A
Contributi
di studio della Dottrina sociale della Chiesa
a cura di
Roberto Cafferata
Contributi di
Fiammetta Borgia, Roberto Cafferata, Vittorio Capuzza
Lorenzo Caselli, Dario Farace, Giorgio Lener, Federica Mucci
Mauro Oliva, Mauro Orlandi, Cosetta Pepe, Stefano Semplici
Copyright © MMXIV
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 
Indice

Presentazione
Roberto Cafferata

Alle sorgenti della Dottrina sociale della Chiesa: il ruolo della
legge naturale
Mauro Oliva, OMV

Dalla famiglia ai rapporti economici. E ritorno
Stefano Semplici

Dalla Caritas in Veritate: un messaggio di fiducia e speranza
Lorenzo Caselli

I diritti della personalità tra Codice civile e dottrina sociale
della Chiesa
Giorgio Lener

La persona umana nel diritto internazionale
Fiammetta Borgia
Federica Mucci

Per uno statuto giuridico dell’embrione
Mauro Orlandi

La procreazione medicalmente assistita
Dario Farace

La tutela dell’ambiente nella dottrina sociale della Chiesa
Vittorio Capuzza

Indice


Buon governo e responsabilità sociale nell’amministrazione
dell’impresa
Roberto Cafferata

Critica all’economia e all’impresa: il contributo della Chiesa
Cattolica e il confronto con le organizzazioni monastiche
Cosetta Pepe
Contributi di studio della Dottrina sociale della Chiesa
ISBN 978-88-548-8348-2
DOI 10.4399/97888548834821
pag. 7–8 (dicembre 2014)
Presentazione
R C
Con Decreto Rettorale del  giugno  è stato istituito nell’Università
di Roma “Tor Vergata” il Corso di Perfezionamento in Dottrina sociale
della Chiesa per lo Sviluppo Economico e Sociale (www.uniroma.it).
Giunto alla seconda edizione, il Corso si articola in cinque moduli,
che coprono temi sensibili inerenti alla Dottrina sociale della Chiesa.
Essi sono: a) natura e principî fondamentali della Dottrina Sociale della
Chiesa; b) persona e diritti umani; c) famiglia, impresa e lavoro nella
vita economica e sociale; d) economia e finanza, povertà e ricchezza
nel mondo contemporaneo; e) tendenze e prospettive dello sviluppo
della società.
L’istituzione del Corso di Perfezionamento ha corrisposto a una
esigenza di crescita e promozione umana assai diffusa nel nostro Paese non solo tra le nuovissime generazioni, ma anche tra i lavoratori
e professionisti di ogni tipo, soprattutto nella fase economica e sociale attuale, contraddistinta dalla ricerca di un modo nuovo — più
dignitoso e spiritualmente più elevato — di vivere e d’operare nelle
organizzazioni complesse che realmente abbiamo. Nel tentare di dare risposte a tale esigenza, i promotori di questa iniziativa — unica
nel suo genere, poiché estrinseca alle Università Pontificie — si sono
affidati in primis al messaggio cristiano, aperti a far tesoro di tutte
le esperienze che arricchiscono e hanno arricchito il vivere comune
nella società.
L’anno accademico / è stato contrassegnato non solo dall’avvio dell’attività didattica il  aprile , ma anche dalla straordinaria
partecipazione di studiosi dell’Ateneo di “Tor Vergata” e di altre sedi ad attività di ricerca varie, che sono solo in parte documentate
da questo volume, ma si dispiegheranno nel corso del nuovo anno
accademico /. Il lettore dei saggi accolti in questo volume —
tutti accuratamente referati dal Coordinatore dell’opera e dai suoi


Presentazione
collaboratori — non potrà che stupirsi del trionfo del pluralismo che
distingue questa tipologia d’impegno scientifico dalle numerose opere
esistenti in tema di Dottrina sociale della Chiesa.
Non è tempo, a questo punto, di ringraziamenti; al contrario,
è tempo di un sempre più qualificato impegno dentro e fuori dell’Università, seguendo i consigli del Comitato Scientifico del Corso.
Sarebbe, cionondimeno, una grave omissione non ricordare sia la
grande dedizione del collega Padre Mauro Oliva OMV nel suggerire
e incoraggiare sentieri nuovi di ricerca e metodologia della didattica;
sia il fruttuoso impegno di S.E.R. Mons. Mario Toso nell’accreditare il
Corso di Perfezionamento con il patrocinio del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace.
Su siffatte basi, s’intravedono già nuovi terreni di azione e lavoro
scientifico e si auspicano nuovi successi.
Tor Vergata, Roma
 dicembre .
Roberto Cafferata
Professore ordinario in Economia e Gestione delle Imprese
Università di Roma “Tor Vergata”
Contributi di studio della Dottrina sociale della Chiesa
ISBN 978-88-548-8348-2
DOI 10.4399/97888548834822
pag. 9–30 (dicembre 2014)
Alle sorgenti della Dottrina sociale della Chiesa
Il ruolo della legge naturale
M O, OMV
. La sollecitudine per l’essere umano
La Chiesa fin dal suo sorgere, fedele all’esempio e all’insegnamento
del suo Signore, ha sempre avuto una grande sollecitudine per il bene
dell’uomo e lo sviluppo della società, valorizzando e soccorrendo la
persona umana in tutte le sue dimensioni da quella fisica a quella
spirituale, collocandola sempre in una “relazione” quale ambiente
naturale per il suo sviluppo, il progresso ed il benessere: relazione
con Dio e relazione con il prossimo, valorizzando la comunione tra i
fratelli nella fede coi quali si è edificati dallo Spirito Santo come Corpo
mistico di Cristo e famiglia umana al fine di vivere, testimoniare e
annunciare la gioia della vita nuova del Vangelo per il bene di tutta
l’umanità.
L’attenzione di Dio Padre per i peccatori, ma anche per i malati,
i poveri e gli esclusi, per i coniugi e i bambini, per i lavoratori, per i
governanti, per la pace e la giustizia, sino all’attenzione per gli uccelli
del cielo e i gigli dei campi (l’ambiente), la si legge nelle tante pagine
del Vangelo, e la si trova compendiata nello spirito delle beatitudini con
le quali Gesù pone se stesso come modello di dedizione al Padre ed ai
fratelli bisognosi, e ultimativamente riassunta nell’esempio di come
lui ha vissuto — e ha dato a noi da vivere — il duplice comandamento
dell’amore per Dio e per il prossimo.
Il corso della storia umana segnata dal peccato delle origini che
ha disordinato nella persona umana la sua rettitudine morale e la sua
apertura a Dio, richiede continuamente l’intervento della grazia, del
perdono, e la luce della rivelazione perché l’uomo possa orientarsi tra
le tante ombre o piccole luci dell’esperienza umana che in modo solo


Mauro Oliva, OMV
parziale riescono a rischiarare il suo cammino verso la realizzazione
integrale della sua umanità per il raggiungimento della sua felicità.
E la rivelazione, come “luce” e logos, raggiunge la persona umana nella sua struttura spirituale e conoscitiva — intelletto e ragione — portando in modo soprannaturale, ma connaturale all’essere
umano, la conoscenza della verità su Dio e sull’uomo stesso, che è
“performativa” , cioè capace di dare una nuova forma alla sua vita.
Vi è infatti una connaturalità tra la creazione di Dio e la rivelazione
di Dio. Anzi, possiamo dire che la prima rivelazione avviene proprio
con la creazione, con essa Dio non soltanto dà l’essere alle sue creature,
ma dà alle creature di essere una sua manifestazione , aspetto che
neanche la teologia negativa (apofatica), che vuole parlare di Dio a
partire da ciò che Dio “non è” nel confronto con quella che è la nostra
esperienza creaturale, può negare.
Se questo essere manifestazione di Dio riguarda tutte le creature,
riguarda in particolare l’essere umano, creato a “immagine e somiglianza di Dio” . Egli trova in sé, e in particolare nella sua “struttura
morale” un’impronta dell’essere e del modo di essere del suo creatore.
Egli ha dunque nella sua natura una struttura morale conforme alle
esigenze della vita di Dio. Questa struttura morale, con le sue leggi, è
lex eterna, cioè partecipazione alle esigenze eterne dell’essere del creatore, ma in quanto considerata nell’uomo è chiamata “legge morale
naturale”, o più semplicemente “legge naturale”.
Ora, non va dimenticato che essere a immagine di Dio Trinità
significa portare in sé una dimensione relazionale che non è soltanto
funzionale, ma ontologica, cioè noi siamo costituiti per creazione come uomini in relazione e per la relazione, fuori da essa l’essere umano
svanisce . L’esperienza umana conferma la sua naturale e vitale neces. “Il messaggio cristiano non era solo ‘informativo’, ma ‘performativo’. Ciò significa:
il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una
comunicazione che produce fatti e cambia la vita” (B , Spe salvi, ).
. “Viene quindi riconosciuto un primo stadio della Rivelazione divina, costituito dal
meraviglioso ‘libro della natura’, leggendo il quale, con gli strumenti propri della ragione
umana, si può giungere alla conoscenza del Creatore” (G P , Fides et ratio,
).
. Cfr. Gn ,–; ,; ,. Si veda in proposito anche il Documento della C
T I, Comunione e servizio. La persona umana creata a immagine di Dio,
Città del Vaticano, .
. Cfr. C V , Gaudium et spes, . Ricordiamo anche il racconto della
Alle sorgenti della Dottrina sociale della Chiesa: il ruolo della legge naturale

sità della relazione sia dal punto di vista materiale sia dal punto di vista
psicologico, e dice dunque qualche cosa di fondamentale e inerente
all’umanità dell’uomo. Ora, ciò che rende perfetta una relazione, è
l’amore, perché solo l’amore fa sì che non ci si sottragga mai da essa.
E dunque come l’uomo si trova di fatto come “essere” in relazione
e per la relazione, così è imprescindibile in lui l’interiore desiderio
di vivere in società al di là della sua necessità funzionale–materiale, e
pertanto il suo vivere in società appartiene alla possibilità di realizzarsi
nell’amore, unico elemento che è capace di fare desiderare di “aprirsi”
alla relazione al di là dei motivi di necessità pratico–materiali, e unico
elemento capace di fare vivere in modo ordinato tutte le dimensioni e
le necessità pratico–materiali del vivere sociale.
Ora, la Dottrina sociale della Chiesa, che annuncia la dimensione
dell’amore dell’uomo, e aiuta a misuralo sull’amore di Dio in Cristo
Gesù che salva l’amore umano dal disordine e dal fallimento, ha “due
fonti” dalle quali attinge: la rivelazione divina positiva e la natura
umana .
Il presente contributo non si soffermerà sulla rivelazione divina
positiva , ma fondamentalmente sulla legge morale naturale che si
evince dalla natura umana, anch’essa rivelazione, come ho già accennato, ma indiretta, più nascosta, ma nello stesso tempo più comune,
conoscibile da ogni uomo di buona volontà, credente o non credente.
San Giovanni Paolo II, Sommo Pontefice, teologo, ma anche filosofo, ha dedicato importanti interventi e documenti del suo Magistero a
questa materia, contribuendo notevolmente a precisare, ampliare e
divulgare la Dottrina sociale della Chiesa . Egli sottolinea la sua interdisciplinarietà ed il suo lato esperienziale , e se la colloca nel ramo della
Genesi, dove ad Adamo che cerca una relazione proporzionata a sé, Dio gli offre una
compagna da amare, uguale nella dignità, carne della sua carne. (Cfr. Gn ,–)
. Cfr. P C  G   P, Compendio della Dottrina
sociale della Chiesa, LEV, Città del Vaticano , n. .
. Intendiamo per “rivelazione divina positiva” la rivelazione di Dio che troviamo nell’Antico e nel Nuovo Testamento e nella Tradizione della Chiesa (Cfr. C V
, Dei Verbum,  novembre ).
. Ricordiamo che Giovanni Paolo II nel  ha anche istituito la Pontificia Accademia
delle Scienze Sociali, con il Motu Proprio Socialium Scientiarium.
. “La dottrina sociale, inoltre, ha un’importante dimensione interdisciplinare. Per
incarnare meglio in contesti sociali, economici e politici diversi e continuamente cangianti
l’unica verità sull’uomo, tale dottrina entra in dialogo con le varie discipline che si occupano

Mauro Oliva, OMV
teologia morale ne coglie però un’originalità per l’interazione e la
partecipazione della filosofia e delle scienze umane e sociali . Dunque
certamente teologia morale, ma per via anche della filosofia morale,
come ricorda pure il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa:
essenziale è, anzitutto, l’apporto della filosofia, già emerso dal richiamo alla
natura umana quale fonte e alla ragione quale via conoscitiva della stessa
fede. Mediante la ragione, la dottrina sociale assume la filosofia nella sua
stessa logica interna, ossia nell’argomentare che le è proprio. Affermare
che la dottrina sociale è da ascrivere alla teologia piuttosto che alla filosofia
non significa disconoscere o sottovalutare il ruolo e l’apporto filosofico.
La filosofia, infatti, è strumento idoneo e indispensabile ad una corretta
comprensione di concetti basilari della dottrina sociale .
Ed è proprio il percorso della filosofia che seguirò in questo breve
articolo, trattando del ruolo della legge naturale nella Dottrina Sociale
della Chiesa.
. Quale natura?
La prima questione che va affrontata è quella della natura. Capiamo
bene che nella Dottrina sociale non trattiamo della natura in senso
empirico–scientifico, oggetto di misurazione e sperimentazione.
Trattiamo della natura in senso metafisico, secondo l’accezione
aristotelica:
la natura, nel suo senso originario e fondamentale, è la sostanza delle cose
che possiedono il principio del movimento in sé medesimo e per propria
dell’uomo, ne integra in sé gli apporti e le aiuta ad aprirsi verso un orizzonte più ampio
al servizio della singola persona, conosciuta ed amata nella pienezza della sua vocazione.
Accanto alla dimensione interdisciplinare, poi, è da ricordare la dimensione pratica e, in
un certo senso, sperimentale di questa dottrina. Essa si situa all’incrocio della vita e della
coscienza cristiana con le situazioni del mondo e si manifesta negli sforzi che singoli,
famiglie, operatori culturali e sociali, politici e uomini di Stato mettono in atto per darle
forma e applicazione nella storia” (G P , Centesimus Annus, ).
. “Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o
difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione
terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa
appartiene, perciò, non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specialmente della
teologia morale” (G P , Sollicitudo Rei Socialis, ).
. P C  G   P, Compendio, n. .
Alle sorgenti della Dottrina sociale della Chiesa: il ruolo della legge naturale

essenza: infatti, la materia si dice natura solamente perché è capace di
ricevere questo principio, e la generazione e la crescita solamente perché
sono movimenti che derivano da questo stesso principio. E questo principio
degli esseri naturali, e che è in qualche modo ad essi immanente, è o in
potenza o in atto .
San Tommaso d’Aquino nel suo De ente ed essentia ha ripreso da
Aristotele e spiegato meglio il termine:
il termine natura intesa in questo modo sembra significare l’essenza della
cosa in quanto ha un ordine all’operazione propria della cosa, dato che
nessuna realtà può essere priva dell’operazione propria [. . . ]. L’essenza si
dice in quanto per mezzo di essa e in essa l’ente ha l’essere .
Il magistero cattolico ha accolto la prospettiva metafisica di “natura
umana” nel suo insegnamento, lo testimoniano numerosi documenti.
Ricordo in proposito soltanto due Encicliche di Giovanni Paolo II: la
Veritatis splendor, che affronta alcune questioni fondamentali dell’insegnamento morale della Chiesa, ed è completamente intessuta di
riferimenti alla natura umana e alla legge naturale, e la Fides et ratio che
evidenziando come la teologia morale deve ricorrere ad una visione
filosofica corretta sia della natura umana e della società, sia dei principi
generali che connotano una decisione etica , presenta l’importanza
del pensiero filosofico e teologico di Tommaso d’Aquino. Scrive infatti
in proposito:
Tommaso riconosce che la natura, oggetto proprio della filosofia, può
contribuire alla comprensione della rivelazione divina. La fede, dunque,
non teme la ragione, ma la ricerca e in essa confida [. . . ]. San Tommaso è
sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello
del retto modo di fare teologia. Mi piace ricordare, in questo contesto,
quanto ha scritto il mio Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, in occasione
del settimo centenario della morte del Dottore Angelico: “Senza dubbio,
Tommaso possedette al massimo grado il coraggio della verità, la libertà
di spirito nell’affrontare i nuovi problemi, l’onestà intellettuale di chi non
ammette la contaminazione del cristianesimo con la filosofia profana, ma
. A, Metafisica, a . Vedi G. R, a cura di, Aristotele. Metafisica, Vol.
II, Vita e Pensiero, Edizione maggiore rinnovata, Milano , p. .
. T ’A, De ente ed essentia, cap. I, in D. L, I fondamenti
dell’Ontologia tomista. Il trattato De ente ed essentia, ESD, Bologna , p. .
. Cfr. G P , Fides et ratio, .

Mauro Oliva, OMV
nemmeno il rifiuto aprioristico di questa. Perciò, egli passò alla storia del
pensiero cristiano come un pioniere sul nuovo cammino della filosofia e
della cultura universale” .
. Quale legge naturale?
Nell’Antico Testamento non troviamo un’espressione esplicita direttamente equivalente a quello di legge naturale. I testi che più si
avvicinano sono quelli sapienziali. La morale dell’Antico Testamento
è una morale della vocazione, della risposta a una chiamata di Dio che
si rivela, e ha in sé — e non in principi filosofici — la sua motivazione
ultima. Tuttavia i personaggi importanti della storia della salvezza sono presentati come consapevoli del bene e del male, e misurati in bene
o in male di fronte a una legge assoluta non scritta, che è operante
perché vive nel cuore dei singoli e nella coscienza del gruppo, sebbene
è rappresentata come chiamata di Dio.
Nel Nuovo Testamento invece abbiamo l’idea della legge naturale.
Nella regola d’oro: “Come volete che gli uomini facciano a voi, così
anche voi fate a loro” (Lc ,) e ugualmente nell’indicazione che Gesù
dà ai due fratelli che litigavano per l’eredità, di trovare in loro ciò che
è giusto (cfr. ,), abbiamo l’insegnamento a trovare caso per caso
il precetto giusto nella circostanza specifica sulla base di una legge
scritta nei cuori. In san Paolo, poi, abbiamo un insegnamento esplicito
della legge naturale. Nella lettera ai Romani infatti egli insegna che
esiste una moralità e quindi un’esperienza morale umana, che pur
prescindendo dalla rivelazione soprannaturale del bene e del male, è
assoluta:
quando i pagani che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la
Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla
testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li
accusano, ora li difendono .
Ma l’origine dell’idea di legge naturale è filosofica, e non è un mistero
il fatto che nei secoli la legge naturale sia stata intesa in modi diversi,
. Ibidem, .
. Rm ,–.
Alle sorgenti della Dottrina sociale della Chiesa: il ruolo della legge naturale

perfino contrastanti, anche da alcuni seguaci di san Tommaso. Lo
stesso termine “naturale”, lo si può considerare in opposizione a
“soprannaturale”, oppure in opposizione a “positivo”, oppure ancora
come “letto nella natura”.
Nella prima accezione, e secondo l’insegnamento di san Tommaso,
si intende che la legge morale naturale può essere scoperta anche con
le sole capacità naturali. La legge eterna, la volontà di Dio per le sue
creature si manifesta come chiamata a cui ciascuno deve rispondere,
ma il modo concreto di comportarsi nei singoli momenti e nei singoli
ambiti dell’esistenza umana è scoperto generalmente per connaturalità e attraverso la ragione. La legge sarebbe dunque naturale in quanto
manifestata all’uomo — anche al fedele che ha conosciuto la rivelazione positiva — attraverso la sua stessa interiorità. In questo senso
l’espressione “naturale” indica una fonte normativa aperta, necessaria
per il giudizio di coscienza.
Nella seconda accezione l’aggettivo “naturale” distingue questa
legge dal precetto dato dall’autorità umana, e va evidenziato che è con
questo significato che è stata concepita l’idea di legge naturale, cioè
come esigenza critica della pretesa di assolutezza morale delle leggi
civili. Per sua natura la legge naturale non è codificabile una volta per
tutte, trascrivibile e imponibile con un’autorità umana. È presente
in ogni persona ed è un aiuto del quale ogni uomo non può di fatto
fare a meno se cerca di dare risposta alla chiamata di Dio o alla sua
coscienza. Spinge alla riflessione e indica una soluzione possibile.
Nella terza accezione l’aggettivo “naturale” indica una legge o singola prescrizione morale trovata leggendo nella natura. La natura è
creata da Dio, e dunque le strutture dell’universo e le leggi che le
regolano sono espressione del Creatore, e pertanto la natura diventa
“normativa” e la natura umana può costituire la base di una morale
naturale. In questo significato la natura razionale dell’uomo è lo strumento per comprendere la chiamata di Dio e scegliere la modalità
migliore per rispondervi. In questo caso la natura è il luogo dove
trovare la giusta risposta. La ragione non è lo strumento di scoperta
della legge eterna, ma è strumento di lettura della natura, e la natura
è rivelatrice della legge eterna.
Dopo san Tommaso alcuni filosofi hanno presentato la legge naturale interpretandola in modo “volontaristico”, cito qui Duns Scoto
e Guglielmo di Ockam, o all’opposto in modo “empiristico” o “ra-

Mauro Oliva, OMV
zionalistico”, cito René Descartes, Gabriel Vázquez, Francisco Suarez,
Ugo Grozio, Immanuel Kant, e Jean Jaques Rousseau. Recentemente
si è aperto un dibattito tra l’interpretazione neoscolastica, cominciata
nella metà del milleottocento con figure importanti e che si è rafforzata dopo la pubblicazione dell’Enciclica Aeterni Patris di Papa Leone
XIII, e la recente New–classical theory of natural law che annovera tra
i suoi autori di spicco Germain Grisez, Joseph Boyle, John Finnis ,
Robert George . Ulteriori posizioni sono quelle — tra altri — di Ralph McInerny, Francesco Botturi e Aldo Vendemiati . Oggetto del
confronto è sostanzialmente il ruolo dell’ontologia, dell’antropologia
filosofica e della teologia nella fondazione e nella conoscibilità della
legge naturale.
. La riflessione della Chiesa
La Chiesa, che già nel  aveva promosso all’interno dell’VIII Assemblea Generale della Pontificia Accademia della Vita, una riflessione
sulla legge naturale , nel  aveva chiesto a filosofi, a teologi, a
giuristi e ad altri uomini di scienza, di studiare nuovamente e più a
fondo la legge naturale, invitando Istituzioni accademiche di diverse
parti del mondo ad un impegno di approfondimento.
Ecco l’invito di Giovanni Paolo II ai membri della Congregazione
per la Dottrina della Fede:
la legge naturale, di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, indica le
norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Sulla base di tale
legge si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali
sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini di buona volontà e,
. Si veda in particolare: J. F, Legge naturale e diritti naturali, Giappichelli, Torino
.
. Si veda in particolare: R. G, Il diritto naturale nell’età del pluralismo, Lindau,
Torino .
. Si veda in particolare: F. B, La generazione del bene. Gratuità ed esperienza morale,
Vita e Pensiero, Milano , Capitolo XI.
. Si veda in particolare: A. V, San Tommaso e la legge naturale, Urbaniana
University Press, Roma .
. Cfr. P A  V, Natura e dignità della persona umana a fondamento del diritto alla vita. Le sfide del contesto culturale contemporaneo, Atti dell’VIII Assemblea
Generale, – febbraio , LEV, Città del Vaticano .
Alle sorgenti della Dottrina sociale della Chiesa: il ruolo della legge naturale

più in generale, con la società secolare. Oggi, in conseguenza della crisi
della metafisica, in molti ambienti non si riconosce più una verità iscritta nel
cuore di ogni persona umana. Si assiste quindi, da una parte, alla diffusione
tra i credenti di una morale di carattere fideista e, dall’altra, viene a mancare
un riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano soltanto sul
consenso sociale, così da rendere sempre più difficile giungere ad un fondamento etico comune a tutta l’umanità [. . . ]. La complessa problematica
merita ulteriori approfondimenti. Vi invito pertanto a promuovere opportune iniziative allo scopo di contribuire ad un rinnovamento costruttivo della
dottrina sulla legge morale naturale .
Il cardinale Ratzinger, allora Prefetto della detta Congregazione ha
subito dato risposta alla richiesta del Papa, e con una lettera del 
novembre , indirizzata a trentaquattro centri universitari di diverse
parti del mondo, ha chiesto di organizzare dei Simposi per individuare
linee e convergenze utili in ordine ad un rinnovamento costruttivo ed
efficace della dottrina sulla legge morale naturale.
Lo stesso Joseph Ratzinger, divenuto Papa Benedetto XVI, nel
discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla legge morale
naturale promosso dalla Pontificia Università Lateranense nel febbraio
 , sottolineava che quello della legge morale naturale è un tema
di rilevante importanza per l’attuale momento storico nel quale appare
in tutta la sua urgenza la necessità di riflettervi e di ritrovare la sua
verità comune a tutti gli uomini. Egli indicava tutto ciò necessario
“per un reale e coerente progresso della vita personale e dell’ordine
sociale” , configurando questo approfondimento nella linea della
Dottrina sociale della Chiesa.
La legge naturale, come abbiamo spiegato, appartiene prevalentemente alla riflessione filosofica, non è pertanto oggetto di magistero
da parte della Chiesa se non a partire dai testi della Scrittura, ma è
importante evidenziare come essa accoglie la posizione filosofica e
teologica di Tommaso d’Aquino e se ne serve ampiamente nel suo
insegnamento morale sull’uomo e sulla società umana, instaurando
. G P , Discorso ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per la
Dottrina della Fede,  febbraio , n. .
. Gli Atti sono raccolti in: R. G, a cura di, La legge morale naturale. Problemi e
prospettive, Lateran University Press, Roma .
. B , Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla legge morale
naturale promosso dalla Pontifica Università Lateranense,  febbraio .

Mauro Oliva, OMV
un dialogo costruttivo con tutte le culture, religioni e sapienze umane.
I testi degli ultimi venticinque anni che in modo più ampio presentano la legge morale naturale, sono il Catechismo della Chiesa Cattolica
() , la Veritatis Splendor (), la Fides et Ratio (), il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa () , e l’ampio documento
della Commissione Teologica Internazionale: Alla ricerca di un’etica
universale: nuovo sguardo sulla legge naturale () . Vi sono poi diversi
discorsi dei Pontefici, e non mancano brevi ma significativi passi sulla
legge naturale nel contesto dell’insegnamento sociale della Chiesa
della Caritas in veritate () , e della Evangelii Gaudium () .
L’insegnamento della legge naturale della Chiesa afferma fondamentalmente che le persone e le comunità umane sono capaci, a
partire dall’interiorità e dalla ragione umana, di riconoscere gli orientamenti fondamentali di un agire morale conforme alla natura stessa
dell’uomo e di tradurlo in modo normativo sotto forma di precetti
fondamentali, oggettivi e universali, che fondano ed ispirano l’insieme
delle determinazioni morali, giuridiche e politiche che regolano la
vita degli uomini e delle società, e costituiscono un’istanza critica
permanente capace di focalizzare e difendere la dignità della persona
. Cfr. C  C C, nn. –.
. Sono molti i riferimenti alla legge morale naturale. In particolare va considerato il
paragrafo: Il vincolo della libertà con la legge naturale, nn.–.
. La Commissione Teologica Internazionale, Istituita da Paolo VI nel  all’interno
della Congregazione per la Dottrina della Fede e confermata da Giovanni Paolo II nel ,
ha il compito di studiare i problemi dottrinali di grande importanza, specialmente quelli
che presentano aspetti nuovi, e offrire il suo aiuto al Magistero della Chiesa. Il Documento
in oggetto ha raccolto gli studi fatti specificamente nei vari Simposi internazionali, ed è
stato approvato per la pubblicazione dal Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della
Fede, che presiede la Commissione.
. Sulla valenza della Caritas in veritate, come Enciclica sociale si veda G. C, L’enciclica sociale di Benedetto XVI, Discorso ai parlamentari italiani per la presentazione
dell’enciclica “Caritas in veritate”,  Luglio .
. Cfr. F, Evangelii gaudium, . Nel nostro contesto è importante segnalare
che anche se Papa Francesco nel numero  scrive: “Questo non è un documento sociale,
e per riflettere su quelle varie tematiche disponiamo di uno strumento molto adeguato nel
Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, il cui uso e studio raccomando vivamente”, il
capitolo IV dell’Esortazione, dal titolo La dimensione sociale dell’evangelizzazione, può essere
considerato un piccolo documento sociale, vi si trovano infatti dei contributi innovativi per
la Dottrina sociale della Chiesa. La stessa cosa vale per il capitolo II, intitolato Nella crisi
dell’impegno comunitario, dedicato a una valutazione dei segni dei tempi (Cfr. G. C,
La politica nella “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, conferenza tenuta a Roma, nella
Basilica di San Giovanni in Laterano, il  aprile ).
Alle sorgenti della Dottrina sociale della Chiesa: il ruolo della legge naturale

umana di fronte alle ideologie e al relativismo riduzionista di ampia
parte della cultura occidentale contemporanea . La Chiesa ritiene
infatti che nella ragione pratica dell’uomo c’è un “principio primo”
che riguarda il “bene” — analogo al “principio di non contraddizione”
della ragione speculativa che si fonda sulla nozione di ente e di non
ente — infatti il bene è il primo che viene conosciuto dalla ragione
pratica che è ordinata all’agire sempre per un fine, il quale ha sempre ragione di bene. Si ha così il primo precetto della legge naturale
“Bisogna fare e cercare il bene e bisogna evitare il male” .
Scrive san Tommaso che su questo primo precetto sono fondati
tutti gli altri precetti della legge naturale
per cui tutte le altre cose da fare o da evitare appartengono ai precetti
della legge di natura in quanto la ragione pratica le conosce naturalmente
come beni umani. Ma poiché il bene ha carattere di fine e il male invece
carattere contrario, ne segue che tutte le cose verso le quali l’uomo ha una
inclinazione naturale la ragione le apprende come buone e quindi da farsi,
mentre le contrarie le apprende come cattive e da evitarsi. Perciò l’ordine
dei precetti della legge naturale segue l’ordine delle inclinazioni naturali
Con il primo principio e il conseguente primo precetto della ragione
pratica ci collochiamo direttamente nel campo della moralità. Il bene
da fare che così si impone alla persona è infatti il bene morale, cioè
un comportamento che, superando le categorie dell’utile, tende alla
realizzazione autentica della persona umana.
. “Oggi la Chiesa invoca la legge naturale in quattro contesti principali. In primo luogo,
dinanzi al dilagare di una cultura che limita la razionalità alle scienze positive e abbandona
al relativismo la vita morale [. . . ]. In secondo luogo dinanzi all’individualismo relativista,
il quale ritiene che ogni individuo sia la fonte dei propri valori e che la società risulti da
un puro contratto stipulato tra individui che scelgono di fissarne essi stessi tutte le norme
[. . . ]. In terzo luogo, dinanzi a un laicismo aggressivo che vuole escludere i credenti dal
pubblico dibattito [. . . ]. In quarto luogo, dinanzi alle minacce di abuso del potere, e anche
di totalitarismo, che il positivismo giuridico nasconde e che certe ideologie trasmettono
[. . . ]” (C T I, Alla ricerca di un’etica universale: nuovo
sguardo sulla legge naturale, LEV, Città del Vaticano , n. ).
. Il principio primo di non contraddizione afferma che una cosa non può essere contemporaneamente vera o falsa se ci si riferisce “allo stesso senso, sotto lo stesso rapporto,
nello stesso modo e nello stesso momento” (A, Metafisica, a . Vedi G. R,
a cura di, Aristotele. Metafisica, Vol. II, Vita e Pensiero, Edizione maggiore rinnovata, Milano
, pp. –).
. T ’A, Somma Teologica, I–II, q., a..
. Idem.

Mauro Oliva, OMV
L’uomo però fa spesso l’esperienza di lasciarsi portare da desideri
particolari o scegliere beni parziali che vanno contro il bene totale
riconosciuto come tale, può infatti scegliere di limitarsi a traguardi
piccoli e incompiuti del bene totale, che lo fanno fallire nella realizzazione della sua pienezza di bene. È il mistero della libertà che
indebolita dalle conseguenze del peccato originale e dei peccati attuali
diventa puro arbitrio. È compito della ragione dell’uomo esaminare
i beni particolari e valutare se, e come, possono integrarsi nella sua
realizzazione autentica, sapendo giudicarli, in relazione a ciò, come
moralmente buoni o cattivi.
L’essere umano è capace di conoscere, riconoscere e fare propria la
finalità che trova inscritta nella sua persona, che è anteriore alle scelte
libere che può compiere. Nella finalità riconosce la legge eterna, cioè
il piano di Dio dato per creazione, ed egli diventa così per sé, e per il
resto del creato, particolarmente partecipe della provvidenza di Dio .
La legge morale che l’uomo trova in sé, pur essendo Legge eterna,
non gli proviene da una legge che gli è esteriore (eteronomia), ma a
partire da lui stesso.
Scrive Tommaso che nella creatura razionale
si ha una partecipazione della ragione eterna da cui deriva una inclinazione
naturale verso l’atto e il fine dovuto. E questa partecipazione della legge
eterna nella creatura razionale prende il nome di legge naturale [. . . ], la luce
della ragione naturale che ci permette di discernere quale sia il bene e il
male, non è altro che un’impronta della luce divina in noi. Per cui è evidente
che la luce naturale non è altro che la partecipazione della legge eterna nella
creatura razionale .
La legge indica qui un orientamento della ragione pratica che illumina
il soggetto morale riguardo a quale tipo di agire sia conforme al
dinamismo innato e presente nel suo essere che tende alla sua piena
realizzazione. È una legge che nasce nell’interiorità del nostro essere
come un “invito” alla realizzazione del nostro essere.
. Idem; Cfr. pure C V , Dignitatis humanae, : “La norma suprema
della vita umana è la legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio
con sapienza e amore ordina, dirige e governa l’universo e le vie della comunità umana.
E Dio rende partecipe l’essere umano della sua legge, cosicché l’uomo, sotto la sua guida
soavemente provvida, possa sempre meglio conoscere l’immutabile verità”.
. T ’A, Somma Teologica, I–II, q., a..
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