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Numero 79
12 Gennaio 2016
87 Pagine
DS4 Crossback
Super Premium
In listino a partire da 22.600 euro
la nuova DS4 assume la nuova
immagine di brand e porta con sé
tante novità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Porsche 911 restyling
La turbo Carrera
Con il restyling la Porsche 911
(991 II) riscopre la sua anima retrò
e si rivoluziona dal punto di vista
tecnico
Speciale Dakar 2016
Argentina e Bolivia
I video di ogni tappa, la
cronaca, i commenti e le storie
della trentottesima edizione del
rally più famoso del mondo
| PROVA SU STRADA |
Nuova Fiat Tipo
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Alfa Romeo Giulietta a trazione posteriore? 6C. in arrivo la 4C con motore V6 | Fiat Toro | Mercedes SLC
E. De vita L’autovelox controllerà l’assicurazione | M. Clarke Motori e inquinamento oggi : la marmitta catalitica
PROVA SU STRADA
NUOVA FIAT TIPO
Back to basic
In concessionaria con un prezzo d’attacco di 12.500
euro la nuova segmento C Fiat nasce per stravolgere
le regole del mercato, in attesa della 5 porte e della
SW in arrivo nel 2016. Su strada è confortevole ma
tutt’altro che sportiva
di Emiliano Perucca Orfei
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
control, sedile guida con regolazione lombare,
bracciolo posteriore e pack sensori. In fase di
lancio Fiat prevede un aggressivo prezzo d’attacco per l’allestimento Opening Edition (12.500
euro, poi salirà a 14.500 euro) mentre per la più
sofisticata Opening Edition Plus l’abbinamento con il motore più potente e l’allestimento più
completo porta il prezzo di listino sino a 19.900
euro.
Media
Dal vivo: com’è fuori
F
iat ha scelto di rendere omaggio
ad uno dei modelli più conosciuti della sua storia scegliendo il
nome Tipo per la nuova berlina
a tre e due volumi di segmento
C che sarà prodotta anche per
l’Italia e l’Europa nello stabilimento turco di Tofaş
a Bursa. “Born to be sedan”, così la definiscono
in Fiat, la nuova berlina viene per il momento
lanciata nella configurazione meno attesa per il
nostro mercato - la tre volumi - mentre per quanto riguarda quella che di fatto sarà l’erede della
Bravo i disegni del Centro Stile FCA entrerano in
produzione presumibilmente nel corso del 2016.
Pensata per offire un rapporto qualità/prezzo
elevato, attraverso scelte che a Torino classificano con il termine di “realmente di valore” la nuova Fiat Tipo è una quattro porte lunga 4,54 metri,
larga 1,78, alta 1,49 sviluppata su un passo di 264
cm. Valori che hanno permesso di fare spazio a
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La nuova Fiat Tipo, a differenza della sua originale progenitrice, nasce con l’idea di rappresentare
una valida ed economica alternativa alle berline a
tre volumi di segmento C sui mercati che più apprezzano questo tipo di carrozzeria: pensiamo
alla Turchia, all’Est europeo, alla Spagna e altri
Paesi dell’area EMEA (Europa, Medio Oriente,
Africa) in cui il terzo volume fa ancora status. Paesi forse meno “raffinati” del nostro in termini di
esigenze automobilistiche e di disponibilità economica in cui Fiat, però, ha scelto di recitare un
ruolo importante andando a proporre una vettura che stilisticamente vanta soluzioni interessanti ma soprattutto è evidentemente realizzata per
essere piacevole e bilanciata nelle forme: insomma, non dà l’idea di essere una due volumi a cui
è stato aggiunto in corso d’opera il bagagliaio.
Buono il livello di finitura, in particolar modo nella
versione al top di gamma, ed interessante lo stile
della calandra e dei fari posteriori a led: la firma
del centro stile italiano si nota tanto che la nuova
Tipo non offre di sé un’immagine povera, come
invece spesso avviene per le berline di questo
segmento. La posizione di guida non è sportiva
e non è nemmeno troppo rialzata: è comoda,
ben disegnata attorno ad un sedile che non nasce per offrire grande contenimento laterale ma,
piuttosto, un buon livello di confort. La visibilità è
ampia in ogni direzione, grazie all’ampia superficie vetrata, e nelle manovre di parcheggio si può
comunque fare affidamento sui sensori appositi, offerti di serie nell’allestimento superiore. La
strumentazione è leggibile, non modernissima
cinque persone oltre che ad una capacità di carico di 520 litri. Due le motorizzazioni disponibili
al lancio: la prima, a benzina, è la quadricilindrica
da 1.4 litri e 95 CV di potenza massima mentre
per chi cerca più coppia e potenza Fiat propone
il 1.6 turbodiesel Multijet II da 120 CV. Due anche gli allestimenti. Di serie su Opening Edition
sei airbag (frontali, laterali e a tendina), ESC con
Hill Holder, climatizzatore automatico, sensori
di parcheggio posteriori, radio con Bluetooth e
comandi al volante, cerchi in lega da 16”, fendinebbia, maniglie e dettagli cromati, finestrini
elettrici posteriori, specchietti retrovisori elettrici, sedile guida regolabile in altezza e apertura
del baule automatica. Fiat Tipo Opening Edition
Plus, invece, alla versione standard spinta dal 1.6
diesel (l’unico disponibile in questo allestimento)
aggiunge il sistema multimediale Uconnect con
display da 5” e TomTom 3D, volante in pelle, telecamera posteriore, cerchi in lega da 17”, cruise
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per quanto riguarda la presenza di display o informazioni “digitali”: in ogni caso c’è tutto quello
che serve.
Come si guida
La nuova Fiat Tipo è stata sviluppata per andare
incontro alle esigenze di mercati estremamente
diversi tra loro. Non siamo a livello di una vera
world-car ma davvero poco ci manca vista la disparità di esigenze, per intenderci, tra un cliente
italiano ed un medio orientale o africano. Questo
significa che anche le scelte dinamiche sono state mirate ad offrire un compromesso tra guidabilità e confort anche in contesti tutt’altro che
perfetti in termini di qualità stradali. Tradotto
in soldoni significa che la Tipo è una vettura più
“mansueta” rispetto alla media del segmento,
con movimenti di rollio e beccheggio evidenti
ma comunque non fastidiosi. Stesso discorso
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vale per lo sterzo, non troppo veloce nella risposta ma sincero nelle sensazioni, e per il reparto
frenante che si dimostra di ottimo livello. Il motore ideale per questa vettura è senza dubbio il
millesei da 120 CV: la coppia disponibile ai bassi regimi, infatti, rende la Tipo particolarmente
piacevole da guidare nella marcia fuori porta
assicurando un’ottima dose di spunto anche
nella guida cittadina: il tutto con consumi proverbialmente contenuti ed un livello di rumorosità certamente apprezzabile ma comunque non
fastidioso. Il millequattro benzina dà l’idea di
essere più grintoso, più che altro per la capacità di spingersi oltre i seimila giri, ma in termini di
qualità di erogazione richiede un uso del cambio
più frequente oltre che un maggior quantitativo
di carburante per percorrere lo stesso tratto di
strada: passiamo dai 6 l/100 km del turbodiesel agli 8 del benzina. Si tratta comunque di un
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Prove
motore onesto, scelto per contenere il prezzo di
listino e rivolgersi ad una clientela che percorre
poche migliaia di km l’anno.
In conclusione
Gli obiettivi della nuova Fiat Tipo sono molto diversi da quelli della sua antenata progettata ed
entrata in commercio sul finire degli anni ‘80. Si
tratta di una vettura pensata per rivolgersi ad un
mercato internazionale, con esigenze profondamente diverse da quelle del singolo mercato
italiano in termini di guidabilità, varietà di scelta
motoristica e tipologia di allestimento, ben bilanciate da un prezzo di listino assolutamente interessante per una vettura di questo segmento.
Nell’attesa della berlina a cinque porte, che si annuncia interessante in tema di stile, la Tipo può
comunque essere valutabile anche nello stivale
per tutti coloro i quali non seguono le mode ma
cercano una vettura concreta, dal design piacevole e dal prezzo contenuto.
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DS4 CROSSBACK
Super Premium
In listino a partire da 22.600 euro la nuova DS4
assume la nuova immagine di brand e porta
con sé tante novità per quanto concerne la
tecnologia interna e gli allestimenti. In listino
anche un inedito allestimento crossover
di Emiliano Perucca Orfei
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Media
P
remium già lo era in precedenza ma con l’effettivo distacco
dalla gamma Citroen il brand
DS ha iniziato un nuovo ed indipendente percorso che ha
come principale obiettivo quello di sfidare le Casa tedesche in segmenti molto
redditizi ma allo stesso tempo estremamente
competitivi...e non solo per quanto concerne le
qualità del prodotto. L’immagine di marca, infatti, conta moltissimo nella certificazione del
prodotto agli occhi del cliente. Una sfida decisamente interessante quella intrapresa da PSA
e che a partire da marzo 2015, con l’introduzione del quasi contemporaneo facelift di molti dei
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propri modelli, ha colto al balzo l’occasione per
introdurre non solo nuovi concetti di stile, ben visibili nei nuovi frontali con calandra e logo DS, ed
alcune novità tecniche e tecnologiche pensate
per distanziare ulteriormente l’attuale gamma
DS da quella del double chevron, con cui hanno
convissuto fino a pochi mesi fa. Lunga 428 cm,
larga 181 ed alta 150 (passi 261) la DS4 entra in
concessionaria a partire da 22.600 euro con dimensioni da segmento C (Audi A3, BMW Serie 1,
Mercedes Classe A), un bagagliaio notevole (da
385 a 1.021 litri) ed una dotazione di serie già
particolarmente interessante dall’allestimento
So Chic (57% del totale) il primo in cui si incontrano anche le motorizzazioni di punta: si va dal-
le ruote in lega da 17” al clima bizona passando
per il cruise control ed il sistema multimediale
con bluetooth. Se qualcuno volesse qualcosa
in più è disponibile anche il più ricercato Sport
Chic (28.300 euro) che aggiunge a So Chic la
selleria misto pelle ed i gruppi ottici anteriori
dotati di una architettura LED-xeno. Come al
solito per la DS4 è previsto un importante livello
di personalizzazione a partire dalla colorazione
del tetto - viola, blu, nero o arancio) che per 550
euro va in contrasto con i colori della carrozzeria sino a realizzare 38 combinazioni. Per i più
sportivi sono disponibili anche i cerchi in lega
da 18” gommati 225/45 con un sovrapprezzo
di 600 euro. Più evidenti le modifiche interne.
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
apre con i 120 CV (300 Nm) del BlueHDI da 1.6
litri - abbinabile anche all’automatico EAT6 - e si
chiude con i 180 CV del 2.0 BlueHDi con cambio
automatico EAT6 passando per i 150 dell’unità
di pari cilindrata e 180 CV (400 Nm). I consumi
dichiarati per la gamma a gasolio vanno da 3,8
l/100 km a 4,3 l/100 km con livelli di emissione
di CO2 che oscillano tra i 100 ed i 113 g/km.
Dal vivo: com’è fuori
La nuova DS4 è sostanzialmente identica alla
versione precedente per quanto concerne la
fiancata ed il posteriore mentre nella zona anteriore è stato fatto un massiccio lavoro di ristilizzazione per introdurre la nuova calandra con
finitura centrale a nido d’ape che d’ora in avanti
farà da sfondo al nuovo logo DS. Interessante,
Seguendo una filosofia già introdotta dal gruppo
PSA con l’i-cockpit di Peugeot 308, i vertici DS
hanno scelto di razionalizzare la consolle introducendo un nuovo schermo del sistema multimediale da 7” integrabile (+1.000 euro) con la
navigazione satellitare ed il sistema di assistenza
online DS attivo H24. Dal display a sfioramento
si possono pilotare decine di funzioni anche se
alcune delle fondamentali, come quelle legate
alla climtatizzazione ed alla radio, sono rimaste
legate ai normali pulsanti. Tra le possibilità offerte dal nuovo multimedia system si fa notare la
presenza di Android Auto ed Apple Car Play che
permettono la massima integrazione della stragrande maggioranza degli smartphone in circolazione. Tra gli elementi legati alla personalizzazione si fanno notare anche i rivestimenti in pelle:
il livello più “prezioso”, in listino a 4.300 euro, è
talmente raffinato da richiedere 8 ore di lavoro
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per gli amanti del genere, la versione Crossback:
con pochi ritocchi i designer francesi sono riusciti a regalare un’immagine ancor più personale
ed in linea con le esigenze di un pubblico che ha
già dimostrato di apprezzare operazioni di questo genere nel contesto di altri brand premium.
Un’operazione di stile ben riuscita quella del restyling di DS4, che dona alla segmento C francese un look al passo coi tempi ed un’immagine più
fresca nell’attesa (almeno 3 anni) di una DS4 sviluppata da 0 secondo quelli che saranno i canoni
di stile DS.
Dal vivo: com’è dentro
Il lavoro di “sviluppo” degli interni che ha interessato il restyling della DS4 si fa davvero notare
ed ora l’abitacolo della berlina francese appare
manuale per essere realizzato vista la copertura
integrale anche di plancia e pannelli porta. Novità della gamma la DS4 Crossback: più alta di 30
mm e caratterizzata da alcune finiture di stampo fuoristradistico, come i codolini passaruota
in tinta nera opaca, la Crossback mira ad offrire
una diversa chiave di lettura della segmento C
DS ad un pubblico che apprezza il senso dell’avventura offerto dai SUV pur cercando nella DS
vantaggi pratici in termini di costi e di dimensioni. La gamma motori prevede, tra i benzina, il tre
cilindri turbo PureTech da 1.2 litri e 130 CV (230
Nm di coppia massima) e due declinazioni del
quadricilindrico THP 1.6: quello da 165 CV, abbinato al solo cambio automato EAT6 a sei marce,
e l’inedita versione da 210 CV abbinato al manuale a sei marce. Consumi ed emissioni vanno da
5,1 a 5,9 l/100 km con livelli di emissione compresi tra i 119 ed i 138 g/km. La gamma diesel si
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
già a partire dai bassi e medi regimi. Un motore
davvero molto completo a cui manca solamente
un po’ di “voce” nell’abitacolo, in grado di spingere forte quando ci si vuole divertire: aspetto,
quest’ultimo, che trova riscontro in un assetto
piuttosto rigido (e poco confortevole, ma la colpa è anche dei cerchi da 18”) che compensa una
certa altezza del corpo vettura. Buono l’impianto
frenante, non velocissimo lo sterzo, e preciso il
cambio a sei marce, la DS4 più potente in listino non è nemmeno troppo assetata se si guida
con un po’ di accortezza: il muro dei 13 km/litro
può essere raggiunto abbastanza facilmente.
Discorso diverso per la Crossback, che abbiamo provato con la motorizzazione BlueHDi da
180 CV: più alta e quindi maggiormente incline al
rollio rispetto alla DS4 standard, la versione che
strizza l’occhio al mondo delle crossover e sportutility rimane una vettura decisamente guidabile anche se caratterizzata da un limite in curva
più moderno, razionale ma allo stesso tempo
tecnologicamente avanzato. La presenza dello
schermo da 7”, del resto, aiuta moltissimo sotto
questo punto di vista ma quello che più colpisce
è la razionalizzazione dei comandi della consolle centrale a tutto vantaggio di una miglior percezione qualitativa. Ben costruita e rifinita con
cura la DS4 dimostra di essere davvero molto
curata soprattutto se abbinata al costoso interno in pelle completo: la plancia rivestita con le
cuciture a contrasto è davvero un elemento di
pregio come del resto si fanno apprezzare i sedili rivestiti con una pelle di altissima qualità disposta elegantemente come il braccialetto di un
orologio. Lo spazio riservato ai bagagli è ampio
mentre per chi siede dietro la DS4 non è molto
ospitale: i posti non sono larghissimi, anche se
c’è parecchio spazio per la testa, ma soprattutto i finestrini sono bloccati per dare seguito al
concetto di coupé con due porte in più con cui è
stata concepita sin dall’inizio. Notevole il sistema
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multimediale: realizzato con la collaborazione di
Magneti Marelli il sistema nella sua declinazione
più spinta - ovvero quella dotata di DS online e navigatore - si dimostra molto completo ed in grado di interagire davvero bene con gli smartphone
android ed apple: oltre alle funzionalità di mirrolink è anche possibile sfruttare a pieno i servizi di
ricerca ed assistenza vocale proposti di default
da entrambe le compagni americane.
Come si guida
Con la nuova DS4 i vertici DS hanno voluto dare
un bel po’ di brio in più al loro alto di gamma e
così, a fianco dei comunque interessanti motori
d’accesso pensati per offrire basti costi d’esercio
e prestazioni comunque interessanti, al vertice
dell’offerta si posiziona il nuovo THP in declinazione da 211 CV. Millesei turbo il motore che già
si è fatto notare su numerosi modelli della gamma PSA dimostra di avere come al solito un gran
bel carattere offrendo una spinta interessante
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Prova
leggermente più basso. Elemento, quest’ultimo,
che si baratta volentieri sul fronte del confort di
bordo che sulla Crossback appare superiore a
quello della versione da cui deriva. Il turbodiesel
da 180 CV vanta una bella spinta ed un ampio
arco di utilizzo e si dimostra ben accoppiato al
cambio automatico con convertitore di coppia di
derivazione Aisin: il sei marce è molto veloce nelle cambiate sportive ma sa essere anche molto
confortevole nella guida di tutti i giorni, con tempi di cambiata che quasi raddoppiano (a tutto
vantaggio del confort) quando si va a passeggio.
Un cambio talmente performante da sembrare
strana la scelta di DS di non adottare le palette
al volante, invece in uso alle cugine di pari segmento del Gruppo. Anche in questo caso bassi i
consumi reali: senza esagerare si possono oltrepassare i 18 km/l.
In conclusione
La nuova DS4 rappresenta una scelta interessante per chi cerca una vettura di segmento C
con caratteristiche di lusso e qualità molto elevate ma decisamente atipica per quanto concerne
stile e, naturalmente, brand. Una scelta che può
distinguere e che può essere interessante anche
a livello flotte: in quest’ultimo caso il millesei turbodiesel da 120 CV, contestualizzato nell’allestimento Business, può essere una scelta davvero
azzeccata. Peccato solamente per l’assenza di
alcuni sistemi di sicurezza come l’antitamponamento o il cruise contro attivo. Del resto il progetto è nato poco prima della rapida diffusione di
questi sistemi anche nel segmento C.
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PORSCHE 911 RESTYLING (991 II)
La turbo Carrera
Con il restyling la Porsche 911 (991 II) riscopre la sua
anima retrò e si rivoluziona dal punto di vista tecnico.
Il nuovo boxer turbo è una vera furia degli elementi
e le quattro ruote sterzanti sono una goduria.
Peccato solo per il sound...
di Matteo Valenti
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Media
unico che l’ha resa così famosa. Né dal punto di
vista del piacere di guida, né dell’allungo né tantomeno per quanto riguarda il sound leggendario
del “flat-six”. E non vediamo l’ora di scoprire se ci
hanno detto la verità.
Dal vivo: com’è cambiata fuori con
il restyling
Ma andiamo con ordine, partendo dallo stile.
Solo gli occhi più attenti sapranno riconoscere
la 991 II, che introduce soltanto lievi modifiche
estetiche e piccole sfiziosità, per veri appassionati. Il frontale si rinfresca con un nuovo paraurti,
ancora più pulito rispetto al passato. I nuovi fari
introducono la seducente illuminazione diurna a
quattro led, mentre i gruppi ottici orizzontali integrati degli indicatori di direzione diventano più
sottili ed eleganti. Da notare poi le alette verticali
mobili delle prese d’aria, ora più generose, che
si aprono o chiudono per favorire di volta in volta il raffreddamento o l’aerodinamica. Le nuove
maniglie degli sportelli prive di guscio rendono la
Q
uello della Porsche 911 della serie 991 è un restyling
destinato a lasciare un segno profondo. E che farà
discutere. La classica di
Zuffenhausen infatti se
da un lato rimane fedele alla sua
connotazione stilistica - come
si addice ad un cult di questo calibro - dall’altro
si stravolge dal punto di vista tecnico. I modelli
Carrera e Carrera S - ma seguiranno via via tutte le altre versioni, tranne forse la GT3 - dicono
per sempre addio ai motori aspirati per dare il
benvenuto a nuove unità boxer turbo. Una svolta
epocale che può essere paragonata solo al passaggio ai motori raffreddati a liquido nel 1997 con
la serie 996. La storia dell’auto dell’auto del resto
è sempre stata costellata da rivoluzioni tecniche
inarrestabili. E quella della 911 ancora di più.
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fiancata ancora più sinuosa, mentre la zona posteriore guadagna un sapore decisamente retrò,
che guarda alle prime serie della 911. Il merito è
della nuova griglia motore a listelli verticali e dei
fari, rivisti nelle geometrie interne che ora prevedono quattro luci di stop davvero originali. Arriva
però anche un nuovo sistema di scarico (opzionale), ora più classico e allo stesso sportivo, con i
due grandi terminali di scarico centrali cromati. E
poi alle estremità del paraurti spuntano due inedite prese d’aria, che oltre ad una funzione estetica, hanno il preciso scopo, insieme alla nuova
griglia, di soddisfare la “famea d’aria” del sistema di sovralimentazione e dell’intercooler.
Dal vivo: com’è cambiata dentro
con il restyling
Anche all’interno si incontrano alcune piccolegrandi novità. Quella più golosa è senza dubbio
il nuovo volante a tre razze in stile 918 Spyder.
Quello standard ha un diametro di 375 mm,
mentre quello sportivo GT (optional) da 360 mm
Questo modello, forse più di ogni altro, è quello
che nello spirito e nel design è sempre rimasto
fedele a se stesso evolvendosi però nel profondo, generazione dopo generazione, a livello tecnico. Per tutti coloro che stanno già rimpiangendo il boxer aspirato è bene ricordare che questo
cammino evolutivo fa parte del gioco. Quando si
parla di automobili l’evoluzione è un passaggio
obbligato. La corsa ad auto sempre più efficienti
dal punto di vista endotermico, ma che allo stesso tempo alzino di volta in volta l’asticella delle
prestazioni, costringe i costruttori a percorrere
sentieri ben precisi. Ed è per questo che tutte le
supercar - con rare eccezioni - si stanno inesorabilmente convertendo al turbo. Con una promessa però, almeno nel caso della 911. Gli ingegneri Porsche infatti garantiscono che la sportiva
tedesca, anche in versione sovralimentata, non
ha perso nemmeno un briciolo di quel carattere
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
gli aspetti impressionanti della scheda tecnica.
Il primo è che il valore di coppia massimo ora,
grazie alla poderosa sovralimentazione, è disponibile non solo molto in basso (già a 1.700 giri/
min!), ma soprattutto in maniera costante fino
a 5.000 giri/min. Il secondo è il regime di rotazione massimo di questo motore, che può spingersi fino a 7.500 giri/min. Un valore altissimo
per un motore sovralimentato, che non vuole
far rimpiangere l’allungo e il sound del vecchio
aspirato. Le prestazioni, grazie al biturbo, non
possono che essere ancora più impressionanti.
L’accelerazione è migliorata per entrambe di 2
decimi di secondo nello scatto da zero a cento.
Per la precisione la Carrera Coupé con PDK e
pacchetto Sport Chrono opzionale lo copre in
4,2 secondi mentre la S nella stessa configurazione scende a 3,9 secondi, divenendo la prima
è ancora più piccolo e desiderabile. Non manca poi nemmeno l’interruttore Mode (optional
riservato al pacchetto Sport Chrono Plus) per
selezionare le diverse modalità di guida (Normal, Sport, Sport Plus e Individual) che prevede
anche un “tasto magico”. Premendo lo “Sport
Response Button” la catena cinematica - motore, cambio, sospensioni - si attiva per offrire la
massima risposta possibile per 20 secondi. La
novità di sostanza che troviamo all’interno però
è il nuovo sistema multimediale PCM (Porsche
Communication Management). Molto più moderno e aggiornato rispetto al passato, prevede
uno schermo multitouch da 7 pollici davvero sofisticato, che permette anche di inserire caratteri
alfanumerici scritti “a mano”. Totale la capacità
di integrazione con gli smartphone, anche grazie
alla presenza di Apple CarPlay e ai servizi online.
Nel vano portaoggetti poi arriva una pratica sorpresa. Basta posizionare qui il proprio telefono
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Carrera a scendere sotto il muro psicologico dei
4 secondi. Come se non bastasse poi è cresciuta
anche la velocità massima: 295 km/h per la Carrera (+ 6 km/h) e 308 km/h per la Carrera S (+
4 km/h). Con il restyling però la 911 Carrera coglie la palla al balzo per diventare ancora più raffinata dal punto di vista del telaio, prendendo in
prestito raffinate tecnologie dalle sorelle più raffinate della famiglia. Le sospensioni attive PASM
(Porsche Active Suspension Management) con
assetto ribassato di 10 mm diventano per la prima di serie per i modelli Carrera e dietro arriva
l’asse posteriore sterzante (optional, ma solo su
Carrera S) introdotto inizialmente su 911 Turbo
e poi su GT3. Una tecnologia che riflette alla perfezione la filosofia della 911, “supercar per tutti i
giorni”, visto che agevola non poco le manovre
a bassa velocità (le ruote dietro girano in senso
infatti per ricaricarlo senza fili, mentre un’antenna specifica si occupa di mantenere una ricezione sempre perfetta.
Tecnica: è l’era della turbo Carrera
Ma la vera novità si nasconde nel cuore posteriore a sbalzo della 911 restyling. Qui si nasconde la vera arma della sportiva tedesca, un boxer
turbo a sei cilindri che si riduce nella cubatura,
in piena ottica downsizing, ma che migliora sotto
ogni punto di vista in termini di performance. Sia
per la Carrera che per la Carrera S la cilindrata
è scesa ora a 3.0 litri (erano 3.4 sulla Carrera e
addirittura 3.8 sulla Carrera S) ma grazie alla sovralimentazione biturbo la potenza è cresciuta
per entrambe di 20 CV e la coppia di 60 Nm. La
Carrera ora quindi ha 370 CV e 450 Nm (prima
erano 350 CV e 390 Nm), mentre la Carrera S
si spinge fino a 420 CV e 500 Nm di coppia (prima erano 400 CV e 440 Nm). Sono due però
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opposto a quelle davanti) e migliora nettamente
l’agilità nella guida dinamica (ruote posteriori e
anteriori sterzano nella stessa direzione). Gli ingegneri Porsche hanno poi previsto un sistema
di sollevamento idraulico anteriore che permette di alzare l’anteriore di 40 mm in 5 secondi,
preservando il fondo della vettura, per esempio
quando si devono affrontare rampe dei garage
particolarmente ripide. Cambiano anche i cerchi
i lega, che altre ad un nuovo design, sfoggiano
misure più generose al posteriore (+ o,5 pollici) e
pneumatici ancora più larghi (la Carrera S dietro
passa da 295 a 305 mm). Maggiore attenzione è
stata dedicata anche ai sistemi di assistenza alla
guida. Il Tempostat (optional) ora è in grado anche di frenare dolcemente qualora si superi la velocità prestabilita, per esempio nei tratti in discesa. Il cruise control attivo ACC (optional) poi ora
è in grado di “veleggiare” automaticamente, se
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Prove
Periodico elettronico di informazione automobilistica
abbinato al cambio PDK che disinnesca il motore
annullando il freno motore non appena possibile.
Non mancano poi l’assistenza ai cambi di corsia,
che segnala eventuali veicoli presenti nell’angolo
morto dello specchietto retrovisore, e la frenata
multicollisione.
Prezzi un po’ più salati.
Ma c’è molto più di serie
I prezzi della Porsche 911 restyling partono dai
100.362 euro della Carrera Coupé per salire fino
ai 128.300 della Carrera S Cabriolet. In generale
il listino è stato ritoccato all’insù di circa 4.000
euro, a fronte però di un equipaggiamento di serie decisamente più ricco e tecnologico rispetto
al passato. La 911 è sempre stata una supercar
a se stante, senza vere rivali dirette. Da qualche
mese però deve vedersela con una nuova arrivata, la Mercedes-AMG GT. Ma con cifre analoghe
si possono mettere le mani anche su altri gioielli,
seppur con filosofie costruttive e caratteri ben
differenti, come Jaguar F-Type V8, Nissan GT-R,
Maserati GranTurismo e Aston Martin Vantage.
Le nostre impressioni di guida
Girare la chiave, rigorosamente a sinistra, come
detta la migliore tradizione Porsche, regala ancora un’emozione forte. Soprattutto in un momento in cui le tradizionali chiavi di accensione
vengono sostituite da freddi bottoni o smart key
da tenere in tasca. Il nuovo flat-six turbo prende vita con un ruggito. Come a mettere subito in
chiaro le cose. “E’ sempre lui” - pensiamo subito.
Il sound al minimo è rimasto quello dell’inconfondibile boxer tedesco. Siamo su una Carrera
S Coupé con il nuovo sistema a quattro ruote
sterzanti. E ce ne accorgiamo quando siamo ancora nel parcheggio. In manovra infatti, grazie
alle ruote posteriori che girano in senso opposto
a quelle davanti, la 911 è diventata incredibilmente agile. Gira in un fazzoletto e dà un bella mano
nella guida di tutti i giorni. Un aspetto che ancora
una volta conferma la 911 anche come un’auto
perfetta per l’utilizzo quotidiano. Il PDK, nella
guida tranquilla, è il solito fuoriclasse. Dolce, impercettibile, con logiche di cambiata eccezionali
nell’ottica della massima efficienza. Già alle basse andature però ci accorgiamo che qualcosa è
cambiato. E’ il fischio delle turbine a farsi sentire,
mentre il sound si fa molto più cupo, a tratti un
po’ sordo. Piccoli compromessi rispetto alla “pulizia sonora” del vecchio aspirato, che scompaiono però in un millisecondo non appena affondiamo il pedale sul gas.. Selezioniamo la modalità di
guida Sport Plus. Le sospensioni attive si fanno
più rigide e il PDK cambia anima, trasformandosi
in un cannone ad altissima precisione, pronto a
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Prove
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quattro ruote sterzanti, paradossalmente, si
sentono ancora di più sulla Carrera S che sulle
estremissime Turbo o GT3. L’asse posteriore
dinamico infatti calza a pennello sull’indole della
“piccola” della famiglia, che diventa un’arma ancora più affilata in curva, guadagnano al tempo
stesso una reattività di sterzo impressionante.
Così impressionante che ci vuole più di qualche
chilometro per abituarsi a questa sua nuova indole così “felina”. Dieci e lode anche all’elettronica, grazie al raffinato sistema PSM Sport che
lascia ampi margini di divertimento continuando
però a vigilare nel caso i cui le cose si mettano
male. Per intenderci, il retrotreno, complice la
gommatura “monstre”, è veramente incollato
all’asfalto, ma se lo si desidera, basta poco per
iniziare a farlo danzare. Infine una nota doverosa. La 911 Carrera rimane una delle pochissime
supercar ad offrire la possibilità di avere un classico cambio manuale. Una scelta forte, per veri
puristi, soprattutto quando dall’altra parte c’è
un gioiello come il PDK. Ma il 7 marce manuale
della Porsche (è sviluppato anch’esso da ZF) è
davvero formidabile. Lo abbiamo provato e ve lo
sparare le marce una dietro l’altra con una velocità e una violenza impressionante. E poi c’è il
motore. Il nuovo boxer turbo è una vera furia degli elementi. Spinge fin da subito con una foga incontenibile e continua a farlo senza mai placarsi
anche nella zona alta del contagiri. Perde qualcosina soltanto in alto, ma in compenso regala un
allungo notevole, fino a 7.500 giri/min, che non
fa rimpiangere il passato. All’inizio, sarà l’abitudine, ci viene da guidarlo al limite, come il vecchio aspirato. Dopo poco però ci accorgiamo che
questo motore dà il meglio di sé ai medi. Quindi
ora è molto meglio tenere una marcia in più: state certi che, non appena sfiorerete il pedale del
gas, avrete a disposizione una valanga di coppia
(500 Nm!) nel giro di un istante. Un’erogazione
furiosa quindi, a tratti brutale, ma anche piuttosto regolare, senza particolari picchi. In poche
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assicuriamo: è un cambio che lascia il segno. Gli
innesti sono di una precisione disarmante e la frizione non è più granitica come quella delle 911 di
inizio millennio. La doppietta automatica in scalata poi è un vero godimento. Insomma avete capito da che parte stiamo, ma anche se il manuale
ormai non vi convince più, almeno in questo caso
fateci un pensierino.
Consumi
La 911 Carrera, anche nella vecchia versione
aspirata, ci ha sempre sorpreso positivamente
per i suoi livelli di consumo.
Nella versione turbo però può diventare un
vero portento. Viaggiando in maniera tranquilla, godendosi la bellezza della strada e del
paesaggio al volante di una Carrera Cabriolet
PDK, siamo riusciti a viaggiare nell’ordine dei
9,6 l/100 km (10,4 km/l). Un risultato stupefacente per una sportiva a sei cilindri da 370
CV. Il discorso naturalmente cambia notevolmente quando si guida al limite. Ma del resto
si sa, fa parte del gioco, quando si guida una
supercar di razza come questa.
parole, a qualsiasi regime, la Carrera S morde
con ferocia e ha tanta voglia di scalpitare. E poi
quando si alza il ritmo, anche il sound torna quasi
ad essere coinvolgente come quello di una volta.
A patto che la vostra 911 monti il sistema di scarico sportivo opzionale (quello con i due terminali
tondi centrali). Senza, dobbiamo ammetterlo,
la sportiva tedesca dell’era “turbo” è diventata
un po’ diversa. Non silenziosa, per carità. Di volume nell’abitacolo ce n’è a bizzeffe - anche per
merito del sound symposer “meccanico” (non è
ottenuto tramite l’impianto audio per intenderci)
- ma la qualità delle “note” non può essere per
forza di cose quella dell’aspirato. Quasi impercettibile poi il ritardo nella risposta. Soltanto i
più esigenti noteranno un leggerissimo turbo lag,
ma solo quando si guida al limite. La dinamica di
guida invece è diventata ancora più esaltante. Le
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Prove
Conclusioni
Con questo restyling la 911 riscopre la sua anima
più retrò, grazie ad alcuni dettagli estetici veramente azzeccati. La vera novità per è il nuovo boxer 3.0 turbo, che convince sotto ogni punto di
vista grazie ad una risposta e ad una foga impareggiabile rispetto al vecchio aspirato. Peccato
solo per il sound che, specialmente sulle versioni
prive di scarico sportivo (opzionale), è diventato
più cupo e a tratti meno esaltante. Quale scegliere? Difficile dirlo con una gamma articolata
come quella della Carrera. C’è n’è una per tutti
i gusti. Sappiate però che il fascino della Cabriolet si paga leggermente in termini di dinamica di
guida. Il telaio della versione scoperta infatti, per
motivi strutturali, è un po’ meno reattivo rispetto alla coupé e i kg in più (ballano circa 70 kg) si
sentono quando si guida di fretta. Il piacere della
guida en plein air però impareggiabile, quindi palla al centro e che vinca la migliore.
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News
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anticipazione. Il designer FCA Alberto Dilillo recentemente ha confermato ad Auto Express che
la prossima generazione della Giulietta sarà realizzata su una versione accorciata del pianale
Giulia. Quando viene chiesto se questa scelta
tecnica comporterà un modello a trazione posteriore Dilillo risponde: «Tecnicamente è possibile». Proprio come ci aveva detto Marchionne.
Naturalmente non possiamo avere la certezza,
in questo momento, di una futura Giulietta a trazione posteriore. Anche perché molto dipenderà
da quali risultati darà il piano di rilancio Alfa, che
partirà con la Giulia. Ma tutti gli indizi, almeno
fino ad ora, portano in quella direzione. Del resto
Alfa fino ad ora ha continuato a ripetere che la
sua rinascita si baserà su modelli a trazione posteriore o integrale. E poi scegliere un’architettura RWD anche per la futura Giulietta permetterebbe al marchio di Arese di staccarsi finalmente
del tutto dall’universo Fiat.
Un bello smacco per i tedeschi
In più Alfa in questo modo potrebbe togliersi anche una bella soddisfazione. Proprio mentre tutti
i suoi rivali premium - Audi, Mercedes e BMW
- sono passati alla trazione anteriore sui loro
modelli di ingresso (anche la prossima Serie 1,
purtroppo, si convertirà all’anteriore), il marchio
italiano tornerebbe nel segmento C con un modello che rimette al centro il vero piacere di guida, grazie all’architettura RWD. Sarebbe davvero
un bello smacco per i tedeschi. Ammesso che
uno scenario simile possa davvero realizzarsi,
bisognerà comunque avere molta pazienza. L’attuale Giulietta infatti sarà presentata tra pochi
mesi aggiornata con un nuovo restyling. Quindi
per vedere una prossima generazione bisognerà
aspettare almeno due-tre anni. Anche perché al
momento gli unici modelli sicuri del piano Alfa rimangono Giulia e il SUV...
ALFA ROMEO GIULIETTA A TRAZIONE
POSTERIORE?
SAREBBE UNO SMACCO PER I TEDESCHI
di Matteo Valenti | Nuove indiscrezioni parlano di una futura Alfa Romeo
Giulietta a trazione posteriore. Se fosse vero sarebbe un vero smacco
per i concorrenti premium tedeschi, passati in blocco all’anteriore nel
segmento C
N
el prossimo futuro Alfa Romeo potrebbe pensare di rimpiazzare la Giulietta con una nuova versione a trazione posteriore. In qualche modo lo
aveva già anticipato Sergio Marchionne ai microfoni di Automoto.it, proprio nel giorno di debutto
della nuova Giulia Quadrifoglio. Il numero uno di
FCA, in merito ad una potenziale Giulietta posteriore, ci aveva confessato: «Ci stiamo pensando.
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Dobbiamo capire cosa vuole il cliente. Abbiamo
la possibilità di farla a trazione posteriore, bisogna vedere se effettivamente è competitiva nel
segmento».
Potrebbe nascere sul pianale
Giulia “accorciato”
Ora però arrivano nuove indiscrezioni che
non fanno altro che confermare questa
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commercializzato anche in Europa, sarà disponibile in Sud America sia con carrozzeria due porte
e due posti che a quattro porte e cinque posti. In
quest’ultima variante, lunga 4 metri e 91, si nota
la ribaltina posteriore con un’insolita configurazione a doppio battente per l’accesso al vano di
carico. La meccanica, invece, dovrebbe derivare
in buona parte da quella della Jeep Renegade assemblata nello stesso impianto di Goiana, il più
grande al mondo dell’intero Gruppo FCA, dove
sono già in fase di assemblaggio i primi esemplari della Toro. Nel comunicato di FCA che accompagna l’anteprima del tre-quarti posteriore del
Fiat Toro si legge: «Tratti dinamici e armoniosi
caratterizzano la silhouette del mezzo, conferendogli un’impressionante muscolatura e allo
stesso tempo leggerezza grazie al proseguimento delle sue linee verso l’infinito. Le luci e i tratti
curvilinei del posteriore donano al Toro un’aria
contemporanea, urbana e anche alla moda. Al
primo impatto non lascia dubbi: comincia una
nuova era, inizia una nuova Fiat».
FIAT TORO
SVELATO IL POSTERIORE
DEL NUOVO PICK UP
Design originale per il nuovo modello che il marchio italiano lancerà
nei primi mesi del 2016 in America latina, ma che potrebbe approdare
anche in Europa
P
rocede la marcia verso il reveal del
nuovo pick up Fiat Toro che il marchio italiano commercerà a breve in
Brasile. La nuova immagine rilasciata da Fiat rivela il posteriore della vettura che
nelle intenzioni del marketing del Lingotto abbinerà la praticità di un cassonato al comfort
di un SUV. Il Fiat Toro, che potrebbe essere
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Anche gli interni non potevano passare incolumi
dal restilyng. Troviamo, adesso, un nuovo volante,
più sportivo del precedente, oltre ad un pannello
della strumentazione rivisto, nel quale sono stati implementati largamente l’alluminio e finiture
che si ispirano alla fibra di carbonio. I sedili, ora,
sono rivestiti in Nappa, mentre l’infotainment è
gestito da un display da 7”. Non poteva mancare
l’Airscarf, per gli irriducibili dell’en-plain-air anche
d’inverno Cresce la tecnologia di bordo, che si allinea a quanto offerto dal resto della flotta Mercedes. Viene introdotto, come primo aspetto, il
Dymanic Select system, dal quale si possono comandare le impostazioni relative al motore, alla
trasmissione, allo sterzo ed al sistema sospensivo della SLC. Troviamo, al retrotreno, la telecamera posteriore, oltre all’Active Brake Assist system.
Sotto il cofano, infine, troviamo due motorizzazioni, entrambe equipaggiate con il cambio 9GTronic: la prima è un due litri da 245 cavalli di potenza, equipaggiato sulla SLC300, mentre il top è
rappresentato dalla SLC43, sul quale è montato
il V6 da 3 litri biturbo, capace di erogare 367 cavalli. Accelerazioni sullo scatto da 0-100 di tutto
rispetto per entrambe le versioni: la prima ferma
il cronometro in 5.7 secondi, mentre il sei cilindri
ne impiega 4.6. La Mercedes SLC sarà disponibile dalla prossima primavera.
MERCEDES SLC
ECCO IL RESTYLING DELLA SLK
di Marco Congiu | Mercedes ha tolto i veli alla SLC. Si tratta, nei fatti,
di un profondo restyling della gloriosa SLK, che si allinea ai dettami
tecnologici – e di sigle – imposti dalla casa di Stoccarda
A
nche SLK si allinea ai diktat della casa
madre. Nel restilyng 2017, la gloriosa
cabrio con tettuccio metallico che
fece il proprio debutto sul finire del
lontano 1996, presenta un cambiamento di sostanza già nel nome. Si abbandona la K in virtù
della C, per dare più uniformità alle denominazioni della casa di Stoccarda. La Mercedes SLC,
infatti, altro non è che un sostanzioso restilyng
del modello al quale succede. Anche gli interni vengono portati sui binari tracciati dal resto
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della flotta Mercedes Ridisegnato drasticamente il frontale, che presenta una nuova diamond
grille e gruppi ottici rivisitati, nei quali sono stati
integrati LED. Anche il retrotreno è stato oggetto delle attenzioni dei designer, con un paraurti
più sportivo, un nuovo doppio sistema di scarichi sportivi ed anche in questo caso l’utilizzo dei
LED nella fanaleria. Il tettuccio, che dalla casa
ci assicurano utilizzare una tecnologia migliore rispetto al modello precedente, si può aprire
e richiudere sino ad una velocità di 40 km/h.
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particolare si tratterebbe del V6 da 3.0 litri che
oggi Maserati monta su Ghibli in versione sovralimentata. Al momento lo sviluppo della 6C
sarebbe già partito. Sembra infatti che sia già
stata realizzata una maquette (modello in argilla, ndr) della vettura e che lo studio di design sia
quindi stato completato. Rispetto alla 4C, la sorella maggiore 6C dovrebbe essere molto più aggressiva nelle linee, con un design decisamente
più affilato, pensato per sottolineare le maggiori
prestazioni del modello. Al momento non possiamo sapere se l’Alfa Romeo 6C arriverà per davvero sulle nostre strade. Molto dipenderà infatti
dall’andamento delle vendite di 4C ma anche dal
lancio di Giulia e del futuro SUV del Biscione. L’idea di una “4C V6” però è una realtà, tanto che il
design della vettura sarebbe già stato ultimato.
I progettisti Alfa sarebbero stati stuzzicati dalla
nuova Lotus Exige Sport 350. Una sportiva filosoficamente vicina alla 6C, con motore V6 sovralimentato da 345 CV. Con la 6C quindi, che
avrebbe una potenza non inferiore ai 300 CV,
Alfa Romeo potrebbe competere ad armi pari
con i rivali di Lotus, ma anche con Porsche, che si
appresta a lanciare Boxster e Cayman in versione
rivista a quattro cilindri boxer.
Insomma, ancora una volta Alfa Romeo torna a
farci sognare ad occhi aperti. Ora non resta che
incrociare le dita e sperare che la 6C, un giorno
non troppo lontano, possa saltare fuori sotto al
velo sfilato da Marchionne ad un Salone dell’Auto...
CLAMOROSO: ALFA ROMEO 6C
IN ARRIVO LA 4C CON MOTORE V6?
di Matteo Valenti | Alfa Romeo starebbe sviluppando una versione più
spinta e aggressiva della 4C con motore V6 Maserati. Si chiamerà 6C e
dovrebbe avere potenza non inferiore ai 300 CV
C
on la 4C Alfa Romeo ha fatto centro.
La produzione fatica a stare dietro
agli ordini e i tempi di consegna si
dilatano. E’ il segno inequivocabile di un successo, rinvigorito dal recente arrivo
della ancor più desiderabile variante Spider.
Per gli uomini Alfa però potrebbe essere arrivato il momento di alzare il tiro. Per di più con un
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colpo di scena, che nessuno si sarebbe mai aspettato. Secondo nostre fonti infatti sembrerebbe
che all’Alfa Romeo sia iniziato lo sviluppo di una
nuova versione della 4C. Anzi, addirittura di un
nuovo modello, ancora più estremo. Sfruttando
la stessa monoscocca in fibra di carbonio infatti,
gli ingegneri italiani starebbero pensando di dare
vita ad un “6C”, quindi con motore a sei cilindri. In
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Attualità
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nostro Paese, con proporzioni bibliche e a tratti
drammatiche (si parla di circa 4 milioni di veicoli
non assicurati – fra due, tre, quattro ruote e veicoli commerciali - che, almeno in parte, circolano
sulle nostre strade). Per dare un giudizio finale
bisognerà comunque aspettare l’approvazione
definitiva, ma a questo punto si possono già fare
alcune considerazioni ulteriori e sollevare alcune
perplessità.
RC e revisione sì, bollo no. Perché?
Prima di tutto il sistema di monitoraggio, così
come è stato pensato fino ad ora dal legislatore,
prende in considerazione revisione e assicurazione, ma non il bollo. Un vero peccato, visto che
l’evasione di questa (odiosa ed eterogenea) tassa regionale provoca ogni anno mancate entrate
nelle casse delle Regioni per centinaia di milioni
di euro (addirittura 800 milioni di euro, secondo
l’Aci). Incrociare i dati del resto sarebbe di fatto
possibile, visto che il database delle tasse automobilistiche è già oggi completamente informatizzato, anche se gestito dalle Regioni. Come mai
non si è pensato di allargare i controlli anche in
questo campo? I sistemi di rilevazione non controlleranno anche il bollo
E chi circola con targa straniera?
Inoltre non si è ancora capito se questa nuova
architettura di controllo possa fare qualcosa per
arginare, in qualche modo, i pirati-evasori della
strada che circolano indisturbati nel nostro Paese con targhe straniere, infischiandosene di regole, di multe, di bolli e perfino di assicurazioni.
Un fenomeno allarmante, in crescita costante,
contro cui fino ad ora non sembrano essere state prese decisioni efficaci, soprattutto perché
mancano controlli periodici, senza i quali non
è materialmente possibile scovare gli evasori.
Chi viaggia oltre i limiti, infischiandosene delle
L’AUTOVELOX CONTROLLERÀ
L’ASSICURAZIONE
ECCO I NOSTRI DUBBI
di Enrico De Vita | Gli autovelox potranno rilevare la validità
dell’assicurazione e della revisione. Per dare un giudizio finale bisognerà
aspettare l’approvazione definitiva, ma a questo punto si possono già
fare alcune considerazioni ulteriori e sollevare alcune perplessità
F
inalmente il governo ha stabilito, attraverso un emendamento alla Legge
di Stabilità 2016 in esame alla Camera, che gli autovelox avranno la facoltà
di rilevare la validità dell’assicurazione e della
revisione dei veicoli. In attesa che il provvedimento diventi realtà, con l’approvazione definitiva della finanziaria, abbiamo pensato di fare
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il punto della situazione, per cercare di capire
cosa cambierà, di fatto, per noi automobilisti e
motociclisti. Lo diciamo subito, per sgomberare
il campo da eventuali equivoci. La nuova norma
è senza dubbio una buona notizia dal momento
che rappresenta un passo in avanti in direzione
del contenimento delle frodi. Un fenomeno che,
come sappiamo, affligge in maniera cronica il
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Attualità
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esponenzialmente più alti e quindi, francamente,
difficili da immaginare. Resta da capire come si
farà a contestare eventuali irregolarità in merito
ad assicurazione e revisione
Ci sarà l’obbligo di contestazione?
Infine bisogna considerare che autovelox e telecamere attualmente hanno la facoltà di elevare
sanzioni senza obbligo di contestazione solo
nel caso in cui non venga rispettato un limite
di velocità. In presenza di irregolarità su assicurazione e revisione invece scatta l’obbligo di
contestazione, quindi l’automobilista “beccato”
verrebbe multato subito per l’eccesso di velocità
norme più basilari del Codice, potrà continuare
ad agire indisturbato, nascondendosi dietro a
una targa romena o bulgara? Oppure il nuovo sistema di controllo potrà fare qualcosa anche in
questi frangenti?
Verrà controllato soltanto chi sbaglia?
La vera questione però riguarda come funzionerà nei fatti un simile sistema di controllo. Ci
sono autovelox infatti che si vedono transitare
davanti anche decine di migliaia di veicoli al giorno. Alla luce di questi numeri sembra di fatto
impossibile che vengano incrociati i dati ricavati
da una mole simile di automobili, anche perché
bisognerebbe mettere in archivio e conservare
migliaia di foto, cioè la prova del reato, ovvero la
circolazione senza assicurazione. Appare molto
più verosimile che vengano controllate quindi
soltanto le automobili colpevoli di aver violato in
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ma invitato a presentarsi successivamente presso le Forze dell’Ordine per rendere conto della
sua situazione assicurativa. Nessuno sa, però,
cosa accadrebbe nel caso in cui l’automobilista
pizzicato senza assicurazione decidesse di non
recarsi al comando di Polizia, sfuggendo di fatto
al controllo incrociato. Insomma le questioni sul
tavolo sono diverse.
Per avere una visione più chiara servirà senza
dubbio aspettare l’approvazione definitiva del
provvedimento. Nel frattempo però ci auguriamo che qualcuno, da parte del governo, sappia
rispondere almeno ad alcune delle nostre perplessità.
qualche modo il codice. Ovvero quelle che hanno superato il limite di velocità o seno entrati in
ZTL senza autorizzazione. Solo una volta rilevata
l’infrazione si provvederà poi all’incrocio dei dati
e quindi al rinvenimento di eventuali irregolarità per quanto riguarda Rc Auto e revisione. Se
questo scenario venisse confermato, paradossalmente, chi dovesse viaggiare senza assicurazione ma entro i limiti di velocità non verrebbe
comunque intercettato. In caso contrario invece
vorrebbe dire che il software di gestione di autovelox e tutor andrebbe completamente rivisto,
dal momento che si ritroverebbe a controllare
tutti i veicoli intercettati, indipendentemente dal
rilevamento di una violazione del Codice. Cosa
semplice e veloce per le tecniche informatiche,
ma con implicazioni con le spese di gestione e di
spedizione, che potrebbero far gola a chi fornisce il software per pretendere costi di gestione
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
appare un articolo che offre un punto di vista
molto diverso. E che cerca di spiegare il “VW
Gate” partendo dalle persone che lavorano a
Wolfsburg e dalle dinamiche aziendali che spesso finiscono per attraversare le grandi Aziende.
Secondo il giornale tedesco la chiave di lettura
dello scandalo va ricercata nella teoria della “illegalità utile” teorizzata dal filosofo e sociologo
tedesco Niklas Luhmann. Secondo questo modello alcune “violazioni” volontarie, all’interno
di una società - nel nostro caso di un’azienda sarebbero “utili” per ottenere un determinato
risultato, abbreviando i processi e risparmiando
quindi denaro. Sono in tanti a sapere che queste “scorciatoie” non sono perfettamente legali,
ma vengono tollerate se non comportano conseguenze gravi dal momento che permettono
di rispettare i tempi di consegna, ottenendo lo
stesso risultato. L’esempio in effetti calza a
pennello con quanto sembra essere accaduto
proprio alla Volkswagen. Gli ingegneri che hanno creato il software parallelo per ingannare la
prova al banco sapevano di agire ai margini della legalità. Ma sapevano anche di non mettere
in pericolo nessuno con la loro scelta e che in
questo modo avrebbero rispettato i target e ricevuto i bonus per essere riusciti a progettare
il nuovo motore nei tempi prestabiliti. Questa
chiave di lettura, particolarmente interessante,
viene accolta anche da Emanuela Montefrancesco, un ingegnere italiano, da anni nella divisione
Powertrain della Volkswagen, che pochi giorni
dopo all’articolo pubblicato sul Frankfurter Allgemeine scrive una lettera aperta al nuovo CEO
Matthias Müller. La lettera, pubblicata integralmente dal Corriere della Sera, si dimostra molto
SCANDALO VW
ECCO PERCHÉ GLI INGEGNERI TEDESCHI
SONO ARRIVATI A “BARARE” SUL TDI
di Matteo Valenti | Come è possibile che un Gruppo autorevole e “pulito”
come Volkswagen si sia lasciato trascinare nello scandalo più grande
degli ultimi tempi? La teoria della “illegalità utile” cerca di spiegarlo
E’
il 4 ottobre 2015. Lo scandalo
Volkswagen divampa sulle pagine
dei giornali di tutto il mondo. La Germania si ritrova nel giro di pochi giorni al centro di polemiche senza fine. E’ a rischio
il mito dell’infallibile qualità tedesca. Tremano i
vertici politici di Berlino, si temono ripercussioni
sull’intera economia della locomotiva tedesca.
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E quindi sull’Europa intera. I tedeschi rimangono attoniti, non riescono a credere a quello che
sta succedendo. Si interrogano, continuamente.
“Com’è potuto accadere tutto questo?” continuano a ripetersi. In tanti provano a dare delle
risposte. Molte le conosciamo già, come abbiamo cercato di spiegare in quei giorni sulle pagine
di Automoto.it. Sul Frankfurter Allgemeine però
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interessante perché ci fa capire come potrebbero essere andate effettivamente le cose alla
Volkswagen. Ed è curioso vedere come le sue
posizioni sposino spesso le argomentazioni
che abbiamo portato avanti su Automoto.it nei
confronti dello scandalo diesel. In particolare in
merito agli NOx e al motore diesel. Ecco alcuni
stralci ricavati dalle parole di Emanuela:
Volevamo essere i primi
della classe
“[…] Da tre settimane, come tutti qui a Wolfsburg
e nel mondo, non posso fare altro che pensare a
questa storiaccia e non riesco a trovare pace. Io
non sono a conoscenza di “informazioni da insider” da scoop e anche se le avessi, non potrei
mai avere la certezza che sia andata veramente così, ma conosco bene tutte le persone che
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Attualità
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potrebbero essere coinvolte nello scandalo perché lavoro con loro da 10 anni fianco a fianco per
migliorare i nostri motori e soprattutto so come
ho lavorato io per più di 10 anni. Io stessa ho fatto di tutto per mandare in porto ogni contratto
e progetto, indipendentemente dalla sua importanza, trovato un cavillo, fatto finta di non aver
sentito ed ho passato diverse notti insonni per
paura di essermi spinta troppo oltre. E oggi mi
chiedo: «Perché lo hai fatto?» Più soldi? Forse.
Carriera? Possibile. Corruzione? No di sicuro.
Oggi posso dire con certezza: l’ho fatto perché
volevo essere la migliore. Volevo essere lodata.
Applaudita. Acclamata. Volevo essere la prima
della classe”. “I miei superiori sono delle brave
persone. I miei superiori sono i “capi” che tutti
i dipendenti vorrebbero avere e sono sicura che
se uno di loro avesse saputo che per questo
motivo rischiavo come minimo di morire di preoccupazione avrebbero detto: «Ema, dimmi un
po’, ma sei scema?»”.
La teoria della “illegalità utile”
alla VW
“[…] Certe “infrazioni aziendali” non vengono
ordinate da nessuno, strisciano e si diffondono come virus, e a volte solo perché la maggior
parte della gente vuole essere “brava”, lodata,
adulata. L’ingegnere modello vuole costruire
il motore perfetto che costi poco, a basso consumo, fantastiche performance ed emissioni
zero, e visto che la fisica non si fa prendere in
giro volentieri - e questo già da secoli- inventa la
furbata del secolo. Lui è il primo della classe, il
capo gli dà una pacca sulla spalla, se ha fortuna
una promozione, l’azienda diventa costruttore
dell’anno e tutti sono felici e contenti. È andata
così? Non lo so, ma a me sarebbe potuto succedere. Chi avrebbe potuto immaginare che da 10
righe di Software civetta sarebbe potuto scaturire un disastro di dimensioni mondiali? Io no. E
chi lo spiega, a me, ingegnere, che la mia furbata
non è legale?”
Sto imbrogliando, ma non faccio
male a nessuno
“Perché detto tra noi: la storia dell’inquinamento
è quella che si chiama una “urban legend”. Invito
scienziati, analisti, statisti, a dimostrare scientificamente che qualcuno mai si sia ammalato di
cancro in California perché tre Audi con motore
Diesel sono passate giornalmente davanti al suo
giardino, anche se più di 20 volte al giorno”. “Tra
l’altro parliamo di emissioni di NOx che hanno
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paura e la censura: anni e anni di lavoro passati a
rendere i motori più puliti e più efficienti buttati al
vento, nessuno parla, nessuno vuole aver avuto
a che fare con questa brutta storia, nessuno dice
quello che sa per paura di perdere il lavoro e di
non poter più provvedere alla propria famiglia.
Silenzio stampa. No comment. Allora, io questa
paura la capisco e la condivido, questa paura è
segno di responsabilità e il senso di responsabilità è l’assicurazione sulla vita dell’umanità. Ma se
io, ingegnere Volkswagen, dicessi: «Mi dispiace.
Era una truffa. I diretti interessati lo sapevano,
ma non sapevamo di fare del male a nessuno, ci
dispiace. Sì, era una truffa, ma una truffa senza
conseguenze. E abbiamo lavorato senza sosta
per migliorare i nostri prodotti e oggi non abbiamo più bisogno della furbata, e tutte le altre
vetture che abbiamo venduto nel mondo sono
pulite, e quelle non pulite le metteremo apposto,
promesso. Perdonateci.»”.
Dobbiamo imparare di nuovo a
dire “Non sono capace”
“Lei mi licenzierebbe? Tu, mondo, mi linceresti?
poco a che fare con il particolato (il fumo nero) e
che in realtà si comportano allo scarico in maniera quasi opposta (vale a dire, se aumento i NOx
ci sono buone possibilità che diminuirò il particolato). Quindi io ingegnere, e non avvocato, conoscendo a fondo il tema inquinamento -molto
meglio di certi politici che nelle ultime settimane
hanno fatto sfoggio di tutta la loro ignoranza davanti al mondo - penso: «Ok, sto imbrogliando,
ma non faccio male a nessuno».” “E chi ha spiegato a me, ingegnere, che questo Software non è
legale? Perché la legalità non è ovvia. La legalità
si spiega, s’impara e si aggiorna tutta una vita e
alla fine c’è sempre qualcosa che non si sapeva.
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Perché io sono sicura che se il cervellone che dieci anni fa ha avuto questa brillante idea avesse
saputo che a causa sua questa notte 600.000
famiglie, più altrettante famiglie di lavoratori
dipendenti dal settore automobilistico avrebbero dormito male, perché hanno paura che l’anno prossimo sia diverso da questo, ci avrebbe
pensato due volte”. “Non tutte le persone sono
uguali. Non tutte le persone sono brava gente,
ma io ne conosco tante. E la brava gente, a volte,
vuole solo essere lodata ed è disposta per questo
a copiare.
Un mio ex-collega mi ha detto proprio l’anno
scorso: «Ema, se ti mostri debole una volta sola
ti tagliano fuori». Lo posso confermare. L’ho imparato sulla mia pelle. Qui in Volkswagen abbiamo disimparato negli ultimi anni a dire: «Non ce
la faccio.
Non posso. Mi dispiace». E questo è quello a cui
penso io quando sento il termine «rivoluzione
culturale», che Lei ci ha promesso. Questa è la
rivoluzione culturale che mi auguro di cuore. Per
la Volkswagen e per il futuro di mia figlia. Sehr
geehrter Herr Müller”.
Chiedetelo agli avvocati in erba che si preparano
per l’esame di Stato.”
I Tedeschi mi hanno deluso
“Ed è qui che i Tedeschi, in questi giorni, mi hanno
terribilmente deluso. Perché i Tedeschi la legalità la conoscono meglio degli altri. Come lo so?
Il Kindergarten di mia figlia. […] Lei ha un senso
della legalità che i suoi coetanei italiani non manifestano, rispetta le regole”. […] “Ai bambini tedeschi s’insegna la legalità all’asilo e le loro strade
saranno sempre pulite... […] E chi insegna la legalità agli adulti? Beh oggi, grazie al Dieselgate,
la legalità qui a Wolfsburg si respira attraverso la
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MOTORI E INQUINAMENTO OGGI
LA MARMITTA CATALITICA. III PARTE
di Massimo Clarke | Gli interventi motoristici che hanno consentito di
ridurre le emissioni. In questa puntata ci occupiamo della marmitta
catalitica
P
er quanto si possa fare a livello motoristico, inevitabilmente dallo scarico esce una piccola quantità di sostanze nocive, per abbattere le quali
è necessario prendere provvedimenti “a valle”.
Occorre cioè effettuare un post-trattamento
dei gas, che consenta di trasformare le sostanze nocive in altre innocue. Per i motori diesel c’è
60
Tecnica
Periodico elettronico di informazione automobilistica
anche il problema del particolato (termine col
quale viene indicato l’insieme delle particelle solide e liquide che escono dai cilindri assieme ai
gas combusti). Pure i motori a benzina a iniezione diretta ne producono e di ciò tengono conto
le più recenti norme anti-inquinamento, delle
quali parleremo prossimamente. In questa sede
invece ci occupiamo solo delle emissioni nocive
gassose prodotte dal motore e del loro abbattimento. Da svariati anni a questa parte tutte
le auto con motore ad accensione per scintilla
sono dotate di marmitte catalitiche trivalenti,
all’interno delle quali avviene la conversione degli inquinanti in sostanze innocue, ovvero acqua,
azoto e anidride carbonica. Quest’ultima non è
velenosa ma è irrespirabile e inoltre è fortemente
responsabile del riscaldamento globale da tempo in atto. Per questa ragione le sue emissioni
vengono comunque limitate da apposite norme.
Si tratta però di un normale prodotto della combustione, che non può essere abbattuto con un
post-trattamento dei gas emessi dal motore.
Per limitare la quantità emessa dagli scarichi degli autoveicoli occorre perciò ridurre i consumi.
All’interno della marmitta catalitica gli ossidi di
azoto subiscono una “riduzione”, che li converte
in azoto e ossigeno, mentre l’ossido di carbonio
e gli idrocarburi vengono ossidati. Questo è reso
possibile dalla presenza di alcuni catalizzatori,
ovvero da alcuni elementi metallici che, lambiti
dai gas, fanno avvenire le reazioni in oggetto in
tempi estremamente brevi. Perché ciò accada è
necessario che la temperatura sia elevata. Una
marmitta catalitica è costituita da un involucro in
acciaio all’interno del quale è posto un “supporto” a celle, che i gas combusti sono obbligati ad
attraversare (talvolta i supporti impiegati sono
due, piazzati uno dietro l’altro). Sulle pareti delle celle è applicata uno strato di materiale ceramico (il “washcoat”) con superficie fittamente
frastagliata, nel quale sono disperse le particelle
di catalizzatore. In questo modo, con un volume
esterno piuttosto ridotto, è possibile ottenere
una superficie attiva molto elevata. La cosa è
di importanza essenziale in quanto al crescere
della quantità di gas che entra a contatto con il
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catalizzatore, aumenta la percentuale delle sostanze nocive che viene convertita. I catalizzatori
impiegati sono il rodio, il palladio e/o il platino,
metalli molto costosi. La quantità presente in
una marmitta catalitica può essere anche dell’ordine di 5 grammi. Le particelle hanno dimensioni
estremamente ridotte (si misurano in nanometri
e non in micron!) e il loro numero è quindi elevatissimo. Il supporto può essere ceramico o
metallico. Nel primo caso il materiale impiegato
è usualmente la cordierite e le celle hanno pareti
il cui spessore tipicamente è dell’ordine di 0,15
mm. In molti casi ce ne sono 400 per pollice
quadrato, corrispondenti a 62 per centimetro
quadrato. I supporti metallici vengono realizzati utilizzando lamierino fittamente corrugato in
acciaio inox ad alto tenore di cromo e con una
notevole percentuale di alluminio. Rispetto a
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione automobilistica
informata costantemente in merito al titolo della
miscela che sta alimentando il motore, in modo
da poter intervenire immediatamente per riportarlo al valore corretto, se necessario. Questo
è possibile grazie a un apposito sensore, detto
sonda lambda, che rileva la quantità di ossigeno
presente nei gas di scarico e informa la centralina, la quale può calcolare in tempo reale il titolo
della miscela e agire di conseguenza, variando
come opportuno la quantità di carburante emessa a ogni ciclo dagli iniettori. Per lavorare al meglio, convertendo la maggior quantità possibile
di gas nocivi in sostanze innocue, la marmitta
catalitica deve lavorare in un campo di temperature compreso indicativamente tra 400 e 800
°C. Se questo secondo valore viene superato
inizia un processo di “invecchiamento termico”,
che determina una progressiva perdita di porosità del washcoat e quindi una diminuzione della
superficie attiva e perciò della efficienza di conversione. Per cominciare a svolgere il suo compito con una certa efficacia, la marmitta catalitica
deve superare una temperatura detta di “light
off”, che in genere è dell’ordine di 250 °C. Le auto
moderne sono studiate e realizzate in modo da
raggiungere tale temperatura con la massima
rapidità, dopo l’avviamento. Da anni le benzine
destinate ai motori per autotrazione sono prive
di piombo, che in precedenza era presente in
alcuni additivi antidetonanti. Questa misura si è
resa necessaria perché tale elemento “avvelena”
il catalizzatore e quindi, se contenuto nel carburante, è in grado di mettere in poco tempo fuori
uso la marmitta.
quelli ceramici hanno una maggiore resistenza
meccanica e a parità di ingombro esterno possono avere una area di passaggio gas (ossia una
superficie “utile”) nettamente maggiore. Inoltre,
si possono riscaldare più rapidamente e possono
dar luogo a una minore contropressione allo scarico. Le pareti delle celle (che in questo caso non
di rado sono 600 per pollice quadrato) hanno in
genere uno spessore di 0,05 mm. Il rendimento
di conversione più elevato (ben oltre il 90%) si
ottiene mantenendo il titolo della miscela ariacarburante all’interno della strettissima “finestra di dosatura”, collocata in corrispondenza
del valore stechiometrico (nel caso della benzina
è circa 14,7 parti di aria per una di carburante,
in peso) e nelle sue immediate vicinanze. Per
ottenere i migliori risultati è perciò necessario
che la centralina che controlla l’iniezione venga
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Sport
Periodico elettronico di informazione automobilistica
sono tantissime altre cose, un mondo diverso da
apprezzare, nuove sfide da affrontare.» «La F.1
è un mondo autoreferenziale, deve cambiare se
vuole essere appetibile soprattutto ai giovani.
Già oggi i ragazzi non prendono la patente, non
vogliono comprare l’auto, almeno lo sport e le
sfide dovrebbero accettarle e interessarli. Invece
no, c’è disaffezione. Quando poi vedo un talento come Verstappen, che a 17 anni va fortissimo
con la F.1, uno qualche domanda se la pone. Ad
esempio, sono macchine troppo facili da guidare? Si può fare qualcosa di più? Io vedrei una F.1
con macchine difficilissime, impegnative anche
fisicamente, con tanta potenza senza tanti aiuti
elettronici, macchine che esaltino la bravura del
pilota. Faccio parte della commissione FIA per le
monoposto, quindi seguo con attenzione l’evolversi delle regole. Stiamo studiando, ci stiamo
impegnando, ma è una sfida difficile conciliare i
diversi interessi». Intanto Domenicali ha seguito
la stagione F.1 e la Ferrari, «bella stagione per
loro, hanno invertito la rotta, hanno vinto e mi ha
fatto felice, non puoi stare tanti anni in una azienda bella e unica come quella senza sentirti parte
di una famiglia.
Ora manca l’ultimo passo, il più difficile, quello
del mondiale. Non è semplice per niente, sarà
una sfida durissima dove tutti dovranno impegnarsi a fondo». E magari, un domani (sognare
è gratis) sarebbe bello se da Sant’Agata Bolognese partisse una sfida a Maranello, d’altronde
Lamborghini ha corso in F.1 e aveva un motore 12
cilindri unico, frutto di tanti ex della Ferrari. Certo, manca tempo e soldi, i programmi Audi VW
magari vanno in un’altra direzione, ma chissà. Se
Domenicali da numero 1 Lamborghini dovesse
avere una possibilità, siamo certi che la sfrutterà
a fondo.
DOMENICALI E LAMBORGHINI
LE TANTE INCOGNITE DI UNA SFIDA
di Paolo Ciccarone | Proviamo a fare chiarezza sui rumors che vedono
coinvolto Stefano Domenicali ed il suo futuro in Lamborghini
S
tefano Domenicali nuovo Ad di Lamborghini? Nessuno conferma, nessuno smentisce. L’interessato men
che meno. Sabato sera, a una festa,
è intervenuto telefonicamente per salutare gli
amici di un tempo. Cambia la divisa, non cambia
l’uomo, fatto di classe, attenzione ed educazione. La voce gira, lui ci gira intorno: «Per ora sono
qui a Ingolstadt, l’esperienza che sto facendo è
davvero bella, si ci saranno novità presto le dirò
assolutamente». Insomma, niente di nuovo sotto
64
al cielo a 4 cerchi a quanto pare. Il previsto programma F.1 slitta per via delle regole, dei motori
non definiti, per i costi elevati e per i problemi del
dieselgate che ha tolto molte risorse sportive delegandole ad altri settori. Quello che è certo è che
la F.1 non manca a Stefano Domenicali, anche se
è Stefano che manca alla F.1. «Grazie di cuore,
siete molto gentili. Seguo ancora la F.1, guardo
le gare, in un primo momento ti pare che tutto
ruoti attorno a quegli impegni, poi appena metti fuori il piede e ti guardi attorno capisci che ci
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SPECIALE
DAKAR 2016
La cronaca della gara, foto e video della
trentottesima edizione della Dakar
Leggi tutti gli articoli
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Sport
Periodico elettronico di informazione automobilistica
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DAKAR 2016, SI FA SUL SERIO
A BELEN VINCONO PRICE (KTM)
E AL-ATTIYAH (MINI)
di Piero Batini | Dopo la giornata di riposo la Dakar cambia marcia.
Arrivano sabbia, dune, navigazione a go go. A Belen un nuovo vincitore
di tappa, Nasser Al Attiyah, un nuovo leader, Peterhansel, acuti, jolly e
colpi di scena
Q
uando arrivano 390 chilometri di
Prova Speciale a 50 gradi all’ombra, la sabbia e il fuoripista, e la
navigazione con note serrate e cap
stretti in successione, vuol dire che
si è nel pieno della Dakar. Non si scherza più,
ammesso che qualcuno abbia pensato di farlo,
68
e tutto quello di terribile che è già passato finirà per essere quasi un piacevole ricordo. Salta è
stato lo spartiacque di questo cambiamento, e
da ora in poi non è più lecito pensare che potrebbe anche andar bene. Per farla andare bene, la
Dakar, questo è il momento in cui si deve dimostrare di saper soffrire. Oppure che quest’inferno
capace di spezzare le ossa al più coriaceo degli
avventurieri, in fondo non ci tocca. Strano dirlo,
ma c’è anche gente così. Prendiamo Diocleziano
Toia. Non è un Campione riconvertito, e neanche
un Campione. È uno che si è appassionato e piano, piano, imparando, allenandosi e andando a
correre in funzione del grande obiettivo, alla fine
è riuscito a schierarsi alla partenza dell’edizione
dello scorso anno e, soprattutto, a sfilare sul podio d’arrivo di Buenos Aires.
Diocleziano Toia, pilota Vero
L’anno scorso Diocleziano aveva dovuto sottoporsi a uno stressante tour di force meccanico
per far sì che la sua moto, un usato glorioso ma
abbastanza “masticato” lo portasse fino all’arrivo. La sera a Rosario disse che gli sarebbe piaciuto tornare, ma che lo avrebbe fatto solo con
una moto nuova, a posto. Così è stato, Toia è ripartito con una Husqvarna 450 Rally nuova fiammante, e la sua vita, pur sempre la dura vita del
partecipante Malles Dakar, ovvero assistenza in
proprio e un’unica cassa metallica con tutti i pezzi e le cose necessarie, è cambiata. A Belen Toia
ha affrontato la prima tappa delle Trilogia dell’Inferno, tre giorni in successione micidiale con il
compasso puntato a Fiambala, la fornace. Tutto
bene. Oddio. La moto presa nella schiena dopo
una rovinosa caduta non è tutto bene. Ma Toia
effettivamente riesce a vederla così. Se si fosse
rotto le costole quel dolore sarebbe aumentato
fino a diventare insopportabile. Invece è solo una
botta. Bene. La tappa è stata micidiale, in mezzo
al deserto vero e senza un alito di vento? No, non
proprio così, siamo stati accompagnati da una
nuvola che ci ha protetti dalla violenza dei dardi
proprio durante il passaggio più brutto. “Quando
succede così, ti salva la vita!”. E a mezzanotte è
ancora seduto sulla sua cassa che finisce di evidenziare il road book, e chiacchiera in varie lingue con i colleghi dell’Avventura, ride e ha una
parola buona per tutti, anche per il rompicoglioni
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Dakar
Periodico elettronico di informazione automobilistica
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che passa a distruibuire sapienza. Questo è un
tipo di Pilota Dakar, il Pilota-Gli-Fa-Un-Baffo, uno
che appartiene ad una delle categorie dei “Veri”.
Sempre a Belen, e sempre parlando di gara delle Moto, ci è venuto in mente il “Pilota-Jolly”. A
Belen ha vinto Toby Price, l’australiano che ha
debuttato lo scorso anno con un terzo posto
assoluto, e che quest’anno ha vinto già quattro
tappe conquistando, proprio oggi e anche con il
“supporto” degli errori degli avversari, la leadership della Corsa. Il Pilota-Jolly è Paulo Gonçalves, il portoghese che a Salta era in testa alla
Dakar e che due anni fa vide andare a fuoco la
sua nuova moto, accesa dalle sterpaglie secche
della Pampa argentina. Un disastro, pagato carissimo e che ha lasciato una ferita nel morale,
per fortuna rimarginata in fretta. Il primo giorno Paulo Gonçalves è rimasto in panne. La sua
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Honda ferma, pare, per un problema elettrico.
Una di quelle stupidaggini che possono costare
una Dakar. Per fortuna arrivò Paolino Ceci, angelo custode e “gran lavoratore”, che trainò lo
sfortunato compagno di Squadra fino all’arrivo,
300 chilometri. La tappa, come sapete, fu poi annullata a causa della tormenta di vento e pioggia,
e così Paulo poté ripartire il terzo giorno come se
non fosse successo nulla. Oggi, tappa da Salta a
Belen, Gonçalves conservava un vantaggio esiguo sull’arrembante australiano, ma pur sempre
un vantaggio.
Barreda lascia da solo Gonçalves
Poche strategie a disposizione, deve confrontarsi con un Pilota una Squadra che hanno 15 anni
consecutivi di successi alla Dakar. Poco tempo
dopo la partenza, Paulo Gonçalves completa
il quadro della sua “solitudine”. Barreda, che
avrebbe potuto diventare un supporto basilare
della battaglia di Gonçalves, ha preferito andare
a casa, al contrario di Paulo, dopo 500 chilometri al traino del “solito” Ceci. Difficile giudicare la
scelta di Barreda. Venire per vincere e rimanere
a piedi è un boccone che va masticato a lungo
perché possa andar giù. Rimanere e far da tappo
agli assalitori del compagno di Squadra sarebbe
un bel gesto, ma ci vuole lo spirito giusto, che
sicuramente Barreda non ha in questo momento. Resta Metge, il nuovo arruolato dalla Squadra per proteggere le spalle dei Piloti di punta.
E resta quel filo elettrico (diciamo per dire, ma
magari è proprio un filo), che ferma anche la sua
Moto. Gonçalves è solo, non gli resta che spingere più che può, resistere agli attacchi degli
avversari e spingere per fare una differenza. ma
quando si spinge forte si aumentano anche i rischi, e così Paulo è caduto in una pista veloce di
pietre smosse. L’insaccata della moto decollata
un attimo prima su un ostacolo, il rimbalzo e la
compressione, la moto si scompone e catapulta
via il PIlpota, che cade rovinosamente. È il tipo di
incidente che può avere conseguenze serie. Ma
non è successo nulla. Ecco l’ultimo jolly giocato
da Gonçalves. Adesso deve farcela, e proprio
perché ha giocato i suoi Jolly, adesso può contare su una motivazione in più per mettercela tutta.
Certo, la battaglia è ancora lunga e sarà certamente aspra, ma Gonçalves non si è mai tirato
indietro. Messi a confronto due Piloti come Price
e Gonçalves, stazze e caratteristiche di guida diverse, ma identica “statura” agonistica, il risultato è che per Svitko e Quintanilla, gli immediati
inseguitori, restano ben poche chance. È molto
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più correto, dunque, che la Dakar si incanalerà
su due diversi confronti, quello per il successo,
limitato a Price e Gonçalves, e quello per il rimanente gradino del Podio di Buenos Aires, che
vede coinvolti Svitko e Quintanilla, appunto, ma
che potrebbe strascinare anche Benavides, Meo
e Rodrigues.
Auto, il risveglio del Re
Auto. Si rivede Al Attiyah, che vince la prima tappa “desertica” con la Mini. E chi se lo scorda? Chi
può non tenere nella massima considerazione
il Principe del Qatar e Campione in carica con
la Mini e in compagnia di Mathieu Baumel? Ma
bisogna iniziare obbligatoriamente da Sébastien
Loeb, che oggi ha fatto la sua prima passeggiata all’inferno, completa. Il Fuoriclasse alsaziano, che era in testa alla generale dopo gli exploit della prima settimana di Gara, aveva più di
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Dakar
Periodico elettronico di informazione automobilistica
dopo qualsiasi “progetto”. Recuperare ad Al Attiyah, ma anche al super motivato compagno di
Squadra Carlos Sainz, il ritardo concesso per un
errore è un’operazione semplicemente impossibile. E allora viene il momento di imparare che la
Dakar è una corsa che non si vince in un giorno,
e tanto meno il giorno che si vuole. Bisogna stare
lì, certamente, ma saper anche aspettare quel
momento particolare in cui spingere e attaccare può avere un esito davvero favorevole. Ne sa
qualcosa Stephane Peterhansel che, nonostante
la tappa difficilissima e minata da una foratura,
è riuscito a riprendere in mano la situazione e,
addirittura, a riconquistare la leadership della
Dakar 2016. Certo si parla bene, e a Sainz allora cosa avremmo dovuto consigliare, di andare
piano? Se l’avessimo fatto e se il Campionissimo
ci avesse dato retta, cosa per fortuna del tutto
improbabile, oggi ci saremmo persi una delle sue
più belle tappe al volante della 2008 DKR e non
potremmo vederlo di nuovo completamente in
corsa per il successo finale, a poco più di due minuti soltanto da “Peter”. Quindi lasciamo stare, e
godiamoci la più grande battaglia dei motori. Altre cose? Sì. La bellissima tappa di Cyril Despres,
molto apprezzato da Bruno Famin, direttore
del Progetto Peugeot Dakar e del Team Peugeot Total, quarto assoluto al traguardo di Belen.
Quindi vorremmo ricordare che siamo in piena
trilogia del deserto. Dopo Salta-Belen, è la volta
dell’anello di Belen, e quindi della Belen-La Rioja.
Tutto nella fornace di Fiambala, che quest’anno
sarà “sfruttata” fino alla sua ultima, remota duna
incandescente.
un’incombenza. Affrontare il suo secondo turno
da apripista, ma questa volta con una navigazione ben più importante, mettersi in gioco nel
passaggio delle dune e, naturalmente, resistere
agli attacchi inevitabili di almeno un paio di Piloti,
Nasser Al Attiyah e Carlos Sainz. Non è andata
benissimo, e il conto è salato. Per prima cosa
Loeb si è insabbiato, e ha scoperto, insieme a
Daniel Elena cosa vuol dire tirar fuori una Macchina da quelle condizioni. Quindi, nel tentativo
di recuperare terreno, Loeb ha spinto a fondo la
2008 DKR, fino però ad esagerare e buttare tutto via a pochi chilometri dal traguardo, quando la
sua Peugeot è andata in tonneau.
Loeb scende all’Inferno
Loeb avrebbe forse dovuto sapere, che quando
parte un attacco della portata di quello di oggi,
è meglio starsene calmi e rimandare al giorno
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Dakar
Periodico elettronico di informazione automobilistica
DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO
DELLA SECONDA TAPPA
di Marco Congiu | Si festeggia la prima vittoria alla Dakar di Sebastien
Loeb e della Peugeot 2008 DKR. L’alsaziano ha preceduto il compagno
di team Peterhansel, mentre nelle moto trionfa la KTM di Price. Paura
per il nostro Agazzi, costretto al ritiro
L
DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO DEL DAY ONE
a gara vera è finalmente cominciata. A
farla da padrone è ancora il maltempo,
che ha condizionato non poco lo svolgersi della seconda tappa. Le piogge
torrenziali dei giorni scorsi hanno reso il terreno
una fanghiglia da guadare letteralmente, che è
stata fatale a diversi piloti. Da registrare il ritiro,
tra le moto, del nostro Simone Agazzi, vittima di
una caduta che lo costringerà a sottoporsi ad un
intervento chirurgico alla spalla. Tra le due ruote,
troviamo in testa la KTM di Toby Price. L’austra-
liano, dopo il terzo posto della passata edizione,
punta ora dritto al successo finale. Joan Barreda,
anche lui tra i favoriti in questo raid, ha vissuto
una tappa non propriamente felice, rimanendo
impantanato e perdendo parte della strumentazione necessaria alla navigazione. Nella categoria riservata alle auto, abbiamo la prima vittoria
di Sua Maestà Sebastien Loeb. L’alsaziano ha rifilato 2 minuti e 32 secondi al compagno di team,
Stephane Peterhansel, balzando al comando della classifica generale.
di Marco Congiu | Avrebbe dovuto essere la prima giornata di gara
“vera”, ma il clima sembra essere ostile all’edizione 2016 della Dakar,
che ha visto annullata la prima tappa
L
a prima tappa “vera” dell’edizione 2016
della Dakar si conclude con un nulla di
fatto. La prova speciale di 227 km moto
e quad e di 258 per auto e truck, inserita all’interno del percorso che avrebbe portato
i piloti da Buenos Aires a Villa Carlos Paz, è stata flagellata dal maltempo: pioggia e vento forte
l’hanno fatta da padrone, costringendo i partecipanti e gli organizzatori ad alzare bandiera bianca e a rinunciare alla sfida contro il cronometro.
Peccato, perché le prospettive per vivere una
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giornata avvincente c’erano tutte: tra le auto,
Carlos Sainz e il Team Peugeot Total volevano rimediare a quanto accaduto nel prologo, e tentare
l’assalto al leader Ten Brinke; nelle moto, invece,
Joan Barreda sarebbe certamente partito con il
coltello tra i denti, deciso ad aumentare il proprio
vataggio in classifica generale. Oggi i corridori
saranno impegnati nella tappa che collega Villa
Carlos Paz a Termas del Rio Hondo: 846 km totali, di cui 510 di sfida contro il tempo. Sperando in
un meteo clemente.
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Dakar
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DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO DELLA
QUARTA TAPPA
di Marco Congiu | Sale in cattedra Stephane Peterhansel. Monsieur
Dakar si aggiudica la terza PS, precedendo i compagni Sainz e Loeb. Tra
le Moto, Barreda viene penalizzato, la vittoria di tappa a Gonçalves
L
DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO DELLA TERZA TAPPA
a Dakar entra nel vivo. Nella prima
tappa marathon dell’edizione 2016,
a primeggiare è ancora una volta la
Peugeot 2008 DKR: a differenza dei
giorni scorsi, però, è Stephan Peterhansel a regolare il gruppo. Monsieur Dakar ha preceduto,
dopo una speciale di oltre 400 km, i compagni di
squadra Sainz e Loeb, con quest’ultimo ancora
saldamente al comando della classifica generale.
Barreda, tra le moto, sembra non aver imparato
dai propri errori: lo spagnolo ha ancora ecceduto i limiti di velocità durante il trasferimento, venendo penalizzato di 5 minuti, dopo aver vinto la
prova speciale.
La classifica di categoria si apre con Gonçalves
davanti a tutti. Stupisce, per certi versi, l’assenza
di una KTM tra le posizioni di rilievo.
di Marco Congiu | Sebastien Loeb bissa il successo della tappa
precedente. Tra le moto, la gioia di Barreda dura poco: penalizzato di
un minuto, cede il successo a Benavides
L
a Dakar sta iniziando a conoscere il
Cannibale. Sebastien Loeb è al suo
secondo successo nel raid più famoso
del mondo. Alla guida della Peugeot
2008 DKR, l’alsaziano ha fatto capire quali siano le proprie intenzioni in questo rally, arrivando
ancora una volta davanti a tutti. Il vero protagonista, tuttavia, è il maltempo, che ha costretto gli
organizzatori a modificare nuovamente il disegno della tappa. Tra le moto vince Joan Barreda,
ma la gioia dello spagnolo dura appena poche
ore: penalizzato di un minuto, è costretto a cedere lo scettro a Kevin Benavides, alla sua prima
partecipazione al raid.
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DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO DELLA SESTA TAPPA
di Marco Congiu | Peugeot ancora saldamente al comando, con
Peterhansel che fa il vuoto alle sue spalle. Loeb Fora, ma rimane leader
della generale. Tra le moto, Barreda arriva con 4 ore di ritardo per via di
un problema, e Price alza la voce
L’
armata Peugeot si avvicina alla
metà del raid senza aver perso un
colpo. Gli uomini di Bruno Famin
hanno dato una dimostrazione di
superiorità anche negli oltre 540 km di speciale
nei pressi di Uyuni. La sesta tappa è stata vinta
da Stephane Peterhansel, il quale allunga anche
in classifica generale, aiutato da un leggero problema meccanico e - sopratutto - da una foratura
patita da Sebastien Loeb. Il cannibale è arrivato al
DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO
DELLA QUINTA TAPPA
traguardo della prova speciale con un ritardo di 8
minuti dal connazionale, ma di certo non ha intenzione di rivedere i suoi piani di successo. Giornata difficile per i motociclisti. A vincere la tappa
è stata la KTM di Toby Price, ma vanno registrati
alcuni inconvenienti tra i centauri.
Joan Barreda è arrivato al traguardo con oltre 4
ore di ritardo a causa di un problema tecnico del
suo mezzo, mentre Faria è stato costretto al ritiro
a seguito della frattura del polso.
di Marco Congiu | Sebastien Loeb vince la sua terza tappa alla Dakar.
L’alfiere Peugeot ha aperto la strada alla seconda tripletta della casa
del Leone, con Sainz e Peterhansel a completare il podio. Tra le moto,
si rivede la KTM di Price, autore di una buona prova
L
a Dakar scopre giorno dopo giorno
cosa vuol dire avere tra le proprie
fila un pilota come Sebastien Loeb.
Il nove volte iridato WRC ha vinto la
terza prova speciale in quattro giorni, aprendo
la strada alla seconda tripletta delle Peugeot
2008 DKR. Partito alle spalle dei compagni di
team Peterhansel e Sainz, l’alsaziano ha spinto
fortissimo nei primi tratti di prova cronometrata,
garantendosi un buon margine che gli è valso la
vittoria. Non è però tutto oro quel che luccica,
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nella casa del leone.
Cyril Despres è stato costretto a rinunciare alle
proprie velleità di classifica a causa di un problema elettronico al suo buggy. Le mini si confermano, per i momento, seconda forza del raid, con
Al Attiyah capace di issre il proprio mezzo sino
in quarta posizione. Si rivedono le KTM. Lo squadrone austriaco è ancora guidato da Toby Price,
il più rapido nella quinta tappa.
L’australiano sale sul podio della generale, alle
spalle di Gonçalves.
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DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO DELL’OTTAVA TAPPA
di Marco Congiu | Sebastien Loeb dice addio ai sogni di gloria,
mentre tra le moto passa al comando la KTM di Toby Price
L’
DAKAR
IL VIDEO-RACCONTO
DELLA SETTIMA TAPPA
ottava tappa della Dakar 2016 non è
stata per nulla avara di colpi di scena.
Tra Salta e Belen abbiamo assistito
ad un doppio ribaltamento delle forze in campo nelle classifiche generali di auto e
moto. Nella prima categoria, la vittima illustre è
stata Sebastien Loeb: l’alsaziano, dopo un insabbiamento, si è capottato più volte, danneggiando
gravemente la propria 2008 DKR e perdendo
oltre un’ora in classifica. L’altro buggy francese
guidato da Peterhansel è stato anch’esso vittima di una foratura, lasciando così campo libero
alla rediviva Mini del campione in carica Nasser
Al Attiyah, vincitore di giornata. Tra le due ruote,
Toby Price si issa al comando della graduatoria,
scalzando Paulo Gonçalves, vitima di una caduta
con la sua Honda.
di Marco Congiu | Ultimo giorno di gara prima del meritato riposo.
Carlos Sainz si aggiudica la sua prima vittoria in questa Dakar 2016,
mentre tra le moto assistiamo ad un gesto di vero eroismo
T
appa difficile, la settima, in questa
Dakar 2016. Peugeot continua a farla da padrone tra le auto, con Carlos Sainz al suo ventottesimo acuto
personale nel raid. Lo spagnolo ha preceduto
la 2008 DKR del compagno di team, Sebastien
Loeb, tornato in testa alla classifica generale.
L’alsaziano è stato abile ad approfittare di un
“alleggerimento” del piede destro di Stephane
Peterhansel per sopravanzare il connazionale al
comando della carovana. Nelle moto abbiamo
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assistito, invece, ad una prova di lealtà come non
se ne vedevano da tempo: all’inizio della prova
speciale, Gonçalves - braccato dallo squadrone
KTM - si ferma a prestare immediato soccorso
all’austriaco Matthias Walkner, vitima di una cadura.
Il pilota del team di Mattighofen era rimasto vittima di una caduta, nella quale si era rotto il femore. Impossibilitato a muoversi, non era riuscito
ad attivare il proprio segnalatore d’emergenza,
procedura effetuata da Gonçalves.
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Dakar
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partecipanti, insomma. D’altra parte un’intervista diretta può svelare il limite di sollecitare solo
un giudizio più formale o “politico”. Allora abbiamo pensato di raccogliere le opinioni al riguardo
in modo informale, e di “garantire l’anonimato”
dei nostri amici e intervistati, quando necessario o richiesto. La discrezione paga sempre, e in
questo caso ci ha dato la possibilità di raccogliere indicazioni e giudizi senz’altro molto interessanti. Parlando della gara delle Moto, un Pilota ha
le idee chiare: «Non vincerà una KTM!». E perché
dovrebbe essere così? La risposta è in un dato
statistico che in parte ci trova d’accordo. Non
si arriva alla Dakar e si vince, e dunque in effetti
tutti i giovani “cavalieri” della rinnovata formazione di Mattighoffen, per semplicità riuniamo i
Marchi Husqvarna e KTM, non possono vantare
una esperienza sufficientemente lunga. Walkner,
Quintanilla, Price, gli Enduristi, per quanto bravi,
Meo, Renet e Cervantes, non hanno abbastanza
chilometri di Dakar sulle spalle. D’altra parte vale
il concetto opposto, ovvero che se uno ha partecipato a molte Dakar e non hai ancora vinto, è
poco probabile che ci riesca ora. E parliamo, in
questo caso, di gente come Viladoms o Faria,
ma anche di Rodrigues o Casteu. Continuando
a parlare con lo stesso “esperto”, tuttavia, saltano fuori anche altri “dettagli”. Per esempio che
il giovane Walkner ha, sì, poca esperienza, ma
sembra avere il dono di riuscire a fare le cose
giuste al momento giusto, di sapersi inserire con
assoluta precisione nel contesto. Non a caso è
diventato Campione del Mondo al primo anno intero di attività. Nell’altro senso, quello del troppo,
l’”Esperto” ci ricorda che gente come Viladoms e
Faria sono sempre stati “stretti” nella morsa dei
loro leader Coma e Despres, e che ora potrebbero mettere a frutto anche questa caratteristica,
LA PAROLA AGLI ESPERTI
CHI VINCE? E CHI PERDE?
di Piero Batini | Tra appassionati e tifosi esprimere un pronostico è
facile, perché l’esperienza necessaria per formulare un giudizio veritiero
non è tassativa, e perché c’è spazio per fattori più personali e emotivi.
Ma che dicono gli esperti, i Piloti?
T
ermas del Rio Hondo, 4 gennaio
2016. Attorno a un tavolino, qualche birretta davanti a noi e la voglia
di chiacchierare, in un attimo siamo
tutti esperti. Di qualsiasi cosa, purché sia d’attualità e, dunque, stimoli la necessità di farci dire
la nostra pubblicamente, anche se l’agora è circoscritta. Mi piace ricordare, a questo riguardo,
i tempi di Azzurra e del Moro di Venezia, o anche
di Luna Rossa, quando eravamo tutti esperti di
vela, l’epoca di Puzar quando nessuno meglio di
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noi conosceva il motocross, o quella delle Ferrari che vincevano, ed ecco che eravamo motoristi, ingegneri, tattici e anche, se necessario,
piloti. Non c’è niente di male ad essere esperti
in questo modo. Può far a volte sorridere, ma
con tenerezza, e ha il pregio di svelare le risorse misteriose della passione, che può essere
contagiosa e realisticamente… fantastica. Ma
volendo stringere la forbice, ovvero avvicinarci a
un pronostico più attendibile, bisogna rivolgersi
ai veri esperti. E questi sono i Piloti, i navigatori, i
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Auto nuove, come le Peugeot, che hanno spinto fortissimo sull’acceleratore delle prestazioni.
L’affidabilità di un’auto che debutta è tutta da
verificare, d’accordo, ma oggi è anche un fattore
di evoluzione su cui si può lavorare in “laboratorio”, ovvero simulando e testando i particolari, molto di più di quanto si potesse fare dieci o
venti anni fa. Con una simile astronave sotto il
sedere, continua il “Pilota”, si assisteranno a due
fenomeni, in questa Dakar. Il primo è il ringiovanimento di Carlos Sainz, il secondo la reazione
rabbiosa di un fuoriclasse come Sébastien Loeb.
State a guardarli, e vedrete. E allora gli chiediamo dell’Esperienza, del talento nella gestione di
gara. L’uno dei due ce l’ha, l’altro no. Come la
mettiamo, allora? Risponde lapidario: «Allora, se
oggi vogliamo parlare del Pilota che ha maggiore esperienza e talento, vincerà di nuovo LUI!» e
di aver saputo cioè aspettare, e che Rodrigues
solo ora dispone di un assetto tecnico e umano
che può soddisfarlo pienamente dandogli quella
spinta necessaria a ritrovarsi. Faria, in effetti, ha
già cercato di mettersi in mostra partendo subito
forte. Di Sé, l’”Esperto” dice di non sapere se è in
grado di vincere, ma che si sentirebbe pronto, e
che dovrà vedere di giorno in giorno dove si posizione la sua incisività, punzecchiando senza sosta gli avversari. Una Campione delle Auto dice
che non ci si deve preoccupare troppo di quanto
gli sta attorno, esattamente come fa lui. Bisogna guardare a chi ha ottenuto i migliori risultati
complessivi durante la stagione, e quale Macchina ha dimostrato di essere allo stesso tempo
competitiva e, soprattutto, affidabile. Secondo
“Lui”, insomma, a cose normali il risultato non
dovrebbe cambiare ed aprirsi a prospettive nuove. Dello stesso avviso è uno dei più forti tra i suoi
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non c’è di chiedersi chi sia, possiamo pure mettere un nome: Stephane Peterhansel! Tornando,
per metterci un punto, alla gara delle Moto, ecco
un altro Esperto, un Pilota: «Ma come mai proprio adesso che non c’è più Marc Coma, nessuno
ricorda il Pilota che è stato, nell’opinione di tutti,
la sua maggiore minaccia, Joan Barreda?» Gli
chiediamo se intende indicare Barreda come primo candidato alla vittoria finale, e risponde di sì.
Ma… senza ma, ci interrompe subito. Barreda
deve fare una cosa sola: controllarsi. Ma non è
mai stato facile, anche per lui.
Ci dice laconicamente che quello che serve a
Barreda è finalmente un buon manager, uno capace di fargli entrare bene in testa che alla prima stupidaggine che fa gli spezza entrambe le
ginocchia.
Ed è fatta!
“Colleghi” già vincitore un paio di volte, ma con la
considerazione che la Dakar è una gara troppo
complessa per consentire che si indulga in pronostici, e che è sempre meglio avere il massimo
rispetto di tutti i potenziali avversari, perché se
tali un giorno o l’altro sicuramente verranno a
bussare alla tua… portiera. Un altro Fuoriclasse
tra i Piloti di Auto sostiene che l’esperienza è la
base per costruire un successo, che chi ne ha
molta ha saputo come amministrarla e metterla
a frutto, e che quindi porta nella sua carriera una
dote talmente preziosa che se solo il contributo
del Pacchetto tecnico, leggi Macchina e Assistenza, è “onesto” il gioco è quasi fatto. Con una
strizzatina d’occhio, infine contando appunto
sulla nostra discrezione, ci vuole confermare che
il “Pacchetto” adesso funziona davvero bene.
Altro Pilota, altro tipo di pronostico. Le Macchine “vecchie” sono…. Vecchie. Ora sono arrivate
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REDAZIONE
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Emiliano Perucca Orfei
Aimone Dal Pozzo
Francesco Paolillo
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Matteo Valenti
Maurizio Vettor
Marco Congiu
COLLABORANO
Massimo Clarke (Tecnica)
Enrico De Vita
Claudio Pavanello (Epoca)
Alfonso Rago
Antonio Gola
GRAFICA
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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