A N N O
X X
-
N U M E R O
3
-
D I C E M B R E
2 0 1 4
DEL FONDO
SINDACO DI BIELLA
Intervista a pagina 5
IL DECENNALE DI ELVO
Da pagina 6
CONCORSO LETTERARIO
Intervista a pagina 12
ETICA E COMUNICAZIONE
A pagina 4
10 ANNI
SENZA GIM
CON IL FONDO PER SEMPRE
QUESTA RIVISTA ESCE GRAZIE ALLE OFFERTE DEI SOSTENITORI DEL FONDO EDO TEMPIA
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Comitato Scientifico
Presidente
Umberto VERONESI
Direttore Scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Milano, Vicepresidente FIRC, Fondatore della Fondazione
«Umberto Veronesi» per il progresso delle scienze
Membri
Massimo AGLIETTA
Professore Ordinario di Oncologia Medica, Università
degli Studi di Torino, Direttore Unità di Oncologia
Medica I.R.C.C. Candiolo
Oscar ALABISO
Direttore della S.C. di Oncologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria, «Maggiore della Carità» di Novara
– Coordinatore operativo, del Polo Oncologico del
Nord-Est (Rete Oncologica del Piemonte e della
Valle d’Aosta)
Oscar BERTETTO
Direttore S.C. Oncologia Medica delle Molinette di
Torino, Coordinatore Operativo Rete Oncologica
Regionale Piemontese, Cofondatore Fondazione
F.A.R.O.
Paolo COMOGLIO
Professore Ordinario, Università degli Studi di Torino, Direttore Scientifico della Ricerca Clinica, IRCC
Candiolo
Alberto COSTA
Coordinatore Centro di Senologia della Fondazione
Maugeri di Pavia, Direttore Scuola Europea di Oncologia, Coordinatore del Centro di Senologia del
Canton Ticino
Maurizio D’INCALCI
Direttore Dipartimento di Oncologia, Istituto di
Ricerca Farmacologica Mario Negri, Milano, Preclinical
Coordinator della Fondazione SENDO, Milano
Giovanni GANDINI
Professore Ordinario, Università degli Studi di Torino,
Direttore Dipartimento di Diagnostica per Immagini,
S.C.D.U. Radiodiagnostica 4, Azienda Ospedaliero
Universitaria S.Giovanni Battista, Torino
Fabio MALAVASI
Professore Ordinario, Laboratorio di Immunogenetica,
Dipartimento di Genetica, Biologia e Biochimica
Università degli Studi di Torino
Silvia MARSONI
Direttore della Clinical Trial Unit - Direzione scientifica
FPO-IRCC Torino
Guido MONGA
Già prof. ordinario, Dipartimento Scienze della Salute,
Università degli Studi del Piemonte Orientale
Marco PIEROTTI
Direttore scientifico della Fondazione Irccs Istituto Nazionale Tumori di Milano, Presidente dell’Organization
of European Cancer Institutes (OECI)
Mauro RISIO
Direttore S.C. Anatomia Patologica, IRCC Candiolo
Nereo SEGNAN
Direttore Dipartimento Interaziendale di Prevenzione
Secondaria dei Tumori, SCDO Epidemiologia dei
Tumori - CPO Piemonte e AOU S.Giovanni Battista,
Torino
Gabriella SOZZI
Responsabile Struttura Semplice di Citogenetica, e
Citogenetica Molecolare, Dipartimento Oncologia
Sperimentale, I.N.T. Milano
Carissimi,
anche quest’anno siamo giunti alle festività
natalizie e io desidero essere vicina a tutti voi
e dirvi il grande affetto e la riconoscenza che
nutro nei vostri confronti. Grazie, grazie di
cuore per il sostegno e l’aiuto dato.
Mi sembra un soffio, ma sono trascorsi dieci
anni dalla dipartita di mio padre, e non c’è
giorno in cui io non lo ricordi.
Al Fondo, da lui creato, ha dedicato il cuore
e tutte le energie, ma da solo non avrebbe
potuto fare tutto il bene che ha fatto senza
l’aiuto determinante di tanti e tanti volontari. Grazie di cuore.
Viviamo ora tempi bui dove la mancanza
di lavoro getta nella disperazione famiglie
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Auguri all’amicizia
perché si rinsaldi.
Auguri all’amore
perché dilatandosi
diventi universale.
Auguri alla solidarietà
perché è il solo modo
che ci potrà salvare.
Auguri alla consapevolezza
intere e cala un’ombra scura e minacciosa
sul nostro futuro e quello dei nostri figli. Nel
ricordo di “Gim” reagiamo positivamente
amando la nostra vita e quella degli altri,
compattandoci nella solidarietà e nell’aiuto
reciproco. Possiamo raccogliere la sfida, sarà
faticoso ma non impossibile.
In questi anni abbiamo dato tanto e desideriamo continuare a dare.
Aiutateci sempre perché il vostro sostegno è
fondamentale.
Un abbraccio e auguri sinceri
I_cedWJ[cf_WLWb[djW
Scrivetemi all’indirizzo: [email protected]
perché è necessaria.
Auguri alla salute
perché è bene prezioso.
Auguri ai giovani perché non
perdano la speranza.
Auguri a tutti noi
perché ne abbiamo bisogno.
Anna Trezzi
SOMMARIO A PAGINA 54
3
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A
a crescente diffusione di internet e
social network, unita ai media più
tradizionali, ha comportato una
sempre più ampia disponibilità di notizie e
informazioni sollevando delicate questioni
etiche e di responsabilità sociale, in particolare sul tema della salute umana.
In ambito medico-scientifico alcune notizie
possiedono potenzialità cosi dirompenti, sia sul piano collettivo sia su quello
individuale, che la produzione, l’uso,
la circolazione e l’abuso deve essere in
qualche modo inquadrato in un’etica dell’informazione.
Se da una parte la diffusione delle informazioni offre indiscutibili vantaggi per
la società, dall’altra usi illegittimi o non
debitamente regolati – anche in forma di
notizie giornalistiche, articoli promozionali o divulgativi - possono comportare
minacce per la persona, per la sua salute
e, in particolare, per la sua autodeterminazione.
Ad esempio, le informazioni e le notizie in
ambito oncologico, con finalità sia divulgative sia comunicative (come i temi della
prevenzione primaria e secondaria, screening, registro tumori, trial clinici, terapie,
apparecchiature mediche, campagne di
sensibilizzazione), dovrebbero basarsi
sempre su evidenze scientifiche, su linee
guida accreditate, sul più ampio consenso
della comunità medico-scientifica in un
contesto paradigmatico che potrà forse
apparire limitato, ma sicuramente sarebbe
protetto e sicuro.
Le informazioni utilizzate a fini promozionali, sensazionalistici o finalizzate a
creare la notizia a tutti costi (“good news
no news”, cita il detto giornalistico per cui
una buona notizia non fa notizia) senza
che siano state avvalorate da risultati
obiettivi e da fonti serie, legittimate e
riconosciute (studi e ricerche condotti
con rigore metodologico e autorevolezza scientifica) o, peggio ancora, notizie
4
Una corretta comunicazione è indispensabile al
trasferimento della conoscenza e della possibilità
di scegliere in modo informato e consapevole
e informazioni create e fatte circolare
senza cognizione di causa, per ingenuità
o per incauta ignoranza, sono tutte informazioni che comportano conseguenze
negative, il cui esito è la maggiore disinformazione, che di fatto crea illusioni o
falsi miti, condizionando così il diritto di
poter scegliere in modo libero, informato
e consapevole.
Proprio in considerazione delle implicazioni etiche e sociali di questo genere
d’informazioni/notizie - la cui etica, come
abbiamo visto, non sempre è fondata su
principi e regole condivise -, l’impegno
della Fondazione Edo ed Elvo Tempia su
questo problema si è tradotto negli ultimi
anni modificando in termini sostanziali
l’ormai desueto termine-appendice “per la
lotta contro i tumori” , in uno più moderno
e appropriato: “per la lotta culturale contro
i tumori”.
Una battaglia culturale che si realizza
attraverso un’informazione strutturata
su quelle che idefiniamo le tre “C”, ovvero,
Comunicazione, Conoscenza e Consapevolezza, in modo da contrastare, o almeno
arginare, questo crescente problema.
Un problema che coinvolge più profili
d’interesse, dal momento che le modalità
con cui queste informazioni si presentano
toccano inevitabilmente tematiche sociali,
bioetiche, giuridiche, economiche oltre che
culturali.
Riteniamo che una corretta Comunicazione
– corretta nel senso etico-professionale del
termine - possa costituire una buona base
per trasferire quella Conoscenza che sarà
poi necessaria all’individuo per sviluppare
e consolidare la propria Consapevolezza, e
quindi di essere libero… di poter essere, di
poter scegliere secondo la propria volontà,
in modo informato e consapevole.
Di solito, durante le conferenze stampa,
prima di accomiatarmi dai giornalisti, rivolgo loro un caloroso invito, in quanto credo che essi stessi siano parte fondamentale
e integrata del sistema sanitario al pari
dei medici, degli operatori socio-sanitari,
dei pazienti e dei loro famigliari e di tutti i
soggetti privati e pubblici coinvolti. L’invito
recita pressappoco così: «Quando scrivete
un articolo, che sia una semplice notizia o
una divulgazione medico-scientifica, riflettete su quali possono essere le conseguenze
di ciò che state scrivendo, perché se è pur
vero che la libertà di stampa è uno dei
diritti fondamentali della nostra società,
questo diritto deve essere necessariamente
bilanciato con il diritto di essere informati
correttamente».
Credo che la libertà e la dignità degli
esseri umani debba essere preservata da
condizionamenti che possono derivare
da notizie, informazioni e comunicazioni
che non hanno altro fine se non quello di
creare confusione, mistificazione, strumentalizzazione, inganno e ambiguità. E non
è un caso che, nell’era dell’informazione,
l’ombra lunga che si staglia sempre più
insidiosa alle nostre spalle, sia proprio
quella della disinformazione. L’importante
è esserne consapevoli, sempre.
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Anche se in difficoltà gli enti locali possono collaborare a dare
un contributo al mondo del volontariato e al nuovo welfare
7
iella ha un sindaco fresco
di mandato. Diamo il nostro
benvenuto all’avvocato Marco
Cavicchioli e auguriamo, a noi e a lui,
una buona amministrazione per gli anni a venire. Abbiamo ritenuto di farlo
anche ponendogli alcune domande su
temi che ci stanno a cuore con una breve
intervista che il nuovo primo cittadino
ha rilasciato a Foglie del Fondo.
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Tutto è migliorabile, ma di certo il lavoro svolto, negli anni e in modo capillare,
da realtà come il Fondo Edo Tempia di
concerto con Asl e territorio, ha contribuito a far crescere e a consolidare la
consapevolezza del problema. Certo gli
enti locali non sono oggi in condizione
di investire risorse cospicue, ma un
contributo in termini di collaborazione,
di partecipazione, di progettazione è
possibile e da ricercare.
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Certamente, come già accennavo nella
risposta precedente.
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Il modello di welfare dei prossimi anni
dovrà per forza di cose tener conto della
congiuntura e dei margini di manovra
sempre più ristretti degli enti territoriali.
E il volontariato di certo ne sarà uno degli
attori principali. Questo non significa
disimpegno da parte dello Stato e del pubblico, ma semmai costituisce una nuova
sfida all’insegna della collaborazione.
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Il nuovo ospedale sarà di fatto uno dei jcVegdbZhhV#
FjVa^hdcdaZeg^dg^i|YZaaV8dc" pochissimi a essere inaugurati nei pros- Pragmaticamente? Sogno, desiderio e pro[ZgZcoV YZ^ h^cYVX^ ^c iZbV Y^ simi anni, in un panorama regionale e messa a mio avviso vanno di pari passo.
nazionale che vede stabili sempre più Ovvero quel che il Biellese necessita è una
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Il territorio deve puntare a mantenere
e se possibile migliorare gli standard
di servizio a cui i cittadini fanno riferimento.
vecchi e inadeguati. È quindi ben più che
un auspicio quello di vederlo diventare
una struttura di riferimento e di eccellenza oltre i soli confini provinciali.
dose di concretezza e voglia di mettersi in
gioco facendo del contesto uno stimolo
per migliorare, senza inseguire chimere,
ma ricercando innovazione e creatività.
5
9:8:CC6A:
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<^b!^c;dcYdjcVk^iV
punto in cui la memoria si apre come un
obiettivo alla prospettiva dei ricordi e dei
pensieri dell’atteso. Dell’atteso che, con
buon auspicio, verrà e dell’assente che non
è passato e che non vorremmo lasciarci alle
spalle e dimenticare.
Ci accorgiamo, proprio lì, come richiamati
da un segnale che si solleva per forza timbrica sul sonoro in sottofondo del sentimento del tempo, che la percezione che
abbiamo di questa dimensione dell’esistenza, ha un suo sistema metrico decimale, affine a quello d’uso nel quotidiano, e
che i ricordi hanno una fisionomia, un’età
e portano gli anni in modi che ne rivelano
la condizione e lo stato di salute.
ul limitare dell’anno, prima di Sono trascorsi dieci anni da quando il
superare col passo l’ombra del- cammino di Gim con noi e tra di noi si è
la pietra miliare che demarca interrotto. Dieci anni sono una distanza
e scandisce il corso del tempo si cerca, che si sente e si misura.
talvolta, intorno, con un rapido colpo
d’occhio, tra quelli che sono, o vorremmo >Wjdc^hZb^
fossero, con noi nel cammino.
]VccdbZhhdgVY^X^
È quello il punto in cui spazio e tempo Dieci anni sono un tempo/spazio che si
si incontrano e si fondono. È quello il presta ad una duplice, bidirezionale, ope“Perché la personalità di un uomo riveli
qualità veramente eccezionali bisogna
avere la fortuna di poter osservare la sua
azione nel corso di lunghi anni. Se tale
azione è priva di ogni egoismo, se l’idea che
la dirige è di una generosità senza pari, se
con assoluta certezza non ha mai ricercato
alcuna ricompensa e per di più ha lasciato
sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio d’errore, di fronte a una
personalità indimenticabile”
Jean Giono
L’uomo che piantava alberi
H
6
razione: andare verso e venire incontro:
da oggi a dieci anni addietro e da allora ad
oggi, dieci anni dopo. Dieci anni fa il 2014
era il futuro immaginato, il tempo del
miraggio; l’oggi del 2014 è il tempo in cui
quello che era in potenza e in gestazione
ha acquistato fattezze reali e precisato il
proprio singolare significato.
Dieci anni sono il tempo onesto in cui i
buoni semi hanno messo radici e, diventati pianta, offrono già ristoro d’ombra e
frutti.
Dieci anni sono, anche, l’orizzonte che ha
visto tramontare azzardi inconsulti, slanci
di corto respiro, astratte utopie.
Dieci anni di tenuta nei venti di burrasca e
nelle intemperie di una crisi di portata mai
conosciuta per durata, forza di impatto
sociale, certificano la validità di un disegno
di politica sociale collocato in una visione
di società e di città per l’uomo. Una visione
diventata progetto concreto capace di conquistare credibilità grazie alla sua capacità
di durare, pur nelle avversità.
Le parole d’occasione della retorica vacua
arretrano e lasciano il campo al discorso
che squadra e descrive la fisicità di un’opera: un micro cosmo inserito e collegato con
il mondo circostante.
Il Fondo Edo Tempia, nella luce che rende
viva e attuale la memoria e lo colloca in
una geometrica e tangibile prospettiva, è
proprio questo: lo spazio privilegiato in
cui l’uomo Elvo Tempia esce dalla dimensione privata dell’io individuale e realizza
un’idea. Un’idea, una possibiltà della politica che da ideale astratto si fa pratica e
servizio per l’altro, per il prossimo.
Il Fondo è la reazione di un genitore, di
una famiglia, alla disperazione conseguente allo strazio della lunga malattia e della
morte per cancro del figlio. Il più nero dei
lutti che sprofonda chi ne è colpito in quel
male di vivere dal quale, talvolta, non v’è
via di scampo.
Il Fondo è, in principio, il modo e, successivamente, il luogo in cui il padre, respinta
la rassegnazione abbraccia quanti, nella
malattia, si battono per la vita.
La vita si nutre di speranza, di calore
umano, di attenzioni, di cure, di servizi
adeguati alla bisogna.
E la speranza non è grazia astratta e gratuita della provvidenza. È conquista che
richiede impegno, costanza, sacrificio e
lotta.
E proprio nella lotta al cancro, alla solitudine che si accompagna alla malattia, al
senso di rabbia e impotenza che rendono
più disumana la condizione del malato
oncologico, alla sofferenza acuita dalla
povertà materiale e culturale che in Elvo
Tempia si ritrova il Gim partigiano: uomo
che sceglie ancora una volta da che parte
stare e la strada dell’azione.
Nell’esperienza del Fondo il Gim partigiano è soprattutto artefice di un soggetto
democratico per i “molti”, e per i più
svantaggiati, in cui la democrazia della
polis si invera e si rinnova.
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ZY^gZaVo^dc^
Nella Villa Rivetti, già dimora privata di
una dinastia tramontata della aristocrazia
industriale, diventata, a seguito di un atto
di liberalità del geometra Canepa, sede del
Fondo le porte si sono aperte alla comuni-
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un altro modo” rispetto al consueto e oltre
lo stato di fatto. E questo cercare strade
non battute facendo leva sulle risorse
esistenti: umane ed economiche e saperi
disciplinari e interdisciplinari è un percorso che ha raggiunto mete significative
nell’ambito della coesione sociale e della
qualità della vita fornendo alla comunità
tecnologie, strutture e servizi sempre più
avanzati in tutte le fasi attinenti alle patologie oncologiche: dalla prevenzione alle
terapie e all’assistenza.
Procedendo di visione in visione il Fondo
“Dieci anni sono il tempo onesto in cui i buoni semi
hanno messo radici e, diventati pianta, offrono già
ristoro d’ombra e frutti. Dieci anni sono, anche,
l’orizzonte che ha visto tramontare azzardi inconsulti, slanci di corto respiro, astratte utopie”.
tà. E, in questo spazio della polis, varcata
la soglia chiunque, non solo gli abitanti
“legittimi”, acquisisce status e diritti di
piena cittadinanza. E servizi alla persona
in difficoltà.
Luogo di relazioni calde, di dialogo tra
diversi e inclusivo, il Fondo è anche centro
di intersezioni. Tra i sistemi valoriali di
ispirazione socialista, cristiana e democratico-liberale. Tra politica in quanto arte del
buon governo della città e cultura scientifica . Il Fondo, in altri termini, nasce e
sempre più si afferma, in questi trent’anni
di attività, come laboratorio in cui si sperimentano possibilità di pensare e agire “in
Edo ed Elvo Tempia appare come un
organismo che ha cambiato la geografia
sociale e culturale del Biellese. Una realtà
territoriale che in questa nuova mappa
si mostra aperta al mondo e connessa
attraverso una fitta rete di contatti e protocolli di partenariato coi più avanzati e
qualificati centri internazionali di ricerca
scientifica nel campo oncologico.
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Nella lotta contro il cancro, è bene ribadirlo, nessuno può vantare o pretendere
primati o prime geniture.
La lotta al cancro si avvale del contributo
determinante di singoli individui, ma
anche di team di ricerca, di laboratori e
biblioteche e di un esercito di operatori
nelle strutture territoriali di cura.
Di più: in quanto lotta - come ricordava
Siddharta Mukherjee, l’autore de “L’imperatore del male. Una biografia del cancro”,
essa è punteggiata di vittorie e di sconfitte,
di avanzate e ritirate, speranze ed entusiasmi che non sempre sono seguiti da
concreti risultati di successo.
In forza di quanto detto, in questo campo
il limite che non può essere superato è
quello del resoconto fedele basato su
dati di fatto e sul bilancio dei risultati
conseguiti.
Gim, la vita della Fondazione che ora porta
il suo nome a fianco del nome del figlio,
lo troviamo anche in questa dimensione
dell’etica quale guida dell’impegno.
Ed è a partire da questa considerazione
imprescindibile e ineludibile che possiamo
domandarci:
«Ha ancora senso, a dieci anni dalla sua
scomparsa, ricordare in questo presente
così lontano da allora Elvo Tempia?».
O, detto in altri termini: c’è qualcosa di
politicamente attuale e vitale nell’opera
di Gim? La risposta, affermativa, scaturisce proprio da ciò che oggi viene a
compimento, dopo un lungo periodo di
latenza, a coronamento di una lungimirante visione diventata il progetto grande
e condiviso dell’ospedale nuovo, progetto
dal quale scaturiscono e scaturiranno
iniziative e azioni destinate a cambiare
profondamente la qualità della vita della
comunità biellese e non solo.
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7
9:8:CC6A:
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Presentato al pubblico il documentario sul fondatore del Fondo Tempia
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CWhied_":_[]eFh[iW"<hWdYeF_kdj_"L_jjeh_e8WhWppejje"F_[h;jjeh[F[bb[h[o
A
o scorso 19 ottobre, in occasione
del decennale della morte di Elvo
Tempia, è stato presentato alle
istituzioni il documentario “Elvo Tempia
‘Gim’, in Fondo una vita – L’albero del
bene comune”, dal soggetto e direzione scientifica di Luigi Spina, diretto da
Manuele Cecconello e sceneggiato da
Maurizio Pellegrini. La presentazione è
stata seguita da una tavola rotonda per
ragionare sul futuro del territorio biellese,
a cui hanno preso parte il nostro direttore
generale Pietro Presti, il senatore Gianluca
Susta, il presidente della Fondazione Cassa
di risparmio di Biella Luigi Squillario, la
ricercatrice Silvia Marsoni, il vicesindaco
di Biella Diego Presa, il direttore sanitario
dell’Asl Bi Franco Piunti, il consigliere
regionale Vittorio Barazzotto e il presidente di Città studi Pier Ettore Pellerey.
Il documentario è stato successivamente
proiettato al Museo del Territorio in una
serata aperta al pubblico.
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Nella vicenda umana di Gim si possono
ripercorrere e comprendere criticamente,
attraverso la ricostruzione puntuale e do8
cumentata di episodi e fenomeni sociali
significativi, 60 anni di storia biellese, una
storia “locale” che, in questa ottica, diventa
uno spaccato della storia nazionale.
Questo presente di crisi, crisi economica
epocale ma anche di dissoluzione di valori
ideali, politici e culturali è il tempo della
“giusta distanza” per rivedere e riascoltare
storie di vita che hanno non poco da dire a
chi oggi sente la necessità di cercare punti
fermi di riferimento e orientamento etico,
culturale, politico. Il termine “politica” in
questo contesto assume il significato originale di impegno civile teso al miglioramento, attraverso scelte consapevoli e concrete
azioni, delle condizioni di vita dei membri
di una comunità e della qualità dell’abitare
e del benessere in un determinato luogo.
Il documentario su Gim, con le attività di
ricerca e divulgative connesse, si configura
come un’operazione culturale ad ampio
spettro: il video incentrato sulla figura e
sull’opera di Elvo Tempia, è concepito
come un grande affresco comprendente
un panorama sociale e culturale che fa
da sfondo a una storia corale. L’insieme di
valori e principi di cui Elvo Tempia è stato
convinto e coerente seguace e, a suo modo, interprete è riscontrabile nella ricerca
dell’unità nella diversità e nel confronto.
Il valore dell’unità, la conquista del punto
di equilibrio unitario e l’alleanza o “compromesso” con le forze politiche cattoliche,
liberali e democratiche quale lezione ed
eredità dell’esperienza della coalizione
antifascista e del movimento sindacale.
Il significato civile (politico e sociale) della
Fondazione per la lotta contro i tumori
immaginata e realizzata tenacemente da
Gim risiede, oggi, nella sua stessa esistenza,
nelle attività che svolge e nei servizi che
offre alla collettività.
In un’altra luce la Fondazione appare
come impresa di una cooperativa sociale
animata e gestita da decine di addetti che
ne assicurano il funzionamento e l’efficienza: l’altruismo e il solidarismo delle
origini hanno attecchito e continuano a
dare buoni frutti.
Il documentario sarà prossimamente disponibile su supporto dvd, corredato da
un volumetto curato da Luigi Spina.
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JcVk^iVheZhVeZg\a^Vaig^
Ricordo del sindacalista e deputato
biellese mancato lo scorso settembre
passare alla guida del sindacato tessile della
Cgil, per otto anni. Nel 1963 è nominato
segretario della federazione provinciale
del suo partito, dal 1967 diventa segretario della federazione regionale. Vengono
presto anche gli incarichi nelle istituzioni
elettive: dapprima consigliere comunale a
Biella, è successivamente eletto al Consiglio
regionale piemontese (1970-72); nel 1972
diventa deputato della Repubblica Italiana,
incarico che ricopre per tre legislature
consecutive, sino al 1983, vivendo uno
dei periodi più difficili della storia italiana.
Chiude il suo excursus politico come consigliere provinciale di Biella.
Intenso - com’è noto - pure il curriculum
di Elvo Tempia: consigliere provinciale
nel 1951, segretario della federazione del
partito nel 1957; l’anno successivo è consigliere comunale di Biella. Diventa deputato
nel 1963; nel 1976 viene eletto contem;bleJ[cf_W[=_Wdd_<kh_W"Yed=_WdYWhbeFW`[jjWWbY[djhe"d[b'/-'"ZkhWdj[kdW<[ijW
poraneamente consigliere provinciale e
Z[bbÊKd_j}_d\hWp_ed[<W]dWdWZ_FhWo8_[bb[i[$
comunale; nel 1978 vicepresidente della
provincia di Vercelli. Rimane in prima linea
sino al 1980, quando muore il figlio Edo…
e dà inizio alla grande sfida del Fondo.
’era una grande folla, lunedì 15 riato Auser con sede presso la Camera del A confermare la vocazione dei due amici
settembre, a dare l’ultimo saluto lavoro di Biella, e Mirella. Il nipote Paolo - Furia e Tempia - al servizio del prossimo,
a Gianni Furia, già sindacalista, (figlio di Gino), attualmente segretario del anche dopo la conclusione dei loro rispetpoi deputato e segretario regionale e bielle- Pd biellese, durante le estreme onoranze tivi appassionati excursus politici, è il loro
se del Pci. Una folla composta da anziani e ha tracciato un amorevole e commosso periodo di vita successivo: per Elvo Tempia
giovani, donne e uomini, in cui correvano ricordo del nonno.
parla da solo lo strenuo impegno nella
cordoglio e commozione. Furia avrebbe L’impegno politico di Gianni Furia, nato a costruzione del Fondo per la lotta contro
compiuto 86 anni l’11 novembre. Per la Vallemosso nel 1928, giovane operaio al i tumori, a ricordo del figlio e a favore di
cordiale franchezza e per il tratto pacato e lanificio Fila di Coggiola, inizia assai presto: tutti i sofferenti; per Gianni Furia, cui tutti
signorile, ha lasciato un ammirato ricordo sino a metà degli anni Cinquanta si svolge riconoscevano le doti di costante attenzione
in tutti coloro che ebbero la fortuna di in prevalenza nelle organizzazioni locali del verso gli altri, basti ricordare un episodio
conoscerlo e di frequentarlo. Da tempo Partito Comunista, dove ha modo di incon- rievocato con malcelata commozione dal
sofferente, era mancato nella notte del 13 trare Elvo Tempia, di otto anni più anziano. figlio Gino.
settembre, in seguito a insufficienza respi- I rapporti fra i due personaggi sono molto L’ultima sera, congedando i figli che come al
ratoria. Vedovo da qualche anno, viveva intensi: legati da profonda stima reciproca, solito erano passati per accertarsi della sue
solo nella propria abitazione al Villaggio La Furia e Tempia consolidano negli anni una condizioni di salute, purtroppo sempre più
Marmora. Ha lasciato tre figli, con le rispet- grande amicizia, intrecciando frequentazio- gravi, aveva chiesto premurosamente, con
tive famiglie: Mario, ugualmente impegnato ni con le rispettive famiglie.
un filo di voce: “Vi occorre qualcosa?”.
nell’attività politica, Gino, attualmente Nel 1955 Gianni Furia lascia la direzione
presidente dell’associazione di volonta- della federazione giovanile del Pci per
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Con il Fondo in prima linea per realizzare un sogno
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ffermare la necessità non
vuol dire automaticamente
la possibilità”. Sono parole
scritte nella memoria di un giornale ingiallito d’inizio anni ‘90. Un articolo del
4 gennaio, giusto il tempo d’esser appena
svegli in un decennio nuovo nuovo, portava la firma di Elvo Tempia. Il Biellese,
bisettimanale della Curia locale, dedicava
così quattro colonne di spazio alla pulsione
oratoria dell’onorevole. Che sì, la sua urgenza del dire era di fare parole della forza
vitale che incarnava. E se stiamo qui, oggi,
a scriverne è perché abbiamo trovato un
significato, in quelle parole. Lo abbiamo
trovato come comunità, proprio quella in
cui Elvo Tempia si riconosceva, proprio
quella che a dieci anni dalla sua morte lo
ricorda attraverso parole divenute fatti.
Questo non vuole certo essere un incipit
misterioso, ma ci vuole tempo e rispetto
a disvelare certe nostalgie d’assenza, ora
che la visibile presenza d’un significato è
lì che apre i battenti. L’apertura del nuovo
10
Degli Infermi è la realtà di questi giorni che
afferma quella possibilità descritta nell’articolo di Tempia, che titolava così: “Ospedale nuovo e lotta ai tumori. Gli obiettivi
prioritari della Fondazione Tempia”. È
quindi possibile che il varo della nuova
struttura sia il brindisi ideale per celebrare
un decennale di un evento funesto, se le
battaglie che Tempia ha sostenuto in vita
hanno contribuito anche a questo. Le sue
intenzioni e la sua determinazione, unite
a una lucida visione del futuro sanitario
del territorio, sono descritte dalle parole di
mille suoi articoli e di altrettanti discorsi, a volte necessari, ma
dalla lucidità oggettiva dettata
dalla determinazione, che se
appartiene a un uomo politico
cambia la polis: la città, la sua
gente. Elvo Tempia ha cambiato questa città e il suo intorno
facendola crescere in consapevolezza, quella necessaria a una
radicale assunzione di respon-
sabilità. Perché di questo parlava nei suoi
scritti: di comunità, di difesa e diritto della
salute, di un ospedale per la gente comune
che fosse assimilabile alle cliniche private,
di dignità del paziente, di generosità, di
equità e giustizia nelle cure, di concertazione e cooperazione. Amava raccontare di
come la città si fosse adoperata nel 1938,
e negli anni che seguirono, per dotarsi di
un ospedale degno e all’avanguardia per i
tempi. Amava raccontare di come il sogno
di aggiornarlo ai tempi successivi si risvegliò, timidamente, nel 1963. E poi si fece
condottiero e compagno d’armi, assieme
ad altri enti, altre persone, altre istituzioni in una battaglia lunga ed estenuante
con l’amministrazione regionale e con lo
Stato centrale per far mettere a bilancio
le risorse necessarie alla realizzazione di
un nuovo ospedale. In un momento di
impasse amministrativa, che richiedeva un
piano di fattibilità economica per inserire
l’opera nel programma sanitario regionale
in tempi troppo stretti per la burocrazia
pubblica, Elvo Tempia, attraverso il Fondo
Edo Tempia, si fece carico di far redigere
un documento adeguato da uno studio
romano e lo consegnò al sindaco di Biella,
Gianluca Susta, all’allora amministratore
straordinario dell’Ussl 47, Maurizio Russo, e al consigliere regionale di riferimento
Silvana Bortolin affinché producessero
nelle sedi necessarie la documentazione
richiesta nei tempi adeguati. “Un sogno
grande 180 miliardi per il nuovo ospedale
di Biella. Presentato ieri al Fondo ‘Edo
Tempia’ il programma di fattibilità finanziaria”, titolava un articolo di cronaca del
giugno 1994. Tempia quel sogno non ha
potuto vederlo realizzato, ma l’ha vissuto
com’era solito fare: con determinazione.
E ora che, a distanza di trent’anni, quel
sogno s’è fatto realtà nel quotidiano della
provincia e dei suoi abitanti, il ricordo
nel decennale della sua morte che ci
riconduce alla nascita dell’ospedale non
può che far bene alla memoria. Alla sua
e alla nostra.
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Intervista a Vincenzo Alastra
direttore del concorso
letterario “Gim, paladino
di un sogno”
Perché raccontare
la propria esperienza
in maniera autentica
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Siamo una specie narrante, anche se non
sempre ne siamo consapevoli restiamo
comunque sudditi dell’”Isola che non c’è”.
È grazie alle narrazioni che ci sentiamo di
appartenere a un particolare gruppo sociale
e grazie a esse si è potuta consolidare la nostra cultura, regolare la nostra convivenza,
definire i legami sociali. Nel libro “L’istinto
di narrare”, Gottschall usa un’espressione
molto convincente al riguardo: “siamo
inzuppati nelle storie”, tanto che non ci
facciamo neppure caso. Basta pensare a
quanto tempo del giorno passiamo a fantasticare. Mentre il nostro corpo rimane
ancorato a un punto specifico dello spaziotempo, la nostra mente è libera di vagare
12
in mondi immaginari. Lo stesso accade
quando andiamo al cinema, ascoltiamo
la radio o la tivù, partecipiamo coinvolti
emotivamente a un evento sportivo che
ci appassiona perché ben raccontato. Per
non parlare di quando dormiamo: tutti
noi sogniamo, e che cosa sono i sogni se
non delle splendide, complesse, a volte
spaventose, storie? Non siamo solo fruitori,
ma veri e propri “produttori” di storie.
casi di malattie invalidanti e improvvise,
raccontare una storia per ricercare un senso,
una direzione alla propria esistenza. Raccontare la propria storia di malattia, anche
a livelli confidenziali, è un bisogno rilevante
per tutti. Raccontare però in maniera approfondita la propria esperienza di malattia, le
proprie emozioni e preoccupazioni a un
operatore sanitario non è sempre facile.
Occorrono medici e infermieri in grado di
occuparsi anche di questi aspetti e non solo
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Occorre incontrare professionisti capaci di
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ascoltare e comprendere i vissuti e gli stati
Quando ci ammaliamo, quando la vita
d’animo dei pazienti, capaci di avvicinarsi
cambia repentinamente e siamo costretti a
a loro con empatia.
rivedere la routine e le relazioni significative
di cui ci circondiamo; quando ci assalgono
preoccupazioni e smarrimenti, allora è pro- Cdchdcdhj[[^X^Zci^WjdchZchd
prio in quei momenti che abbiamo bisogno ZWjdcVkdadci|4
di raccontare lo spaesamento, la confusione, Un senso buono serve davvero, ma non è
l’esperienza della malattia e della sofferenza. “buon senso”. Un gioco di parole per dire
È naturale per un paziente, soprattutto nei che l’agire professionale deve essere gui-
dato da una sensibilità etica. Per fare di un
operatore sanitario un buon professionista
non bastano conoscenze solide e una competenza tecnico-specialistica. Un valido
professionista, oltre a tenersi costantemente
aggiornato, deve anche ricercare il bene del
paziente, insieme al paziente. Questa è sensibilità o saggezza etica e si coltiva non solo
leggendo libri o partecipando a corsi. Per
svilupparla è necessario ripensare la propria
esperienza di lavoro, mettersi in gioco con
i propri punti di forza e con le proprie ferite. È un percorso complesso e non serve
del buonismo a buon mercato. Occorre
investire fin dalla formazione di base e va
ripensato tutto il sistema formativo.
importanti se si vuole poi metterla in pratica in favore dei pazienti. Di esperienze
e storie professionali ne abbiamo raccolte
molte, soprattutto da parte degli infermieri.
Ora si tratta di arricchire il repertorio anche attingendo a quelle dei pazienti e dei
loro famigliari. È materiale prezioso che
contribuirà a potenziare competenze e
sensibilità. Alcune storie raccolte a Biella
sono state utilizzate in percorsi formativi
condotti in altre realtà. Abbiamo contati
con operatori del Friuli, della Sicilia, del
Veneto e di altre realtà piemontesi.
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Sì, in questo modo si può contribuire al
miglioramento delle pratiche di cura e per
questo voglio ringraziare tutti coloro che
decideranno di presentare un testo sulla
loro esperienza a contatto con la malattia
oncologica. È anche bello che si ribalti il
rapporto con il professionista: in questo
È questo il motivo per cui abbiamo decimodo il ruolo di esperto viene giocato dal
so, insieme alla Fondazione Edo ed Elvo
paziente o dal suo famigliare.
Tempia, di rinnovare il concorso aprendolo
anche ai professionisti e ai volontari. Il
nostro intento è quello di raccogliere pre- >a bViZg^VaZ gVXXdaid kZgg| ejW"
zioso materiale narrativo. In primo luogo Wa^XVid4
perché riteniamo di incentivare la pratica L’idea è di pubblicarlo sia on-line che in
di scrittura del trauma. Come evidenziato formato cartaceo. C’è però da precisare che
in numerose ricerche condotte da psicologi sarà ogni partecipante al concorso a decie medici, scrivere della propria esperienza dere come presentare il proprio elaborato,
di malattia spesso può rivelarsi di aiuto, utilizzando l’anonimato o chiedendo che
attenuare la sofferenza. Certo non guarisce non compaia il suo nome nella pubblicala malattia, ma consente di attenuarne il zione. Ci sarà anche una bella serata a fine
disagio associato e, spesso, consente di concorso per premiare poesie e racconti, e
fare importanti scoperte: sulla vita, sui noi per confrontarci su questi temi.
stessi, sui nostri valori.
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Sono anni che nell’Azienda sanitaria di
Biella si opera in questo modo nella formazione del personale. Sono diverse le
esperienze formative che abbiamo condotto utilizzando le storie scritte dai professionisti che frequentano i nostri “laboratori”,
che non somigliano ai corsi tradizionali,
ma sono laboratori in cui ognuno è esperto
di sé e presenta le proprie storie di lavoro perché in tal modo possono esserne
approfonditi i contenuti, i significati e le
emozioni vissute. Non c’è nulla da giudicare o valutare. Non c’è nessuno che
può dire qual è l’atteggiamento giusto da
assumere. Sono esercizi di comprensione,
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No, basta esprimere se stessi e raccontare
la propria esperienza in maniera autentica. È la storia che si è vissuta che conta.
Certo che se la si racconta bene “arriva”
prima e più in profondità al cuore di tutti,
ma questi racconti e poesie non vengono
scritte per avere successo. Si scrive perché
si ritiene di avere qualcosa da raccontare,
qualcosa d’importante da dire, per sé e
per gli altri. In ogni caso saranno i lettori
che selezioneranno i racconti a correggere
refusi e piccoli errori che possono capitare
a tutti, anche a chi scrive per mestiere. La
giuria è composta da persone competenti
e sensibili, ma l’obiettivo non dev’essere
quello di vincere: in questo caso ciò che
conta davvero è partecipare.
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el mese di ottobre la Fondazione
ha avuto l’opportunità di ospitare
una delegazione di professori
universitari di Allahabad, recatasi in Italia
nell’ambito di un progetto internazionale
di interscambio scientifico. La delegazione
indiana, nel corso del suo viaggio in Europa,
ha visitato diversi centri di ricerca che rappresentano l’eccellenza nel proprio campo. I
sette docenti del Motilal Nehru national institute of technology (Mnnit), primo istituto
dell’India del Nord e terzo per importanza a
livello nazionale, appartengono tutti alla facoltà di biotecnologie e si occupano di ricerca
in settori come le nanotecnologie molecolari,
la genomica, la proteomica, i biosensori, la
bioinformatica e l’immuno-diagnostica. I professori e ricercatori indiani si sono incontrati
con Maria Scatolini e Giovanna Chiorino,
responsabili rispettivamente dei laboratori di
Oncologia molecolare e di Farmacogenomica
dei tumori. Durante la tappa biellese è stato
possibile discutere più approfonditamente
le linee di ricerca attualmente attive nei
due istituti al fine di identificare possibili
collaborazioni sulle quali poter investire. In
particolare, sono emersi interessanti punti di
incontro nell’ambito della genomica e della
caratterizzazione molecolare dei tumori, nonché l’opportunità di effettuare richieste congiunte di finanziamenti per bandi di ricerca
internazionali. Dal punto di vista formativo
si è proposto, inoltre, di avviare una supervisione condivisa di dottorati di ricerca e di
promuovere un progetto di scambio culturale
rivolto agli studenti universitari. «Siamo certi
– afferma Ashutosh Mani, assistant professor
in genomica - che la collaborazione appena
intrapresa non potrà che essere proficua
per entrambe le istituzioni, favorendo lo
scambio di conoscenze tra i ricercatori e gli
studenti dei due istituti al fine di ottenere
importanti risultati nella lotta ai tumori».
Durante l’incontro agli ospiti è stata data
l’opportunità di visitare gli spazi dei laboratori della Fondazione Tempia, consentendo
loro di visionare le moderne strumentazioni
in dotazione e conoscere i differenti flussi di
lavoro impiegati.
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a Fondazione Edo ed Elvo Tempia, in collaborazione con il
Fondo Anglesio Moroni e con
l’Associazione internazionale dei Registri tumori, è da tempo impegnata
in un’iniziativa di cooperazione tra il
Registro Tumori Piemonte, facente capo
al Centro prevenzione oncologica di
Torino (Cpo), e i Registri tumori del
Regno del Marocco, che operano a Rabat
e Casablanca, in coordinamento con lo
Iarc, Agenzia internazionale della ricerca
sul cancro dell’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms) e il coinvolgimento della Fondazione Reale marocchina
“Lalla Salma”.
Insieme al professor Abdellatif Benider,
dell’Ospedale universitario Ibn Roch
(Averroè) di Casablanca, e Mohammed
Adnane Tazi, del Ministero della salute
marocchino, Pietro Presti, direttore generale della Fondazione Tempia, e Roberto
Zanetti, direttore del Registro tumori
Piemonte e presidente dell’International
association of cancer registries (Iacr)
hanno condiviso un progetto di collaborazione internazionale nell’ambito dei
registri tumori tra l’Italia e il Marocco, in
La Fondazione
Tempia
è stata promotrice
nel 1995 del Registro
Tumori di Biella
e nel 2011
di quello di Vercelli
particolare tra i registri tumori piemontesi di Torino e Biella e quelli marocchini
di Casablanca e Rabat, che punterà sulla
ricerca e formazione al fine di migliorare
e consolidare le attività di cooperazione
degli stessi registri.
La Fondazione Tempia ha promosso,
coadiuvato e supportato questa importante iniziativa internazionale con
ricadute positive, per il territorio biellese
e piemontese, sotto il profilo medicoscientifico.
La delegazione marocchina ha visitato,
il 22 ottobre, il Registro tumori a Torino
e, durante la mattinata del 23, il Registro
tumori di Biella, dove Adriano Giacomin
(responsabile del Registro tumori di Biella e Vercelli) e il suo staff hanno mostrato
le procedure e metodologie seguite per la
registrazione dei tumori. È stata questa
l’occasione per una visita approfondita
anche alla struttura del nuovo ospedale,
condotta da Franco Piunti, direttore
sanitario dell’Asl Biella.
Successivamente la delegazione marocchina è stata in visita alla sede della Fondazione Tempia, accolta dalla presidente
Simona Tempia, dalla co-presidente
Viola Erdini e dal direttore generale
Pietro Presti, e ai suoi laboratori di Farmacogenomica e Oncologia molecolare,
diretti da Giovanna Chiorino e da Maria
Scatolini.
Il professor Benider, oltre a dirigere il
Registro tumori di Casablanca, è anche
direttore del Dipartimento di radioterapia dell’Ospedale universitario Ibn
Roch (Averroè) di Casablanca. A questo
titolo ha incontrato anche i colleghi
Gregorio Moro, direttore della Struttura
complessa di radiologia dell’Ospedale
di Biella, e Paolo Bagnasacco radioterapista dell’Ospedale di Biella e direttore
sanitario della Fondazione Tempia, e,
su invito di Angelo Penna, direttore
medico dell’Ospedale di Biella, hanno
presenziato alla cerimonia di inaugurazione della Gamma Camera donata dalla
Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
al dipartimento di Medicina nucleare del
nuovo ospedale.
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Interesse per i risultati ottenuti dalla Fondazione Tempia
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all’11 al 13 settembre Paola
Ostano e Ilaria Gregnanin del
Laboratorio di genomica dei
tumori della Fondazione Tempia hanno
partecipato al meeting annuale organizzato dalla Società italiana di cancerologia
(Sic) tenutosi a Ferrara.
La Sic è la principale e più antica associazione di studiosi nel campo dell’oncologia
che opera nel nostro Paese e ha lo scopo
di “riunire i cultori della Cancerologia e
i ricercatori operanti in campo oncologico nazionale, al fine di promuovere il
progresso di questa disciplina in campo
sperimentale, clinico e sociale, facilitando
i rapporti tra clinici e ricercatori preclinici, tra università, istituzioni e centri
specializzati” (art. 2 dello Statuto).
Durante il congresso, più di 30 tra i più FWebWEijWde
insigni ricercatori e medici provenienti da
tutto il mondo sono stati invitati a illustrare gli avanzamenti delle conoscenze e de- ricercatori americani, canadesi, australiani
gli studi in campo oncologico. Una parte e italiani uniti nell’intento di studiare i
del congresso è stata dedicata ai giovani fattori di rischio genetici e ambientali
ricercatori, che hanno potuto esporre e associati allo sviluppo e alla progressione
condividere i risultati delle proprie ricer- del melanoma. Nella prima giornata,
che con presentazioni orali o attraverso denominata “Gem incontra l’Europa”,
gli organizzatori (Cpo di Torino, Fonuna sessione dedicata ai poster.
Il laboratorio di ricerca della Fondazione do Anglesio Moroni e Fondazione Edo
Tempia ha portato i risultati ottenuti da ed Elvo Tempia) hanno invitato alcuni
due studi sul tumore prostatico, rias- ospiti d’eccellenza, esterni al consorzio, a
sunti in due poster che hanno suscitato tenere delle relazioni su tematiche legate
molto interesse da parte della comunità al convegno, quali, ad esempio, l’analisi
scientifica. Inoltre, grazie alla fitta rete di di fattori comportamentali e di nuovi
collaborazioni tra il nostro Laboratorio e marcatori genetici associati allo sviluppo
numerosi istituti di ricerca nazionali e in- di melanoma, studi di fattibilità per la
ternazionali, il contributo del Laboratorio realizzazione di uno screening per il mestesso ha reso possibile la realizzazione lanoma, nuovi meccanismi genetici legati
di ulteriori quattro studi che sono stati alla progressione del melanoma e infine,
notizia davvero rilevante, nuove prospetpresentati in sede congressuale.
tive di aumento della sopravvivenza e di
cura legate a farmaci a bersaglio moleco8dckZ\cd\gjeed<Zb
lare e a immunoterapia. Di qui la necessità
Dal 24 al 26 settembre si è svolto a Ca- di esaminare, come viene fatto presso la
stagneto Carducci il convegno annuale Fondazione Tempia nel Laboratorio di ondel consorzio denominato Gem (Genes, cologia molecolare, lo stato mutazionale
environment & melanoma, ovvero “Ge- di geni quali Braf, Nras e c-Kit, perché se
ni, ambiente e melanoma”) costituito da il melanoma contiene mutazioni a carico
16
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di uno dei suddetti geni, vi sono farmaci
mirati che vanno a colpire le cellule che
recano la mutazione e portano a regressione della malattia, con effetti collaterali
molto meno pesanti della chemioterapia,
che peraltro è spesso inefficace per questa
patologia. Se questi nuovi farmaci vengono combinati con l’immunoterapia,
sembra agiscano ancora meglio. L’immunoterapia fa ritardare infatti l’insorgenza
di resistenza al farmaco molecolare, cosa
che purtroppo si verifica dopo qualche
mese di trattamento, ed è comunque in
grado di per sé di dare una risposta duratura nel tempo. Ospiti di eccellenza sono
stati Sara Gandini dell’Istituto Europeo
di Oncologia, Nadem Soufir del Dipartimento di genetica del Centro ospedaliero
universitario Val de Seine e dell’Ospedale
Xavier Bichat-Claude Bernard di Parigi,
Daniele Bergamaschi del Barts and the
London school of medicine and dentistry
di Londra, Antonio Grimaldi dell’Istituto
Pascale di Napoli, Alexander Katalinic
dell’Istituto per l’epidemiologia del cancro
di Lubecca. Oltre agli ospiti esterni, hanno
esposto le loro ricerche sull’argomento a
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la tesi intitolata “Adenocarcinoma della
prostata ed espressione dei microRNA nel
tessuto tumorale e nel plasma”. Lo studio è
stato condotto da Giulia presso il Laboratorio di farmacogenomica della Fondazione
Tempia, dove ha svolto l’internato di tesi
per due anni. Integrando informazioni
sull’espressione di geni e di trascritti non
codificanti nei tessuti tumorali e nell’RNA
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Il giorno 18 luglio Giulia Bottoni si è lau- circolante estratto dal plasma di pazienti
reata con 110 e lode e dignità di stampa in con tumore e di controlli sani, sono stati
Biologia cellulare e molecolare presso l’Uni- identificati nuovi possibili marcatori non
versità degli studi di Torino, presentando invasivi di diagnosi precoce del tumore
tutti i partecipanti di questo interessante
meeting anche Stefano Rosso del Cpo di
Torino, Lidia Sacchetto che collabora sia
con il Cpo di Torino sia con la Fondazione
Tempia e Giovanna Chiorino, responsabile del nostro Laboratorio di genomica.
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prostatico, più specifici del PSA.
Giulia ora svolge attività di ricerca presso il
Massachusetts general hospital di Boston
(Us), nel Centro di ricerca in biologia
cutanea diretto da Gian Paolo Dotto,
dove sta conducendo ricerche relative
alla proteina CSL nel carcinoma cutaneo
a cellule squamose, sotto la supervisione
della ricercatrice Seunghee Jo. A febbraio
sosterrà l’esame di dottorato in “Cancer
immunology” a Losanna, dove il professor
Dotto ha il suo principale laboratorio e
dove seguirà dei corsi formativi, continuando l’attività di ricerca a Boston.
«Mi ha dato molta soddisfazione - afferma Giovanna Chiorino - coordinare il
progetto di ricerca di Giulia e soprattutto
vedere quanto siano stati apprezzati il
suo impegno e i suoi risultati sia dalla
commissione di laurea sia dai ricercatori
internazionali ai quali ha sottoposto la sua
candidatura».
Non è da tutti avere il coraggio di lasciare
l’Italia subito dopo la laurea e sicuramente
anche questo sacrificio, già ben ripagato
dall’esperienza che sta vivendo nell’ambiente di ricerca della Harvard Medical
school all’interno di una splendida città
come Boston, sarà apprezzato e speriamo
continui a darle ottime chances lavorative,
in collaborazione anche con la Fondazione Tempia!
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a Fondazione Tempia, attraverso la
partecipazione diretta del suo direttore generale Pietro Presti (nella
foto), è coinvolta attivamente nella definizione dei parametri di riferimento standard
europei per l’assistenza, per l’individuazione
di una terapia globale contro i tumori e per
la divulgazione, attraverso il progetto “BenchCan” dell’Oeci (Organisation of european
cancer institutes), delle buone pratiche per
migliorare la qualità delle cure interdisciplinari in campo oncologico.
L’Oeci, con sede a Bruxelles, è l’organizzazione che, dal 1977, raggruppa, in Europa,
i più importanti centri di ricerca sul cancro
e annovera, nelle sue file, oltre 70 istituzioni che ne fanno un autorevole network
europeo in continua crescita.
Sono infatti obiettivi dell’organizzazione:
– la creazione di una massa critica di
strutture, ricercatori e conoscenze cliniche attraverso le quali coordinare e
armonizzare la ricerca in oncologia, al
fine di creare e mantenere un consenso
sui migliori modelli;
– la produzione su base collaborativa
di modelli, evidenze scientifiche e
soluzioni cliniche da trasferire il più
velocemente possibile attraverso i canali della comunicazione scientifica
alla comunità internazionale e negli
ambiti assistenziali dei singoli Paesi
attraverso i centri partecipanti;
– il coordinamento e l’armonizzazione
della attività di ricerca;
– la cura della formazione e del training.
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Entro aprile 2015 la settantina di centri
per la cura del tumore in Europa aderenti
all’Oeci avrà a disposizione un protocollo,
chiamato appunto “BenchCan”, finalizzato
a garantire al paziente oncologico il miglior
trattamento di cura multidisciplinare possibile, con contestuale misurazione degli
esiti. Lo hanno stabilito, sottoscrivendo
un rigido accordo, i 13 top European
cancer institutes. Il concetto che sostiene
quest’ambizioso percorso è semplice: la
conoscenza della malattia, in questi anni,
è cresciuta notevolmente. Ecco perché è
indispensabile affiancare miglioramenti
significativi anche sotto il profilo della
diagnosi precoce e del trattamento, in
questo caso multidisciplinare. Il direttore
della Fondazione Tempia, Pietro Presti, ha
partecipato, lo scorso ottobre, alla prima
fase di raccolta delle informazioni sulle
modalità di trattamento multidisciplinare
utilizzate in vari centri europei per la cura
del cancro, al fine d’identificare le migliori
pratiche utilizzate per giungere successivamente alla creazione di un protocollo
applicabile agli oltre 70 centri aderenti
all’Oeci.
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partito il secondo anno del biennio di specializzazione di Musicoterapia in oncologia e cure palliative,
promosso dalla Fondazione Tempia. Il corso è nato
nel 2013 con l’intento di permettere ai musicoterapisti di
sviluppare una maggior competenza professionale in ambito
oncologico in modo che i loro interventi, sui pazienti e sui
familiari, siano sempre più pertinenti ed efficaci.
Gli studenti, provenienti da tutta Italia, hanno seguito i primi laboratori con Michele Maffeo, direttore della struttura
cure palliative dell’Asl Bi, con Blanca Lopez Ibor, direttrice
del Dipartimento di oncologia pediatrica dell’Ospedale universitario Monteprincipe di Madrid, e Camino Bengoechea,
musicoterapeuta che lì lavora.
Anche quest’anno i docenti che arriveranno dall’estero si
alterneranno ai docenti italiani e alla formazione medicoscientifica seguirà quella più psicologica e musicoterapeutica
specifica.
Gli studenti hanno iniziato, inoltre, i tirocini applicativi in
ambito oncologico previsti dal corso in diverse strutture:
hospice del Nord Italia (Abbiategrasso, Fidenza, Piacenza,
Salerano...), Asl (To 4), Irrcs (San Martino Ist di Genova),
associazioni (Apleti onlus di Bari). Elena Annichini, musicoterapeuta e pedagogista di Novara, ha svolto parte del
proprio tirocinio all’hospice di Gattinara intitolato ad Edo ed
Elvo Tempia. In concomitanza al biennio di specializzazione,
sono ripresi alla Fondazione Tempia anche i gruppi tenuti
dal musicoterapeuta Guido Antoniotti.
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iverbanca ha ospitato, il 25 ottobre, “Bpco: dalla storia della
patologia alle storie di malattia
e di cura”, convegno organizzato dalla
Struttura formazione e comunicazione
dell’Asl di Biella. Durante il convegno è
stata trattata e approfondita la Broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco),
una tra le patologie più frequentemente
correlate al fumo di tabacco: un’affezione
delle vie respiratorie che insorge in seguito all’inalazione costante di sostanze
tossiche come quelle prodotte dalla
combustione delle sigarette.
La Bpco è considerata dall’Organizzazione mondiale della sanità la quinta
causa di morte; in Italia 1.700 persone
all’anno (1.100 uomini e 600 donne)
muoiono per questa patologia. Il convegno ha ribadito la necessità di una
presa in carico integrata a cura dei
professionisti ospedalieri, dei medici di
medicina generale, degli operatori dei
centri per il trattamento del tabagismo
e dei caregiver, con l’obiettivo congiunto
di offrire un trattamento sempre più
adeguato alle esigenze di questi malati.
Al centro dell’attenzione è stato posto
dunque il malato, con la sua storia di
malattia e di vita quotidiana. Durante il
convegno è stato presentato il volume
“Segnali di fumo”, antologia di storie
ed esperienze sulla malattia. Al convegno sono intervenute le psicologhe
del Centro trattamento tabagismo della
Fondazione Tempia, Valentina Furno e
Paola Minacapelli, che hanno presentato
le modalità del loro intervento di integrazione con gli altri centri presenti sul
territorio biellese.
Nei dieci anni di attività alla Fondazione
Tempia circa 350 fumatori sono stati
aiutati nel proprio percorso di disassuefazione attraverso corsi psico-educazionali di gruppo e visite pneumologiche di
prevenzione.
20
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«Un corso antifumo. Definirlo così è riduttivo. Si tratta, secondo me, di un percorso
di conoscenza di sé durante il quale non
ci si sente mai abbandonati, ma aiutati e
capiti e giustificati nel modo corretto, nelle
varie difficoltà che si possono incontrare
nell’affrontare, oltre alle proprie paure,
anche la dipendenza dal fumo di sigaretta.
Penso che a noi corsisti sia stata data una
grande opportunità e cioè la fortuna di
essere stati seguiti da due dottoresse competenti, Paola e Valentina. Da apprezzare
la varietà degli interventi della dietista, del
medico, dei precedenti corsisti (vittoriosi).
Ci è stato offerto un clima sereno, confortevole e anche affettuoso».
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A
a malattia oncologica può rappresentare motivo di isolamento
e solitudine a volte legati agli esiti
di interventi chirurgici fortemente invalidanti e demolitivi o in seguito agli effetti
collaterali di trattamenti medici provanti
per l’organismo.
Il corpo, per tanto, può diventare esclusivamente oggetto di cure e interventi
medico-sanitari e la persona può perderne
il naturale contatto considerandolo un
estraneo, in alcuni casi addirittura un
nemico che non ha assolto al proprio
dovere di difesa.
Per tali ragioni la Fondazione Tempia,
da alcuni anni, offre l’opportunità, a chi
lo desidera, di partecipare ad attività
ricreative che permettono di trascorrere
qualche ora di svago in compagnia e in
un ambiente accogliente e famigliare,
dedicandosi ad attività manuali.
Sono attivi, inoltre, corsi volti al benessere
psico-corporeo per favorire il contrasto di
possibili blocchi energetici.
L’offerta è varia ed eterogenea ed è possibile scegliere discipline che utilizzano
un medium artistico come la pittura o la
musica, iscrivendosi a laboratori di arteterapia e musicoterapia, o partecipare a
gruppi di ricamo, di bricolage con ago e
filo, di tessitura lavoro a maglia e stencil
che rappresentano occasioni di incontro e
di confronto per persone che hanno vissuto o stanno vivendo la difficile esperienza
della malattia oncologica.
Svolgono una funzione importante anche le attività a mediazione corporea
come yoga, pilates, tai chi, ginnastica con
musica, e massaggio in acqua, che favoriscono l’armonizzazione della dimensione
mente-corpo potenziando l’ascolto ai
ritmi fisiologici, alla respirazione e alla
postura, rispettando e favorendo la libera
espressione.
Per le donne operate al seno sarà possibile
accedere al corso di ginnastica riabilitativa
in acqua alla Piscina Rivetti di Biella.
Coloro che sono in fase di trattamento oncologico possono iscriversi al laboratorio
di make up per imparare qualche piccolo
accorgimento per prendersi cura del proprio aspetto anche durante una fase così
delicata della propria esistenza.
Gli amanti delle camminate e del movimento possono aderire al progetto “Io
cammino” (che da gennaio sarà attivo
anche a Camburzano e a Occhieppo
Inferiore) o iscriversi in una delle palestre convenzionate con la Fondazione
Tempia.
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Il progetto di cui la Fondazione Tempia è partner
si aggiudica il 2° premio tra i progetti più votati
al bioPmed Award
>
capofila dei cinque progetti più votati
hanno preso parte alla cerimonia di
premiazione del bioPmed Award che
si è tenuta lo scorso 6 ottobre, presso il
Bioindustry Park di Colleretto Giacosa,
quando sono stati presentati i progetti finalisti e proclamato il progetto vincitore.
Sono 16 i progetti che hanno partecipato
al concorso: dagli ausili per le fratture alle
nanotecnologie per i dispositivi endovascolari, dai nuovi approcci per le malattie
autoimmuni ai sostituti ossei innovativi,
dalla diagnostica alla super-alimentazione,
dalla lotta contro i tumori al controllo delle
sostanze illecite iniettate nelle carni da macello destinate al consumo alimentare.
bioPmed Award: l’innovazione per la
salute vista dai cittadini. È stato questo
lo slogan con cui il Polo di innovazione
bioPmed - l’aggregazione di imprese e
centri di ricerca piemontesi operanti nel
settore della salute, gestita da Bioindustry
Park Silvano Fumero - ha lanciato la prima
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22
edizione del concorso bioPmed Award.
L’obiettivo era quello di far conoscere e
promuovere presso i cittadini i progetti di
ricerca e sviluppo in tema salute realizzati
sul territorio dalle imprese piemontesi
negli ultimi quattro anni.
Il Progetto ProMoTeCo, di cui la Fondazione Edo ed Elvio Tempia è partner, si è
aggiudicato il secondo posto nella scelta
del pubblico.
Il Progetto ProMoTeCo è svolto dalla Fondazione Edo ed Elvo Tempia in collaborazione con la ditta torinese Pianeta, grazie
a un protocollo di ricerca che coinvolge
l’Asl di Biella, l’Asl di Vercelli e l’Aou di
Novara. Lo studio è ancora in corso e attualmente si sta lavorando per validare, su
una casistica retrospettiva indipendente, i
risultati ottenuti sulla prima coorte di 30
pazienti.
Gli obiettivi che il progetto ProMoTeCo
si pone
Nonostante un’apparente omogeneità
dei tumori dell’orofaringe, la risposta alle
terapie varia a seconda delle caratteristiche
molecolari del singolo tumore. In modo
particolare per i tumori non associati a
presenza di infezione da parte del virus
Hpv, che sono quelli a prognosi peggiore,
vi è la necessità di identificare marcatori
affidabili che riescano a predire la risposta
a radioterapia o a protocolli di radio-chemioterapia o ancora a nuove terapie a bersaglio molecolare. L’analisi di tali marcatori
potrà permettere una personalizzazione
della terapia a seconda delle caratteristiche
genetiche del tumore e a un miglioramento della prognosi del paziente.
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gni tanto è giusto tornare a
sbirciare dietro le quinte dei
servizi offerti dal Fondo Edo
Tempia. Giusto per fare il punto della
situazione, per rinfrescarci la memoria,
per raccontare a chi bene non sa e svelare
anche l’umanità che si cela nell’ombra in
cui spesso operano i volontari. In queste
righe accendiamo le luci della ribalta sul
Servizio trasporti dei malati oncologici e
i suoi “angeli”, come qualcuno ha avuto
modo di definire gli operatori che se ne
occupano. È dal 2005 che il Fondo Edo
Tempia effettua il servizio, mettendo a
disposizione sette auto, tutte dotate di
carrozzella idonea al trasporto di persone
con difficoltà di deambulazione, per ogni
trasporto utile al malato oncologico per
raggiungere le strutture sanitarie in caso
di terapie, esami diagnostici e visite mediche. Il servizio, completamente gratuito,
copre anche i trasporti fuori provincia in
caso di visite specialistiche e sopratutto in
caso di bambini che necessitano di cure
in strutture adeguate.
Un piccolo esercito composto da una
trentina di volontari che offrono il loro
tempo libero e la loro disponibilità, che
comprende sì quella relativa al trasporto
tecnico, ma anche rare doti di accoglienza
e ascolto, ne permette il funzionamento.
Questi volontari, opportunamente formati attraverso corsi istituiti dal Fondo Edo
Tempia, sono da sempre coordinati da
Socorro Magnani, infaticabile anima del
servizio dal sorriso a portata di mano e di
origini peruviane, pur se, ormai, biellese
di vecchia data. Socorro spiega così le modalità del servizio: «Riceviamo la richiesta
dai medici, dagli assistenti sociali o dagli
stessi ammalati. Poi andiamo a casa del
paziente, valutiamo la situazione e il tipo
di patologia e organizziamo il trasporto.
Ci impegniamo quotidianamente e con
entusiasmo. Spesso i pazienti hanno
bisogno di parlare: noi ascoltiamo e cer-
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chiamo di dare una risposta ai loro dubbi
e un conforto alle loro paure. Il nostro
è un ruolo impegnativo e bellissimo,
un’esperienza molto edificante. Si creano
legami di amicizia e di confidenza con i
pazienti, si conoscono nuove persone e
diverse realtà. Si incontrano difficoltà,
che coinvolgono soprattutto emotivamente, ma per questo possiamo contare
su psicologi e operatori con riconosciuta
esperienza in questo campo, con i quali
ci incontriamo periodicamente».
L’ammalato, su sua richiesta, viene quindi
prelevato direttamente alla sua abitazione
e accompagnato in ospedale nei reparti
indicati. Successivamente viene recuperato al termine della visita o della terapia
e riaccompagnato al proprio domicilio.
Il servizio rivela così la sua valenza quotidiana nel migliorare la qualità di vita
dei pazienti, che lo apprezzano perché
dà un aiuto concreto e immediato sia
a loro che ai familiari, non più costretti
ad abbandonare il luogo di lavoro per
l’accompagnamento.
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Socorro, nella sua attività di volontaria
coordinatrice, è coadiuvata dalla preziosa
opera di altri volontari che le permettono
la gestione di vari ambiti d’intervento:
Paola Amisano ai Trasporti; Maria Teresa
Benna al Day hospital; Maria Grazia Cavallini al Reparto; Miriam Monje alle Cure
palliative e Mauro Alberti che si occupa
della raccolta dei dati utili alla gestione dei
servizi. Ma il suo pensiero e le sue parole
sono rivolte all’intero piccolo esercito:
«Ringrazio i volontari, tutti i volontari,
per la loro disponibilità nel lavoro che
svolgono accanto alle persone».
23
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el corso di quest’anno, più di
50 minori sono stati coinvolti,
con le loro famiglie, all’interno
dei servizi proposti dal Fondo Edo Tempia
“Bambini”. Genitori e figli colpiti in modo
diverso dall’esperienza della malattia oncologica, ma accomunati dal desiderio e dalla
volontà di far fronte a un evento così critico
e doloroso, anche percorrendo la difficile
strada di chiedere un aiuto e condividere
pensieri, emozioni e fantasie. Numerose
sono state le attività finalizzate ad accompagnare i minori in un passaggio di vita
complesso e che rappresentano un fattore
di protezione rispetto ai suoi possibili esiti
negativi. In totale sono stati effettuati 1.113
incontri personali, tra quelli diretti e di
monitoraggio con genitori e operatori.
Tutte queste attività sono frutto della preziosa collaborazione fra i professionisti
che fanno parte dell’equipe del Fondo
Edo Tempia, le famiglie che con fiducia
vi hanno partecipato e gli operatori e i
responsabili dei servizi territoriali che
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si occupano a diverso titolo di minori:
Neuropsichiatria infantile di Biella e di
Cossato, Pediatria dell’Ospedale di Biella,
Oncologia e Cure palliative, Psicologia
ospedaliera, Servizi sociali, scuole.
I dati relativi a questo 2014 ci sembrano
un buon indice della diffusione e della
presenza sempre maggiore del Fondo
Edo Tempia “Bambini” sul territorio
biellese. Il numero dei genitori invitati
a rivolgersi al Fondo Edo Tempia “Bambini” da parte degli operatori di questi
servizi è infatti cresciuto nel tempo.
Dallo sviluppo di questa sinergia e di
questo “buon incontro” con i professionisti che operano sul territorio è nata,
inoltre, una convenzione con il servizio
di Neuropsichiatria infantile di Biella e di
Cossato che formalizza la collaborazione
già attiva da tempo e che consentirà la
realizzazione di nuovi progetti.
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Perché limitare le bevande zuccherate nell’alimentazione dei bambini
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l di là dell’evidente questione
dell’apporto calorico, c’è anche
un altro ottimo motivo alla base
di questa regola d’oro.
Si chiama sindrome da biberon e procura anche nei bimbi molto piccoli la
comparsa di carie a rapida evoluzione.
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La sindrome da biberon è collegata all’errata abitudine di favorire il sonno del
bambino ricorrendo a biberon di camomilla solubile, succhi di frutta, tisane
dolci, latte con zucchero o miele, latte
con biscottino, latte di riso e così via…
Attenzione: con il latte materno tutti
questi problemi non sussistono.
Gli stessi danni possono essere provocati
lasciando il bambino per ore col ciucciotto imbevuto di sostanze cariogene
(ad esempio il miele). Questo provoca
spesso carie così estese da ridurre il dente
a un monconcino scuro con conseguenti
dolorose infezioni. Durante i riposi prolungati infatti la salivazione si riduce e
svolge solo in parte il suo normale ruolo
anticarie, così lo zucchero, che rimane a
contatto con la superficie dei denti non
bagnati dalla saliva, alimenta i batteri,
che provocano la carie. I denti più col-
piti sono, non a caso, tutti i superiori e
i posteriori inferiori. Nei casi più gravi
si arriva alla distruzione completa dei
quattro incisivi superiori; purtroppo il
problema si manifesta quando i bambini
sono molto piccoli e quindi la terapia
conservativa è assai difficile a paziente
sveglio, pertanto nei casi che necessitano
di estrarre i denti non curabili, è necessario ricorrere all’anestesia totale.
L’abolizione delle cattive abitudini alimentari è il primo fattore di prevenzione,
così come l’igiene orale che dovrebbe
cominciare fin dai primi mesi di vita del
bebè (basta passare una garza bagnata
sulle gengive). Dopo ogni pasto/merenda
passare uno spazzolino a testina piccola,
con setole morbide appena erompono
in arcata i primi dentini da latte, anche
senza dentifricio, in quanto il bambino
non ha ancora imparato a sputare.
Attenzione: molti batteri possono essere
trasmessi tramite la saliva (cucchiaini, assaggio dei cibi, ecc.). È quindi opportuno
che anche gli adulti che curano i bambini
abbiano una bocca sana e pulita.
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La festa di compleanno
a Palazzo Carignano
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omitolo Rosa ha compiuto due anni e per festeggiarli ha
scelto, lo scorso ottobre, Palazzo Carignano a Torino, la
prestigiosa sede del Museo nazionale del Risorgimento
italiano.
Gomitolo Rosa, di cui la Fondazione Tempia è partner, è “il Filo che
unisce”, associazione non profit che congiunge, attraverso un filo
ideale, il mondo della lana e il mondo della salute. Per mezzo del
lavoro a maglia con i gomitoli realizzati con le lane autoctone italiane, “il Filo che unisce” sostiene associazioni, strutture ed enti che si
occupano di salute. È un percorso di solidarietà e di condivisione
per supportare i malati nel momento in cui sono emotivamente e
fisicamente più fragili.
Il motto di Gomitolo Rosa: “Knitta la lana, scalda la vita” intende
concorrere, attraverso il lavoro a maglia, al benessere di chi è colpito
dalla malattia. Attraverso un’opera di sensibilizzazione mirata alla
salute, in particolare nell’ambito delle patologie oncologiche, offre
supporto alle associazioni, agli enti e alle strutture impegnate in ambito sanitario, sostenendo i progetti che essi promuovono a favore
della salute e del benessere. Durante la serata torinese ne hanno
parlato, tra gli altri, Alberto Costa (oncologo e fondatore di Gomitolo Rosa), Cinzia Sasso (presidente), Carlo Piacenza (imprenditore
e consigliere), Cristiana Capotondi (attrice e testimonial, nella foto
a destra) e Pietro Presti (direttore generale Fondazione Tempia).
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La professione medica nella storia
tra avventura, rischi e privilegi
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iente male il contratto d’ingaggio stipulato a suo tempo dal
chirurgo francese Alexander
Olivier Emelin con il pirata Bastarache, detto il Basco: a ogni viaggio sulla nave corsara
“Delfino” spettavano al medico duecento
scudi e in più “una parte di bottino come
tutti gli altri”. Inoltre, come da contratto
standard per i medici associati alla filibusta,
questi i risarcimenti: per la perdita della
mano e del braccio sinistro, 100 scudi o,
a scelta, uno schiavo; per mano o braccio
destri, 200 scudi e due schiavi; per entrambi
i piedi o le gambe, 600 scudi o sei schiavi, e
così via. Con la fama leggendaria di sbrigativa ferocia che vantavano i corsari sarebbe
potuto, al contrario, andargli malissimo al
chirurgo Alexander se il contratto avesse
previsto una penale in caso fosse stato lui
a far perdere mani o piedi ai suoi pazienti
per imperizia professionale. Ma vigeva la
tolleranza per i medici in servizio sulle navi
corsare: scudi e bottino in caso di lodevole
servizio, indulgente occhio chiuso se quell’unico medico a portata di mano sulla nave
incorreva in qualche tollerabile errore.
Indulgenza e tolleranza nel lungo corso della
storia della medicina sono, tuttavia, sempre
state rare nei confronti dei medici e dei loro
errori professionali. Già nell’antica Babilonia,
il re Hammurabi compilando il suo celebre
codice prevedeva pene drastiche per gli
errori dei chirurghi, con dettaglio pignolo
sia degli errori sia delle pene. Ad esempio,
amputazione tassativa di entrambe le mani
al malcauto oculista che curando un paziente gli avesse fatto perdere un occhio.
In quell’antica Babilonia, però, i rischi erano
tutti e soltanto dei chirurghi, mentre i medici generici godevano di posizione privilegiata avendo il vantaggio di potersi trincerare
al riparo di un alibi di ferro. Poiché, infatti,
per le loro terapie si affidavano esclusivamente alla divinazione e a formule religiose,
i risultati della cura, positivi o negativi che
fossero, erano da intendersi come manifestazione di inappellabile volontà divina. E
ti voglio vedere l’empio che osa mettere in
discussione la volontà divina.
Anche gli antichi persiani avevano dato
prova di non fidarsi poi così ciecamente
dei medici. Si erano messi al riparo, però,
con un’astuta misura cautelativa. La loro
legislazione obbligava, infatti, le nuove leve
mediche ad andare a esercitare il loro praticantato all’estero. In altre parole, li mandavano ad esercitarsi nei loro primi anni
della professione sulla pelle degli stranieri.
Anche in questo caso, come già per il codice babilonese, la legislazione era pignola
quanto a normative: se volete rientrare in
patria e curare i vostri concittadini, dovete
prima dimostrare con tanto di ineccepibile
documentazione di avere curato e di essere
riusciti a salvare, grazie al vostro personale
intervento, almeno tre stranieri gravemente
ammalati.
C’era, naturalmente, il rovescio della medaglia: se, al contrario, invece di guarire
perfettamente tre pazienti gravi, procuravano loro la morte, ai medici responsabili
dell’errore veniva imposto inesorabile e
definitivo divieto di praticare la medicina
in patria. Liberissimi di continuare a combinare guai all’estero.
L’avveduto legislatore aveva, inoltre, previsto
anche il caso del medico che, ignorando
l’interdizione, a un certo punto si provasse
a farla franca. Verificandosi questo caso,
si andava giù sul pesante: al contravventore venivano tagliate sei dita delle mani.
E adesso, tornatene pure a praticare con
sole quattro dita all’estero, sempre che ti
rivogliano.
Ma il Guinness dei primati dovrebbe riservare come minimo una pagine intera a
esaltare l’idea geniale che aveva avuto Teodorico re dei Goti per disciplinare presso il
suo popolo l’esercizio della medicina. Idea
tanto geniale, quanto semplice e facilmente
applicabile. Basta trovare tutti d’accordo.
L’idea di Teodorico era stata quella di far
pagare ai medici una cospicua somma di
cauzione alla famiglia dell’ammalato prima
di assumerne la cura. In tal modo, se il
paziente moriva, la famiglia si tratteneva
la somma come risarcimento. L’ingegnosa
inventiva di Teodorico non si era, però,
fermata qui. Se il funesto fallimento della
cura riguardava un nobile di rango elevato,
il malcapitato medico veniva consegnato
nelle mani dei famigliari del defunto, scegliessero pure loro il trattamento da riservargli. E risultava sempre raro si risolvesse
in trattamento piacevole.
In ogni periodo storico, tuttavia, si è sempre dimostrato rischioso per i medici avere
in cura persone di rango elevato. Valga
l’esempio di Gian Francesco Gonzaga che,
affetto da una imbarazzante malattia venerea, non riusciva a trovare sollievo alle sue
sofferenze nonostante l’impegno dei suoi
medici a moltiplicargli pozioni, polveri e
unguenti di ogni tipo. Il sollievo lo troverà
soltanto grazie a un olio medicamentoso
che solidariamente gli aveva fatto avere
Ercole I d’Este. Ma invece di limitarsi a
ringraziare l’amico Ercole e il suo olio portentoso, Gian Francesco si infurierà con
i suoi medici e li condannerà al carcere a
vita per non essere stati loro a trovargli quel
rimedio provvidenziale. Sbolliti i furori, farà
sospendere la pena, soltanto, però, fino a
una loro seconda prova di incompetenza
professionale. In altre parole, sospendeva
loro il carcere, per condannarli a vita a una
spada di Damocle.
Non sempre i medici avevano, tuttavia,
esistenza facile anche quando il loro intervento aveva avuto pieno successo e il
paziente da mezzo moribondo si era fatto,
grazie alla loro cura, vispo come un grillo.
Perché non era raro il caso che, oltre che
vispo, il paziente si facesse anche tanto
smemorato e ingrato da dimenticarsi di pagare la parcella. E doveva essere fastidiosa
abitudine che datava da lontano e varcava
molti confini se già la Scuola Salernitana
attorno all’anno Mille fra le molte raccomandazioni ai medici non trascurava il
consiglio “Exige, dum dolor est”. In altre
parole, per farti pagare non stare ad attendere che il paziente sia guarito e che abbia
perso la memoria.
Poveri medici, sempre e soltanto rischi,
sempre e soltanto spine? Non sempre e non
per tutti, a quanto risulta. Valga l’esempio
del medico romano Alcone, che con la sua
professione era riuscito a mettersi da parte
un patrimonio di dieci milioni di sesterzi,
cifra astronomica anche per il più ricco dei
patrizi. Non doveva essere casuale, quindi,
se Plinio il Vecchio scriverà a proposito
dell’arte medica “Cum sit ars fructuosior
nulla”, in altre parole che non vi era arte più
redditizia. Rischi permettendo.
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n copertina il viso di un bimbo con
una cuffia in testa. Dentro al libro
un altro bimbo, al centro di una
famiglia che Marco Franzoso, l’autore
de “Il bambino indaco”, descrive fin
dall’incontro tra una giovane donna,
Isabel, e un ragazzo normale, pieno di
sogni per l’avvenire e felice di diventare
padre: “Eravamo seduti sulle sdraio
ad ammirare le colline risplendere nei
colori del crepuscolo… nulla turbava la
bellezza di quel momento”.
Il romanzo ha 141 pagine che il lettore
divora. E non c’è verbo più azzeccato per
sintetizzare una storia che ruota intorno
al cibo. La vicenda inizia con Isabel che
si presenta come vegetariana. Fin qui
tutto nella norma, ognuno ha diritto
alla sue scelte e a portarle avanti. Poi la
gravidanza. Un momento meraviglioso,
che, però, cambia il fisico di una donna
e in questo caso anche la sua mente.
Lei vuole un figlio che non sia inquinato
dal cibo, dalla carne, dall’atmosfera, dai
ripetitori, da un mondo che scarica scarti
di ogni genere nella catena alimentare,
nel mare, nell’aria. Lei vuole un ‘bambino indaco’, uno che possieda attributi
psicologici-spirituali e istinti comportamentali rivoluzionari rispetto agli altri
coetanei, uno che arriva sulla terra per
aiutare l’umanità a progredire. Gliel’ha
confermato anche una casalinga con le
ciabatte ai piedi, che sa “pulire l’aura” a
Isabel perché il bimbo nasca sano.
Per nove mesi il cibo da mangiare in
gravidanza diventa un’ossessione che
sfiora il dramma: niente cibi solidi, se
non qualche fettina di cetriolo, di pomodoro. Poi, da questa donna ridotta a
pelle e ossa, nasce finalmente il piccolo:
una felicità indicibile soffoca il padre,
che nel libro racconta la sua storia e ci
fa provare le sue stesse sensazioni. Non
si riesce a staccare gli occhi dalle pagine
del racconto seguendo la pena di una
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madre che toglie il cibo al piccolo per
salvarlo e intanto lo uccide; e il dolore di
un padre che vuole salvarlo senza andare
contro la moglie.
L’anoressia e i suoi risvolti più drammatici sono messi in luce in questo romanzo
delicato quanto forte nei toni. Dove una
madre ama così tanto da non sentirsi
all’altezza del suo compito. E un’altra
madre, tutta da scoprire, ama altrettanto,
fino al sacrificio di se stessa.
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A
a messa a fuoco di Ronco, il 27
agosto 1944, dopo la prima vera
battaglia sul campo fra partigiani e nazi-fascisti, è stato l’episodio più
drammatico che si ricordi in paese, perché ha portato al terrore la popolazione
con l’uccisione di un civile in piazza,
Pierino Bona, lasciato a terra tutta la
notte per incutere ulteriore disperazione.
In documenti e libri partigiani si parla
di un incendio di ben 17 case. Il primo
documento che ufficializza in modo
scritto i danni subìti dalla popolazione è
un elenco stilato dal sindaco dell’epoca,
Disma Penna. La data riportata sul documento in archivio nel municipio è quella
del 14 dicembre 1945: il sindaco scrive
al Ministero dei lavori pubblici, presso
il Genio civile di Vercelli “... si trasmette
l’elenco nominativo dei senza tetto residenti in questo comune, in conseguenza
di eventi bellici - rappresaglia condotta
da truppe nazi-fasciste con formazioni
partigiane in data 27 agosto 1944”. Non
si sa l’esito di questa richiesta, una sola
persona mi ha detto di avere ricevuto un
piccolo risarcimento, anche se assolutamente inadeguato al danno. La certezza
dell’esito negativo si ha leggendo una
seconda lettera, di ben dieci anni dopo,
inviata ai proprietari in cui il sindaco
chiede ulteriori documenti da inviare
alla prefettura per 13 cittadini. Dal punto
di vista non strettamente storico, ma da
quello civile e sociale, il numero 17 è un
numero impressionante per un paese così
piccolo e concentrato sotto la collina del
Brich. Poche frazioni si sono salvate, ma
per il clima così incandescente era come
se tutto il paese fosse a fuoco. Purtroppo
per noi l’acqua occorrente per spegnere
incendi così grandi è molto scomoda,
la Riasca e la Chiebbia scorrono troppo
in basso rispetto alle case. I pozzi sono
molto profondi, ma il problema era che
i nazifascisti, per giunta piromani, non
lasciavano spegnere le fiamme. A dire la
verità, tutti quelli che potevano si erano
nascosti nelle vigne e nei boschi, e se
qualcuno per disperazione avesse provato
a intervenire la situazione sarebbe ulteriormente peggiorata. Ronco era all’epoca un paese in cui la cultura contadina,
per la povertà della terra, era secondaria
rispetto all’artigianato. Gli uomini che
non erano addetti alla lavorazione dell’argilla erano muratori, devoti almeno
una volta l’anno, l’ultima domenica di
gennaio, a san Giulio, che, secondo i più
blasfemi, mandava le grandi nevicate o
il vento primaverile per dare un po’ di
lavoro, fossero tegole da sostituire o travi
da rinforzare, ma una distruzione del
genere non si era mai vista. Nemmeno
la natura, che non sa cos’è la pietà, si
era mai accanita contro la popolazione
in modo così grave. Ma la volontà di
altri uomini di fare deliberatamente del
male a persone incolpevoli, colpendole
nella casa, quasi sempre l’unico bene
disponibile, era e rimane una possibilità
che nessuna mente avrebbe mai potuto
concepire. Se poi tutta questa inspiegabilità deve anche fare i conti con l’uccisione
in piazza di una persona mite che tutti
conoscevano per il suo mestiere, con la
cattura di diversi cittadini, caricati su un
camion e portati a Biella dai militi come
ostaggi, e con il miserevole saccheggio
della cassa del Dopolavoro, al piano terra
del municipio, diventa comprensibile
capire che la tragedia era molto più grave
del solo danno economico patito, per il
quale si chiedeva l’indennità e l’aiuto
dello Stato. Per questo è opinione diffusa
ancora oggi che quel giorno sia stato il
più brutto della storia del paese. Ci sono
stati sicuramente giorni simili o peggiori, dovuti a epidemie, siccità, o incendi
naturali, ma la memoria degli uomini
non arriva così lontano. Noi oggi altro
pensiero non sappiamo pensare che una
giornata così non avvenga mai più, ma la
realtà ci dice quotidianamente che l’odio
continua a mietere vittime a cominciare
da un luogo molto vicino a noi come il
Medio Oriente per continuare nelle 34
guerre cui il mondo intero assiste senza
muovere un dito per fermarle.
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esta di bambini, di giochi e di
colori, ma soprattutto festa di
solidarietà per sostenere il Fondo Edo Tempia. Domenica 28 settembre
i giardini Zumaglini si sono trasformati
in un parco giochi con la “Grande Festa
dei Bambini”, organizzata dal gruppo
Tutti Insieme per la Vita del Fondo Edo
Tempia.
La manifestazione, che nelle diverse edizioni ha mantenuto inalterata la sua struttura, è stata un successo: tanti bambini
si sono divertiti con il tiro ai barattoli, la
pesca ai pesciolini, lo stand della pittura
visi, il percorso sportivo e il tiro con l’arco
novità di questa edizione.
A tutti i bambini è stata offerta la merenda
e, a fine percorso, è stato consegnato un
premio.
Il ricavato, pari a 2.170 euro, è stato de-
voluto al Fondo Edo Tempia per il “Progetto Bambini”, un’iniziativa di sostegno
a bambini malati oncologici o con un
famigliare malato.
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Natale tra pranzi di famiglia e
cene con gli amici, è davvero
difficile tenere a bada l’appetito. Facilmente si esagera con i salumi e
le carni conservate e per questo motivo
è importante cercare di rimediare mangiando alimenti che riducano, almeno
in parte, l’effetto negativo che nitriti,
nitrati e idrocarburi aromatici hanno
sul nostro organismo.
Per questo ci viene in aiuto la “famiglia
allium”: aglio, cipolla, scalogno, erba
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cipollina e porro, quest’ultimo protagonista della ricetta che vi proponiamo.
Il porro è un ortaggio antico, coltivato
dagli antichi Egizi e Romani, dal gusto
simile alla cipolla, ma più delicato. È
ricco di acqua e di vitamine, poco calorico, aiuta ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue e stimola il sistema
immunitario.
Inoltre in questo primo piatto troviamo
altri alimenti ottimi per la nostra salute:
noci, pinoli e funghi.
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a cura di Corradino Pretti
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Ogni anno in Finlandia circa
4.000 renne, che vivono allo
stato brado in foreste confinanti con le strade di comunicazione, muoiono investite da
automobili. Poiché i cartelli
che invitano alla cautela non
funzionano molto (qualcuno li sradica e se li porta via
per ricordo), le autorità nazionali hanno disposto una
misura sperimentale: hanno
fatto dipingere le corna di un
certo numero di animali con
una particolare vernice fluorescente per renderle visibili
agli automobilisti di notte.
Ora si cercherà di capire se la
vernice è in grado di resistere
al clima artico, ma intanto
pare che l’esperimento dia i
risultati sperati, anche se a
qualcuno fa un certo effetto
inquadrare nei fari, in piena notte, questi strani esseri
fluorescenti.
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L’insigne genetista Craig Venter, diventato famoso per essere
stato il primo studioso a mappare il genoma umano, è convinto
che “se i 40 anni sono i nuovi 20, i 100 potrebbero diventare
presto i nuovi 60”.
Affermazione forte, ma decisamente motivata, dato che Venter
sta creando la “Human Longevity Inc”, una società con l’obiettivo di fermare l’invecchiamento.
L’azienda si avvarrà di scienziati definiti “visionari” come Peter
Diamands e Robert Hariri, cercando di combattere le patologie
legate al decadimento fisico attraverso lo studio di sequenze
genetiche, collezioni di batteri e “microbiomi”, particolari forme
di vita che si trovano nell’organismo.
34
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La rivista specializzata “Molecular
Psychiatry” ha pubblicato uno studio
che sottolinea la particolare capacità
di quelle persone che, ascoltando
note o melodie, sono in grado di
riprodurle senza leggere lo spartito.
La ricerca assicura che musicisti si nasce, grazie a una predisposizione del
Dna. Le particelle cromosomiche più
sviluppate in questi fortunati individui sono il Gata2, gene responsabile
della creazione delle “cellule ciliate”
dell’orecchio interno - le cui fibre
delicate rispondono alle diverse frequenze - e il Pcdh7, un gene che gioca
un ruolo importante nell’amigdala,
la parte del cervello che gestisce le
emozioni.
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Chi si trovasse all’improvviso nel placido villaggio svizzero di Wiedlisbach
potrebbe avere l’illusione di sognare, o
di aver viaggiato nel tempo. Si troverebbe circondato da vie, negozi e ristoranti
in stile anni ‘50. Tutto rigorosamente
rétro. E invece è tutto vero: Wiedlisbach è un luogo costruito espressamente
e su misura per i malati d’Alzheimer,
che vengono così assecondati nella loro
tendenza ad “andare a ritroso” e aiutati
il più possibile a condurre una vita che
si avvicini a parametri di normalità. Il
progetto è stato promosso da un imprenditore svizzero, che ha preso spunto da una realtà analoga creata alcuni
anni fa ad Hageweyk, in Olanda.
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L’American council on science and health fa un lavoro costante di denuncia di diete alimentari fasulle e potenzialmente dannose.
Ha puntato il suo mirino, fra l’altro, contro la recente mania di mangiare ghiaccio per dimagrire, dieta inventata da un gastroenterologo statunitense di cui omettiamo il nome. Secondo i conti del luminare, per sciogliere un litro di ghiaccio il corpo umano
in media spende 160 calorie senza ingerirne alcuna. Ecco allora un buon modo per scalare qualcosa dalla conta quotidiana
dell’apporto calorico. L’autore stesso in verità raccomanda di non esagerare e di attestarsi su un litro al giorno, “di più potrebbe
far male”. Ma tutto sommato mangiare ghiaccio è uno sforzo inutile, ha commentato Nicola Sorrentino, noto specialista italiano
in Scienza dell’alimentazione. Centosessanta calorie equivalgono a poco più di un cucchiaino e mezzo di olio. Lo stesso effetto
si ottiene stando un po’ attenti ai condimenti e ai dolci…
Altro caso eclatante è la dieta dei batuffoli, per seguire la quale bisognerebbe ingerire palline di
cotone inzuppate nel succo di arancia. In questo modo, la massa creata artificialmente andrebbe
a saziare il malcapitato… Pietro Migliaccio, presidente della Società italiana discienza dell’alimentazione, afferma che si tratta di un comportamento insensato, che mette a serio rischio di
blocco intestinale. Una vera stupidaggine, anche a volerne trascurare la pericolosità.
Facendo un salto indietro agli anni Ottanta, qualcuno si ricorderà ancora della calamita acchiappagrassi: c’era chi acquistava un magnete che - passato sopra i cibi prima di mangiarli
- aveva il “potere” di assorbire i grassi superflui. Oggi vi sono i maniaci della pillole o delle
tisane per dimagrire: ovviamente non ci si può attendere alcun miracolo, se la “cura” non
si accompagna a una sana attività fisica e a una dieta ipocalorica. E molto spesso le autorità
europee hanno sequestrato lotti di prodotti perché contenenti sostanze pericolose.
35
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mar Ronda, artista biellese di
fama internazionale, ha realizzato per il nuovo ospedale
di Biella, grazie all’attiva collaborazione
con Asl Bi e Fondazione Tempia, l’opera
“Florilegio di primavera” (composizione
su Luminex) che è stata collocata al pian
terreno nell’area ambulatoriale. «L’ospedale è un luogo dove le persone cercano
la guarigione – spiega Omar Ronda -.
Quest’opera evoca la primavera, che è
speranza di rinascita e che simboleggia
la vita. È una creazione colorata e piena
di luce, un richiamo alla gioia e all’ottimismo».
Pietro Presti, direttore della Fondazione
Tempia ricorda l’importanza del binomio
arte-salute: «Da anni la Fondazione è
coinvolta in progetti che vedono l’arte
e la salute insieme nella lotta contro il
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cancro. L’opera di Ronda, donata per il
nuovo ospedale di Biella a favore della
Fondazione Tempia, si inserisce perfettamente in questo contesto perché è un
ulteriore coronamento di collaborazione
tra l’arte (opera di Ronda), la salute (nuovo ospedale) e la lotta contro il cancro
(Fondazione Tempia)».
Franco Piunti, direttore sanitario dell’Asl
Bi, precisa che «il nuovo ospedale, quale
luogo di incontro tra le leggi che governano la fisica, la chimica e la biologia, è
uno degli ambienti privilegiati dove sperimentare nuove forme di convivenza.
L’opera di Ronda evoca un nuovo rinascimento e questa visione è l’augurio
più bello per il futuro del nostro nuovo
ospedale».
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n grande traguardo è stato raggiunto dagli Amici
della musica che, con la nona edizione di “Musica
per la vita”, hanno superato i 10.000 euro donati per
i progetti del Fondo.
Hanno organizzato il consueto pranzo benefico al Mompolino e
grazie alla generosità dei partecipanti sono stati raccolti ben 2.000
euro, dati in beneficenza al Fondo Tempia e all’associazione “Ti
aiuto io di Candelo”. «Siamo giunti alla nona edizione di questo
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pranzo benefico – hanno spiegato gli organizzatori – e siamo
molto soddisfatti della buona riuscita dell’iniziativa. Negli
anni è stato consolidato un ottimo rapporto con il Fondo e la
collaborazione si è estesa anche all’associazione “Ti aiuto io” di
Candelo che segue i ragazzi disabili. Una sinergia perfetta».
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39
>C>O>6I>K:
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ani esperte, svelte, pazienti.
Mani giovani o più consumate. Mani che rendono
concreta l’immaginazione di donne
creative. Mani aperte che regalano
tempo, fatica e impegno. Sono questi
gli strumenti che hanno creato le piccole
meraviglie esposte negli spazi di villa
Ranzoni a Cossato. Alberi di Natale in
pannolenci accanto a collane scaldacollo in lana. Tovagliette all’americana
ricamate a punto croce e borse in patchwork. Raffinati fazzoletti, asciugamani e tende con inserti a puncetto,
l’antico prezioso ricamo di tradizione
valsesiana.
Maria Teresa Guido, responsabile per
il Fondo del gruppo del volontariato,
ricorda l’attività costante della delegazione di Cossato, la prima a operare
da quasi vent’anni, nell’Associazione e
informa che quest’anno i proventi della
mostra saranno interamente devoluti al
Servizio trasporti del Fondo. Il gruppo
di lavoro che ha ideato la manifestazione
riunisce più di 30 donne, alcune delle
quali sono passate attraverso il tunnel
della malattia: per tutte l’organizzazione
della mostra è stata un’opportunità per
socializzare e un’esperienza appagante
perché “ti senti meglio se contribuisci a
far del bene”.
“Mani, amore e… fantasia” possiede
la straordinaria capacità di unire in
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un legame di solidarietà le donne che
creano con passione, i visitatori che per
avere i loro prodotti fanno un’offerta al
Fondo, il malato trasportato che riceve
dai volontari aiuto materiale insieme ad
attenzione e partecipazione: una mostra
davvero speciale.
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Fondo- i ricercatori concordano nel sostenere che una delle regole
fondamentali sia proprio quella legata all’attività fisica. Mantenersi
snelli e fisicamente attivi, con il supporto di una sana e corretta
alimentazione, è il primo passo per limitare i fattori di rischio di
diverse patologie, tra cui quelle oncologiche».
Sabato 18 ottobre allo Stadio La Marmora Pozzo di Biella, la delegazione provinciale Figc di Biella coordinata da Davide Gori ha
organizzato una manifestazione rivolta ai giovani calciatori della
categoria “Piccoli Amici” (nella foto di Corrado Sartini di Eco di
Biella). Erano presenti circa 300 piccoli calciatori in rappresentanza
di 24 società del Biellese e della Valsesia che hanno partecipato a
giochi e partite agli ordini di Enzo Francisetti, responsabile provinciale dell’attività calcistica di base. La manifestazione era inserita nel
calendario di “Biella, città europea per lo sport 2014” ed era abbinata
a un progetto di prevenzione sostenuto dal Fondo Edo Tempia,
partner dell’evento. «La promozione della prevenzione primaria
dei tumori passa anche attraverso la ricerca e la divulgazione della
conoscenza sulle loro cause - spiega Anna Rivetti, vicepresidente del
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uccesso e record di incassi per la
nostra lotteria benefica: 48.056 è il
numero dei biglietti venduti, pari
alla somma raccolta.
«Grazie a tutti coloro che hanno contribuito
alla riuscita di questa manifestazione – ha
detto Viola Erdini, co-presidente della Fondazione Tempia (nella foto in un momento
dell’estrazione) – soprattutto ringrazio
Maria Marcon, nostra vicepresidente (nella
foto con i volontari), che, come sempre, ha
organizzato al meglio questa iniziativa».
«Grazie a tutti: i cittadini biellesi e vercelle-
si, i volontari, gli amici – ha aggiunto Maria
Marcon – perché i biglietti sono stati venduti con entusiasmo. Grazie alle istituzioni,
alle Pro Loco e a tutti gli esercenti.
Un grazie di cuore alle aziende, alle ditte
e ai privati che hanno offerto i premi:
il loro contributo è stato fondamentale.
Questa è la sesta edizione della lotteria
benefica – conclude Marcon - dal 2009 a
oggi sono stati raccolti 254.167 euro, interamente investiti nei progetti del Fondo
Edo Tempia».
La somma raccolta in questa edizione verrà
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interamente destinata ai servizi di cure
palliative.
I premi potranno essere
ritirati nella sede del Fondo
a Biella in via Malta 3
consegnando il biglietto
vincente, entro 60 giorni
dall’estrazione
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Goloso l’appuntamento promosso dall’Associazione italiana per la ricerca sul
cancro (Airc) per raccogliere fondi per finanziare progetti dedicati al percorso
di crescita di giovani ricercatori italiani di talento. Sabato 8 novembre a Biella
(e in tante altre città italiane), negli spazi del supermercato Esselunga, sono stati
distribuiti i “Cioccolatini della Ricerca”. Con una donazione di 10 euro è stato
possibile sostenere il lavoro dei ricercatori e ricevere dai volontari del Fondo
Edo Tempia, referente Airc per la provincia di Biella, un’elegante confezione di
cioccolatini, creata appositamente da Lindt che ne garantisce la qualità.
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Premi estratti
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a cura di Ivana Ramella
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arrivato alla tredicesima edizione il Premio “Biella letteratura e industria”.
Un premio che premia la costanza
degli organizzatori. In primis Paolo
Piana e Pier Francesco Gasparetto, rispettivamente presidenti di premio e
di giuria.
Erano consapevoli, nel 2001, che la
loro idea avrebbe scavalcato i confini
del territorio per far conoscere l’unicità del concorso non solo in Italia.
Decine di autori e di case editrici ogni
anno presentano i loro lavori in una
località vocata prevalentemente all’industria. Potrebbe sembrare un paradosso, invece risulta essere un ottimo
connubio: due realtà che si integrano
arricchendosi reciprocamente.
Paolo Piana, imprenditore, nel suo
intervento, pur sottolineando la difficoltà e le incognite del momento,
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ha evidenziato la necessità di alzare il
livello della positività, indispensabile,
nei momenti di cambiamento globale
come quello che stiamo vivendo.
Molte le figure istituzionali che hanno
sostenuto e patrocinato il concorso
nel quale hanno creduto fin dalla sua
istituzione.
La cerimonia di premiazione a Città
Studi (Biella), con un pubblico particolarmente attento e partecipe, ne
conferma la validità.
Ha vinto la tredicesima edizione di
“Biella letteratura e industria” Sandro
Gerbi con “Giovanni Enriques. Dalla
Olivetti alla Zanichelli”. Gerbi, storico e giornalista, ha pubblicato diversi
volumi e collaborato alle pagine cul-
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turali del Corriere della Sera, della
Stampa e del Sole 24 ore.
Il premio della giuria dei lettori è stato assegnato a Angelo Ferracuti con “Il
costo della vita. Storia di una tragedia
operaia”. I premi speciali della giuria
dei lettori a Walter Barberis e Anna
Cantaluppi per “La compagnia san
Paolo 1563-2013”; a Fernando Salsamo per “Quintino Sella ministro della
Finanza. Le politiche per lo sviluppo e
i costi dell’Unità d’Italia”.
Fra le iniziative collegate al premio,
il Gruppo giovani imprenditori Uib
ha coinvolto le scuole superiori nella
realizzazione di quattro video e 11
testi sul tema “Verso nuove imprese”.
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IgVY^o^dcZ/aV\ZcZgdh^i|
È il titolo di una ricerca di Giorgio Gulmini, un ricercatore che ha raccolto la
storia di generosità dei Biellesi, sempre pronti a donare per una causa giusta.
Si deve risalire al 1923 con oggetto l’Ospedale di Biella. L’autore descrive la
situazione economica drammatica nella quale si trova senza via di scampo se
non la sua definitiva chiusura.
Fiato alle trombe, si mette in atto una straordinaria colletta a sostegno del
nosocomio.
Industriali, prelati, associazioni benefiche di categoria, comuni, operai e cittadini.
La Società di mutuo soccorso dei Cossatesi e Lessonesi, residenti a New York,
dona una cospicua somma. Una straordinaria gara di solidarietà che permette di costruire padiglioni per patologie diverse, acquistare apparecchiature
d’avanguardia e letti.
In sei mesi si raccoglie un milione e mezzo di lire. L ’ospedale è salvo.
Dicembre 2014. Il territorio biellese ha il nuovo nosocomio. Al di là del nome
rimarrà l’ospedale di Biella e dei Biellesi.
Ed è qui che la tradizione si ripete coinvolgendo ancora una volta la popolazione: donare letti particolarmente idonei al benessere dei degenti.
Conclusione, questi Biellesi, orsi, montanari, ma dal cuore tenero, hanno risposto all’appello dell’associazione “Amici dell’Ospedale” e di letti ne offrono
proprio tanti. Ben vengano.
Facendo le corna, potrebbero servire anche a noi, non vi pare?
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Con infinita riconoscenza ringraziamo i tantissimi cittadini i quali, con offerte volontarie,
ognuno nell’ambito delle proprie possibilità, formano, goccia a goccia, un fiume di solidarietà
che ci permette di realizzare i numerosi programmi per combattere i tumori: ricerca scientifica,
diagnosi precoce, cure palliative, sostegno ai malati.
A TUTTI LORO ESPRIMIAMO LA PIÙ PROFONDA GRATITUDINE.
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Sommario
Fondatore Foglie
Elvo Tempia
Istituzioni
Presidente
Fondo Edo Tempia
Simona Tempia
Decennale
Direttore Responsabile
Corradino Pretti
Responsabile
tematiche sanitarie
Paolo Bagnasacco
Redazione
Lele Ghisio
Benedetta Lanza
Hanno collaborato
a questo numero
Mariella Debernardi
Giovanna Chiorino
Francesca Crivelli
Pierfrancesco Gasparetto
Isabella Graziola
Angelica Mercandino
Paola Minacapelli
Ivana Ramella
Maria Scatolini
Rosanna Summo
Grafica
Inedita – Biella
Stampa
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Coordinamento stampa
e spedizione
Via S. Ferrero 21
Ed. o c. editrice
Tipolitografia Botalla
5 Intervista a Marco Cavicchioli sindaco di Biella
6 Dieci anni dopo. Gim, in Fondo una vita
8 Un grande affresco di storia biellese
9 Gianni Furia ed Elvo Tempia
10 La lotta di Elvo Tempia per il nuovo ospedale
Concorso
12 Intervista a Vincenzo Alastra
Laboratori
14 Delegazione indiana in visita al Fondo
15 Registro Tumori. Collaborazione tra Italia e Marocco
16 Oncologi a convegno
18 BenchCan, il protocollo europeo per la terapia contro i tumori
19 Il respiro europeo della musicoterapia
Centro di ascolto psicologico
20 BPCO: a Biella un convegno sulle storie di malattie e di cura
21 Corsi del benessere fisico e sociale
Volontariato
23 Servizio trasporti e volontari
Progetto Bambini
24 Una rete a supporto delle famiglie
Gomitolo Rosa
26 La festa di compleanno a Palazzo Carignano
Storie vere
27 Dottori e filibustieri di Pier Francesco Gasparetto
Visti da Mario Spazzarini
28 Elvo mostra il Fondo al figlio Edo
Letture
30 Rubrica a cura di Mariella Debernardi
Storie partigiane
INFORMATIVA DATI
NON RACCOLTI
PRESSO
L’INTERESSATO
Informiamo che, secondo quanto
disposto dall’art. 13 comma 1 della
legge 675/96 sulla “Tutela dei dati
personali”, le persone citate hanno
diritto, in qualsiasi momento e del
tutto gratuitamente, di consultare,
far modificare e cancellare i propri
dati o semplicemente opporsi al
loro utilizzo ed inoltre di ottenere
informazioni sulle iniziative di cui si
sono rese partecipi. Tale diritto potrà essere esercitato semplicemente
scrivendo al Fondo Edo Tempia,
via Malta 3 - 13900 BIELLA
Responsabile del trattamento:
Camilla Erdini
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31 Rubrica a cura di Luciano Guala
Prevenzione a tavola
33 Il porro, la cipolla gentile
Notizie dal mondo
34 Rubrica a cura di Corradino Pretti
Iniziative e manifestazioni
36 La corsa della speranza
37 Florilegio di primavera
Avvenimenti
44 Rubrica a cura di Ivana Ramella
Offerte dei cittadini
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Dottori Nicoletta Valestra,
Angelo Vercelloni, Alberto Arnulfo,
Paolo Alessi
Facilitatori Ornella Duodo, Luigi Baragiola
Marisa Betti, Mara Vettori, Laura Osella
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10 ANNI SENZA GIM - Edo ed Elvo Tempia