Documento fornito unicamente a scopo di studio e di ricerca e per uso personale. Il richiedente si assume ogni
responsabilità per l'uso che ne verrà fatto in seguito, essendo severamente vietata qualsiasi successiva
riproduzione o pubblicazione per uso commerciale o per altro scopo (Legge n. 633 del 22/4/1941; Legge n. 159 del
22/5/1993 e successive modificazioni). Si impegna inoltre, sempre ai sensi della normativa sul copyright, a non
conservare il file contenente il documento in formato elettronico e a cancellarlo dopo averne effettuato la stampa.
Kelly J (2005) Inter-rater reliability and Waterlow’s pressure ulcer risk
assessment tool. Nursing Standard. 19, 32, 86-92. Date of acceptance:
November 25 2004.
Traduzione dell’articolo originale a cura di Valeria Castelli, inf. esperto in wound care,
Comitato Scientifico A.I.S.Le.C.
Affidabilità intra-valutatori e indice di Waterlow per la valutazione del
rischio di ulcere da pressione
Kelly J (2005) Inter-rater reliability and Waterlow’s pressure ulcer risk assessment tool. Nursing Standard. 19,
32, 86-92. Date of acceptance: November 25 2004.
Abstract
Obiettivo Accertare se una mancanza di affidabilità intra-valutatori con l’indice originale di Waterlow per la
valutazione del rischio di ulcere da pressione (1996) sia dovuta a diversa percezione del paziente da parte degli
infermieri o a diversa interpretazione della Waterlow come strumento.
Metodo A un campione di 110 infermieri qualificati, che usavano l’indice di Waterlow per la valutazione del
rischio di ulcere da pressione nel loro lavoro quotidiano e delegati a cinque giornate-studio, venne assegnato
un caso studio e data una copia incompleta dello strumento. Fu chiesto loro di completare una valutazione del
rischio per il paziente. Il punteggio di valutazione del rischio ottenuto dai delegati fu analizzato utilizzando il
Wilcoxon Signed Rank Test per misurare l’ipotesi nulla, che consiste nell’assenza di differenza significativa tra
la mediana dei punteggi degli infermieri e il punteggio effettivo del paziente, altrimenti definito come “gold
standard”.
Risultati Gli infermieri tendono a sovrastimare (n=72, 65%) piuttosto che a sottostimare (n=25, 23%) il rischio
del paziente di sviluppare un’ulcera da pressione. Solo 13 dei 110 infermieri (12%) stimano accuratamente il
punteggio del paziente come 18. Il Wilcoxon Test respinge l’ipotesi nulla, cioè che non ci sia alcuna differenza
fra i punteggi di rischio ottenuti dai singoli infermieri e il punteggio effettivo del paziente; ciò significa che c’è una
differenza significativa tra i punteggi ottenuti dagli infermieri nello studio e il punteggio “gold standard”.
Conclusioni I risultati mostrano una scarsa affidabilità tra valutatori quando si usa l’indice di Waterlow per la
valutazione del rischio di sviluppo di ulcere da pressione. Parte del problema è dato dal fatto che gli infermieri
non utilizzano questo strumento nel modo in cui esso è stato concepito.
Autore
Jennifer Kelly is lecturer, University of East Anglia, Queen Elizabeth Hospital, King’s Lynn, Norfolk. Email: [email protected]
Parole chiave
Pressure ulcers; Risk assessment scales; Waterlow score
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BIBLIOTECA A.I.S.Le.C. - 349(321.IT) - Kelly J (2005) Inter-rater reliability and
Waterlow’s pressure ulcer risk assessment tool. Nursing Standard. 19, 32, 86-92. (IN
ITALIANO)
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LE ULCERE DA PRESSIONE rappresentano un pesante “fardello” per i pazienti, e un onere considerevole per
gli operatori e per il Sistema Sanitario Nazionale (Royal College of Nursing (RCN) 2000) e, di conseguenza, la
prevenzione delle ulcere da pressione è una delle principali problematiche per moltissimi infermieri. Per aiutarli
ad avere successo in questo campo, sono stati sviluppati numerosi strumenti per la valutazione del rischio
(Bergstrom et al 1987, Chaloner e Franks 1999, Flanagan 1993, Pritchard 1986, Williams 1992), in modo che le
risorse possano essere destinate ai pazienti che ne hanno maggior necessità. Vari gruppi di esperti hanno
elaborato algoritmi per l’allocazione delle risorse, in particolare le superfici di supporto come materassi e cuscini,
ai pazienti basandosi sui loro punteggi di valutazione del rischio (Shipperley 1998).
Per avere un utilizzo pratico, gli strumenti di valutazione del rischio devono essere affidabili. L’affidabilità intravalutatori (inter-rater reliability) è “il grado al quale due valutatori o osservatori, che operano indipendentemente,
assegnano lo stesso punteggio o valore ad un attributo che deve essere misurato o osservato” (Polit e Beck
2004). Essa è un elemento importante degli strumenti di valutazione del rischio poiché ‘questi devono
identificare coerentemente la popolazione “a rischio” a prescindere dall’utilizzatore’ (Bridel 1994).
Revisione della letteratura
Nonostante l’importanza dell’affidabilità intra-valutatori, è stata svolta poca ricerca in questo campo (Bridel 1994,
Flanagan 1997). Nel tentativo di scoprire se ciò valeva per lo strumento di valutazione del rischio di Waterlow
(Waterlow 1996), che è quello adottato con maggior frequenza negli ospedali Inglesi per acuti (Scott e Newens
1999), si è condotta una ricerca della letteratura attraverso CINHAL (1982-2004) e Medline (1996-2004), usando
le parole-chiave: pressure ulcer, risk assessment, Waterlow e inter-rater reliability. Si consultarono anche i
riferimenti bibliografici rilevanti degli articoli reperiti. Si recuperarono solo gli articoli scritti in Inglese.
Si trovarono solo quattro studi di rilievo. Dealey (1989) riferiva di 20 pazienti che furono valutati ciascuno da
due o tre studenti in scienze infermieristiche mediante l’indice di valutazione del rischio di Waterlow. Gli studenti
ottennero lo stesso punteggio, con la tolleranza di 1 punto, per 12 pazienti – un’affidabilità del 60%. Nello studio
di Edwards (1995), un ricercatore ed un assistente valutarono 40 pazienti con e senza ulcere da pressione
tramite l’indice di Waterloo. Nonostante avessero concordato, già prima dello studio, le modalità di utilizzo dello
strumento, si riscontrarono scarsi livelli di affidabilità intra-valutatori. Edwards (1995) ipotizzò che ciò dipendesse
dalle definizioni operative.
Nello studio di Watkinson (1996), un totale di 12 valutatori valutò nove pazienti anziani usando tre diversi
indici (Braden, Douglas e Waterlow). Solo in un’occasione si raggiunse un accordo tra i valutatori, con punteggi
identici assegnati allo stesso paziente – ciò avvenne quando fu adoperata l’indice di Douglas. Solo quando si
consentì una variabilità entro i 4 punti, la percentuale di accordo superò il 50%. Ciò si verificò per tutti e tre gli
indici. Nello studio di Cook et al. (1999), venne impiegata una versione adattata dell’indice di Waterlow per 15
pazienti appartenenti a due reparti. Ogni paziente fu valutato quotidianamente da due diversi infermieri per un
periodo di 7 giorni. Furono coinvolti un totale di 28 infermieri clinici ottenendo un totale di 210 valutazioni.
L’analisi statistica dimostrò un grado debole o moderato di affidabilità intra-valutatori.
Nei quattro studi, furono testati pazienti reali con tutta la loro complessità. È quindi difficile identificare se la
mancanza di affidabilità sia dovuta a una differente percezione dei pazienti da parte dei valutatori, o a diverse
interpretazioni dell’uso dello strumento di Waterlow. L’indice di Braden con i suoi sei parametri: percezione
sensoriale; umidità; attività; mobilità; nutrizione; frizione e scivolamento, e chiari descrittori per ogni punteggio,
ha dimostrato di avere un’alta affidabilità intra-valutatori (Bergstrom et al 1987, Pang e Wong 1998, Ramundo
1995). Nel suo confronto fra gli indici di Norton, Waterlow e Braden, la Bridel (1993) considerava che l’indice di
Braden fosse il più affidabile fra quelli descritti in letteratura, e ciò è probabilmente dovuto alle definizioni
operative. Nonostante l’indice di Waterlow non abbia indicazioni inerenti alla valutazione incluse nello strumento
stesso, come l’indice di Braden, Waterlow (1996) ha fornito indicazioni sul modo in cui si presuppone l’uso dello
strumento e tali [indicazioni, NdT] sono state aggiornate nella recente revisione dello stesso strumento
(Waterlow 2005).
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BIBLIOTECA A.I.S.Le.C. - 349(321.IT) - Kelly J (2005) Inter-rater reliability and
Waterlow’s pressure ulcer risk assessment tool. Nursing Standard. 19, 32, 86-92. (IN
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Scopo
Identificare se la mancanza di affidabilità intra-valutatori con l’indice di Waterlow sia dovuta a una diversa
percezione del paziente da parte degli infermieri o a diverse interpretazioni dello strumento di Waterlow.
Metodo
Il campione consisteva di 110 infermieri qualificati che usavano lo strumento di valutazione del rischio di ulcere
da pressione Waterlow nel loro lavoro quotidiano. Gli infermieri furono delegati ad una serie di giornate-studio di
aggiornamento interno sulla prevenzione e la gestione delle ulcere da pressione per la durata complessiva di 5
giorni, e venne assegnato loro un caso studio (Riquadro 1) e data una copia incompleta dello strumento di
valutazione del rischio di Waterlow. I partecipanti furono incaricati di portare a compimento una valutazione del
rischio per il paziente del caso studio. Fu loro chiesto di non discutere il caso con gli altri delegati, e fu data
l’opportunità di interpellare il relatore in merito a qualsiasi ulteriore informazione. Quando ogni delegato
raggiunse il punteggio totale del rischio, si raccolsero tutti i punteggi. I risultati furono presentati ai delegati, e
seguì una discussione informale su come gli infermieri erano giunti al punteggio da loro ottenuto. Questa
metodologia consentì ai ricercatori di raccogliere le informazioni utilizzate in questo studio e, nello stesso tempo,
di rendere consapevoli i delegati della modalità in cui la Waterlow intendesse l’uso del suo strumento.
I punteggi ottenuti dai delegati furono confrontati con il “gold standard” di 18. Questo punteggio fu identificato
da un comitato di esperti costituito da tre infermieri clinici specialisti in tissue viability [può essere definita come
quella branca dell’infermieristica la cui area d’azione è rappresentata dalla prevenzione e gestione del danno
tessutale, incluse le lesioni acute e croniche, NDT] che, sulla base delle istruzioni della Waterlow (1996) sulle
modalità d’uso dello strumento, raggiunsero un consenso di opinioni del 100% dopo breve discussione.
I dati furono analizzati tramite il Wilcoxon Signed Rank Test [Test dei Segni per Ranghi di Wilcoxon, NdT]. Si
tratta di un test non parametrico, che viene adoperato per testare se la mediana di una distribuzione è diversa
da un valore specificato. Nello studio fu quindi usato per testare l’ipotesi nulla che era: non esiste nessuna
diversità tra la mediana del punteggio degli infermieri ed il ‘gold standard’. Questo test è più potente del Sign
Test [Test dei Segni: test non parametrico così denominato perchè per il calcolo della statistica si è soliti
contrassegnare con + \ − i valori superiori (non superiori) a Me0 e poi contare il numero di segni positivi presenti
nella sequenza, NdT] poiché, oltre al tipo di differenza tra due punteggi (sia sovra sia sotto-stimati), il Wilcoxon
Signed Rank Test misura la magnitudo di questa differenza (Bland 2000). Nonostante il Wilcoxon Signed Rank
Test sia solitamente usato per testare campioni appaiati, esso è legittimato anche a comparare un singolo
campione con una costante al fine di determinare se la mediana della distribuzione sia uguale al valore costante
specificato, come è stato fatto in questo studio.
Risultati
In totale furono coinvolti 110 infermieri su cinque giornate-studio, ed i punteggi che essi ottennero sono illustrati
nella Tabella 1. I risultati mostrano che gli infermieri tendevano a sovra-stimare (n=72; 65%) piuttosto che a
sottostimare (n=25; 23%) il rischio del paziente di sviluppare ulcere da pressione, con solo 13 dei 110 infermieri
in grado di stimare correttamente il punteggio del paziente come 18. Il Wilcoxon Signed Rank Test rigettò
l’ipotesi nulla secondo la quale non vi era nessuna differenza nei punteggi di rischio raggiunti dai singoli
infermieri ed il punteggio effettivo del paziente (T=827, P<0.001 altamente significativo). T è il test statistico e dà
una misura del fatto se la mediana dei punteggi degli infermieri è diversa o meno dal “gold standard”, e P è la
probabilità che il risultato sia ottenuto per caso, dove <0.001 significa che tale probabilità è inferiore a 1 su mille.
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Riquadro 1
Storia del caso
Nome: Berta
Parente prossimo: marito
Data di nascita: 24.Marzo 1926
Ragione del ricovero: Riduzione aperta di frattura comminuta di Colles del polso destro in anestesia
generale avvenuta il 6 giugno 2004
Anamnesi remota:
1954 – tonsillectomia
1971 – isterectomia addominale e rimozione bilaterale delle ovaie
1991 – ictus del lato destro per il quale ha avuto pieno recupero
Parametri vitali all’ingresso: FC 89; P/A 175/95 mmHg; TC 36,4°c; urine: non si segnalano anormalità;
peso 63 Kg (138 lb).
Note operatorie registrate nel piano di cura: Berta ritornava in reparto dopo una riduzione aperta della
frattura di Colles. La procedura ha richiesto due ore e mezzo a causa di un difetto del tunnel carpale. Cute
suturata. Fissatore esterno.
Stato mentale: tranquilla e serena
Parametri vitali il 9 giugno: FC 95; P/A 180/95 mmHg; TC 38.5°c con brividi
Dieta per l’8 giugno:
Colazione – due tazze di tè
Ore 10 – una tazza di tè ed un biscotto dolce da tè
Pranzo – due salsicce, purè di patate, purè di piselli, gelatina di ribes rosso
Ore 15 – una tazza di tè ed un biscotto dolce da tè
Cena – brodo, una fetta di pane e burro e due tazze di tè
Ore 20 – una tazza di tè
Eliminazione: incontinente alle urine, stipsi
Terapia:
Diclofenac 50 mg – per os – al bisogno
Solfato di ferro 200 mg – per os – tre volte/die
Vancomicina 500 mg – e.v. – ogni 6 ore
Discussione
È chiaro che una parte del problema in questa esercitazione è data dal fatto gli infermieri non avevano davanti a
loro un vero paziente, e che il caso studio non forniva agli operatori il livello di informazione che avrebbero avuto
per un paziente reale. Tuttavia, agli infermieri vennero fornite esattamente le stesse informazioni, in modo da
controllare le possibili variazioni, dovute ai diversi livelli di conoscenza posseduti dallo staff relativamente alla
paziente da valutare (Watkinson 1996). Ciò può far pensare che la mancanza di affidabilità intra-valutatori e
l’estrema variabilità di punteggi potrebbero essere dovute al fatto che gli infermieri non abbiano usato lo
strumento come avrebbero dovuto (Waterlow 1995). Questa ipotesi si rafforza osservando il modo in cui gli
infermieri sono arrivati ad ottenere i loro punteggi, e l’ammissione che essi non erano al corrente dell’esistenza
di una guida scritta sulle modalità di utilizzo dello strumento di Waterlow.
Per dare a Berta [il soggetto del caso studio, NdT] un punteggio, l’infermiere deve calcolare l’Indice di Massa
Corporea [Body Mass Index, BMI], cosa che non è facile eseguire senza una calcolatrice. Gli infermieri
avrebbero dovuto chiedere l’altezza della paziente, poiché questo parametro era stato intenzionalmente escluso
dai dati forniti nel caso studio, ma solo pochi lo fecero. L’altezza della paziente è m.1,83 (BMI = 18.8), rendendo
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Tabella 1
il BMI inferiore alla media. Molti
infermieri considerarono la
paziente nella media. Una
volta
che
gli
infermieri
Punteggio del
n.° di infermieri che
n.° di infermieri per categoria
conoscono
il
punteggio
basato
rischio secondo
hanno ottenuto il
di rischio
sul BMI, si dovrebbe ottenere
l’indice di Waterloo
punteggio
un’affidabilità
del
100%,
Inferiore a 11
0
specialmente se si usano le
A rischio – 12
tabelle del BMI e non si chiede
11
3
agli infermieri di eseguire
12
1
calcoli. Pertanto è interessante
13
4
che nello studio di Edwards
14
3
(1995) c’era un disaccordo del
22.5% (n=9 su 40 pazienti) tra i
15
1
due ricercatori quando hanno
16
5
valutato questo fattore di
Ad
alto
rischio
–
30
17
8
rischio. Waterlow (2005), nella
18*
13
versione riveduta del suo
strumento, ha chiarito questo
19
4
aspetto
dello
strumento
20
7
fornendo la formula per
Ad
altissimo
rischio
–
68
21
12
calcolare il BMI e i range di
22
11
punteggi di BMI per le diverse
corporature.
23
10
Il parametro ‘incontinenza’
24
2
fu problematico. La paziente
25
5
non rientrava in nessuna delle
26
4
categorie previste dall’indice di
Waterlow e venne definita
27
1
incontinente. Questo problema
28
0
fu evidenziato nello studio di
29
2
Cook et al (1999). Alcuni
30
6
infermieri arguirono correttamente che essere incontinenti
31
3
fosse peggio che essere
32
1
occasionalmente incontinenti,
33
2
relativamente allo sviluppo di
34
1
ulcere da pressione e, quindi,
assegnarono alla paziente un
35
1
punteggio di 2. Due significa
Totale
110
che il suo rischio di sviluppare
ulcere da pressione per
* punteggio gold standard
problemi di continenza non è
basso come nel caso di piena
un
di piena continenza (punteggio 0) ma nemmeno alto come in caso di doppia incontinenza (punteggio 3).
Per il tipo di cute, alcuni infermieri ritennero che quella di Berta fosse sana e le assegnarono un punteggio di
0, alcuni elaborarono che, trattandosi di una persona anziana, doveva avere una cute sottile come “carta velina”,
Numero di infermieri che hanno ottenuti specifici punteggi nella
valutazione del rischio
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mentre altri compresero correttamente che Berta era pirettica ed aveva brividi, perciò avrebbe avuto una cute
umida. Oggetto di preoccupazione sono stati gli infermieri che le assegnarono un punteggio di tre poiché aveva
una lesione, pur essendo una ferita chirurgica, dato che le ferite chirurgiche non aumentano, per loro natura, il
rischio di sviluppare ulcere da pressione, ma lo fanno influendo sulla mobilità (Morison 2001). Nello studio di
Edwards (1995) fu il parametro relativo al tipo di cute che causò il maggior disaccordo (55% o n=22 su 40
pazienti) tra i due ricercatori. Nella versione riveduta del suo strumento, Waterlow (2005) ha nuovamente chiarito
questo aspetto indicando che il termine “discromico” si riferisce all’ulcera di 1° stadio, mentre punti lesionati si
riferiscono agli stadi da 2° a 4° della European Pressure Ulcer Advisory Panel Scale (EPUAP 1998).
La mobilità fu difficile da valutare dal momento che gli infermieri non avevano visto la paziente, e le fu
assegnato l’intero range di punteggi, da pienamente mobile a costretta su sedia. Tuttavia, sembrerebbe che
anche quando il paziente è presente, ottenere un accordo sia difficile (Edwards 1995). L’età ed il sesso non
diedero alcun problema agli infermieri, eccetto per tre che non fecero il calcolo correttamente, dal quale si
sarebbe dovuto ottenere che Berta aveva 78 anni. Tuttavia, è stato suggerito di togliere il genere
[maschile\femminile, N.d.T.] dallo strumento siccome non è significativamente predittivo del rischio (Anthony et
al 2003, Papanikolaou et al 2002).
Per l’appetito la maggior parte degli infermieri diede a Berta un punteggio di zero, in quanto ritennero che il
suo appetito fosse nella media di una persona anziana. Tuttavia, la Waterlow (1996) indica che un ‘appetito
medio’ consta del consumo di tre pasti al giorno, e Berta non soddisfaceva completamente questo criterio, per
cui è da classificare come di scarso appetito. Questa sezione è stata considerevolmente revisionata nel nuovo
indice di Waterlow (2005), con l’aggiunta del Malnutrition Screening Tool (Ferguson et al 1999).
Per quanto riguarda la categoria “rischi particolari”, Berta era affetta da anemia, come dimostrato dalla
prescrizione di compresse di ferro. Ventitré infermieri (21%) lo hanno ignorato. Molti (n=32; 30%) non sapevano
cosa fosse la cachessia terminale, malgrado utilizzassero quoti-dianamente lo strumento di valutazione. Ciò
dimostra che alcuni infermieri sono più disposti ad eludere le cose che non capiscono piuttosto che a chiedere
chiarimenti. Alcuni infermieri assegnarono alla paziente un punteggio di 5 a causa della vasculopatia periferica
(PVD) dato che diedero per scontato che, essendo anziana ed ipertesa, dovesse anche avere disturbi vascolari
periferici. Inoltre, molti infermieri diedero a Berta un punteggio fra 4 e 6 per via di un ictus pregresso, senza tener
conto del suo pieno recupero e, quindi, che ciò non contribuiva ad aumentare il suo rischio attuale di sviluppare
ulcere da pressione. Un punto critico dello strumento di Waterlow è che il deficit neurologico viene collocato fra
un punteggio di 4 e 6, cosa che consente una “valutazione individuale da parte di ciascun valutatore” e, in
conseguenza di ciò, l’affidabilità intra-valutatore ne potrebbe risultare diminuita (Cook et al 1999).
L’intervento chirurgico di Berta richiese più di due, per cui molti infermieri le attribuirono un punteggio di
cinque. Tuttavia Waterlow asserisce che questo punteggio “deve essere assegnato solo per il periodo di 48 ore
dopo l’intervento chirurgico, a meno che il paziente non rimanga gravemente infermo”, e ha reso questo
concetto molto chiaro nella versione riveduta del suo strumento (Waterlow 2005). Allo stesso modo, assegnare
un punteggio di quattro perché si è in terapia anti-infiammatoria (diclofenac) non è appropriato, poiché questa
terapia aumenta il rischio di ulcera da pressione se viene assunta per un lungo periodo di tempo, e la
prescrizione “al bisogno” suggerisce che Berta la stia assumendo solo per il controllo del dolore post-operatorio.
Uso delle categorie
Questo piccolo studio indica una scarsa affidabilità intra-valutatori, ma, siccome l’indice di valutazione di
Waterlow classifica i pazienti in tre categorie, ciò non è così negativo come può apparire di primo acchito. In
totale, 30 infermieri (27%) classificarono correttamente Berta come ad “alto rischio”, 12 (11%) la collocarono
nella categoria inferiore “a rischio” e 68 (62%) la ritennero ad “altissimo rischio”. Se lo scopo di utilizzare uno
strumento di valutazione del rischio è quello di prevenire lo sviluppo di ulcere da pressione, e l’indice di
Waterloo è stato studiato al fine di intraprendere una politica di prevenzione e trattamento, allora questa sovrastima darà luogo all’implementazione di una maggior quantità di politiche di prevenzione e di trattamento. Dal
momento che però le risorse nelle amministrazioni del National Health System [NHS, Sistema Sanitario
Nazionale, NdT] sono limitate, come si può comprendere, questa ingiustificata domanda di risorse non sarà
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accettabile per gli organismi preposti al contenimento dei costi, specialmente se l’indice di Waterlow sovrastima
il rischio (Hamilton 1992).
Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per identificare se l’allocazione degli ausili riflette l’allocazione a una
categoria di rischio. Schoonhoven et al (2002) si sono interrogati su questa asserzione, e le Linee Guida redatte
dal National Institute for Clinical Excellence (NICE 2003) affermano che la scelta di ausili per la riduzione della
pressione “non dovrebbe basarsi esclusivamente sul punteggio risultante dagli indici di valutazione del rischio”,
ma su una valutazione olistica del paziente. L’abitudine di allocare risorse basandosi sul punteggio dell’indice di
valutazione del paziente potrebbe essere fondamentalmente errato. Non esistono prove di efficacia che
colleghino un particolare punteggio a un particolare ausilio, e si potrebbe arguire che algoritmi complessi
potrebbero rappresentare un inutile fattore di distrazione che ritarda l’implementazione dell’assistenza, e che ciò
potrebbe effettivamente contribuire ad un incremento di rischio nello sviluppo delle ulcere da pressione. Se gli
strumenti di valutazione del rischio sono adoperati solo come “un promemoria e non sono intesi come sostituti
del giudizio clinico” (NICE 2003), probabilmente ne consegue che tutto ciò che devono fare è di aiutare ad
identificare se il paziente è o meno “a rischio”e non l’entità di quel rischio. Qualora si accetti questa
affermazione, i risultati di questo studio non appaiono così problematici. Se un punteggio uguale o superiore a
15 corrisponde a una situazione “a rischio”, allora solo 11 partecipanti (10%) hanno erroneamente classificato
Berta come “non a rischio”.
Conclusioni
Questo studio ha identificato una scarsa affidabilità intra-valutatori quando ci si avvale dell’indice di valutazione
del rischio di Waterlow. Parte del problema è dato dal fatto che gli infermieri non utilizzano lo strumento nel
modo in cui esso era concepito. Si sperava di poter seguire gli infermieri coinvolti in questo studio per ulteriori
sei mesi allo scopo di verificare se l’affidabilità intra-valutatori fosse migliorata, come risultato dell’aver
partecipato a questo studio e dell’aver discusso il modo in cui si presupponeva si dovesse utilizzare l’indice di
Waterlow. Un errore burocratico tuttavia causò la perdita dei recapiti per contattare gli infermieri, e così non fu
possibile eseguire un test di follow-up. Ciò nondimeno, questo potrebbe costituire il focus per uno studio futuro
per verificare se l’insegnamento attivo sulle modalità d’uso dell’indice di Waterlow migliori l’affidabilità intravalutatori. Sarà interessante vedere se le istruzioni addizionali sul modo in cui valutare il paziente, redatte
nell’indice revisionato (Waterlow 2005), miglioreranno l’affidabilità intra-valutatori.
Ringraziamenti
L’Autrice desidera ringraziare Gibson D’Cruz, University of East Anglia, per il suo generoso aiuto con le statistiche.
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