Nella sostanziale rarità di rinvenimenti di denari carolingi in Italia (ROVELLI 1994; 2001; MCCORMICK 2001,
pp. 681-86), l’esemplare finalese costituisce una prima segnalazione per il Ponente ligure. Su scala regionale, denari
franchi erano finora noti solo a Luni 1 dove sono attestati
12 denari di Carlo Magno di tipo 1 – costituenti il cosiddetto tesoro di Sarzana-Luni –, 1 di tipo 2 e 4 di Ludovico il
Pio, di cui uno della zecca di Treviso (BERTINO 1985, pp. 28286; ROVELLI 1994, pp. 528-29; BERTINO 2003, pp. 131-32).
Il ruolo di connessione tra l’Europa continentale e l’area
mediterranea esercitato dal Finale nel primo Medioevo trova conferma nel rinvenimento a Perti (PR3) di un denaro di
classe A dei duchi di Normandia (gr 0.85; D/ +RNCΛMS,
croce accantonata da due bisanti e due crocette; R/ ΛODSM,
tre frontoni in triangolo con S al centro) (Fig. 1.2). Questa
moneta della zecca di Rouen, riconducibile alle coniazioni
di Riccardo II (996-1026) o Riccardo III (1026-1027) con
titolo in Ar di 680/1000, reca un’immagine stilizzata dei
frontoni del tempio e legende alterate ma ancora leggibili
(POEY D’AVANT 1858, p. 25, pl. IV.15; DUMAS 1979, pp. 9192, pl. XVII.1; AMANDRY 2001, p. 409). Anche in questo caso
si tratta di un esempio finora isolato in Liguria. Monete normanne sono attestate in Valle d’Aosta, ad Aosta ed a Nus,
con un ripostiglio contenente denari dei gruppi A, B, B/C e
D (DUMAS 1979, nn. 46bis, 57, 70; ORLANDONI 1988, p. 444).
Un denaro tipo A proviene dalla torre civica di Pavia (WARDPERKINS 1978, p. 122; DUMAS 1979, n. 33) e 2, con legenda
deteriorata e datati alla metà dell’XI sec., da Alba (CN)
(BARELLO 1999, p. 285; fig. 246.2), città che costituiva il più
immediato tramite tra i passi alpini nord-occidentali e l’area
costiera finalese. Più numerose risultano le attestazioni nell’Italia centrale (Roma, confessione di S. Pietro) e, come
atteso, in quella meridionale soggetta al controllo normanno (DUMAS 1979; MEC 14, pp. 401 ss.).
A queste coniazioni continentali, tra X e XI sec. nel
Finale si associano monete in bronzo bizantine. La serie
esordisce con un follis di classe 4, coniato a Costantinopoli
da Romano I Lecapeno tra il 931 ed il 944 (MORRISSON 1970,
p. 575, 37/Cp/AE/31-47; DOC III.2.25; GRIERSON 1982,
p. 184, pl. 46.824) (Fig. 1.3), rinvenuto nell’area adiacente
alla chiesa di S. Eusebio di Perti (PR2) (MURIALDO 1996,
p. 66, fig. 5.19, n. 5).
Questa monetazione comprende inoltre 5 folles anonimi, di cui 3 derivano dalla raccolta di uno storico locale,
G.A. Silla, confluiti nell’allora Museo Civico del Finale con
l’indicazione di provenienza dalle “falde Marine del
Gottaro”, a Finalmarina (FM) (Fig. 1.4-5) (SILLA 1949, p. 33,
nota 5). Due altri folles anonimi furono rinvenuti nel 1966
nella cripta della chiesa di S. Eusebio di Perti (PR1), con
evidenti funzioni dedicatorie e rituali (M URIALDO ,
SCARRONE 1983, p. 5, nota 15, fig. 9; MURIALDO 1996, p. 66,
fig. 5.19, n. 6; AROBBA et al., in questo volume).
Quattro dei folles anonimi, con pesi compresi tra gr 12.9
e 9.77 e diametri tra mm 31.0 e 28.1, sono riconducibili alla
Classe A2 – o A3 secondo Metcalf (1970) – e quindi, pur
nella prudenza necessaria nell’attribuzione di queste monete a definiti titoli, possono essere riferiti al periodo corrispondente ai regni di Basilio II (976-1025) e Costantino
VIII (1025-1028) con una possibile prosecuzione sotto Romano III (DOC III.2 1973, pp. 649-75, A2.1.1-52.6;
M ORRISSON 1970, II, pp. 596-98; 41/Cp/Ae/31-65;
GRIERSON 1982, pp. 204-10, pl. 56.981-983). Un quinto follis
da Finalmarina con busto al D/ ed iscrizione al R/ su tre
linee, di difficile lettura per l’avanzata usura, presenta un
peso di soli gr 7.7 con diametro di mm 29, potendo quindi
essere assimilato ai folles di classe E attribuibili al periodo
di Costantino X (1057-1060 ca.) (MORRISSON 1970, p. 601,
41/Cp/AE/120-122; DOC III.2 1973, pp. 688-89, E.1-Ea;
GRIERSON 1982, p. 207, pl. 56.988).
Questi folles si inquadrano nell’intensa ripresa della
monetazione bronzea bizantina nel corso del X e soprattutto dell’XI sec., attestata dal netto incremento delle presenze nei territori in diretto rapporto con l’area economica di
CIRCOLAZIONE MONETARIA MEDIEVALE
NEL FINALE (SAVONA)
di
GIOVANNI MURIALDO
In questo studio preliminare si prende in esame la circolazione monetaria medievale nel Finale, territorio della
Liguria di Ponente caratterizzato da una fitta sequenza di
evidenze archeologiche e dalla creazione alla fine del XII
sec. da parte dei marchesi di Savona – o Del Carretto – di
un compatto dominio signorile, nel cui ambito si inserisce
la fondazione di un borgo nuovo, l’attuale Finalborgo
(MURIALDO 1988).
I limiti cronologici dello studio sono stati fissati tra la
fine dell’VIII-IX sec. e la metà del XIV, coprendo un periodo per il quale in Liguria sono finora scarsi i dati disponibili sulla circolazione monetaria. I termini iniziali corrispondono alla presenza di pochi esemplari riconducibili a due
grandi sistemi monetari, quello franco e quello bizantino.
Per quest’ultimo si completa la serie delle monete bizantine di VI-VII sec. rinvenute nel Finale, comprensiva di frazioni di siliqua e coniazioni in bronzo da S. Antonino e da
Perti, che si interrompe con un follis di Siracusa di Costante II (641-668), da Finalmarina (SILLA 1949, p. 24; MURIALDO 1996, p. 66, fig. 5.19; M ORRISSON 1998, p. 322; A RSLAN 2001; 2003). Un recente riesame ha consentito di confermare l’attribuzione alle coniazioni longobarde della
moneta segnalata dal Lamboglia come proveniente dall’area
della necropoli di Isasco (LAMBOGLIA 1956, p. 65, fig. 27).
Si tratta di un ottavo di siliqua in argento con busto e monogramma per, forse per Perctarit (672-688) (ARSLAN 1978,
n. 23; MEC 1.328; pp. 65-66). Per essa i pochi confronti si
distribuiscono tra l’Italia settentrionale (ripostiglio di Biella di età liutprandea; Pecetto di Valenza; Brescia-S. Giulia;
Campione d’Italia-S. Zenone, Verona) e la Corsica (S. Maria di Bravona a Linguizzetta) (ARSLAN 1998, pp. 296-7).
Il limite cronologico inferiore dello studio
(metà XIV sec.) copre il decennio successivo al termine della
prima fase della monetazione genovese (1139-1339), anteriormente all’apertura della zecca della vicina Savona nel
1350.
L’analisi è basata su 98 monete di diversa ed eterogenea provenienza, conservate presso il Museo Archeologico
del Finale e provenienti sia da recuperi occasionali, avvenuti in tempi e con modalità differenti, sia da più recenti
acquisizioni in corso di indagini archeologiche condotte in
vari siti della zona (Tab. 1).
Con la particolare eccezione dei due folles anonimi bizantini rinvenuti nella cripta di S. Eusebio di Perti, per i
reperti dei quali è nota la provenienza non si tratta di rinvenimenti derivanti da forme di accumulo o occultamento intenzionale, quanto piuttosto il nucleo studiato riflette occasionali dispersioni o smarrimenti di monete utilizzate ai fini
di scambi correnti.
1. FINE VIII/IX SECOLO-1139
A questo primo periodo possono essere ricondotte 8
monete. La serie esordisce con un denaro di Carlo Magno,
rinvenuto da Giovanni Pesce nel 1986 sulle alture del Passo
del Melogno, retrostanti Finale, in loc. Pian dei Corsi (PM),
attraversata da una delle strade di collegamento tra le Valli
del Bormida e la zona costiera. Si tratta di un denaro carolingio del tipo 3, coniato a Treviso, databile tra il 793/4 e
l’812 (gr 1.38, al tipo: +CARLVSREXFR, croce; +TARVIS,
monogramma – CNI VI, 15-18; MEC 1, pp. 208-209, n. 746)
(Fig. 1.1).
27
Bisanzio (GRIERSON 1982, pp. 173-210; TRAVAGLINI 1992;
MORRISSON 1998). Sulla diffusione in Italia settentrionale e
nell’Europa continentale dei folles anonimi si rimanda alla
recente revisione di Callegher (1994).
Per la Liguria, i reperti finalesi integrano i pochi dati
finora disponibili e sostanzialmente limitati alla sequenza
di monete bizantine di Siracusa di VIII-IX sec. provenienti
da Luni con folles di Leone III e Costantino V (720-41),
Michele II (821-29), Teofilo (829-42), Michele III e Teodora
(852-56) (BERTINO 1985, pp. 299-300; MCCORMICK 2001,
appendix 3, B28, p. 841; MORRISSON 1998, pp. 313, 321;
ARSLAN 2003; BERTINO 2003, pp. 129-31). Per l’area altotirrenica, oltre al follis anonimo di classe A2 da Luni
(BERTINO 2003, p. 134; fig. 20), da Pisa – Piazza dei Cavalieri – provengono un follis di Romano I, simile all’esemplare finalese, ed uno anonimo di classe K riconducibile ad
Alessio I (1081-1118) (PARDI 2000, p. 244, n. 6 – attribuito
a Romano II; n. 7 – attribuito a Giovanni I).
Nel Finale finora mancano monete ottoniane, mentre è
presente un denaro coniato a Pavia a nome di Enrico III di
Franconia, datato tra il 1056 ed il 1106, rinvenuto nel
castrum di S. Antonino (gr 1.08- CNI IV, 2-14), a conferma
del ruolo sostenuto dalla moneta pavese in Liguria anteriormente all’apertura della zecca genovese
(ARSLAN et al. 2001, p. 717, n. 1).
di Asti, a nome di Corrado II re, con 8 esemplari databili tra
il 1140 ed il 1336 circa e pesi compresi tra 0.61 e 0.31 gr
(CNI II, 3-9; 16-31; 56-59). Pur avvertendosi la necessità di
studi più aggiornati per l’inquadramento tipologico della
monetazione astigiana comunale, sulla base dei pesi e dei
caratteri della coniazione anche in questo caso sembrano
mancare i tipi più arcaici. Sono comunque note le disposizioni di Genova del 1255 tendenti ad impedire la concorrenza
del denaro astigiano nel territorio tra Monaco e Portovenere
soggetto al diretto controllo della Repubblica, che peraltro
non comprendeva il Finale (LISCIANDRELLI 1960, doc. 329).
Nella prima metà del XIV sec., accanto ai denari astigiani,
i rapporti monetari con l’entroterra piemontese sono confermati da singoli denari di zecche marchionali, quali quelli
coniati a Chivasso da Teodoro I di Monferrato (1307-1338)
(PT; gr 0.79- CNI II.11-12) ed a Cortemilia da Manfredo II
del Carretto nel 1322 ca. (PT; gr 0.57- CNI II.4).
In questa fase, la monetazione di Pavia appare svolgere
un ruolo limitato nel Finale. Oltre al denaro a nome di Enrico III di Franconia, a questa zecca può essere ricondotto
solo un grosso da 4 denari, coniato a nome di Federico II
nel 1220-1250 (PSC; gr 1.13- CNI IV.13). La monetazione
comunale dell’Italia settentrionale è infine rappresentata da
2 denari planeti di Bergamo, a nome di Federico II (1236inizi XIV sec.), di cui uno riconducibile al tipo CNB 55,
con datazione presunta al 1265-1270 (PT, PSC; gr 0.77)
(LORENZELLI 1996, p. 385).
Interessante la presenza di un grosso veneziano di Giovanni Dandolo (1280-1289) (PR1; gr 2.10- CNI VII.29), rinvenuto in un contesto particolare quale quello costituito dalla
cripta di S. Eusebio di Perti.
A queste attestazioni si affiancano monete di zecche
toscane con 4 denari aquilini minuti della Repubblica di
Pisa, datati tra il 1265 ca. e ante 1318, provenienti da Finalborgo (PT, PSC; gr 0.72-0.52; CNI XI.120-9), ed un denaro
di XIII-XIV sec. del Comune di Arezzo, rinvenuto a Perti
(PR1; gr 0.35) (CNI XI.35; STHAL 1988). Per i grossi ed i
denari minuti pisani è nota l’ampia diffusione in ambito tirrenico con attestazioni soprattutto in Sardegna, dove competono con i coevi denari genovesi (TRAVAINI 1983, pp. 4248; MEC 14, pp. 410-13).
Un ruolo non secondario negli assetti monetari finalesi
di XIII-metà XIV sec. è sostenuto da monete francesi, concentrate in diverse aree di scavo a Finalborgo. Le emissioni
di zecche d’Oltralpe esordiscono con un denaro raimondino
del terzo tipo del Marchesato di Provenza, emesso a Pontde-Sorgues da Raimondo VI, conte di Tolosa, tra il 1200 ca.
ed il 1222 (POEY D’AVANT 1860, II, pp. 255-7, n. 3723;
ROLLAND 1956, p. 105; AMANDRY 2001, p. 481).
Pur nella sua unicità e frammentarietà, risulta significativa la presenza di un grosso tornese del Regno di Francia rinvenuto a Finalborgo- PSC, attribuibile agli ultimi anni
di regno di Filippo III (1270-1285) o ad una delle emissioni
del 1285, 1302 e 1305 sotto Filippo IV (1285-1314)
(LAFAURIE 1951, nn. 213, 217, pp. 25-26, 30; DUPLESSY 1999,
n. 213, p. 107).
I grossi tornesi con la “O” tonda francesi, ampiamente
imitati nell’Italia settentrionale, costituivano una moneta di
riferimento nel Piemonte meridionale in questo periodo.
Nelle immunità concesse da Manfredo di Saluzzo agli abitanti di Cortemilia nel 1329 si stabiliscono le sue equivalenze con i denari genovesi ed i fiorini: «…solvere teneantur
domino Marchioni predicto in pecunia numerata ad
rationem XXIIII Ianuensium parvorum pro Turonensi grosso de O. rotundo Regis Francie, vel in Turonensis predictis
ad eandem racionem iusti ponderis, et bone lie, vel in
florenis boni auri, et puri, et iusti ponderi ad marcum, seu
pondus Florencie, et eius ad racionem solidorum XXVI.
Ianuensium parvorum pro floreno» (SAVIO s.d., doc. 1014
bis).
Grossi tornesi di Filippo III o IV, oltre che nella torre
civica di Pavia (WARD-PERKINS 1978, pp. 122-3), sono dif-
2. 1139-METÀ XIV SECOLO
Per quanto riguarda il secondo periodo, sono state identificate 90 monete, la cui distribuzione è riportata in Fig. 2.
L’apertura della zecca genovese condizionò radicalmente la
circolazione monetaria in un’area del Ponente ligure, quale il
Finale, nella quale peraltro non si esercitò il diretto controllo
di Genova. Le monete genovesi del primo periodo (11391339), emesse a nome di Corrado III, Romanorum rex
secundus, costituiscono in assoluto il nucleo più rappresentato (60% delle monete del periodo B), con una differenziata
serie di tipi: quartarola in oro (PR3; gr 0.86; CNI III.111),
grosso da 6 denari in argento (PT; gr 1.56; CNI III.101-103),
21 denari (gr 0.81-0.43; CNI III.7-69), 12 mezzi denari o
medaglie (gr 0.36-0.15; CNI III.70-80). Alla parte finale del
primo periodo di attività della zecca genovese appartengono
13 quartari in rame dei tipi 1, 2 e 3 (CNI III.1-26), la cui
emissione esordì nella seconda metà- fine del XIII sec., costituendo il circolante a basso valore liberatorio maggiormente
diffuso in Liguria nel XIV sec. (BALDASSARRI 1996; 2001).
Sono note le difficoltà per una periodizzazione delle
monete genovesi del primo periodo rappresentate dalla sostanziale omogeneità dei tipi nell’arco di due secoli. Sulla
base dei gruppi definiti da Metcalf (1977) e successivamente
dalla Travaini (1983, pp. 35-38) per il rinvenimento di
Oschiri, i denari genovesi leggibili rinvenuti possono essere ricondotti unicamente alle classi B, C e D, emesse nel
XIII-XIV sec. Mancano al momento denari della classe A,
caratterizzata da uno stile rough della porta turrita al D/ e
da caratteri più arcaici delle coniazioni. Il dato sottolinea la
scarsa diffusione della monetazione genovese della fase
iniziale di attività della zecca anteriormente al XIII secolo,
recentemente evidenziata anche per lo scavo della Loggia
sul Priamàr a Savona (BALDASSARRI 2001, pp. 488-90). Al
XIII secolo possono essere ascritti anche la quartarola in
oro ed i grossi in argento, questi ultimi introdotti tra la fine
del XII sec. ed il 1220 ca. (PESCE, FELLONI 1975, pp. 16-20;
TRAVAINI 1983, p. 39; STHAL 2001, pp. 326-9; FELLONI 1999,
pp. 695-98). Un altro grosso (SC; gr 5.05) è da ricondurre
al primo dogato di Simone Boccanegra (1339-1344), col
quale iniziano le coniazioni dei dogi a vita.
Accanto alla dominante monetazione genovese, nel Finale circolavano multipli di denari e denari pertinenti a zecche comunali su concessione imperiale e marchionali del
Norditalia. Il nucleo più rappresentato è costituito da denari
28
Fig. 1 – Monete rinvenute nel Finale (per le sigle di provenienza, cfr. Tab. 1): 1. Denaro di Carlo Magno (PM); 2. Denaro del Ducato di
Normandia (PR3); 3. Follis di Romano I (PR2); 4-5. Folles anonimi classe A2 (FM); 6. Obolo dell’Arcivescovato di Arles (PT); 7. Contea di
Provenza, doppio coronato di Carlo II d’Angiò (PSC); 8. Regno di Castiglia e Léon, denaro di Alfonso X (PSC) e 9. Coronato di Sancho IV
(PT); 10. Messina, pierreale di Federico III (PT); 11. Regno di Cipro, grosso di Enrico II (PR2).
Periodo B (1139-1350)
Castiglia e Léon
3%
Regno di Francia
1%
Messina
2%
Cipro
Napoli
1%
1%
Arles
1%
Provenza
8%
Pont-de-Sorgues
1%
Arezzo
1%
Pisa
4%
Venezia
1%
Pavia
1%
Genova
60%
Bergamo
2%
Cortemilia
1%
Chivasso
1%
Asti
9%
Fig. 2 – Distribuzione percentuale delle monete del periodo B (11391339) rinvenute nel Finale.
fusi in area tirrenica, comparendo in Sardegna nei ripostigli
di Pattada (SS) (DESSÌ 1907) e di Terranova (OL), mentre
ad Oschiri (SS) erano presenti 111 terzi di grosso tornese o
mailles tierces di Filippo IV (TRAVAINI 1983, pp. 61-2). Essi
29
raggiunsero anche l’Italia meridionale, dove compaiono a
Vibo Valentia e Mileto (VV), in Calabria (MEC 14, p. 424;
FIORILLO, PEDUTO 2000, Mi 11, pp. 231-2).
La presenza a Finalborgo di un obolo anonimo del Vescovo di Arles (PT, gr 0.35) (Fig. 1.6) (POEY D’AVANT 1860,
II, n. 4087, pl. XCII, n. 14) conferma la grande diffusione
in Liguria ed in area tirrenica, più in generale, di queste
monete, che tra fine XIII e XIV sec. imitavano le coniazioni vescovili di Viviers (POEY D’AVANT 1860, II, pp. 337-44;
AMANDRY 2001, p. 32).
In Liguria, 3 oboli dei vescovi di Viviers e 4 di quello di
Arles erano compresi in un gruzzolo datato alla seconda
metà del XIV sec., disperso nell’area di S. Domenico a Savona, dove erano associati a 72 quartari di Genova ed a 2
monete di Savona (BALDASSARRI 1996). La presenza di oboli di Viviers, oltre che in Provenza (D ÉMIANS
D’ARCHIMBAUD 1980, nn. 113,117), nel ripostiglio sardo di
Pattada (D ESSÌ 1907) ed a Brucato, in Sicilia (BRESC BAUTIER 1984, pp. 484-5), conferma la circolazione tirrenica di queste monete a basso potere liberatorio.
Gli scavi condotti in varie aree di Finalborgo nel 19972000 (AA.VV. 2001; PALAZZI et al., in questi atti) hanno
evidenziato la significativa presenza di monete della Contea di Provenza nel Finale (8%), soprattutto in seguito alle
varie riforme introdotte dalla dinastia angioina dopo l’acquisizione del titolo di re di Gerusalemme e Sicilia, sotto
Carlo I d’Angiò ed i suoi immediati successori
(ROLLAND 1956; DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1980, pp. 266-69;
AMANDRY 2001, pp. 476-83).
La serie comprende un obolo coronato di Carlo I, coniato a Tarascona nel 1277-1285 (PSC; gr 0.44)
(ROLLAND 1956, n. 38) e, per le emissioni della zecca di
Saint-Rémy, 3 doppi coronati di Carlo II del 1298-1301 (PT,
Sigla
FM
PM
SAP
PR1
PR2
PR3
PT
PSC
SC
FB
Contesto di rinvenimento
Finalmarina: “falde marine del Gottaro”
Passo del Melogno, loc. Pian dei Corsi
Castrum di S. Antonino di Perti
Perti: chiesa e cripta di S. Eusebio
Perti: area adiacente alla chiesa di S. Eusebio
Perti: territorio e provenienza indefinita
Finalborgo: Piazza del Tribunale
Finalborgo: Piazza S. Caterina
Finalborgo: chiostro di S. Caterina
Finalborgo: convento di S. Caterina e altre aree
Tipo di rinvenimento
Rinvenimento occasionale
Rinvenimento di superficie
Scavi stratigrafici
Scavi stratigrafici
Scavo stratigrafico
Rinvenimenti occasionali
Scavi stratigrafici
Scavi stratigrafici
Scavi stratigrafici
Rinvenimenti fuori contesto
Totale
A
3
1
1
2
1
8
B
2
2
2
4
45
25
4
6
90
Tab. 1 – Contesti finalesi con sigle di provenienza usate nel testo e tipo di rinvenimento delle monete
analizzate. Numero di monete: A- coniate tra fine VIII/IX sec. ed il 1139; B- coniate tra il 1139 ed il 1350.
PSC; gr 1.01, 0.87, 0.44; Fig. 1.7) (ROLLAND 1956, n. 43) e
2 piccoli rinforzati (?) di Roberto II, coniati nel 1318-1320+
(PSC; gr 0.38, 0.64) (ROLLAND 1956, n. 49; Bibliothèque
Nationale di Parigi R 965-1067). Infine è presente un denaro coronato coniato ad Avignone per Roberto d’Angiò nel
1330-1337 (FB, gr 0.82) (ROLLAND 1956, n. 53).
Pur nella mancanza di repertori editi riguardanti la circolazione di monete di questo periodo in Liguria, l’elevata
incidenza nel Finale di coniazioni della Contea di Provenza
esprime il favore incontrato da queste emissioni a titolo più
elevato rispetto ai concorrenti denari genovesi, che in questo periodo erano andati incontro ad un ulteriore svilimento
e ad una contrazione delle emissioni. Rapporti economici
del Finale con la Provenza sono attestati nel 1292 nelle convenzioni stipulate tra Genova ed il marchese Antonio Del
Carretto, in deroga alle quali i Finalesi potevano esportare
in Provenza «…lignamen pro butis seu vegetibus et tinis
factum in districtu dicti domini marchionis et circulos factos
et castaneas et poma natas in districtu dicti domini
Antonii…» (LIRG I/7 2001, doc. 1193). Occorre inoltre considerare l’espansione dell’influenza angioina sviluppatasi
in questo periodo nel Piemonte meridionale, che costituiva
il naturale retroterra del Finale.
A queste coniazioni di ambito francese si affiancano
monete del regno di Castiglia e Léon, con un denaro su sei
linee con marchio di zecca “stella”, coniato dopo il 1263/4
da Alfonso X (1252-1284) (PSC; gr 0.52; Fig. 1.8)
(HEISS I 1865, p. 6, pl. 39; ROMA VALDÉS 2000, pp. 181-5;
ALVAREZ BURGOS 1998, n. 234), un denaro coronato di
Sancho IV (1284-1295) della zecca di Burgos (PT; gr 0.72;
Fig. 1.9) (HEISS I 1865, pp. 44-45, pl. 5, nn. 4-14; ROMA
VALDÉS 2000, pp. 212-15; ALVAREZ BURGOS 1998, n. 296) ed
un piccolo modulo (obolo?) anonimo con raffigurazione del
castello, d’incerta attribuzione (PT; gr 0.23). Nonostante la
ricca documentazione riguardante i rapporti della Liguria
con la Spagna, nella regione non sono frequenti questi tipi
monetali, con l’eccezione di un gruppo di quarti di
Alfonso XI (1312-1350) e Pietro I (1350-1369) rinvenuti
nel cortile della zecca a Genova, probabilmente derivanti
da un gruzzolo disperso (BERTINO 1996).
Anche nel caso degli intensi rapporti commerciali della
Liguria con l’Italia meridionale bisogna constatare come i
repertori numismatici da stratigrafie liguri edite rispecchino solo in parte l’entità del fenomeno. Alle coniazioni dell’Italia meridionale anteriori alla metà del XIV sec. finora
attestate nel Finale appartiene un denaro gherardino emesso da Carlo II d’Angiò per Napoli nel 1300-1309 (PT;
gr 0.49) (CNI XIX.19-37; MEC 14.693), mentre alla dominazione aragonese sono riconducibili un pierreale in argento classe B3 (PT; gr 2.97; Fig. 1.10) (MEC 14.773-5) ed un
denaro di gruppo 3 (PT; gr 0.55) (MEC 14.780), coniati a
Messina sotto Federico III (1296-1337).
Infine, quale ulteriore espressione della grande eterogeneità della circolazione monetaria nel Finale medievale, di
grande interesse risulta il grosso del Regno di Cipro coniato
da Enrico II (1285-1324) (PR2; gr 3.83; Fig. 1.11)
(SCHLUMBERGER 1878, tav. VI.21). Esso rientra nelle emissioni
latine del Regno di Cipro, quando sotto Enrico II cessò la
coniazione di bisanti bianchi e furono introdotti grossi in argento, sul modello di quelli francesi, del peso iniziale di 4.65
gr, e frazioni di mezzo grosso (soldi o aspri di Cipro)
(LUNARDI 1980, pp. 279-80). Fonti notarili genovesi confermano la presenza a Famagosta tra il 1302 ed il 1309 di Finalesi, impegnati in transazioni commerciali basate sull’uso di
bisancii albi de Cipro (BALARD 1984; PAVONI 1987).
In conclusione, nel Finale solo a partire dal XIII sec. si
registra un progressivo incremento ed una maggiore diversificazione delle coniazioni attestate. Accanto ad un circolante
costituito da denari e mezzi denari, soprattutto genovesi ed
astigiani ma anche pisani, sono presenti monete a più elevato
potere liberatorio (quartarola genovese in oro e grossi di
Genova, Venezia, Pavia, Regno di Francia, Cipro) o monete
anche a buon titolo del Regno di Castiglia, della Contea di
Provenza e di Messina. I dati confermano comunque l’inserimento del Finale in quella che può essere definita l’“area
monetaria tirrenica”, che emerge chiaramente dal rinvenimento di ripostigli o di monete isolate provenienti da contesti
archeologici in Sardegna, Sicilia ed Italia meridionale.
I limiti insiti in questa comunicazione non consentono
una più approfondita analisi dei diversi contesti stratigrafici di provenienza e delle relative associazioni, che avrebbe
fornito ulteriori informazioni sulla cronologia e sull’effettiva durata in circolazione delle monete segnalate.
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia il Dott. Michel Dhénin, Conservateur en chef au
Département des Monnaies, Médailles et Antiques de la
Bibliothèque Nationale de France – Paris, per la lettura del denaro del Ducato di Normandia e per la valutazione delle monete
francesi e provenzali. Si ringrazia inoltre la Dott.ssa. Monica Baldassarri, Università di Pisa, per l’utile confronto sulle monete medievali esaminate in questo studio.
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G. MURIALDO, Circolazione monetaria medievale nel Finale