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Numero 215
06 Ottobre 2015
81 Pagine
SBK Magny Cours
Doppio Rea. Sofuoglu
e Savadori campioni
del mondo SS e STK
Articoli e pagelle
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Novità
Yamaha XVS 1300
Custom 2016
Quattro concept
Honda
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Nico Cereghini
Nessuno si fa male
da furbo
KTM 1290
SUPER DUKE
GT 2016:
TEST
ESCLUSIVO
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Suzuki GSX Concept a Tokyo | Honda Neowing, rivoluzione a tre ruote | M. Clarke I 3 cilindri quasi Ducati
di Borgo Panigale | MOTOGP: DopoGP. Il GP di Aragón | SBK: Superbike in crisi? Tre ingredienti per il successo
KTM 1290 Super Duke GT 2016
TEST ESCLUSIVO
KTM 1290 SUPER
DUKE GT 2016
KTM regala un’altra, fantastica esclusiva ai lettori di
Moto.it: abbiamo provato in Austria la nuova ammiraglia
della gamma KTM. La 1290 Super Duke GT offre infatti
il massimo della tecnologia disponibile a Mattighofen e
su strada ha un comportamento che entusiasma.
Arriverà a EICMA 2015
di Andrea Perfetti
Foto Heiko Mandl
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Prove
Media
C
he sorpresa! Francamente
non ce la aspettavamo. Ci
eravamo sorbiti sei ore di
auto (molto volentieri a dire
il vero) per mettere le mani
sulla nuova 690 Duke di cui
avete appena letto la prova su Moto.it. Nella
nostra testa la trasferta era tutta per lei. Lo dimostra in modo inequivocabile l’abbigliamento
giovane, che avevamo scelto per la brillante monocilindrica austriaca, con tanto di cattivissimo
casco da cross. Un po’ troppo sbarazzino per la
belva che avremmo avuto l’onore di guidare – a
nostra insaputa, avrebbe detto Scajola - di lì a
poco. In Austria infatti Thomas Kuttruf (responsabile della comunicazione per KTM) al nostro
arrivo ci ha accolti con una pacca sulla spalla,
preambolo di un regalo davvero speciale. Kutti
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ci ha infatti dato il fantastico privilegio di provare in anteprima assoluta la nuova ammiraglia
della KTM. Non è semplice descrivervi la nostra
emozione, pari almeno a quella di un bambino
davanti ai regali del Natale. L’oggetto del mistero
si chiama 1290 Super Duke GT e sarà presentato
a EICMA 2015, salvo arrivare presso i concessionari nella primavera del 2016. Della sua esistenza si vociferava già da alcuni mesi, ora possiamo
dirvi molto di più: com’è fatta e come va. Davanti
a noi si presenta in una veste quasi definitiva.
Mancano giusto gli ultimi affinamenti alle mappe e il nostro prototipo ha alcune assistenze alla
guida disinserite (l’MSR che aiuta a gestire il freno motore in scalata e il cambio elettroassistito
sono spenti, come pure il controllo di stabilità in
curva denominato MSC). Della livrea vi sarete già
accorti da soli: la nostra 1290 GT è camuffata dal
solito wrapping bianco e nero, che cerca di dissimulare le forme e che è tanto diffuso nel mondo
dei prototipi a quattro ruote.
KTM 1290 Super Duke GT 2016:
non chiamatela crossover.
Il frontale imponente della nuova KTM nelle foto
può trarre in inganno. La nuova KTM 1290 Super
Duke GT 2016 non ha nulla a che vedere con le
crossover, tipo BMW S1000XR o Ducati Multistrada. È invece in tutto e per tutto una moto
stradale semi carenata, provvista di un cupolino
protettivo e di una posizione di guida comoda
anche sulle distanze medio/lunghe. D’altra parte
la GT deriva dalla 1290 Super Duke R, una moto
nuda dalle prestazioni a dir poco eccezionali. La
KTM 1290 Super Duke GT 2016, come vi abbiamo anticipato, ha l’onere e l’onore di rivestire il
ruolo di ammiraglia della Casa di Mattighofen.
A lei spetta infatti il primato tecnologico in seno
alla fabbrica austriaca, se consideriamo il knowhow riversato dagli ingegneri sia sotto il profilo
meccanico sia sotto quello elettronico. La GT
si pone un gradino sopra la 1290 Super Adventure. Rispetto a questa, che costa 18.450 euro,
possiamo ipotizzare quindi un prezzo superiore
(circa 19.000 euro), che verrà comunque comunicato il prossimo anno.
Di serie c’è tutto, comprese le
sospensioni semi-attive
La KTM 1290 Super Duke GT 2016 si presenta
con una dotazione completissima, non manca
davvero nulla per soddisfare sia lo smanettone
sia il turista incallito. Dal punto di vista tecnico
ritroviamo il motore LC8 bicilindrico (1.301 cc).
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a questo sistema sia il controllo di trazione che
l’ABS funzionano al meglio anche ai massimi
angoli di piega. Sempre a proposito di ABS, questo può essere settato su quattro impostazioni:
Street, Sport, Rain e Supermoto (quest’ultimo
col freno posteriore libero). Unici optional previsti saranno l’Hill-Hold Control (HHC), che agevola le ripartenze in salita, e il Motor Slip Regulation
(MSR), che migliora la risposta del freno motore
in scalata.
La nostra prova: GT fenomenale
Dove vuole andare KTM? Prima industria motociclistica europea nel 2014 (con la bellezza di
158.760 moto prodotte), nel 2016 presenta la
sua nuova ammiraglia e nel 2017 scenderà nella
tostissima arena della MotoGP. A Mattighofen
fanno sul serio e la KTM 1290 Super Duke GT è
qui per dimostrarlo con una certa dose di insolenza. È vero, si tratta ancora di un prototipo,
Rispetto alla Super Duke R la GT presenta nuove
teste e una termodinamica rivista per migliorare
la combustione, i consumi e per ottenere una risposta del motore ancora più dolce se paragonata a quella della naked. Di pari passo sono state
riconfigurate anche le mappature del motore;
questo lavoro consente alla nuova GT di rispettare la normativa Euro 4 (in vigore dal 2016). Il
telaio è fedele al traliccio in acciaio, ma ci sono
importanti modifiche da segnalarvi. La parte anteriore è riprogettata al fine di ospitare la carena
e il nuovo faro (provvisto di luce diurna a LED
automatica). Il telaio posteriore in alluminio è più
lungo e più basso, in questo modo si rivela idoneo a trasportare con più confort il passeggero
e a reggere le due borse laterali (i cui attacchi
sono presenti di serie, ma ben celati alla vista).
L’attitudine al turismo è confermata dalle nuove
selle, più ampie, e dal manubrio che consente di
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Prove
ma su strada va già meravigliosamente bene. La
posizione di guida è più sportiva rispetto a quella
della 1290 Super Duke R, perché l’avantreno risulta più caricato ed è di conseguenza più rigoroso nel mantenere la linea anche alle alte velocità.
Tutti i comandi sono morbidi come il burro. In
particolare abbiamo apprezzato il cambio estremamente preciso e l’acceleratore elettronico
che dona un controllo dolce e diretto del potente
bicilindrico. La corrispondenza tra polso destro e
risposta del motore è spettacolare, tanto che si
entra in sintonia subito con i circa 180 cavalli del
twin, erogati a meno di 9.000 giri. A questo sommate pure la coppia da rimorchiatore, che sfiora
i 15 chilogrammetri a 6.500 giri. L’elettronica del
nostro prototipo è già a punto e rende facile e
gustoso gestire l’LC8 V2 di 75°. Le nuove teste e
le nuove mappe consentono di riprendere senza
uno strappo da circa 2.000 giri, ma basta toccare quota 2.500 per entrare nella dimensione
caricare maggiormente l’avantreno rispetto alla
Super Duker R. Di serie troviamo anche le manopole riscaldate, il cupolino regolabile (senza l’ausilio di attrezzi), il cruise control e gli indicatori di
direzione a LED integrati nella carena e dotati di
spegnimento automatico. Se poi analizziamo gli
ingredienti che rendono la guida più appagante,
ma anche più sicura, c’è da leccarsi i baffi. La GT
vuole essere una ammiraglia e si porta dietro una
dote completa. Ci sono infatti il cambio assistito elettronicamente (a salire di marcia), i riding
mode (Sport, Street, Rain) e le sospensioni WP
semi-attive con quattro diverse impostazioni. Lo
scarico è inedito e dotato di valvola a comando
elettronico, utile per ridurre il rumore ai regimi
bassi. La sicurezza attiva è ai massimi livelli e
conta dell’MSC, vale a dire il controllo di stabilità sviluppato proprio dalla KTM insieme a Bosch
(debuttò sulla 1190 Adventure nel 2014). Grazie
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bestiale della nuova KTM 1290 Super Duke GT.
Da questo regime la GT prende in giri come una
vera bestia, con un crescendo imperioso e costante che conquista. La trazione gode del controllo elettronico ulteriormente implementato,
che dà veramente tanta sicurezza e tranquillità
anche con potenze di questo livello. La nostra
1290 è equipaggiata con le Pirelli Angel GT,
davvero adatte a sopportare anche lo tsunami
di coppia del bicilindrico kappa. Le sospensioni
semi-attive si adattano con immediatezza allo
stile di guida del pilota; l’effetto anti-dive, ad
esempio, è chiaramente percepibile e inibisce
l’affondamento della forcella nelle frenate sportive, chiudendo i registri idraulici. Non possiamo
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Prove
giudicare il comportamento sullo sconnesso,
perché nella nostra giornata austriaca abbiamo
solcato solamente – bontà loro – asfalti pressoché perfetti. Giudizio positivo anche per la frenata fornita dall’ottimo impianto Brembo, dotato
di pinze monoblocco ad attacco radiale M50. La
modulabilità è sempre facile, nonostante la potenza decelerante sia semplicemente mostruosa. Ok, il DNA sportivo “ready to race” è salvo.
Ma la sigla GT c’azzecca? Sì e pure tanto. La protezione dall’aria è infatti ottima anche a velocità
autostradale (a proposito, in sesta a 130 orari il
motore sonnecchia a circa 3.000 giri) e la nuova
carenatura ha il pregio di riparare anche buona
parte delle gambe del pilota.
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Non ci sono vibrazioni fuori posto, la sella è ben
imbottita e permette di passare tanto tempo
sulla GT. Meglio così, perché la risposta del nuovo LC8 crea parecchia dipendenza ed è un vero
peccato restituire la nostra GT camuffata a fine
giornata. Ma lei era solo un prototipo, presto la
riproveremo in versione definitiva.
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ABBIGLIAMENTO
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Casco Nolan
Giacca Dainese
Jeans OJ
Guanti OJ
Scarpe Dainese
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News
YAMAHA XVS 1300 CUSTOM 2016
IN MATT GREY
La cruiser estrema di casa Yamaha si aggiorna per il 2016 cambiando
colore d’abito e conservando la sua impostazione chopper
N
ella gamma colori 2016 della Yamaha
XVS 1300 Custom, lanciata nel 2014,
sparisce il nero e arriva una nuova
colorazione in grigio opaco. Confermate in toto la forcella fortemente inclinata in
stile chopper, il motore v-twin raffreddato a liquido da 1.304 cc, 73 cavalli di potenza e dalla
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coppia generosa (10,5 kgm a soli 3000 giri), il
lungo telaio basso, la trasmissione a cinghia e la
ruota anteriore da 21 pollici. Quest’ultima, la sella
basa e il manubrio rialzato rendono la cruiser di
casa Yamaha il modello più estremo della serie
custom. L’attuale prezzo, che parte da 11.490
euro, non dovrebbe subire variazioni di rilievo.
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News
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QUATTRO NOVITÀ HONDA
AL TOKYO MOTOR SHOW
Ecco i primi quattro dei nuovi modelli che Honda porterà al 44° Tokyo
Motor Show. L’evoluzione della CB 1100, due Super Cub e uno
scramblerino su base Grom
L
a CB 1100 venne lanciata proprio al
Salone di Tokyo del 2009 e ora, in vista dell’edizione numero 44 che aprirà
il prossimo 29 ottobre, ci ritorna con
una serie di aggiornamenti che la rendono ancora più classica nell’impostazione. Al noto motore raffreddato ad aria sono stati abbinati fari a
led. A Tokyo, da sempre occasione per mostrare
veicoli di studio, ci saranno anche due versioni
del famoso Super Cub, ovvero la piccola moto
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più venduta di sempre mondo con 88 milioni di
esemplari, di cui una (siglata EV) con motore
elettrico, e poi un curioso Scrambler 50 su base
Grom e sempre in versione studio di stile. Del
concept Neowing abbiamo già scritto, mentre è
atteso anche un altro concept sportivo sulla base
della CBR 250 RR.
Vi terremo aggiornati sulle altre novità che si conosceranno prima della manifestazione espositiva.
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News
SUZUKI GSX CONCEPT
(E SCOOT HUSTLER) A TOKYO
Uno scooter e l’idea di quella che sarà la prossima serie GSX (RR?)
sono due anteprime Suzuki in vista del prossimo Tokyo Motor Show
A
ttorno alla futura GSX-R si fa un gran
parlare, tanta è l’attesa dopo il ritorno di Suzuki nella classe MotoGP. Al
44esimo Tokyo Motor Show di fine
ottobre ci saranno alcune novità targate Suzuki,
e un paio sono già trapelate.
La più interessante ma ancora molto abbozzata,
e crediamo sia volutamente soltanto un primo
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segnale, riguarda una futura GSX rappresentata
da un concept di stile che Suzuki dedica all’allargato mondo GSX, dalla R, alla S e fino all’Hayabusa.
Qualcosa che prefigura una moto se non una
futura famiglia di modelli. Il secondo modello
si chiama invece Scoot Hustler, ed è il concept
di uno scooter 50 studiato per la versatilità del
trasporto. Possiede infatti un capiente vano sottosella, con seconda apertura anteriore nel caso
di ingombri maggiori, mentre la pedana piatta
può ospitare un particolare bauletto di forma
quadrata. Restiamo in attesa di altre novità, da
qui all’apertura dello Show di Tokyo, perché siamo certi che in Suzuki non si fermeranno a queste due proposte.
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News
quattro cilindri boxer termico (da qui il richiamo
nel nome alla celebre Goldwing) abbinato a due
motori elettrici per fornire una coppia elevata e
quindi incrementare le doti di accelerazione. Si
tratta di un concept da Salone, ma in ogni caso
conferma l’interesse di Honda verso questa categoria di veicoli e verso la trazione ibrida.
HONDA NEOWING
RIVOLUZIONE A TRE RUOTE
Sarà presentato al Tokyo Motor Show questo innovativo tre ruote
basculante con motore ibrido: boxer quattro cilindri ed elettrico.
Un concept che conferma l’interesse di Honda verso questa categoria
di veicoli
P
oche righe del comunicato anticipano
il concetto del nuovo Honda Neowing.
“E’ un veicolo a tre ruote senza precedenti, che offre in curva le stesse sensazioni di una moto sportiva e in più una stabilità
e una accelerazione elevata”.
Questo concept sarà presentato all’imminente
Tokyo Motor Show, è il primo tre ruote di questa
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concezione presentato da Honda, artefice delle
due ruote posteriori già molti anni fa con gli scooter della serie Gyro introdotti a partire dai primi
Anni 80.
Questa volta si tratta però di un veicolo con due
ruote anteriori basculanti e di grande diametro, mentre la motorizzazione, che sfrutterebbe
una trasmissione semi automatica, verte su un
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Iniziativa
IED Design Milano, e Giacomo Bertolazzi, Coordinatore IED Design Milano. Per BMW Motorrad
hanno illustrato l’importante collaborazione Andrea Ferrari (Responsabile Marketing BMW Motorrad Italia), Alberto Marazzini (Product Marketing BMW Motorrad Italia) e Andrea Frignani
(Responsabile Comunicazione BMW Motorrad
Italia). Andrea Perfetti e Guido Cavallini hanno
invece spiegato agli studenti il ruolo di Moto.
it, che seguirà il loro percorso di studio passo
passo anche attraverso una produzione video di
alto livello, necessaria per illustrare ai lettori del
nostro network l’accuratezza dei loro elaborati.
Il netowork di Moto.it/Automoto.it comprende
le pubblicazioni su Yahoo, MSN, Windows 10 e
Lastampa.it (canale motori). Gli studenti hanno accolto con entusiasmo e grande attenzione
la nostra proposta di tesi. BMW Motorrad è un
partner di grande appeal per i ragazzi che studiano marketing e scenografia degli eventi; Moto.it
metterà a disposizione un palcoscenico unico e
privilegiato per far conoscere il frutto del loro lavoro di tesi alle aziende e ai nostri lettori.
MOTO.IT E LO IED INSIEME A BMW
PER LE TESI DI LAUREA 2016
di Andrea Perfetti | Moto.it sarà ancora al fianco dello IED di Milano per
raccontare le tesi di laurea del 2016. Gli studenti saranno chiamati a
elaborare un affascinante progetto legato a una nuovissima moto che
BMW presenterà nei prossimi mesi
S
iamo felici di annunciare ai nostri lettori che la collaborazione tra la nostra
testata e lo IED di Milano si rinnova
anche per le tesi che verranno discusse nel 2016. Moto.it affiancherà gli studenti dei
corsi di design e di scenografia degli eventi, che
saranno chiamati a elaborare progetti di tesi con
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un partner eccezionale. BMW Motorrad Italia è
infatti scesa in campo per affidare ai giovani studenti un lavoro ambizioso, che li vedrà concentrati su una novità assoluta, un nuovo modello
che vedrà la luce nei prossimi mesi. Il progetto
di tesi 2016 è stato presentato agli studenti il
28 settembre da Alessandro Chiarato, Direttore
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non costringano ad ipotecare la casa, e limitate a
due decenni – gli anni 80 e 90 – in cui del resto
si sono concentrate tantissime delle moto più
significative della storia. Andiamo a vedere cosa
abbiamo scelto. Naturalmente in ordine alfabetico…
BMW R 80 G/S Paris-Dakar
LE 5 MOTO (PIÙ UNA)
CHE NON POTRESTE NON AVERE IN
GARAGE SE VINCESTE LA LOTTERIA
E’ nato tutto da lei. Senza quella prima BMW R 80
G/S non esisterebbe l’attuale 1200, ma soprattutto forse le maxienduro di oggi – ammesso che
oggi comunque esistessero – sarebbero molto
diverse da quelle che vediamo invece sulle strade
di tutti i giorni. Nata quasi per caso, grazie all’intuizione dei tecnici BMW e alle gesta sportive di
personaggi come il mitico Herbert Scheck e Laslo Perez, la prima Gelande/Strasse (leggi “fuoristrada/strada”) è diventata immediatamente
leggenda grazie alla Paris-Dakar, il rally nascente
che ha consacrato il mito della BMW boxer e di
Gaston Rahier ,che per due volte la fece arrivare
per prima sulle sponde del celebre lago (salato)
Rassegne
rosa senegalese. La versione Paris-Dakar, con
il suo serbatoio maggiorato nell’inconfondibile
livrea BMW Motorsport e l’autografo di Gastonnette, è l’epitome della prima generazione della
G/S. Ed è quella che nessun motociclista, anche
quelli che detestano le bicilindriche della casa
bavarese, o non concepiscono moto senza semimanubri corti e spioventi, può permettersi di non
avere in un garage da sogno.
Ducati 916 SPS
E’ la massima espressione della moto che ha definito gli anni 90, prima che 996 e 998 ne “contaminassero” il nome ed in parte l’estetica. Poche
moto come la Ducati 916 SPS hanno popolato
l’immaginario collettivo dei motociclisti sportivi, perché a parte qualche irriducibile detrattore
filonipponico, quasi tutti ne hanno riconosciuto
il valore di zenit delle moto sportive della seconda metà degli anni 90. Dopo sono venute altre
Ducati a sostituirla, e la concorrenza giapponese l’ha costretta all’aumento di cubatura per
di Edoardo Licciardello| Cosa ci sarebbe nel vostro garage virtuale?
Dipende tutto dalla disponibilità economica. Ecco una nostra rassegna
su come spenderemmo i soldi di una vincita… rilevante ma non
impossibile
O
gnuno di noi ha i suoi sogni motociclistici nel cassetto – quante volte
avrete parlato con gli amici di un
garage virtuale, in cui riunire tutte
le moto che vi hanno fatto (e vi fanno ancora) sognare, magari discutendo perché voi ci vorreste
a tutti i costi quella Yamaha lì, mentre il vostro
amico sostiene che non capite un accidente perché al suo posto ci dovrebbe stare quella Ducati
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là? Abbiamo pensato di proporvi il nostro garage
virtuale (certi che gran parte di voi contesteranno le nostre scelte, ma è il bello di questi servizi!),
che allestiremmo se… vincessimo una bella cifra
alla lotteria. Non una cifra di quelle che cambia la
vita, ma che consente di togliersi qualche sfizio.
Per questo motivo abbiamo preso in considerazione modelli pregiati ma ancora relativamente
reperibili sul mercato, e soprattutto a prezzi che
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sfruttare appieno anche nel modello di serie (la
racing era da tempo ben più “cilindrata”) il vantaggio concesso dal regolamento Superbike. Ma
è stata la base di quattro dei cinque titoli conquistati dalla Ducati di Tamburini, e pochi modelli come la 916 possono vantare l’impatto che
questa moto ha avuto sugli anni 90. E la SPS del
1998, con i quaranta e passa milioni di lire che
costava, è la “più 916” di tutte…
Honda VFR 750R RC30
Forse non c’è nemmeno bisogno che vi spieghiamo il perché abbiamo incluso la Honda RC30
in questo garage perfetto: se c’è una moto che
metterà d’accordo tutti in questa nostra rassegna è sicuramente la V4 della Casa di Tokyo.
Quando è arrivata, ai saloni autunnali del 1987
come modello 1988, ha dato origine ad un vero
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e proprio segmento, quello delle Homologation
Specials. Nata solo ed esclusivamente per correre, serviva da base per i team di tutto il mondo
impegnati nei campionati per derivate di serie.
Veniva assemblata a mano negli stabilimenti dell’HRC, e per usare un espressione colloquiale era
“avanti quindici anni” rispetto alla concorrenza.
Ha fatto la fortuna di tanti piloti, perché fino al
1994 – quando è arrivata la RC 45, che non ha
avuto né lo stesso fascino né lo stesso successo, nonostante fosse altrettanto sofisticata e a
modo suo rivoluzionaria – ha permesso a tantissimi di correre spendendo cifre relativamente
umane, perché non si rompeva mai e continuava
ad andare forte.
Ancora adesso si guiderebbe bene, e siamo convinti che direbbe ancora la sua anche in pista, se
non fosse per quel maledetto cerchio posteriore
da diciotto pollici che limita la scelta di gomme.
Curiosità: è stata la prima moto targata a montare la frizione antisaltellamento.
Kawasaki GPz 900R
Se si attribuisce quasi universalmente il primato del concetto di UJC (Universal Japanese Motorcycle, ovvero lo schema tecnico portato avanti dalle case del Sol Levante dal 1967 ad oggi con
un quattro cilindri in linea montato trasversalmente nel telaio) alla Honda CB 750 Four, pochi
si azzardano a negare alla Kawasaki GPz 900R il
titolo di prima supersportiva moderna della storia (perlomeno a quattro cilindri) .
Potentissima con i suoi 115 cavalli, è stata la
moto che dopo decenni di stasi ha fatto crollare record velocistici ritenuti intoccabili: con
il suo quadricilindrico in linea a sedici valvole
Rassegne
raffreddato a liquido (il primo mai montato su
una moto di serie) è stata la prima moto ad infrangere la barriera dei 240 km/h effettivi, ed
anche ciclisticamente ha rappresentato un netto
balzo in avanti.
Non a caso, la GPz ha conquistato al debutto una
storica doppietta al Tourist Trophy.
Carisma ed importanza della GPz sono risultati
tali che, anche con l’arrivo delle eredi, dalla GPz
1000RX, ZX-10R e poi ZZ-R 1100, è rimasta a listino, costantemente aggiornata, fino al 1993 in
Europa. In Giappone, però, Kawasaki ha continuato a produrla fino al 2003, ma con cerchi da
17 pollici.
Il nostro garage virtuale non potrebbe mai essere completo senza una GPz 900R della prima
serie, con i cerchi da 16” davanti e 18” dietro, per
importanza e valore storico.
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Yamaha YZF-R1
Gli anni 90 sono stati una vera e propria età d’oro
per le supersportive, ma soprattutto, se si pensa
alle sole giapponesi, è impossibile sottovalutare
la Yamaha YZF-R1 del 1998. Presentata al salone
di Milano assieme a un capolavoro come la MV
Agusta F4 750 e ad un modello importantissimo
come la bicilindrica Aprilia RSV Mille, fece scalpore come nessuna giapponese era stata capace
di fare dai tempi della Fireblade, dividendo attenzioni e gusti del pubblico. Affilatissima, leggera e
potente – è stata la prima a vantare un rapporto
peso/potenza di 1:1, pur con un certo ottimismo
nel valore dichiarato per la cavalleria – era molto impegnativa nella guida sportiva, ma la cosa
non frenò il suo successo. Anzi, contribuì ad aumentare il fascino di una moto estrema nella sua
sportività, che richiedeva piloti veri per trarne il
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Rassegne
era – almeno stando a Suzuki – la moto di serie più veloce del mondo. Lo rimase per poco,
perché di lì a breve arrivò la già citata Kawasaki
GPz 900R ad inaugurare la vorticosa corsa alle
superprestazioni degli anni 80, ma la sua linea
– che evolvette poi nei concept Falcorustyco e
Nuda di metà decennio – è a tuttora considerata
uno dei migliori esempi di design funzionale della storia. Non potete farne a meno, soprattutto
ora che Suzuki sta per rispolverarne nome e (in
parte) estetica…magari riproponendo in chiave
aggiornata l’ambizioso progetto Strathosfere
1100 a 6 cilindri, presentato al Tokio Motor Show
nel 2005 e confermato nel 2007 come prossimo
alla produzione. Cosa, come sappiamo, mai successa.
meglio nella guida in pista. Su strada si rischiava
tanto anche solo a solleticarne il potenziale. E’ la
più economica della nostra rassegna, ma è facile
che lo resti per poco – fra poco sarà pronta per
entrare nel registro storico FMI, e pur in assenza,
al momento, di agevolazioni fiscali, le quotazioni
saliranno inevitabilmente. Ben gommata, è ancora attuale e divertentissima da guidare.
La più una: Suzuki GSX-S 1100 Katana
Non potevamo lasciarla fuori dal nostro garage
da sogno: quando è apparsa all’IFMA di Colonia,
nel 1980, la Suzuki Katana (o GSX 1100S - affiancata alla gemella da 750 cc - nella nomenclatura ufficiale della Casa di Hamamatsu) ha fatto
invecchiare di colpo tutto il resto. Disegnata dal
tedesco Hans Muth di Target Design, la Katana
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Tecnica e storia
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Il tricilindrico progettato dalla Ricardo per la Ducati è esposto al museo della casa bolognese. Aveva il raffreddamento ad acqua, la distribuzione
bialbero comandata da una cinghia dentata e sei condotti di scarico
I 3 CILINDRI QUASI DUCATI
DI BORGO PANIGALE
di Massimo Clarke | Storia, tecnica, e indiscrezioni, di due interessanti
tricilindrici “ducateschi” costruiti alle porte di Borgo Panigale, anche nel
tempo libero, da chi in Ducati ci lavorava
D
iciamolo subito, nessuno dei due è
nato dentro la Ducati. Uno è stato
progettato in Inghilterra, su incarico
della direzione generale della casa
bolognese, mentre l’altro ha visto la luce a Bologna, concepito e costruito da ducatisti purosangue all’esterno dello stabilimento di Borgo Pani30
gale. Si tratta di due motori a tre cilindri in linea,
molto diversi uno dall’altro in quanto a soluzioni
costruttive anche se realizzati nello stesso periodo. Il primo, esposto nel bellissimo museo Ducati, è un 350 da Gran Premio raffreddato ad acqua e con distribuzione (non desmo!) bialbero a
quattro valvole per cilindro. Disegnato all’interno
Questo 350 da GP a dodici valvole, richiamate da molle a elica cilindrica, aveva la testa e il blocco cilindri in un’unica fusione.
Costruito nei primi anni Settanta, ha fornito risultati deludenti e non è uscito dalla stadio di prototipo
del famoso ente di ricerca e consulenza Ricardo
nel 1971, pare sia stato assemblato a Bologna. Sicuramente a Borgo Panigale è stato effettuato lo
sviluppo, che si è rivelato decisamente laborioso.
Il motore, dotato di un sistema di iniezione meccanico, avrebbe dovuto erogare quasi 80 cavalli
ma la prima volta che è stato messo al banco ne
ha prodotti meno della metà. Dopo un impegnativo e prolungato lavoro di messa a punto, che ha
visto anche il passaggio alla alimentazione a carburatori, si è arrivati a circa 50 cavalli; la potenza
era cioè inferiore a quella della quale disponeva
una Yamaha 350 in libera vendita ai piloti privati, moto che inoltre era anche notevolmente più
leggera. Tra la fine del 1972 e l’inizio del 1973
l’idea di gareggiare con questo tricilindrico, sicuramente non molto amato dai veri ducatisti, è
stata finalmente accantonata. All’inizio degli
anni Settanta la direzione della Ducati aveva varato un programma che aveva come obiettivo la
realizzazione di due moto da Gran Premio. La
500 doveva essere azionata da un bicilindrico
con architettura a L (ciò avrebbe contribuito a
lanciare la 750 di serie di imminente presentazione) e sarebbe stata disegnata e realizzata all’interno della azienda da Taglioni e i suoi più stretti
collaboratori. Ciò è accaduto nei tempi previsti e
la 500 ha corso, anche se non è stata in grado di
incrinare la supremazia della MV Agusta. Per la
350 si era invece pensato a qualcosa di nuovo,
che rompesse con i tradizionali canoni tecnici
della casa e sfruttasse al meglio le più recenti soluzioni impiegate sulle auto da competizione. C’è
da chiedersi per quale ragione sia stata scelta la
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Il motore tricilindrico realizzato da Cavazzi e Farnè aveva una cilindrata di 750 cm3,
ottenuta con le tradizionali misure Ducati: 74 x 57,8 mm. La distribuzione era monoalbero
Ricardo per il progetto e non una azienda specializzata nei motori di altissime prestazioni come
la Cosworth. Forse questo è dipeso dal fatto che
all’epoca la Ducati era una azienda statale e che
alcuni dei suoi dirigenti erano stati mandati lì per
ragioni più che altro politiche e non avevano né
passione né competenza in campo motociclistico. Magari cercavano di fare del loro meglio,
ma le moto, specialmente se da competizione,
non erano esattamente pane per i loro denti…
Il motore progettato dalla Ricardo aveva la distribuzione comandata da una cinghia dentata
collocata lateralmente. Tra le sue caratteristiche
più interessanti, in quanto al di fuori degli schemi
usuali, vi era la testa realizzata in un’unica fusione con la bancata dei cilindri. Spiccavano anche
i sei condotti di scarico (uno per ogni valvola, ossia due per ciascun cilindro).
Il Tre in linea di Farnè e soci
La storia dell’altro tricilindrico in linea di questo servizio è completamente diversa. Si tratta
32
infatti di un motore nato dalla grande passione di
alcuni personaggi che hanno fatto la storia della
Ducati, che lo hanno ideato e costruito nel tempo libero. Una volta terminato il normale orario
di lavoro nello stabilimento di Borgo Panigale,
si cambiava ambiente e si cambiavano i motori,
ma sempre di moto si trattava. E sempre strettamente legate alla Ducati. Spesso si trattava di
modelli di serie da preparare per impiego agonistico. In questo caso però, dato che in fabbrica si
parlava di un tricilindrico (il 350 da GP e si ventilava la possibilità di realizzare moto stradali con
questo frazionamento), perché non realizzarne
uno per vedere come andava? È stato così che
Franco Farnè e Piero Cavazzi (detto il “re della
fresa”) hanno varato il loro progetto, con il valido
supporto del disegnatore Mazzanti. Come si può
vedere nelle foto, il basamento è di chiara scuola giapponese. In effetti si è partiti da un motore
tricilindrico 750 Kawasaki da competizione, gentilmente fornito da Paul Smart, del quale alla fine
sono rimasti il cambio, la trasmissione primaria
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Tecnica e storia
La vista frontale del tricilindrico di Cavazzi e Farnè, che è arrivato a erogare ben 116 cavalli, consente di osservare la disposizione
laterale della cinghia di comando dell’albero a camme. Venivano impiegate due candele per ogni cilindro
e il semicarter inferiore. Tutto il resto è stato realizzato ex-novo. Per quanto riguarda la testa,
dopo avere tracciato i disegni quotati sono stati costruiti i modelli e quindi si è provveduto alla
colata in terra.
I cilindri invece sono stati ricavati dal pieno, mediante lavorazioni alle macchine utensili effettuate da Cavazzi. Debitamente alettati, sono in
lega di alluminio e hanno la canna in ghisa installata con interferenza. L’albero a gomiti e le bielle
sono stati realizzati appositamente per questo
motore, e non è stata una cosa semplice.
Per la distribuzione si è fatto ricorso alla consueta soluzione Ducati dell’epoca, con un unico albero a camme (che in questo caso viene azionato da una cinghia dentata posta sul lato sinistro)
e due valvole per cilindro, a comando desmodromico.
La pompa dell’olio è stata per forza di cose collocata esternamente (all’interno del basamento,
dimensionato in origine per un motore a due
tempi, non c’era posto) e viene comandata essa
pure per mezzo di una cinghia dentata. Il motore
ha una cilindrata di 750 cm3 e le misure caratteristiche sono quelle classiche dei monocilindrici
250 di Borgo Panigale (impiegate poi anche sul
Pantah 500), con un alesaggio di 74 mm e una
corsa di 57,8 mm.
Questo tricilindrico, che ha visto la luce nel 197273, al banco ha fornito risultati molto interessanti; pare infatti che abbia erogato 116 cavalli a un
regime di 11.800 giri/min, mentre i contemporanei bicilindrici Ducati della stessa cilindrata,
sempre in versione corsa, ne producevano 8590. Purtroppo non c’è stato un seguito.
La Ducati ha puntato tutto sui bicilindrici e ha
varato un programma di sviluppo di una serie di
nuovi modelli; per il reparto esperienze è quindi
iniziato un periodo di attività molto intensa. E poi,
dopo l’orario di lavoro c’erano da seguire le moto
portate in pista dalla mitica scuderia NCR. Farnè
e Cavazzi non avevano più tempo per dedicarsi
ad altro. Il loro tricilindrico è stato così accantonato, ma fortunatamente esiste ancora.
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esercito di esibizionisti, che con le moto non ha
poi spesso molto a che fare. Detto questo, tra le
cose buone viste in Piazza San Babila e allo Spirt
de Milan – non a caso lo stesso luogo che soltanto qualche ora prima aveva ospitato uno dei
party più esclusivi della fashion week – merita di
certo di essere posta l’attenzione sulla crescente
partecipazione femminile. Intendiamoci, le donne in moto non fanno più notizia da tempo. Quello che fa notizia, al contrario, è che anche loro
stiano cominciando a vivere le due ruote come
un fenomeno che ha a che fare con la moda e
con le nuove tendenze. La moto, tanto per capirsi, sta sostituendo in qualche modo quel ruolo
che in passato è stato proprio di alcuni modelli di
auto. E, mi perdonino le motocicliste di vecchia
data, si tratta di una rivoluzione che è in grado
di aprire scenari davvero inediti, in termini di volumi di vendita e di influenze sul mercato. Fino
ad ora, infatti, le donne in sella rappresentavano
davvero un’esigua minoranza e, soprattutto, si
approcciavano al mondo della moto con un atteggiamento molto maschile. Il famoso mito del
Il fighetto
motociclista che in cima al passo si toglie il casco rivelando di essere una biondona da restarci secco, lo ricordate? Fino ad ora, le donne che
guidavano una moto erano come le donne che
giocavano a calcio: sportive, indipendenti, spesso distanti – nel bene e nel male – da una certa
idea di femminilità piuttosto omologata. Ebbene,
l’impressione è che, pur se ancora lentamente,
la moto stia cominciando a diventare un oggetto capace di attirare l’attenzione anche del resto
dell’universo femminile. Si tratta di un processo
che, al solito, è partito da chi è più attento alle
nuove tendenze.
In questo senso, hanno oramai qualche anno alcuni progetti fotografici indipendenti – mooolto
fighetti – riguardanti proprio la moto “al femminile”, così come alcuni blog e svariate iniziative
dello stesso tenore. Ora quel tipo di immaginario
sta cominciando ad attecchire anche su di un
pubblico più eterogeneo e, di qui a breve, potrebbe avere una definitiva consacrazione anche sul
mercato di massa. Moto is the new Mini, insomma? Staremo a vedere.
DISTINGUISHED GENTLEMAN’S RIDE
MOTO IS THE NEW MINI?
di Alberto Capra | La Distinguished Gentleman’s ride offre spunto per
una riflessione sulla diversa percezione della moto da parte del pubblico
femminile. Nuova icona di stile?
L
a scorsa domenica si è “corsa”, fra
le strade di numerose città in tutto il
mondo, la Distinguished Gentleman’s
Ride, la sfilata ideata per la raccolta
di fondi a supporto della ricerca sul cancro alla
prostata. Un appuntamento imperdibile per ogni
fighetto che si rispetti e che, in quel di Milano,
non ha mancato di trasformarsi in una gara a chi
34
la sparava più grossa – ovvero a chi si vestiva
nella maniera più eccentrica (dove eccentrico il
più delle volte coincideva con imbarazzante). La
popolarità sempre maggiore che questo evento
ha saputo guadagnarsi nel corso dell’anno passato e la presenza delle sfilate, nella settimana
che l’ha preceduto, hanno creato infatti un cocktail letale, capace di attirare un vero e proprio
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se l’ANCMA in Italia acquistasse la fiera EICMA.
Nel caso dell’AIMExpo la notizia è davvero interessante perché quest’ultima svolta potrebbe
essere la chiave definitiva per riaprire il mercato di cui dicevo sopra, con il fronte dei costruttori finalmente unito a supportare uno specifico
evento. Qualcosa che da queste parti non si è
praticamente mai vista. Per quanto mi riguarda,
domenica sono rientrato in California e lunedì ho
subito “celebrato” con una puntatina alla pista di
Milestone, dove ho pizzicato Mike e Jeff Alessi,
Will Hahn e Justin Bogle che stavano testando in
vista della Monster Energy Cup di metà ottobre.
Mike e Jeff Alessi saranno assieme nel Team Motoconcepts, che per il 2016 userà moto Honda al
On the road
posto delle Suzuki. Tony Alessi, papà di Mike e
Jeff, mi ha detto che lo scorso anno Suzuki non
li ha mai voluti aiutare in alcun modo perché la
livrea scelta per la moto, completamente bianca,
andava contro le linee guida imposte dal Giappone.
Sul fronte Kawasaki non sono riuscito a strappare alcuna conferma sul fatto che per il 2016
Eli Tomac salirà sulle verdi, ma il comunicato
ufficiale dovrebbe arrivare a brevissimo. Justin
Bogle, che a sua volta sembrava in procinto di
passare alla Kawasaki, resterà invece al Team
GEICO Honda Factory Connection, passando
però sulla 450, seguendo l’esatto percorso che
Tomac ha fatto nel 2014 e 2015.
RIDE IN THE USA
TOMAC E LA KAWASAKI
di Pietro Ambrosioni | Non sono riuscito a strappare alcuna
conferma sul fatto che Eli Tomac salirà sulle verdi, ma il comunicato
ufficiale dovrebbe arrivare a brevissimo. Intanto Mike e Jeff Alessi
guideranno le Honda al posto delle Suzuki
Q
uesta settimana non ho molto da
segnalare. Il mercato USA si è un
po’ assopito e da parte delle Case
e degli operatori c’è grande attesa
per la terza edizione della AIMExpo
di Orlando, l’unica vera fiera di settore in America. La speranza è che finalmente lo show possa
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fare da dinamo e rilanciare il mercato, soprattutto coinvolgendo i dealer tradizionali, che ormai
da anni, per mille motivi, hanno un po’ “dropped
the ball” come si dice qui. Vedremo. Nel frattempo la notizia clamorosa è che la fiera è stata
venduta al MIC, il Motorcycle Industry Council:
in pratica, se vogliamo fare un paragone, è come
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NICO CEREGHINI
NESSUNO SI FA
MALE DA FURBO
E’ una regola che va imparata il
più presto possibile: tutti noi ci
infortuniamo da stupidi, per
distrazione o faciloneria.
Concordate? Una eccezione: lo
strano caso di Bonera che si
ruppe il femore senza cadere
Media
C
iao a tutti! Una
delle cose che
un buon motociclista deve sapere, e prima lo
impara meglio
sarà per lui, è che nessuno si
fa male da furbo. Le casistiche
dei miei infortuni sono tante, in
pista e soprattutto sulla strada,
e purtroppo tutte le volte ho
dovuto ammettere: “che fesso
sono stato!”. Ebbene, la scorsa settimana, in riferimento al
pezzo su Sarron, un lettore ha
ricordato il suo incontro casuale con un Gianfranco Bonera
appiedato e con le stampelle.
E lì mi è tornato in mente uno
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dei pochissimi casi di incidenti
noti in cui un motociclista è incappato da solo, cioè senza il
concorso di nessun altro e senza aver sbagliato nulla. Vi racconto la dinamica perché è la
più incredibile che abbia mai visto. Il giorno in cui si fece male,
metà marzo 1975, c’ero anch’io
sulla pista di Modena ricavata
dal vecchio aeroporto: turno
di prove della 500 per il campionato italiano, Bonera con la
MV ufficiale, io con la Suzuki
bicilindrica Jada di terza mano,
lui vice-campione del mondo
in carica e io al debutto tra i
seniores. Ero fermo ai box per
una qualche modifica; mentre
giravano Read e Agostini, e Bonera appunto che si preparava
alla stagione più importante, la
seconda con le quattro cilindri
MV Agusta. Era uno dei favoriti
del mondiale ed era soprattutto
un mio amico: conoscevo tutta
la sua numerosa famiglia e con
lui avevo anche disputato il mio
primo Bol d’Or tre anni prima.
Lo seguo con lo sguardo -a
Modena si vedeva benissimo
tutta la pista, completamente
piatta come deve essere un
aerodromo- e dopo la variante sinistra-destra-sinistra lui
imbocca il curvone, una lunga
piega a sinistra tutta in accelerazione, dalla seconda fino alla
sesta. Da lontano, l’urlo della
MV 500 arriva ovattato. E lì capita una cosa bizzarra: Bonera
fa tutto il curvone, in modo
apparentemente regolare. Poi
stranamente accosta vicino
all’ambulanza che staziona a
bordo pista e lì si ferma, con la
gamba destra a terra. Da lontano, saranno quattrocento metri in linea d’aria, mi pare che
confabuli con i due infermieri
che gli si avvicinano subito; poi
quelli lo sollevano dalla moto,
lo stendono sulla barella, lo
caricano sul furgone e via verso il centro medico. Per farla
breve, Bonera aveva trovato
una balla di paglia disallineata, forse spostata poco prima
dalla fortuita spallata di un altro pilota che non aveva dato
peso alla faccenda, e in quarta
piena, sui 180 all’ora, l’aveva
centrata con il ginocchio sinistro. Spezzandosi malamente
il femore. Chiunque altro sarebbe volato via per il dolore
e per il colpo, ma Gianfranco
era tosto: forte come un toro,
era riuscito a tenere il controllo
della moto e a chiudere la curva. La sua MV l’ho vista dopo: il
telaietto reggisella era piegato
a destra di almeno venti gradi,
e il lato destro del serbatoio, in
corrispondenza del ginocchio,
era sfondato dal contraccolpo. Gianfranco fu sostituito in
squadra dal bravo Ramon Toracca per un paio di mesi e poi,
dopo l’intervento e la convalescenza, sarebbe tornato a correre in giugno, ad Assen, sesto
classificato nella gara che resta
Editoriale
famosa per la beffa di Sheene:
Ago con la Yamaha bruciato
in volata dalla Suzuki e prima
vittoria di Barry in 500. Gianfranco Bonera, per la cronaca,
passò nel ‘76 sulle Harley-Davidson 250 e 350 con Walter
Villa, e con la prima si trovò
particolarmente bene, tanto
da vincere a Barcellona e finire
sul podio quattro volte. Nelle
stagioni successive alternò
alle Yamaha 350 la Suzuki 500
con la quale, nel ’77, ottenne
ancora un podio e buoni risultati concludendo la stagione al
sesto posto. Nell’80 si fermò e
si dedicò al salone Yamaha che
aveva inaugurato qualche anno
prima con i due fratelli Oscar e
Paolo. Adesso se la gode con
le gare delle moto classiche e
per fortuna cammina bello dritto. Ma tornando a bomba sulla
regola iniziale, siete d’accordo
anche voi sulla stupidità che è
alla base dei nostri infortuni?
Avete un’esperienza da raccontare e mettere in comune,
per avvertire gli altri lettori e
magari evitare loro qualche incidente?
ADESSO SE LA GODE CON LE
GARE DELLE MOTO CLASSICHE E
PER FORTUNA CAMMINA
BELLO DRITTO
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DOPOGP CON NICO E ZAM
IL GP DI ARAGÓN
Lorenzo imprendibile e Pedrosa insospettabile. Valentino
incassa la sconfitta e Marquez finisce a terra
L
orenzo ha dominato senza alcuna ombra il GP di Aragón, per il pilota Yamaha
nemmeno una sbavatura e nove punti
di distacco in meno da Rossi. Valentino
stoppato nel corpo a corpo da un agguerritissimo Pedrosa che si è dimostrato un osso duro in
bagarre. Mpercorrenza per Yamaha. Tutte le spiegazioni dell’Ing. Bernardelle. Honda/Yamaha: accelerazione fuori dalle curve e velocità di punta
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per Honda, velocità di eraviglioso il confronto tra
piloti e moto Marquez di nuovo a terra. Troppa irruenza e troppi rischi anche per un pilota che non
è più in lotta per il campionato.
Perché? Ducati in chiaro scuro: bene Iannone,
disastro Dovizioso. Dove sono finiti lo slancio e
soprattutto i risultati di inizio stagione? Problemi
nel box? Come al solito tanta tecnica con l’Ing.
Bernardelle.
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MOTOGP, ARAGÓN
2015. LE FOTO PIÙ
SPETTACOLARI
Un GP tiratissimo che ci ha regalato uno splendido
duello tra Pedrosa e Rossi. Le foto più belle
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MotoGP
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MotoGP
Media
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MotoGP
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SPECIALE SUPERBIKE
GP DI FRANCIA
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MAGNY COURS
REA L’INSAZIABILE VINCE GARA 1
di Carlo Baldi | Nemmeno la pista bagnata ferma le Kawasaki e
l’insaziabile Rea, che supera Sykes nel finale. Terzo posto per Guintoli.
Solo sesto Davies davanti ad un bravissimo Baiocco
C
he piova o ci sia il sole quest’anno
le Kawasaki non le batte nessuno.
A Magny Cours la pioggia ha smesso di cadere a poche ore dall’inizio
di gara 1, ma la pista era ancora molto bagnata
e questo ha fatto si che tutti i piloti montassero
gomme rain, pur con l’incognita di non finire la
gara nel caso la pista si asciugasse in fretta. Va
anche detto che la gara è stata ridotta di due
giri ed è partita in ritardo, perché nel warm up
Reiterberger ha innaffiato la pista d’olio e c’è voluto del tempo per sistemarla. Sykes è partito
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avvicinare le imbattibili moto di Akashi. E’ stata
la gara delle Kawasaki, ma anche delle Honda che
oltre al podio del campione del mondo uscente,
può vantare anche la quarta piazza di un rampante VdMark che dopo aver animato la lotta per
il podio ha vinto quella per il quarto posto davanti
ad un sorprendete Camier che porta alla MV il
miglior risultato stagionale, frutto più dell’abilità
dell’inglese che non della prestazione della moto
di Schiranna. Davies si deve accontentare del
sesto posto perdendo dieci punti nei confronti di
Sykes nella lotta per il secondo posto in campionato. Chaz ha avuto un calo a metà gara, che non
solo gli ha fatto perdere il contatto con le Kawa,
ma lo ha costretto a lottare nel gruppo degli inseguitori sino all’ultimo giro, nel quale è riuscito
a superare un grande Baiocco che porta a casa
un ottimo settimo posto, dopo una gara tutta in
attacco iniziata dalla tredicesima posizione della
griglia. Lowes è l’unico a sorridere nel box Suzuki che ha assistito al ritiro di De Puniet. L’inglese
della Suzuki ha preceduto Mercado e Canepa,
che dopo una buona partenza è andato calando,
sino a stabilizzarsi in decima posizione. Il pilota
del team Althea non riesce a confermare in gara
gli ottimi risultati delle prove. Vizziello si conferma un mago della pioggia e si piazza undicesimo
subito dietro Canepa. Il pilota lucano è partito
Superbike
dalla quinta fila, ma ha tenuto una passo tale da
mettersi alle spalle gli ufficiali Torres e Scassa.
Su di una pista bagnata che ancora non conosce
bene, lo spagnolo ha solo cercato di non cadere
e di portare al traguardo la sua RSV4. Pur correndo una gara anonima, Jordi ha preceduto il
suo compagno di squadra Haslam, che manca
la zona punti e chiude sedicesimo. Leon, in crisi
con le gomme rain, è rientrato al box nel dodicesimo giro per cambiare le coperture.
Gara da dimenticare per lui e per tutto il team
Aprilia Red Devils, che dopo la Superpole di ieri
sperava in risultati completamente diversi. Partendo dalla sesta casella dello schieramento,
anche Scassa sperava di fare meglio del tredicesimo posto raccolto in questa gara, ma viste le
condizioni della pista Luca ha preferito portare a
termine una gara accorta e raccogliere qualche
punto. Solitamente Badovini si trova aa proprio
agio con il bagnato, ma oggi evidentemente non
era a posto, visto che ha raccolto solo due punti
e la quattordicesima posizione finale. Chiude la
zona punti Ramos con la Kawasaki del team Go
Eleven, menre non hanno tagliato il traguardo la
wild card Szopoek, il già citato De Puniet ed un
irriconoscibile Salom, che sta vivendo un difficile
finale di campionato con la Kawasaki di Pedercini.
fortissimo come suo solito ed è stato in testa
sino a tre giri dalla fine, quando il cannibale Rea
ha deciso di aumentare il suo ritmo e, facendo
segnare ad ogni giro il record della gara, lo ha
superato per poi staccarlo di quasi 5 secondi.
Mostruoso. Alle spalle delle due verdone, che
hanno fatto una gara a parte, la lotta per il terzo gradino del podio è stata avvincente sino al
nono giro, quando il padrone di casa Guintoli
si è portato in testa al gruppetto degli inseguitori e con la pista libera davanti è riuscito ad
andarsene in solitaria, senza però riuscire ad
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fatto un’altra bella gara ed ha ripetuto il quarto
posto di gara uno. Haslam invece era partito in
testa, ma poi non ha retto il passo dei suoi avversari e negli ultimi giri, in crisi con le gomme
avendo scelto una posteriore morbida, ha dovuto lasciare la quarta piazza al suo giovane rivale.
Sulla pista asciutta Guintoli ha perso molte delle
sue possibilità di ripetere il podio di gara uno, ma
probabilmente non si aspettava di dover perdere anche il confronto con il suo compagno di
squadra, proprio sulla sua pista e davanti ai suoi
tifosi. Questa volta Canepa non ha dilapidato più
di tanto il vantaggio che gli derivava dal poter
partire dalla prima fila ed ha portato a casa buon
settimo posto, anche se ad oltre cinque secondi da Guintoli che lo ha preceduto. Partito dalla
quarta fila, Torres è stato autore di una volitiva
rimonta, che gli ha permesso di arrivare ottavo,
superando proprio all’ultimo giro un generoso
Superbike
Luca Scassa. Il sostituto di Giugliano nel finale ha
pagato con la stanchezza la sua lunga assenza
dalle gare.
Lowes chiude con un decimo posto una domenica senza acuti e precede Baiocco, che dopo l’eccezionale settimo posto della prima gara non va
oltre l’undicesima posizione. Mercado non riesce
ancora a fare il salto di qualità e si accontenta
della dodicesima posizione davanti alla wild card
Reiterberger e a Salom, che dopo la debacle di
gara uno, ottiene se non altro due punticini per
la sua classifica.
Va a punti anche Camier che era partito bene,
ma poi non è riuscito a tenere il ritmo dei migliori. Sfiorano la zona punti Ramos e l’inossidabile
Vizziello, che precede il fantasma De Puniet.
Sfortunata la gara di Badovini che stava facendo
bene, ma è scivolato senza conseguenze nel corso dell’undicesimo giro.
MAGNY COURS
DOPPIO REA
di Carlo Baldi | Dopo aver vinto sul bagnato Rea si ripete sotto il sole
e fa doppietta davanti a Davies e Sykes. VdMark piega Haslam ed è
quarto. Settimo posto per Canepa e nono per Scassa
E
sono quattordici. Nonostante abbia vinto
il titolo mondiale due settimane or sono,
la fame di vittorie di Rea non si placa e
oggi a Magny Cour il nordirlandese coglie una doppietta che annichilisce i suoi avversari ad iniziare da Davies, che in questa seconda
manche ha provato a dargli del filo da torcere,
ma dopo un corpo a corpo durato due giri ha dovuto alzare bandiera bianca e guardare da lontano gli scarichi della Ninja numero 65. Il gallese
della Ducati si consola con i 20 punti conquistati,
54
che portano a 16 il suo vantaggio su Sykes, che
come sempre è entrato in crisi con le gomme a
metà gara, ma quando Rea e Davies gli erano già
davanti. Se si tolgono i pochi giri nei quali Rea e
Davies si sono confrontati a viso aperto, la gara
è stata abbastanza noiosa ed i pochi motivi di
interesse si devono ricercare nella battaglia per
il quarto posto, vinta da un tonico VdMark su
Haslam, e nel sorpasso di Torres su Scassa nel
penultimo giro, che ha permesso allo spagnolo
di chiudere ottavo. L’olandesino della Honda ha
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Panigale R ed il suo talento ha messo a nudo i
difetti di Sykes, sempre in lite con le gomme.
Sorride la Honda sia per il podio di Guintoli che
per la costante crescita del rampante VdMark,
mentre l’Aprilia vive a Magny Cours una delle sue
pagine più grigie, portando a casa solo un quinto
posto con Haslam, dopo che l’inglese aveva illuso la casa italiana con la Superpole di sabato. Ma
i problemi dell’Aprilia non sono da ricercarsi nei
piloti e tantomeno nella moto. Sono le decisioni
(o le non decisioni) del gruppo Piaggio a mettere
in difficoltà. Se a Noale non smettono di sfogliare
la margherita e non decidono in fretta cosa fare
in Superbike, rischiano un’altra annata in sordina, pur avendo i mezzi le capacità di vincere.
Stesso discorso per la Suzuki che, abbandonata
dal team Crescent, deve decidere se investire
in Superbike per sviluppare la nascitura GSXR-1000 o se al contrario investire solo in MotoGP. Nel frattempo pare che il team Crescent
abbia venduto armi e bagagli a Grillini, che quindi
il prossimo anno porterà in pista le datate moto
Superbike
che quest’anno erano di Lowes e De Puniet. Intanto la squadra italiana si consola con l’undicesimo posto di Vizziello in gara uno.
Nonostante le riconosciute ottime doti di guida
sul bagnato di Badovini, la BMW è andata più forte sull’asciutto e gli alti e bassi del pilota italiano
ci fanno ritenere che il lavoro di sviluppo della la
S 1000 RR richieda ancora parecchio tempo.
Camier è talmente bravo da portare, complice la
pista bagnata, la MV F4 al quinto posto in gara
uno, ma poi, sotto il sole, i valori tornano ad essere quelli soliti.
Certo sarebbe bello vederlo su una MV competitiva, magari più leggera e maneggevole. Nel
mondo parallelo delle Ducati private Canepa e
Baiocco si integrano alla perfezione : uno va forte in prova e l’altro in gara. A parte gli scherzi,
due settimi posti per un team privato Ducati non
sono certo da buttare via. Il team Barni invece è
ad un bivio. Continuare a puntare su Mercado
o cercare un pilota esperto che possa aiutare il
team a crescere più in fretta?
LE PAGELLE
DI MAGNY COURS
di Carlo Baldi | La pioggia ha rimescolato le carte, ha esaltato le doti di
guida di alcuni e ha mortificato le speranze di altri, ma per Rea non ha
fatto alcuna differenza
L
a tappa francese del mondiale Superbike, la penultima di questa stagione
2015, è stata caratterizzata sia dalle
condizioni del meteo, che ha alternato
pioggia e sole, che dall’incredibile fame di vittorie di Jonathan Rea. La pioggia ha rimescolato le
carte, ha esaltato le doti di guida di alcuni e ha
mortificato le speranze di altri, ma per Rea non
56
ha fatto alcuna differenza. Il cannibale ha vinto
la prima gara su pista bagnata e la seconda sotto il pallido sole francese. Pioggia, vento o sole
per Johnny non cambia nulla. Anche in Francia
si è avuta la conferma della supremazia Kawasaki che solo Davies, a volte, può contrastare.
Per tutti gli altri la lotta è dal terzo posto in giù.
Davies si è perfettamente cucito addosso la
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10
Jonathan Rea
Dopo aver perso la Superpole per 4 millesimi, l’insaziabile Rea si impegna come un matto
per superare il suo compagno di squadra e per
vincere gara 1, dopo di che esulta come se avesse vinto un altro mondiale. Nella seconda invece
fa ancora meno fatica a portare a 14 i suoi successi stagionali. Conclusi i festeggiamenti per il
titolo Johnny è tornato il cannibale di sempre.
8,5
Chaz Davies
La pista bagnata non piace alla sua
Panigale che consuma in fretta le rain Pirelli,
ma quando il tracciato francese si asciuga lui si
conferma l’unico antagonista del mostro verde.
Nessuno conosce la Panigale come lui, che ne sa
sfruttare i pregi e limitare i difetti.
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8
7,5
Tom Sykes
Male in Superpole, nelle due gare ripete il
solito copione, parte forte e poi va in calando.
Nella prima viene divorato da Rea mentre nella
seconda entra in crisi con le gomme (ma va…)
e deve cedere anche a Davies. Tom è un generoso e va sempre applaudito, ma Rea e Davies
quest’anno gli sono superiori.
Sylvain Guintoli
I 25.000 di Magny Cours erano quasi tutti lì per lui e nella prima manche il campione del
mondo li ha ripagati con un bel podio. Sulla pista
asciutta però la Honda è più difficile da portare al
limite e lui si è fatto superare anche dall’irriguardoso VdMark. E’ un professionista, ma ormai i
suoi pensieri sono tinti di blu.
7
7
Michael VdMark
Il talento olandese conquista due quarti
posti nonostante parta dalla quindicesima posizione in griglia. Va forte con il bagnato e con
l’asciutto. Sta facendo un ottimo finale di stagione e si conferma il giovane più promettente del
mondiale Superbike.
Leon Haslam
Bravo e fortunato in Superpole, solo sfortunato nella prima manche, quando la gomma lo
ferma a metà gara, mentre avrebbe potuto far
valere le sue doti acquatiche. Gara due è la foto
della sua stagione: grande impegno ma un qualcosa in meno rispetto agli altri top rider. Speriamo trovi presto una sistemazione adeguata.
Superbike
4,5
Jordi Torres
Il suo peggior weekend da quando è in
Superbike. Non conosce la pista e non trova l’assetto per la sua RSV4. Cosa potrebbe succedere
di peggio? Potrebbe piovere…
7
Niccolò Canepa
Si illumina solo a tratti. Splende in Superpole e in gara cerca di stare attaccato ai primi con le
unghie e con i denti, ma non ci riesce. Gli manca
ancora qualcosa per essere lì davanti e poi non
guida una moto ufficiale, ma la grinta c’è.
6,5
Luca Scassa
Non mi ricordo quando abbia corso l’ultima volta in Superbike. Pur non avendo il ritmo
di gara Luca, dopo aver stupito in Superpole,
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SBK Magny Cours
Classifica
Gara 1
viene limitato dalle gomme in gara uno e da una
naturale stanchezza nel finale di gara due, ma va
a punti e svolge al meglio il compito che gli era
stato assegnato.
7
Matteo Baiocco
Fatica tanto in prova e parte solo dalla quinta fila, ma poi si scatena e in gara uno cede a Davies solo all’ultimo giro. Scusate se è poco…
5,5
Leandro Mercado
Il meteo non lo aiuta, ma l’argentino
non mostra mai un guizzo, un segno del suo talento. Ormai si è stabilizzato attorno alla decima
posizione. Nell’ambizioso team Barni, lui si limita
a timbrare il cartellino in orario, ma noi ci aspettiamo di più.
60
6,5
Gianluca Vizziello
Chi lo conosce sa che Gianluca va forte sull’acqua (l’ultima sua vittoria in gara risale
all’anno scorso, al Mugello CIV sotto un diluvio), ma sinceramente vederlo attorno alla top
ten con la privatissima Kawasaki di Grillini ci ha
stupito positivamente. Certo piove raramente,
ma intanto il pilota di Policoro si è tolto una bella
soddisfazione.
Classifica
Gara 2
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
J. REA
25
1
J. REA
25
2
T. SYKES
20
2
C. DAVIES
20
3
S. GUINTOLI
16
3
T. SYKES
16
4
M. VD MARK
13
4
M. VD MARK
13
5
L. CAMIER
11
5
L. HASLAM
11
6
C. DAVIES
10
6
S. GUINTOLI
10
7
M. BAIOCCO
9
7
N. CANEPA
9
8
A. LOWES
8
8
J. TORRES
8
9
L. MERCADO
7
9
L. SCASSA
7
10
N. CANEPA
6
10
A. LOWES
6
7
Leon Camier
A Schiranna si sono affrettati a fargli firmare
un altro anno di contratto ed hanno fatto bene.
Attualmente Leon è sprecato per la F4 e lo ha
dimostrato sulla pista bagnata di Magny Cours,
quando ha colto un incredibile quinto posto in
gara uno, dopo che in Superpole aveva chiuso
settimo.
Superbike
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Classifica
Generale
Pos.
Pilota
Punti
1
J. REA
528
2
C Davies
383
3
T Sykes
367
4
L. HASLAM
297
5
J Torres
222
6
S Guintoli
201
7
M Vd Mark
170
8
M Baiocco
139
9
A Lowes
135
10
L. Mercado
125
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Supersport
vittoria in questa categoria è arrivata ad Assen
nel 2006. Dopo i titoli del 2007 e del 2011 conquistati con il team Hannspree Ten Kate Honda, nel
2011 Sofuoglu è passato in Moto2 salendo però
sul podio una sola volta ad Assen, secondo dietro
ad un certo Marc Marquez. Ma la vita purtroppo
non ha riservato a Kenan solo gioie e vittorie.
Dopo la morte del fratello maggiore nel 2002 in
seguito ad un incidente stradale, anche il fratello
minore venne a mancare nel 2008, in una gara
motociclistica in Turchia. Come se il destino non
lo avesse già abbastanza provato, quest’anno un
altro grande dolore ha colpito lui e la moglie, con
la morte del figlio Hamza, che dopo pochi mesi
di vita è stato colpito da un emorragia cerebrale.
Ciò nonostante il pilota turco ha avuto la forza di
continuare la sua attività sportiva, sino a concluderla con la gara che in Francia gli ha assegnato il quarto titolo mondiale. Titolo che Kenan ha
naturalmente dedicato al figlio scomparso e che
resterà nella storia della Supersport, categoria
nella quale nessuno ha vinto quanto lui.
SOFUOGLU È CAMPIONE MONDIALE
DELLA SUPERSPORT
di Carlo Baldi | Con il secondo posto nella gara di Magny Cours, Kenan
Sofuoglu ha conquistato il suo quarto mondiale Supersport in una
stagione difficile, caratterizzata dalla perdita del figlio
D
opo che il titolo della Stock 600 era
stato assegnato a Misano al turco Toprak Razgatlioglu e dopo che
Rea aveva conquistato il mondiale
Superbike a Jerez, restavano da assegnare solo
due titoli: il mondiale Supersport e la Superstock
1000 FIM Cup. Dopo che una caduta nelle prove
di Jerez aveva escluso il francese Cluzel dalla lotta per il titolo Supersport, il leader della classifica
Kenan Sofuoglu era il favorito d’obbligo. A contrastarlo era rimasto solo l’americano Jacobsen,
62
che però avrebbe dovuto recuperargli 33 punti
in due sole gare, ma il secondo posto di Kenan
nella gara di oggi a Magny Cours gli ha consentito
di conquistare il mondiale delle 600. Per Kenan
questo è il quarto titolo in Supersport , dopo quelli conquistati con la Honda nel 2007 e nel 2010 e
quello con la Kawasaki del 2012. Nato a Akyazi (il
cui codice postale è 54, il numero che utilizza in
gara) in Turchia, Sofuoglu ha iniziato la sua carriera nel 2003. Nello stesso anno ha debuttato
nel mondiale Supersport a Valencia. La prima
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Superstock
LORENZO SAVADORI
CAMPIONE DELLA STK 1000 FIM CUP
di Carlo Baldi | Savadori conquista il titolo che l’anno scorso gli era
sfuggito proprio a Magny Cours a poche curve dal termine. Aprilia si
aggiudica il titolo costruttori della categoria
N
Nel motociclismo non bisogna
mai dare nulla per scontato e
ne sa qualcosa proprio Lorenzo
Savadori, che lo scorso anno
a poche curve dalla fine della
gara della Superstock 1000 di
Magny Cours era virtualmente
campione. Un’incredibile quanto inspiegabile caduta però gli
negò la gioia del titolo. Memore
di quanto accaduto, oggi Savadori ha portato al termine una
gara molto attenta, conclusa
con ottavo posto più che sufficiente per permettergli di acciuffare quel titolo, che l’anno
passato aveva solo sfiorato. La
vittoria del pilota dell’Aprilia è
più che meritata, visto che Lorenzo in otto gare ha collezionato quattro vittorie, due secondi
ed un terzo posto. Il suo peggior
risultato stagionale è stato proprio quello conseguito in Francia, ma è anche quello che gli
ha dato la gioia più grande. E’
un successo importante anche
64
per la casa veneta, non solo
perché è il primo nella Stock
1000, ma anche perché sancisce la competitività della RSV4
anche tra le moto più vicine ala
produzione di serie, dopo che
il quattro cilindri di Noale aver
trionfato per tre volte nel mondiale Superbike. Inoltre grazie
anche alla seconda posizione
nella gara odierna di Kevin Calia, compagno di squadra di Savadori, Aprilia si è aggiudicata
anche il titolo costruttori. Dopo
aver iniziato la sua carriera con
le 125, aver vinto il campionato
italiano ed Europeo nelle piccole cilindrate ed aver partecipato per due anni al mondiale
125GP, Savadori ha debuttato
in Stock 1000 nel 2011 con il
team Lorenzini, per poi passare al team Barni nel 2012 ed al
team Pedercini negli anni 2013
e 2014. Quest’anno, visto che
Aprilia aveva deciso di impegnarsi anche nella Superstock
1000 FIM Cup, il pilota di Cesena ha firmato per il team Nuova
M2 Racing, per puntare deciso
al titolo continentale. Ecco cosa
ci ha dichiarato poco dopo aver
concluso la gara che lo ha consacrato campione.
Quando hai capito che questo era l’anno giusto per
conquistare quel titolo che ti
era sfuggito per un soffio nel
2014?
«Sono riuscito a superare abbastanza in fretta la delusione
per quanto era successo lo
scorso anno. Ho subito guardato avanti, anche perché uno
sportivo deve sempre porsi
degli obiettivi e non pensare al
passato. Quest’inverno sono
stato contattato da Albesiano,
in seguito ho provato la RSV4
ed ho deciso di accettare questa nuova avventura. Sin dalle
prime gare ho avuto la conferma che la moto era molto
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Hai fatto il ragioniere?
«Io sono un pilota e quindi voglio vincere sempre, però oggi
sarebbe stato un errore gettare
al vento un risultato sul quale
stiamo lavorando da gennaio.
Per la gara avevamo deciso di
partire forte e di spingere nei
primi giri, per sgranare il gruppo. Così ho fatto e in seguito
ho volutamente controllato la
gara, mettendomi nella condizione di poter arrivare in fondo
senza problemi».
Tu hai iniziato con le 125. Dicono che il due tempi dia una
sensibilità di guida che le
quattro tempi non danno.
«Ho corso molto con i due tempi ed in effetti devo dire che ti
insegna tanto. Per andare forte devi avere una guida precisa e pulita. Inoltre il due tempi
non aveva elettronica e quindi
competitiva ed il team lavorava
in modo professionale e capace. Dopo Aragon ho capito che
potevamo puntare al successo
finale.»
Il momento più difficile della
tua stagione?
«E’ stato molto difficile dopo
la vittoria di Misano attendere
per tre mesi di poter scendere
in pista a Jerez. Sapevo che la
gara spagnola poteva essere
decisiva o comunque molto
importante per la vittoria finale
e quindi mi sono allenato per
66
tre mesi come se la gara fosse
il giorno seguente. Non sono
nemmeno andato in vacanza.
Davvero faticoso, fisicamente e
mentalmente. Come se non bastasse, dieci giorni prima della
gara, sono stato investito in
bicicletta ed ho corso le ultime
due gare con un dito rotto».
Ciò nonostante a Jerez sei salito sul podio
«Penso che quella sia stata la
gara decisiva della mia stagione. Grazie all’aiuto della Clinica
Mobile sono riuscito a correre
Superstock
dovevi avere molta sensibilità
per controllarlo e non farti buttare in terra.
Mi spiace non essere mai riuscito a correre con una 250,
perché penso sarebbe stata un
esperienza bellissima».
Dal passato al futuro. Cosa
ci puoi dire per il prossimo
anno?
«A me piacerebbe fare la Superbike e magari proprio con
un’Aprilia. Il mio manager sta
lavorando da tempo per trovarmi una buona sistemazione per
il 2016, ma io sino ad ora non
ho voluto sapere nulla di quello
che stava facendo, perché volevo restare concentrato sulle
gare e sulla conquista del titolo.
In questi giorni voglio festeggiare con gli amici, ma subito dopo
mi sentirò con lui e penseremo
al 2016».
al meglio e ad ottenere un podio importate, che mi ha permesso di arrivare in Francia con
un buon vantaggio da gestire.
Anche qui a Magny Cours le
cose non sono state semplici,
non solo per le condizioni della mia mano, ma anche perché
abbiamo disputato le prove
sotto l’acqua ed io non avevo
mai utilizzato la mia RSV4 sul
bagnato. In prova naturalmente non ho rischiato una caduta
e per questo sono partito dalla
terza fila. Poi per fortuna in gara
è andato tutto bene».
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SUPERBIKE IN CRISI?
TRE INGREDIENTI PER IL SUCCESSO
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anni 90 e nei primi anni 2000 il mercato europeo
era affamato di iper-sportive, con cilindrate che
andavano da 600 a 1.000 c.c. In Supersport la
lotta tra le case giapponesi era talmente accesa,
che ogni anno venivano presentati nuovi modelli,
sempre più competitivi e sempre più adatti più
alla pista che non alla strada, ma che avevano
un buon successo di vendita. Lo stesso avveniva per la Superbike e gli spalti erano gremiti da
motociclisti fieri di vedere la propria moto vincere in pista. Come sia cambiato il mercato è sotto
gli occhi di tutti. Le vendite delle moto sportive
sono precipitate. Le moto che vincono il mondale
Superbike occupano gli ultimi posti nella classifica delle vendite, con poche centinaia di unità.
Le 600 sono quasi sparite dalle classifiche del
venduto, e per questo la Supersport è una classe ormai agonizzante, che non interessa più alle
case (fatta eccezione per la MV) e che presto per
sopravvivere si dovrà integrare con la 600 Stock.
Il collegamento Superbike/mercato/vendite
Superbike
non esiste più. Vincere il mondiale è diventato
solo una questione di prestigio per le case che,
contrariamente a quanto avveniva in passato,
traggono dalle vendite benefici economici inferiori rispetto alle spese che devono sostenere
per partecipare al campionato.
Questa è la triste e difficile realtà.
Superbike morente allora? Assolutamente no.
Più che di crisi bisogna parlare di evoluzione, ed
ecco i motivi per i quali questo campionato avrà
un importante futuro.
1 - Dorna
Contrariamente a quanto affermano i detrattori
del promoter spagnolo ed i nostalgici della precedente gestione Infront-Flammini, Dorna sta
lavorando molto per la Superbike. Chi sostiene
che Dorna abbia acquisito questo campionato
per poi affossarlo a favore della GP, dovrebbe
ricordare che il compito di chi avesse voluto far
di Carlo Baldi | Superbike in crisi o in fase di rinnovamento? I nuovi
mercati mondiali saranno decisivi per il futuro dei campionati delle
derivate
S
uperbike in crisi? Voci pessimistiche
ci riportano che il mondiale delle derivate dalla serie non ha un futuro,
schiacciato dalla GP e vessato dalla
Dorna. Specialmente di questi tempi, nei quali è
di moda rimpiangere e mitizzare il passato, si ricordano spesso quelli che vengono definiti i tempi d’oro della Superbike, quando a scendere in
pista erano i vari Fogarty, Haga, Corser e Bayliss.
Altri tempi, realtà irripetibili.
Per quanto riguarda i piloti le nuove generazioni
(salvo rarissimi casi) sono caratterizzate da uno
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scarso carisma e da un’estrema professionalità,
che probabilmente ne blocca la fantasia e l’estro.
Mancano i personaggi, ma possiamo dire che
manchino non solo in Superbike. Tolti Rossi e
Marquez, quali sono i campioni carismatici della
MotoGP? Ma il problema principale dei campionati delle derivate dalla serie non riguarda tanto i
piloti quanto il mercato delle moto, che negli anni
è radicalmente cambiato e non tornerà più quello di una volta. Al contrario della GP, la Superbike ha sempre avuto un legame strettissimo con
le vendite. “Vinci la domenica e vendi il lunedì”,
questo era il motto delle case produttrici. Negli
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Le situazioni economiche delle nazioni di cui sopra sono cambiate e stanno ancora cambiando.
Il potere d’acquisto è aumentato così come la
qualità delle strade e questo ha fatto si che dalle
cilindrate di 50-100-150 c.c. si sia passati a 300400 c.c. Mercati in espansione che dimostrano
un grande interesse per le competizioni motociclistiche. Chi è stato in Thailandia in occasione
del round del mondiale Superbike ed ha visto le
tribune affollate, sa bene di cosa stiamo parlando. E nel 2017 la Superbike correrà anche in India, il mercato più grande al mondo.
3 - La nuova classe 300-400
Se ne parla da tempo, e dal 2017 sarà una realtà
: la nuova classe 300-400 (la cilindrata definitiva
è ancora in via di definizione e dipenderà dalle
moto presenti sul mercato).
“Vinci la domenica e vendi il lunedì” : la storia si
ripete. Visto che la cilindrata più venduta attualmente su quei mercati è quella che va da 300 a
morire la Superbike sarebbe stato molto semplice: sarebbe bastato mantenere tutto invariato.
Ma così, per fortuna, non è stato. Senza le Evo
nel 2014 e le nuove regole del 2015 introdotte da
Dorna, avremmo avuto al via non più di 12 moto,
un numero insufficiente per permettere lo svolgimento di un campionato mondiale. I vertici di
Dorna furono molto chiari sin da quando rilevarono il campionato: in Superbike solo moto di
serie, in MotoGP solo prototipi. Potrebbe sembrare un’affermazione scontata, ma così non è.
Dorna ha interrotto quell’assurda competizione
con la MotoGP che stava realmente uccidendo
la Superbike. Nei primi due anni dell’era Dorna
le moto si sono riavvicinate alla produzione di
serie ed in futuro il promoter spagnolo intende
proseguire su questa strada, senza però togliere
la possibilità alle case di evolvere le proprie moto
70
Superbike
400 c.c. è ovvio che le case vedano di buon occhio l’introduzione di una nuova categoria promozionale.
Così come in passato si era scatenata la lotta tra
le case in Supersport, lo stesso avverrà in questa
nuova classe, che sarà ben presto invasa da piloti malesi, cinesi, indiani e thailandesi.
In estremo oriente le corse in pista sono in grande aumento e campionati come il Shell Advance
Asia Talent Cup, che abbiamo visto correre nel
weekend della Superbike in Thailandia e Malesia,
sfornano molti giovanissimi che in futuro troveranno il loro naturale sfogo proprio nella nascitura classe 300-400. Come logica conseguenza,
anche la Superbike ne trarrà dei vantaggi, non
solo per la presenza (in un futuro più prossimo
di quanto si pensi) di piloti provenienti dai più importanti mercati mondiali, ma essendo la classe
regina delle derivate, aumenterà per i produttori
il prestigio che deriverà dalla loro partecipazione
e dai loro successi.
stradali ed utilizzare la Superbike quale importante laboratorio in pista per i modelli più evoluti.
Ecco perché nessuna casa abbandona la Superbike (eccezion fatta forse per Aprilia), e perché
Yamaha è tornata ad investire nei campionati
delle derivate dalla serie.
2 - I nuovi mercati
Ma c’è anche un altro motivo di interesse che
attirerà le case verso la Superbike, ed è rappresentato dai mercati emergenti. I grandi produttori (specialmente quelli giapponesi) traggono
grandi profitti dai mercati dell’estremo oriente.
In India, Cina, Malesia, Indonesia e Thailandia si
vendono ogni anno milioni di moto, con cifre in
costante aumento. Moto, non solo scooter. Sono
passati gli anni nei quali i nuovi mercati assorbivano solo scooter o motocicli di bassa cilindrata.
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LE FOTO PIÙ
BELLE DEL
MOTOCROSS
DELLE NAZIONI
L’ultima gara della stagione MX ha incoronato la
Francia. Gli scatti più spettacolari del Nazioni 2015
di Massimo Zanzani
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Motocross
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Motocross
Media
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Francesco Paolillo
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Nico Cereghini
Giovanni Zamagni
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GRAFICA
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