Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici APPENDICE I – METODI SPERIMENTALI ED ANALITICI 1 - I pretrattamenti della FORSU Entrambi i rifiuti sperimentati (FORSU da selezione meccanica e FORSU da raccolta differenziata) sono stati sottoposti ad una combinazione di pretrattamenti meccanici e termochimici allo scopo di migliorare le caratteristiche di biodegradabilità e incrementare la resa di conversione in idrogeno. In particolare è stata operata una riduzione dimensionale tramite una macinazione con mulino a coltelli e successivamente sono state sperimentate diverse condizioni di idrolisi, sia termica che chimica, con l’obiettivo di solubilizzare la sostanza organica, ed in particolare i carboidrati che rappresentano il substrato di elezione per i microrganismi idrogeno produttori. 1.1 Macinazione Il mulino a coltelli Tale apparecchio è adatto a macinare materiali molto fibrosi da morbidi a medio-duri, come quelli costituiti da cellulosa tra i quali i rifiuti domestici, agricoli e industriali. Il mulino a coltelli è costituito da un rotore a 3 o 4 lame che gira sfiorando 3 inserti stazionari a coltello sulla parete della camera di macinazione. La distanza tra le lame dello statore e quelle del rotore è regolabile. Il processo di macinazione avviene per taglio e impatto. La parte inferiore della camera è chiusa dal setaccio estraibile a slitta. Il materiale in macinazione ruota nell'interno della camera fino a raggiungere le dimensioni desiderate e viene trascinato dalla corrente d'aria generata dall'alta velocità di rotazione (fino 192 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici a 2800 rpm) in un contenitore sottostante fissato direttamene alla camera o collegato ad essa tramite un manicotto filtrante. La tramoggia di carico è a due bracci: uno di carico con un dispositivo di sicurezza antinfortuni e l'altro munito di un pistone di legno per la compressione di materiali leggeri. Il motore è flangiato direttamente alla camera di macinazione e dispone dei sistemi di protezione necessari. L'apertura della camera di macinazione è protetta dall'interruttore di sicurezza. Il rotore è montato su cuscinetti da ambedue le estremità ed è smontabile per la sostituzione o l'affilatura delle lame, come pure i coltelli stazionari. Tale apparecchio è in grado di trinciare pezzi di lunghezza illimitata e sezione 60 x 80 mm mediante un rotore a lame che gira a 28 rpm con coppia molto alta. Il materiale può essere trinciato in pezzi di 1 cm2 di sezione trasversale. In dipendenza delle caratteristiche del campione si può regolare il grado di macinazione finale con setacci a fori quadrati da 4 a 10 mm. La bassa velocità di rotazione non produce aumenti apprezzabili di temperatura nel materiale in corso di macinazione. 1.2 Idrolisi termochimica 1.2.1 Idrolisi della FORSU ottenuta da selezione meccanica Sono state eseguite varie prove di idrolisi termochimica a valle del trattamento meccanico descritto nel paragrafo precedente. Per il trattamento termico è stato utilizzata un’autoclave Renato Brignole con Temperatura di esercizio fino a 300°C, dotato di scambiatore di calore incorporato a circolazione di fluido, utilizzabile per tutti i fluidi compatibili con l’acciaio inox a pressione massima di esercizio di 10 BAR munito di un agitatore a giunto magnetico rotante con velocità variabile in modo continuo da 200 a 1000 rpm, mediante motovariatori a satellite in bagno d’olio comandato da motore potenza 0.25 Hp. Il Forno dell’autoclave è universale a secco in blocco metallico ad alta conducibilità con incorporati riscaldatori elettrici corazzati in Incoloy più scambiatore di calore a circolazione di fluido (per riscaldamento o raffreddamento rapido). Lo stativo è costituito da una colonna inox e cilindri telescopici oleopneumatici più sollevamento ed abbassamento del corpo e dispositivo di rovesciamento. 193 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Durante l’esercizio si è notata una non linearità tra la temperatura reale interna del reattore, per intenderci la temperatura di reazione, e la temperatura di settaggio del forno. Così la temperatura di settaggio è stata impostata tenendo conto di tale osservazione, riassunta nella Figura 1: Figura 1 Andamento nel tempo della temperatura del forno dell’autoclave e della temperatura all’interno della camera di reazione. 180 160 Temperatura (°C) 140 120 100 80 60 Temp. Reale interna Temp. Set.forno 40 20 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 Tempo (min) Alla FORSU macinata è stata aggiunta H2O di rete secondo due rapporti di diluizione per procedere alla successiva idrolisi basica: 1. 1 parte di FORSU + 3 parti di H2O (di rete) tale da raggiungere una concentrazione di ST di 134 g/kg . 2. 1 parte di FORSU + 6 parti di H2O (di rete) tale da raggiungere una concentrazione di ST di 76 g/kg . Mentre, per quanto riguarda l’idrolisi acida, sono stati sperimentati quattro rapporti di diluizione: 1. 1 parte di FORSU + 3 parti di H2O (di rete) tale da raggiungere una concentrazione di ST di 134 g/kg . 2. 1 parte di FORSU + 4 parti di H2O (di rete) tale da raggiungere una concentrazione di ST di 108 g/kg . 3. 1 parte di FORSU + 5 parti di H2O (di rete) tale da raggiungere una concentrazione di ST di 90 g/kg . 4. 1 parte di FORSU + 6 parti di H2O (di rete) tale da raggiungere una concentrazione di ST di 76 g/kg 194 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Idrolisi basica Il substrato, macinato e diluito (nei rapporti visti) è stato titolato con NaOH al 40% fino a raggiungere un pH pari a 13. Di seguito sono riportate le curve di titolazione per entrambe le diluizioni. Figura 2 Curva di titolazione basica per campioni con concentrazione di ST pari a 134 g/kg. 18 16 ml NaOH 14 12 10 8 6 4 2 0 0 2 4 6 8 10 12 14 pH Figura 3 Curva di titolazione basica per campioni con concentrazione di ST pari a 76 g/kg. 14 12 ml NaOH 10 8 6 4 2 0 0 2 4 6 8 10 12 14 pH . Il primo caso, relativo alla Figura 2, rappresenta un campione di peso pari a 1 Kg costituito da 250 g di FORSU macinata e 750 ml di acqua di rete. Il pH iniziale del miscuglio FORSU/ACQUA era pari a 5.9 e sono stati necessari 16 ml di NaOH (40%) per raggiungere un pH pari a 13. Durante il processo di titolazione il campione è stato sottoposto ad agitazione meccanica costante per garantire al meglio la distribuzione della soda. Nel secondo caso, Figura 3, il campione, sempre di peso pari a 1 Kg, è costituito da 142 g di FORSU macinata e 852 ml di acqua di rete. Il pH iniziale è anche in questo caso pari a 5.9, e sono stati necessari 12 ml di NaOH (40%) per raggiungere un pH pari a 13. Anche in questo caso l’agitazione meccanica è stata mantenuta costante. 195 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Il composto alcalinizzato è stato posto in autoclave per 1 ora e sono state eseguite varie sperimentazioni a due temperature diverse, 136°C e 150°C. Quindi il quadro generale delle reazioni di idrolisi basica è quello riportato nella Tabella 1: Tabella 1 Prove di idrolisi basica a varie temperature e diverse concentrazioni di ST. Temp.di reazione Tempo di reazione pH ST (g/kg)1 (°C) (h) 134 13 136 1 134 13 150 1 76 13 136 1 76 13 150 1 Concluso il tempo di reazione viene azionato un circuito di raffreddamento. Il fluido dopo la reazione appare molto meno denso e di un colore più scuro rispetto a quello iniziale (soprattutto per la reazione avvenuta a 150 °C). Il pH scende di qualche unità come riportato nella Tabella 2: Tabella 2 Variazione del pH dopo idrolisi basica a diverse temperature e diverse concentrazioni di substrato. Temp.di reazione pH ST (g/kg)2 pH (°C) finale 134 13 136 11 134 13 150 10.3 76 13 136 12 76 13 150 12.91 Il fluido, raffreddato a temperatura ambiente, è stato neutralizzato con HCl (37%). Successivamente è stato centrifugato per 15 minuti a 6000 rpm. Dopo centrifugazione si ottiene un fango, da smaltire in discarica se conforme alla normativa in vigore, e un liquido, che rappresenta il substrato utilizzato per la produzione di idrogeno prima e metano poi. Per stimare l’efficienza dell’idrolisi e scegliere la temperatura da adottare è stato analizzato la frazione liquida dopo centrifugazione in termini di ST, SV, COD, Carboidrati. Idrolisi acida In questo caso sono state fatte più diluizioni rispetto al caso precedente, come già detto all’inizio del capitolo: 1. 1 parte di FORSU + 6 di acqua 2. 1 parte di FORSU + 5 di acqua 3. 1 parte di FORSU + 4 di acqua 1 2 Si intende il contenuto di solidi totali nella miscela diluita FORSU/ACQUA Si intende il contenuto di solidi totali nella miscela diluita FORSU/ACQUA 196 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 4. 1 parte di FORSU + 3 di acqua e, rispettivamente, sono state raggiunte le seguenti concentrazioni di ST(g/kg): 1. 76 g/kg di ST 2. 90 g/kg di ST 3. 108 g/kg di ST 4. 134 g/kg di ST Le varie miscele sono state titolate con HCl al 37% fino a raggiungere un pH pari a 1. Di seguito sono riportate le rispettive curve di titolazione. Figura 4 Curva di titolazione acida per campioni con concentrazione di ST pari a 76 g/kg. 25 HCl (ml) 20 15 10 5 0 7 6 5 4 3 2 1 0 pH Figura 5 Curva di titolazione acida per campioni con concentrazione di ST pari a 90 g/kg. 25 HCl (ml) 20 15 10 5 0 7 6 5 4 3 2 1 0 pH 197 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Figura 6 Curva di titolazione acida per campioni con concentrazione di ST pari a 108 g/kg. 25 HCl (ml) 20 15 10 5 0 7 6 5 4 3 2 1 0 pH Figura 7 Curva di titolazione acida per campioni con concentrazione di ST pari a 134 g/kg. 30 25 HCl (ml) 20 15 10 5 0 7 6 5 4 3 2 1 0 pH Nel primo caso, Figura 4, partendo da un peso di 840 g di miscuglio con un tenore di ST pari a 76 g/kg (120g di FORSU + 720 ml di H2O) sono stati necessari 20ml di HCl (37%) per raggiungere un pH pari ad 1. Nel secondo caso, Figura 5, si parte da un peso di 864 g di FORSU diluita con una concentrazione di ST pari a 90 g/kg (144 g di FORSU, 720 ml di H2O) e sono necessari 22 ml di HCl (37%) per acidificare. Nel terzo caso, Figura 6, per acidificare 900 g di miscuglio contenenti 108 g/kg di ST (180g di FORSU+ 720 ml di H2O) sono necessari anche in questo caso 22 ml di acido. 198 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Quarto, ed ultimo caso, Figura 7, è stato necessario aggiungere 28 ml di HCl per portare a pH 1 960 g di miscuglio con una concentrazione di ST pari a 134 g/kg (240g di FORSU + 720 ml di acqua). Il composto acidificato è stato posto in autoclave per 1 ora e sono state eseguite varie sperimentazioni a due temperature diverse, 136°C e 150°C. Il quadro generale delle reazioni di idrolisi acida è riportato nella Tabella 3: Tabella 3 Prove di idrolisi acida a varie temperature e diverse concentrazioni di ST. ST (g/kg)3 pH Temperatura .di reazione (°C) Tempo di reazione (h) 134 1 136 1 134 1 150 1 108 1 150 1 90 1 150 1 76 1 136 1 76 1 150 1 Trascorso il tempo di reazione è stato azionato un circuito di raffreddamento. Il fluido dopo la reazione appare meno denso e di un colore più chiaro rispetto a quello dell’idrolisi basica (anche per la reazione avvenuta a 150°C). Il pH sale di qualche unità come indicato nella Tabella 4. Tabella 4 Valori del pH dopo l’idrolisi termochimica acida a diverse temperature e differenti diluizioni. pH ST (g/Kg) Temperatura di reazione (°C) dopo l’idrolisi termochimica 134 136 3.2 134 150 2.6 108 150 2.6 90 150 2.5 76 136 3.1 76 150 2.5 Il fluido raffreddato a temperatura ambiente è stato neutralizzato con NaOH (2N). Successivamente è stato centrifugato per 15 minuti a 6000 rpm. Dopo centrifugazione si ottiene un fango, da smaltire in discarica se conforme alla normativa in vigore, e un liquido, che rappresenta il substrato per la produzione di idrogeno prima e metano poi. Per stimare l’efficienza dell’idrolisi e individuare la temperatura da adottare è stato analizzato la frazione liquida dopo centrifugazione in termini di ST, SV, COD, carboidrati. 3 Si intende il contenuto di solidi totali nella miscela diluita FORSU/ACQUA 199 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 1.2.2 Idrolisi della FORSU ottenuta da raccolta differenziata La FORSU è stata sottoposta a due diversi tipi di idrolisi: • trattamento termico a 120°C per 60 minuti: • trattamento acido (pH=1) seguito da trattamento termico a 120°C per 60 minuti L’autoclave utilizzata è quella descritta nel paragrafo 1.2.1. La diluizione scelta è stata: • 1 parte di FORSU + 3 di acqua, corrispondente ad una concentrazione di ST di circa 42.5 g ST/kg. Per il trattamento chimico la FORSU con l’aggiunta di acqua di rete fino alla concentrazione indicata sopra è stata titolata con HCl al 37% fino a raggiungere un pH pari a 1, in misura pari a circa 22 ml per 400 g di FORSU iniziale e 1200 g di acqua. Il fluido raffreddato a temperatura ambiente è stato neutralizzato con NaOH (2N). Successivamente è stato centrifugato per 20 minuti a 7500 rpm. Dalla separazione si ottiene un residuo solido di circa 188 g ed un surnatante chiarificato pari a 1385 g. 2 – Microreattori batch 2.1 Screening microbico Lo screening microbico per l’individuazione delle specie e/o consorzi alto-produttori di idrogeno è stato eseguito impiegando serie di batterie di microreattori anaerobici (da 100 e 250 ml di volume totale) operanti in “batch” in bagno termostatico comune (Figura 8 e Figura 9) con termostato a circolazione e possibilità di impostare condizioni di temperatura elettive per lo scopo (es. 35° C per i batteri mesofili). Figura 8 Batteria di microreattori anaerobici per la stima del potenziale di produzione di H2. 200 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Considerando l’estrema mobilità dell’idrogeno, per le testate dei reattori (bottiglie tipo Schott con collo filettato) sono stati acquisiti dei tappi a vite speciali con ghiera esterna e corpo in Hostaflon & Polipropilene munito di guarnizione in Teflon per la tenuta gas (materiale per HPLC della CPS Analitica) (Figura 10). Tramite fori filettati posti sulla testata (Figura 10) era possibile l’inserzione di dispositivi del tipo “Flangeless nuts” sia per il passaggio di tubi in PTFE (1/8” e/o 1/16”) per convogliare il biogas che per il posizionamento di setti in gomma teflonata per il prelievo di campioni di biogas destinati all’analisi quantitativa gascromatografica dell’idrogeno. Medesima vetreria ed identici dispositivi di chiusura a vite sono stati impiegati per i contenitori di soluzione acquosa di NaCl 10% il cui spostamento veniva utilizzato per quantificare, in cilindri di raccolta graduati, i volumi di biogas prodotto da ogni singolo microcosmo anaerobico (Figura 10). Figura 9 Unità di fermentazione batch: 1. Microreattore anaerobico da 80 ml; 2. Flacone serbatoio (soluz. NaCl 10%); 3. Cilindro di raccolta acqua spostata (biogas prodotto). 1 3 2 Figura 10 Testata di un microreattore: 1. Tappi forati con filettatura, guarnizioni e ghiere; 2. Accessori a vite cavi (passaggio di tubi e setti per prelievi) e pieni (chiusura a tenuta spazio di testa, fori di servizio). 2 1 Per ogni microreattore, una volta inoculato con ceppo e/o consorzio microbico da testare, il pH veniva portato a valori prossimi a 7,0 ± 0,1, mediante aggiunta di NaOH 0,1N o NaCl 0,1N. In seguito si procedeva con misure del potenziale redox, insufflaggio di gas inerte N2 da 201 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici banco, chiusura dei flaconi e posizionamento nel bagno termostatico. Si dava così inizio all’osservazione delle cinetiche di trasformazione. I volumi di acqua spostata dai flaconi serbatoi (pari al biogas prodotto) venivano monitorati per tutto il periodo di produzione ogni 3 ore nell’arco della giornata lavorativa o a partire dal giorno successivo nel caso di produzione prolungata notturna. Contemporaneamente ai rilevamenti dei volumi di gas prodotti si eseguivano analisi GC al fine di valutare la composizione del biogas (% di H2). 2.2 Prove fermentative di produzione di idrogeno Sono state condotte numerose prove di fermentazione in batch allo scopo di individuare il trattamento di idrolisi che consente di massimizzare la resa in idrogeno e garantire l’assenza di composti tossici. 1° run sperimentale Prima di avviare i microreattori si è effettuata una analisi di caratterizzazione sia del substrato (FORSU) che dell’inoculo utilizzato (Tabella 5). Campione Tabella 5 Caratterizzazione del substrato e dell’inoculo, 1° run sperimentale. ST SV Ceneri COD (mg/l) (mg/l) (mg/l) Carboid. (mg/l) FORSU 686500 mg/Kg 347025,7 mg/kg 339474,2 mg/kg / / pH 1 (136°C,2h) 57340 27290 28840 20356 7281,54 pH 13 (121°C,2h) 33320 20260 13050 39413 3800,34 Inoculo 2100 1974 126 / / Per quanto riguarda l’inoculo utilizzato in questo primo run sperimentale, è stato scelto un consorzio scottato metanogenico, ossia un consorzio di batteri sottoposto a scottatura (100 °C per 20 minuti) per l’inibizione dei batteri metanogeni. Lo schema sperimentale adottato per l’allestimento dei microcosmi (volume operativo 80-200 ml) è riportato nella Tabella 6. Tutte le prove sono state effettuate in triplo o in doppio ed i risultati esposti fanno riferimento alle medie. Si è lavorato in assenza di tampone, per individuare il naturale posizionamento del pH, in assenza di fonti azotate aggiuntive, di media inorganici e a concentrazioni di carboidrati variabile. Gli idrolizzati utilizzati in questo primo 202 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici step, sono la frazione liquida ottenuta dalla centrifugazione (12.000 rpm, 6 minuti) del materiale. Carb. (mg/l) 380 760 1300 2400 3600 7200 3000 Tabella 6 Condizioni sperimentali adottate per l’allestimento della batteria di 20 microreattori. Refluo H 20 Campione Inoculo pH Diluizione industriale neutralizzato idrolizzato (ml) iniziale (ml) (ml) pH 13 1/10 19 171 10 6,95 pH 13 1/5 38 152 10 7,01 pH 13 1/3 63 127 10 6,96 pH 1 1/3 25 51 4 7,13 pH 1 1/2 38 38 4 7,15 pH 1 t.q. 76 0 4 7,20 pH 1 + pH 13 1/4 47,5 142,5 10 7,03 2° run sperimentale Per l’allestimento di una nuova tornata di microreattori si è provveduto a mantenere inalterato il substrato utilizzato nel primo run che avevamo precedentemente caratterizzato, mentre si è cambiato l’inoculo per capire quale dei due tipi di microrganismi riuscisse prima a riconoscere la FORSU trattata come il suo substrato di eccellenza nella fermentazione anaerobica. Nella Tabella 7 vengono riportati i dati relativi al substrato e all’inoculo utilizzati. Campione Tabella 7 Caratterizzazione del substrato e dell’inoculo, 2° run sperimentale. ST SV Ceneri COD (mg/l) (mg/l) (mg/l) (mg/l) Carboid. (mg/l) FORSU 686500 (mg/Kg) 347025,7 (mg/kg) 339474,2 (mg/kg) / / pH 1 (136°C,2h) 57340 27290 28840 20356 7281,54 pH13 (121°C,2h) 33320 20260 13050 39413 3800,34 Inoculo 1040 650 390 / / Per quanto riguarda l’inoculo utilizzato in questo run sperimentale, si è scelto un consorzio di origine animale, che per comodità chiameremo Consortium 2. Lo schema sperimentale adottato per l’allestimento dei microcosmi (volume operativo 80-200 ml) è riportato nella Tabella 8. Tutte le prove sono state effettuate in triplo o in doppio ed i risultati esposti fanno riferimento alle medie. In questo caso sono stati allestiti solo 14 microreattori, sono state eliminate le terne a pH 13 con la minore concentrazione di carboidrati, e quelle a pH 1 con l’utilizzo dell’idrolizzato tal quale senza nessuna diluizione. Si è lavorato in assenza di tampone, per individuare il naturale posizionamento del pH, in 203 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici assenza di fonti azotate aggiuntive, di media inorganici e a concentrazioni di carboidrati variabile. Tabella 8 Condizioni sperimentali adottate per l’allestimento della batteria di 14 microreattori. Carb. (mg/l) Campione idrolizzato Diluizione Refluo neutralizzato (ml) 760 1300 2400 3600 3000 pH 13 pH 13 pH 1 pH 1 pH 1 + pH 13 1/5 1/3 1/3 1/2 1/4 38 63 25 38 19 H 20 industriale (ml) 152 127 51 38 57 Inoculo (ml) pH iniziale 10 10 4 4 4 7,01 6,96 7,13 7,15 7,03 3° run sperimentale La terza prova consta nell’allestimento di 22 reattori batch. Nella Tabella 9 vengono riportati i dati relativi al substrato cambiano invece i dati relativi all’inoculo. Tabella 9 Caratterizzazione del substrato e dell’inoculo, 3° run sperimentale. Campione ST (g/l) SV (g/l) Ceneri (g/l) COD (mg/l) Carboid. (mg/l) FORSU 750 (g/Kg) 390 (g/kg) 360 (g/kg) / / Idrolizzato 1+3 197,06 108,38 58,68 90857 102749 280,30 144,44 135,86 87595 96797 74,10 34,91 39,19 26590 55570 223,90 101,44 122,46 91788 102075 57,63 26,16 31,47 16880 91326 1040 650 390 / / pH 1 (136°C,2h) tal quale pH 1 (136°C,2h) frazione liquida pH13 (121°C,2h) tal quale pH13 (121°C,2h) frazione liquida Inoculo Come inoculo è stato utilizzato quello impiegato nella batteria di reattori precedente in quanto già acclimatato a questo tipo di substrato. Lo schema sperimentale adottato per l’allestimento dei microcosmi (volume operativo 200 ml) è riportato nella Tabella 10. Tutte le prove sono state effettuate in triplo o in doppio ed i risultati esposti fanno riferimento alle medie. In questo caso sono stati allestiti 22 microreattori, in cui si è utilizzato substrato contenente 5÷10 mg/l di SV. Il substrato preso in esame è stato la frazione di FORSU diluita 1+3 e macinata, gli idrolizzati acidi e basici rispettivamente a pH 1 e a pH 13, e gli idrolizzati liquidi acidi e basici a pH 1 e pH 13 ottenuti 204 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici dalla separazione mediante centrifuga (12.000 rpm per 6 minuti). Si è lavorato in assenza di tampone, per individuare il naturale posizionamento del pH, in assenza di fonti azotate aggiuntive, di media inorganici e a concentrazioni di carboidrati variabile. Tabella 10 Condizioni sperimentali adottate per l’allestimento della batteria di 22 microreattori. SV (g/l) Campione Diluizione Refluo neutralizzato (ml) 5 Tal quale 1+3 1/20 10 Tal quale 1+3 1/10 5 pH 13* 1/20 10 pH 13* 1/10 5 pH 1* 1/28 10 pH 1* 1/14 10 pH 13** 1/2 10 pH 1** 1/3 * idrolizzato tal quale; ** idrolizzato centrifugato 9,5 19 9,5 19 6,8 13,6 95 63 H 20 industriale (ml) 180,5 171 180,5 171 183,2 176,4 95 127 Inoculo (ml) pH iniziale 10 10 10 10 10 10 10 10 7,30 7,10 7,40 7,20 7,20 7,25 7,45 7,30 4° run sperimentale La quarta prova di produzione di idrogeno mediante l’uso di microreattori batch è stata effettuata modificando il trattamento a cui viene normalmente sottoposta la FORSU secondo quanto visto nelle prime fasi della nostra sperimentazione; si era infatti arrivati alla conclusione che la diluizione migliore a cui sottoporre la FORSU era di 1+3, in modo da permettere una buona macinazione e non inficiare sui costi di un ipotetico impianto a livello industriale con un eccessivo contenuto di acqua. In queste nuove prove si è passati invece a una diluizione del materiale di partenza 1+6, ossia una parte di FORSU e 6 parti di acqua, con l’obiettivo di migliorare quanto più possibile l’attacco acido e basico durante l’idrolisi in modo che aumenti il contenuto di solidi volatili. Nella Tabella 11 vengono riportati i dati relativi al substrato e quelli relativi all’inoculo. Anche in questa quarta prova si è utilizzato l’inoculo più acclimatato. Lo schema sperimentale adottato per l’allestimento dei microcosmi (volume operativo 200 ml) è riportato nella Tabella 12. Tutte le prove sono state effettuate in triplo o in doppio ed i risultati esposti fanno riferimento alle medie. In questo caso sono stati allestiti 24 microreattori, in cui si è utilizzato substrato contenente 5÷10 mg/l di SV. A differenza della batteria precedente sono stati allestiti anche dei reattori con la frazione liquida della FORSU 1+6 tal quale per verificare se i reattori con FORSU non idrolizzata fatica ad avviarsi sia con la frazione solida che con la frazione liquida. 205 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Tabella 11 Caratterizzazione del substrato e dell’inoculo, 4° run sperimentale. Campione ST (g/l) SV (g/l) Ceneri (g/l) FORSU 750 g/Kg 390 g/kg 360 g/kg Idrolizzato 1+6 115,58 52,18 63,40 166,61 73,91 92,7 73,83 41,81 32,02 148,87 45,78 103,09 87,29 33,07 54,22 1040 650 390 pH 1 (136°C,2h) tal quale pH 1 (136°C,2h) frazione liquida pH13 (121°C,2h) tal quale pH13 (121°C,2h) frazione liquida Inoculo Tabella 12 Condizioni sperimentali adottate per l’allestimento della batteria di 24 microreattori. SV (g/l) Campione Diluizione 5 Tal quale 1+6 1/10 10 Tal quale 1+6 1/5 5 pH 13* 1/9 10 pH 13* 1/5 5 pH 1* 1/14 10 pH 1* 1/7 10 Tal quale 1+6 ** 1/5 10 pH 13** 1/4 10 pH 1** 1/3 * idrolizzato tal quale; ** centrifugato Refluo neutralizzato (ml) 17 32 13 24 19 32 32 38 47,5 H 20 industriale (ml) 173 158 177 166 171 158 158 152 142,50 Inoculo (ml) pH iniziale 10 10 10 10 10 10 10 10 10 7,30 7,10 7,40 7,20 7,20 7,25 7,10 7,45 7,30 Si evince subito guardando i due grafici precedenti che ancora una volta la prova conferma quanto visto nelle prove precedenti ossia che i risultati migliori si ottengono a pH 1. 5° run sperimentale Mettendo insieme tutte le informazioni sulle modalità di produzione di idrogeno viste nelle prove precedenti, siamo passati a una nuova batteria di batch in cui sono stati esclusi i reattori con FORSU tal quale e quelli che utilizzano gli idrolizzati tal quali, nel 5° run si sono allestiti 18 reattori con la sola frazione liquida degli idrolizzati, sia acidi che basici e sia con una diluizione 1+3 che con una diluizione 1+6, e con una quantità standard nei reattori di 10 g/l di SV visto che da quanto sperimentato precedentemente le maggiori produzioni di H2 si sono registrate con concentrazioni pari a 10 g/l di SV. 206 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Nella Tabella 13 vengono riportati i dati relativi al substrato e all’inoculo. Tabella 13 Caratterizzazione del substrato e dell’inoculo, 5° run sperimentale. Campione ST (g/l) SV (g/l) Ceneri (g/l) FORSU 842,1 g/Kg 288,5 g/kg 553,6 g/kg 109,2 31,6 77,6 96,8 27,8 69,0 121,0 32,7 88,3 55,6 17,6 38 1040 650 390 pH13 (121°C,2h) 1+3 pH 1 (136°C,2h) 1+3 pH13 (121°C,2h) 1+6 pH 1(136°C,2h) 1+6 Inoculo Per quanto riguarda l’inoculo utilizzato, si è scelto di usare una parte del composto della batteria precedente, utilizzando il composto acido per inoculare i batch con idrolizzato acido e il composto basico per inoculare i batch con idrolizzato basico, una parte è stata presa dall’inoculo originale non ambientato per rinforzar la carica microbica eventualmente esaurita. Lo schema sperimentale adottato per l’allestimento dei microcosmi (volume operativo 80 ml) è riportato nella Tabella 14. Tutte le prove sono state effettuate in triplo ed i risultati esposti fanno riferimento alle medie. In questo caso sono stati allestiti 18 microreattori. Tabella 14 Condizioni sperimentali adottate per l’allestimento della batteria di 18 microreattori. SV (g/l) Campione Diluizione Refluo neutralizzato (ml) 10 10 10 10 10 10 pH 13 (1+3) pH 1 (1+3) Mix (1+3) pH 13 (1+6) pH 1 (1+6) Mix (1+6) 1/3 1/3 2/7 1/3 2/3 3/5 25,3 25,3 21,7 25,3 50,6 45,6 H 20 industriale (ml) 50,6 50,6 54,3 50,6 25,3 30,4 Inoculo (ml) pH iniziale 4 4 4 4 4 4 6,90 7,10 7,05 6,87 7,15 7,20 2.3 Prove metanogeniche Per i test metanogenici è stata impiegata una batteria di sei microreattori anaerobici mesofili in triplo da 100 ml (80 ml di volume operativo) in bagno comune, contenenti flora microbica metanogenica acclimatata, selezionata da fango aerobico e cresciuta su un medium costituito da siero di latte (5 g/l), acetato di sodio (7g/l) e medium di Owen. 207 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 3- Reattore in continuo CSTR Per una prima fase di sperimentazione della fermentazione in continuo è stato assemblato e messo a punto un impianto di laboratorio (Figura 11 e Figura 12) costituito da un “Countinuous Stirred Tank Reactor” anaerobico (CSTR) in vetro con testata in acciaio, con volume totale di 2 litri ed un volume operativo (allo stramazzo) di 1,75 litri, munito delle apparecchiature ancillari necessarie. Figura 11 Reattore CSTR. FT Biogas out Substrate Settler Magnetic stirrer Heating Mixing FEEDING PUMP Figura 12 Reattore Minifors (Infors) con controller pH, temperatura, agitazione. 208 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Il sistema reattoristico (MINIFORS della INFORS HT) (Figura 12) utilizzato è munito di strumentazione con set di impostazione e controllo della temperatura (mediante l’impiego di una resistenza interna), dell’agitazione (rpm) e del pH. Un contatore a sifone (TRITON-WR C low flow rate gas volume meter, modello 181), che serve anche da guardia idraulica, è stato posto all’estremità del condotto collegato con lo spazio di testa del reattore anaerobico anche al fine di evitare l’ingresso di ossigeno (aria) nel sistema. Un dispositivo a T del condotto, con setto in gomma teflonata per prelievi tramite siringa, è stato predisposto per il monitoraggio analitico periodico della composizione del biogas generato dal sistema fermentativo. Per il campionamento dei liquidi è stato previsto un dispositivo di prelievo sulla testata con pescante nella brodocoltura contenuta nel reattore. 4 - Metodi gascromatografici Il contenuto percentuale di H2 e di CH4 nei campioni del biogas prelevati tramite siringa, è stato analizzato con un gascromatografo Agilent Technologies 6890N, equipaggiato con colonna capillare GS-Gaspro (15 m x 0,32 mm id) J&W Scientific, detector in termoconducibilità (TCD) (Figura 13) e carrier gas azoto. Le specifiche del metodo sono descritte in Figura 14, mentre le curve di calibrazione dei gas considerati sono riportate in Figura 15. Figura 13 Foto del gascromatografo utilizzato durante la sperimentazione. 209 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Figura 14 Composizione del biogas: set dei parametri strumentali. La composizione in acidi grassi volatili è stata analizzata tramite il medesimo strumento dotato di detector a ionizzazione di fiamma (FID) mediante colonna capillare Nukol TM (30 m x 0,25 mm id, 0,25 µm film thickness), Supelco, carrier gas elio, previa acidificazione (pH 2,0) ed estrazione con etere etilico della brodocultura finale (rapporto H2O:etere = 2:1) al termine del periodo di incubazione anaerobica (cessazione della produzione di idrogeno). Le specifiche del metodo GC sono esposte in Figura 16. 210 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Figura 15 Curve di calibrazione. 211 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Figura 16 Condizioni strumentali per la determinazione degli acidi volatili. 5- Hydrogen Uptake Per le prove di hydrogen uptake sono stati allestiti set di microreattori (in triplo) del tutto analoghi a quelli precedentemente descritti (privati dei collegamenti per la misura del biogas prodotto) con un volume totale di 500 ml ed un volume operativo di 200 ml. In ciascun microreattore sono stati aggiunti: 176 ml di medium di Owen; 20 ml di tampone fosfato; 4 ml di inoculo (i migliori ceppi idrogeno produttori); carbonato di sodio, in modo da ottenere una concentrazione pari a 2,5 g/l, e nitrato ammonico in misura tale da regolare un rapporto C/N pari a 47. Prima di essere chiusi e posti ad incubare, i microreattori sono stati a lungo insufflati con una miscela di gas contenente il 95% di idrogeno ed il 5% di azoto. La fermentazione è stata protratta per 150 ore (a 35°C ± 1°C sotto leggera agitazione magnetica) durante le quali si è provveduto a prelevare dallo spazio di testa campioni di gas per l’analisi secondo i metodi già descritti. Al fine di valutare le eventuali perdite accidentali di gas dallo spazio di testa dei reattori, è stato preparato anche un controllo abiotico. Periodicamente è stato prelevato il gas dallo spazio di testa ed è stata determinata la concentrazione di idrogeno. Quando è stata registrata una concentrazione costante di idrogeno (dopo circa 150 ore) è stata misurata la concentrazione di acido acetico prodotto all’interno dei reattori. 212 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 6- Trattamento con le resine Al fine di ridurre la concentrazione di cloruri nella soluzione di idrolizzato è stato utilizzato il metodo dello scambio ionico. Lo scambio ionico è un’operazione di trasferimento di materia fra un elettrolita in soluzione e un elettrolita insolubile (resina) posto in contatto con essa. Una resina a scambio ionico può essere dunque idealmente riguardata come una soluzione concentrata di anioni e cationi nella quale una specie ionica è legata a una matrice polimerica insolubile, mentre l’altra specie ionica può essere scambiata con ioni dello stesso segno presenti all’interno della fase liquida. Le resine a scambio ionico, le quali possono essere costituite da materiali naturali o artificiali, vengono distinte, a seconda del gruppo funzionale che può essere scambiato, in resine cationiche e resine anioniche. A loro volta queste possono essere classificate a seconda che il gruppo funzionale (rispettivamente acido e basico) risulti forte o debole. Nella nostra sperimentazione è stata utilizzata una resina anionica forte, la Amberlite IRA 458 Cl della “Carlo Erba Reagenti”, avente una capacità di scambio massima di 1,25 meq/l e una temperatura operativa massima di 35°C. E’ stato anche necessario provvedere al condizionamento della resina con NaOH per renderla adatta al nostro scopo. 6.1 Condizionamento della resina La resina Amberlite IRA 458 Cl si presenta nella forma R-NR3+Cl-, quindi per poterla utilizzare come mezzo di rimozione degli ioni Cl- dalla nostra soluzione idrolizzata, si è provveduto ad un condizionamento con NaOH. La reazione è: R-NR3+Cl- + NaOH → R-NR3+OH- + NaCl (1.1) Considerando che la capacità di scambio della resina rappresenta un valore massimo, la soluzione di NaOH 1,5 N viene impiegata in eccesso rispetto al quantitativo risultante da questo calcolo: (ml di resina * capacità di scambio) / normalità della soluzione di NaOH = ml di soluzione da usare (400*1,25) / 1500 = 0,33 l (1.2) Il condizionamento viene eseguito utilizzando un beaker da 800 ml nel quale si fa avvenire lo scambio ionico tra 400 ml (300 g circa) di resina e 1000 ml di soluzione di NaOH 1,5 N. Sono stati eseguiti 3 cicli così costituiti: si introducono nel recipiente 500 ml di una soluzione di NaOH 1,5 N e la resina da trattare, vengono lasciati riposare per circa 12 ore, in seguito il 213 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici contenuto del recipiente viene filtrato, si nota come circa metà della soluzione di NaOH rimane imbibita nella resina, e quindi si provvede alla sostituzione della soluzione di NaOH necessaria per portare a volume iniziale, aggiungendola nel beaker insieme alla resina trattenuta dal filtro. Nell’ultimo ciclo la resina trattenuta nel filtro viene sottoposta a lavaggio con abbondante acqua ultrapura e poi essiccata in stufa ad una temperatura costante non superiore ai 50°C. 6.2 Trattamento della FORSU idrolizzata Sempre considerando che la capacità di scambio nota della resina è quella massima, si procede utilizzandola in eccesso rispetto al valore ottenuto tramite il seguente calcolo: ((ml idrolizzato⋅[Cl-]) / peso equivalente Cl-) / capacità di scambio = ml di resina da utilizzare ((350⋅13,5) / 35,45) / 1,25 = 106,6 ml (1.3) L’idrolizzato da trattare viene versato in un beaker da 500 ml contenente la resina condizionata: nel recipiente si inseriscono 350 ml di idrolizzato e 270 ml (200 g circa) di resina condizionata e si lascia a riposo il tutto per 36 ore. Vengono prelevati dei campioni di soluzione ad inizio e a fine trattamento per caratterizzare l’effluente e per determinare la concentrazione dei cloruri al fine di verificarne l’effettiva riduzione. 6.3 Prove di fermentazione in batch Sono state allestite una serie di microreattori batch allo scopo di valutare l’effetto della concentrazione dei cloruri sulla resa di conversione in idrogeno della FORSU idrolizzata. Le caratteristiche della FORSU (idrolizzata a pH=1, T=150°C e concentrazione di solidi pari a 78 g ST/kg) utilizzata sono riportate nella Tabella 15. Tabella 15 Caratterizzazione FORSU idrolizzata impiegata come substrato nelle prove di fermentazione in batch. ST (g/l) SV (g/l) COD (g/l) Carboidrati Cloruri (g/l) 37 23.1 19.64 6.85 13.5 Le prove sono state realizzate tutte il triplo utilizzando lo schema riportato in Tabella 16 ed impiegando sia la FORSU idrolizzata tal quale sia quella sottoposta a trattamento di scambio ionico sulla resina. Come inoculo è stato impiegato in misura pari al 2.5% v/v il consorzio misto già descritto nelle prove precedenti. 214 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici reattore 1 2 3 4 Tabella 16 Schema allestimento dei reattori batch. FORSU (ml) Owen (ml) Carboidrati (g/l) 78 6.85 60 18 5.15 78* 4.31 60* 18 3.24 Cloruri (mM) 380.82 286.33 84.06 63.2 * idrolizzato sottoposto a trattamento di scambio ionico. 7- Metodi analitici 7.1 Carboidrati totali Le stime delle concentrazioni dei carboidrati totali, iniziale e finale, durante la fermentazione e quindi della specifica degradazione percentuale, sono state eseguite per via spettrofotometrica impiegando il metodo colorimetrico del Fenolo/Acido solforico (campione filtrato 1,0 µm, reagenti: 4,5% soluzione acquosa di fenolo 5% + 95,5 % H2SO4, assorbanza nel giallo/arancio a 492 nm, standard amido/xilosio 1/1 in peso a concentrazione nota, spettrofotometro HACH DR/2010). Infatti i carboidrati danno una colorazione arancio quando reagiscono con il fenolo e l’acido solforico concentrato. L’intensità della colorazione è proporzionale alla concentrazione dei carboidrati totali presenti e la sua assorbenza può essere misurata a 492 nm. Il livello dei carboidrati totali è stato determinato facendo riferimento a curve standard (Figura 17) relative all’amido e allo xilosio. Per l’esecuzione del test si prelevano 5 ml di campione e si diluiscono con acqua industriale. Essendo l’amido poco solubile si effettua la cosiddetta salda d’amido: i campioni vengono posti in bagno ad 80°C per 30 minuti. In seguito se ne prelevano 2 ml e vi si aggiungono 1cc di reagente fenolo-acido solforico. Le cuvette riempite vengono fatti riposare per 10 minuti a temperatura ambiente e poi posti in bagno di acqua per un quarto d’ora per raffreddare. Ultimo passo è quello di disporli in uno spettrofotometro per leggerne l’assorbanza a 492 nm. Data l’assorbanza, attraverso delle curve standard di taratura per amido e xilosio, si ricavano le concentrazioni dei carboidrati (non dimenticando il fattore di diluizione) che poi vengono mediate per il numero di repliche-campione utilizzate. 215 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Figura 17 Curve standard per la determinazione dei carboidrati. Lo spettrofotometro (Figura 18) è uno strumento in grado di separare le componenti di un fascio di luce, quindi di rivelare e registrare le variazioni di energia radiante che si hanno quando la luce monocromatica attraversa un campione. Tali variazioni, per campioni diluiti, sono regolate dalla legge di Lambert e Beer la quale afferma che la diminuzione dell’intensità luminosa di un raggio che attraversa un campione è proporzionale alla concentrazione delle sostanze che assorbono a quella lunghezza d’onda. Da misure spettrofotometriche, effettuate nel campo del visibile, per particolari lunghezze d’onda, si può quindi risalire alla concentrazione di sostanze presenti in soluzione (nel nostro caso ammoniaca, nitriti, nitrati ed altro) che, attraverso pretrattamenti chimici, formano composti colorati e stabili. Figura 18 Spettrofotometro utilizzato nel corso del lavoro. 216 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Le parti essenziali di uno spettrofotometro sono: • la sorgente di energia radiante, generalmente una lampada a tungsteno per il visibile (400÷800 nm) ed a idrogeno o deuterio per l’ultravioletto; • il monocromatore, dispositivo per isolare bande ristrette di lunghezze d’onda; • la cella di misura che contiene la soluzione da esaminare; • l’elemento fotosensibile, per il rilevamento e la misura dell’energia radiante residua. La luce proveniente dalla lampada a tungsteno viene focalizzata su di uno specchio collimatore posto diagonalmente a 45°, rispetto alla fenditura dell’entrata. Il raggio di luce passa successivamente attraverso un diaframma, con il quale si può regolare al 100% il valore della trasmittanza, attraverso un otturatore, un sistema di lenti ed una fenditura. Il raggio uscente da quest’ultima entra nel monocromatore del tipo a reticolo di diffrazione che, opportunamente orientato rispetto alla luce incidente, consente di ottenere un raggio monocromatico. Tale raggio, dopo il passaggio attraverso una fenditura di ampiezza costante e una lente convergente, giunge al campione. Il raggio emergente viene raccolto da un fotomoltiplicatore che produce un segnale elettrico di intensità proporzionale all’intensità luminosa. 7.2 Azoto Totale (Kjeldahl) Il metodo di Kjeldahl per la determinazione dell’azoto totale, consiste nel convertire l’azoto organico e l’ ammoniaca in solfato d’ammonio, con acido solforico caldo e concentrato, impiegando come catalizzatori dei Sali di Cu, Hg, Se (in alcuni casi H2O2). Aggiungendo un eccesso di NaOH, si libera NH3 che viene raccolta in un pallone contenente una quantità di acido a concentrazione nota. L’eccesso di acido rimasto viene retrotitolato con una base. Il valore ottenuto da questa analisi è la massa di azoto per l o per kg di campione. Di fatto è la somma dell’ammoniaca libera e dell’azoto organico. Noto il valore dell’ammoniaca (es. per predistillazione prima della digestione) si può ricavare direttamente l’azoto organico. Da questo tipo di determinazione inoltre si ricava il contenuto di sostanza proteica moltiplicando il valore di concentrazione dell’azoto per 6,25%. 217 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 7.3 Azoto ammoniacale Il metodo (range di misura 0-50 mg NH3) consiste nella misura colorimetrica (655 nm) di diluizioni seriali del campione di brodocoltura dopo aggiunta di specifici reagenti HACH (cianuro e salicilato). Metodo HACH; colorimetro HACH DR/20/0. Le determinazioni relative agli altri parametri chimici, fisici e biologici utilizzati quali COD, Solidi Totali e Volatili, Solidi Sospesi Totali e Volatili, sono state realizzate conformemente alle metodiche degli “Standard Methods for Examination of Water and Wastewater”, APHA AWWA WEF pub., 20th edition, 1998. Figura 19 Strumento per la determinazione del TKN. 7.4 Richiesta biochimica d’ossigeno (BOD5) Il BOD (Biochemical Oxygen Demand) misura l’ossigeno richiesto, dai batteri e da altri microrganismi contenuti nel campione, per l’ossidazione biochimica delle sostanze ivi contenute quindi la biodegradabilità della parte organica. Dato che la completa biodegradazione della parte organica richiede un periodo di incubazione troppo lungo (intorno a 20 giorni), nella pratica tale periodo viene ridotto a cinque giorni. Durante l’incubazione il campione, tal quale o mescolato con acqua di diluizione, viene inoculato e mantenuto al buio alla temperatura di 20°C. I principali microrganismi interessati in questo processo sono i batteri eterotrofi e quelli nitrificanti. I primi utilizzano carbonio organico per la varie attività vitali (accrescimento, respirazione e riproduzione); i secondi invece utilizzano i composti 218 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici ossidabili dell’azoto (ammoniaca e nitriti) come fonte energetica. La misura del BOD5 viene effettuata misurando all’inizio e al termine (dopo 5 giorni) del periodo d’incubazione la concentrazione dell’ossigeno disciolto. L’impoverimento dell’ossigeno, espresso in mg/l di O2, corrisponde alla misura del BOD5. 7.5 Chemical Oxigen Demand Il COD rappresenta la richiesta di ossigeno necessaria per l'ossidazione chimica delle sostanze organiche ed inorganiche disciolte e/o sospese in acqua. Questo parametro, come il BOD, viene principalmente usato per la stima del contenuto organico e quindi del potenziale livello di inquinamento delle acque naturali e di scarico. Un alto valore del COD di uno scarico comporta una riduzione dell’ossigeno disciolto nel corpo idrico ricettore e quindi una riduzione della capacità di autodepurazione e di sostegno delle forme di vita presenti. Il processo naturale di ossidazione viene simulato in laboratorio facendo uso di un ossidante energico, attivo cioè sulla maggior parte delle sostanze sia organiche che inorganiche. Il COD si misura in mg O2/l. la concentrazione delle sostanze organiche ed organiche presenti è proporzionale alla quantità di dicromato di potassio utilizzato. Kit per la misura del COD con sensibilità = 0 ÷ 1˙500 mg/l COD Il metodo, utilizzato durante la sperimentazione per la misura del COD, è applicabile ad acque naturali e di scarico, sia urbane che industriali. La reazione colorimetrica per la determinazione della concentrazione del COD si basa sulla riduzione del cromo esavalente (giallo) a trivalente (verde) per effetto di sostanze ossidabili contenute nell’acqua, in presenza di un adatto catalizzatore (solfato di argento). Il mercurio solfato contenuto nelle provette serve a mascherare i cloruri (fino a 2˙000 mg/l) presenti nel campione. I limiti di concentrazione degli ioni estranei tollerabili nel campione dal metodo sono: • Cromati: >5 mg/l; • Nitriti: >10 mg/l; • Solfiti: >25 mg/l; • Acqua ossigenata: >50 mg/l; • Ioduri e Cromo (III): >75 mg/l; 219 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici • Bromuri: >500 mg/l; • Cloruri: >2˙000 mg/l. Qualora le concentrazioni dello ione interferente fossero più elevate, è consigliabile diluire il campione in esame oppure eseguire il test utilizzando il metodo dello standard interno (lettura del campione con l’aggiunta di una quantità nota di una soluzione standard di COD preparata come descritto più avanti). Il reattivo impiegato in questo metodo è: reattivo “COD 10÷160”: Acido solforico, Mercurio solfato -ico. I passi da seguire per la determinazione del COD con questo metodo sono i seguenti: 1) accendere il termoreattore 30 minuti prima dell’utilizzo e impostare la temperatura desiderata a 148°C; 2) prelevare la provetta contenete il reattivo “COD 10÷160” e, mantenendola in posizione obliqua, introdurre, con l’ausilio di una pipetta, 2 ml del campione di acqua da analizzare; 3) chiudere bene la provetta avvitando il tappo ed inserirla nel tubo protettivo in materiale plastico in quanto la provetta si surriscalda (è consigliabile l’uso degli occhiali protettivi); 4) agitare il tubo protettivo per miscelare il contenuto della provetta; 5) togliere la provetta dal tubo di protezione ed introdurla in uno dei vani da 16 mm del termoreattore; regolare il timer a 120 minuti; 6) a reazione scaduta (120’), togliere la provetta; dopo 10 minuti agitare e lasciarla raffreddare fino a temperatura ambiente (circa 20’). Si deve ora inserire il bianco nel portaprovette dello spettrofotometro e selezionare la metodica corrispondente alla determinazione del COD; così facendo, viene caricato il valore (precedentemente memorizzato) della lunghezza d’onda da usare per la misura: nel caso del COD questa è di 445 nm. Fatto questo, lo strumento fissa lo zero di COD attribuendolo alla concentrazione riscontrata nel bianco precedentemente inserito. Bisogna a questo punto sostituire il bianco con la provetta prima preparata (contenente il campione). Lo spettrofotometro è ora in grado di visualizzare sul display il valore dell’assorbanza e della corrispondente concentrazione di COD. Esiste, infatti, una correlazione (per ciascuna lunghezza d’onda) tra assorbanza e concentrazione; questa viene utilizzata in automatico dallo strumento ed è, come si può vedere in Figura 20, di tipo lineare. 220 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Assorbanza Figura 20 Relazione tra assorbanza e concentrazione per la misura del COD (sensibilità:10/160 mg/l COD). -0,05 -0,15 -0,25 -0,35 -0,45 -0,55 0 50 100 150 Concentrazione in ppm Questo metodo possiede, come anticipato, un range di misura che va da 10 a 160 mg/l COD; per campioni con concentrazioni maggiori si deve ricorrere ad una diluizione tale da rientrare nell’intervallo del metodo e poi tenerne conto nel calcolo della concentrazione finale. E’ molto importante dopo aver tolto la provetta dal termoreattore, eseguire le seguenti operazioni: • dopo 10 minuti, agitare la provetta per rendere omogenea la soluzione; • lasciarla raffreddare fino a circa 20÷30°C (circa 30 minuti) evitando l’uso di acqua e/o ghiaccio; • controllare che le pareti della provetta siano ben pulite prima di effettuare la lettura fotometrica; • controllare la formazione, dopo la reazione, di eventuali intorbidamenti perchè questi possono dare valori di COD inferiori a quelli reali; • attendere che la soluzione diventi limpida. E’ possibile controllare la validità del risultato analitico, e quindi l’efficienza dell’apparecchiatura e la rispondenza dei reagenti, impiegando una soluzione standard di potassio ftalato acido a concentrazione nota come riportato qui sotto: Preparazione della soluzione standard di COD (2˙000 mg/l) Reattivi occorrenti: • potassio ftalato acido RS; • acqua bidistillata RPE; • acido solforico 96% RPE-ISO; • sciogliere 1,7 g di potassio ftalato acido (essiccato per 2 ore in stufa a 110°C), in 500 ml di acqua bidistillata e aggiungere 3 ml di acido solforico 96%. A questo punto si porta a volume sempre con acqua bidistillata fino ad ottenere il volume di 1 litro. Diluire la soluzione standard ottenuta a 50 e a 100 mg/l di COD e analizzare seguendo il procedimento seguito per il campione. La soluzione è stabile per una settimana circa. 221 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 7.6 Cloruri La determinazione degli ioni cloruro nei campioni nasce dall’esigenza di capire fino a che punto la loro presenza possa influire nel calcolo del COD. La procedura analitica si basa sulla determinazione degli ioni cloruro mediante titolazione con soluzioni di nitrato di argento (AgNO3) 0,1 M in soluzione neutra o leggermente alcalina utilizzando cromato di potassio (K2CrO4) come indicatore. In tali condizioni lo ione cloruro precipita quantitativamente come cloruro d’argento (AgCl) di colore bianco azzurrognolo e, successivamente, si ha formazione di cromato d’argento (Ag2CrO4) di colore rosso (indicatore). Si è proceduto come segue: generalmente la procedura annovera 100 ml di campione ma visto la concentrazione del nostro materiale abbiamo prelevato 3 ml di campione e poi portati a volume di 100 ml con acqua distillata; il tutto viene poi trasferito in una beuta da 250 ml, si introduce una barretta magnetica e alcune gocce di fenolftaleina4 e la si mette su un agitatore magnetico. Si porta a viraggio la fenolftaleina mediante l’aggiunta di sodio idrossido (NaOH), a questo punto si aggiunge 1 ml di cromato di potassio (K2CrO4) e si titola con AgNO3 0,1 N aggiunto goccia a goccia fino a viraggio persistente (colore bruno-rossastro). Il contenuto di ioni cloruro, espresso come mg/l di Cl- è dato dalla seguente formula: Cl- = V 1 ∗ M ∗ 35,43 ∗1000 V0 (1.4) dove: Vo = volume in ml di campione prelevato per le analisi V1 = volume in ml di nitrato di argento (AgNO3) 0,1 M M = molarità effettiva di nitrato d’argento (AgNO3) 35,453 = peso atomico dello ione cloruro (Cl-). 7.7 Solfati Il solfato viene precipitato in ambiente acido per acido cloridrico come solfato di bario. La precipitazione viene eseguita ad una temperatura vicina a quella di ebollizione e, dopo un periodo di digestione, il precipitato viene filtrato, lavato con acqua esente da cloruri, seccato, calcinato e pesato come BaSO4. Si debbono utilizzare solo reattivi puri per analisi. 4 indicatore colorimetrico già incontrato nella fase di distillazione nella determinazione del TKN. 222 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Acqua esente da solfati e cloruri Per la preparazione dei reattivi è opportuno impiegare acqua bidistillata o deionizzata e distillata. Soluzione di indicatore al metilarancio Sciogliere 0,05 g di metilarancio in acqua e diluire a 100 ml. Acido cloridrico 1+1 Diluire un volume di acido cloridrico (HCl) (d=1,19) con un ugual volume di acqua. Soluzione di cloruro di bario Sciogliere 100 g di cloruro di bario (BaCl2·2H2O) in un litro d’acqua. Reattivo nitrato d’argento-acido nitrico Sciogliere 8,5 g di nitrato d’argento (AgNO3) e 0,5 ml di acido nitrico (HNO3) concentrato (d=1,40) in 500 ml di acqua. Acido fluoridrico concentrato (HF) al 48-50% Filtrare l’acqua in esame, se torbida, su filtro a filtrazione lenta. Prelevare un’aliquota di campione il cui contenuto di ione solfato sia di circa 40 mg. Aggiungere qualche goccia di indicatore e quindi acido cloridrico fino a viraggio. Portare il volume a 200÷300 ml per diluizione con acqua o per evaporazione. Aggiungere ancora 2 ml di acido cloridrico. Riscaldare il campione quasi all’ebollizione e sotto agitazione aggiungere lentamente la soluzione bollente di cloruro di bario fino a precipitazione completa. Aggiungere ancora altri 2 ml di soluzione di cloruro di bario vicino all’ebollizione. Far digerire il precipitato bianco di solfato di bario a 80÷90°C, preferibilmente per una notte intera, ma comunque per non meno di due ore. Filtrare quantitativamente per filtrazione lenta attraverso un filtro di carta per analisi e lavare il precipitato con acqua calda fino a che le acque di lavaggio siano praticamente esenti da cloruri, dopo verifica con il reattivo acido nitrico-nitrato d’argento. Essiccare il filtro con il precipitato e trasferire il tutto in un crogiolo di platino portato a peso costante; carbonizzare il filtro lentamente evitando che s’infiammi mantenendo il crogiolo inclinato. Calcinare quindi a 800°C per circa un’ora, avendo cura che il carbone sia completamente scomparso. Raffreddare e aggiungere qualche goccia di acido fluoridrico. Calcinare di nuovo a 800°C, raffreddare in essiccatore e pesare fino a peso costante. Se la silice non è presente o se è stata preventivamente eliminata, il trattamento con acido fluoridrico non si rende necessario; in tal caso, la calcinazione del precipitato può essere eseguita in crogiolo di porcellana. La concentrazione (C) dello ione solfato espressa in mg/l è data dall’espressione: C= P⋅f V (1.5) 223 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici dove: P = peso di solfato di bario (mg); V = volume di campione (l); f = rapporto tra il peso molecolare del solfato (SO42-) e il peso molecolare del solfato di bario. 7.8 Ortofosfati Gli ioni ortofosfato reagiscono con il molibdato di ammonio ed il potassio antimoniltartrato, in ambiente acido, formando un eteropoliacido che viene ridotto con acido ascorbico a blu di molibdeno, intensamente colorato, la cui assorbanza viene misurata alla lunghezza d’onda di 882 nm. Tutti i reattivi debbono essere di grado analitico, e l’acqua usata deve essere bidistillata o deionizzata e distillata. Soluzione di molibdato di ammonio Sciogliere 9,5 g di eptamolibdato (VI) di esammonio tetraidrato [(NH4)6Mo7O24⋅4H2O] in 100 ml di acqua. La soluzione, conservata in bottiglia di polietilene fuori del contatto con la luce, è stabile per molti mesi. Soluzione di acido solforico 4,5 M Versare cautamente e sotto raffreddamento 250 ml di H2SO4 concentrato (d=1,84) in un matraccio tarato da 1000 ml contenente circa 600 ml di acqua; lasciar raffreddare e quindi portare a volume. La soluzione viene conservata in bottiglia di vetro. Soluzione di acido ascorbico Sciogliere 7 g di acido ascorbico (C6H8O6) in 100 ml di acqua. La soluzione deve essere conservata in bottiglia di polietilene ed in frigorifero quando non è utilizzata. In tal modo è stabile per una settimana. Soluzione di potassio antimonil tartrato Sciogliere 3,25 g di potassio antimonil tartrato emiidrato in 100 ml di acqua, scaldando se necessario. La soluzione, conservata in bottiglia di vetro o di plastica, è stabile per molti mesi. Reagente misto Aggiungere 45 ml della soluzione di molibdato di ammonio a 200 ml di acido solforico e 5 ml di potassio antimonil tartrato. Agitare dopo ogni aggiunta. Soluzione concentrata di fosforo (1 mL = 0,1 mg di P) 224 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Sciogliere con acqua 0,4393 g di diidrogenofosfato di potassio anidro (KH2PO4) seccato a 105°C e diluire con acqua a 1000 ml in matraccio tarato. Conservare la soluzione in bottiglia scura, previa aggiunta di 1 ml di cloroformio. La soluzione è stabile per molti mesi. Soluzione diluita di fosforo (1 ml = 0,001 mg di P) Prelevare 10,0 ml della soluzione concentrata e diluire a 1000 ml con acqua in matraccio tarato. In una serie di matracci tarati da 50 ml introdurre, ad esempio, 1 ml; 2,5 ml; 5 ml e 10 ml della soluzione diluita di fosforo e portare a volume con acqua. In questo modo si ottengono soluzioni contenenti 0,02 mg/l; 0,05 mg/l; 0,100 mg/l e 0,200 mg/l di fosforo. Preparare inoltre un bianco con 50 ml di acqua deionizzata. Aggiungere 1,5 ml di reagente misto, quindi 1,5 ml di acido ascorbico, agitando adeguatamente. Dopo 5 minuti ed entro due ore dall’aggiunta dei reattivi misurare, a temperatura non inferiore a 20°C, le assorbanze delle soluzioni alla lunghezza d’onda di 882 nm. Prelevare 50 ml di campione e introdurli in un matraccio tarato da 50 ml. Aggiungere 1,5 ml di reagente misto, quindi 1,5 ml di acido ascorbico, agitando adeguatamente. Dopo 5 minuti ed entro due ore dall’aggiunta dei reattivi misurare, a temperatura non inferiore a 20°C, l’assorbanza del campione alla lunghezza d’onda di 882 nm. In genere il valore del bianco è dell’ordine di 0,010 unità di assorbanza, utilizzando celle con cammino ottico di 10 cm. Qualora si trovino valori di bianco troppo alti, si devono controllare la vetreria e i reattivi utilizzati, in particolare la soluzione di molibdato di ammonio. La retta di taratura si ottiene tramite il calcolo della regressione lineare, con le concentrazioni (mg/l) in ascissa e le assorbanze corrispondenti, corrette del bianco dei reattivi, in ordinata. La regressione può essere considerata accettabile se la deviazione standard della retta stimata è inferiore al 10%. Calcolare quindi la concentrazione di ortofosfato nel campione utilizzando l’equazione ottenuta, tenendo conto dell’eventuale diluizione effettuata. 7.9 Fosforo totale Il metodo si basa su una preliminare trasformazione di tutti i composti del fosforo, organici ed inorganici, a ortofosfati mediante mineralizzazione acida con persolfato di potassio. Eventuali fosfati di metalli pesanti presenti in composti particolarmente resistenti all’attacco dei reagenti potrebbero non essere solubilizzati. 225 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Gli ioni ortofosfato vengono quindi fatti reagire con il molibdato d’ammonio ed il potassio antimoniltartrato, in ambiente acido, in modo da formare un eteropoliacido che viene ridotto con acido ascorbico a blu di molibdeno, la cui assorbanza viene misurata alla lunghezza d’onda di 882 nm. La determinazione del fosforo totale viene generalmente effettuata sul campione tal quale; qualora si sia interessati al fosforo totale disciolto il campione deve essere filtrato, possibilmente subito dopo il prelievo, su filtro a membrana da 0,45 µm esente da fosfati. Tutti i reagenti debbono essere di grado analitico e l’acqua usata deve essere bidistillata o deionizzata e distillata. Soluzione di molibdato di ammonio Sciogliere 9,5 g di eptamolibdato (VI) di esammonio tetraidrato in 100 ml di acqua. La soluzione, conservata in bottiglia di polietilene fuori del contatto con la luce, è stabile per molti mesi. Soluzione di acido solforico 4,5 M Versare cautamente e sotto raffreddamento 250 ml di H2SO4 concentrato (d=1,84) in un matraccio tarato da 1000 ml contenente circa 600 ml di acqua; lasciar raffreddare e quindi portare a volume. La soluzione viene conservata in bottiglia di vetro. Soluzione di acido ascorbico Sciogliere 7 g di acido ascorbico (C6H8O6) in 100 ml di acqua. La soluzione deve essere conservata in bottiglie di polietilene ed in frigorifero quando non è utilizzata. In tal modo è stabile per una settimana. Soluzione di tartrato di ossido di antimonio e potassio Sciogliere 3,25 g di potassio antimonil tartrato emiidrato in 100 ml di acqua, scaldando se necessario. La soluzione, conservata in bottiglia di vetro o di plastica, è stabile per molti mesi. Reagente misto Aggiungere 45 ml della soluzione di molibdato di ammonio a 120 ml di acido solforico e 5 ml di potassio antimonil tartrato. Agitare dopo ogni aggiunta. Soluzione concentrata di fosforo (1 ml = 0,1 mg di P) Sciogliere con acqua 0,4393 g di diidrogenofosfato di potassio anidro (KH2PO4) seccato a 105°C e diluire con acqua a 1000 ml in matraccio tarato. Conservare la soluzione in bottiglia scura, previa aggiunta di 1 ml di cloroformio. La soluzione è stabile per molti mesi. Soluzione diluita di fosforo (1 ml = 0,001 mg di P) Prelevare 10,0 ml della soluzione concentrata e diluire a 1000 ml con acqua in matraccio tarato. 226 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Soluzione di persolfato di dipotassio Sciogliere 5 g di persolfato di potassio (K2S2O8) in 100 ml di una soluzione contenente 15 ml di acido solforico 4,5 M. La soluzione, conservata in recipienti di polietilene, protetti dalla luce, è stabile per una settimana. Soluzione di fenolftaleina Sciogliere 0,5 g di fenolftaleina in una miscela di 50 ml di etanolo e 50 ml di acqua. In una serie di 5 beute con tappo a vite introdurre, ad esempio, 5 ml; 10 ml; 15 ml e 20 ml della soluzione diluita di fosforo, che vengono portati a volume di 50 ml con acqua. In questo modo si ottengono soluzioni contenenti 0,1 mg/l; 0,2 mg/l; 0,3 mg/l e 0,4 mg/l. Preparare inoltre un bianco con 50 ml di acqua deionizzata. Sottoporre queste soluzioni allo stesso trattamento previsto per il campione, a partire dall’aggiunta del persolfato di potassio. Omogeneizzare il campione e prelevare esattamente 50 ml. Per concentrazioni elevate prelevare un’aliquota di campione inferiore a 50 ml, diluire con acqua ad un volume opportuno e prelevare 50 ml. Introdurre nella beuta Pyrex con tappo a vite i 50 ml. Aggiungere una goccia di fenolftaleina; se la soluzione si colora in rosso, aggiungere acido solforico 4,5 M, goccia a goccia, fino a decolorazione della soluzione. Quindi addizionare 2 ml di soluzione di persolfato di potassio e trasferire le beute ben tappate in autoclave. Procedere all’ossidazione a 120°C per 30 minuti. Lasciar raffreddare le soluzioni e quindi aggiungere 1,5 ml di reagente misto e 1,5 ml di acido ascorbico, agitando adeguatamente. Dopo 5 minuti ed entro due ore dall’aggiunta dei reattivi misurare, a temperatura non inferiore a 20°C, l’assorbanza del campione alla lunghezza d’onda di 882 nm. Per la valutazione del bianco dei reattivi occorre procedere esattamente come descritto poco sopra, dove al posto del campione si prelevano 50 ml di acqua. In genere il valore del bianco è dell’ordine di 0,010 unità di assorbanza, utilizzando celle con cammino ottico di 10 cm. Qualora si trovino valori di bianco troppo alti, si devono controllare la vetreria e i reattivi utilizzati, in particolare la soluzione di molibdato di ammonio. La retta di taratura si ottiene tramite il calcolo della regressione lineare, con le concentrazioni (mg/l) in ascissa e le assorbanze corrispondenti, corrette del bianco dei reattivi, in ordinata. La regressione può essere considerata accettabile se la deviazione standard della retta stimata è inferiore al 10%. Calcolare quindi la concentrazione di ortofosfato nel campione utilizzando l’equazione ottenuta, tenendo conto dell’eventuale diluizione effettuata. 227 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 7.10 pH ed rH Il pH di una soluzione è definito come il cologaritmo dell’attività degli ioni idrogeno espressa in g-ione/l: pH = - log10 (H+) (1.6) La determinazione è basata sulla misura della differenza di potenziale ai capi di una catena galvanica (pila elettrochimica) costituita da un elettrodo sensibile all’attività degli ioni idrogeno e da un elettrodo di riferimento. Di solito come sensore di pH viene utilizzato un elettrodo a vetro. In pratica non essendo possibile misurare l’attività degli ioni H3O+, il pH è stato convenzionalmente definito: pH = pHs + (E-Es)⋅F/2,03RT (1.7) dove: -pHs è il pH di una soluzione tampone; -Es è il potenziale dell’elettrodo di misura quando è immerso nella soluzione tampone; -E è il potenziale dell’elettrodo di misura quando è immerso nella soluzione di ci si vuole misurare il pH; -F è la costante di Faraday (23,060 cal/V equivalente); -R è la costane dei gas perfetti (1,987 cal /°C mole); -T è la temperatura assoluta in gradi Kelvin. Il suo valore dipende da numerose variabili come la composizione ionica dell’acqua, il tipo di equilibrio acido-base, la temperatura, ecc. Il suo controllo è molto importante perché quasi tutti i trattamenti di potabilizzazione sono influenzati dal pH, così come le proprietà incrostanti e corrosive di un’acqua. Nel nostro caso è importante per stabilire le condizioni ottimali di fermentazione. Occorre ricordare che la presenza di materiale colloidale sospeso, attraverso fenomeni elettrocinetici di interfaccia può influire in modo sensibile sulla determinazione del pH. Colore, torbidità ed elevata salinità no interferiscono sulla misura, mentre oli, sostanze grasse e solidi sospesi possono influenzare la risposta strumentale poiché tendono a depositarsi sulla superficie dell’elettrodo a vetro. I solidi depositati possono essere rimossi con HCl diluito 1:10. Il pH è una grandezza variabile con la temperatura il cui effetto può essere controllato utilizzando il sistema di termocompensazione in dotazione col pH-metro. 228 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici La determinazione dell’rH (potenziale redox) può fornire utili indicazioni sullo stato di ossidazione del campione in esame. All’aumentare del potenziale redox aumenta lo stato di ossidazione. In soluzione acquosa la determinazione dell’rH si basa sulla seguente reazione: 2H+ + 2e- ÅÆH2 (1.8) È possibile determinare rH potenziometricamente attraverso la misura della differenza di potenziale tra un elettrodo inerte di platino lucido (elettrodo donatore o accettare di elettroni) su cui avviene la reazione sopradescritta ed un elettrodo normale ad idrogeno (elettrodo di riferimento). rH = (E/29) + 2pH (1.9) dove E = f.e.m espressa in mV All’atto pratico l’impiego di un normale elettrodo a idrogeno non è molto agevole, per cui si preferisce ricorrere all’uso di altri sistemi standard di riferimento, come l’elettrodo a calomelano saturo. Nel corso della sperimentazione si è fatto uso di pHmetro Millivoltmetro digitale e termometro digitale (Model 334 – B) della AMEL INSTRUMENTS con relativi elettrodi di platino combinati per la misurazione di potenziale redox e pH con entrambe il diametro di 12 mm. La scala di misura da 0 a 15 unità di pH ha risoluzione costante di ±1 digit, cioè ±0,01 pH. La scala di misura della tensione va da –1,999 mV a +1,999 mV con risoluzione costante di +1 mV, mentre la scala di misura della temperatura va da 0°C e ha una risoluzione di ±0,1°C. Caratteristiche tecniche: Campo di misura in pH da 0,00 a 15,00 pH Risoluzione in pH ±0,01 pH (1 digit) Campo di misura in mV da 0,000 a ±1,999 mV Risoluzione in mV ±1 mV (1 digit) Standardizzazione ±2 unità pH Aggiustamento pendenza da 80% a 120% Campo di misura in temperatura ±0,1°C Risoluzione in temperatura ±0,1°C Dimensioni e peso 20x18x12cm; 1,2 kg. 229 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 7.11 Solidi totali (ST) e solidi volatili (SV) I solidi totali rappresentano il residuo secco ottenuto in seguito all’evaporazione a 105 ± 5°C di un campione di acqua di volume noto fino a costanza di peso. La concentrazione di solidi totali si esprimono in mg/l. Si deve osservare che le sostanze caratterizzate da una elevata tensione di vapore tendono a volatilizzare durante la determinazione analitica, e non rientrano pertanto tra i solidi totali. I solidi totali possono essere ulteriormente suddivisi in solidi filtrabili e solidi sospesi eseguendo la filtrazione di un volume noto di campione su filtro, preferibilmente realizzato in fibra di vetro con dimensione dei pori di 0,45µm. I solidi filtrabili rappresentano la frazione dei solidi totali con diametro Φ < 0,45 µm (secondo la classificazione italiana). Tale frazione comprende i solidi colloidali, (10-3< Φ < 0,45 µm) e i solidi disciolti ovvero quelli caratterizzati da Φ < 10-3 µm; questi ultimi comprendono sia le specie propriamente disciolte (ovvero presenti in soluzione in forma ionica) sia quelle di dimensioni talmente minute da potersi considerare all’atto pratico come disciolte. La concentrazione dei solidi colloidali può essere determinata mediante misure torbidometriche nelle quali la misura della torbidità della soluzione viene eseguita a mezzo di spettrofotometro previa costruzione di curve di taratura. La frazionerei solidi totali che viene trattenuta dal filtro rappresenta, di contro, i solidi sospesi di cui fanno parte sicuramente i solidi sedimentabili (determinabili mediante cono Imhoff), più una frazione di solidi non sedimentabili. Per ciascuna delle categorie di solidi fin qui descritte, si può eseguire una ulteriore distinzione in solidi fissi e solidi volatili. I primi rappresentano la frazione di solidi costituenti il residuo dopo che il campione, preventivamente essiccato, è stato portato in muffola a una temperatura di 550°C fino a costanza di peso, mentre i secondi si ottengono dalla differenza tra il peso iniziale del campione essiccato e i solidi fissi precedentemente determinati. I solidi volatili sono prevalentemente costituiti da sostanze organiche, poiché queste a 550°C vengono completamente ossidate. Occorre rilevare che a tale temperatura possono essere ossidate anche alcune sostanze inorganiche quali il carbonato di magnesio, che a 350°C si decompone in ossido di magnesio e CO2. La presenza di tali sostanze deve considerarsi pertanto interferente ove si identifichi il contenuto di solidi di natura organica con i solidi volatili. Operativamente per la determinazione dei solidi totali e volatili (ST; SV) si preleva un campione, dopo averlo ben omogeneizzato, e se ne trasferiscono sotto agitazione 5 ml (V) in una capsula di porcellana preventivamente tarata (A). La capsula contenente il campione 230 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici viene posta in stufa a 105°C per 24ore. Quindi la capsula viene portata a temperatura ambiente avendo cura di farla raffreddare in un essiccatore e se ne determina nuovamente il peso (B). La quantità di solidi totali contenuti nel campione si ricava dalla differenza di peso presentato dalla capsula: ST (mg/l) = (B-A)⋅1˙000/V (1.10) In seguito si pone la capsula contenente i solidi totali, in una muffola alla temperatura di 600°C per un’ora. Dopo l’incenerimento, si lascia raffreddare parzialmente il campione all’aria finché la maggior parte del calore sia dissipata e poi lo si trasferisce in essiccatore per completo raffreddamento in aria secca. Solo a questo punto la capsula viene nuovamente pesata (D). SV (mg/l) = (B-D) ⋅ 1˙000/V (1.11) Il ciclo di operazioni (incenerimento, raffreddamento, essiccamento e pesata) viene ripetuto fino ad ottenere un peso costante o fino a quando la perdita di peso sia minore di 0,5 mg. 7.12 Solidi sospesi totali e volatili (SST; SSV) Si pone un filtro in fibra di vetro (GF/C Whatman con pori di diametro medio di 0,45 µm) in stufa alla temperatura di 105°C per un’ora; in seguito viene lasciato raffreddare in essiccatore per 30 minuti, posto in crogiolo di ceramica per filtrazione e sottoposto a pesatura (A). Prelevato il campione da analizzare, nella quantità di 10 ml (V), viene iniettato sul crogiolo posto su una beuta collegata ad un vuotometro; terminata la filtrazione si trasferisce il crogiolo in stufa a 105°C per 24 ore, e dopo essere stato lasciato in essiccatore a raffreddare viene pesato (B). SST (mg/l) = (B-A) ⋅ 1˙000 ⋅ 1˙000/ V (1.12) In seguito il campione viene posto in muffola ala temperatura di 600°C per un’ora. Dopo l’incenerimento, si lascia raffreddare parzialmente il campione all’aria finché la maggior parte del calore sia dissipata e poi lo si trasferisce in essiccatore per completo raffreddamento in aria secca. Solo a questo punto la capsula viene nuovamente pesata (C). SSV (mg/l) = (B-C) ⋅ 1˙000 ⋅ 1˙000/V (1.13) Il ciclo di operazioni (incenerimento, raffreddamento, essiccamento e pesata) viene ripetuto fino ad ottenere un peso costante o fino a quando la perdita di peso sia minore di 0,5 mg. 231 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Entrambi i metodi richiedono l’utilizzo di una bilancia analitica di 200 g di capacità con risoluzione di 0,1 mg, e di un essiccatore provvisto di un indicatore colorato per segnalare il grado di esaurimento dell’agente essiccante. 7.13 Carbonio Organico Totale (TOC) Il TOC esprime la quantità di carbonio totale di origine organica, e viene determinato mediante ossidazione della sostanza organica con agenti chimici. Per la determinazione si è proceduto come segue: si sono pesati 0,2 g di campione secco all’aria e macinato, si sono trasferiti in un pallone di vetro pyrex tipo “Duran” da 250 ml con collo normalizzato 24/32, sono stati poi aggiunti 20 ml di dicromato di potassio (Kr2Cr2O7) 2N e alcune palline di vetro per migliorarne l’agitazione. I palloni quindi sono stati posti in un mantello riscaldante e quindi si sono aggiunti 26 ml di acido solforico (H2SO4). A questo punto viene acceso il mantello e portato alla massima potenza, da quando il campione inizia a bollire vivacemente si aspettano 10 minuti quindi si spegne. Si lascia raffreddare, aggiungendo dall’alto acqua distillata fino a 200 ml di volume complessivo. Dopo il raffreddamento si è trasferito il tutto in matraccio da 250 ml portando a volume. Quindi è stata titolata un’aliquota di 25 ml di questa soluzione con solfato ferroso (FeSO4) 0,2 N aggiungendo preventivamente 2÷3 gocce di ferroina come indicatore. Contemporaneamente sono stati preparati due prove in bianco, un a caldo e una a freddo, la prima ha lo scopo di correggere l’errore dovuto alla decomposizione del dicromato di potassio e si effettua nello stesso modo appena descritto ma senza introdurre il campione. La seconda ha lo scopo di determinare l’esatto titolo del solfato ferroso e si effettua introducendo in un atraccio 20 ml di dicromato di potassio (Kr2Cr2O7) 2N e 26 ml di acido solforico (H2SO4); raggiunta la temperatura ambiente si porta a volume di 250 ml e si titola. Per il calcolo del TOC si è utilizzata la seguente formula: 3⎤ ⎡ TOC(%) = ⎢ N ⋅ (B2 − A) ⋅ ⎥ ⋅ F2 P⎦ ⎣ (1.14) dove: N = normalità del solfato ferroso (FeSO4); B2 =ml di FeSO4 impiegati per titolare la prova in bianco calda; A = ml di FeSO4 impiegati per titolare il campione; P = peso del campione in grammi; 232 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici 3 = peso equivalente del carbonio; F2 = fattore per riportare il dato analitico alla sostanza secca. 7.14 Metalli pesanti Il metodo per la determinazione dei metalli pesanti si basa sulla spettroscopia di assorbimento atomico previo trattamento di mineralizzazione del materiale con acidi forti, riprendendo con acqua acidulata. E’ questo un procedimento che viene utilizzato per la determinazione di Be, Cr, Mn, Fe, Co, Ni, Cu, Zn, Se, Mo, Cd, Sn, Te, Pb. Per la determinazione dei metalli si è proceduto come segue: Il campione di materiale o una sua aliquota viene precedentemente essiccato in stufa a 105°C, macinato e omogeneizzato. Da 0,5 a 1,0 g, vengono posti in beuta da 100 ml a collo largo. Si aggiungono 10 ml di HNO3 avendo cura di coprire la beuta con il vetrino e si lascia reagire per 2 ore. A questo punto le beute vengono trasferite su una piastra calda, dopo altre 2 ore viene fatta raffreddare e vengono aggiunti altri 10 ml di HNO3 e 2 ml di HClO4. Prima di quest’ultima aggiunta occorre assicurarsi che la digestione in HNO3 sia stata completata e che non si sviluppino più vapori rossi. La digestione è protratta fino a completa distruzione della sostanza organica (la soluzione finale deve essere incolore, se appare giallo-bruno si aggiungono altri 5 ml di HNO3 e si continua la digestione). Dopodiché si rimuove il vetrino e si lascia evaporare i fumi bianchi, a questo punto si aggiungono 1 ml di HNO3 e 20 ml di acqua demonizzata e si porta ad ebollizione per facilitare la solubilizzazione. Si filtra in un matraccio tarato, si raffredda e si porta a volume i 100 ml di acqua. La soluzione così ottenuta viene analizzata all’assorbimento atomico alle lunghezze d’onda caratteristiche di ciascun elemento. Determinazione del mercurio La determinazione di questo elemento vista la sua elevata volatilizzazione viene eseguita prendendo 2÷4 g di materiale essiccato ad aria e mettendoli in un pallone da 100 ml a collo smerigliato a cui si aggiungono 10 ml di miscela solfonitrica ed alcune palline di vetro, si innesta il refrigerante e si lascia a temperatura ambiente per 15 minuti. Si lascia raffreddare e dall’alto si aggiungono 30÷40 ml di acqua, si porta a ebollizione e si lascia bollire per 20 minuti per eliminare gli ossidi di azoto. Si lascia quindi raffreddare e si travasa in un pallone da 100 ml e si porta a volume, si filtra e si prelevano delle aliquote a seconda della quantità di mercurio ipotetica. 233 Appendice I – Metodi sperimentali ed analitici Determinazione dell’arsenico L’arsenico e l’antimonio vengono determinati per spettrofotometria ad assorbimento atomico nella fiamma protossido di azoto-acetilene. Circa 1÷2 g di campione vengono posti in una beuta da 100 ml ed addizionati con 10-20 ml di una miscela ternaria costituita da acido nitrico al 65%, acido solforico al 95%, ed acido perclorico al 60-65% nel rapporto di 10: 1: 4. Si lascia digerire per 15 minuti, e poi si filtra sotto vuoto con filtro Whatman GF/C lavando due, tre volte con acido nitrico, il filtrato viene introdotto in un matraccio da 100 ml e portato a volume con acqua bidistillata. A questo punto la soluzione è pronta per essere analizzata all’assorbimento atomico. 7.15 Test di lisciviazione (prEN 12457-2) Il metodo analizzato comporta un rapporto liquido solido L/S = 10 l/Kg con particelle di dimensioni minori di 4 mm. IL trincio di tale metodo è che il campione di materiale si porti a contatto con acqua distillata sotto determinate condizioni e si assume la condizione che si stabilisca l’equilibrio tra fase liquida e fase solida, poi il residuo solido viene separato per filtrazione e vengono valutate le concentrazioni dei metalli sull’eluato. Per la determinazione dell’eluato si è proceduto come segue: si prende una massa M di campione e si aggiunge una quantità di lisciviante in modo da stabilire il rapporto L/S =10. MC ⎞ ⎛ L = ⎜2 − ⎟ ⋅ MD 100 ⎠ ⎝ (1.15) dove: L = volume di lisciviante da utilizzare (l); MD = massa secca del materiale da testare (kg); MC = contenuto di umidità (%). Il tutto è posto in agitazione per 24 ± 0,5 ore alla velocità di 10 rpm. Finito il tempo di lisciviazione il tutto è lasciato sedimentare per 15 minuti e in seguito centrifugato, filtrato gravità con filtri Albet con pori tra 15 e 20 micron e infine filtrato sotto vuoto con filtri in acetato di cellulosa con pori da 0,45 micron. Finita la filtrazione si è proceduto alla misura di TOC e metalli pesanti. 234