:
W=
Larghezza del blocco di contrasto;
X=
Spessore della sezione della centina;
As=
Area della sezione della centina;
Is=
Momento d’inerzia della centina;
Es=
Modulo di elasticità della centina;
Resistenza dell’acciaio;
σys=
ri=
Raggio della galleria;
S=
Spaziatura delle centine lungo l’asse della galleria;
θ (rad)= Angolo fra i blocchi di contrasto;
tb=
Spessore dei blocchi di contrasto;
Eb=
Modulo di elasticità dei blocchi di contrasto.
1
Sri
Sri 3 θ(θ + sin θ cosθ )  2 Sθtb
Rigidità:
=
+
− 1 +
2
ks Es As Es I s 
2 sin 2θ
 EbW
3 As I sσ ys
Pressione massima: p ss max =


 
1 
2 Sriθ 3I s + XAs ri −  t b + X  (1 − cosθ )
2 
 


•
Bulloni: calcolo della rigidità e della massima pressione sostenibile.
Dati di input:
l=
Lunghezza del bullone;
db=
Diametro del bullone;
Eb=
Modulo elastico del bullone;
Q=
Rigidità dell’ancoraggio;
Tbf=
Carico limite di sfilamento;
ri=
Raggio della galleria;
sc=
Spaziatura circonferenziale dei bulloni;
sl=
Spaziatura longitudinale dei bulloni.
51
FORMULA GEO VER.2.0

1
s s  4l
= c l 
+ Q 
kb
ri  πdb Eb

T
Pressione massima: p sb max = bf
sc sl
• Calcolo della curva del sostegno per un sistema singolo.
Rigidità:
Dati di input:
k=
Rigidità del sostegno considerato;
psmax= Massima pressione sostenibile dal sostegno;
ui0 =
Deformazione iniziale della galleria prima dell’installazione del
sostegno.
La curva del sostegno si ricava facendo variare la pressione (pi ) da 0 al
valore di p smax nella relazione:
u
p 
ui =  i 0 + i ri
k 
 ri
•
Calcolo della curva del sostegno per un sistema combinato di supporti.
Dati di input:
k1 =
Rigidità del sostegno 1;
psmax1 =
Massima pressione sostenibile dal sostegno 1;
k2 =
Rigidità del sostegno 2;
psmax2 =
Massima pressione sostenibile dal sostegno 2;
ui0 =
Deformazione iniziale della galleria prima dell’installazione del
sostegno.
N.B.: si ipotizza che i sostegni vengano messi in opera
contemporaneamente.
La curva del sostegno si ricava facendo variare la pressione (pi ) da 0 al
valore di p smax nelle relazioni:
umax 1 =
ri pas max 1
k1
52
FORMULA GEO VER.2.0
ri pas max 2
k2
ri pi
u12 =
(k1 + k2 )
umax 2 =
u
pi 
ri
Per u12 <umax1<umax2 : ui =  i 0 +
r
(
k
+
k
)
1
2 
 i
umax 1 (k1 + k2 )
Per u12 >umax1<umax2 : pmax 12 =
ri
u
(k + k )
Per u12 <umax2<umax1 : pmax 12 = max 2 1 2
ri
53
FORMULA GEO VER.2.0
Test di Markland applicato alle gallerie.
Un’indicazione della stabilità della galleria può essere ricavata attraverso
l’utilizzo del test di Markland, cioè attraverso la visualizzazione delle
discontinuità presenti nell’ammasso roccioso su un diagramma equatoriale
di Wulff.
Quattro sono le verifiche che vanno condotte.
•
Verifica del distacco di blocchi dalla calotta.
C’è la possibilità di avere il distacco di blocchi dalla callotta nel caso in cui
si abbiano almeno tre famiglie di giunti, le cui intersezioni disegnino una
figura chiusa rispetto al centro del diagramma di Wulff.
54
FORMULA GEO VER.2.0
•
Verifica dello scivolamento di cunei in calotta.
Si ha la possibilità di scivolamento di cunei di roccia in calotta nel caso in
cui, l’intersezione fra due piani ricada all’interno del cono d’attrito.
•
Verifica dello scivolamento di cunei lungo i piedritti.
Si hanno condizioni d’instabilità lungo i piedritti nel caso in cui
l’intersezione fra due piani ricada all’interno di uno dei due semicerchi,
ottenuti dall’intersezione dell’asse della galleria con il cono d’attrito.
55
FORMULA GEO VER.2.0
56
FORMULA GEO VER.2.0
•
Verifica della stabilità del fronte.
In questo caso si procede come visto nel caso della stabilità di versanti.
57
FORMULA GEO VER.2.0
58
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
IDROLOGIA
Coefficiente di deflusso medio annuo di un bacino.
Per coefficiente di deflusso medio annuo (Cd) si intende il rapporto fra il
deflusso annuale del corso d'acqua, riferito ad una determinata sezione di
chiusura, e il volume delle precipitazioni cadute durante lo stesso periodo
all'interno del suo bacino imbrifero. Non va confuso con il coefficiente di
afflusso, che è il rapporto fra il volume d’acqua che defluisce in superficie e
la precipitazione meteorica riferiti ad un unico evento piovoso .
Il programma utilizza, per il calcolo di questo parametro idrologico, il
metodo semplificato di Kennessey, applicabile soprattutto a piccoli bacini.
Questo metodo passa attraverso la stima di tre indici parziali, legati
rispettivamente all’acclività media del bacino (Ca), alla sua copertura
vegetale (Cb) e alla permeabilità delle rocce affioranti (Cp), che sono,
insieme a quelli climatici, i principali fattori influenzanti il volume del
deflusso superficiale.
• Acclività media del bacino.
In generale una maggiore acclività media comporta un aumento del deflusso
superficiale, sfavorendo il ristagno delle acque meteoriche e di conseguenza
l'infiltrazione e l'evapotraspirazione.
• Copertura vegetale del bacino.
Una fitta copertura vegetale fa diminuire il valore del coefficiente di
deflusso, sia perchè è maggiore in questi casi il volume d'acqua disperso
per traspirazione dalle piante, sia perchè la vegetazione tende ad
ostacolare il deflusso superficiale, rallentandolo e favorendo quindi
l'infiltrazione.
• Permeabilità media del bacino.
E' evidente che un'elevata permeabilità media favorisce l'infiltrazione delle
acque meteoriche, riducendo di conseguenza il deflusso superficiale.
• Fattori climatici (piovosità e temperatura) .
FORMULA GEO VER.2.0
Più che dai valori annuali delle precipitazioni e della temperatura, il valore
del coefficiente di deflusso è influenzato dalla loro distribuzione nel corso
dell'anno.
Si possono verificare due casi estremi.
1. Le massime precipitazioni coincidono con i massimi valori di
temperatura: in questo caso è da attendersi un'intensa evapotraspirazione,
con forte riduzione del deflusso superficiale e di conseguenza del
coefficiente di delfusso.
2. Le massime precipitazioni coincidono con i minimi valori
di
temperatura: in questo caso è da attendersi una perdita per
evapotraspirazione minima ed un elevato deflusso superficiale.
Tutte le altre possibili combinazioni fra valori di temperatura e piovosità si
collocano ovviamente fra questi due estremi.
Una stima dell'influenza dei fattori climatici sul valore di Cd può essere
fatta attraverso l'INDICE DI ARIDITA', definito come segue:
Ia = [ P / (T+10) + 12 x p / t] / 2
con : P = afflusso medio mensile;
T = temp. media annua;
p e t = afflusso e temperatura del mese più arido.
Il valore di Ia cresce all'aumentare del rapporto fra precipitazioni totali
annue e temperatura media annuale e del rapporto fra precipitazioni del
mese meno piovoso e relativa temperatura mensile. In generale quindi ci
si deve aspettare, a parità di temperature, un maggior deflusso superficiale
al crescere dell'altezza delle precipitazioni e viceversa, e a parità di afflusso
meteorico, un aumento di Cd al diminuire delle temperature.
Il metodo di Kennessey individua tre intervalli di valori di Ia, ad ognuno dei
quali corrisponde una serie differente di coefficienti di deflusso parziali.
FORMULA GEO VER.2.0
Coefficiente
Ca-acclività
Cp-permeabilità
Cv-vegetazione
Valore
> 35%
10 - 35
3.5 - 10
< 3.5
Molto bassa
Bassa
Mediocre
Buona
Elevata
Roccia
Pascolo
Coltivo
Bosco
Ia < 25
0.22
0.12
0.01
0.00
0.21
0.17
0.12
0.06
0.03
0.26
0.17
0.07
0.03
25 ≤ Ia ≤ 40
0.26
0.16
0.03
0.01
0.26
0.21
0.16
0.08
0.04
0.28
0.21
0.11
0.04
Ia > 40
0.30
0.20
0.05
0.03
0.30
0.25
0.20
0.10
0.05
0.30
0.25
0.15
0.05
La procedura da seguire per la valutazione del coefficiente di deflusso
medio annuo secondo Kennessey è la seguente.
• Si calcola l’Indice di Aridità, utilizzando la relazione vista sopra;
• Per ogni singolo fattore (acclività, vegetazione e permeabilità) si valuta
la distribuzione dell'area del bacino all'interno delle categorie viste in
tabella.
Esempio, per il fattore vegetazione: Area totale bacino = 16 Kmq, Ia<25;
4 kmq presentano una copertura di tipo boschivo (25% del totale);
6 kmq sono coltivati (37.5% del totale);
3 kmq sono destinati a pascolo (18.75% del totale);
3 kmq sono privi di vegetazione (18.75% del totale).
• Si moltiplicano le aree percentuali per i relativi coefficienti parziali.
FORMULA GEO VER.2.0
Esempio per il fattore vegetazione:
0.03 (coefficiente per la copertura boschiva) x 0.25 = 0.0075;
0.07 (coefficiente per la copertura a coltivo) x 0.375 = 0.0263;
0.17 (coefficiente per la copertura a pascolo) x 0.1875 = 0.0319;
0.27 (coefficiente per la mancanza di vegetazione) x 0.1875 = 0.0506.
• Si sommano i risultati per ogni singolo fattore, ottenendo i coefficienti
parziali.
Esempio per il fattore vegetazione:
Cv=0.0075+0.0263+0.0319+0.0506=0.116
• Si sommano i tre coefficienti di deflusso parziali Cv,Ca e Cp e si ottiene
Cd, coefficiente di deflusso medio annuo del bacino.
Per quanto riguarda la precisione di questo metodo, facendo un confronto
con i valori di Cd ottenuti per uno stesso bacino, attraverso misure dirette
del volume di deflusso, si è valutato che l'errore non superi generalmente il
10%. Il procedimento di Kennessey non può sostituire quindi la misura
diretta delle acque di deflusso, ma può fornirne una buona stima nei bacini
non attrezzati e quindi, in particolare, è utile per bacini arealmente ridotti.
Va ricordato che il valore di Cd ottenuto rappresenta solo un dato medio, in
quanto durante l’anno, al modificarsi dei fattori climatici, anche il
coefficiente di deflusso subisce delle variazioni significative.
Il metodo di Kennessey consente di valutare infine il bilancio idrologico
anche solo di singoli settori di bacino, fatto questo utile per la stima, per
esempio, dell’infiltrazione efficace. Limitando infatti la stima del bilancio
solo a quelle aree all'interno del bacino che si ritiene siano, per condizioni
morfologiche e di permeabilità favorevoli, zone d'infiltrazione, si possono
ottenere valori più attendibili, della quantità d’acqua che s’infiltra nel
terreno.
FORMULA GEO VER.2.0
Bilancio idrologico di un bacino idrografico.
Definizioni.
Il bilancio idrologico è la stima dei volumi idrici che entrano ed escono da
un bacino idrografico in un determinato intervallo di tempo (generalmente
un anno).
In maniera sintetica, può essere espresso nella seguente forma:
P = D + ET ± DR;
con
P = precipitazioni totali nell’ intervallo di tempo considerato (mm);
D = deflusso totale (superficiale e sotterraneo) (mm);
ET= evapotraspirazione reale (mm);
DR= variazione delle riserve idriche (mm).
Se i parametri P, D ed ET sono mediati su un lungo intervallo di tempo (per
esempio 30 anni) DR tende ad annullarsi, perchè nel lungo periodo le
positive e negative delle riserve si compensano. In questo caso si parla di
Bilancio Idrologico Annuo Medio.
Precipitazioni.
Definito l'intervallo di tempo da utilizzare per mediare i parametri del
bilancio (per es.20 anni), si procede valutando l'afflusso idrico medio nel
periodo stesso.
Il parametro P del bilancio viene espresso generalmente sotto forma di
altezze meteoriche (mm) ed è ricavabile attraverso la costruzione di una
Carta delle Isoiete medie annue o più semplicemente attraverso il metodo di
Thiessen, attraverso l’interpolazione dei valori registrati nelle stazioni di
misura, facendo attenzione ad escludere punti di misura eccessivamente
distanti dall’area esaminata e/o in condizioni climatiche differenti.
Evapotraspirazione reale.
FORMULA GEO VER.2.0
Può essere ricavata direttamente attraverso la formula di Turc o
indirettamente attraverso la stima dell' evapotraspirazione potenziale
(formula di Thornthwaite o di Serra).
• Evapotraspirazione reale secondo Turc.
E' il volume d'acqua che viene realmente perso per evapotraspirazione. La
relazione è la seguente:
ET = P / √(0.9 + P2 / L2 );
con
P(mm) = precipitazioni medie annue;
L = 300 + 25 x T + 0.05 x T2 ;
T(C°) = temperatura media annua dell'aria.
Questa relazione fornisce risultati soddisfacenti per tutti i climi, anche se
va utilizzata con prudenza nel caso di piccoli bacini, dove tende a fornire
valori generalmente sovrastimati.
• Evapotraspirazione potenziale (EP).
E' il volume d'acqua massimo che potrebbe essere perso per
evapotraspirazione. Può non coincidere con ET, quando non vi è sufficiente
disponibilità idrica nel bacino. La relazione più utilizzata per il calcolo di
EP è quella di Thornthwaite, che necessita come input solo dei valori della
temperatura media mensile.
La formula del Thornthwaite ha la seguente forma:
EP =K x 16 x (10 x T / ic)a;
con
EP(mm) = evapotraspirazione media mensile;
T(C°) = temperatura media mensile dell'aria;
ic = indice mensile di calore dato da:
ic = (T / 5)1.514 ;
FORMULA GEO VER.2.0
con T ≥ 0 (C°) (se T<0 si pone T=0);
a = 675 x ic3 - 771 x ic 2 + 1792 x ic + 0.49239;
109
107
105
K = coefficiente correttivo che tiene conto dell'insolazione.
per le latidudini del Centro-Nord Italia si usano i seguenti 12 valori
mensili:
G
F
M A
M
G
L A
S
O
N
D
0.81 0.82 1.02 1.12 1.26 1.28 1.3 1.2 1.04 0.95 0.81 0.77
nella pratica spesso K viene posto uguale a 1.
L'evapotraspirazione media annua è data dalla somma dei 12 valori mensili.
Anche questa relazione fornisce risultati in buon accordo con le misure
dirette.
Altra relazione di uso comune è quella di Serra, che però richiede, per la
stima dei valori mensili di EP, anche la conoscenza dell' umidità relativa.
La formula di Serra per il calcolo dell’evapotraspirazione potenziale annua è
la seguente:
EP(mm) = 270 x e0.0644 x T ;
quella per l’evapotraspirazione mensile:
EP(mm) = 22.5 x [ (1 - Um) / 0.25] x [ 1 - (∆T / 2) / 1000) x e0.0644 x T ;
con
Um (mm) = umidità media relativa del mese;
T (C°) = temperatura media del mese;
∆T (C°) = differenza fra le temperature estreme del mese.
• Deflusso (superficiale e sotterraneo).
Rappresenta il volume d'acqua che esce dal bacino scorrendo in superficie o
in profondità. Il deflusso superficiale può essere fornito attraverso misure
dirette delle portate dei corsi d'acqua alla sezione di sbocco del bacino
FORMULA GEO VER.2.0
oppure attraverso il prodotto fra gli afflussi meteorici e il coefficiente di
deflusso calcolato con il metodo di Kennessey:
Qs(mm) = P x Cd;
L'infiltrazione sotterranea viene quindi calcolata per differenza fra gli altri
parametri del bilancio:
Ie(mm) = P - ET - QS.
Può accadere che Ie risulti negativo. Questo si verifica, quando ET presenta
un valore eccessivamente elevato (per esempio se si applica la formula di
Turc in bacini arealmente poco estesi).
Schema del bilancio idrologico secondo Thornthwaite.
Calcolando l'EP mensile con il metodo di Thornthwaite, è possibile
costruire uno schema delle variazioni mensili dei volumi idrici entranti ed
uscenti dal bacino, contenente i seguenti dati:
riga n.1 precipitazioni mensili;
riga n.2 evapotraspirazione potenziale mensile;
riga n.3 differenza P-EP;
riga n.4 acqua trattenuta dallo strato superficiale (Rs), variabile
normalmente da 50 a 400 mm (diminuisce con l'aumentare della
permeabilità dello strato superficiale ed aumenta con il crescere
della copertura vegetale);
riga n.5 evapotraspirazione reale, corrispondente a quella potenziale solo
se si ha P≥EP oppure se P<EP, ma Rs≥EP-P; in caso contrario
sarà ET<EP;
riga n.6 variazione del volume d'acqua trattenuto dallo strato superficiale,
positiva se P>EP, negativa se P<EP;
riga n.7 surplus idrico, cioè quantità d'acqua che defluisce in superficie o
s'infiltra; si ha quando P>EP ed Rs ha raggiunto il suo valore
massimo;
riga n.8 deficit idrico; si ha quando ET<EP ed è dato dalla differenza fra i
FORMULA GEO VER.2.0
due parametri (EP-ET).
Si noti che un aumento del valore di Rs porta ad un valore più elevato di ET
annuo.
FORMULA GEO VER.2.0
Calcolo delle curve di possibilità climatica.
Partendo dai dati pluviometrici forniti da una stazione di misura, è possibile
eseguire le elaborazioni necessarie per ottenere le curve che descrivono
l’altezza delle precipitazioni (h) in funzione della loro durata (t).
L’equazione che collega queste due variabili ha la seguente forma:
h (mm) = a tn ;
dove
a = variabile funzione del tempo di ritorno;
n = costante per un dato valore di t;
e prende il nome di curva segnalatrice di possibilità climatica o
pluviometrica.
Tale equazione permette, per esempio, di calcolare l’altezza meteorica (h)
relativa ad una precipitazione di 30 minuti (t), con un tempo di ritorno di 10
anni.
I dati pluviometrici necessari al calcolo sono reperibili sugli Annali
Idrologici delle stazioni pluviografiche. Su tali documenti vengono
generalmente fornite, in forma di tabella, le massime precipitazioni
registrate anno per anno, per determinate durate di riferimento.
Normalmente si distinguono i dati relativi alle precipitazioni con durata
inferiore ad 1 ora (piogge di notevole intensità e breve durata), da quelle di
durata superiore. Le durate di riferimento sono generalmente standard,
prendendo in considerazione durate di 10, 15, 30, 45 minuti, nel caso di
piogge brevi ed intense, e di 1, 3, 6, 12 e 24 ore nel caso di precipitazioni
orarie.
N
.
1
2
3
4
t = 10 minuti t = 15 minuti t = 30 minuti t = 45 minuti
17.0
10.6
5.4
9.2
19.0
22.4
30.4
14.2
21.0
29.6
7.8
15.8
30.2
10.4
23.0
35.8
Tabella 1 - precipitazioni di durata inferiore a 1 h.
anno
1985
1986
1987
1988
FORMULA GEO VER.2.0
N
.
1
2
3
4
t=1h
10.0
37.0
28.0
54.0
t=3h
t=6h
t = 12 h
t = 24 h
anno
20.0
22.0
33.4
43.4
38.0
39.8
39.8
41.0
31.2
31.2
43.8
61.2
68.6
71.2
71.2
71.2
Tabella 2 - precipitazioni di durata superiore a 1 h.
1985
1986
1987
1988
Una stima sufficientemente attendibile della curva segnalatrice di possibilità
climatica richiede l’utilizzo di registrazioni che coprano almeno un
intervallo di 30-35 anni. Minore l’intervallo di registrazione minore
l’attendibilità dei risultati.
Volendo ricavare le curve relative a precipitazioni di durata superiore ad
un’ora (Tabella 2), bisogna procedere come segue:
•
per ogni durata di riferimento, si ordinano e si numerano i valori delle
precipitazioni ricavati dagli Annali Idrologici, regolarizzati con il metodo
di Gumbel (vedi di seguito), in senso decrescente, ponendo quindi i
valori massimi registrati per ogni intervallo di tempo sulla prima riga
della tabella, quelli minini sull’ultima; di conseguenza, se per esempio
l’intervallo di registrazione è di 30 anni, la prima riga sarà indicata con il
numero 30, l’ultima con il numero 1.
• utilizzando i dati di ogni riga e impostando un calcolo di regressione, si
ricavano i valori dei parametri a e n relativi ad ogni anno; il numero
identificativo di ogni riga rappresenta il tempo di ritorno dell’evento
meteorico; nel caso, per esempio, di un’intervallo di registrazione di 30
anni, si ricavano 30 curve segnalatrici di possibilità climatica ( quindi 30
valori di a e di n); i parametri a e n relativi alla prima riga sono quelli
riferiti ad eventi meteorici di durata inferiore ad 1 h con tempo di ritorno
di 30 anni, quelli dell’ultima riga ad eventi meteorici con tempo di
ritorno di 1 anno.
FORMULA GEO VER.2.0
Lo stesso va adottato per durate pluviometriche inferiori ad 1 h (Tabella 1),
quando questa è disponibile.
Ricavate le curve, si potrà notare che, mentre n rimane più o meno costante,
il parametro a tende ad assumere valori differenti in funzione del tempo di
ritorno, tendendo a crescere con esso.
Attraverso procedure statistiche è possibile ricavare stime del parametro a
anche per tempi di ritorno superiori al numero massimo di registrazioni
annuali disponibili.
Il metodo statistico utilizzato generalmente è quello di Gumbel. Di seguito
viene esposta la procedura da seguire.
• Eseguito il calcolo delle curve segnalatrici di possibilità climatica per gli
N anni di cui si dispongono le registrazioni pluviometriche, si ordinano i
valori di a ricavati in ordine crescente, attribuendo il numero 1 al valore
massimo, il valore N a quello minimo.
• Si calcolano gli N rapporti:
Pi = i / (N + 1);
con i compreso fra 1 e N. Questi rapporti indicano la probabilità che il
corrispondente valore di a non venga raggiunto o superato. I valori di Pi
ricavati permettono di definire la scala dei tempi di ritorno:
Ti = 1 / (1 - Pi).
• Si riportano le N coppie di valori (Ti, ai) in un diagramma
semilogaritmico (l’ asse X - l’asse dei tempi di ritorno - va costruito in
scala logaritmica), interpolando fra i punti una retta: il diagramma
consente di ricavare il valore di a per qualsiasi tempo di ritorno.
Per ottenere, per esempio, l’altezza di precipitazione per un evento
meteorico di durata corrispondente a 1,3 ore, con tempo di ritorno di 50
anni, si procede come segue:
dal diagramma Tempo di ritorno - Parametro a si ricava il valore di a
corrispondente ad un tempo di ritorno di 50 anni;
1. si calcola il parametro n facendo la media dei valori di n ottenuti dalle
curve segnalatrici di possibilità pluviometrica;
2. si introducono infine i valori di a e n nella relazione h = a x tn ; ponendo t
= 1.3 ore.
FORMULA GEO VER.2.0
E’ evidente che l’estrapolazione del parametro a non deve andare troppo
oltre il periodo di registrazione.
FORMULA GEO VER.2.0
Stima delle precipitazioni efficaci.
Per precipitazione efficace s’intende la frazione della precipitazione
complessiva, non trattenuta dal terreno e dalla vegetazione, che partecipa
alla formazione del deflusso superficiale. Il rapporto fra precipitazione
efficace e precipitazione lorda prende il nome di coefficiente di afflusso.
Il valore della precipitazione efficace dipende principalmente da tre fattori:
• il grado di saturazione del terreno superficiale al momento del
verificarsi dell’evento meteorico: maggiore è il grado di saturazione,
legato ad eventi meteorici precedenti, minore è la capacità del terreno di
assorbire altra acqua e di conseguenza maggiore è la frazione del volume
d’acqua precipitato che va ad alimentare il deflusso superficiale;
• la permeabilità delle litologie superficiali: ovviamente una maggiore
permeabilità dei terreni superficiali favorisce l’infiltrazione dell’acqua
meteorica, comportando una conseguente diminuzione del deflusso
superficiale;
• l’uso del suolo: la destinazione del suolo influisce notevolmente sul
volume del deflusso superficiale: una fitta copertura vegetale, per
esempio, tende a diminuirlo, un’intensa urbanizzazione, diminuendo la
permeabilità superficiale del terreno, tende viceversa ad aumentarlo.
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo Curve Number del Soil Conservation Service.
Una metodologia per la stima delle precipitazioni efficaci che trova ampia
applicazione è quella proposta dal Soil Conservation Service (1972).
Il metodo, detto Metodo del numero di curva (Curve Number), si basa sulla
relazione:
Pe = (P - Ia)2 / (P - Ia + S);
dove:
Pe = altezza di precipitazione efficace (mm);
P = altezza di precipitazione lorda (mm);
Ia = assorbimento iniziale (mm);
S = volume specifico di saturazione (mm).
La grandezza Ia rappresenta la quantità d’acqua meteorica assorbita
inizialmente dal terreno e dalla vegetazione: fino all’istante in cui non si ha
P> Ia il deflusso superficiale è da ritenersi praticamente assente.
Il parametro S corrisponde al volume idrico trattenuto dal terreno e dalla
vegetazione, e quindi sottratto al deflusso superficiale, dopo l’istante in cui
si ha P> Ia : mentre Ia assume un valore costante, S cresce nel corso
dell’evento meteorico fino a raggiungere un valore massimo.
Il Metodo del numero di curva correla la grandezza S ad un parametro CN
funzione della permeabilità della litologia superficiale, dell’uso del suolo e
del grado di saturazione del terreno prima dell’evento meteorico. Per quanto
riguarda quest’ultima variabile, il procedimento SCS richiede come input
l’altezza complessiva di pioggia caduta nei cinque giorni precedenti l’evento
meteorico preso in esame, definendo tre categorie di umidità:
AMC
I
II
Stagione di riposo
< 13 mm
13 - 28 mm
Stagione di crescita
< 36 mm
36 - 53
FORMULA GEO VER.2.0
III
> 28 mm
> 53 mm
I termini ‘stagione di riposo’ e ‘stagione di crescita’ si riferiscono alla
vegetazione; va cioè considerato in quale periodo dell’anno, in relazione alla
fase di crescita della vegetazione, si è verificato l’evento meteorico
esaminato.
In base alla classe di umidità scelta vengono definiti i corrispondenti valori
di CN, rispettivamente CNI, CNII e CNIII.
Ricadendo nella categoria di umidità II, è possibile ricavare i valori di CNII
nel bacino ricorrendo alla seguente tabella:
USO DEL SUOLO
Tipo
Arato
Coltivazione
per fila
Graminacee
allo stato
iniziale
Seminativo
intenso o
prateria
LITOLOGIA
SUPERFICIALE
B
C
D
86
91
94
81
88
91
Trattamento
Linee rette
“
Drenaggio
-----Povero
A
77
72
“
Isoipse
“
terrazzato
“
Linee rette
Buono
Povero
Buono
Povero
Buono
Povero
67
70
65
66
62
65
78
79
75
74
71
76
85
84
82
80
78
84
89
88
86
82
81
88
“
Isoipse
“
terrazzato
“
Linee rette
Buono
Povero
Buono
Povero
Buono
Povero
63
63
61
61
59
66
75
74
73
72
70
77
83
82
81
79
78
85
87
85
84
82
81
89
“
Isoipse
“
Buono
Povero
Buono
58
64
55
72
75
69
81
83
78
85
85
83
FORMULA GEO VER.2.0
Pascolo
Prato
Bosco
Fattoria
Centri
commerciali
Distretti
industriali
Area
residenziale
“
“
“
“
Parcheggi
pavimentati
Strade
“
“
terrazzato
“
Linee rette
“
“
Isoipse
“
“
--------------------------------
Povero
Buono
Povero
Medio
Buono
Povero
Medio
Buono
Buono
Povero
Medio
Buono
-----------
63
51
68
49
39
47
25
6
30
45
36
25
59
89
73
67
79
69
61
67
59
35
58
66
60
55
74
92
80
76
86
79
74
81
75
70
71
77
73
70
82
94
83
80
89
84
80
88
83
79
78
83
79
77
86
95
------
------
81
88
91
93
65%
impermeabile
38%
impermeabile
30%
impermeabile
25%
impermeabile
20%
impermeabile
-------
------
77
85
90
92
------
61
75
83
87
------
57
72
81
86
------
54
70
80
85
------
51
68
79
84
------
98
98
98
98
asfaltate
con fondo in
ghiaia
con fondo in
terra battuta
-----------
98
76
98
85
98
89
98
91
------
72
82
87
89
FORMULA GEO VER.2.0
Le classi litologiche A, B, C e D sono espressione del grado di permeabilità
dei depositi superficiali, secondo la seguente tabella:
Classe litologica
A
B
C
D
Permeabilità
Alta
Media
Bassa
Nulla
Nell’ipotesi che l’evento meteorico esaminato ricada nelle condizioni di
umidità I o III, per ricavare i corrispondenti valori di CNI e CNIII vanno
utilizzate le seguenti correlazioni con CNII:
CNI = CN II / ( 2.3 - 0.013 x CNII);
CNIII = CN II / (0.43 + 0.0057 x CNII).
Determinato il parametro CN, a seconda della classe di umidità considerata,
la grandezza S può essere valutata con l’espressione:
S (mm) = 254 x [(100 / CN) - 1];
Il parametro Ia a sua volta può essere correlato a S attraverso la formula:
Ia = c x S;
dove c è un coefficiente di valore variabile fra 0.1 e 0.2 , ma normalmente
posto uguale a 0.2.
Avendo stimato Ia e S, nota la precipitazione meteorica lorda, si hanno tutti
gli elementi per stimare l’altezza di precipitazione efficace.
Operativamente si procede come segue:
FORMULA GEO VER.2.0
• si costruisce una carta della permeabilità superficiale del bacino in
esame, considerando le quattro categorie viste in precedenza (A, B, C e
D);
• si costruisce una carta dell’uso del suolo del bacino, utilizzando le
categorie elencate nella tabella per il calcolo di CNII;
• si incrociano le due carte tematiche assegnando ad ogni sotto-area
individuata il corrispondente valore di CNII (vedi tabella);
• si calcola il valore di CNII totale del bacino, facendo una media pesata
dei valori parziali: se per esempio si sono individuate all’interno del
bacino 4 sotto-aree con i seguenti valori di CNII e di estensione areale:
Valori di CNII
51
87
35
65
Area (kmq)
2
3
5
6
il valore di CNII totale verrà dato da:
CNII = ( 51 x 2 + 87 x 3 + 35 x 5 + 65 x 6) / (2 + 3 +5 +6) = 58;
• considerando le precipitazioni totali avvenute nei cinque giorni
precedenti l’evento esaminato, si individua la classe di umidità da
introdurre nel calcolo (I, II o III); nel caso si rientri nelle categorie I o III,
si calcola il valore di CNI o CNIII in funzione di CNII con la relazione
vista in precedenza;
• stimato CN si calcola S e Ia; infine nota la precipitazione lorda P si trova
la precipitazione efficace.
Il principale pregio di questo metodo è la sua capacità di condurre a
previsioni quantitative sulla variazione del deflusso superficiale in funzione
dei cambiamenti che avvengono nell’uso del suolo ( per esempio a causa di
opere di urbanizzazione). Un limite è nella soggettività che influenza la
selezione di alcuni parametri, che in alcuni casi può condurre a differenze
significative nella stima della precipitazione efficace.
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo di Rasulo e Gisonni (1997).
Si tratta di un metodo semplificato, che consente di stimare il
coefficiente di afflusso di un bacino in funzione del tempo di ritorno
dell’evento meteorico. La relazione è la seguente:
c a = c ap (1 − Aimp ) + c ai Aimp
dove:
ca
cap
cai
Aimp
= coefficiente di afflusso;
=coefficiente di afflusso per le aree permeabili del bacino;
=coefficiente di afflusso per le aree impermeabili del bacino;
=rapporto fra l’area impermeabile e l’area totale del bacino.
Sia cap che cai vengono tabellati dagli Autori in funzione del tempo di
ritorno dell’evento meteorico.
Tempo di ritorno(anni)
<2
2-10
>10
cap
0-0.15
0.10-0.25
0.15-0.30
cai
0.60-0.75
0.65-0.80
0.70-0.90
FORMULA GEO VER.2.0
Elaborazione della pioggia di progetto.
Il calcolo della portata di massima piena e l’elaborazione del relativo
idrogramma devono essere preceduti dalla determinazione della
pioggia di progetto, cioè dell’evento meteorico più gravoso per un
determinato tempo di ritorno.
Tre i passaggi necessari per giungere alla sua determinazione:
1. stima dell’altezza pluviometrica dell’evento;
2. ragguaglio della pioggia;
3. costruzione dello ietogramma.
Stima dell’altezza pluviometrica
Fissato il tempo di ritorno dell’evento meteorico e la sua durata
(posta uguale al tempo di corrivazione nel caso si utilizzino i metodi
cinematici per il calcolo della portata di piena), l’altezza di
precipitazione meteorica può essere stimata attraverso la curva di
possibilità climatica della stazione pluviometrica di riferimento (vedi
paragrafo 3.3):
h = at n
Nel caso all’interno del bacino o nelle immediate vicinanze siano
localizzate più stazioni di misura si può procedere alla
determinazione di h attraverso la seguente procedura:
4. si stimano i valori di h dalle curve di possibilità climatica di ogni
stazione;
5. con il metodo dei topoieti si individuano le aree d’influenza di ogni
stazione;
6. si calcola un valore di hmedio facendo la media pesata, in funzione
dell’area d’influenza di ogni stazione, dei singoli valori di h
calcolati.
Calcolo del coefficiente di ragguaglio
FORMULA GEO VER.2.0
Si tratta di un fattore moltiplicativo, variabile da 0 a 1, che serve a
tener conto del fatto che l’altezza di precipitazione tende a diminuire
all’aumentare dell’area interessata dall’evento meteorico. L’altezza di
precipitazione misurata dalla stazione pluviometrica è infatti un dato
puntuale e va quindi corretto in funzione dell’area sulla quale si
considera distribuito l’evento piovoso.
Nel caso di piccoli bacini (fino a 100 kmq) si può utilizzare il criterio
del DEWC (1981). La relazione su cui si basa il metodo è la
seguente:
R = 1 − at b
dove:
a = 0.0394A0.354
b = 0.40 – 0.0208ln(4.6-lnA) per A≤20 kmq
b = 0.40 – 0.00382ln(4.6-lnA)2 per A>20 kmq
A = area del bacino in kmq
Un altro metodo utilizzabile è quello proposto da Desbordes et Alii
(1982), basato sulla semplice relazione:
R = 100 A−0 .05
dove A è l’area del bacino espressa in kmq.
Si tenga presente che spesso, in piccoli bacini, a favore della
sicurezza, il coefficiente di ragguaglio viene posto uguale a 1.
Calcolato il coefficiente di ragguaglio R, l’altezza di precipitazione
ragguagliata viene stimata attraverso la relazione:
hr = hR .
Simulazione dello ietogramma
Nel caso si voglia determinare, oltre che il valore della portata di
massima piena al colmo, anche l’drogramma dell’evento è
necessario ricostruire il modo in cui l’intensità della precipitazione
meteorica varia nell’intervallo di durata della pioggia. Il grafico che
FORMULA GEO VER.2.0
mostra l’andamento dell’intensità di precipitazione nel tempo prende
il nome di ietogramma. In letteratura sono stati proposti diversi
metodi di calcolo.
Pioggia di progetto a intensità costante
Si parte dall’ipotesi che l’intensità della precipitazione rimanga
costante per tutta la durata dell’evento. In pratica si pone:
i ( mm / h ) =
hr
tp
dove:
i
= intensità della precipitazione meteorica;
hr
= altezza della pioggia ragguagliata;
tp
= durata dell’evento meteorico.
Pur partendo da un’ipotesi non realistica, si tratta di un metodo molto
usato nella pratica, soprattutto per bacini molto piccoli.
Pioggia di progetto con ietogramma
Chicago)(1953)
triangolare
(metodo
di
S’ipotizza in questo caso che l’intensità di precipitazione cresca in
maniera continua fino a raggiungere un picco massimo, oltre il quale
tende a decrescere gradualmente. La parte crescente della curva è
fornita dalla relazione:
i (t ) = ant 1n −1
dove:
a
= fattore a della curva di possibilità climatica;
n
= fattore n della curva di possibilità climatica;
t1
= (rtp – t)/r con t che varia da 0 a rtp
tp
= durata dell’evento meteorico;
r
= posizione del picco, variabile a 0 a 1 e spesso posto = 0.5.
La parte decrescente del grafico è invece fornita dalla relazione:
FORMULA GEO VER.2.0
i (t ) = ant 2n −1
dove:
t2 = (t-rtp)/r con t che varia da rtp a tp.
Nella pratica si fissa un passo di calcolo temporale, di solito 1 ora, la
posizione del picco e si applicano le due relazioni, facendo variare t
in maniera discreta nell’intervallo 0-tp , con il passo di calcolo scelto.
Questo metodo, che fornisce rispetto al precedente una
rappresentazione più realistica dell’andamento dell’intensità della
precipitazione, può essere usato di fatto per bacini con un’estensione
areale di almeno alcune centinaia di kmq e per durate di
precipitazione di almeno alcune ore. L’uso di passi di calcolo troppo
piccoli (<0.5 h) può condurre ad un’accentuazione eccessiva del
picco centrale.
Pioggia di progetto con il metodo di Sifalda (1973)
Lo ietogramma viene considerato diviso in tre parti. Nella parte
centrale, che comprende un intervallo di tempo compreso fra 0.14tp e
0.70tp , con tp uguale alla durata complessiva dell’evento meteorico,
si assegna un’intensità di precipitazione data da:
ic =
hc
0.25t p
dove hc è l’altezza di precipitazione che si ricava dalla curva di
possibilità climatica inserendo t=0.25 tp.
Nel primo tratto del grafico, che va da t=0 a t=0.14tp , si assume che
l’intensità cresca in maniera lineare da un valore minimo di 0.065ic ad
un valore massimo di 0.435ic . Nell’ultima parte dello ietogramma, da
t=0.70tp a t=tp, si ipotizza che l’intensità decresca, sempre in maniera
lineare, da un valore massimo di 0.435ic a un valore minimo di
0.087ic .
FORMULA GEO VER.2.0
Curva ipsometrica
L'analisi dell'assetto morfologico del bacino viene riassunta nella curva
ipsometrica (o ipsografica percentuale). La curva si traccia in base alle
altezze e alle rispettive aree cumulate, suddividendo il bacino in intervalli di
quota (per es.10), dalla quota minima a quella massima, e valutando l’area
del bacino che ricade in ogni intervallo. Si devono quindi eseguire i rapporti
tra le aree dei singoli intervalli (a) e l'area totale del bacino (A), e quelli tra i
dislivelli degli intervalli rispetto al piano di base (h) ed il dislivello totale del
bacino (H). La funzione della curva che si ottiene è del tipo:
y = f(x) dove: y=h/H e x=a/A.
Per integrale della curva ipsometrica s’intende l’area sottesa dalla curva
rispetto all’asse delle X.
Dalla curva ipsometrica si ricava l’altezza media del bacino, impiegando la
relazione:
Hm = (1 / A) x ∑ ai x hi.
con A = area totale del bacino;
ai = area del bacino compresa nell’intervallo i-esimo di quota;
hi = altitudine media dell’intervallo di quota i-esimo.
L'analisi della curva ottenuta permette di valutare il grado di evoluzione
raggiunto dal bacino esaminato.
In merito allo stadio evolutivo di un bacino si deduce, che esso può trovarsi
in una delle seguenti fasi.
FASE GIOVANILE: la curva ipsometrica presenta una prevalente
convessità verso l'alto con un valore medio
dell'integrale superiore al 60 %.
FASE MATURA:
la curva è del tipo a flesso con un integrale prossimo
al 50 %.
FASE SENILE:
la curva ipsometrica presenta una
prevalente
concavità verso l'alto con un valore medio
dell'integrale inferiore al 30 %.
Poichè in una curva ipsometrica la distribuzione relativa delle aree e delle
quote è subordinata alla forma della proiezione orizzontale di quella del
FORMULA GEO VER.2.0
bacino, la curva assume un significato positivo solo se la forma del bacino
stesso è regolare e di tipo subrettangolare, cosa difficile da verificarsi.
Quindi bisogna limitare l'analisi alla parte centrale della curva ipsometrica,
cioè di quella che è compresa tra il 15 e l'85 % dell'area totale, in quanto è
quella che permette l'indagine appropriata del grado di evoluzione
raggiunto.
FORMULA GEO VER.2.0
Analisi morfologica del bacino.
Per l’analisi morfologica, il reticolo del bacino è classificato in funzione dei
segmenti che sono compresi tra le varie confluenze. Ad ognuno di questi si
assegna un numero (ordine) che dipende dalla sua posizione nell’ambito
del reticolo stesso, come proposto da STRAHLER.
Gerarchizzazione del reticolo idrografico secondo STRAHLER.
I segmenti del reticolo vengono distinti con un numero d'ordine crescente in
funzione dei rami di ordine inferiore che vi confluiscono.
Tutti i segmenti che sono privi di affluenti si dicono di I ordine. Per creare
un ramo di ordine II è necessaria la confluenza di almeno due rami di
ordine I, per un ramo di ordine III ne occorreranno almeno due di ordine II,
ecc.. In generale quindi un segmento di ordine N è dato dalla confluenza di
almeno due rami di ordine N-1.
I
I
I
I
II
II
I
I
II
III
I
Gerarchizzazione sec.Strahler.
Parametri morfometrici.
FORMULA GEO VER.2.0
Si definiscono i seguenti parametri:
Rb=Nu / Nu+1
Rbd=Nud/N u+1
Ib=Rb-Rbd
Su=(Rb/2)-1
Ga
Dga=Ga/A
Iga= Ga/N 1
Rapporto di biforcazione
Rapporto di biforcazione diretto
Indice di biforcazione
Indice di conservatività
numero di anomalia gerarchica
densità di anomalia gerarchica
indice di anomalia gerarchica
dove:
Nu = somma del numero totale di segmenti di ordine u;
Nud=somma del numero di segmenti di ordine u che confluiscono
direttamente in quelli d’ordine u+1;
Nu+1 = somma del numero totale di segmenti di ordine u+1;
A = area totale del bacino;
N1 = numero dei segmenti di I ordine.
Il rapporto di biforcazione (Rb) fornisce indicazioni sulla struttura
dell’intero reticolo idrografico. Il valore di Rb da prendere come
rappresentativo del bacino è quello ottenuto dalla media (aritmetica o
pesata) degli Rb parziali, riferiti alle singole coppie di ordine u e u+1. Rb
risulta normalmente compreso tra 3 e 5, con un minimo teorico di 2 (due
rami di ordine u per ogni ramo di ordine u+1). In generale maggiore è il
valore di Rb minore è il grado di gerarchizzazione del bacino. Valori
superiori a 5 sono molto rari e testimoniano di un forte controllo tettonico
sullo sviluppo del reticolo.
Bacini con uguale valore di Rb possono essere distinti sulla base dei valori
del rapporto di biforcazione diretta (Rbd). Per uno stesso bacino, valori
differenti di Rb e Rbd, stanno ad indicare la presenza di confluenze
anomale, cioè confluenze di ordine u in segmenti di ordine u+2 o superiore.
Di maggior significato è quindi l’indice di biforcazione (differenza fra Rb e
Rbd), che normalmente assume valori compresi fra 0.2 e 4. Valori anormali
FORMULA GEO VER.2.0
si possono riscontrare quando lo sviluppo dei reticoli è fortemente
controllato da fattori litologici e strutturali.
Il massimo grado di gerarchizzazione si ha quando l’indice di biforcazione
assume il valore di 0 (Rb = Rbd), cioè quando tutti i rami di ordine u
confluiscono nei rami di ordine u+1. Valori prossimi a 0 sono tipici di
bacini in fase evolutiva matura o senile. Valori elevati di Ib sono tipici di
bacini in fase giovanile.
Un caso limite si ha quando Ib=0 e Rb=Rbd=2, cioè quando il reticolo
fluviale ha massima gerarchizzazione accompagnata da massima
conservatività (bacini in fase senile).
Un reticolo conservativo è quello che presenta il numero minimo di
segmenti necessari a costituire l'ordine più alto del reticolo. La
conservatività di un reticolo è espressa dall’indice di conservatività (Su),
che assume come valore minimo 0 (massima conservatività).
In generale si può dire che il grado di gerarchizzazione, espresso dalla
grandezza Ib, ed il livello di conservatività, espresso dal parametro Su,
aumentano nel tempo (Ib e Su che tendono a 0) in relazione all’evolversi del
reticolo idrografico. Ciò è vero ovviamente in assenza di un forte controllo
tettonico o litologico (litologie a differente erodibilità) sul reticolo
idrografico o di eventi che possono interrompere la normale evoluzione del
reticolo (per es.variazioni improvvise del livello di base).
Un altro parametro che permette di definire il grado di organizzazione
gerarchica di un bacino è il numero di anomalia gerarchica, definito come il
numero minimo di segmenti del I ordine necessari a far divenire il reticolo
perfettamente gerarchizzato. Analiticamente questa grandezza è espressa
dalla sommatoria del numero di segmenti anomali di ordine (i) che
confluiscono in segmenti di ordine (r), con i ≤ r-2, nell'ambito di un bacino
di ordine (s):
Ga = ∑da i=1 a s-2 ∑da r=i+2 a s Ni,r x fi,r;
con Ni,r = numero di segmenti anomali di ordine i che confluiscono in
segmenti di ordine r;
fi,r = 2r-2 - 2i-1 .
In generale un valore più elevato di questo parametro indica un minor grado
di gerarchizzazione del reticolo idrografico. Questa grandezza può essere
FORMULA GEO VER.2.0
utilizzata per ricavare la densità e l’indice di anomalia gerarchica, parametri
che consentono di confrontare il grado di evoluzione del bacino con altri di
estensione areale differente ed in condizioni climatiche diverse, cosa che
non è possibile fare utilizzando le grandezze Ib e Su viste in precedenza.
Indicazioni più precise sul livello evolutivo di un bacino si possono ottenere
dal confronto del grado di gerarchizzazione del reticolo con la curva
ipsometrica: se, ad esempio, un bacino presentasse un basso grado di
gerarchizzazione ed una curva ipsografica indicante una fase matura, ciò
potrebbe significare che ci sono state recenti variazioni del livello di base,
risentite dal reticolo idrografico ma non dal rilievo nel suo insieme.
Altri parametri morfometrici.
Oltre ai parametri descritti nel paragrafo precedente, se ne possono definire
altri.
• Coefficiente di uniformità (Kc), dato da:
Kc = Pb / (2 x √ π x A);
con
Pb=perimetro del bacino;
A= area del bacino;
• Rapporto di circolarità (Kr), dato da:
Kr = A / (0.0796 x Pb2 );
ambedue i parametri forniscono una indicazione di quanto il bacino si
discosta dalla forma circolare (forma raccolta). Valori di Kc e Kr lontani
dall'unità sono tipici di bacini di forma allungata e viceversa nel caso di Kc
e Kr prossimi a1. Un bacino raccolto a parità di altri fattori avrà tempi di
corrivazione minori e piene più improvvise e marcate, con un idrogramma
caratterizzato da una forma stretta ed appuntita.
• Densità di drenaggio (Dr), data da:
Dr = ∑l / A;
FORMULA GEO VER.2.0
con
∑l = somma delle lunghezze di tutti i rami dei vari ordini del reticolo
idrografico.
• Frequenza di drenaggio (Fr), data da:
Fr = N / Ab;
N = numero dei segmenti idrografici presenti nel bacino (somma dei rami
dei vari ordini).
Sono due parametri che forniscono un’indicazione del grado di sviluppo del
reticolo idrografico. Bassi valori di Dr e Fd sono tipici di bacini poco
evoluti o impostati su litologie resistenti all'erosione e/o permeabili ed in
presenza di una fitta copertura vegetale. Mediamente i valori di Dr
oscillano fra 2 e 4, quelli di Fd fra 6 e 12.
• Rapporto delle lunghezze (Rl): si ottiene facendo il rapporto fra la
lunghezza media dei rami di ordine i e la lunghezza media dei rami di
ordine i-1.
• Rapporto delle aree (Ra): si ottiene facendo il rapporto fra l’area media
dei bacini di ordine i e l’area media dei bacini i-1.
Diagrammi relativi ai parametri morfometrici.
• Diagramma N.ordine - N.segmenti per ordine.
Se il reticolo idrografico è organizzato i punti rappresentativi del numero dei
segmenti fluviali e del loro ordine si devono trovare su una retta, in un
diagramma semilogaritmico. Se non accade significa che sono presenti
distribuzioni anomale dei segmenti.
• Diagramma N. ordine - lunghezza media dei segmenti.
• Diagramma N. ordine - area media dei sottobacini costituenti il bacino
idrografico.
FORMULA GEO VER.2.0
• Diagramma N. ordine - pendenza media dei sottobacini costituenti il
bacino idrografico.
Le variazioni delle lunghezze, delle aree e delle pendenze devono
seguire la legge lineare (in scala semilogaritmica) e quindi i grafici
devono mostrare un andamento rettilineo. Se ciò non accade, vanno
ricercate le cause per esempio nella differente distribuzione della
permeabilità nel bacino, nella eterogeneità litologica, nel controllo
strutturale, ecc.
FORMULA GEO VER.2.0
Portate di massima piena.
Trascurando le formule empiriche, che forniscono solo stime grossolane e
necessitano di essere calibrate localmente, i metodi di calcolo più impiegati
sono quelli cinematici e statistici.
Metodi cinematici.
Si tratta di relazioni che si basano sulla stima del tempo di corrivazione (τc)
del bacino.
Per tempo di corrivazione s’intende il tempo necessario, perchè le acque di
afflusso meteorico raggiungano la sezione di chiusura del bacino, rispetto
alla quale viene eseguito il calcolo della portata di massima piena, partendo
dai punti più lontani del bacino. Questo parametro è una costante per ogni
bacino, in quanto funzione esclusivamente della morfologia, delle litologie
affioranti e della copertura vegetale.
Un'indicazione dell'ordine di grandezza di τc può essere ottenuto dividendo
la lungheza totale dell'asta principale per un fattore compreso fra 1 e 2:
τc (s) = L / (1 o 2) (L in metri).
Metodi di calcolo più precisi e usati nella pratica sono quelli di Giandotti, di
Pezzoli, F.A.O e S.C.S..
• Formula di Giandotti:
τc ( h) =
4 S b + 1.5 L p
0.8 H m
• Formula di Pezzoli:
τc (h ) =
0.055 L p
Pm
FORMULA GEO VER.2.0
• Formula F.A.O.:
τc (h ) =
•
L p 1 .15
15hmax
0 .38
Formula S.C.S.:
 1000  
100 L 
 − 9
 CN  

τc (min) =
0 .5
1900 S a
0 .7
0 .8
dove :
Sb (kmq) = superficie del bacino;
Lp (km) = lunghezza dell’asta pricipale;
Pm (%) = pendenza media del bacino;
Hm (m) = altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura;
hmax (km) = altezza massima del bacino rispetto alla sezione di
chiusura.
L (ft) = lunghezza del corso d’acqua principale esteso fino allo
spartiacque;
CN = Curve Number del bacino;
Sa(%) = inclinazione media del corso d’acqua principale.
Le quattro relazioni sono impiegabili per bacini di piccola e media
estensione. La formula di Giandotti fornisce per bacini molto piccoli
(inferiori a 100 kmq) valori generalmente sovrastimati.
Stimato il valore di τc è possibile passare alla valutazione delle portate
massima piena al colmo.
Il primo dato che occorre ricavare è la pioggia di progetto, per un tempo
ritorno fissato, corrispondente ad una durata uguale al tempo
corrivazione. Tale grandezza può essere ricavata attraverso le procedure
elaborazione dei dati pluviometrici viste in precedenza.
di
di
di
di
FORMULA GEO VER.2.0
L’altezza di precipitazione ricavata (h) va introdotta in una delle formule
cinematiche disponibili in letteratura. Tra le più utilizzate sono le formule
del metodo razionale, di Giandotti e di Merlo.
• Formula del metodo razionale.
Ha la seguente espressione:
Qmax ( mc / s) = 0.278
c a hA
τc
dove:
Qmax (mc/s) = portata di massima piena al colmo per un dato tempo
di ritorno;
ca = coefficiente di afflusso, variabile da 0 a 1 (vedi paragrafo 3.4);
Sb (kmq) = area del bacino;
h (mm) = altezza di precipitazione ragguagliata riferita a τc per un
dato tempo di ritorno;
τc (h) = tempo di corrivazione.
Il parametro ca può essere ricavato con uno dei metodi proposti nel
paragrafo 3.4. In alternativa può essere stimato, in maniera approssimativa
attraverso relazioni semplificate, come quella di Schaake et Alii (1967):
c a = 0.14 + 0.65 Aimp + 0.05i c
dove:
Aimp
ic
= rapporto fra l’area impermeabile del bacino e quella totale;
= pendenza media, in %, del corso d’acqua principale.
Nel caso di bacini molto piccoli (area di alcuni kmq) e prevalentemente
impermeabili il coefficiente di deflusso può anche essere posto, a favore
della sicurezza, prossimo a 1.
• Formula di Giandotti.
FORMULA GEO VER.2.0
La relazione è la seguente:
ChA
τc
dove C in bacini con area inferiore ai 300 kmq deve essere posto uguale a
1.25. In alternativa, Visentini (1938) ha proposto di ricavare il parametro C
attraverso la relazione:
Qmax ( mc / s ) = 0.278
C = 6.19 A −0. 319
dove A è l’area del bacino espressa in kmq.
L’esperienza ha dimostrato, però, che questa relazione tende a sovrastimare
le portate nel caso di piccoli bacini (poche decine di kmq), in quanto
inizialmente calibrato su bacini con estensione superiore ai 500 kmq.
• Formula di Merlo.
La relazione è la seguente:
Qmax ( mc / s ) = Cm hA
dove:
Cm = 0.0363 + 0.0295 x ln(Tr);
Tr (anni) = tempo di ritorno.
Questo metodo è stato calibrato su piccoli bacini, ed è quindi
particolarmente utile per valutazioni eseguite in tale contesto.
Per quanto riguarda la scelta del tempo di ritorno da adottare nelle verifiche,
si tenga presente quanto suggerito nella seguente tabella.
Tipo di opera
Ponti e difese di corsi d’acqua maggiori
Tr (anni)
100-150
FORMULA GEO VER.2.0
Difese di corsi d’acqua minori
Dighe
Bonifiche
Fognature urbane
Tombini e ponti su piccoli corsi
d’acqua
Sottopassi stradali
Fossi di guardia per strade principali
20-30
500-1000
15-25
5-10
30-50
50-100
10-20
Metodi statistici.
I metodi statistici affrontano il problema della previsione delle piene,
partendo dal presupposto che siano fenomeni puramente casuali, che si
ripetono nel tempo senza alcuna relazione fra loro.
Il metodo statistico più utilizzato è quello di Gumbel.
Di seguito viene esposta la procedura da seguire.
• disponendo di N valori di massima piena annuali (Q), si ordinano tali dati
in ordine crescente, attribuendo il numero 1 al valore massimo, il valore
N a quello minimo.
• Si calcolano gli N rapporti:
Pi = i / (N + 1);
con i compreso fra 1 e N. Questi rapporti indicano la probabilità che il
corrispondente valore di Q non venga raggiunto o superato. I valori di Pi
ricavati permettono di definire la scala dei tempi di ritorno:
Ti = 1 / (1 - Pi).
• Si riportano le N coppie di valori (Ti, Qi) in un diagramma
semilogaritmico (l’ asse X - l’asse dei tempi di ritorno - va costruito in
scala logaritmica), interpolando fra i punti una retta: il diagramma
consente di ricavare il valore di Q per qualsiasi tempo di ritorno.
E’ evidente che l’estrapolazione dei valori di portata non deve andare troppo
oltre il periodo di registrazione.
Stima dell’onda di piena (metodo di Nash).
FORMULA GEO VER.2.0
In alcune situazioni oltre al valore della portata di massima piena al colmo,
può essere necessario fare una stima dell’andamento dell’onda di piena nella
sezione di riferimento. In pratica cioè può essere richiesta la previsione
dell’idrogramma di piena, cioè dell’andamento delle portate in funzione del
tempo.
Il metodo di Nash, che permette di costruire l’idrogramma di piena,
partendo dai dati dell’andamento dell’afflusso meteorico efficace
(ietogramma), si basa sulla relazione:
Q (m x ∆t) =
Sb
x ∑da i=1 a m e-i x ∆t/k x ( i x ∆t/k)n-1 x hm-i+1 x ∆t;
[k x Γ(n)]
dove:
Q (m x ∆t) = portata all’istante m x ∆t, con m che varia da 1 a N, con
N=numero max d’intervalli temporali considerati;
∆t (h) = intervallo temporale di calcolo (generalmente posto uguale a
1 h);
m = numero dell’intervallo di calcolo;
Γ(n) = funzione gamma;
Sb (kmq) = area del bacino;
hm-i+1 (mm) = afflusso efficace nell’intervallo (m-i+1);
k,n = coefficienti caratteristici del bacino, che variano normalmente
nell’intervallo 1-10;
Il metodo richiede la conoscenza dei parametri k e n, ottenibili per tentativi,
noti gli idrogrammi di piena ed i relativi ietogrammi di eventi precedenti,
riferiti alla stessa sezione di chiusura.
In alternativa le due grandezze k e n possono essere stimate correlandole
con grandezze geometriche o parametri morfometrici del bacino. In questo
caso l’idrogramma ottenuto prende il nome di idrogramma sintetico.
Diverse le correlazioni disponibili in letteratura come suggerito, tra le quali
citiamo quella di Rosso(1984), Nash (1960) e Mc Sparran (1968).
• Rosso (1984)
L’Autore correla i fattori k e n con alcuni parametri morfometrici del
bacino, attraverso le relazioni:
FORMULA GEO VER.2.0
n = 3.29 x (Rb / Ra)0.78 x Rl0.07;
k = 0.70 x [Ra / (Rb x Rl)]0.48 x (L / v);
dove:
Rb = rapporto di biforcazione del bacino;
Ra = rapporto delle aree del bacino;
Rl = rapporto delle lunghezze del bacino;
L (m)= lunghezza dell’asta principale;
v(m/s) = velocità media di propagazione dei deflussi nella rete
idrografica.
Mentre Rb, Ra, Rl e L sono facilmente ricavabili dall’analisi della
cartografia, il parametro v è di più difficile valutazione e, almeno in prima
approssimazione, può essere posto uguale a quello misurato in altri bacini di
dimensioni e altimetria simili a quello esaminato. Di più immediata
utilizzazione sono le relazioni di Nash e Mc Sparran.
•
Nash (1960)
Posto:
m1 = nk
m2 =
nk 2
2
m1
n e k possono essere determinati, ricavando le grandezze m1 e m2 attraverso
le seguenti relazioni:
m1 = 27.6 A 0. 3 i b
−0 .3
m2 = 0.41L−0. 1
dove:
A
L
ib
= area del bacino espressa in miglia quadrate;
= lunghezza del corso d’acqua principale prolungato allo
spartiacque espressa in miglia (1 miglio= 1.609 km);
= pendenza media del bacino espressa in parti per 10000.
FORMULA GEO VER.2.0
•
Mc Sparran (1968)
Mc Sparran propone le seguenti relazioni:
n = 4.1
k=
tp
k1
tp
n −1
dove tp e k1 hanno le seguenti espressioni:
t p = 5.52 A0 .208 i −0 .447
k 1 = 3.34 A0 .297 i −0 .354
in cui:
A
= area del bacino espressa in miglia quadrate;
i
= pendenza media del corso d’acqua principale in parti per mille.
FORMULA GEO VER.2.0
Erosione di un bacino e trasporto solido.
Stima dell’erosione di un bacino
La valutazione quantitativa dell'erosione nei bacini di drenaggio può essere
affrontata con varie metodologie, che differiscono fra loro sia per il
significato dei risultati, che per le condizioni di applicabilità.
• Metodo di Gavrilovic.
Richiede l'introduzione dei dati geometrici del bacino e di parametri legati
all'erodibilità (in funzione del tipo di vegetazione, dei litotipi e delle
condizioni morfologiche) del settore del bacino stesso soggetto ad erosione.
Viene fornito come risultato la quantità di materiale che può essere perduta
dal bacino in un anno per erosione.
La relazione, sui cui si basa il metodo, è la seguente:
W (mc / anno) = Fhπ
dove:
F
h
t°
m1
m2
m3
t°
3
+ 0.1 [m1 + m2 m3 ]
10
= area del bacino o sottobacino in kmq;
= altezza di precipitazione media annua del bacino in mm;
= temperatura media annua del bacino in °C;
= fattore legato all’uso del suolo;
= fattore legato alla litologia superficiale;
= fattore legato all’acclività del bacino.
I fattori m1 , m2 e m3 sono ricavabili attraverso le relazioni:
m1 =
0.2 A + 0.5B + 0.8C + 1.0 D
F
in cui:
A
= superficie del bacino coperta da boschi o frutteti in kmq;
FORMULA GEO VER.2.0
B
C
D
= superficie del bacino coperta da prati e pascoli in kmq;
= superficie del bacino coperta da coltivi in kmq;
= superficie del bacino priva di vegetazione.
m2 =
1.6 J + 0.8 K + 0.3 L + 1.6 M
F
in cui:
J
= superficie con rocce incoerenti affioranti in kmq;
K
= superficie con rocce pseudo o semi-coerenti affioranti in kmq;
L
= superficie con rocce coerenti affioranti in kmq;
M
= sviluppo delle faglie in km x 0.1km in kmq.
m3 = θ + I
dove θ è funzione del rapporto V/F e fornisce un’indicazione del grado di
dissesto morfologico del bacino. V è dato dalla relazione:
V ( kmq) = 0.2 N + 4.2 P + 4.9Q + 2.25 R + 0.75S + 2U
in cui:
N
= superficie con aree generalmente franose in kmq;
P
= superficie con frane in rocce sciolte e pseudo e semi-coerenti in
kmq;
Q
= superficie con forme pseudo calanchive per tettonizzazione in rocce
coerenti in kmq;
R
= superficie con numerosi crolli in kmq.
S
= superficie con crolli diffusi in kmq;
U
= superficie con valanghe (sviluppo in km x 0.1 km) in kmq.
Stimato V la grandezza θ si ricava dalla seguente tabella:
V/F
0
0.5
2
4
6
7
θ
0
0.2
0.4
0.6
0.8
0.9
FORMULA GEO VER.2.0
7.5
0.95
Dove, per valori di V/F intermedi, si può procedere per interpolazione.
Il fattore I esprime invece l’influenza dell’acclività del bacino e si ricava
dalla relazione:
6
I=
∑I
m =1
i
m m
F
in cui:
I1
= superficie del bacino in kmq con acclività fra 0-10% ; i1 =0.05
I2
= superficie del bacino in kmq con acclività fra 10-20% ; i2 =0.15
I3
= superficie del bacino in kmq con acclività fra 20-40% ; i3 =0.30
I4
= superficie del bacino in kmq con acclività fra 40-60% ; i4 =0.50
I5
= superficie del bacino in kmq con acclività fra 60-80% ; i5 =0.70
I6
= superficie del bacino in kmq con acclività fra >80% ; i6 =2.00
La grandezza W ricavata rappresenta la quantità di sedimento disponibile
nel bacino per il trasporto. La quantità effettiva che transiterà nell’intervallo
di tempo considerato attraverso la sezione di chiusura è fornita invece dalla
relazione:
Qs ( mc / anno ) =
4 PH
W
L + 10
valida per piccoli bacini, dove:
P
= perimetro del bacino in km;
H
= altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura in km;
L
= lunghezza dell’asta principale in km.
Poichè prende in considerazione tutti i quattro fattori principali che
condizionano l'entità dell'erosione in un bacino (litologia affiorante,
copertura vegetale, acclività media e clima), attraverso parametri di
semplice determinazione, può essere considerato, fra i metodi proposti
quello che meglio combina semplicità d'uso e attendibilità dei risultati.
FORMULA GEO VER.2.0
Si tratta di un metodo calibrato su un notevole numero di bacini in tutta
Europa, in condizioni climatiche, morfologiche e litologiche molto
differenti.
Può essere utilizzato agevolmente per la realizzazione di una carta della
erodibilità suddividendo il bacino principale in un numero adeguato di
sottobacini.
• Metodi che utilizzano gli indici climatici.
Viene fornita la portata solida del bacino alla sezione di chiusura attraverso
le relazioni di Langbein & Schumm e Fournier.
Langbein & Schumm.
S ( mc / kmq) =
1.631(0.03937 P )2 , 3
1 + 0.0007(0.03937 P )3, 3
dove:
S (mc/kmq) =trasporto solido annuo per kmq di bacino;
P (mm) = precipitazioni annue effettive, stimabili moltiplicando
l’altezza di precipitazione annua per il coefficiente di deflusso del
bacino.
Fournier.
H2
 p2 


Log10 Ds (t / kmq) = 2.65 Log10 
 + 0.461Log10  S
P


 b

 − 1.56

dove:
Ds (t/kmq) = trasporto solido annuo per kmq di bacino;
p (mm) = precipitazioni mese più piovoso;
P (mm) = precipitazioni totali annue;
H (m) = altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura;
Sb (kmq) = area del bacino.
FORMULA GEO VER.2.0
Si tratta in generale dei procedimenti meno attendibili fra quelli presi in
considerazione.
Possono fornire stime significative solo per bacini di notevole estensione,
dove l'influenza dei fattori morfologia, litologia e copertura vegetale tende
ad annullarsi.
• Metodi che utilizzano gli indici morfometrici.
Si tratta di relazioni empiriche molto semplici di sufficiente attendibilità,
calibrate essenzialmente su bacini appenninici.
I parametrici morfometrici utilizzati sono la densità di drenaggio, la densità
di anomalia gerarchica e l’indice di anomalia gerarchica del bacino.
Ambedue queste grandezze sono influenzate dal clima, dalla morfologia,
dalla litologia affiorante e dalla copertura vegetale, fattori che sono, come
già visto in precedenza, i parametri principali che influenzano l'entità
dell’erosione. La densità di drenaggio, per esempio, tende ad aumentare al
crescere dell'altezza delle precipitazioni e dell'erodibilità delle rocce
affioranti e al diminuire della copertura vegetale e dell'acclività' media del
bacino.
Le seguenti relazioni sono state proposte da CICCACCI et Alii.
Log10 Tu (t / kmq) = 1.82818Log 10 D + 0.01769 ga + 1.53034
Log10 Tu (t / kmq) = 2.79687 Log10 D + 0.13985ia + 1.05954
dove:
Tu = trasporto solido unitario annuo per kmq di bacino;
ga = densità di anomalia gerarchica;
ia = indice di anomalia gerarchica;
D = densità di drenaggio.
Va tenuto presente nel loro utilizzo che si tratta di relazioni basate su
gerarchizzazioni del bacino effettuate in scala 1:25.000. Scale diverse
tendono a condurre a parametri geomorfici differenti, influenzando in
maniera non trascurabile la stima del trasporto solido. Si tenga presente
inoltre che questi metodi prendono in considerazione solo il materiale
FORMULA GEO VER.2.0
trasportato in sospensione, trascurando il materiale trasportato sul fondo e
quindi tendono a fornire dei valori di trasporto solido sottostimati.
Anche queste relazioni possono essere utilizzate per la realizzazione di carte
dell'erodibilità del bacino.
Stima del trasporto solido lungo l’alveo
• Metodo di Di Silvio.
Basato essenzialmente su misure effettuate in bacini delle Alpi venete e
lombarde, permette di valutare l'entità del trasporto solido lungo l'asta
principale del bacino in funzione della portata liquida del corso d'acqua.
La relazione proposta da Di Silvio è la seguente:
Qs (mc/anno) = (0.027 / 1.8) x [ i2.1 / (b0.8 x D50 1.2 )] x (Q 0 0.8 x V0 );
con
V0 (mc) = volume idrico di deflusso = Ca x h x Sb x 1000;
Ca = coefficiente di afflusso del bacino;
h (mm) = precipitazioni ragguagliate collegate all’evento di piena;
Sb (kmq) = area bacino;
i (%) = pendenza asta principale;
b (m) = larghezza media dell’alveo nel tratto preso in esame;
D50 (m) = diametro mediano del materiale di fondo;
Q0 (mc/s) = portata di massima piena nel periodo di riferimento (per
es. un anno).
Per valutare il trasporto solido in condizioni ordinarie, nella formula andrà
inserito il valore della portata di massima piena con tempo di ritorno uguale
a 1 anno e la relativa altezza di precipitazione.
Il metodo fornisce un’indicazione sul trasporto solido partendo dall’ipotesi
che ci si trovi in condizioni morfodinamiche di equilibrio, cioè che la
morfologia dell’alveo e la composizione del materiale di fondo rimanga
invariata. Va però tenuto presente che episodi catastrofici conducono a
modifiche profonde nella morfologia dell'alveo (che tenderà ad allargarsi),
FORMULA GEO VER.2.0
nella sua pendenza media (che tenderà ad aumentare) e nella curva
granulometrica del materiale del letto del corso d'acqua (che tenderà a
spostarsi verso granulometrie più fini). In questi casi la relazione non è più
applicabile, a meno di non essere in grado di fare delle previsioni sulle
variazioni che subirà l’alveo e, soprattutto, sul nuovo valore del D50 . Anche
se viene richiesto come input esclusivamente il D50 del materiale di fondo, il
metodo tiene conto implicitamente anche del materiale trasportato in
sospensione e quindi può essere utilizzato per problemi di interrimento di
bacini.
• Metodo di Shields.
Il metodo mette in relazione la portata solida con la portata liquida che
attraversa una determinata sezione d’alveo e serve a stimare la quantità di
materiale trasportato sul fondo. Nota la curva granulometrica del materiale
di fondo alveo, per un determinato valore del diametro dei granuli è
possibile stimare la quantità di materiale che verrà trasportato sul fondo in
corrispondenza di una portata liquida imposta.
La tensione tangenziale necessaria per mettere in movimento un granulo di
diametro d è data dalla relazione:
τcr (t / mq) = φ(γ − 1)d
dove:
φ
= funzione del numero di Reynolds, che vale, in condizioni di
moto turbolento, circa 0.06;
γ(t/mc) = peso specifico del materiale di fondo;
d(m)
= diametro del granulo.
La tensione tangenziale applicata dalla corrente è invece fornita
dall’espressione:
τ = Rh i
dove:
Rh
i
= raggio idraulico del corso d’acqua;
= pendenza dell’alveo nel tratto considerato.
FORMULA GEO VER.2.0
Imposta una portata liquida di riferimento (Q), per esempio la portata media
annuale del corso d’acqua, la portata solida è valutabile attraverso la
formula:
Qs (t / s ) = 10Q
τ − τcr 1
i φB
τ γ −1
dove B è la larghezza dell’alveo.
La procedura di calcolo, valida per un determinato valore di d, andrà poi
ripetuta per gli altri diametri presenti nella curva granulometrica. Il trasporto
di fondo totale sarà dato quindi dalla sommatoria dei singoli valori di Qs
calcolati in corrispondenza di ogni diametro.
Questo metodo non permette di valutare la quantità di materiale trasportato
in sospensione, quindi non può essere utilizzato per problemi di interrimento
di un bacino. Può essere applicato invece in problemi connessi
all’interrimento di briglie o altre opere fluviali.
FORMULA GEO VER.2.0
Verifica di sezioni d’alveo.
Verifiche in condizione di moto uniforme
La portata che defluisce per una determinata sezione d’alveo è fornita dalla
relazione:
Q (mc/s) = A x vm;
dove:
A (mq) = area della sezione trasversale dell’alveo;
vm (m/s) = velocità media della corrente.
Assumendo il criterio del moto uniforme, cioè immaginando che la linea
piezometrica abbia la stessa inclinazione dell’alveo nella direzione della
corrente, criterio valido in corsi d’acqua a debole pendenza, la velocità
media della corrente può essere espressa dalla relazione (GaucklerStrickler):
vm (m/s) = Ks x Rh 2/3 x (i/100)1/2 ;
dove:
Ks (m1/3 s-1) = coefficiente di resistenza di Strickler;
Rh (m) = raggio idraulico = A / Perimetro bagnato;
i (%) = pendenza dell’alveo nel tratto considerato.
Valutata la velocità della corrente, noto il valore dell’area della sezione del
corso d’acqua, si può calcolare la portata smaltibile, da confrontare con la
portata di piena di riferimento.
Per i valori di Ks in letteratura vengono proposti i valori presentati nella
seguente tabella:
FORMULA GEO VER.2.0
Tipo superficie
CANALI APERTI (Rh ≈1)
Rivestiti con:
conglomerati bituminosi
mattoni
calcestruzzo
pietrame ad opera incerta
pietre
Scavati o dragati:
in terra diritti ed uniformi
in terra con curve uniformi
in terra senza manutenzione o in
roccia
CORSI D’ACQUA MINORI (Rh ≈
2) (larghezza in piena <30 m)
con sezioni regolari
con sezioni irregolari
torrenti con pochi massi
torrenti con grossi massi
CORSI D’ACQUA MAGGIORI
(Rh ≈ 4) (larghezza in piena ≥ 30 m)
con sezioni regolari
con sezioni irregolari
AREE GOLENALI
a pascolo
coltivate
con vegetazione spontanea
Ks (m1/3 s-1)
57-75
57-72
57-77
20-50
15-30
30-60
20-50
20-50
20-45
15-25
20-35
15-25
30-45
20-30
20-40
20-50
20-30
Il fattore Ks può anche essere valutato direttamente con la relazione, valida
in particolare per torrenti e per i tratti medio-alti di fiumi:
Ks (m1/3 s-1) = 26 / d901/6 ;
FORMULA GEO VER.2.0
d90 (m) = diametro del passante al 90%.
Verifiche in condizione di moto permanente
In questo caso si suppone che la linea piezometrica abbia un’inclinazione
differente rispetto a quella dell’alveo. Nel caso di un corso d’acqua a portata
costante , cioè senza immissioni o perdite significative nel tratto verificato,
il procedimento è quello descritto di seguito.
1) Si fissa la portata di piena di riferimento per la quale effettuare la verifica
della sezione.
2) Si individua, a valle della sezione di verifica, una sezione di controllo,
posta ad una distanza ∆X, nella quale sia nota l’altezza idrometrica per la
portata di calcolo o in cui si abbia una situazione di altezza critica. Si ha una
condizione di altezza idrometrica critica, quando una determinata portata
passa con la minima energia rispetto al fondo (situazione che si ha per
esempio in corrispondenza di un salto di fondo). In quest’ultimo caso
l’altezza idrometrica è ricavabile utilizzando la relazione:
αc
dove:
Q(mc/s)
b(m)
g(m/s2 )
A(mq)
αc
Q2b
=1
gA3
= portata del corso d’acqua;
= larghezza dell’alveo;
= accelerazione di gravità = 9.81;
= area della sezione liquida;
= coefficiente di Coriolis.
Il coefficiente di Coriolis deve essere calcolato con la seguente formula:
αc =
n
Ci
3
i =1
Ai
2
Atot ∑
Ctot
FORMULA GEO VER.2.0
in cui:
n
= numero punti del profilo della sezione –1
Ai
= area della sezione liquida compresa fra il punto (i) e il punto (i+1)
della sezione;
Ci
= capacità di portata dell’alveo fra il punto (i) e il punto (i+1) della
2/3
sezione, data da: Ci = K si Ai Rhi , dove Ksi è il coefficiente di
scabrezza, sec. Gaukler-Strickler, dell’alveo e Rhi il raggio idraulico
nel tratto (i);
Atot
= area totale della sezione liquida;
Ctot
= capacità di portata totale dell’alveo, dato dalla sommatoria delle
capacità di portata dei singoli tratti.
3) Si calcola la velocità della corrente nella sezione di controllo attraverso la
relazione:
vc =
Q
Atot
4) Si stima la quota della linea di energia della sezione di controllo con la
formula:
Ec = h + z + α
v2
2g
dove:
h
= altezza idrometrica rispetto al punto più profondo dell’alveo;
z
= quota s.l.m. del punto più profondo dell’alveo.
5) Si calcola la pendenza della linea di energia J, sempre nella sezione di
controllo attraverso il rapporto:
Jc =
Q2
2
Ctot
FORMULA GEO VER.2.0
6) Si ipotizza un primo valore a tentativo di altezza idrometrica per la
sezione di verifica (hv ); in genere si utilizza la stessa altezza inserita o
calcolata per la sezione di controllo.
7) Si calcola il coefficiente di Coriolis della sezione di verifica, utilizzando
la stessa procedura vista per la sezione di controllo.
8) Si stima la pendenza della linea di energia della sezione di verifica con la
formula:
Q2
2
Ctot
in cui, ovviamente Ctot è riferito alla sezione di verifica.
9) Si calcola la quota della linea di energia della sezione di verifica con la
formula:
Jv =
Ev = E c +
1
( J v + J c ) ∆x
2
10) Si valuta la quota della linea di energia per il valore fissato di hv con la
formula:
Q2
E 'v = hv + z v +
2
2 gAv
dove:
zv
= quota s.l.m. del punto più profondo dell’alveo della sezione di
verifica;
Av
= area della sezione bagnata nella sezione di verifica
corrispondente all’altezza idrometrica hv .
11) Si esegue la differenza fra Ev ‘e Ev . Se questa è inferiore a qualche
millimetro si considera la verifica terminata e hv è l’altezza idrometrica
cercata. Se questa invece è superiore a qualche millimetro, si calcola una
correzione ∆y da applicare alla hv . La correzione ∆y è fornita dalla:
FORMULA GEO VER.2.0
2
2

1
vv
vc 
Ev '− Ec + (J c + J v )∆x + k αv
− αc

2
2g
2 g 

∆y =
Q 2 bv
Q 2 bv
1 − αv
± kαv
gAv 3
gAv 3
in cui:
k
= coefficiente che misura la perdita di energia per espansione o
contrazione della corrente (per es. per restringimento o allargamento
della sezione) e varia da 0.1 a 0.3 per le correnti in contrazione e da 0.3
a 0.5 per le correnti in espansione; ai valori più elevati corrispondono
le variazioni più brusche;
bv = larghezza della sezione di verifica.
12) Si ottiene un nuovo valore corretto di altezza idrometrica sommando hv
e ∆y e si ripete la sequenza di calcolo dal punto 7.
Attenzione : le coordinate dei due profili d’alveo (controllo e verifica)
vanno inserite rispetto ad un comune piano di riferimento (per esempio il
livello del mare).
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
IDROGEOLOGIA
Prove di pozzo.
Introduzione
Viene definita prova di pozzo l’insieme delle procedure utilizzate per
il dimensionamento dell’opera di captazione, basate sull’esecuzione
di emungimenti a portata costante e sulla misura dell’abbassamento
indotto nel livello della falda all’interno del pozzo.
Scopo principale della prova è quello di consentire l’individuazione
della curva caratteristica del pozzo, cioè di quella curva che correla
la portata emunta con l’abbassamento del livello della falda nel
pozzo.
Normalmente le prove di pozzo vengono condotte con una serie di
gradini di portata di breve durata (1-3 ore) al termine dei quali si
misura l’abbassamento finale. Al termine di ogni gradino segue un
interruzione dell’emungimento che consente al livello della falda di
ritornare approssimativamente al livello iniziale. La portata iniziale
viene posta generalmente uguale a quella minima della pompa, i
gradini successivi al doppio, al triplo ecc., della portata del primo
gradino. L’esecuzione del primo gradino deve essere inoltre
preceduto da un pompaggio che consenta lo svuotamento dell’opera
(effetto capacità del pozzo).
I gradini di prova devono essere almeno tre nel caso di falde
artesiane e quattro nel caso di falde freatiche. Un numero superiore
di gradini di portata consente in genere una migliore precisione nella
stima dei parametri ricavabili dalla prova.
Le condizioni necessarie perchè la prova sia eseguibile sono le
seguenti:
• ci si trovi nelle condizioni di validità della legge di Darcy;
• il pozzo sia completo, cioè la zona filtrante deve attraversare
almeno l’80% dello spessore della falda, nel caso di acquiferi
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
•
•
•
•
artesiani o semiartesiani, ed i 2/3,3/4 della parte inferiore, nel caso
di acquiferi freatici;
il pozzo sia correttamente sviluppato ed equipaggiato;
la superficie piezometrica sia suborizzontale;
la portata emunta durante l’esecuzione dei gradini di portata sia
effettivamente costante (l’errore massimo tollerabile è intorno al
5%);
il raggio del pozzo sia il più piccolo possibile.
Analisi della curva caratteristica del pozzo.
Riportando su un grafico lineare lungo le ascisse i valori dei gradini di
portata e lungo le ordinate gli abbassamenti finali corrispondenti, si
ottiene una curva chiamata curva caratteristica del pozzo.
Tale curva può essere espressa analiticamente attraverso la
relazione:
(1) s = B x Q + C x Qn ;
in cui:
s (m) = abbassamento finale al termine del gradino di portata Q;
Q (mc/s) = valore del gradino di portata;
B = costante legata alla componente laminare del deflusso;
C = costante legata alla componente turbolenta del deflusso;
n = esponente spesso posto uguale a 2 (Jacob, 1946).
Il primo tratto della curva è normalmente assimilabile a quello di una
retta di equazione:
(2) s = B x Q.
Infatti in corrispondenza di piccole portate emunte il deflusso
dell’acqua richiamata dal pozzo è essenzialmente di tipo laminare,
mentre la componente turbolenta è minima. Il valore di B nella (2) è
funzione sia dei parametri idrogeologici dell’acquifero (trasmissività e
coef. di immagazzinamento), che delle carratteristiche del filtro e
dell’ammasso filtrante.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Al crescere della portata il secondo membro della (1) diventa
rapidamente predominante. Quando la velocità di filtrazione risulta
superiore alla velocità critica, cioè quando si passa da un deflusso di
tipo laminare ad uno di tipo turbolento, la (1) può essere
approssimata come segue:
(3) s = C x Qn .
Il valore di C nella (3) è esclusivamente funzione delle caratteristiche
del pozzo (diametro del pozzo, tipo di filtro, ecc...) essendo
indipendente dai parametri idrogeologici dell’acquifero.
L’aumento del secondo termine della (1) (C x Qn ) conduce ad una
perdita di rendimento dell’opera, poichè, quando diventa dominante,
a piccoli aumenti di portata finiscono col corrispondere elevati
abbassamenti del livello della falda, ed una crescita del deflusso
turbolento che provoca l’asportazione ed il trascinamento nel pozzo
di particelle fini, che alla lunga ne provocano l’intasamento.
La portata alla quale il secondo membro della (1) diventa
predominante prende il nome di portata critica. E’ possibile definire
l’efficienza di un pozzo in relazione ad una determinata portata
attraverso la relazione:
e% = 100
BQ
BQ + CQn
cioè dal rapporto, espresso in percentuale, fra l’abbassamento
dovuto alla componente laminare del flusso e quello totale.
Un’efficienza inferiore al 50% indica una componente turbolenta del
flusso dominante.
La forma della curva caratteristica quindi è quasi rettilinea in
condizioni di deflusso laminare dominante, fortemente convessa nel
caso di deflusso turbolento prevalente. Nel caso di curva concava la
prova è da considerarsi non valida o per errori nell’esecuzione delle
misure o perchè non risultano soddisfatte le condizioni di applicabilità
della prova viste in precedenza.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Va tenuto presente che la curva caratteristica del pozzo si modifica
nel corso della vita dell’opera di captazione, con un aumento in
genere nel tempo della componente turbolenta del deflusso, per
effetto per esempio dell’intasamento dell’ammasso filtrante da parte
delle particelle più fini o per la formazione di incrostazioni sul filtro.
Della diminuzione di rendimento nel corso del tempo dell’opera
bisogna tener conto nella valutazione della produttività dell’opera,
cioè nella stima della massima portata che può essere emunta.
Stima dei parametri B e C della curva caratteristica.
a) Metodo di Jacob (1946)
Nell’ipotesi che la curva caratteristica del pozzo sia esprimibile nella
forma:
s = B x Q + C x Q2 ,
dove n cioè viene posto uguale a 2, i parametri B e C possono
essere ricavati, utilizzando la retta portate-abbassamenti specifici,
data dalla:
(4) s/Q = B + C x Q;
in cui il termine s/Q prende il nome di abbassamento specifico (sq).
Nel diagramma portate-abbassamenti specifici i punti corrispondenti
alle misure effettuate nel corso della prova si disporranno lungo una
retta, il cui coefficiente angolare corrisponde al valore di C.
C è quindi ricavabile prendendo due punti lungo la retta, per es. i
punti 1 e 2, e calcolando il rapporto:
C = (sq2 - sq1) / (Q2 - Q1);
in cui:
sq = abbassamento specifico;
Q = portata.
B è ottenibile invece dall’intersezione con l’asse delle ordinate (Q=0).
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Considerando però la dispersione dei valori misurati è più
conveniente ricavare i valori di B e C attraverso il metodo dei minimi
quadrati. In questo caso C viene fornito dall’espressione:
C = ∑ Qi x sq i / ∑ Q i x Qi ;
mentre il valore di B si ottiene dalla:
B = sq medio - C x Q medio.
L’analisi della retta espressa dalla (4) permette di individuare
rapidamente le caratteristiche del deflusso all’interno del pozzo:
• se la retta passa in prossimità dell’origine (B=0) si può conlcudere
che il deflusso è prevalentemente di tipo turbolento;
• se la retta si dispone parallela all’asse delle ordinate (verticale) (C
x Q = 0) il deflusso è prevalentemente di tipo laminare.
Il metodo di Jacob ha il vantaggio, rispetto ai metodi descritti di
seguito, di essere di semplice e rapida applicazione. In realtà la
pratica ha evidenziato che spesso il fattore n differisce in maniera
significativa dal valore 2, quindi l’applicazione di questa procedura
può condurre a risultati inaffidabili.
b) Metodo di Rorabaugh (1956)
Riscrivendo la 1) nella forma:
s

ln  − B  = ln C + (n − 1) ln Q
Q

dove ln indica il logaritmo naturale, si ha l’equazione di una retta con
coefficiente angolare (n-1). Il parametro C è dato dall’intersezione
della retta con l’asse delle ordinate, in coefficiente angolare deve
essere invece trovato, facendo variare a tentativi B fino a quando la
retta, disegnata in scala bilogaritmica, non si allinea in maniera
soddisfacente con i dati sperimentali. L’intervallo di variazione di B è
ridotto, in quanto deve essere soddisfatta la relazione 0 ≤B<s/Q:
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
infatti valori di B negativi non hanno significato fisico, valori uguali o
maggiori di s/Q non sono ammissibili, perché renderebbero negativo
o nullo il termine (s/Q – B).
Il metodo di Rorabaugh è più affidabile, anche se più laborioso, del
metodo di Jacob e fornisce risultati soddisfacenti nella maggior parte
dei casi, purchè ovviamente la curva portata abbassamenti sia del
tipo 1).
c) Metodo dei minimi quadrati
L’analisi della curva 1) può essere condotta, utilizzando il metodo dei
minimi quadrati. In pratica si tratta di ricercare i valori di B, C e n che
rendono minimo il valore della:
Φ = ∑ si − s'i
2
dove s è l’abbassamento misurato e s’ l’abbassamento stimato, per
lo stesso valore di portata, utilizzando la 1).
Procedendo, seguendo la soluzione proposta da Dragoni (1990), B e
C possono essere ricavati attraverso le relazioni:
(
(
s Q )∑ Q − (∑ s Q )∑ Q
∑
C=
n'
i
2 n'
'
2
i
2
∑ Q ∑ Q −∑ Q
i
i
i i
( n ' +1 )
i
i
∑Q (
n ' +1 )
n ' +1 )
i
( )
(
)
s Q − C ∑Q
∑
B=
n ' +1
i
i
∑Q
i
2
i
utilizzando un valore di n, qui indicato con n’, imposto a tentativi,
facendolo variare all’interno dell’intervallo 0-12, intervallo in cui di
fatto ricadono i valori di n nella pratica.
Il metodo dei minimi quadrati fornisce generalmente la migliore stima
possibile dei parametri B, C e n, al prezzo di una difficoltà di
elaborazione che obbliga all’utilizzo dell’elaboratore elettronico.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Casi con curva di abbassamento anomala.
Non sempre la curva portata-abbassamenti segue la forma 1). Può
capitare cioè che utilizzando i tre metodi di calcolo proposti non si
riescano ad interpolare in maniera soddisfacente i dati sperimentali.
In questo caso una stima di B può essere ottenuta, applicando il
metodo d Rorabaugh o dei minimi quadrati solo ai gradini di portata
più bassi, mentre C ed n possono essere valutati applicando gli
stessi metodi, ma ai gradini più elevati.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Stima dei parametri di dispersione di un inquinante.
Prova con due pozzetti ed immissione continua (Fried, 1975).
Un’indicazione di come un’inquinante si può diffondere nel terreno
può essere ottenuta attraverso prove di immissione di un tracciante.
In pratica si opera con due pozzetti, nel primo viene iniettata una
portata costante insieme al tracciante, nel secondo, posto a valle del
primo, emungendo la stessa quantità d’acqua, in modo da creare un
regime di flusso stazionario, viene misurata la variazione di
concentrazione del tracciante. Indicando con C max la concentrazione
massima rilevata nel pozzetto di misura, è possibile riportare su
grafico l’andamento del rapporto C/Cmax, dove C rappresenta la
concentrazione misurata in un determinato istante, in funzione del
tempo. Supponendo che la curva così costruita sia di tipo gaussiano,
si può definire la sua deviazione standard attraverso la relazione:
σt =
(t84 − t16 )
2
dove t84 e t16 indicano, rispettivamente, i tempi in cui si sono misurate
concentrazioni uguali a 0,84Cmax e 0,16Cmax. Il coefficiente di
dispersione longitudinale, cioè lungo la direzione di flusso, è dato
quindi dalla:
DL =
v 2σt 2
2t
dove v è la velocità di flusso, data dal prodotto della permeabilità del
terreno per il gradiente idraulico, e t è il tempo nel quale si misura
una concentrazione uguale a 0,5C max.
La dispersività longitudinale è fornita invece dalla relazione:
αL =
DL
.
v
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Prova con due pozzetti ed immissione saltuaria (Fried, 1975).
Si procede come nel caso precedente, solo che l’iniezione del
tracciante non avviene in maniera continua per tutta la durata delle
misurazioni. La relazione che fornisce il coefficiente di dispersione
longitudinale si modifica come segue:
DL =
[d
2
]
− v 2 t max (t max − t 0 )
2
(tmax − t0 )
dove d è la distanza fra i due pozzetti, t0 è la durata dell’immissione e
tmax è l’istante in cui si misura la massima concentrazione
dell’inquinante. Anche in questo caso la dispersività longitudinale è
fornita dalla relazione:
αL =
DL
.
v
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Stima dei parametri idrogeologici dell’acquifero.
Introduzione.
La prova di pompaggio è una prova di emungimento di lunga durata
(almeno 42 ore), con un unico gradino di portata, il cui scopo è quello
di:
• determinare
i
parametri
idrogeologici
dell’acquifero
e
principalmente
la
trasmissività
ed
il
coefficiente
d’immagazzinamento .
• studiare eventuali limiti, alimentanti o impermeabili, dell’acquifero
e/o le sue condizioni di omogeneità.
Per l’interpretazione delle prove di pompaggio si ricorre normalmente
a due modelli riguardanti le modalità di sviluppo del cono di
depressione intorno all’opera captante:
• modello del regime permanente: si suppone che dopo un periodo
di pompaggio relativamente breve il cono di depressione assuma
una configurazione ed estensione praticamente costante;
• modello di regime transitorio: si suppone che le dimensioni del
cono di depressione aumentino progressivamente in funzione del
tempo di pompaggio.
Il modello del regime transitorio si adegua meglio a quanto si osserva
in realtà e quindi è il più utilizzato. Condizioni di regime semipermanente, cioè situazioni in cui l’aumento delle dimensioni del
cono di depressione, è estremamente lento e graduale, si possono
verificare per tempi di pompaggio sufficientemente lunghi.
Per quanto riguarda le condizioni di applicabilità della prova vale
quanto detto per le prove di pozzo.
Determinazione dei parametri idrogeologici dell’acquifero.
A)
Regime stazionario.
Operando in regime stazionario è possibile determinare la
trasmissività
dell’acquifero,
ma
non
il
coefficiente
di
immagazzinamento.
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La prova di pompaggio viene eseguita, misurando, al termine del
gradino di portata, gli abbassamenti nei piezometri. Disponendo di
più piezometri lungo allineamenti diversi è possibile valutare anche
l’eventuale eterogeneità dell’acquifero, stimando per ogni
allineamento il valore della trasmissività.
La prova viene riepilogata su un diagramma semilogaritmico
abbassamenti/distanza, dove lungo l’asse delle ascisse (in scala
logaritmica) si pongono le distanze dei piezometri e lungo quello
delle ordinate gli abbassamenti.
Si distinguono i casi in cui la prova viene effettuata all’interno di un
acquifero artesiano, semiartesiano o freatico.
I) Acquifero artesiano (formula di Thiem).
La trasmissività media dell’acquifero può essere ricavata dalla
relazione:
Tmedio = 0.366 x Q / ∆s;
dove:
Tmedio(mq/s) = trasmissività media dell’acquifero;
Q (mc/s) = portata della prova;
∆s(m) = abbassamento relativo ad un ciclo logaritmico
(logaritmi con base decimale)
II) Acquifero semiartesiano (formula di Hantush-Jacob).
Si opera come nel caso precedente, valutando la trasmissività media
dell’acquifero dalla relazione:
Tmedio = 0.366 x Q / ∆s;
dove:
Tmedio(mq/s) = trasmissività media dell’acquifero;
Q (mc/s) = portata della prova;
∆s (m) = abbassamento relativo ad un ciclo logaritmico
(logaritmi con
base decimale).
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Nel caso di falde semiartesiane oltre alla trasmissività ed al
coefficiente d’immagazzinamento, è necessario stimare altri due
parametri, che regolano il movimento in senso verticale dell’acqua
all’interno dello strato semipermeabile:
• il coefficiente di fuga (o di disperdenza), definito dal rapporto:
f (s-1)= K’/ b’;
in cui:
K’ = permeabilità dello strato semipermeabile;
b’ = spessore dello strato semipermeabile;
che regola lo scambio idrico tra l’acquifero
semipermeabile.
e
lo
strato
• il fattore di fuga (o di disperdenza), definito dalla relazione:
B (m) = √ (T / f);
in cui:
T (mq/s) = trasmissività dell’acquifero;
che regola
il flusso passante dall’acquifero allo strato
semipermeabile.
Con il procedimento di Hantush e Jacob il parametro B è ricavabile
dal diagramma semilogaritmico abbassamenti/distanza. B è dato
dalla relazione:
B = r0 / 1.123;
dove:
r0 = ascissa dell’intersezione della retta con l’asse delle
distanze;
corrisponde in pratica alla distanza per cui si ha un
abbassamento
uguale
a zero.
Noto B, il fattore di fuga f può essere determinato attraverso la
relazione:
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f = T / B 2.
Il metodo è valido per B > 3 x b, dove b è lo spessore dell’acquifero.
Inoltre è applicabile solo a quei piezometri in cui sia verificata la
relazione:
r /B ≤ 0.05.
III) Acquifero freatico (formula di Thiem).
Si opera come nel caso di una falda artesiana, valutando la
trasmissività media dell’acquifero sempre attraverso la relazione:
Tmedio = 0.366 x Q / ∆s;
dove:
Tmedio(mq/s) = trasmissività media dell’acquifero;
Q (mc/s) = portata della prova;
∆s (m) = abbassamento relativo ad un ciclo logaritmico
(logaritmi con base decimale).
In questo caso gli abbassamenti misurati vanno corretti attraverso la
relazione:
s = s - s2 / ( 2 x Hfalda);
dove:
s (m) = abbassamenti misurati;
Hfalda (m) = spessore dello strato acquifero.
La correzione viene introdotta in quanto, a parità di portata, gli
abbassamenti misurati in una falda freatica sono maggiori di quelli
misurabili in una falda artesiana.
Il metodo è applicabile però solo se è soddisfatta la relazione:
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smedio / Hfalda ≤ 0.15.
dove:
smedio (m) = abbassamento medio misurato nei piezometri.
B)
Regime transitorio.
Operando in regime transitorio è possibile determinare la
trasmissività dell’acquifero ed il coefficiente di immagazzinamento.
La prova di pompaggio viene eseguita, misurando, a intervalli di
tempo crescenti in maniera esponenziale gli abbassamenti nel pozzo
e/o nei piezometri di prova. Al termine della prova si arresta la
pompa e si misurano, lungo lo stesso intervallo di tempo, gli
abbassamenti residuali.
Disponendo di più piezometri si può valutare anche l’eventuale
eterogeneità dell’acquifero, stimando per ogni piezometro il valore
della trasmissività.
La prova viene riepilogata su un diagramma semilogaritmico
abbassamenti/tempo, dove lungo l’asse delle ascisse (in scala
logaritmica) si pongono i tempi di misura e lungo quello delle ordinate
gli abbassamenti. La curva che si genera è approssimabile ad una
retta, almeno nel caso di acquifero illimitato. Solo nel tratto iniziale
tale curva si discosta da un andamento rettilineo a causa dell’effetto
capacità del pozzo, che origina un deflusso di tipo turbolento.
Si distinguono i casi in cui la prova viene effettuata all’interno di un
acquifero artesiano, semiartesiano o freatico.
I) Acquifero artesiano (formula di Jacob).
Il metodo permette di valutare la trasmissività media dell’acquifero
attraverso la relazione:
(1)Tmedio = 0.183 x Q / ∆s;
dove:
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Tmedio(mq/s) = trasmissività media dell’acquifero;
Q (mc/s) = portata della prova;
∆s (m) = abbassamento relativo ad un ciclo logaritmico
(logaritmi con
base decimale).
Il coefficiente di immagazzinamento è fornito invece dalla:
Smedio = 2.25 x Tmedio x t0 / r2;
dove:
Smedio = coef.d’immagazzinamento dell’acquifero;
t0 (s) = valore dato dall’intersezione della retta con l’asse dei
tempi;
r (m) = distanza del piezometro di riferimento dal pozzo di
prova o raggio del pozzo nel caso si effettui la prova nel pozzo
stesso.
E’ possibile ricavare il valore della trasmissività anche attraverso la
misura degli abbassamenti residuali dopo l’arresto del pompaggio,
utilizzando la relazione (1). In questo caso però non è possibile
valutare il coefficiente d’immagazzinamento.
II) Acquifero semiartesiano (formula di Hantus).
La trasmissività media dell’acquifero può essere ricavata dalla
relazione:
(2) Tmedio = (0.183 x Q / ∆s) x 10 -r / B;
dove:
Tmedio(mq/s) = trasmissività media dell’acquifero;
Q (mc/s) = portata della prova ;
∆s (m) = abbassamento relativo ad un ciclo logaritmico
(logaritmi con base decimale);
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
r (m) = distanza del piezometro di riferimento dal pozzo di
prova o raggio del pozzo nel caso si effettui la prova nel pozzo
stesso.
B (m) = fattore di fuga (o di disperdenza), calcolabile con la
seguente procedura:
• si stima il parametro si dato da sm/2, dove s m è uguale
all’abbassamento massimo misurato al termine della prova;
• si ricava il rapporto r/B attraverso la relazione:
r / B = 1 / (0,5 10 [0,251 + (si / ∆s) / 2]);
noto r si ricava quindi B e, attraverso la relazione f = T / B 2.
il coefficiente di fuga f.
Il coefficiente di immagazzinamento è fornito invece dalla:
Smedio = [2.25 x Tmedio x t0 / r2 ] x r / B;
dove:
Smedio = coef.d’immagazzinamento dell’acquifero;
t0 (s) = valore dato dall’intersezione della retta con l’asse dei
tempi;
r (m) = distanza del piezometro di riferimento dal pozzo di
prova o raggio del pozzo nel caso si effettui la prova nel pozzo
stesso.
E’ possibile ricavare il valore della trasmissività anche attraverso la
misura degli abbassamenti residuali dopo l’arresto del pompaggio,
utilizzando la relazione (2). In questo caso però non è possibile
valutare il coefficiente d’immagazzinamento.
III) Acquifero freatico (formula di Jacob).
La trasmissività media dell’acquifero può essere ricavata dalla
relazione:
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(3)Tmedio = 0.183 x Q / ∆s;
dove:
Tmedio(mq/s) = trasmissività media dell’acquifero;
Q (mc/s) = portata della prova;
∆s (m) = abbassamento relativo ad un ciclo logaritmico
(logaritmi con base decimale);
In questo caso gli abbassamenti misurati vanno corretti attraverso la
relazione:
s = s - s2 / ( 2 x Hfalda);
dove:
s (m) = abbassamenti misurati;
Hfalda (m) = spessore dello strato acquifero.
La correzione viene introdotta in quanto, a parità di portata, gli
abbassamenti misurati in una falda freatica sono maggiori di quelli
misurabili in una falda artesiana.
Il metodo è applicabile solo se è soddisfatta la relazione:
smedio / Hfalda ≤ 0.15.
dove:
smedio (m) = abbassamento medio misurato.
E’ possibile ricavare il valore della trasmissività anche attraverso la
misura degli abbassamenti residuali dopo l’arresto del pompaggio,
utilizzando la relazione (3). In questo caso però non è possibile
valutare il coefficiente d’immagazzinamento.
C)
Pozzi incompleti.
Nel caso di pozzi incompleti, cioè di pozzi in cui la colonna filtrante
non attraversa completamente lo strato acquifero, i metodi di calcolo
dei parametri idrogeologici visti in precedenza andranno corretti, per
tener conto della presenza di una componente di flusso non radiale.
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In pratica nelle prove di pompaggio eseguite in regime transitorio, gli
abbassamenti misurati, a parità di portata, nei pozzi incompleti
risultano superiori a quelli che si avrebbero in pozzi completi,
essendo la parte filtrante, nel primo caso, inferiore. Applicando senza
correzioni gli abbassamenti misurati ai normali metodi di calcolo si
otterebbero valori di trasmissività inferiori a quelli reali.
In realtà per distanze dal pozzo superiori a circa (1.5-2)B, con
(B=spessore dell’acquifero) l’effetto dell’incompletezza dell’opera di
captazione non si risente più: in questi casi si può operare senza
essere costretti ad applicare correzioni ai dati misurati.
Nel caso di prove di pompaggio eseguite nel pozzo o in piezometri a
distanza inferiori dal pozzo di (1.5-2)B, agli abbassamenti va
applicata una correzione, funzione principalmente della geometria
del pozzo.
I) Acquifero artesiano o semiartesiano (correzione di Hantush)
Hantush (1962) ha proposto di applicare la seguente correzione, nel
caso comune in cui la parte superiore della colonna filtrante
corrisponda col tetto dello strato acquifero:
fs = [4 B / (π b)] ∑ [(1/n) K 0( n r π/B) cos( n z π/B) sen( n b π/B);
dove:
b = spessore del tratto filtrante;
z = b/2;
r = distanza dal pozzo del piezometro di misura;
K0( n r π/B) = funzione di Bessel nel punto ( n r π/B);
n = variabile nell’intervallo 1 - ∝ (nella pratica si utilizzano solo
i primi termini).
Se si opera, eseguendo le misure direttamente nel pozzo di
pompaggio, la relazione che fornisce fs si semplifica come segue:
fs =
2B  b  2b b  2b 
b 2B + b 
− ln   − 0,423 +
1 −  ln

b  B  r B  B 
B 2B − b 
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dove r in questo caso è il raggio del pozzo;
Il procedimento da seguire per valutare i parametri idrogeologici in
questo caso è il seguente:
• si calcola la trasmissività (T) attraverso la relazione T = 0,183
Q
;
∆s
• si determini il valore di fs;
• si calcoli il coefficiente d’immagazzinamento corretto con la
t
relazione: S = 2,25T 02 exp( fs) .
r
II) Acquiferi freatici (correzione di Hantush)
Hantush (1964) ha proposto di applicare la seguente correzione agli
abbassamenti misurati nel caso di acquiferi freatici:
s2
s' = s −
2d
dove d è la lunghezza del tratto filtrante.
D)
Acquiferi limitati.
I procedimenti di calcolo visti in precedenza consentono la stima dei
parametri idrogeologici nel caso di acquiferi illimitati. Nel caso di
acquiferi limitati lateralmente, per la terminazione dello strato
acquifero contro una barriera stagna (condizione di limite
impermeabile) o per la presenza di una alimentazione da parte di
corsi d’acqua superficiali (condizione di limite alimentante)
l’interpretazione della prova di pompaggio andrà condotta solo sul
primo tratto rettilineo della curva abbassamenti-tempo o
abbassamenti-distanza. La presenza infatti di una condizione di
limite si manifesta nelle curve citate con la comparsa di un secondo
tratto rettilineo con inclinazione differente dal primo. La pendenza di
questo secondo segmento di retta sarà superiore al primo nel caso di
limite impermeabile, sarà inferiore nel caso di limite alimentante.
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La distanza teorica del limite può essere valutata attraverso le
seguenti relazioni:
d = (x / 2) √ (ti / t0) (caso di limite impermeabile);
d = (x / 2) √ (ti / t0) + x/2 (caso di limite alimentante);
dove:
ti = tempo corrispondente all’intersezione dei due segmenti di
retta;
t0 = tempo d’intersezione della prima retta con l’asse dei
tempi.
Stima del raggio d’influenza di un pozzo.
A) In regime stazionario.
In regime stazionario il raggio d’influenza del pozzo può essere
stimato attraverso la relazione:
Rf ( m) = 3000 s k
dove:
s(m)
k(m/s)
= abbassamento misurato nel piezometro o nel pozzo;
= permeabilità dell’acquifero.
B) In regime transitorio.
In condizioni di regime tranistorio il raggio d’influenza del pozzo è in
funzione del tempo trascorso dall’inizio del pompaggio. In questo
caso Rf può essere ricavato dalla relazione:
Tt
Rf ( m) = 1,5
S
dove:
T(mq/s)
= trasmissività dell’acquifero;
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t (s)
S
= tempo trarscorso dall’inizio del pompaggio;
= coefficiente d’immagazzinamento.
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Simulazione di un flusso idrico in 2 dimensioni.
Nell’ipotesi di un acquifero omogeneo, illimitato e confinato è
possibile fornire una soluzione analitica alle equazioni differenziali
che descrivono il moto di un fluido in un mezzo poroso. In pratica tale
soluzione consente di descrivere il moto di una singola particella, che
può essere d’acqua, ma anche eventualmente di un altro fluido,
soggetta all’influenza di pozzi emungenti o disperdenti in un piano
XY.
Si parte dall’ipotesi che il moto della particella inizialmente non sia
disturbato e che essa si sposti lungo la direzione iniziale di flusso
(asse X) con una velocità costante. Nel caso di particelle d’acqua
tale velocità può essere valutata attraverso il prodotto k x i, dove k è
la permeabilità dell’acquifero e i è il gradiente idraulico. La velocità
nella direzione perpendicolare (asse Y) a quella di flusso viene posta
inizialmente uguale a zero.
Nel momento in cui la particella entra nel raggio d’influenza dei pozzi
presenti nell’area le componenti della velocità lungo gli assi X e Y si
modificano come segue (Bear & Verruijt, 1987):
n 
Q N
N 
v x = v0 x + ∑  i  x + x  
i =1 
 4 naH  D1 D2  
n 
N 
Q N
v y = ∑  i  y1 + y 2 
D2 
i =1 
 4naH  D1
dove:
n = numero dei pozzi;
Qi = portata del pozzo i-esimo, presa con il segno – se il
pozzo è emungente, con il segno + se è iniettante;
a = larghezza dell’area (lungo l’asse Y);
H = spessore dell’acquifero;
v0x = velocità iniziale della particella lungo l’asse X;
Nx = senh[π(x - xi) / a];
senh = seno iperbolico;
x = ascissa della particella;
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xi = ascissa del pozzo i-esimo;
D1 = cosh[π(x - xi) / a] - cos[π(y - yi) / a];
cosh = coseno iperbolico;
y = ordinata della particella;
yi = ordinata del pozzo i-esimo;
D2 = cosh[π(x - xi) / a] - cos[π(y + yi) / a];
Ny1 = sen[π(y - yi) / a];
Ny2 = sen[π(y + yi) / a];
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Prove di permeabilità.
Introduzione
Nei materiali sciolti, permeabili per porosità, nei quali è verificata la
legge di Darcy, la permeabilità si esprime attraverso il coefficiente di
permeabilità k che ha le dimensioni di cm/s o m/s. Nelle rocce,
permeabili per fessurazione, nelle quali non è valida la legge di
Darcy, la permeabilità si indica attraverso il valore degli assorbimenti
d’acqua misurati in fori di sonda, espressi in litri assorbiti per ogni
metro di lunghezza di foro, e della pressione usata nella prova.
Talvolta il coefficiente k è usato per definire la permeabilità degli
ammassi rocciosi, ma assume in questo caso un significato
orientativo.
Il coefficiente di permeabilità di un terreno viene sempre determinato
con difficoltà e presenta spesso un notevole grado di incertezza; i
valori sperimentali , salvo nei casi in cui il terreno è omogeneo ed
isotropo, sono infatti affetti da errori che possono anche essere di un
intero di grandezza.
La scelta del metodo di prova va effettuata in funzione del tipo di
terreno e della precisione desiderata.
L’attendibilità delle prove, come suggerito dall’AGI nelle
“Raccomandazioni sulla programmazione ed esecuzione delle
indagini geotecniche” (giugno 1977), può essere migliorata
adottando i seguenti accorgimenti:
• conoscenza della distribuzione delle pressioni neutre nel terreno
prima della prova;
• conoscenza esatta , per quanto possibile, del profilo stratigrafico;
• realizzazione con la prova di condizioni di moto laminare in regime
permanente;
• adozione in tutte le prove che comportano immissione d’acqua nel
terreno, di acqua limpida.
Prove in pozzetto.
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Le prove in pozzetto sono adatte soprattutto per terreni granulari e
forniscono una valutazione della permeabilità dei terreni superficiali
al di sopra del livello di falda.
Vengono eseguite in pozzetti cilindrici o a base quadrata con pareti
verticali o inclinate.
Si dividono in:
• prove a carico costante, effettuate cioè riempiendo d’acqua il
pozzetto e misurando la portata necessaria per mantenere
costante il livello;
• prove a carico variabile, effettuate misurando la velocità di
abbassamento in funzione del tempo.
Le condizioni necessarie perchè le prove siano significative sono le
seguenti:
• il terreno deve essere saturato preventivamente in modo da
stabilire un regime di flusso permanente;
• la profondità del pozzetto deve essere pari a circa 1/7 dell’altezza
del fondo dal livello di falda;
• il diametro (o il lato di base) del pozzetto deve essere almeno 10 15 volte il diametro massimo dei granuli del terreno;
• il terreno sia omogeneo, isotropo e con coefficiente di permeabilità
k >10-6m/s
A)
Pozzetto circolare.
Il coefficiente di permeabilità k viene calcolato con le seguenti
relazioni:
a) Prove a carico costante:
k=
q
πdhm
con
q = portata assorbita a livello costante;
hm = altezza dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4);
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d = diametro del pozzetto.
b) Prove a carico variabile:
k=
d (h2 − h1 )
32(t 2 − t1 )hm
con
hm = altezza media dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4);
d = diametro del pozzetto;
t2-t1 = intervallo di tempo;
h2-h1 = variazione di livello dell’acqua nell’intervallo t2-t1 .
B)
Pozzetto quadrato.
Il coefficiente di permeabilità k viene calcolato con le seguenti
relazioni:
a) Prove a carico costante:
k=
q
 h

b2  27 + 3 
 b

con
q = portata assorbita a livello costante;
h = altezza dell’acqua nel pozzetto (h > d/4);
b = lato della base del pozzetto.
b) Prove a carico variabile:
 h 
1+ 2 m 
h −h
 b 
k= 2 1
t 2 − t1  hm

+ 3
 27
b


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 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
con
hm = altezza media dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4);
b = lato della base del pozzetto.
t2-t1 = intervallo di tempo;
h2-h1 = variazione di livello dell’acqua nell’intervallo t2-t1 .
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Prove in foro di sondaggio
Le prove in foro di sondaggio permettono di determinare la
permeabilità di terreni al di sopra o al di sotto del livello di falda.
Possono essere eseguite durante la trivellazione del foro a diverse
profondità oppure alla fine della trivellazione sul solo tratto terminale.
Per l’esecuzione delle prove è necessario che:
• le pareti della perforazione siano rivestite con una tubazione per
tutto il tratto del sondaggio non interessato dalla prova;
• nel caso di terreni che tendono a franare o a rifluire, il tratto di
prova deve essere riempito con materiale filtrante di granulometria
adatta ed isolato mediante un tampone impermeabile.
Le prove si dividono in prove a carico costante o a carico variabile.
A)
Prove a carico costante.
Le prove a carico costante si eseguono misurando la portata
necessaria per mantenere costante il livello dell’acqua nel foro, in
condizioni di regime costante. Si possono eseguire anche nel terreno
al di sopra del livello di falda; in questo caso è necessario saturare
preventivamente il terreno in modo da stabilire un regime di flusso
permanente.
1)Raccomandazioni A.G.I. (1977)
Il coefficiente di permeabilità è dato dalla:
k=
con
q = portata immessa;
q
mh
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
h = livello dell’acqua in foro;
m = coefficiente di forma = 2,85D
con D= diametro del foro
(N.B.: per prove sopra il livello di falda, h è misurato rispetto alla
base del foro).
2) Hvorslev (1951) Wilkinson (1968)
Il coefficiente di permeabilità è sempre dato dalla:
k=
q
mh
in questo caso però il coefficiente m assume valori differenti, in
funzione delle condizioni di filtrazione, secondo la tabella:
Condizioni
Coefficiente
2πD
Filtro sferico in terreno uniforme
πD
Filtro emisferico al confine con uno strato
confinato
Fondo filtrante piano al confine con uno strato
2D
confinato
2,75D
Fondo filtrante piano in terreno uniforme
Tubo parzialmente riempito al confine con uno
2D
strato confinato
8LK h
1+
πDK v
Tubo parzialmente riempito in terreno uniforme
2,75 D
11LK h
1+
πDK v
3πL
Filtro cilindrico al confine con uno strato
confinato
2
3L
 3L  
ln  + 1 +   
D
 D  

FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
3πL
2
1.5 L
 1.5L 
ln 
+ 1+ 

 D
 D 

Filtro cilindrico in terreno uniforme
Dove:
L=
Kh=
Kv =
Lunghezza del tratto filtrante;
Permeabilità orizzontale del terreno;
Permeabilità verticale del terreno.
Nel caso non sia noto, il rapporto Kh /Kv può essere inserito in prima
approssimazione uguale a 10.
3) Zagar (1953)
3a) Terreno saturo
Si applica sempre la relazione:
k=
q
mh
in questo caso però il coefficiente m assume i seguenti valori:
m = 5,7r
se il foro è aperto solo sul fondo;
2
 L
4πr   − 1
 2r 
Se il foro è aperto anche lateralmente
m=
2
L

 L
ln  +   − 1
 2r

 2r 


con r=raggio del foro e L=lunghezza del tratto filtrante.
3b) Terreno non saturo
Nel caso in cui il livello dell’acqua nel foro di prova sia ad una quota
superiore rispetto al livello della falda, la relazione vista in
precedenza non è più applicabile.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Definiti Hu la differenza di quota fra il livello dell’acqua nel foro e il
livello della falda e r’ il rapporto fra il raggio del foro e l’area della
superficie filtrante, si calcola il parametro Y secondo la relazione:
100h
Y = −1,0556 + 0,035
Hu
dove h è l’altezza media dell’acqua nel foro rispetto al fondo del foro
stesso. Nel caso risulti Log10(Hu/L)>Y, dove L è la lunghezza del
tratto filtrante, per il calcolo di K si applica la relazione:
k=
q
Cr ' h
dove C è fattore ricavabile dalla formula:
C = C1 + (C 2 − C1)Log10
100 L
h
h
C1 = 60,96 + 0,152
r
h
C 2 = 104,58 + 0,822
r
Nel caso invece in cui sia Log10(Hu/L)≤Y si applica la relazione:
k=
q
r

 C + 4  r ' ( Hu + h − L )
r' 

L
r
Si tenga presente che la procedura è in questo caso applicabile solo
se sono verificate le condizioni h>5L e L>10r’.
dove C = 6,247 + 0,797
B)
Prove a carico variabile.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Le prove a carico variabile al di sotto del livello di falda si dividono in
Prove di risalita e Prove di abbassamento. Le prove di risalita si
eseguono abbassando il livello dell’acqua nel foro di un’altezza nota
e misurando la velocità di risalita del livello. Le prove di
abbassamento si eseguono riempiendo il foro d’acqua per un’altezza
nota e misurando la velocità di abbassamento del livello. Le prove di
abbassamento possono essere eseguite anche nel terreno al di
sopra del livello di falda; in questo caso il terreno deve essere
preventivamente saturato.
1)Raccomandazioni A.G.I. (1977)
Per le prove a carico variabile il coefficiente di permeabilità è dato
dalla:
k=
A
h
ln 1
C L (t 2 − t1 ) h2
con
A = area di base del foro di sondaggio;
h1 e h2 = altezza dei livelli d’acqua nel foro rispetto al livello della
falda indisturbata o al fondo del foro stesso agli istanti t1 e t2 ;
t1 e t2 = tempi ai quali si misurano h1 e h2;
CL = coefficiente di forma dipendente dell’area del foro di sondaggio
e dalla lunghezza del tratto di foro scoperto.
Per il coefficiente C L sono suggeriti i seguenti valori:
L >> d CL = L
L≤ d
CL = 2πd+L
dove L è la lunghezza del tratto di foro scoperto e d il diametro del
foro.
4) Hvorslev (1951) Wilkinson (1968)
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Il coefficiente di permeabilità è sempre dato dalla:
k=
A
h
ln 1
C L (t 2 − t1 ) h2
in questo caso però il coefficiente CL assume valori differenti, in
funzione delle condizioni di filtrazione, secondo la tabella:
Condizioni
Coefficiente
2πD
Filtro sferico in terreno uniforme
πD
Filtro emisferico al confine con uno strato
confinato
Fondo filtrante piano al confine con uno strato
2D
confinato
2,75D
Fondo filtrante piano in terreno uniforme
Tubo parzialmente riempito al confine con uno
2D
strato confinato
8LK h
1+
πDK v
Tubo parzialmente riempito in terreno uniforme
2,75 D
11LK h
1+
πDK v
3πL
Filtro cilindrico al confine con uno strato
confinato
2
3L
3L  

ln  + 1 +   
D
 D  

Filtro cilindrico in terreno uniforme
Dove:
L=
Kh=
Kv =
Lunghezza del tratto filtrante;
Permeabilità orizzontale del terreno;
Permeabilità verticale del terreno.
3πL
2
1.5 L
 1.5 L 

ln
+ 1+

 D
 D 

FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Nel caso non sia noto, il rapporto Kh /Kv può essere inserito in prima
approssimazione uguale a 10.
5) Zagar (1953)
Si applica la relazione:
 h2 − h1 


πr 2  t 2 − t1 
k=
m
hm
dove r è il raggio del foro e hm la profondità media dell’acqua nel foro.
Il coefficiente m assume i seguenti valori:
m = 5,7r
se il foro è aperto solo sul fondo;
2
 L
4πr   − 1
 2r 
Se il foro è aperto anche lateralmente
m=
2
L

 L
ln  +   − 1
 2r

 2r 


con r=raggio del foro e L=lunghezza del tratto filtrante.
Prove Lugeon.
Le prove Lugeon permettono di calcolare la permeabilità o valutare la
fratturazione degli ammassi rocciosi. Vengono eseguite immettendo,
in fori di sondaggio, acqua sotto pressione. Nei fori di sondaggio
viene calato un tubo per l’adduzione dell’acqua con due otturatori
che consentono di isolare il tratto di foro in cui si vuole effettuare la
prova. Durante ogni prova vengono misurate: la pressione di
iniezione, la portata immessa e il tempo di durata della prova dopo
aver raggiunto le condizioni di regime. Le prove vengono eseguite
per almeno 5 valori della pressione di iniezione, ciascuno mantenuto
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
costante per 10, 20 minuti. Si possono eseguire prove in
avanzamento, interrompendo la trivellazione ogni 2 - 5 metri, oppure
in risalita quando la trivellazione è terminata.
La pressione nel tratto di foro in cui viene eseguita la prova è data
dalla:
Pe = Pm + γ w (H − H p )
con
Pm = pressione letta al manometro;
H = altezza della colonna d’acqua;
Hp = perdite di carico in altezza d’acqua
γw = peso specifico dell’acqua
Per un mezzo omogeneo ed uniforme, in presenza di un moto
laminare attorno al foro, il coefficiente di permeabilità è dato dalla:
k=
qγ w
CPe
con
q = portata assorbita;
Pe = pressione nel tratto di foro;
C = coefficiente di forma = 2πD
 L 2 
  − 1

 D 
2
L

L

ln
+   − 1
D

 D


dove :
D = diametro del tratto di foro di prova;
L = lunghezza del tratto di foro di prova
La permeabilità di un ammasso roccioso può essere valutata
indirettamente dalla unità di assorbimento Lugeon (U.L.). L’ U.L.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
rappresenta la portata d’acqua in litri al minuto assorbita da un tratto
di foro di lunghezza 1 m, alla pressione di 10 kg/cmq e vale circa 10-7
m/s. Il valore di U.L. indicativo della prova si ricava dal diagramma
assorbimenti-pressione, grafico che ha in ascissa l’assorbimento
espresso in litri al minuto per metro di foro e in ordinata la pressione
effettiva. Di seguito vengono elencati i casi possibili:
a)Moto di filtrazione laminare.
In questo caso i valori di UL misurati alle varie pressioni risultano
all’incirca uguali. Come valore di UL si considera la media dei valori.
b)Moto di filtrazione turbolento.
Il valore di UL calcolato per la massima pressione risulta il più basso
di tutta la serie e viene assunto come valore indicativo della prova.
c)Fenomeni di dilatazione delle fessure.
In questo caso si nota un netto aumento del valore di UL alla
massima pressione, mentre i valori misurati alle pressioni intermedie
sono all’incirca uguali. Si assume come UL indicativo il valore medio
delle UL alle pressioni basse e intermedie.
d)Fenomeni di dilavamento delle fessure.
Si osserva un aumento progressivo delle UL per tutta la durata della
prova. Come UL rappresentativo si considera quello finale, che sarà
anche quello maggiore di tutta la serie.
e)Fenomeni d’intasamento delle fessure.
Si ha nel corso della prova una progressiva diminuzione dei valori di
UL. Si assume come valore di UL indicativo quello finale, che sarà
anche il più basso della serie.
Stima della permeabilità da analisi granulometriche.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Esistono in letteratura numerose correlazioni empiriche che
permettono di stimare la permeabilità di un mezzo poroso, passando
attraverso l’analisi della curva granulometrica. Pur non potendo
sostituire le determinazioni in sito, tali formule possono essere utili
per una prima determinazione di k in terreni sabbiosi. Di seguito
vengono elencate e descritte le dieci relazioni più usate, indicando
per ognuna di essa il campo di applicabilità. Tutte, per semplicità,
vengono espresse nella forma:
K (m / s) =
g
Cφ(n )d e 2
v
dove:
g
=accelerazione di gravità=9,81 (m/s2);
v
=coefficiente di viscosità dell’acqua, variabile in funzione della
temperatura, secondo la seguente tabella:
T (°C)
V (mq/s)
0
1,78 10-6
5
1,52 10-6
10
1,31 10-6
15
1,14 10-6
20
1,01 10-6
30
0,81 10-6
50
0,55 10-6
C
= costante;
φ(n) = funzione della porosità del terreno;
de
= diametro efficace dei granuli.
Le formule presentate differiscono fra loro per i diversi valori adottati
delle grandezze C, φ(n) e d e.
Si ricorda infine che la porosità del terreno può essere stimata in
prima approssimazione attraverso la relazione empirica:
(
n = 0,255 1 + 0,83η
)
dove η= d 60/d10 è il coefficiente di uniformità del terreno.
1) Formula di Hazen.
Nella formula di Hazen le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
C
=6 10-4
φ(n) = [1 + 10(n − 0, 26)]
de
=d10
La formula è applicabile nelle seguenti condizioni:
0,1 mm < d e < 3 mm e η<5.
2) Formula di Slichter.
Nella formula di Slichter le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
C
=1 10-2
φ(n) =n3,287
de
=d10
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
0,01 mm < d e < 5 mm.
3) Formula di Terzaghi.
Nella formula di Terzaghi le grandezze da introdurre nella relazione
di calcolo di K assumono i seguenti valori:
=10,7 10-3 per sabbia con granuli arrotondati e 6,1 10-3 per
sabbia con granuli a spigoli vivi
2
 n − 0,13 

φ(n) =  3
 1− n 
de
=d10
C
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
4) Formula di Beyer.
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
Nella formula di Beyer le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
C
=6 10-4 Log10 (500/η)
φ(n) =1
de
=d10
La formula è applicabile nelle seguenti condizioni:
0,06 mm < d e < 0,6 mm e 1<η<20.
5) Formula di Sauerbrei.
Nella formula di Sauerbrei le grandezze da introdurre nella relazione
di calcolo di K assumono i seguenti valori:
=3,75 10-3
n3
=
φ(n)
(1 − n )2
de
=d17
C
La formula è applicabile nel caso di sabbie e argille sabbiose con d e
< 0,5 mm.
6) Formula di Krueger.
Nella formula di Krueger le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
=4,35 10-5
n
φ(n) = (1 − n )2
C
1/de
2
dove ∆gi è la frazione di peso del campione
di + di d
compresa fra il diametro maggiore e minore (d ig e d id) dei
granuli del passante i-esimo
= ∑ ∆gi
g
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
La formula è applicabile nel caso di sabbie medie con η>5.
7) Formula di Kozeny.
Nella formula di Kozeny le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
=8,3 10-3
n3
φ(n) = (1 − n )2
C
1/de
3 ∆gi
d i g + d id
=
+ ∑ ∆g i
dove ∆gi è la frazione di peso del
2 di
2 di g d i d
campione compresa fra il diametro maggiore e minore (d ig e
did) dei granuli del passante i-esimo
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
8) Formula di Zunker.
Nella formula di Zunker le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
C
-3
=2,4 10 per sabbie uniformi con granuli arrotondati
-3
=1,4 10 per sabbie grossolane con granuli arrotondati
-3
=1,2 10 per sabbie eterogenee
-3
=0,7 10 per sabbie eterogenee, argillose con granuli a spigoli vivi
-3
in alternativa si può inserire un valore medio di 1,55 10
 n 

φ(n) = 
 1− n 
3 ∆gi
d i g − di d
1/de
=
+ ∑ ∆gi g d
dove ∆gi è la frazione di
2 di
di d i ln d i g − ln d i d
peso del campione compresa fra il diametro maggiore e minore
(dig e d id) dei granuli del passante i-esimo
2
(
)
FORMULA GEO VER.2.0 (
 2001) – PROGRAM GEO Via Tosio, 28 25121 Brescia
La formula è applicabile nel caso di sabbie da fini a grossolane.
9) Formula di Zamarin.
Nella formula di Zamarin le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
=8,3 10-3
n3
=
(1, 275 − 1,5n)2
φ(n)
(1 − n )2
C
1/de
3 ∆gi
ln di g − ln di d
+ ∑ ∆g i
dove ∆gi è la frazione di peso del
2 di
di g − d i d
campione compresa fra il diametro maggiore e minore (d ig e
did) dei granuli del passante i-esimo
=
La formula è applicabile nel caso di sabbie grossolane.
10) Formula USBR.
Nella formula USBR le grandezze da introdurre nella relazione di
calcolo di K assumono i seguenti valori:
C
=4,8 10-4 d200,3
φ(n) =1
de
=d20
La formula è applicabile nel caso di sabbie medie con η< 5.
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
MICROZONAZIONE SISMICA
Premessa
La valutazione del rischio 1 sismico, in aree ad estensione regionale, viene
effettuata mediante la <macrozonazione sismica>, definita come
l’individuazione di aree che possano essere soggette, in un dato intervallo di
tempo, ad un terremoto di una certa intensità.
All’interno di queste aree si possono valutare, con maggior dettaglio, le
differenze di intensità massima dovute a differenti situazioni geologiche
locali attraverso procedure il cui insieme costituisce la <microzonazione
sismica>. Infatti l’esame della distribuzione dei danni prodotti da un
terremoto nello stesso territorio dimostra che le azioni sismiche possono
assumere anche a distanze di poche decine di metri caratteristiche differenti
in funzione delle diverse condizioni locali (morfologia superficiale,
morfologia del substrato roccioso sepolto, presenza e profondità della falda
freatica, costituzione e proprietà del sottosuolo, presenza di faglie).
La microzonazione sismica è volta ad individuare gli strumenti necessari a
prevedere e a mitigare (attraverso idonei criteri d’uso del territorio) gli
effetti sismici in una zona di dimensioni urbane.
1
Con rischio sismico si indica il probabile danno che un determinato sito può subire in
occasione di un sisma. In maniera analitica può essere espresso come il prodotto della
pericolosità sismica, della vulnerabilità sismica e della quantificazione economica delle
realtà danneggiate. La pericolosità sismica può essere direttamente riferita alla vibrazione
che un sito può subire durante un sisma e la vulnerabilità definisce lo stato di
conservazione del patrimonio edilizio e delle strutture sociali potenzialmente rese inattive
dal sisma. Il parametro relativo alla quantificazione delle realtà danneggiate è di
difficilissima valutazione (se non impossibile comprendendo oltre a edifici o strutture
produttive anche vite umane e valori artistici o culturali)
FORMULA GEO VER.2.0
Introduzione
In questa sezione del Manuale verranno esposte le procedure di calcolo
utilizzate all’interno del programma. Verranno quindi affrontate le
problematiche relative:
• alla caratterizzazione del sito da un punto di vista sismico;
• al calcolo del terremoto di progetto;
• alla stima degli effetti di sito, in particolare al calcolo dell’amplificazione
sismica e degli spettri di risposta elastici del terreno;
• alla valutazione dell’influenza del sisma sul comportamento meccanico
del terreno.
Gli argomenti sono stati elencati secondo quello che dovrebbe essere lo
schema operativo per l’analisi degli effetti di un terremoto su un’opera di
ingegneria. La caratterizzazione del sito consente di valutare
qualitativamente la vulnerabilità sismica dell’area indaga. Il calcolo del
terremoto di progetto permette di stimare la massima intensità sismica
prevedibile nel sito in corrispondenza di un determinato tempo di ritorno.
Combinando la caratterizzazione del sito con il terremoto di progetto è
possibile valutare in modo quantitativo o semi-quantitativo gli effetti di sito
e in particolare l’accelerazione sismica in superficie. Nota questa grandezza
si può precedere alla stima delle forze dinamiche agenti sull’opera e agli
effetti del sisma sul comportamento meccanico del terreno.
FORMULA GEO VER.2.0
Caratterizzazione del sito da un punto di vista sismico.
Caratterizzazione del terreno
Per la classificazione del sito è necessario conoscere le caratteristiche
stratigrafiche del sottosuolo dell’area indagata. In particolare devono essere
noti:
1) il numero e lo spessore degli strati di copertura, cioè dei livelli
sovrastanti il bedrock o il bedrock-like, intendendo con questi termini
l’eventuale substrato roccioso (bedrock) o uno strato sciolto (bedrocklike) con velocità delle onde S nettamente maggiore dei livelli superiori
(e generalmente con valori oltre i 500-700 m/s);
2) la velocità delle onde S negli strati di copertura;
La caratterizzazione può essere effettuata, utilizzando prove
penetrometriche dinamiche (SPT) o statiche (CPT) o attraverso la sismica a
rifrazione.
Caratterizzazione del terreno attraverso prove penetrometriche
dinamiche (SPT).
Esistono in letteratura molte formule empiriche che consentono di correlare
il valore di Nspt (numero di colpi per 30 cm di avanzamento) con la velocità
delle onde S nel terreno. Nel programma viene utilizzata la relazione di
Otha e Goto (1978), consigliata dal Manuale internazionale TC4 per la
zonazione dei rischi geotecnici. La formula, che tiene conto sia dell’età del
deposito che della sua granulometria dominante, ha la seguente espressione:
0 .17
Vs ( m / s) = 68N spt D 0. 2 EF
dove D(m) è la profondità media dello strato dal piano campagna, E è un
fattore che tiene conto dell’età del deposito (Tabella I) e F è un coefficiente
funzione della granulometria dominante dello strato (Tabella II).
Età del deposito
Fattore E
1.0
1.3
Olocene
Pleistocene
Tabella I
Granulometria dominante
Coefficiente F
FORMULA GEO VER.2.0
Argilla
Sabbia fine
Sabbia media
Sabbia grossa
Sabbia ghiaiosa
Ghiaia
1.00
1.09
1.07
1.14
1.15
1.45
Tabella II
Per la stima della velocità delle onde S nel substrato, in mancanza di dati più
precisi, come quelli derivanti dalla sismica a rifrazione, un’indicazione può
essere ottenuta dalla seguente tabella:
Litologia
Calcare
Arenaria
Dolomia
Argillite
Anidrite
Salgemma
Morena
Alluvioni
Metamorfiti di basso grado
Metamorfiti di alto grado
Rocce granitoidi e Gneiss
Basalti
Gabbri
Rocce ultrafemiche
Range Vp(m/s)
3400 - 5000
2000 - 4500
5000 - 6000
2400 - 5000
3500 - 5500
4000 - 5500
1500 - 2600
300 - 1700
3000 - 5000
5000 - 7000
4000 - 6000
5500 - 6300
6400 - 6800
7500 - 8400
La tabella fornisce la velocità delle onde P, dalla quale può essere ricavata la
Vs utilizzando la relazione:
1 − 2σ
2 − 2σ
dove σ è il coefficiente di Poisson dello strato, mediamente uguale a 0.25
nelle rocce e 0.35 nei terreni sciolti. I valori più bassi per ogni litotipo si
riferiscono al caso di maggiore fratturazione o minore addensamento.
Vs ( m / s) = V p
FORMULA GEO VER.2.0
Caratterizzazione del terreno attraverso prove penetrometriche
statiche (CPT).
Anche per le prove penetrometriche statiche esistono in letteratura delle
relazioni empiriche che collegano qc (resistenza alla punta) con la velocità
delle onde S del terreno. Nel programma viene utilizzata la formula di
Barrow e Stokoe (1983), anch’essa consigliata nel Manuale internazionale
TC4 per la zonazione dei rischi geotecnici. La relazione, valida per tutti i
tipi di terreno, ha la seguente forma:
Vs ( m / s) = α + βqc
dove α e β sono due coefficienti che valgono rispettivamente 50.6 e 2.1.
Caratterizzazione del terreno attraverso sismica a rifrazione.
Una valutazione più precisa delle velocità delle onde S negli strati di
copertura può essere effettuata attraverso stendimenti di sismica a
rifrazione. Dall’interpretazione dell’indagine sismica si ottengono i valori
delle velocità delle onde P, dalle quali, noto il coefficiente di Poisson, si
ricavano i corrispondenti valori delle velocità delle onde S con la relazione:
1 − 2σ
2 − 2σ
dove σ è il coefficiente di Poisson dello strato, mediamente uguale a 0.25
nelle rocce e 0.35 nei terreni sciolti.
Il programma Sisma consente di effettuare un’interpretazione semplificata
di uno stendimento di sismica a rifrazione, nel caso di un terreno costituito
al massimo di tre strati, con i limiti litologici aventi un’inclinazione
regolare. Per situazioni morfologiche e stratigrafiche più complesse si
raccomanda l’utilizzo di software più specifici.
Vs ( m / s) = V p
FORMULA GEO VER.2.0
Classificazione del sito
Metodo basato sulla rigidità degli strati di copertura.
Proposto da Draft (1989) e adottato nel Chinese Aseismic Design Code for
Structures, questo metodo propone una classificazione del sito basata sulla
stima di un parametro, l’indice di sito, funzione del modulo di taglio medio
e dello spessore degli strati di copertura. Il modulo di taglio medio viene
stimato con la relazione:
n
G( kPa) =
∑h
i =1
i
γi
Vsi 2
9.81
n
∑h
i =1
i
in cui:
h(m)
= spessore dello strato i-esimo;
γ(kN/mc) = peso di volume naturale dello strato i-esimo;
Vs (m/s) = velocità delle onde S dello strato i-esimo;
n
= numero degli strati di copertura.
Se lo spessore complessivo degli strati di copertura supera i 20 m vanno
presi in considerazione nel calcolo solo i livelli fino a tale profondità.
Secondo questo metodo va considerato come bedrock o bedrock-like
qualsiasi livello con velocità delle onde S superiore a 500 m/s.
L’indice di sito viene quindi calcolato con la formula:
µ = 0.6 µg + o.4µh
dove µ g è il contributo del modulo di taglio medio all’indice di sito ed è
fornito dalla relazione:
Se G>30000 kPa;
µg = 1 − exp − 0.66(G − 30000)10 −5
Negli altri casi;
µg = 0
[
]
e µh è il contributo dovuto allo spessore della copertura ed è dato dalla
relazione:
2
µh = exp − 0.916(H − 5 ) 10 −2
[
]
FORMULA GEO VER.2.0
Se H>80 m
µh = 0
Se H≤5 m
µh = 1
Dove H è lo spessore complessivo della copertura.
Nel caso in cui sia G>500000 kPa e contemporaneamente H≤5 m bisogna
porre µh =µg=1.
La classificazione del sito si ottiene dalla seguente tabella:
Tipo di sito
Indice di sito
Rigido
1>µ>0.9
Med. rigido
0.9>µ>0.3
Med. soffice
0.3>µ>0.1
Soffice
0.1>µ>0
In generale il fenomeno dell’amplificazione sismica si accentua al diminuire
dell’indice di sito.
Metodo basato sulla velocità delle onde S negli strati di copertura.
Proposto dal Chinese Aseismic Design Code for Structures, questo metodo
propone una classificazione del sito basata sia sulla velocità media delle
onde S nella copertura sia sullo spessore complessivo della stessa. Lo
spessore della copertura viene calcolato partendo dal tetto del primo strato
incontrato, dalla superficie, con velocità delle onde S superiore a 500 m/s.
Nello schema seguente sono indicate le quattro classi di sito previste dal
metodo.
FORMULA GEO VER.2.0
In generale il fenomeno dell’amplificazione sismica si accentua passando
dalla classe I alla classe IV.
FORMULA GEO VER.2.0
Metodo previsto dall’Eurocodice 8.
Anche nell’Eurocodice 8 è prevista una classificazione del sito in funzione
sia della velocità delle onde S nella copertura che dello spessore della stessa.
Vengono identificate tre classi, la A (a sua volta suddivisa in due sottoclassi,
la A1 e la A2), la B e la C, ad ognuna delle quali è associato uno spettro di
risposta elastico. Lo schema indicativo di riferimento per la determinazione
della classe del sito è il seguente:
In generale il fenomeno dell’amplificazione sismica diventa più accentuato
passando dalla classe A1 alla classe C.
FORMULA GEO VER.2.0
Valutazione del sisma di progetto.
La valutazione del terremoto di progetto, cioè dell’evento sismico di
riferimento rispetto al quale effettuare il dimensionamento dell’opera, può
essere eseguita con metodologie diverse. Nel programma Sisma viene
adottato un approccio probabilistico-statistico, quello di Gumbel, per
ottenere la massima accelerazione di picco prevedibile nel sito per un
determinato tempo di ritorno. Quella che segue è la procedura da utilizzare.
1) Dal Catalogo Sismico si estraggono gli eventi sismici con epicentro
ricadente all’interno di un’area di 200-300 km di lato (2-3 gradi di
latitudine e longitudine circa) centrata sul sito indagato.
2) Si trasformano i valori di intensità sismica degli eventi selezionati nei
corrispondenti valori di magnitudo con la relazione, consigliata dal
I + 1.93
G.N.D.T., M =
.
1.78
3) Si calcola la distanza di ogni singolo epicentro dal sito indagato e
quindi, applicando, una delle leggi di attenuazione sismica disponibili in
letteratura, si stima il moto sismico nel sito per ognuno degli eventi.
4) Si ordinano i valori di accelerazione (A) ricavati nel sito per ogni evento
sismico in ordine crescente, attribuendo il numero 1 al valore massimo,
il valore N a quello minimo.
5) Si calcolano gli N rapporti Pi = i / (N + 1), con i compreso fra 1 e N.
Questi rapporti indicano la probabilità che il corrispondente valore di A
non venga raggiunto o superato. I valori di Pi ricavati permettono di
definire la scala dei tempi di ritorno Ti = 1 / (1 - Pi).
6) Si riportano le N coppie di valori (Ti, Ai ) in un diagramma
semilogaritmico (l’ asse X - l’asse dei tempi di ritorno - va costruito in
scala logaritmica), interpolando fra i punti una retta: il diagramma
consente di ricavare il valore di A per qualsiasi tempo di ritorno.
Fra le leggi di attenuazione sismica più usate in letteratura segnaliamo le
seguenti:
Crespellani et al.:
I mcs = 6.39 + 1.756 M − 2.746 ln ( R + 7 )
dove I è l’intensità sismica nel sito, R è la distanza ipocentrale in km e M la
magnitudo del sisma;
Pugliese e Sabetta:
FORMULA GEO VER.2.0
Log10 A( g ) = −1.845 + 0.363M − Log 10 D 2 + 25 + 0.195 S
dove D è la distanza epicentrale in km e S è un coefficiente uguale a 0 per
siti con copertura profonda e 1 per terreni con copertura superficiale;
Tento et al.:
ln( A)( gal ) = 4.73 + 0.52 M − 0.00216R − ln( R) ;
Chiaruttini e Siro:
Log10 ( A)( gal ) = −0.20 + 0.36 M − 0.71Log10 (D ) + 0.19 ;
Kawashima:
A( gal ) =
a10bM
(D + 30)1.218
dove:
Litologia
Depositi consolidati
Depositi medio consolidati
Depositi soffici
a
987,4
232,5
402,8
b
0,216
0,313
0,265
Branno et al.:
I mcs = I 0 + 2.70 − 0.02 D − 2.70 Log10 ( D + 10)
dove I0 è l’intensità sismica epicentrale.
Si noti che alcune di queste relazioni forniscono il moto atteso nel sito
espresso in accelerazione di picco mentre altri come intensità sismica. E’
possibile comunque ricavare l’accelerazione sismica corrispondente ad un
dato valore di intensità sismica, applicando la relazione di Cancani-Sieberg:
I
−1 .0
A( gal ) = 10 3
ricordando che 1 gal=1 cm/s2 e che quindi per passare da un valore di A
misurato in gal a uno espresso in g bisogna dividere per 980.7.
Si noti infine che alcuni di questi metodi calcolano direttamente il moto in
superficie, comprendendo quindi anche gli effetti di amplificazione dovuti
alle caratteristiche della copertura.
FORMULA GEO VER.2.0
Stima dell’amplificazione sismica.
Fattori geomorfologici e stratigrafici locali possono modificare le
caratteristiche del moto sismico, filtrando le onde nel passaggio dal bedrock
alla superficie. L’effetto di filtraggio conduce ad una ridistribuzione
dell’energia con l’amplificazione del moto vibratorio associato ad alcune
frequenze. Esistono diverse metodologie per la stima dell’amplificazione
sismica in superficie. Alcune sono basate sull’uso di modelli numerici
sofisticati, che hanno portato allo sviluppo di programmi di calcolo
utilizzabili per valutare gli effetti di sito sia in condizioni mono (SHAKE)
che bidimensionali (FLUSH e QUAD4). Si tratta però di modelli che
richiedono un input accurato, sia per quanto riguarda le caratteristiche
geotecniche del terreno, sia per quanto riguarda il moto sismico di
riferimento e quindi spesso di difficile applicabilità. Sono note in letteratura
però metodologie più speditive, basate sulle caratteristiche lito-stratigrafiche
del sito e sulla stima della velocità delle onde S nei livelli di copertura. Si
tratta di metodi di analisi di II livello, secondo la definizione data nel
Manuale Internazionale TC4, ad esclusione del metodo di Barosh, che
rientra fra quelli di livello I. E’ possibile distinguere queste metodologie in
tre categorie:
• metodi basati sulle caratteristiche geologiche e goemorfologiche del
sito;
• metodi basati sulla stima della velocità delle onde S nella copertura;
• metodi basati sulle caratteristiche lito-stratigrafiche del sito.
Metodi basati sulle caratteristiche geologiche e geomorfologiche del
sito.
Si tratta di metodologie semplificate per una valutazione esclusivamente
qualitativa dell’amplificazione sismica basate sulle caratteristiche
geologiche e geomorfologiche del sito.
Metodo degli scenari di Barosh (1969)
Sulla base di osservazioni strumentali, Barosh(1969) ha proposto ventisei
scenari geologici, scelti fra i più diffusi, distinti in base alle loro
FORMULA GEO VER.2.0
caratteristiche litologiche, idrogeologiche e geomorfologiche, abbinando ad
ognuno di essi un intervallo d'incremento d'intensità sismica.
Il vantaggio dell'uso di questi schemi è nella possibilità di ottenere
rapidamente un valore numerico dell'incremento d'intensità semplicemente
confrontandoli con la situazione osservata in campagna. I principali
svantaggi risiedono nel fatto che non tutte le possibili combinazioni dei
fattori
litologia, idrogeologia e geomorfologia
sono prese
in
considerazione e nella eccessiva dispersione degli intervalli d'incremento
legati ad alcuni scenari ( 2 o più gradi).
FORMULA GEO VER.2.0
FORMULA GEO VER.2.0
FORMULA GEO VER.2.0
Metodi basati sulla stima della velocità delle onde S nella copertura.
Si tratta di metodologie che forniscono il valore del fattore di amplificazione
spettrale di picco (Medvedev e Midorikawa) o in un determinato intervallo
di periodi di oscillazione (Borcherdt et al.), attraverso correlazioni
empiriche fra il fattore di amplificazione e l’impedenza sismica (Medvedev)
o più semplicemente la velocità delle onde S negli strati copertura.
Metodo di Medvedev (1960)
E’ una procedura di calcolo derivante da correlazioni empiriche determinate
da Medvedev sulla base di registrazioni di eventi sismici in ambiti geologici
differenti. Nella sua impostazione originaria, il metodo è applicabile solo in
aree pianeggianti e tiene conto nella risposta sismica dell'influenza dei soli
fattori litologia e idrogeologia.
Fondamentale in questo metodo è la definizione della grandezza impedenza
sismica ( o rigidità sismica), data dal prodotto:
R(t / mqs ) = γVs
con
γ (t/mc) = peso di volume del materiale;
Vs (m/s) = velocità delle onde S nel materiale.
Assunto come livello di riferimento il substrato roccioso o, se assente, un
livello con Vs >700 m/s (bedrock-like), l'incremento d'intensità sismica
che si produce al passaggio dell'impulso sismico da questo livello alla
superficie, passando attraverso terreno di copertura è dato da:
n1 = 1.67 ln
R
R'
con
R' = impedenza sismica del terreno di copertura;
R = impedenza sismica del bedrock.
FORMULA GEO VER.2.0
Nel caso di terreno di copertura stratificato il termine R' sarà dato dalla
media pesata delle impedenze sismiche dei singoli strati:
n
R' =
∑γ H
i
i =1
i
H tot
con
n= numero di strati presenti nella copertura;
γi(t/mc)=peso di volume dello strato i-esimo;
Hi(m) = spessore dello strato i-esimo;
Htot (m) = spessore totale della copertura.
La presenza di falde idriche può portare secondo Medvedev ad un ulteriore
incremento d'intensità, secondo la relazione:
n 2 = e −0. 04 H
2
con
e = numero di Nepero;
H (m) = profondità dal piano campagna della falda più superficiale;
In formulazioni più recenti però, per tener conto della possibile presenza
di falde artesiane o sospese, la relazione è stata così modificata:
n 2 = e −0 .04 H − e −0. 04 B
2
con
B (m)
2
= profondità dal piano campagna della base dello strato acquifero;
Alcuni Autori hanno proposto di introdurre nella relazione classica di
Medvedev due ulteriori fattori, che tengano conto della morfologia del sito e
della geometria del substrato:
n 3 = 1 + Log10 (1 + sen β )
n 4 = 1 + Log10 (1 + sen α)
FORMULA GEO VER.2.0
con
β = inclinazione media del pendio;
α = inclinazione media del substrato di riferimento (α=90° in presenza di
una faglia).
Il fattore di amplificazione sismica è quindi fornito dalla relazione:
Fa = [1 + Log10 (n1 + n2 )](n 3 n 4 )
ed il valore dell’accelerazione di picco in superficie è dato dalla:
a max ( g ) = a bedrock Fa
dove a bedrock è l’accelerazione sismica nel bedrock.
Si ritiene comunque che la validità dei fattori n3 e n4 non sia ancora stata
comprovata a sufficienza da dati sperimentali e quindi si suggerisce di
usarli con cautela.
Metodo di Midorikawa (1987)
Si tratta di un metodo consigliato nel Manuale TC4 per microzonazioni di II
livello. Il fattore di amplificazione relativa per il picco di accelerazione è
fornito dalla relazione:
−0. 6
Fa = 68Vs
per Vs<1100 m/s
Fa = 1 per Vs≥1100 m/s
dove Vs è la velocità media delle onde S degli strati fino ad una profondità
massima di 30 metri. Questo vuol dire che nel caso il bedrock, qui
individuato da una velocità limite di 1100 m/s, si trovi ad una profondità
superiore a 30m, va considerata solo la media delle velocità degli strati
compresi fra le profondità 0 e 30 m.
Il valore dell’accelerazione di picco in superficie è dato dalla:
a max ( g ) = a bedrock Fa
FORMULA GEO VER.2.0
dove a bedrock è l’accelerazione sismica nel bedrock.
Questo metodo non tiene conto degli effetti di amplificazione dovuti a
irregolarità topografiche o del substrato.
Metodo di Borcherdt et al. (1991)
Si tratta anche in questo caso di un metodo consigliato nel Manuale TC4 per
microzonazioni di II livello. Il fattore di amplificazione calcolato è quello
medio relativo all’intervallo di periodi di oscillazione 0.4-2 s (AHSA) e non
quello del picco di accelerazione. La relazione di calcolo è la seguente:
700
per weak motion
Vs
600
=
per strong motion
Vs
FAHSA =
FAHSA
Il valore dell’accelerazione sismica media in superficie nell’intervallo di
periodo di oscillazione 0.5-2 s è dato dalla:
a AHSA ( g ) = abedrock Fa
dove a bedrock è l’accelerazione sismica nel bedrock.
La dicitura weak motion e strong motion serve ad indicare eventi sismici di
intensità debole(indicativamente fino al grado VII della scala MCS) e forte
(uguale o superiore al grado VII). In questo metodo il bedrock è identificato
dal primo strato, partendo dalla superficie, con velocità delle onde S
superiore o uguale a 700 m/s (weak motion) o a 600 m/s (strong motion).
Metodi basati sulle caratteristiche lito-stratigrafiche del sito.
Si tratta di metodologie che consentono di stimare l’amplificazione sismica
esclusivamente sulla base delle caratteristiche litologiche (tipo di deposito e
grado di addensamento o consistenza) e stratigrafiche (spessore della
copertura) del sito. L’output viene presentato sotto forma di Spettro di
Risposta
Elastico,
che
fornisce
la
rappresentazione
grafica
dell’accelerazione sismica in superficie in funzione del periodo di
oscillazione. Un impulso sismico può essere visto come la somma di un
FORMULA GEO VER.2.0
certo numero di onde elastiche, ognuna con frequenza ed ampiezza di
oscillazione ben definita. Il passaggio del treno d'onde dal bedrock agli
strati superficiali produce, come si è visto, un amplificazione dell'impulso
sismico. Questa amplificazione del moto sismico non si manifesta in
maniera identica in tutto lo spettro delle frequenze, ma tende a
concentrarsi in intervalli ben delimitati. E' stato evidenziato inoltre che
l'amplificazione maggiore cade spesso nell'intervallo di periodo 0 - 1 s ( si
ricorda che T (periodo) = 1 / f(frequenza) ).
Un edificio sottoposto a sollecitazione sismica entra in oscillazione con un
periodo che dipende dalle sue caratteristiche strutturali e geometriche.
Esistono più modalità di vibrazione, ma nei casi più frequenti viene preso
in considerazione solo il primo modo (T0).
Negli edifici in muratura T0 è dato da:
T 0( s ) = 0.06
H
B
H
2B + H
con
H (m) = altezza dell'edificio;
B (m) = larghezza dell'edificio;
mentre negli edifici intelaiati in cemento armato corrisponde a:
H
.
B
L'importanza dello Spettro di Risposta Elastico del terreno deriva dal fatto
che se, durante un evento sismico, il terreno vibra con periodo che
corrisponde a T0, l'edificio entra in risonanza e subisce un’accelerazione
sismica data dal valore di a(g) letto in ordinata nello spettro in
corrispondenza del periodo T0.
T 0( s ) = 0.1
Spettro di risposta elastico secondo il D.M. 16.01.1996.
Secondo la Normativa vigente lo spettro di risposta elastico del terreno può
essere espresso dalla relazione:
FORMULA GEO VER.2.0
a ( g ) = CIβεR .
C è il coefficiente di intensità sismica espresso dalla relazione:
S − 12
C=
100
in cui S è il grado di sismicità dell’area indagata. La variabile S, nella
tripartizione effettuata dal Legislatore dei Comuni dichiarati sismici,
assume i seguenti valori (in riferimento alle vecchie categorie sismiche):
Vecchie Categorie
ex I
ex II
di nuova istituzione
Grado di sismicità (S)
12
9
6
Quindi i coefficienti sismici assumono nei tre casi i seguenti valori:
S
C
12
9
6
0.10
0.07
0.04
I è il coefficiente di protezione sismica, che esprime l'importanza sociale
dell'opera ed i rischi connessi ad un suo danneggiamento. Per le opere la cui
resistenza al sisma è di primaria importanza per le necessità di protezione
civile si assume I=1.4. Per le opere che presentano un particolare rischio per
le loro caratteristiche d’uso si considera I=1.2. Infine, per le opere che non
rientrano in queste due categorie si pone I=1.
La grandezza β, coefficiente di struttura, introduce l'influenza delle
caratteristiche strutturali nella risposta dell'edificio alle sollecitazioni
sismiche. Normalmente viene posto uguale a 1, tranne nel caso in cui nella
struttura dell’edificio vi siano elementi irrigidenti verticali e su quest’ultimi
si distribuiscano prevalentemente le azioni orizzontali.
Il parametro ε, coefficiente di fondazione, ha lo scopo di introdurre gli
eventuali effetti di amplificazione sismica dovuti alle caratteristiche litostratigrafiche del terreno di copertura. In presenza di stratigrafie
caratterizzate da depositi sciolti di spessore variabile da 5 a 20 m,
FORMULA GEO VER.2.0
soprastanti terreni coesivi o litoidi con caratteristiche meccaniche
significativamente superiori, si assume un valore di 1.3. Negli altri casi si
pone ε=1. Per una scelta meno soggettiva del valore di ε da adottare può
essere utile il criterio di Carrara e Rapolla (1987), che propongono di legare
la variazione di ε al parametro impedenza sismica (o rigidità sismica) del
terreno di fondazione (cioè del pacco di strati di terreno compresi entro la
profondità dove viene risentito il sovraccarico). Il coefficiente di
fondazione in funzione dell'impedenza sismica I si ottiene come segue:
per I (t/mq s) ≥ 1500
ε = 1;
per 100 < I (t/mq s) < 1500 ε = 1.81-0.11 ln(R);
per I (t/mq s) ≤100
ε = 1.3;
Si può quindi scegliere di adottare un valore di ε uguale a 1 o a 1.3 a
seconda del risultato ottenuto applicando il criterio.
R infine è il coefficiente di risposta sismica. Per esso si assume il seguente
andamento:
per T(s) ≤ 8 R(T) = 1;
per T(s) > 8 R(T) = 0.862/T2/3 .
FORMULA GEO VER.2.0
Spettro di risposta elastico secondo il G.N.D.T..
Il Gruppo Nazionale di Difesa dai Terremoti, nella sua proposta di
normativa per le costruzioni in zona sismica del 1985, definisce lo spettro di
risposta elastico del terreno con le relazioni:
a ( g ) = Pa picco
R
K
;
Il parametro apicco corrisponde all’accelerazione sismica di picco nel
bedrock, ricavabile dalla seguente tabella, in funzione della categoria
sismica in cui ricade il sito:
apicco(g)
S
12
0.35
9
0.25
6
0.15
R è la funzione di amplificazione della risposta rispetto all’accelerazione nel
bedrock ed il suo andamento dipende dalle caratteristiche lito-stratigrafiche
del sito, secondo le seguenti espressioni:
R −1
R =1+ 0
T per 0≤T≤T1
T1
R = R0 per T1 ≤T≤T0
R=
R0
T

 T0



r
per T0 ≤T
Le grandezze R0 , T1 , T0 e r sono legate alle caratteristiche litologiche e
stratigrafiche del sito.
A questo proposito sono state individuate due possibili tipologie di terreno,
ognuna caratterizzata da una risposta sismica differente.
Terreno di tipo S1
a) Roccia lapidea, con eventuale strato superficiale di alterazione o
copertura di spessore massimo uguale a circa 5 metri, o altro materiale
FORMULA GEO VER.2.0
caratterizzato da velocità delle onde Vs superiore a 700 m/s entro la
profondità d'interesse per le fondazioni dell'edificio.
b) Depositi di sabbie e ghiaie addensate e/o terreni coesivi compatti, senza
un substrato a forte contrasto di proprietà meccaniche entro i primi 90 m
circa dalla superficie, caratterizzati da un aumento graduale delle velocità Vs
con la profondità, con valori medi compresi nella fascia 250-500 m/s per
profondità da 5 a 30 m, e nella fascia 350-700 m/s per profondità maggiori.
Terreni di tipo S2
a) Depositi sciolti profondi, da poco a mediamente addensati, caratterizzati
da velocità medie Vs inferiori a 250 m/s a profondit comprese fra 5 e 30 m
ed inferiori a 350 m/s a profondità maggiori.
b) Depositi di terreno prevalentemente sabbiosi o argillosi, con spessore
compreso fra 30 e 90 m e velocità medie Vs inferiori a 500 m/s, poggianti su
un substrato roccioso a forte contrasto di proprietà meccaniche (Vs dell'
ordine di 1000 m/s o più).
Le grandezze R0 , T1 , T0 e r sono ricavabili dalla seguente tabella:
Terreno
T1
T0
r
S1
0.10
0.35
1
S2
0.15
0.80
1
R0
2.5
2.2
P è un fattore correttivo per tenere conto dell’eventuale inclinazione del
pendio. P è dato da:
P = 1 + 1.5 i;
con i = inclinazione del pendio in radianti.
Se P risultasse superiore a 1.3 si ponga P=1.3.
K infine è un coefficiente dipendente dalle caratteristiche strutturali
dell'edificio ed posto uguale generalmente a 3.
FORMULA GEO VER.2.0
Lo spettro di risposta così elaborato è riferito ad un coefficiente di
smorzamento viscoso (ν) del 5%. Nel caso di valori differenti di ν le
ordinate del grafico andranno moltiplicate per il fattore (5/ν).
Spettro di risposta elastico secondo la proposta di Pugliese e
Sabetta.
Sulla base delle registrazioni effettuate dalla rete accelerometrica ENEAENEL relative a 17 terremoti di magnitudo compresa fra 4.6 e 6.8, Pugliese
e Sabetta (1989) hanno proposto alcuni spettri di risposta elastici in funzione
delle caratteristiche geologiche dell'area indagata. In particolare sono stati
individuati tre profili di terreno tipo.
Terreno tipo a
Substrato rigido (Vs>800 m/s) affiorante o sub-affiorante (copertura
inferiore a 5 metri).
Terreno tipo b
Depositi sciolti (ghiaie, sabbie, limi e argille) con substrato rigido a
profondità compresa fra 5 e 20 metri.
Terreno tipo c
Depositi sciolti con substrato rigido a profondità superiore ai 20 metri.
Il modello richiede come input la distanza epicentrale o della faglia e la
magnitudo del sisma. La distribuzione spettrale è data dalla relazione:
ln(PSV) = a + b M - ln(R2 + h2 ) + e1 S1 + e2 S2;
con
PSV (cm/s) = ordinata dello spettro di pseudovelocità;
M = magnitudo del sisma;
R (km) = distanza epicentrale o della faglia;
a,b,h,e1,e2 = coefficienti di regressione (vedi tabelle A e B).
S1,S2 = variabili uguali a 1 per terreni di tipo b) e c) e uguali a 0 per
terreni di tipo a).
Tabella A
FORMULA GEO VER.2.0
Coefficienti di regressione basati sulla distanza di faglia per 14
frequenze di riferimento.
f (Hz)
0.25
0.33
0.50
0.67
1.00
1.33
2.00
2.50
3.33
5.00
6.67
10.00
15.00
25.00
a
2.400
2.170
1.800
1.510
1.120
0.850
0.400
0.077
0.400
0.550
0.500
0.290
0.035
0.505
b
0.685
0.675
0.650
0.620
0.570
0.530
0.455
0.400
0.315
0.273
0.255
0.245
0.255
0.273
e1
0.000
0.000
0.000
0.010
0.050
0.120
0.220
0.210
0.165
0.130
0.130
0.130
0.130
0.130
e2
0.130
0.151
0.184
0.210
0.242
0.232
0.156
0.015
0.065
0.000
0.000
0.000
0.000
0.000
h
2.1
2.5
3.1
3.5
1.0
4.4
5.0
5.3
5.7
6.3
6.7
7.3
7.2
5.8
Tabella B
Coefficienti di regressione
frequenze di riferimento.
f (Hz)
0.25
0.33
0.50
0.67
1.00
1.33
2.00
2.50
3.33
a
2.500
2.250
1.900
1.647
1.280
1.000
0.595
0.281
0.100
basati sulla distanza epicentrale per 14
b
0.725
0.715
0.687
0.660
0.612
0.570
0.500
0.445
0.337
e1
0.000
0.000
0.000
0.010
0.050
0.120
0.230
0.222
0.185
e2
0.100
0.108
0.150
0.175
0.208
0.190
0.124
0.078
0.020
h
2.6
3.0
3.6
4.0
4.4
4.7
5.0
5.2
5.4
FORMULA GEO VER.2.0
5.00
6.67
10.00
15.00
25.00
0.296
0.222
0.019
0.312
0.817
0.323
0.310
0.304
0.304
0.330
0.161
0.161
0.161
0.161
0.161
0.000
0.000
0.000
0.000
0.000
5.7
5.9
6.2
6.3
4.7
In termini di pseudo-accelerazioni (PSA) si ha:
PSA(f) (g) = PSV 2 π f / g;
con
f (1/s) = frequenza di oscillazione;
g (cm/s2 ) = accelerazione di gravità = 981;
Il metodo è applicabile per magnitudo comprese fra 4.5 e 7 e per distanze
epicentrali o di faglia minori di 200 km. Inoltre si raggiunge una precisione
maggiore utilizzando la distanza di faglia, se è nota, al posto di quella
epicentrale. A differenza del metodo ministeriale e di quello G.N.D.T. in
questo caso è necessario fissare il sisma di riferimento, indicando la
magnitudo e la distanza epicentrale o di faglia.
Spettro di risposta elastico secondo l’Eurocodice 8.
Nell’Eurocodice 8 (CEN, 1994) viene proposto uno spettro di risposta
elastico caratterizzato dal seguente andamento:
 T

a ( g ) = a bedrock S 1 + (ηβ0 − 1) per 0≤T<Tb
 Tb

a ( g ) = abedrock Sηβ0 per Tb≤T<Tc
k1
T 
a ( g ) = abedrock Sηβ0  c  per Tc≤T<Td
T
T
a ( g ) = a bedrock Sηβ0  c
 Td
k1
  Td 
  
 T 
k2
per Td≤T.
FORMULA GEO VER.2.0
La grandezza abedrock esprime l’accelerazione di picco nel bedrock.
Il parametro η è il fattore di correzione per lo smorzamento viscoso ed è
dato da:
 7 
η= 
 ≥0.7.
2 +ξ
0. 5
Gli altri parametri sono funzione delle caratteristiche litologiche e
stratigrafiche del sito, secondo la seguente tabella:
Terreno
S
K1
K2
Tb
Tc
Td
β0
A
1.0
2.5
1.0
2.0
0.10
.040
3.0
B
1.0
2.5
1.0
2.0
0.15
0.60
3.0
C
0.9
2.5
1.0
2.0
0.20
0.80
3.0
Le classi A, B e C si riferiscono alla classificazione del sito da un punto di
vista stratigrafico e litologico secondo l’Eurocodice 8 (vedi capitolo 4.3.2).
Anche in questo caso viene richiesta l’adozione di un sisma di progetto, cioè
la quantificazione dell’accelerazione di picco prevedibile nel bedrock.
FORMULA GEO VER.2.0
Effetti delle sollecitazioni sismiche sui terreni di fondazione
e sulle opere di sostegno
Variazioni della resistenza al taglio
Occorre distinguere fra terreni di fondazione incoerenti e coesivi. Nel primo
caso è fondamentale, per prevedere il comportamento del terreno sottoposto
ad azione sismica, conoscere il parametro densità relativa (Dr) del terreno.
Un terreno molto addensato (Dr%≥70) sottoposto a sollecitazioni di taglio
tende ad aumentare di volume (fenomeno di dilatanza) fino a raggiungere un
valore dell'indice dei vuoti critico, oltre il quale cessa l'incremento di
volume. La densità relativa del materiale in corrispondenza dell'aumento di
volume diminuisce e l'angolo di resistenza al taglio (ϕ), che è legato
direttamente al della Dr%,, tende anch'esso ad abbassarsi.
Per la valutazione della variazione quantitativa di ϕ, si può fare riferimento
alle proposte di Vesic e Sano. Il primo propone, sempre che la Dr% sia
maggiore di 70, di tenere conto degli effetti sismici semplicemente
diminuendo di 2° l'angolo di resistenza al taglio.
ϕ (°) = ϕ - 2;
con
ϕ (°) = angolo di resistenza al taglio in condizioni statiche.
Il secondo propone una relazione più complessa e cautelativa, che lega la
diminuzione di ϕ all'intensità della sollecitazione sismica:
ϕ (°) = ϕ - arctang( C / 1.4142);
con
C = coefficiente d'intensità sismica, ricavabile dalla Normativa vigente o,
secondo l’Eurocodice 8, ponendolo uguale 0.5apicco, dove apicco è
l’accelerazione sismica di picco.
FORMULA GEO VER.2.0
Nei terreni di fondazione coesivi, in cui la resistenza al taglio è espressa
in condizioni drenate da un angolo di resistenza al taglio e da una
coesione (drenata) ed in condizioni non drenate dalla sola coesione (non
drenata), è stato dimostrato (Carrol, 1963) che l'azione sismica non produce
variazioni negative nelle caratteristiche meccaniche.
Calcolo della spinta attiva delle terre in condizioni dinamiche.
La spinta attiva del terreno in condizioni dinamiche è fornita dalla seguente
relazione.
Sd =
dove:
γ=
H=
K=
Sws=
Swd=
kv =
1
γ (1 ± k v )KH 2 + S ws + S wd
2
Peso di volume del terreno;
Altezza del muro;
Coefficiente di spinta attiva in condizioni dinamiche;
Spinta dell’acqua in condizioni statiche;
Forze idrodinamiche;
Coefficiente sismico verticale, da porre uguale, secondo l’Eurocodice
8 a 0.5apicco , dove apicco è l’accelerazione sismica di picco.
Il valore di K può essere ricavato con la relazione di Mononobe-Okabe:
K=
cos 2 (ϕ − ϑ − β)

sen (ϕ + δ ) sen (ϕ − ϑ − ε) 
cos ϑcos βvos(δ + β + ϑ) 1 +

cos(δ + β + ϑ) cos (ε − β ) 

2
dove:
ϕ= Angolo di resistenza al taglio del terreno;
δ= Angolo di attrito terra-muro;
ε= Inclinazione del pendio a monte rispetto all’orizzontale;
β= Inclinazione del paramento interno rispetto alla verticale;
2
FORMULA GEO VER.2.0

−1  k h

tan
θ=
 1 − k  .

v 
Dove kh è il coefficiente sismico orizzontale posto uguale all’accelerazione
sismica di picco.
Per quanto riguarda la spinta dell’acqua, oltre alla componente statica data
dalla:
S ws = 0.5γ w H w
dove:
γw=
Hw=
2
Peso di volume dell’acqua;
Altezza dell’acqua rispetto alla base del muro;
occorre considerare anche il contributo dovuto alle forze idrodinamiche.
L’angolo θ, in presenza di falda, deve essere corretto come segue:
 γ
kh
ϑ = tan −1 
 γ − γ w 1 − kv



Nel caso ci si trovi in condizioni di drenaggio impedito (condizioni
dinamiche impermeabili) S wd viene posto uguale a 0. Nel caso il drenaggio
non sia impedito (condizioni dinamiche permeabili) S wd è dato dalla
relazione:
S wd =
7
γ w kh H w 2 .
12
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (copyright 2001)
LIQUEFAZIONE DEI TERRENI IN CONDIZIONI
SISMICHE
Premessa e generalità.
I fenomeni di liquefazione che interessano i depositi sabbiosi saturi
dipendono da:
• proprietà geotecniche dei terreni
• caratteristiche delle vibrazioni sismiche e loro durata
• genesi e storia geologica dei terreni
• fattori ambientali
Un terreno incoerente saturo, in assenza di sollecitazioni sismiche è soggetto
soltanto alla pressione litostatica, dovuta al peso dei sedimenti sovrastanti
(in campo libero e con superficie piana).
Durante una sollecitazione sismica vengono indotte nel terreno delle
sollecitazioni cicliche di taglio, dovute alla propagazione delle onde
sismiche verso la superficie, mentre la pressione litostatica resta costante.
Per tutta
la durata della scossa ogni elemento di terreno soggetto ad una serie di
sforzi tangenziali che cambiano ripetutamente verso ed ampiezza.
Nel terreno si possono generare fenomeni di liquefazione se la scossa
sismica produce un numero di cicli tale da far si che la pressione
interstiziale uguagli la pressione di confinamento. Nei depositi la pressione
di confinamento aumenta con la profondità, mentre l'ampiezza dello sforzo
di taglio indotto dal sisma diminuisce. La resistenza alla liquefazione quindi
è maggiore con la profondità. Quindi, maggiore è la durata di un terremoto
più alta è la possibilità che si arrivi (maggior numero di cicli) alla
liquefazione. Inoltre, maggiore è l'ampiezza della vibrazione e della
deformazione indotta e minore è il numero di cicli necessari per giungere a
tale condizione.
Il terreno può essere però soggetto a sforzi di taglio statici dovuti alla
presenza di strutture in superficie o alla sua particolare posizione (per es. al
di sotto di un versante). In questo caso l'instaurarsi del fenomeno della
FORMULA GEO VER.2.0
liquefazione dipende, oltre che dalle caratteristiche del sisma, anche dal
rapporto che si stabilisce tra le tensioni di taglio indotte da quest'ultimo e
quelle statiche preesistenti al terremoto.
La probabilità che un deposito raggiunga le condizioni per la liquefazione
dipende anche dallo stato di addensamento, dalla composizione
granulometrica, dalle condizioni di drenaggio, dalla storia delle
sollecitazioni sismiche e dall'età del deposito stesso.
Tanto minore è il grado di addensamento del materiale (elevato indice dei
vuoti e bassa densità relativa) tanto maggiore è la probabilità che, a parità di
altre condizioni, un deposito raggiunga lo stato di liquefazione.
Anche la distribuzione, la forma delle particelle e il grado di uniformità
influenzano notevolmente il fenomeno, per le implicazioni che questi fattori
hanno sulla resistenza al taglio e per il modo di dissiparsi della pressione
interstiziale in eccesso.
Per quanto riguarda la storia delle sollecitazioni sismiche su un deposito di
può affermare che precedenti deformazioni moderate influiscano
positivamente sulla resistenza del deposito, mentre una storia caratterizzata
da alti livelli di deformazione (deposito già soggetto a liquefazione) ha
effetti
negativi sul potenziale di riliquefazione.
I depositi sabbiosi con più alto potenziale di liquefazione sono i più recenti.
A parità di composizione e di altre condizioni lo stesso deposito, se più
antico, avrà sviluppato legami intergranulari e cementazioni sempre più forti
con il tempo. Inoltre la struttura di un deposito antico sarà resa più stabile e
omogenea per gli effetti delle vibrazioni indotte da precedenti terremoti di
piccola entità.
FORMULA GEO VER.2.0
Introduzione.
Per liquefazione di un terreno s'intende il quasi totale annullamento della
sua resistenza al taglio con l'assunzione del comportamento meccanico
caratteristico dei liquidi.
Se si esprime la resistenza al taglio attraverso la relazione di Coulomb:
τ = c + (σv 0 − u ) tan ϕ
con:
c = coesione del terreno
σv0 = pressione litostatica totale agente alla profondità d'indagine
u = pressione interstiziale dell'acqua
ϕ= angolo di resistenza al taglio del terreno,
È evidente che la grandezza <τ> si può annullare solo nel caso in cui siano
verificate le condizioni:
a) c = 0;
b) (σv0 - u) = 0;
(il caso ϕ = 0 non ha importanza pratica, perché può verificarsi solo in
terreni coesivi in condizioni non drenate, dove però la condizione <c=0>
non può ovviamente verificarsi).
La condizione a) vieta che il fenomeno della liquefazione possa verificarsi
in terreni coesivi o incoerenti ma con una significativa frazione argillosa o
limosa plastica.
La condizione b) si verifica, quando la pressione interstiziale uguaglia la
pressione totale esercitata ad una data profondità dalla colonna di terreno
sovrastante e dagli eventuali sovraccarichi presenti in superficie (σv0 = u). In
definitiva il fenomeno della liquefazione si può manifestare preferibilmente
in depositi sciolti non coesivi posti sotto falda, in seguito ad eventi che
producano un forte aumento della pressione interstiziale dell'acqua.
FORMULA GEO VER.2.0
Fattori che predispongono alla liquefazione.
Di seguito si descrivono, nel dettaglio, i fattori principali che predispongono
un terreno alla liquefazione, prima di passare ad illustrare i metodi di
calcolo della suscettibilità.
Fattori geologici-geotecnici.
Poichè ai terreni incoerenti sono associati generalmente valori del
coefficiente di permeabilità relativamente elevati, l'applicazione di
sovraccarichi graduali (per es. dovuti alla costruzione di un fabbricato) non
conduce a significativi incrementi di <u>. In questi casi infatti non si
generano gradienti di pressione fra la zona sollecitata e quella indisturbata
tali da produrre rapidi flussi idrici fra le due zone.
I vuoti dello scheletro solido sono quasi sempre sufficientemente larghi da
non ostacolare questo flusso. Nel caso viceversa di sollecitazioni intense
sottoposte ad incrementi rapidi, come si verifica durante un evento sismico,
i gradienti di pressione che si generano possono essere tali da produrre
elevati flussi idrici dall'interno verso l'esterno. Se il fenomeno si manifesta
in depositi incoerenti a granulometria relativamente fine (per es. sabbie
fini), la larghezza limitata dei vuoti dello scheletro tenderà ad ostacolare il
flusso idrico, con il conseguente sviluppo di elevate pressioni neutre.
Oltre alla granulometria, altri fattori condizionano la suscettibilità di un
deposito sciolto al fenomeno della liquefazione. I principali sono la
profondità del livello potenzialmente liquefacibile ed il suo grado di
addensamento. Con l'aumentare della profondità del deposito diminuisce la
probabilità di liquefazione dello stesso durante l'evento sismico.
È evidente infatti che con l'aumentare della profondità siano richiesti valori
di <u> sempre più elevati per annullare la pressione litostatica crescente.
Inoltre con la profondità tende a diminuire anche l'intensità delle
sollecitazioni indotte dal sisma. L'influenza della pressione litostatica
permette di spiegare il fenomeno della migrazione della liquefazione dai
depositi più superficiali a quelli più profondi.
I livelli meno profondi sono quelli che per primi subiscono la liquefazione,
che è facilitata dalla minore pressione litostatica.
Gli strati più profondi, che inizialmente non subiscono il fenomeno, nel
momento in cui il deposito superiore va in liquefazione risentono di un calo
FORMULA GEO VER.2.0
del peso della colonna di terreno sovrastante, evento che aumenta la
probabilità che anch'essi subiscano la liquefazione.
Fondamentale è anche il grado di addensamento del terreno, esprimibile
attraverso il parametro densità relativa (Dr %).
I terreni molto addensati, se sollecitati, subiscono un aumento di volume
(fenomeno di dilatanza) con conseguente diminuzione della Dr %, che tende
a portarsi verso un valore critico, variante in funzione principalmente della
granulometria del deposito. L'aumento di volume ha come conseguenza, nei
depositi saturi, un richiamo dell'acqua dall'esterno verso l'interno, con
creazione di una <u> di segno negativo (cioè si ha un aumento del termine
(σv0 - u)).
L'esatto contrario avviene in terreni poco addensati, dove una sollecitazione
tende a produrre una diminuzione di volume, con conseguente flusso idrico
verso l'esterno e la generazione di una <u> disegno positivo (diminuisce il
valore di (σv0 - u)).
In conclusione si possono ritenere potenzialmente liquefacibili quei depositi
sciolti che presentano le seguenti caratteristiche:
- granulometricamente sono sabbie da fini a medie con contenuto in fine
variabile generalmente dallo 0 al 25%;
- si trovano sotto falda;
- sono da poco a mediamente addensati.
- si trovano a profondità relativamente basse (di solito inferiori ai 15 metri).
Fattori legati all'evento sismico.
Durante un terremoto il terreno può essere visto come sottoposto ad una
serie di cicli di carico variabili in intensità e numero in funzione della
magnitudo del sisma stesso.
In terremoti di elevata magnitudo è sufficiente un numero ridotto di cicli di
carico per produrre la liquefazione del deposito, poiché ad ogni ciclo è
associata una sollecitazione dinamica di maggiore intensità. In terremoti di
minore magnitudo lo stesso effetto lo si ottiene con un numero superiore di
cicli di carico.
FORMULA GEO VER.2.0
In definitiva quindi una elevata magnitudo del sisma (maggiore intensità
degli sforzi di taglio applicati al terreno) e una lunga durata dello stesso
(maggior numero di cicli di carico) rendono più probabile l'iniziarsi della
liquefazione in un deposito sabbioso saturo.
È da notare che in livelli sabbiosi già sottoposti in passato a liquefazione lo
scheletro solido assume configurazioni meno vulnerabili (cresce in pratica il
grado di addensamento), che rendono meno probabile il ripresentarsi del
fenomeno.
Valutazione del sisma di progetto.
La valutazione del terremoto di progetto, cioè dell’evento sismico di
riferimento rispetto al quale effettuare la stima della suscettibilità del terreno
alla liquefazione, può essere eseguita con metodologie diverse. Nel
programma Liqeuf viene adottato un approccio probabilistico-statistico,
quello di Gumbel, per ottenere la massima accelerazione di picco
prevedibile nel sito per un determinato tempo di ritorno. Quella che segue è
la procedura da utilizzare.
1) Dal Catalogo Sismico si estraggono gli eventi sismici con epicentro
ricadente all’interno di un’area di 200-300 km di lato (2-3 gradi di
latitudine e longitudine circa) centrata sul sito indagato.
2) Si trasformano i valori di intensità sismica degli eventi selezionati nei
corrispondenti valori di magnitudo con la relazione, consigliata dal
I + 1.93
G.N.D.T., M =
.
1.78
3) Si calcola la distanza di ogni singolo epicentro dal sito indagato e
quindi, applicando, una delle leggi di attenuazione sismica disponibili in
letteratura, si stima il moto sismico nel sito per ognuno degli eventi.
4) Si ordinano i valori di accelerazione (A) ricavati nel sito per ogni evento
sismico in ordine crescente, attribuendo il numero 1 al valore massimo,
il valore N a quello minimo.
5) Si calcolano gli N rapporti Pi = i / (N + 1), con i compreso fra 1 e N.
Questi rapporti indicano la probabilità che il corrispondente valore di A
non venga raggiunto o superato. I valori di Pi ricavati permettono di
definire la scala dei tempi di ritorno Ti = 1 / (1 - Pi).
FORMULA GEO VER.2.0
6) Si riportano le N coppie di valori (Ti, Ai ) in un diagramma
semilogaritmico (l’ asse X - l’asse dei tempi di ritorno - va costruito in
scala logaritmica), interpolando fra i punti una retta: il diagramma
consente di ricavare il valore di A per qualsiasi tempo di ritorno.
Fra le leggi di attenuazione sismica più usate in letteratura e utili in questo
ambito segnaliamo le seguenti:
Pugliese e Sabetta:
Log10 A( g ) = −1.845 + 0.363M − Log 10 D 2 + 25 + 0.195 S
dove D è la distanza epicentrale in km e S è un coefficiente uguale a 0 per
siti con copertura profonda e 1 per terreni con copertura superficiale;
Kawashima:
A( gal ) =
a10 b
(D + 30)1.218
dove:
Litologia
Depositi consolidati
Depositi medio consolidati
Depositi soffici
a
987,4
232,5
402,8
b
0,216
0,313
0,265
Metodi di calcolo della suscettibilità alla liquefazione.
Escludendo dall'esame i metodi analitici e numerici più complessi (per es. i
metodi agli elementi finiti) che risultano eccessivamente onerosi per i casi
pratici più comuni, vengono qui presi in esame alcuni fra i più utilizzati
metodi empirici e semplificati.
Metodi di calcolo empirici.
I metodi empirici vengono utilizzati generalmente per fornire una
valutazione di massima della vulnerabilità di un deposito sabbioso saturo
alla liquefazione, prendendo in considerazione solo i parametri geologicigeotecnici del sito. Accanto a questi si propone anche il metodo di
Ambraseys, che fornisce, in funzione della distanza epicentrale del sito
FORMULA GEO VER.2.0
indagato, la magnitudo di soglia del sisma necessaria per produrre la
liquefazione in depositi suscettibili.
Si tratta di metodi estremamente semplificati, di rapido e semplice impiego,
utili in particolare per lavori di microzonazione sismica.
Procedura di Sherif & Ishibashi (1978).
Il metodo di Sherif & Ishibashi ammette che si possano verificare fenomeni
di liquefazione solo nei livelli che presentino le seguenti caratteristiche:
- siano costituiti da sabbie o sabbie limose;
- si trovino sotto il livello statico della falda;
- gli strati di copertura non abbiano spessore maggiore di 3 metri.
Se questi requisiti sono presenti, si prosegue nell'elaborazione, prendendo in
considerazione la granulometria e l'addensamento del deposito. Il metodo
richiede che siano condotte su campioni dello strato potenzialmente
liquefacibile analisi granulometriche. Le curve ricavate vanno confrontate
con due profili granulometrici di riferimento, uno per granulometrie
uniformi, l'altro per granulometrie estese (presenza di frazioni argillose o
ghiaiose). In assenza di analisi granulometriche, va effettuata almeno una
descrizione sommaria della litologia del deposito, da confrontare con i due
profili.
FORMULA GEO VER.2.0
FORMULA GEO VER.2.0
Verificato che la granulometria dello strato sia predisponente al manifestarsi
di fenomeni di liquefazione, per poter emettere un giudizio definitivo sulla
vulnerabilità del deposito occorre prendere in considerazione il suo grado di
addensamento, valutato attraverso prove SPT o SCPT. Se il numero di colpi
ricade, anche parzialmente, nella fascia A, il deposito è liquefacibile, se
ricade nella fascia C non è liquefacibile. La fascia B infine riguarda strati in
cui la liquefazione è possibile, ma non probabile.
Criterio di Youd e Perkins (1978).
Si tratta di un metodo di ancor più rapida e semplice applicazione del
precedente. Sulla base del tipo di deposito sedimentario e della sua età,
viene fornita un indicazione qualitativa del grado di vulnerabilità del
deposito stesso.
La probabilità di liquefazione è ricavabile dalla seguente tabella:
Tipo deposito
<500 anni
Canali fluviali
Pianure di
esondazione
Pianure e conoidi
alluvionali
Spianate e terrazzi
marini
Deltaici
Lacustri
Colluvioni
Scarpate
Dune
Loess
Glaciali
Tuff
Tephra
Terreni residuali
Sebkha
Molto alta
Alta
Deltaici
Di estuario
Di spiaggia con
elevata energia
delle onde
Di spiaggia con
bassa energia
delle onde
Età del deposito
Olocene
Pleistocene
Depositi continentali
Alta
Bassa
Moderata
Bassa
Pre-Pleistocene
Molto bassa
Molto bassa
Moderata
Bassa
Bassa
Molto bassa
-----
Bassa
Molto bassa
Molto bassa
Alta
Alta
Alta
Bassa
Alta
Alta
Bassa
Bassa
Alta
Bassa
Alta
Bassa
Bassa
Bassa
Molto bassa
Bassa
Alta
Molto bassa
Molto bassa
?
Molto bassa
Bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
?
Molto bassa
Molto bassa
Molto alta
Alta
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Bassa
Moderata
Alta
Bassa
Bassa
Alta
Bassa
Moderata
Zone costiere
Alta
Moderata
Bassa
Bassa
Bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
Molto bassa
Alta
Moderata
Bassa
Molto bassa
FORMULA GEO VER.2.0
Lagunari
Litorali
Alta
Alta
Non compattati
Compattati
Molto alta
Bassa
Moderata
Moderata
Riempimenti artificiali
---------
Bassa
Bassa
Molto bassa
Molto bassa
---------
-------
Criterio del Chinese Building Code.
Il Chinese National Code of Aseismic Design for Building (1974) presenta
un metodo empirico per la valutazione della liquefacibilità di un deposito
sabbioso sotto falda basato sull’utilizzo della prova S.P.T..
Il criterio consente di calcolare, in funzione del sisma di progetto, il numero
di colpi SPT critico dello strato sabbioso:
N cr = N 0 [0.9 + 0.1(d s − d w )]
dove:
N0
ds(m)
dw(m)
pc(%)
3
pc
= parametro funzione del sisma di progetto secondo la relazione
empirica N0 =43.81ag+3 (ag = accelerazione sismica riferita
all’accelerazione di gravità);
= profondità media dello strato sabbioso saturo;
= profondità media della falda;
= percentuale di fine presente (d≤0.005 mm) nello strato (se pc<3
porre pc=3).
Il numero di colpi critico calcolato andrà quindi confrontato con il numero
di colpi effettivamente misurato. Se Nmisurato <Ncr o se il rapporto Nmisurato /Ncr
< 1 lo strato va considerato liquefacibile.
Criterio di Ambraseys.
La formula empirica di Ambraseys (1988) correla la distanza epicentrale del
sito indagato con la magnitudo di soglia del sisma, cioè con quella
magnitudo che può indurre fenomeni di liquefazione in terreni suscettibili.
La relazione è la seguente:
Ms = 4.64 + 2.65 x10 −3 R + 0.99 Log10 R .
FORMULA GEO VER.2.0
La formula, nota una serie storica di eventi sismici, può essere utilizzata,
con una procedura simile a quella vista nel paragrafo 4.4, per determinare la
probabilità di superamento del valore di soglia per un sisma con un
determinato tempo di ritorno. Quindi, chiamando M la magnitudo del sisma
attesa nel sito per un determinato tempo di ritorno, se il rapporto M/Ms è
maggiore o uguale a 1 sarà probabile il verificarsi di fenomeni di
liquefazione.
Metodi semplificati.
Al contrario della maggior parte dei metodi empirici, quelli semplificati
richiedono che venga definito un sisma di progetto, attraverso l'introduzione
dell'accelerazione sismica orizzontale massima in superficie e della
magnitudo di riferimento.
I dati del sisma di progetto possono essere ricavati attraverso l’analisi
probabilistica dei dati del Catalogo Sismico Nazionale (paragrafo 4.4)
oppure, in alternativa, si possono utilizzare i valori proposti dal GNDT
(Gruppo Nazionale di Difesa dai Terremoti) per le tre categorie sismiche
previste dalla Legge.
Coefficiente sismico
12
9
6
Acc. Massima(g)
0.35
0.25
0.15
In questo ultimo caso rimane l’incognita della magnitudo di riferimento da
utilizzare, che andrà in ogni caso desunta dai dati degli eventi sismici storici
della zona.
Tutti i metodi semplificati permettono di esprimere la suscettibilità alla
liquefazione del deposito attraverso un coefficiente di sicurezza, dato dal
rapporto fra la resistenza al taglio mobilitabile nello strato ( R ) e lo sforzo
tagliante indotto dal sisma ( T ). Cioè in pratica si avrà:
R
.
T
Un deposito dovrà essere considerato suscettibile di liquefazione, se il
coefficiente di sicurezza sarà minore di 1.
Fs =
FORMULA GEO VER.2.0
La grandezza T dipende dai parametri del sisma di progetto (accelerazione
sismica e magnitudo di progetto). R è funzione delle caratteristiche
meccaniche dello strato, principalmente del suo stato di addensamento, e
può essere ricavato direttamente attraverso correlazioni con i risultati di
prove penetrometriche dinamiche, statiche o con i valori delle velocità delle
onde S ricavati da stendimenti di sismica a rifrazione.
Calcolo dello sforzo di taglio indotto dal sisma ( T ).
La grandezza T viene ricavata attraverso la relazione:
T = 0.65
dove:
amax
g
σv0
σv0 ’
rd
MSF
a max σv 0
r MSF ;
g σv 0 ' d
= accelerazione sismica massima;
= accelerazione di gravità = 980.7 cm/s2 ;
= pressione verticale totale alla profondità z dal p.c.;
= pressione verticale efficace alla profondità z dal p.c.;
= coefficiente funzione della profondità dal p.c., valutabile
secondo il seguente schema:
rd=1-0.00765z per z≤9.15 m
rd=1.174-0.0267z per 9.15<z≤23 m
rd=0.774-0.008z per 23<z≤30 m
rd=0.5 per z>30 m
= coefficiente correttivo funzione della magnitudo del
−3 .3
M 
sisma, ricavabile con la relazione MSF = 
 se M≤7.5
 7.5 
10 2 .24
o con la formula MSF = 2 .56 se M>7.5.
M
Calcolo della resistenza al taglio mobilitata ( R ).
Da prove penetrometriche dinamiche – metodo di Seed e Idriss
(1982)
FORMULA GEO VER.2.0
Nel metodo di Seed & Idriss (1982) la resistenza alla liquefazione può
essere stimata con la seguente formula:
R = Na / 90
con:
Na
σv (kg/cmq)
N1
 1.7 
 + N1
= N spt 
 σv + 0.7 
= pressione verticale efficace;
= 0 se d50 (mm)>0.25, 7.5 se d50 (mm)≤0.25.
Viene considerato non liquefacibile un deposito in cui sia Fs > 1.3.
Da prove penetrometriche dinamiche – metodo di Tokimatsu e
Yoshimi (1983).
Nel metodo di Tokimatsu & Yoshimi, inserito nella proposta di Normativa
Sismica del G.N.D.T.(1984), la resistenza alla liquefazione assume la
seguente espressione:
(
R = 0.26 0.16 Na + 0.21 Na

con:
Na
σv (kg/cmq)
N1
)
14


 1.7 
 + N1
= N spt 
 σv + 0.7 
= pressione verticale efficace;
= 0 per una percentuale di fine pc< 5%, 10 pc+4 per pc≥5 %
Viene considerato non liquefacibile un deposito in cui sia Fs > 1.3 (sabbie
sciolte) o Fs>1.5 (sabbie mediamente addensate).
Da prove penetrometriche dinamiche – metodo di Iwasaki e al.
(1984).
FORMULA GEO VER.2.0
Nel metodo di Iwasaki e al. la resistenza alla liquefazione assume la
seguente espressione:
 0.35 

R = 0.0882 N spt σv '+0.7 + 0.225 Log10 
 d 50 
(per d50 <0.6 mm)
oppure:
R = 0.0882 N spt σv '+0.7 − 0.05
(per d50 ≥ 0.6 mm)
dove d50 è il diametro della curva granulometrica corrispondente al passante
al 50% e σv ’(kg/cmq) è la pressione verticale efficace
Viene considerato non liquefacibile un deposito in cui sia Fs>1.
Da prove penetrometriche dinamiche – metodo di Seed e al. (1985).
Nel metodo di Seed e al.(1985) la resistenza alla liquefazione viene
calcolata con la seguente formula:
R=
a + cx + ex 2 + gx 3
1 + bx + dx 2 + fx 3 + hx 4
dove:
x = N60cs numero di colpi SPT riferito ad un’efficienza del 60% e corretto
per tener conto dell’eventuale presenza di una frazione fine;
a =0.048;
b =-0.1248;
c =-0.004721;
d =0.009578;
e =0.0006136;
f =-0.0003285;
g =-0.00001673;
FORMULA GEO VER.2.0
h
=0.000003714.
N60cs può essere valutato con la relazione:
N 60 cs = f a + f b (C E C N Nspt )
in cui:
CN
CE
fa
fb
= fattore correttivo per l’approfondimento della prova =
1
( con
σv
σv in kg/cmq); se CN è maggiore di 2 porre CN = 2;
= fattore correttivo per l’efficienza dell’infissione = ER/60 con ER
l’efficienza del sistema d’infissione usato;
= 0 per una percentuale di fine(FC)≤5%;
190 
= exp 1.76 −
 per 5<FC<35 %;
FC 2 

=5 per FC≥35 %;
= 1 per FC≤5%;
FC 1 .5
= 0.99 +
per 5<FC<35 %;
1000
=1.2 per FC≥35 %.
Viene considerato non liquefacibile un deposito in cui sia Fs>1.
Da prove penetrometriche statiche – metodo di Robertson e Wride
(1997).
Il metodo di Robertson e Wride permette di correlare la resistenza al taglio
mobilitata nel terreno con i risultati della prova penetrometrica statica
(CPT). La procedura di calcolo si basa sulle due seguenti equazioni:
 (q ) 
R = 0.883 c1 n cs  + 0.05 per (qc1n)cs <50 e
 1000 
 (q ) 
R = 93 c1n cs  + 0.08 per 50≤(qc1n)cs <160.
 1000 
3
FORMULA GEO VER.2.0
La grandezza (qc1n)cs rappresenta la resistenza alla punta normalizzata e
corretta per tenere conto della percentuale di fine presente.
Il calcolo di (qc1n)cs avviene attraverso i seguenti passaggi.
• Si calcola la resistenza alla punta e l’attrito laterale specifico
normalizzati con le relazioni:
Q=
dove:
qc (kg/cmq)
fs (kg/cmq)
σv0 (kg/cmq)
σv0 ‘(kg/cmq)
•
= resistenza alla punta misurata;
= attrito laterale specifico misurato;
= pressione verticale totale;
= pressione verticale efficace.
Si calcola l’indice di tipo dello strato sabbioso con la formula:
Ic =
•
q c − σv 0
fs
e F = 100
σv 0 '
qc − σv 0
( Log10 F + 1.22 )2 + ( Log10Q − 3.47 )2
Si applica una correzione che tenga conto dell’approfondimento della
prova:
n
•
•
 1 

q c1 n = C Q q c dove CQ = 
σ
'
 v0 
L’esponente n viene valutato come segue:
se Ic>2.6 allora n=1;
se Ic≤2.6 si calcola un primo valore di qc1n, utilizzando n=0.5; quindi
si ricalcola Ic con la relazione:
Ic = ( Log10 F + 1.22 ) + ( Log10 qc1 n − 3.47)
se il nuovo valore di Ic è ancora minore di 2.6 si conferma il valore
n=0.5, altrimenti si ricalcola qc1n, utilizzando n=0.75;
• se qc1n>2qc si pone qc1n=2qc .
Si introduce la correzione dovuta alla presenza di fine nel livello
sabbioso:
2
•
2
FORMULA GEO VER.2.0
( qc1 n ) cs = K c q c1 n ,
dove Kc è uguale a 1, se Ic≤1.64, ed è fornito dalla relazione:
K c = −0.403 Ic 4 + 5.581Ic 3 − 21.63Ic 2 + 33.75 Ic − 17.88
in caso contrario.
Viene considerato non liquefacibile un deposito in cui sia Fs>1.
Da sismica a rifrazione – metodo di Andrus e Stokoe(1997).
La resistenza alla liquefazione di un deposito sabbioso può essere valutata
anche attraverso la stima delle velocità delle onde S, partendo dai risultati
ottenuti attraverso stendimenti di sismica a rifrazione. La relazione è la
seguente:
2
V 
0.9
0.9
R = 0.03 s 1  +
−
 100  Vs1 c − Vs 1 Vs 1
dove:
0 .25
 1 
 , dove
Vs1 (m/s) = velocità delle onde S nello strato corretta = Vs 
σ
'
 v0 
Vs è la velocità misurata e σv0 ‘(kg/cmq) è la pressione verticale
efficace a metà strato;
Vs1c(m/s) = valore critico delle onde S nel deposito, ricavabile attraverso il
seguente schema:
Vs1c(m/s)=220 se la percentuale di fine(FC)<5%;
Vs1c(m/s)=210 se FC=20%;
Vs1c(m/s)=200 se FC>35%;
interpolando per valori intermedi di FC.
Viene considerato non liquefacibile un deposito in cui sia Fs>1.
FORMULA GEO VER.2.0
Interventi per ridurre il rischio di liquefazione.
Vengono presentati gli elementi per un dimensionamento di massima di tre
comuni tipi d'intervento miranti ad abbassare il rischio di liquefazione del
terreno:
• dreni di ghiaia;
• metodi dinamici (vibrocompattazione e heavy tamping).
Non vengono presi in considerazione altri interventi, come per esempio la
gettiniezione (jet grouting), che hanno applicazioni più generali.
Dreni di ghiaia.
Si tratta di colonne verticali di ghiaia spinte all'interno dello strato
liquefacibile. Un loro dimensionamento di massima può essere fatto per
tentativi, fissando un diametro (d) del dreno (solitamente maggiore di 0.8m)
e stimando la spaziatura fra un dreno e l’altro con la relazione:
S ( m) = d
π(1 + e0 )
;
e0 − e
dove e0 è l’indice dei vuoti iniziale del livello sabbioso ed e quello che si
vuole raggiungere ad intervento eseguito. L’indice dei vuoti può essere
correlato alla densità relativa attraverso la relazione:
e max − e
emax − e min
dove emax ed emin sono i valori dell’indice dei vuoti nel deposito che si hanno
rispettivamente nelle condizioni di minimo e massimo addensamento.
In una sabbia pulita sia ha emax ≅ 0.90 e emin ≅ 0.20.
Dr =
FORMULA GEO VER.2.0
La densità relativa è a sua volta correlabile con i risultati di una prova SPT
attraverso la relazione di Skempton:
Dr =
N spt
32 + 0.288σv 0 '
Il metodo di calcolo è valido per una disposizione a maglia quadrata dei
dreni.
Compattazione.
I metodi dinamici hanno lo scopo di aumentare la densità relativa del
terreno per mezzo delle vibrazioni prodotte con speciali dispositivi. Nel caso
di bonifica di depositi potenzialmente liquefacibili, i sistemi più utilizzati
sono la vibrocompattazione e il metodo heavy tamping.
Condizioni di applicabilità dei metodi dinamici
L’efficacia degli interventi di compattazione dipende principalmente dalla
granulometria del deposito. In livelli con un’elevata percentuale di fine i
metodi dinamici sono scarsamente efficaci. Thorburn (1975) ha proposto
uno schema di riferimento per la valutazione dell’applicabilità degli
interventi. Solo i terreni, le cui curve granulometriche ricadono interamente
all’interno della fascia di applicabilità proposta, sono bonificabili con queste
metodologie.
FORMULA GEO VER.2.0
Strato n.1
Strato n.2
Limiti di applicabilità
100
90
80
Passante %
70
60
50
40
30
20
10
0
0,001
0,01
0,1
1
10
100
Diametro (mm)
Vibrocompattazione
La vibrocompattazione consiste nell' inserimento, con spaziatura regolare
generalmente variante da 1 a 3 metri, di una apposita apparecchiatura
vibrante nel terreno. L'effetto è quello di produrre localmente una
densificazione del terreno, la cui entità è funzione della spaziatura delle
verticali d'intervento. In particolare per sabbie pulite (contenuto in fini
<10%) la densificazione in funzione della spaziatura è stimabile attraverso
la relazione empirica:
N spti = 23.08 − 4.57 F + 7.83S
dove:
Nspti
F%
S(m)
= numero di colpi SPT medio nello strato stimato dopo
l’intervento
= percentuale di fine presente nello strato;
=spaziatura delle verticali di intervento.
FORMULA GEO VER.2.0
I valori di Nspti trovati andranno utilizzati in uno dei metodi semplificati per
la stima del rischio di liquefazione, allo scopo di determinare l'efficacia
dell'intervento (nuovi valori dei coefficienti di sicurezza).
Si ricorda che il metodo risulta poco efficace per sabbie con più del 10% di
contenuto in fini. Il procedimento può essere utilizzato fino a profondità
comprese fra i 15 e i 20 metri.
Heavy tamping
Il metodo dell'heavy tamping consiste nel produrre un incremento della
densità relativa degli strati liquefacibili attraverso le vibrazioni prodotte
dallo impatto di una massa lasciata cadere ripetutamente sul terreno.
Generalmente vengono utilizzati blocchi di calcestruzzo di alcune tonnellate
di peso con un altezza di caduta che può arrivare fino a 20-30 metri.
La procedura richiede normalmente 2-3 colpi per mq. Vista la difficoltà di
stimare a priori l'efficacia dell'intervento è consigliabile eseguire al termine
un controllo, eseguendo per esempio prove penetrometriche, allo scopo di
accertare l'effettivo addensamento del terreno raggiunto. Le prove andranno
spinte fino ad una profondità data da:
D (m) = (0.65 - 0.80) Pm Hm;
con:
Hm (m) = volata della massa battente;
Pm (t) = peso della massa battente.
D(m) = profondità massima alla quale si risente l'intervento.
Si ricorda che il metodo risulta poco efficace per sabbie con più del 10% di
contenuto in fini.
FORMULA GEO VER.2.0 - PROGRAM GEO Brescia (2001)
CADUTA MASSI
Introduzione
Per caduta massi s'intende il fenomeno di distacco e di successivo movimento verso valle
di blocchi per lo più isolati e volumetricamente limitati (fino ad un massimo di alcuni metri
cubi) da pareti rocciose particolarmente acclivi e tettonicamente disturbate. Il passaggio fra
questo tipo di fenomeno gravitativo e le frane di crollo vere e proprie nella realtà è piuttosto
sfumato: spesso viene fissato attraverso un criterio geometrico, classificando come frane di
crollo quegli eventi che coinvolgono almeno alcune centinaia di metri cubi di materiale
roccioso. Nella pratica ingegneristica è più utile però un criterio di tipo meccanico. Secondo
tale criterio vanno trattati come fenomeni franosi quei movimenti gravitativi che mettono
in gioco un'energia cinetica superiore a quella normalmente assorbibile dalle normali opere
di difesa di tipo passivo (barriere e terrapieni paramassi, ecc.). Tale limite energetico può
essere posto intorno ai 2000 kJoule.
Lo studio del fenomeno di caduta massi ha lo scopo di individuare con una
approssimazione accettabile:
•
la massima distanza percorribile dal masso distaccato;
•
la traiettoria più probabile o più sfavorevole per la realizzazione delle opere di difesa;
•
la massima energia d'impatto che dovrà essere dissipata dalla singola opera di difesa.
A tal fine l'analisi del problema dovrà essere effettuata in due fasi distinte:
•
fase di rilievo in campagna dei dati relativi a distacchi avvenuti in passato;
•
fase di simulazione numerica complessiva dei distacchi prevedibili per il futuro.
Analisi del fenomeno di caduta massi
1
FORMULA GEO VER.2.0
Rilievo di campagna
Un'accurata indagine di campagna è indispensabile per permettere al geologo di fare
previsioni sul cinematismo dei blocchi rocciosi in caduta. Non hanno alcun significato, ed
anzi sono da ritenersi inutili ai fini del dimensionamento delle opere di difesa, le
simulazioni numeriche non calibrate o calibrate in maniera insufficiente sui dati acquisiti in
campagna.
Il rilievo dovrà condurre all'individuazione:
1) delle aree di distacco dei blocchi rocciosi; queste generalmente corrispondono alle zone
più fratturate e di maggiore pendenza del versante e sono riconoscibili dalla presenza di
superfici fresche di distacco, individuabili per il minor grado di alterazione rispetto alla
parte rimanente dell'affioramento; su tali affioramenti sarà opportuno condurre un rilievo
geomeccanico speditivo, al fine di caratterizzare l'ammasso roccioso dal punto di vista
geometrico (numero di famiglie di discontinuità meccaniche, giaciture rappresentative
delle singole famiglie, spaziature medie ecc...); utile è la stima del volume roccioso
unitario massimo, calcolabile per es. attraverso la relazione di Hudson e Priest (1979)
(1)
Vm =
8
1
s1 s 2 s 3
(con s 1 , s 2 , s3 = spaziature medie delle tre famiglie principali di discontinuità), che può
fornire una indicazione delle dimensioni massime dei blocchi che si possono staccare dalla
parete;
2) delle traettorie più frequenti seguite dai massi in caduta; queste sono ricostruibili con una
certa approssimazione individuando sul terreno i solchi lasciati dal rimbalzo o dal
rotolamento dei singoli massi o i segni d'impatto lungo il pendio contro alberi, manufatti o
affioramenti rocciosi; è importante anche segnalare le zone di possibile frammentazione
del blocco roccioso in seguito all'urto contro ostacoli o superfici rigide, individuabili spesso
per la presenza di schegge abbandonate dal masso nell'impatto;
3) della distribuzione dei massi al piede del versante; andranno rilevate le distanze dei
singoli massi dal piede del pendio ed i loro volumi; da questi dati potranno essere ricavati
le distanze massime e più frequenti percorse dai massi ed i loro volumi massimi e più
probabili.
2
FORMULA GEO VER.2.0
Simulazione numerica
Calibratura del modello
La simulazione numerica del fenomeno di caduta massi ha lo scopo di permettere la
costruzione di un modello che permetta di fare delle previsioni sul comportamento
cinematico di singoli blocchi rocciosi distaccatisi dal versante.
La calibratura del modello va effettuata sulla base dei dati acquisiti in campagna e non può
essere considerata accettabile, se non è in grado di riprodurre la situazione osservata
(traiettorie dei massi, distribuzione degli stessi al piede del versante, ecc...).
Nel modello il moto viene supposto bidimensionale, cioè svolgentesi nel piano x,z, con il
pendio discretizzato in una serie di segmenti retti. Il masso inoltre può essere supposto
puntiforme, considerando cioè solo il moto del suo baricentro, o approssimato ad un
ellissoide triassiale.
Il modello richiede che vengano determinate due serie di parametri, una riguardante il
blocco in caduta, l'altra il versante.
1) Parametri del blocco roccioso:
è richiesta l'introduzione delle seguenti grandezze:
•
•
•
•
•
volume del masso;
dimensione dei semiassi a,b,c dell'ellissoide che approssima il masso;
peso di volume apparente del blocco;
velocità iniziale lungo gli assi x e z (diversa da zero se il blocco è sollecitato
inizialmente da altre forze oltre alla forza di gravità, per es. da un evento sismico);
eventualmente, minima energia d'impatto necessaria per la frantumazione del masso.
2) Parametri del versante:
E' richiesta l'introduzione per ogni singolo tratto di pendio di alcuni parametri necessari per
il calcolo dell'interazione masso-versante.
a)Coefficiente di restituzione (E)
Viene definito come il rapporto fra la velocità prima e dopo (V1 / V0 dove V1 è la velocità dopo
l'urto, V0 prima dell'urto) l'impatto del masso con il terreno; è uguale a zero nel caso di un
urto completamente anelastico (tutta l'energia cinetica del blocco impattante viene
3
FORMULA GEO VER.2.0
dissipata sotto forma di calore e la velocità del masso dopo l'urto è uguale a zero), uguale
a uno nel caso di urto completamente elastico (tutta l'energia cinetica viene conservata ed il
masso avrà una velocità dopo l'impatto uguale a quella precedente l'urto, cioè V1=V0) e
compreso fra 0 e 1 nel caso di urto parzialmente elastico (parte dell'energia cinetica viene
conservata e parte dissipata sotto forma di calore; la velocità del masso sara data da V1= E
x V0).
Il valore di E è legato principalmente alla litologia ed alla morfologia del versante. Broili
(1979) propone di assumere indicativamente valori di E compresi fra 0.75 e 0.8 per impatti
su roccia o detrito di grossa pezzatura e tra 0.2 e 0.35 per impatti su materiale terroso.
Altri Autori (Mazzalai, Vuillermin, 1995) propongono invece i seguenti valori indicativi:
4
FORMULA GEO VER.2.0
Tipo substrato
E
apice di conoide detritico
bosco con sottobosco sviluppato, prato
copertura detritica con vegetazione folta
copertura detritica con vegetazione rada
detrito eluviale di spessore ridotto
strutture rigide e strade
roccia affiorante fratturata
roccia affiorante integra
0,05 - 0,10
0,05 - 0,15
0,10 - 0,15
0,20 - 0,30
0,30 - 0,40
0,40 - 0,60
0,60 - 0,70
0,75 - 0,85
Volendo distinguere le compenti normale e tangenziale della velocità del blocco in caduta,
si possono definire i parametri Ey e Ex (coefficienti di restituzione normale e tangenziale)
come segue:
Ey = V1n / V0n [V1n = velocità normale (perpendicolare alla superficie topografica) del
masso dopo l'urto; V0n = velocità normale del masso prima dell'urto];
Ex = V1t / V0t [V1t = velocità tangenziale (parallela alla superficie topografica) del masso
dopo l'urto; V0t = velocità tangenziale del masso prima dell'urto].
Per i valori indicativi di Ey e Ex si presentano qui quelli proposti da Piteau e Clayton (1987)
e da Hoek (1987).
Piteau e Clayton
Tipo substrato
Roccia compatta
Detrito misto a grossi massi
Detrito compatto con piccoli massi
Scarpate ricoperte da vegetazione
Ey
Ex
0,8 - 0,9
0,5 - 0,8
0,4 - 0,5
0,2 - 0,4
0,65-0,75
0,45-0,65
0,35-0,45
0,2 - 0,3
5
FORMULA GEO VER.2.0
Hoek
Tipo substrato
Roccia compatta e pulita
Strada asfaltata
Roccia coperta con grossi massi
Conoidi di detrito
Conoidi di detrito con vegetazione
Suolo soffice
Ey
Ex
0,53
0,40
0,35
0,32
0,32
0,30
0,99
0,90
0,85
0,82
0,80
0,80
b) Angolo d'attrito masso-versante (ϕ
ϕ)
Nei tratti di pendio in cui il masso si muove rotolando o scivolando, l'energia cinetica viene
dissipata attraverso l'attrito che si sviluppa fra blocco e versante. Quest'attrito viene
introdotto nel calcolo attraverso il parametro angolo d'attrito masso-versante. Nel caso di
un blocco che rotola ϕ generalmente possiede valori compresi fra 20° e 35°, con i valori
inferiori corrispondenti a tratti di pendio in roccia e privi di scabrosità. Nel caso di un
blocco che scivola (per es. nel caso di un masso lastriforme che si muove tenendo a
contatto con il terreno la faccia arealmente più estesa) l'attrito ovviamente è superiore.
Cocco (1991) propone di considerare per la stima dell'angolo d'attrito terra-masso in fase di
rotolamento tre componenti distinte legate rispettivamente alla natura del terreno, alla
copertura vegetale e alle asperità del terreno in relazione alle dimensioni del masso. Ogni
componente fornisce un contributo, dalla cui somma si ottiene l'angolo d'attrito totale.
Questi i valori dei parametri parziali:
Natura del terreno
Roccia nuda
Detrito
Alluvioni
Morena
Contributo parziale (°)
19,5
21,0
26,5
26,5
6
FORMULA GEO VER.2.0
Copertura vegetale
Terreno nudo
Prato
Arbusti
Frutteto
Bosco ceduo
Bosco d'alto fusto
Asperità del terreno
Nessuna
Piccola
Media
Elevata
Contributo parziale (°)
0,0
3,0
3,5
6,0
4,5
8,5
Contributo parziale (°)
0
3
7
11
c) Frammentazione di un blocco
Massi che presentano al loro interno superfici di debolezza meccanica (per es. giunti di
strato) possono, in seguito ad un impatto violento, dividersi in due o più frammenti che
proseguono il loro movimento verso il piede del versante in maniera indipendente. La
frammentazione avviene più probabilmente in tratti ben delimitati del pendio in seguito, per
esempio, ad impatto con ostacoli rigidi. Nella modellazione del fenomeno, si può operare
inserendo un valore di energia minima d'impatto per il masso oltre la quale si ha la sua
rottura, oppure, sulla base delle osservazioni effettuate in campagna, si può definire la
probabilità, per ogni tratto di versante, che in seguito ad un urto il blocco si frantumi (una
probabilità di frantumazione del 20% in questo caso indicherebbe che il 20% dei massi che
colpiscono quel tratto di pendio si frantumano).
Non può invece essere presa in considerazione la possibilità di frantumazione esplosiva
del blocco roccioso, che si può verificare, in seguito ad impatti particolarmente violenti,
per la propagazione di un'onda d'urto all'interno del masso. Non è ancora stata messa a
punto, infatti, una procedura matematica per la simulazione di questi eventi, caratterizzati
da una velocità dei frammenti molto elevata (30-70 m/s) e da traiettorie di notevole gittata
(50-160 m) (Paronuzzi, 1989).
I parametri qui definiti ed in particolare quelli relativi all'interazione masso-versante
andranno inseriti nel modello procedendo a tentativi, fino ad ottenere simulazioni di
distacchi con traiettorie compatibili con quelle osservate o ricostruite sul terreno.
7
FORMULA GEO VER.2.0
Equazioni del moto
Trascurando la resistenza dell'aria, le forze che condizionano il moto del masso in
movimento lungo il versante sono la forza di gravità e l'attrito masso-pendio.
Vengono distinti nella simulazione numerica i tratti di versante in cui il moto avviene per
caduta libera da quelli in cui avviene per rotolamento o scivolamento. I calcoli vengono
eseguiti sulla base delle equazioni proposte da Piteau e Clayton (1977) e da Bassato et al.
(1985).
a.
Masso in caduta libera e traiettoria da saltellamento
Questo tipo di moto è dominante in pendii con inclinazione superiore ai 45° (Ritchie,
1963).
Il masso inizialmente si muove senza mantenere il contatto con il pendio. La velocità finale
di caduta del masso, cioè quella posseduta immediatamente prima dell'impatto con il
terreno, secondo le equazioni della meccanica, è data da:
(2) V = √ 2 x g x d;
con
g = 9.807 m/s 2 , accelerazione di gravità;
d = distanza percorsa in aria dal masso.
In seguito all'urto con il terreno il blocco viene proiettato in avanti con una velocità data
da:
(3) V = √(Vi x senβ)2 x E + (Vi x cosβ)2 x (E x 0.3Log E );
con
Vi = velocità d'impatto;
β = angolo d'incidenza della traiettoria del masso rispetto
al versante;
E = coefficiente di restituzione dell'energia.
Per quanto riguarda la determinazione dell'angolo di proiezione del blocco nel rimbalzo
dopo l'impatto (angolo θ), l'esperienza dimostra che non è da ritenersi valida l'assunzione,
spesso usata nelle simulazioni numeriche, che sia uguale all'angolo d'incidenza. Nella
simulazione in pratica si può procedere in due modi differenti: si può considerarlo come un
parametro variabile in maniera del tutto casuale o porlo in funzione di altre grandezze, in
particolare del coefficiente di restituzione E. Le esperienze condotte da vari Autori
evidenziano per l'angolo θ valori compresi fra l'orizzontale e la superficie topografica
qualunque sia l'angolo d'incidenza (Paronuzzi, 1989). Tali valori possono essere
8
FORMULA GEO VER.2.0
considerati in pratica distribuiti in maniera casuale, in quanto influenzati spesso dalla
presenza di piccole asperità od ostacoli nel terreno. In alternativa spesso viene utilizzata
una correlazione con il coefficiente di restituzione E:
(4) tg θ = E x tg β;
dove β è l'angolo d'incidenza del masso.
Data però l'approssimazione con cui è nota la grandezza E, tale approccio andrebbe
utilizzato solo nell'ambito di una procedura d'analisi di tipo probabilistico (per es. con il
metodo di Montecarlo).
b.
Masso in rotolamento o scivolamento
Questo tipo di moto è dominante in pendii con inclinazione inferiore ai 45° (Ritchie,
1963).
Il blocco, nel caso di rotolamento, si muove con un moto di rototraslazione lungo il
pendio, attraverso una serie di piccoli rimbalzi o, nel caso di scivolamento, con un moto di
traslazione pura, mantenendo il contatto con la superficie del pendio lungo una faccia,
generalmente la più estesa arealmente.
La velocità finale del masso al termine del tratto di pendio considerato può essere valutata
attraverso la relazione:
(5) V = √ Vi 2 + (10/7) x g x s x (tg α - tg ϕ)
nel caso di moto per rotolamento, o con la formula:
(6) V = √ Vi 2 + 2 x g x s x (sen α - tg ϕ x cosα)
nel caso di moto per scivolamento,
con
Vi = velocità iniziale lungo il tratto di pendio considerato;
s = distanza percorsa dal masso lungo il tratto;
α = inclinazione del pendio;
ϕ = angolo d'attrito terra-masso.
Il passaggio da un moto di rotolamento ad uno di scivolamento, nel caso di un masso
approssimato da un ellissoide triassiale, avviene quando è verificata la relazione:
(7) E < ∆H x g x m;
dove:
∆H = differenza fra il semiasse maggiore a e quello minore c (a-
9
FORMULA GEO VER.2.0
c);
g = accelerazione di gravità;
m = massa del blocco;
E = E = 0,5 x m x V2 + 0,5 x I x ω2 , energia totale posseduta dal
masso;
V = velocità del blocco;
I = momento d'inerzia del blocco, uguale a (2/5)mR per un
masso sferico;
ω = velocità angolare del blocco (velocità di rotazione del
masso).
Nel caso di un blocco sferico ∆H =0, per cui il moto avverrà in pratica solo per
rotolamento.
Analisi con metodi probabilistici - Metodo di Montecarlo.
L'incertezza insita nella scelta delle grandezze da introdurre nella simulazione di caduta
massi, ed in particolare nei parametri E (coef.di restituzione), ϕ (angolo d'attrito massoversante), e V (volume del masso in caduta). consiglia un approccio di tipo probabilstico al
problema.
Il metodo probabilistico generalmente utilizzato è quello di Montecarlo.
Il metodo di Montecarlo si basa sulla generazione di numeri casuali, scelti in determinati
intervalli, che godano nel complesso di proprietà statistiche. Fra le varie applicazioni
possibili di tali metodi, vi è quella detta 'del campionamento' che consiste nel dedurre
proprietà generali di un insieme grande, studiandone solo un sottoinsieme casuale,
giudicato rappresentativo dell'insieme stesso. E' evidente che maggiori saranno le
dimensioni del campione random, più rappresentative potranno essere considerate le
proprietà dedotte.
Nel caso di applicazione del metodo alla simulazione di caduta massi, la procedura da
seguire è la seguente:
•
•
•
si genera la distribuzione delle variabili aleatorie E (coef. di restituzione), ϕ e V
misurate in situ o stimate, supponendo che sia di tipo gaussiano ( cioè rappresentate da
una curva a campana, con il valore centrale corrispondente al valore medio);
attraverso un generatore di numeri casuali, si crea una serie, estesa quanto si vuole, di
valori numerici compresi fra 0 e 1;
si associa ad ogni valore numerico casuale della serie un valore di E, ϕ e V, rispettando
la curva di distribuzione delle probabilità di queste grandezze (facendo cioè in modo
che la frequenza con cui un certo parametro viene chiamato nel calcolo sia uguale alla
sua probabilità ricavata dalla curva gaussiana di probabilità del parametro stesso); in
questo modo si trasforma la serie di numeri casuali generati nel punto precedente in una
serie di coppie di valori di E, ϕ e V;
• si esegue la simulazione per ogni terna di valori E, ϕ e V.
10
FORMULA GEO VER.2.0
L'andamento delle traiettorie di caduta collegata ad ogni terna di E, ϕ e V consente di
valutare l'influenza della dispersione dei valori di questi parametri sui percorsi di caduta.
Normalmente per ottenere distribuzioni stabili delle traiettorie sono necessarie alcune
centinaia di verifiche.
11
FORMULA GEO VER.2.0
Dimensionamento delle opere di difesa
Valutata attraverso la simulazione numerica la distribuzione delle traiettorie dei massi in
caduta lungo il pendio, può essere effettuato un primo dimensionamento delle opere di
difesa. Queste opere devono essere in grado di intercettare i blocchi rocciosi in caduta e di
resistere alle sollecitazioni prodotte dagli impatti.
Vanno effettuate quindi due tipi di verifiche:
1.
Verifica al superamento per proiezione
Si ripete la simulazione numerica della caduta massi, facendo variare la posizione e
l'altezza delle opere di difesa. Si valuta quindi di volta in volta come varia la distribuzione
degli arrivi dei massi a valle e la possibilità, attraverso l'esame delle traiettorie, che i
blocchi scavalchino le singole opere.
Alla fine andrà ovviamente adottata quella combinazione di opere che permettano di
raggiungere la massima efficienza nell'intercettazione dei massi.
2.
Verifica al superamento per sfondamento
L’opera di difesa deve essere in grado di resistere all'impatto e di dissipare
l'energia cinetica posseduta dal masso, data da:
(8) Ec = (1/2) x m x V2 + (1/2) x I x w2 ;
con
m
g
V
I
w
=
=
=
=
=
peso del masso;
accelerazione di gravità;
velocità di traslazione del baricentro del masso;
momento d'inerzia del blocco;
velocità angolare del blocco.
Dalla (8) si nota che l'energia cinetica totale posseduta dal masso è data dalla somma di
una componente dovuta al moto di traslazione del baricentro del blocco ( 0,5 x m x V2 )
ed una legata al moto di rotazione del masso intorno al baricentro stesso ( 0,5 x I x w2 ).
Normalmente la seconda componente viene trascurata per la difficoltà di stimare il valore
della velocità angolare.
Vengono qui prese in considerazione tre tipi di opere di difesa: le barriere paramassi
rigide elastiche ed i terrapieni paramassi. Vengono invece trascurate tutte le opere di
12
FORMULA GEO VER.2.0
difesa attiva (reti addossate, ecc...), che non necessitano di simulazioni numeriche delle
traiettorie di caduta.
Barriere paramassi rigide ed elastiche
Si tratta di reti in fune d'acciaio sostenute da puntoni ancorati nel terreno, poste in opera in
un numero dispari di campate. L'energia dell' impatto viene
dissipata dalla deformazione delle funi della rete ed eventualmente, nel caso delle
paramassi flessibili, anche dai dissipatori di energia.
Vengono generalmente fatte due ipotesi sulle condizioni d'impatto.
1) L'urto viene assorbito dalla rete.
Nella maggioranza dei casi il masso colpisce la rete, che dissipa l'energia cinetica
dell'impatto trasformandola in calore attraverso la deformazione delle funi d'acciaio. La
quantità di energia dissipata è calcolabile attraverso la relazione:
(9) Ed(kgcm) = [ (1/2) x M x Af x Al2 / L ] x Nf;
con
M = modulo elastico delle funi, generalmente intorno ai 220.000
kg/cmq;
Af(cmq) = π x Df2 , area trasversale delle funi
Df(cm) = diametro delle funi;
Al(cm) = (ap/100) x L, allungamento massimo delle funi;
ap = allungamento percentuale della fune, di solito l'8%;
L(cm) = lunghezza totale della singola fune;
Nf = numero di funi coinvolte nell'impatto.
Per la stima di quest'ultimo parametro occorre tener presente l'interasse delle funi e
confrontarlo con le dimensioni del masso atteso.
Nelle barriere elastiche, nel caso in cui l'energia dissipabile dalla rete sia minore di quella
prevista per l'impatto più violento (Ed<Ecmax), entreranno in funzione i dissipatori di
energia. Un dissipatore consiste in un cappio di fune d'acciaio chiuso da un blocchetto di
frizione. In seguito all'urto del blocco di roccia contro la rete, il cappio tende a scorrere
all'interno del blocchetto di frizione, dissipando per attrito una frazione dell'energia cinetica
del masso impattante.
L’energia dispersa dai dissipatori è data da:
(10) Ef(kgcm) = (Ecmax - Ed) / (Lc x Nf);
13
FORMULA GEO VER.2.0
con
Ecmax - Ed = frazione di energia cinetica non dissipata dalla deformazione della
rete;
Lc = lunghezza del cappio, generalmente 90 cm;
Nf = numero di dissipatori che entrano in funzione.
La pressione di serraggio dei blocchetti di frizione è data invece da:
(11) Ps(kg/cmq) = Ef / (Ca x Sc);
con
Ca(cm) = coefficiente d'attrito acciaio-acciaio, generalmente uguale a 0.2;
Sc(cmq) = [(2/3)x(π x Df)-(0.2 x 0.2)]x l, superficie di contatto funeblocchetto;
Df(cm) = diametro della fune;
l(cm) = lunghezza del contatto fune-blocchetto.
2) L'urto viene assorbito dai puntoni.
Nella previsione di un'impatto con uno dei puntoni d'acciaio che sostengono le reti, occorre
verificare la quantità di energia dissipabile nell'urto e la necessità di eventuali ancoraggi.
L'energia cinetica dissipata è data da:
(12) Edp(kgcm) = (1/2) x F2 x [ H3 /(3 x Ma x Ja)];
con
F(kg) = Mra x Sa/ H , massima forza assorbita dal puntone in fase
elastica;
Mra(cm3 ) = modulo di resistenza dell'acciaio;
Sa(kg/cmq) = resistenza a trazione dell'acciaio;
H(cm) = altezza fuori terra del puntone;
Ma(kg/cmq) = modulo elastico dell'acciaio;
Ja(cm4 ) = momento d'inerzia dell'acciaio.
La corrispondente massima deformazione elastica dell'acciaio è data da:
(13) Dmax(cm) = F x [H3 /(3 x Ma x Ja)];
l'energia dissipata dalla deformazione elastica del puntone è sempre molto modesta, se
confrontata con le energie massime degli impatti. Spesso, nelle barriere elastiche, si
ancorano i puntoni in testa, per permettere l'assorbimento dell'energia eccedente.
14
FORMULA GEO VER.2.0
Supponendo che la deformazione dei puntoni rimanga in fase elastica, l'energia cinetica
assorbita dagli ancoraggi sarà data da:
(14) Eda(kgcm) = [(1/2) x Mf x Af x Def2 /H] x Nf;
con
Mf(kg/cmq) = modulo elastico della fune;
Af(cmq) = πx (Df/2) 2 , area trasversale della fune
Def(cm) = Dmax/cos2 (τ), allungamento della fune relativa alla massima
deformazione elastica del puntone;
τ = angolo fra ancoraggio e puntone;
Nf = numero degli ancoraggi sollecitati.
Se si prende in considerazione però la massima deformazione che può essere assorbita
dalle funi si ottiene:
(15) Eda(kgcm) = [(1/2) x Mf x Af x Defmax2 /H] x Nf;
con
Defmax(cm) = (Almax /100) x Lc, allungamento massimo sopportabile dalla
fune d'acciaio;
Almax = allungamento percentuale massimo della fune;
Lc(cm) = lunghezza totale della fune.
Terrapieni paramassi
Si tratta di una struttura in terra a geometria trapezia, a volte sostenuta da un muro o da una
gabbionata a monte, completata spesso dalla presenza di un fossato (rocktrap) rivestito da
materiale a basso coefficiente di restituzione elastico (per es. ghiaia).
Per il dimensionamento dell'opera vanno effettuate le comuni valutazioni previste per i
manufatti di materiali sciolti e cioè il calcolo della capacità portante limite e d'esercizio del
terreno di fondazione, i cedimenti prevedibili
dello stesso e il calcolo della stabilità dei due lati, a monte e a valle, del terrapieno.
Per la posa in opera si deve, secondo la comune procedura, stendere il materiale in strati di
limitato spessore e provvedere di volta in volta al loro costipamento.
Il manufatto inoltre agisce come sovraccarico sul pendio, alterando la distribuzione
generale degli sforzi nel terreno. E' quindi necessario verificare l'influenza del terrapieno
sulla stabilità globale del versante attraverso i comuni procedimenti di analisi
dell'equilibrio limite (metodi di Bishop semplificato, di Janbu semplificato, ecc...).
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FORMULA GEO VER.2.0
A differenza delle barriere paramassi elastiche, un terrapieno dissipa l'energia cinetica
d'impatto del masso attraverso il lavoro che il masso stesso deve compiere per penetrare
nella struttura in terra. Va quindi calcolata la profondità di penetrazione del blocco
roccioso e verificata che sia inferiore allo spessore dell'opera. In caso contrario il
manufatto va considerato sottodimensionato.
La profondità di penetrazione può essere valutata con la relazione di Kar (1978), nel caso
d'impatto diretto con il materiale terroso:
(16)Zf=[27183/ √(s)] x Nf x (E/ Ea)1.25 x [P / (d 2.31)] x (V/1000) 1.25
con
s
Nf
E
Ea
P
d
V
=
=
=
=
=
=
=
resistenza alla compressione semplice del terreno (kN/mq);
fattore di forma del masso(1 per corpi appuntiti, 0.72 per corpi piatti);
modulo di elasticità del blocco roccioso (kN/mq);
modulo di elasticità medio dell'acciaio (circa 206.850x 103 ) (kN/mq);
peso del masso (kg);
diametro impronta impatto (m);
velocità d’impatto (m/s).
La profondità di penetrazione è quindi data da:
(17) z(cm) = sqr(Zf) x 2 x d, se z/d <= 2;
(18) z(cm) = (Zf+1) x d, se z / d > 2
Nella pratica, vista la doppia soluzione possibile [(17) e (18)], andrà preso in
considerazione il valore maggiore, e si dovrà verificare che la rispettiva condizione z/d sia
rispettata. In caso contrario si assumerà come risultato valido l'altro valore calcolato.
Nel caso il terrapieno sia sostenuto a monte da un muro o da una gabbionata la (16) va
riscritta nel seguente modo:
(19)Zf=[120328/√(s)] x Nf x (E/ Ea)1.25 x [P / (d 2.8 )] x (V/1000)1.8
Se dal calcolo della (19) risultasse che il masso penetra per una profondità superiore allo
spessore del muro o della gabbionata, occorrerà valutare la velocità residua del blocco
come segue:
(20) Vr = (V1.25 - Vm1.25);
con
V = velocità d'impatto del masso;
Vm = velocità minima necessaria per attraversare il muro o la gabbionata,
valutabile ponendo il valore dello spessore del muro al posto del
parametro z nella (17) o nella (18) (a seconda del rapporto z/d
16
FORMULA GEO VER.2.0
risultante), determinando quindi Zf e risolvendo la (19) rispetto a V.
La penetrazione del masso dotato di una velocità residua Vr nel terreno costituente il
terrapieno potrà essere quindi calcolata con la (16).
Nota la profondità di penetrazione del masso, può essere eseguita una stima
della forza impulsiva generata dall'impatto.
Nell'ipotesi di comportamento elasto-plastico del terreno costituente il terrapieno e di un
carico dinamico variabile nel tempo, la forza impulsiva massima generata dal masso può
essere calcolata con la relazione di Mc Carty e Carden (1962):
(21) Fmax(kgf) = K x m x V / T;
con
K
m (kgf)
P(kg)
g
V(m / s)
T (s)
=
=
=
=
=
=
costante posta uguale generalmente a 2.022;
P/g, massa del blocco roccioso;
peso del masso;
accelerazione di gravità(9.807 m/s 2 );
velocità d'impatto del masso;
durata dell'impatto;
Problematica è la determinazione del parametro T, per il quale Kar (1979) e
Knight (1980) propongono la seguente relazione:
(22) T(s) = 3.335 x z / V;
con
z(m) = profondità di penetrazione del masso;
V(m / s) = velocità d'impatto del masso.
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PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE S.P.T O S.C.P.T Le