FONDAMENTI DEL DIRITTO
EUROPEO
IL DANNO NELL’ESPERIENZA ROMANA
Il danneggiamento nelle XII tavole
 Ulp. 18 ad ed. D. 9, 2, 1 pr.: lex Aquilia omnibus
legibus, quae ante se de damno iniuria locutae
sunt, derogavit, sive duodecim tabulis, sive alia
quae fuit: quas leges nunc referre non est necesse
(trad.: «la legge Aquilia derogò a tutti le leggi che
prima di essa avevano parlato del danno
ingiustamente arrecato, sia alle dodici tavole sia
a qualsiasi altra norma. Non è necessario riferire
ora tali leggi»)

L’INCENDIO

Gai. 4 ad l. XII tab. D. 47, 9, 9 (= tab. 8, 10): qui aedes
acervumve frumenti iuxta domum positum
conbusserit, vinctus verberatus igni necari iubetur, si
modo sciens prudensque id commiserit. si vero casu, id
est neglegentia, aut noxiam sarcire iubetur aut, si
minus idoneus sit, levius castigatur. appellatione
autem aedium omnes species aedificii continentur
(trad.: «chi abbia incendiato un edificio o un covone di
frumento posto vicino a una casa, deve essere legato,
bastonato e fatto morire nel fuoco, se ha commesso il
fatto scientemente e deliberatamente. Se, invece, il
fatto avvenne per caso, cioè per negligenza, o è tenuto
a risarcire il danno o, se non è in grado, è castigato
con una pena più lieve. Nella denominazione di case
si comprendono poi tutte le specie di edifici»)
IL TAGLIO DEGLI ALBERI

Plin. nat. hist. 17, 1, 7 (= tab. 8, 11): fuit et
arborum cura legibus priscis, cautumque est XII
tabulis ut, qui iniuria cecidisset alienas, lueret in
singulas aeris XXV (trad.: «nelle antiche leggi era
prevista la cura degli alberi, nelle dodici tavole è
stabilito che per l’ingiusto taglio degli alberi
altrui fosse prevista una pena di 25 assi per
pianta»)
PASCOLO ABUSIVO O DISTRUZIONE DI
MESSI

Plin. nat. hist. 18, 3, 12 (= tab. 8, 9): frugem quidem
aratro quaesitam furtim noctu pavisse ac secuisse
puberi XII tabulis capital erat, suspensumque Cereri
necari iubebant gravius quam in homicidio
convictum, impubem praetoris arbitratu verberari
noxiamve duplionemve decerni (trad.: «nelle dodici
tavole era prevista la pena di morte per l’adulto che
furtivamente di notte avesse fatto pascolare il
bestiame o avesse distrutto le messi di un campo
coltivato e si ordinava che fosse impiccato e sacrificato
a Cerere con una pena più grave di quella prevista
per il colpevole di omicidio, l’impubere, invece, si
ordinava che fosse frustato nella misura stabilita dal
pretore e che fosse condannato a risarcire il danno o il
doppio del danno»)
LESIONI FISICHE ALLE PERSONE
tab. 8, 2: si membrum rup(s)it, ni cum eo pacit,
talio esto
 tab. 8, 3: si os fregit libero, CCC si servo, CL
poenam subito sestertiorum
 tab. 8, 4: si iniuriam [mmss. iniuria] (alteri)
faxsit, viginti quinque poenae sunto

L’ECONOMIA DEL V SECOLO E LA NATURA
DEL DANNO
La natura dei beni protetti
 La frammentazione del danno e del regime
sanzionatorio

IL RIASSETTO PRETORIO DELL’INIURIA
Gell. 20, 1, 13: ‘propterea’ inquit ‘praetores postea
hanc abolescere et relinqui censuerunt
iniuriisque aestumandis recuperatores se daturos
edixerunt’
 «perciò, dice, successivamente i pretori decisero
che questa norma dovesse essere abolita e
abbandonata e stabilirono di affidare ai
recuperatori la stima della pena da pagare in
caso di iniuriae»

L’INIURIA NELLE COMMEDIE PLAUTINE
L’iniuria astratta: la lesione all’onore
 L’iniuria indiretta: aut per semet ipsum … aut
per alias personas

L’UCCISIONE DELLO SCHIAVO NEL I CAPUT
DELLA LEX AQUILIA



Gai. 7 ad ed. prov. D-. 9, 2, 2 pr.: lege Aquilia capite
primo cavetur: ‘ut qui servum servamve alienum
alienamve quadrupedem vel pecudem iniuria
occiderit, quanti id in eo anno plurimi fuit, tantum
aes dare domino damnas esto’.
Gai. 3, 210: damni iniuriae actio constituitur per
legem Aquiliam, cuius primo capite cautum est, <ut>
si quis hominem alienum alienamve quadrupedem,
quae pecudum numero sit, iniuria occiderit, quanti ea
res in eo anno plurimi fuerit, tantum domino dare
damnetur.
I. 4, 3 pr.: damni iniuriae actio constituitur per legem
Aquiliam cuius primo capite cautum est, ut si quis
hominem alienum alienamve quadrupedem quae
pecudum numero sit iniuria occiderit, quanti ea res in
eo anno plurimi fuit, tantum domino dare damnetur.
I CAPUT DELLA LEX AQUILIA
Trad.: «nel primo capitolo della legge Aquilia è
stabilito: ‘che chi abbia ucciso iniuria uno schiavo
o una schiava altrui o un capo di bestiame a
quattro zampe, sia condannato a pagare al
padrone il maggior valore che la cosa abbia avuto
nel corso dell’anno».
 Trad.: «l’azione di danno e di lesione si fonda
sulla legge Aquilia nel cui primo capitolo è
stabilito che se qualcuno abbia ucciso iniuria uno
schiavo altrui o un altrui capo di bestiame a
quattro zampe, sia condannato a pagare al
padrone il maggior valore che la cosa abbia avuto
nel corso dell’anno».

LA LESIONE DEL CREDITO NEL SECONDO
CAPUT






Gai. 3, 215: capite secundo <adversus> adstipulatorem, qui
pecuniam in fraudem stipulatoris acceptam fecerit, quan-ti
ea res est, tanti actio constituitur.
Ulp. 18 ad ed. D. 9, 2, 27, 4: huius legis secundum quidem
capitulum in desuetudinem abiit.
I. 4, 3, 12: caput secundum legis Aquiliae in usu non est.
Trad.: «nel secondo capitolo si prevede un’azione per il
valore della cosa distrutta contro il creditore accessorio che
in frode al creditore principale abbia estinto l’obbligazione
a carico del debitore mediante acceptilatio».
Trad.: «il secondo capitolo di questa legge è caduto in
desuetudine».
Trad.: «il secondo capitolo della legge Aquilia non è
applicato».
LA CLAUSOLA GENERALE DEL
DANNEGGIAMENTO: III CAPUT
Ulp. 18 ad ed. D. 9, 2, 27, 5: tertio autem capite
ait eadem lex Aquilia: ‘ceterarum rerum praeter
hominem et pecudem occisos si quis alteri
damnum faxit, quod usserit fregerit ruperit
iniuria, quanti ea res erit in diebus triginta
proximis, tantum aes domino dare damnas esto’.
 Trad.: «nel terzo capitolo la medesima legge
Aquilia dice: rispetto a tutte le altre cose, fatta
eccezione per lo schiavo e l’animale uccisi, se
qualcuno ha arrecato danno ad altri, per il fatto
bruciare, spezzare, rompere iniuria, sia
condannato a pagare al proprietario tanto denaro
quanto sarà il valore della cosa nei trenta giorni
prossimi».

L’INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE
DELLA LEGGE AQUILIA


Iniuria: dal dolus alla culpa
Paul. 10 ad Sab. D. 9.2.31: Si putator ex arbore
ramum cum deiceret uel machinarius hominem
praetereuntem occidit, ita tenetur, si is in publicum
decidat nec ille proclamauit, ut casus eius euitari
possit. sed Mucius etiam dixit, si in priuato idem
accidisset, posse de culpa agi: culpam autem esse,
quod cum a diligente prouideri poterit, non esset
prouisum aut tum denuntiatum esset, cum periculum
euitari non possit. secundum quam rationem, non
multum refert, per publicum an per priuatum iter
fieret, cum plerumque per priuata loca uolgo iter fiat.
quod si nullum iter erit, dolum dumtaxat praestare
debet, ne immittat in eum, quem uiderit
transeuntem: nam culpa ab eo exigenda non est, cum
diuinare non potuerit, an per eum locum aliquis
transiturus sit.
COLPA



Trad.:
Se un potatore, lasciando cadere un ramo da un albero, o
un operaio uccide uno schiavo che passa, è tenuto se in un
luogo pubblico abbia tagliato e non abbia gridato in modo
che potesse essere evitato l’oggetto che cadeva. Ma Mucio
disse che, se anche fosse accaduto in un luogo privato, si
poteva agire per colpa: infatti è colpa non aver provveduto
a ciò che una persona diligente avrebbe potuto provvedere o
aver avvisato quando il pericolo non poteva più essere
evitato.
Sulla base di questa logica non fa differenza che il fatto sia
accaduto in un luogo pubblico o privato, poiché spesso si
transita per le vie private. Se non vi era alcun passaggio,
dovrà rispondere solo per il dolo, affinché non cada
qualcosa su quello che ha visto passare: infatti non si può
lamentare la colpa di chi non poteva indovinare se per quel
luogo qualcuno sarebbe passato.
IL CRITERIO DELL’ID QUOD INTEREST
Dalla stima del corpus all’id quod interest
 Gli effetti:
 Estensione del terzo capitolo della legge alle
ipotesi di distruzione parziale della res
 Estensione della legittimazione attiva a soggetti
non proprietari
 Generalizzazione dell’azione aquiliana

ACTIO UTILIS E ACTIO IN FACTUM

I. 4, 3, 16: ceterum placuit ita demum ex hac lege actionem
esse, si quis <praecipue> corpore suo damnum dederit.
ideoque in eum, qui alio modo damnum dederit, utiles
actiones dari solent: veluti si quis hominem alienum aut
pecus ita incluserit, ut fame necaretur, aut iumentum tam
vehementer egerit, ut rumperetur, aut pecus in tantum
exagitaverit, ut praecipitaretur, aut si quis alieno servo
persuaserit, ut in arborem ascenderet vel in puteum
descenderet, et is ascendendo vel descendendo aut mortuus
fuerit aut aliqua parte corporis laesus erit, utilis in eum
actio datur. sed si quis alienum servum de ponte aut ripa in
flumen deiecerit et si suffocatus fuerit, eo quod proiecerit
corpore suo damnum dedisse non difficiliter intellegi
poterit ideoque ipsa lege Aquilia tenetur. sed si non corpore
damnum fuerit datum neque corpus laesum fuerit, sed alio
modo damnum alicui contigit, cum non sufficit neque
directa neque utilis Aquilia, placuit eum qui obnoxius
fuerit in factum actione teneri: veluti si quis, misericordia
ductus, alienum servum compendium solverit, ut fugeret.
SEGUE:

Trad.: «per il resto si ritenne che l’azione aquiliana si desse soltanto
se qualcuno arrecasse un danno propriamente con il corpo. Pertanto,
nei confronti di colui che abbia arrecato danno in altro modo, si è
soliti concedere azioni utili: come se qualcuno abbia rinchiuso l’altrui
schiavo o bestiame in modo tale da farlo morire di fame, o abbia
sforzato così tanto un giumento da ferirlo, o spaventato così tanto un
gregge da farlo cadere in un precipizio, o se qualcuno abbia convinto
uno schiavo altrui a salire su un albero o a scendere in un pozzo e
questi nel salire o nello scendere sia morto o si sia ferito una parte del
corpo: in questo caso si concederà un’azione utile. Ma se qualcuno
abbia spinto lo schiavo altrui da un ponte o dalla riva facendolo
cadere nel fiume e, in conseguenza di ciò, sia annegato, si può non
difficilmente comprendere che, per il fatto di averlo spinto, abbia
prodotto il danno con il suo corpo e che pertanto è tenuto in base alla
legge Aquilia. Ma se il danno non sia stato arrecato con il proprio
corpo, né sia stato ferito il corpo, ma sia stato arrecato in altro modo,
poiché non si può ricorrere né all’azione diretta né all’azione utile
aquiliana, si ritenne che il responsabile fosse tenuto in base all’azione
modellata sul fatto: come se qualcuno, mosso da misericordia, avesse
sciolto dalle catene uno schiavo per farlo fuggire»).
NUOVE FORME DI DANNO: ACTIO DE DOLO
Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 1, 1: verba autem edicti
talia sunt: ‘Quae dolo malo facta esse dicentur, si
de his rebus alia actio non erit et iusta causa esse
videbitur, iudicium dabo’.
 Trad.: «tali sono poi le parole dell’editto: ‘Quelle
cose che si dirà siano state fatte con dolo
malvagio, se per esse non ci sarà altra azione e
sembri esservi giusta causa, concederò l’azione’».

ACTIO DE DOLO E CRITERIO DELLA
SUSSIDIARIETÀ IN LABEONE
Sussidiarietà ‘a garanzia’ del danneggiato
 Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7, 3: non solum autem si
alia actio non sit, sed et si dubitetur an alia sit,
putat Labeo (fr. 35 Lenel) de dolo dandam
actionem …

ACTIO DE DOLO E CRITERIO DELLA
SUSSIDIARIETÀ IN LABEONE
Sussidiarietà in senso ‘sostanziale’
 Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7, 6: Si quadrupes tua dolo
alterius damnum mihi dederit, quaeritur, an de
dolo habeam adversus eum actionem. et placuit
mihi, quod Labeo (fr. 35 Lenel) scribit, si dominus
quadrupedis non sit solvendo, dari debere de
dolo, quamvis si noxae deditio sit secuta, non
puto dandam nec in id quod excedit.

ACTIO DE DOLO E ACTIO IN FACTUM LEGIS
AQUILIAE: QUALE USARE?

Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7, 7: Idem Labeo quaerit, si
compeditum servum meum ut fugeret solveris, an
de dolo actio danda sit? et ait Quintus apud eum
notans: si non misericordia ductus fecisti, furti
teneris: si misericordia, in factum actionem dari
debere.
ACTIO DE DOLO A TUTELA DEL DANNO AL
PATRIMONIO CAUSATO DA UNA CONDOTTA
IMMATERIALE


Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7 pr.: ... si minor annis viginti quinque
consilio servi circumscriptus eum vendidit cum peculio
emptorque eum manumisit, dandam in manumissum de dolo
actionem (hoc enim sic accipimus carere dolo emptorem, ut ex
empto teneri non possit) aut nullam esse venditionem, si in
hoc ipso ut venderet circumscriptus est. et quod minor
proponitur, non inducit in integrum restitutionem: nam
adversus manumissum nulla in integrum restitutio potest
locum habere.
Trad.: «... se un minore di venticinque anni, raggirato dal
consiglio del proprio schiavo, lo vendette con il peculio e il
compratore lo abbia poi manomesso, deve concedersi l’azione
di dolo contro lo schiavo liberato (e in questo senso dobbiamo
pensare a un’assenza di dolo del compratore, cosicché non
possa essere tenuto con l’azione di compravendita), oppure è
nulla la vendita, se il minore fu raggirato sul fatto stesso di
concludere la vendita. La circostanza poi che si tratti di un
minore, non comporta un provvedimento di reintegrazione
dello status quo ante: infatti non si dà luogo a tale
provvedimento nei confronti di un manomesso».
LA
PATRIMONIALIZZAZIONE DEL CORPO DELL’UOMO
LIBERO NELL’EDICTUM DE EFFUSIS VEL DEIECTIS E
L’EMERGERE DELLA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA


Ulp. 23 ad ed. D. 9, 3, 1 pr.: praetor ait de his, qui deiecerint vel
effuderint: ‘unde in eum locum, quo volgo iter fiet vel in quo
consistetur, deiectum vel effusum quid erit, quantum ex ea re
damnum datum factumve erit, in eum, qui ibi habitaverit, in duplum
iudicium dabo. si eo ictu homo liber perisse dicetur, quinquaginta
aureorum iudicium dabo. si vivet nocitumque ei esse dicetur,
quantum ob eam rem aequum iudici videbitur eum cum quo agetur
condemnari, tanti iudicium dabo. si servus insciente domino fecisse
dicetur, in iudicio adiciam: aut noxam dedere’.
Trad.: «su coloro che abbiano gettato di sotto o versato qualcosa, il
pretore afferma: ‘da dove sarà stato gettato di sotto o versato qualcosa
in quel luogo per il quale la gente passi o dove si trattenga, nei
confronti di colui che ivi abiti darò un’azione per il doppio del valore
del danno. Se per quel colpo si dica che sia morto un uomo libero, darò
un’azione per cinquanta aurei. Se viva e si dica che sia stato ferito,
darò un’azione per quanto sembrerà equo al giudice che sia
condannato colui contro cui si agisce. Se si dica che lo fece uno schiavo
senza che il padrone lo sapesse, aggiungerò nella formula: o dare a
nossa’».
L’ACTIO IN FACTUM GENERALIS

Rapporto tra actio in factum legis Aquiliae
(tutela del danno aquiliano), actio de dolo (tutela
residuale del danno non aquiliano) e actio
praescriptis verbis (tutela contrattuale)
I GLOSSATORI: IL RISARCIMENTO DEL DANNO
DA


UCCISIONE
DELL’UOMO
LIBERO
Gl. gloriae causa ad D. 9, 2, 7, 4: Item si in publico certamine aliquo libero
occiso cessat Aquilia; ut hic dicit: an si alibi occidatur, vel vulneretur, habet
locum pro libero homine? Bulgarus quod non ... quibus dicitur non fieri hominis
liberi mortui aestimationem. Sed Rogerius et Azo contra et dicunt quod habet
locum etiam libero homine mortuo, et vulnerato utilis Aquiliae ... et hic
sumitur argumentum a contrario sensu: ... quod in legibus a Bulgaro inductis
dicitur, intelligas pro aestimatione ipsius corporis liberi hominis, pro qua non
agitur lege Aquilia sed ad caetera damna sic».
Trad.: «parimenti se in una pubblica competizione viene ucciso un uomo libero
non può applicarsi la tutela aquiliana; e qui dice: se altrove sia stato ucciso o
ferito si può usare l’azione aquiliana per l’uomo libero? Bulgaro ritiene non sia
applicabile … perché il corpo dell’uomo libero morto non può essere stimato.
Ma Rogero e Azzone sono di contrario avviso, ritenendo che possa applicarsi
l’azione aquiliana utile anche per risarcire il danno derivante dalla morte o dal
ferimento dell’uomo libero … E qui si trae un argomento ragionando al
contrario: … ciò che è stabilito nelle fonti richiamate da Bulgaro, vale per la
stima del corpo dell’uomo libero per il quale non funziona la legge Aquilia, ma
diversamente può dirsi per gli altri danni (diversi dalla quantificazione del
corpo dell’uomo libero, ma derivanti dall’uccisione o dal ferimento dello
stesso)».
(SEGUE):


ROFFREDI BENEVENTANI Libelli iuris civilis, ed. cit., 193 (pars quarta, 97r, de
actione directa legis Aquiliae): «oppositio: sed opponitur. ad quid agitur pro
libero homine occiso? Certe in nullo videtur quod possit agi. Certum est quod
liberum corpus non recipit estimationem ... Sed respondeo et defendo
opinionem domini mei sicut Cassius sententiam domini sui Sabini ... quod
potest agi pro libero homine occiso lege Aquilia, sicut et cum vulneratur,
scilicet ut veniunt preterite mercedes que dantur medicis et omnia impendia
que in eius curatione facta sunt et estimatio operarum quibus caruit paret et
cariturus est; libertatis autem ipsius vel membrorum vel cicatricum non fiet
estimatio ... Iure tamen Lombardo miserrime fit estimatio liberi hominis si
occidatur, quia aliquando estimat iudex si aliquis nobilissimus occidatur 300
solidis, si mediocres 200, si alii populares 150 ...»
(trad.: «opposizione: ma si oppone. Come si agisce per la morte di un uomo
libero? Certamente sembra che non si possa agire. Certo è che il corpo
dell’uomo libero non può essere stimato … Ma rispondo e difendo l’opinione del
mio maestro come Cassio la sentenza del suo maestro Sabino …che si può agire
per l’uccisione di un uomo libero con la legge Aquilia, come anche quando viene
ferito, naturalmente quando sono state affrontate spese mediche e tutte le altre
spese per la cura dell’uomo libero e viene stimata l’attività lavorativa perduta e
quella che andrà persa; non si farà alcuna valutazione della libertà o delle
membra o delle cicatrici … Nel diritto Lombardo, tuttavia, miseramente si fa la
valutazione dell’uccisione di un uomo libero, perché alla fine il giudice valuta a
seconda che sia stato ucciso un uomo nobilissimo 300 solidi, se sono mediocri
200, se popolari 150 …»).
I GLOSSATORI: L’EMERGERE DELLA
NOZIONE DI INTERESSE SINGULARE



gl. Casus l. cum eo quod interest c. de sententiis … (C. 7, 47): «…
triplex dicitur interesse: conventionale, commune et singulare» (trad.:
«… l’interesse è di tre tipi: pattizio, comune e particolare»).
AZONIS Lectura super Codicem, ad C. 7, 47, ed. cit., 588 ss., gl. cum
pro eo l. cum eo quod interest c. de sententiis … (C. 7, 47): «item
singulare: ut si tua interest propter affectionem xx …» (trad.:
«parimenti particolare: come se venti venisse richiesto per l’affectio»);
gl. dupli l. cum eo quod interest c. de sententiis … (C. 7.47): «…
singulare autem interesse venit in his casibus, qui dicuntur hac lege.
Item in eo quod dicit, singulare non excedere communem vel
conventum ultra duplum …» (trad.: «… invece l’interesse particolare
emerge nei casi richiamati da questa costituzione. Parimenti in ciò
che dice che l’interesse particolare non deve superare quello comune o
quello pattizio oltre il doppio»).
ODOFREDI Lectura super Codice, ad C. 7, 47, II, Lugdunni, 1552, 121v,
gl. cum pro eo quod interesr: «… est singulare interesse, quando plus
interest mea habere quam alterius» (trad.: «… è particolare
l’interesse, quando interessa averlo più a me che ad altri»).
I GLOSSATORI: GLI SVILUPPI
DELL’IDENTITÀ INIURIA-CULPA


IRNERII gl. sed etsi quemcumque l. sed etsi quemcumque ff.
ad legem Aquiliam (D. 9, 2, 5 pr.): «dampnum iniuria mihi
affers aut cum facis aut cum fecisse videris, facientem lex
Aquilia tenet, quam evitas si aut iure facis, ut insidiantem
occidendo, aut iuste excusaris, ut in ramo deiecto, aut tibi
magis quam alii dampnum fecisse videris, ut in re tibi
debita, aut actor habet quod de ipso queratur. hiis
cessantibus culpa teneris ...».
Trad.: «tu arrechi a me un danno iniuria o quando lo
realizzi o quando sembri realizzarlo. La legge Aquilia
sanziona chi arreca (il danno), ma puoi andare esente da
pena se hai agito secondo il diritto, come quando uccidi chi
mette a repentaglio la tua vita, o sei scusato giustamente,
come nel far cadere un ramo (nella tua proprietà), o sembri
che a te piuttosto che ad altri sia fatto un danno, come nel
caso di una cosa a te dovuta, o l’attore ha ciò che chiede. In
mancanza di tutte queste cause di giustificazione, tu sei
punibile perché hai agito colposamente …».
(SEGUE):

D. ODOFREDI Lectura super Codice, ad C. 3, 35, I,
Ludguni, 1552, 178r, gl. damnum: «... nomen
iniuriae est aequivocum in iure nostro ...»
I GLOSSATORI: I NUOVI CONFINI
DELL’ACTIO DE DOLO

BULGARI De dolo summula, in Opuscula Bulgari: sed etiam,
si in hoc ipso, ut venderes, circumscriptus es, re tradita
experiris de dolo, quasi non contractus set delictum
intercesserit. cum enim nulla sit venditio, cui dolus causam
dederit, ex contractu neque experiri neque conveniri
poteris, utpote cum venditio turpis est, ut nemo ex ea
actionem daturus sit. Cum ergo venditio suo effectu
destituitur, sequens traditio rescinditur, que, licet
dominium in ementem transtulit, equitate tam ille, que
expeditur, cum iudicium de dolo ventilatur, quasi nulla
fuisse detegitur. Unde talis venditio non immerito ab initio
quasi infirma in digestis titulo de dolo duabus legibus ‘et
eleganter Pomponius’ (D. 4, 3, 7 pr.) et in ea ‘quod venditor
ut commendet dicit’ (D. 4, 3, 37) asseritur et ex contractu
actio denegatur. Et, ut supra dictum est, si precessit
venditio est infirma, sequitur traditio ut infirmanda.
COMMENTATORI E UMANISTI: IL RISARCIMENTO
DEL DANNO DA UCCISIONE DELL’UOMO LIBERO


J. MASUERII Aureus ac perutilis Tractatus stium curarium praximeque
iudiciorum atque consuetudinem continens, Lugduni, 1536, De expensis
interesse et damnis, 105v (n. 16): «... primo mulier illius qui occisus est. Secundo
pater saltem et maxime si ille qui fuit occisus non erat emancipatus. Tertio
liberi si qui sint. Alii vero consanguinei non admittuntur: soci autem bonorum
vel alicuius artificii seu mercantie posset petere damnum si quod inde
emerserit: sed non si ibi sit lucrum cessans iuxta ea que habentur ...» (trad.: «…
innanzitutto la moglie dell’ucciso. Poi il padre, soprattutto se l’ucciso non era
stato emancipato. Ancora i figli se vi fossero. Gli altri consanguinei non sono
ammessi: invece i soci di un’attività comune o commerciale possono chiedere il
risarcimento del danno causato dall’uccisione: ma non il lucro cessante … »)
N. BOERII Decisiones aureae in Sacro Burdegalense Senatu olim discussae, I,
Venetiis, 1585, 544 (dec. 233 n.3), sulle orme di Masuer: «qui pro homicidio
possunt petere interesse. Primo, scilicet uxor. Secundo pater, maxime si filius
occisus non erat emancipatus. Tertio liberi si qui sint. Alii vero consanguinei
non admittuntur ... Item, ut inquit Masuerius, socius bonorum vel alicuius
artificii seu mercantiae» (trad.: «quelli che possono vantare un interesse a
seguito di un omicidio. Innanzitutto la moglie. Poi il padre, soprattutto se il
figlio non era stato emancipato. Ancora i figli se vi fossero. In verità gli altri
consanguinei non sono ammessi … Parimenti, come afferma Masuer, il socio
nell’attività comune o commerciale»).
SEGUE:

J. CUJACII Commentarius in lib. LXXXVI Digestorum Salvii Juliani, ad D. 9, 2,
5, 3, in Opera omnia, III, Prati, 1837, 1436 ss. ad § si magister: «nota etiam ex
hoc loco non tantum de servo ucciso, vel vulnerato competere domino actionem
legis Aquiliae, sed etiam eamdem actionem accommodari patri de filiofamilias
vulnerato in D. 9.2.7.4 vel si liber homo, qui vulneratus est, paterfamil. fuerit,
ipsimet libero homini vulnerato haec actio accommodatur ... sed hoc interest,
quod in directa actione l. Aquiliae, quae de servo competit, corporis et damni
aestimatio fit: in utili, quae de filiofam. vel quae de ipso libero homine datur,
damni tantum aestimatio fit, non corporis: quia liberi corporis nulla aestimatio
est. Item quod de servo ea actio datur vulnerato, vel ucciso: de libero autem
homine vulnerato tantum. Non de ucciso solum superest iudicium publicum ex
lege Cornelia de sicariis ...» (trad.: «nota anche che in questo frammento non
soltanto per l’uccisione dello schiavo o per il suo ferimento al padrone spetta
un’azione, ma la medesima azione viene adattata anche nei confronti del figlio
in potestà che sia stato ferito in D. 9.2.7.4, oppure se un uomo libero, padre di
famiglia, sia stato ferito a questo viene adattata l’azione … ma c’è questa
differenza: che nell’azione aquiliana diretta che spetta nei confronti dello
schiavo, si fa la stima del corpo e del danno: nell’azione utile, quella che viene
concessa nei confronti del figlio sottoposto a potestà o dell’uomo libero, c’è
soltanto la stima del danno, non del corpo: perché non si può valutare il corpo
dell’uomo libero. Parimenti, mente questa azione viene concessa per il
ferimento o l’uccisione dello schiavo, per l’uomo libero viene data soltanto per il
ferimento. Non per l’uccisione per la quale residua soltanto il giudizio pubblico
della legge Cornelia sugli assassini …»)
COMMENTATORI E UMANISTI: L’EVOLUZIONE
DELL’‘INTERESSE SINGULARE’ NEL CRITERIO
DELL’‘UTILITAS’.

Gli umanisti definiscono l’«interesse singulare»
come «quod ex utilitate, et affectione privata et
singulari aestimatur», cumulando così i profili
dell’utilitas e dell’affectio.
COMMENTATORI E UMANISTI: LA CULPA QUALE
CARDINE DELLA RESPONSABILITÀ AQUILIANA
Per i Commentatori il termine iniuria, quando
non è del tutto ignorato, viene usato in senso
meramente obiettivo come qualificazione del
damnum.
 Nei contributi degli Umanisti la culpa assorbe
l’ormai tralatizio legame genetico con l’iniuria e
si pone autonomamente al centro del dibattito
giuridico.

COMMENTATORI E UMANISTI: DALL’AZIONE DI
DOLO ALLA NOZIONE SOSTANZIALE DI DOLO



I consiliatores escludono l’applicazione dell’azione di dolo a
sanzionare il dolo determinante che vizia il contratto,
individuando nell’azione contrattuale lo strumento più
idoneo per la tutela di un simile danno, introducendo la
figura dell’annullamento.
Un primo tentativo di rielaborazione in termini generali del
dolo facere si coglie nel contributo di François Hotman. Il
dolo facere, consistente nella realizzazione fraudolenta di
un’iniuria pubblica o privata, superando la concezione
negoziale e le precedenti sistematiche del dolo
extracontrattuale fondate sull’assenza di una specifica
tipizzazione, punta direttamente sulla nozione di danno
aquiliano.
La trattazione di Zasius, diversamente dalle riflessioni dei
giuristi francesi, assicura uno spazio anche al dolo
extracontrattuale attraverso un lungo elenco di casi tratti
dalle fonti romane nei quali il dolo assume un’autonoma
configurazione al di fuori dei delitti nominati.
GROZIO E LA NOZIONE DI MALEFICIUM


H. GROTII De iure belli ac pacis libri tres, I, Traiecti
ad Rhenum, 1773, 512 ss. (II.17.1 ss.): maleficium hic
appellamus culpam omnem, sive in faciendo, sive in
non faciendo, pugnantem cum eo, quod aut homines
communiter, aut pro ratione certae qualitatis facere
debent. Ex tali culpa obligatio naturaliter oritur, si
damnum datum est, nempe ut id resarciatur.
Trad.: «il maleficium è ogni colpa, sia commissiva, sia
omissiva che contrasta con ciò che gli uomini o
insieme o in considerazione di un determinato ruolo,
devono fare. Da una simile colpa nasce un’obbligazione naturale, se è stato arrecato un danno si è
tenuti al suo risarcimento».
GROZIO E IL RICONOSCIMENTO DELLA
SPES ALIMENTORUM


GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 516 s.
(II.17.13): homicida iniustus tenetur solvere impensas
si quae facta sunt in medicos, et iis quos occisus alere
ex officio solebat, puta parentibus, uxoribus, dare
tantum quantum illa spes alimentorum, ratione
habita aetate occisi, valebat ... vitae autem in libero
homine aestimatio non fit secus in servo qui vendi
potuit.
Trad.: «l’omicida ingiusto è tenuto a pagare le spese se
sono state sostenute per i medici e, nei confronti di
quelli che l’ucciso era solito sostentare, come genitori,
mogli, è tenuto a dare l’equivalente degli alimenti che
in relazione all’età dell’ucciso avrebbero potuto essere
fruiti … non si può stimare la vita di un uomo libero
diversamente da quanto accade per lo schiavo che può
essere venduto».
SEGUE:
GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 517
(II.17.14): qui mutilavit similiter tenebitur ad
impensas et ad aestimationem eius quod iam qui
mutilatus est minus poterit lucrari. Sed sicut ibi
vitae, ita et hic cicatricis in libero homine
aestimatio non fit ...
 Trad.: «analogamente chi ha ferito qualcuno è
tenuto alle spese e alla valutazione di quanto la
mutilazione incide sulla sua capacità lavorativa.
Ma come prima la vita, ora le cicatrici non
possono essere valutate rispetto al ferimento di
un uomo libero».

GROZIO E IL RICONOSCIMENTO
DELL’INTERESSE NON PATRIMONIALE



GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 513 (II.17.2.1):
«vita non quidem ad perdendum, sed ad
custodiendum, corpus, membra, fama, honor, actiones
propriae».
GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 520 (II.17.22):
«quae fit culpae confessione, exhibitione honoris,
testimonio innocentiae …»), oltre al risarcimento
pecuniario, perché considerato il comune criterio di
stima delle cose («quia pecunia communis est rerum
utilium mensura»).
GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 517 (II.17.15):
«qui virginem imminuit vi, aut fraude, tenetur ei
rependere quanti minoris ipsi valet spes nuptiarum
…» (trad.: «chi ha violato una vergine, con la violenza
o con l’inganno, è tenuto a risarcire la diminuzione
della possibilità di sposarsi …»).
USUS MODERNUS PANDECTARUM E GIUSNATURALISMO: LA TUTELA ASSOLUTA DEL DANNO
ALLA PERSONA



J. VOET, Commentarius ad Pandectas, ad D. 9, 2, I,
Coloniae Allobrogum, 1769, 430.11, ammette, rispetto
alla lesione dell’uomo libero, il risarcimento delle
spese mediche e delle operae «quibus laesus caruit et
in posterum cariturus est», ma anche la «cicatricis et
doloris atque deformitatis aestimatio» ( trad.: «(opere)
che ha perduto e che perderà in futuro», ma anche «la
stima delle cicatrici, del dolore e delle deformità»).
I. H. BOEHMERI Introductio in ius Digestorum, ad D.
9, 2, I, Halae Magdeburgicae, 1773, 269 (§ 9), nel
concedere in via utile l’actio legis Aquiliae nell’ipotesi
in cui un filius familias sia stato ucciso, aggiunge la
previsione di una riparazione pecuniaria per il dolore
(«quin et moribus in certam pecuniam, pro pensando
dolore, condemnatio fieri solet»).
.
USUS MODERNUS PANDECTARUM E GIUSNATURALISMO: LA DICOTOMIA ANTIGIURIDICITÀCOLPEVOLEZZA

Commento di Heinrich Cocceius al De iure belli
ac pacis : «omne factum illicitum, sive cum
proposito, sive sine proposito admissum ...» («ogni
fatto illecito commesso o volontariamente o
involontariamente …»). Da questo ‘fatto illecito’
nasce il danno e conseguentemente l’obbligo alla
riparazione.
USUS MODERNUS PANDECTARUM E GIUSNATURALISMO: IL DOLO CONTRATTUALE ED EXTRACONTRATTUALE

Soltanto IOH. ALTHUSIUS, Dicaeologicae libri tres
totum et universum ius, quo utimur, methodice
complectentes non circoscrive la sua indagine sul ruolo
del dolus malus all’àmbito contrattuale.Lo schema
romano viene ripreso integralmente negli effetti del
comportamento doloso di una delle parti contraenti: il
dolus causam dans conventioni rende nullo ipso iure il
contratto di buona fede; mentre il dolus incidens
viene sanato per ipsum contractum o produce una
restitutio in integrum. Nei contratti stricti iuris, il
dolo non vizia automaticamente l’accordo. Sul
versante extracontrattuale il dolo è la species di un
genus — la deceptio — che ricomprende diverse forme
di intervento sulla libera volontà del soggetto: dolus
malus, crimen stellionatus e impostura.
LA SISTEMATICA DI PUFENDORF


Pufendorf e il precetto ‘assoluto’ di ius naturale «ut ne quis
alterum laedat» concepito come funzionale alla
conservazione della convivenza umana (socialitas). Dalla
violazione di un simile precetto nasce l’obbligo al
risarcimento del danno («utque si quod damnum alteri
dederit, id reparet»). È dunque la contrarietà alla legge
naturale che — unitamente all’impu­tabilità a titolo di dolo
o colpa, anche levissima, e alla mancanza di consenso
dell’offeso —, diviene il requisito essenziale del
danneggiamento.
Sull’esempio di Grozio, la nozione di danno è estremamente
ampia: «damnum etsi proprie ad res pertinere videatur, a
nobis tamen ita laxe accipietur, ut omnem laesionem
complectatur, quae etiam ad corpus, famam, pudicitiamque
hominis spectat …» (trad.: «il danno propriamente sembra
riguardare le cose, e viene tuttavia concepito in maniera
piuttosto lata così da abbracciare ogni lesione che riguarda
anche il corpo, la fama, la pudicizia dell’uomo ...»).
SEGUE:
Sulla falsariga del trattato di Grozio, Pufendorf
dedica uno spazio apposito all’homicida iniustus,
ricalcando testualmente la posizione del giurista
olandese, confermando l’obbligo al rimborso delle
spese mediche sostenute e al risarcimento degli
alimenti per gli stretti congiunti (genitori, moglie,
figli) — con esclusione dei poveri, in capo ai quali
il mantenimento nasce da misericordia e non da
un vero e proprio obbligo giuridico.
 Ammette indirettamente la stima del corpo
dell’uomo libero ma ritiene che l’ucciso, e non i
suoi eredi, sia l’unico legittimato al risarcimento.

SEGUE:



Il nuovo criterio del risarcimento del mero danno materiale, il prezzo di mercato della parte
del corpo lesa, comprensiva forse anche della diminuzione della capacità di guadagno
misurata sulle operae (nomine damni). «se per esempio a un terzo viene ferito un occhio,
amputata una mano, rotto un piede, si considera come se questo, da vivo, dovesse essere
venduto nel foro, e si valuta quanto valeva prima e vale ora ».
Il nomen damni è soltanto una delle cinque voci di risarcimento cui è tenuto qui proximum
laedat. La sistematica di Pufendorf prevede l’imputazione «nomine damni, doloris,
curationis, cessationis et ignominiae». Egli riconosce anche la riparazione per il danno
immateriale — nomine doloris —, commisurato alla sensibilità e alla condizione sociale del
danneggiato. Pufendorf commisura il prezzo del dolore alla condizione della persona che lo
ha sofferto, distinguendo tra l’uomo ricco e sensibile e il povero abituato alla sofferenza
fisica: il primo potrà pretendere più del secondo. A questo danno può aggiungersi, per
l’analoga natura, anche l’ignominia, ovverosia la lesione dell’onore (nomine ignominiae),
che deve essere risarcita in termini pecuniari secondo un criterio fissato sulla base della
condizione sia dell’autore dell’offesa, sia di chi la subisce. Anche in tal caso, un riferimento
alla pecunia doloris — ulteriormente sviluppato nella successiva trattazione sul
risarcimento pecuniario delle cicatrici e delle mutilazioni fisiche — misurato, non tanto
sulla stima della parte del corpo perduta, quanto sul danno che il mancato uso dell’arto
arreca stimato «pro conditione temporum, hominum, facultatum» e sulla «ratio doloris».
Più tradizionale è invece la trattazione delle due voci di danno che dal diritto romano si
sono perpetuate sino ai giusnaturalisti: le spese mediche finalizzate alla cura del corpo
(nomine curationis) e l’attività lavorativa impedita o diminuita dalla lesione (nomine
cessationis ab opere). Anche se, nell’ultimo caso, è necessario distinguere la lesione non
definitiva — che si traduce nel risarcimento del mancato guadagno durante il periodo di
inabilità lavorativa, secondo i criteri tradizionali — dalla perdita duratura di un arto. In
quest’ultimo caso — e ci troviamo di fronte a una novità — oltre al risarcimento nomine
damni della diminuzione della capacità di guadagno, il ferito ottiene per ogni giorno di
convalescenza l’ulteriore somma che egli potrà in futuro guadagnare nella nuova condizione
fisica.
THOMASIUS E L’EMERGERE DELLA
RESPONSABILITÀ OGGETTIVA



La Larva legis Aquiliae detracta actioni de damno dato,
receptae in foris Germanorum.
«damni in re sua dati reparationem petere ex Dominio
fluit» (trad.: «chiedere il risarcimento del danno arrecato
alle proprie cose discende dalle regole della proprietà»).
«iure gentium actio datur ob damnum iniuria datum.
Iniuria vero in materia damni dati omne denotat, quod non
fit iure. Sufficit ergo, quod furiosus et infans nullum ius
habeat damni mihi dandi, et ideo, quia nullum ius habet
obligatus etiam est ad damni a se dati restitutionem»
(trad.: «per diritto delle genti si concede l’azione per il
danno
arrecato
ingiustamente.
In
materia
di
danneggiamento, l’iniuria indica ciò che non si fa secondo
diritto. È sufficiente perciò che il pazzo o il minore non
abbia alcun diritto di arrecare un danno e così, poiché non
ha alcun diritto è obligato a risarcire il danno che ha
arrecato»).
CMBC, ALR, ABGB: LA NOZIONE DI DANNO






Ampia nozione di danno: sia sotto il profilo patrimoniale – i
danni da lesione o morte della persona libera – sia sul
versante non patrimoniale – danno morale.
Nell’ALR, il danno viene definito come ogni peggioramento
della condizione di un uomo rispetto al corpo, alla libertà,
all’onore e ai beni.
Quando si uccide un uomo, il diritto al risarcimento spetta
non solo agli stretti congiunti ma anche a chi nutre una
simile aspettativa.
Nell’ABGB, il danno viene definito come ‘ogni pregiudizio
che sia stato arrecato a un terzo rispetto al suo patrimonio,
ai suoi diritti o alla sua persona’.
Qui il risarcimento del danno derivante da morte di un
uomo è riservato agli stretti congiunti.
Riconoscimento
del
danno
non
patrimoniale
(Schmerzengeld).
CMBC, ALR, ABGB: I CRITERI DI
RESPONSABILITÀ
In tutti e tre i codici il criterio è soggettivo.
 Nell’ALR e nell’ABGB si introduce però anche
una responsabilità oggettiva per gli incapaci: in
particolare il § 1306 dell’ABGB stabilisce che non
è di regola tenuto a risarcire il danno chi l’abbia
arrecato in mancanza di colpa, o senza un’azione
involontaria.
 Nel § 1310 si prevede il risarcimento dei danni
causati da minori o da incapaci. L’ipotesi si
configura come residuale rispetto all’impossibilità
di attribuire ad altri la responsabilità per simili
danni (ad es. coloro che hanno la cura degli
incapaci).

SCUOLA STORICA: TRA DANNO E CRITERI DI
RESPONSABILITÀ


Savigny e Puchta si limitano a fissare i requisiti del
delitto — quale violazione del diritto, alimentata dalla
«volontà di commettere una violazione del diritto
(dolus), o (dal)la mancanza della diligenza richiesta in
ogni atto giuridico (culpa)» —, riconoscendo l’obbligo
alla riparazione soltanto nelle ipotesi in cui il bene
danneggiato abbia un valore pecuniario, con
esclusione dunque delle ipotesi di danno non
patrimoniale.
Hugo, invece, generalizza il criterio del risarcimento
del danno: hanno diritto alla riparazione non soltanto
il danneggiato, ma anche i parenti dello stesso o chi
abbia un interesse sulla cosa danneggiata tutelato
giudizialmente. Compare anche il riferimento al
creditore come possibile danneggiato, ma Hugo lascia
aperta la questione, senza determinare il criterio del
risarcimento del danno.
PANDETTISTICA: IL RISARCIMENTO
DELL’INTERESSE DEL DANNEGGIATO


I Pandettisti superano i confini dell’azione aquiliana
romana e si esercitano sulle nuove potenzialità della tutela
aperte dalla tradizione giuridica precedente. Accanto alle
impostazioni più tradizionali e restrittive — sicuramente la
maggioranza — che riconoscono soltanto nella moglie e nei
figli dell’ucciso i legittimati all’azione aquiliana, trovano
spazio anche posizioni più aperte che fissano nell’interesse
del danneggiato l’unico parametro per il risarcimento del
danno (così Sintenis e Baron).
Kipp, nell’integrare il contributo di Windscheid, se in un
primo tempo osservava, a commento del § 823 del BGB
appena entrato in vigore, che il danno può rivolgersi anche
a un diritto relativo, non solo assoluto, e fa l’esempio di chi
renda impossibile per sua colpa la prestazione a un
debitore, danneggiando il creditore, più tardi muta
radicalmente orientamento, rinviando alla dottrina
maggioritaria che — come vedremo — ravvisa nella
violazione dei soli diritti assoluti il contenuto del § 823
BGB.
PANDETTISTICA: IL DANNO NON
PATRIMONIALE


Windscheid riconduce il principio del risarcimento del danno
morale all’ordinanza di polizia giudiziaria, secondo la quale il
giudice che sottopone a tortura alcuno senza sufficienti indizi è
tenuto nei confronti del torturato a risarcire il dolore arrecato.
Jhering si occupa del danno non patrimoniale attraverso la
risoluzione di un caso pratico che coinvolgeva la
Centralbahngesellschaft, una società ferroviaria svizzera che,
dopo aver assunto impegni contrattuali con un comitato
costituito per promuovere la costruzione di linee ferroviarie,
non aveva alla fine adempiuto ai propri obblighi. I difensori
della società ferroviaria sostenevano che il comitato avrebbe
avuto un puro interesse morale, come tale insufficiente a
fondare una corrispondente obbligazione. Contro questa linea
difensiva prende posizione Jhering, proponendo una lunga
serie di esempi nei quali sarebbe iniquo negare la nascita di
un’obbligazione soltanto perché l’oggetto della prestazione non
ha valore patrimoniale. Per sostenere questo risultato, l’autore
trae spunto dal diritto romano, proponendo una nutrita
casistica nella quale si evidenzia l’ampiezza della nozione
romana di interesse.
PANDETTISTICA: IL RECUPERO DELL’ACTIO
DE DOLO

La duttilità dell’azione di dolo romana, vòlta a
tutelare tanto fattispecie contrattuali che
extracontrattuali, viene reinterpretata secondo
un’impostazione dogmatica del tutto diversa: il
dolo negoziale, nella sua configurazione di vizio
della volontà; e il dolo extracontrattuale, quale
generale figura di illecito, con caratteri residuali
rispetto alla tutela aquiliana del danneggiamento.
BGB: DANNO PATRIMONIALE E DANNO
MERAMENTE PATRIMONIALE



Le tre mini calusole generali
§ 823 BGB Schadensersatzpflicht: (1) Wer vorsätzlich oder fahrlässig
das Leben, den Körper, die Gesundheit, die Freiheit, das Eigentum
oder ein sonstiges Recht eines anderen wiederrechtlich verletzt, ist
dem anderen zum Ersatze des daraus entstehenden Schadens
verpflichtet. (2) Die gleiche Verpflichtung trifft denjenigen, welcher
gegen ein den Schutz eines anderen bezweckendes Gesetz verstöβt.
Ist nach dem Inhalte des Gesetzes ein Verstoβ gegen dieses auch ohne
Verschulden möglich, so tritt die Ersatzpflicht nur im Falle des
Verschuldens ein. Trad.: «chi volontariamente o colposamente lede
ingiustamente la vita, il corpo, la salute, la libertà, la proprietà o un
diverso diritto altrui, è tenuto verso questi al risarcimento del danno
che ne deriva. Alla stessa obbligazione è tenuto chi va contro una
legge avente per scopo l’altrui tutela. Se secondo il tenore della legge
il contravvenire a questa sia possibile anche senza colpa, l’obbligo del
risarcimento ha luogo solo in caso di colpa».
§ 826 BGB Sittenwidrige vorsätzliche Schädigung: Wer in einer gegen
die guten Sitten verstoβenden Weise einem anderen vorsätzlich
Schaden zufügt, ist dem anderen zum Ersatze des Schadens
verpflichtet. Trad.: «chi, in modo contrario ai buoni costumi, reca
volontariamente danno ad altri, è tenuto verso questi al risarcimento
del danno».
BGB: IL DANNO NON PATRIMONIALE

§ 253 BGB Immaterieller Schaden: (1) Wegen eines
Schaden, der nicht Vermögensschaden ist, kann
Entschädigung in Geld nur in den durch das Gesetz
bestimmten Fällen gefordert werden. (2) Ist wegen
einer Verletzung des Körpers, der Gesundheit, der
Freiheit oder der sexuellen Selbstbestimmung
Schadensersatz zu leisten, kann auch wegen des
Schadens, der nicht Vermögensschaden ist, eine
billige Entschädigung in Geld gefordert werden
(trad.: «(1) Per un danno non patrimoniale può
prevedersi un risarcimento in denaro soltanto nei casi
espressamente determinati dalla legge. (2) Va
risarcito il danno che derivi da un’offesa al corpo, alla
salute, alla libertà o alla autodeterminazione
sessuale, e si può ottenere anche per il danno che non
sia patrimoniale, un equo risarcimento in denaro»).
BGB: CRITERI DI RESPONSABILITÀ

§ 829: Wer in einem der in den §§ 823 bis 826 bezeichneten
Fälle für einen von ihm verursachten Schaden auf Grund der
§§ 827, 828 nicht verantwortlich ist, hat gleichwohl, sofern der
Ersatz des Schadens nicht von einem aufsichtspflichtigen
Dritten erlangt werden kann, den Schaden insoweit zu
ersetzen, als die Billigkeit nach den Umständen, insbesondere
nach den Verhältnissen der Beteiligten, eine Schadloshaltung
erfordert und ihm nicht die Mittel entzogen werden, deren er
zum angemessenen Unterhalt sowie zur Erfüllung seiner
gesetzlichen Unterhaltspflichten bedarf. (trad.: «Chi, in uno
dei casi indicati nei §§ 823 a 826, non è, in base ai §§ 827, 828,
responsabile di un danno da lui causato, deve tuttavia, se il
risarcimento del danno non possa ottenersi da un terzo
obbligato alla sorveglianza, risarcire il danno, in quanto
l’equità, sulla base delle circostanze e specialmente della
condizione degli interessati, esige un indennizzo sempre che
non gli siano tolti i mezzi di cui necessita per il mantenimento
conforme al suo stato, come pure per l’adempimento degli
obblighi di mantenimento impostigli dalla legge»).
LA DOTTRINA DI DOMAT: I DANNI

DOMAT: «toutes le pertes et tous les dommages qui
peuvent arriver par le fait de quelque personne, soit
imprudence, légereté, ignorance de ce qu’on doit
favoir, ou autres fautes semblables, si légeres qu’elles
puissente être, doivent être réparées par celui dont
l’imprudence ou autre faute y a donné lieu. Car c’est
un tort qu’il a fait, quand même il n’auroit pas eu
intention de nuire …». Trad.: «tutte le perdite e i
danni che possono discendere dal fatto di qualche
persona, sia per imprudenza, leggerezza, ignoranza di
quanto si deve sapere, o altre colpe analoghe, per
quanto leggere possano essere, devono essere riparate
da quello per la cui imprudenza o colpa hanno avuto
luogo. Perché si causa un danno anche quando non si
aveva nessuna intenzione di nuocere ...».
DOMAT: LE FORME DEL RISARCIMENTO


Il semplice interesse (intérêt), da una parte, i danni e
interessi (dommages et intérêts), dall’altra. Nel primo
rientrano i danni causati al creditore dal mancato
pagamento di una somma di denaro; mentre tutti gli
altri, di qualunque natura essi siano, sono qualificati
come danni e interessi: ad es., il locatario non apporta
le riparazioni cui è tenuto e la casa ne riceve un
nocumento.
Domat fissa un criterio di stima e giunge alla
conclusione che il prezzo della cosa danneggiata non è
stabilito «par l’attachement qui peut en augmenter
l’estimation, mais seulement sur le pied de ce qu’elles
valent
pour
l’usage
de
toutes
personnes
indistinctement». Trad.: «per il rapporto particolare
con la cosa che può aumentare la valutazione, ma
solamente per ciò che vale rispetto all’uso che tutti
indistintamente ne possano fare».
DOMAT: RESPONSABILITÀ PROPRIA E PER
FATTO ALTRUI


«l’ordre qui lie les hommes en société, ne les oblige pas seulement à ne
nuire en rien par-eux-mêmes à qui que ce soit, mais il oblige aussi
chacun à tenir tout ce qu’il possède en un tel état que personne n’en
reçoive ni mal, ni dommage; ce qui renferme le devoir de contenir les
animaux qu’on a en sa possession, de sorte qu’ils ne puissent ni nuire
aux personnes, ni causer dans leur biens quelque perte ou quelque
dommage». (trad.: «l’ordine che lega gli uomini in società non li
obbliga soltanto a non nuocere agli altri consociati, ma obbliga anche
ciascuno a custodire tutto ciò che si possiede in modo tale che nessuno
possa riceverne né male, né danni; e questo obbligo contiene anche il
dovere di trattenere gli animali che ognuno ha in suo possesso, in
modo che non possano nuocere alle persone, né causare ai loro beni
altrui perdite o danni».
«ceux qui, pouvant empêcher un dommage, que quelque devoir les
engageait de prévenir, y auront manqué, pourront en être tenus selon
les circonstances. Ainsi, un maître qui voit et souffre le dommage que
fait son domestique, pouvant l’empêcher, en est responsable» (trad.:
«quelli che potevano impedire un danno, essendo tenuti a prevenirlo,
non avendolo fatto, potranno essere ritenuti responsabili secondo le
circostanze. Così, un padrone che tollera il danno causato da un suo
domestico, pur potendolo impedire, ne è responsabile»).
POTHIER: CRITERI DI RESPONSABILITÀ

«non-seulement la personne qui a commis le délit ou
le quasi-délit, est obligée à la réparation du tort
qu’elle a causé, celles qui ont sous leur puissance cette
personne, telles que son les pères, mères, tuteurs et
précepteurs, sont tenues de cette obligation, lorsque le
délit ou quasi-délit a été commis en leur présence, et
généralement lorsque pouvant l’empêcher, elles ne
l’ont pas fait: mais si elles n’ont pu l’empêcher, elles
n’en sont point tenues». Trad.: «non solamente chi ha
materialmente commesso il delitto o il quasi delitto è
tenuto a riparare il danno prodotto, ma anche chi ha
in potestà alcune persone, come i padri, le madri, i
tutori e i precettori, quando il delitto o il quasi delitto
è stato commesso in loro presenza e quando, potendo
impedirlo, non l’hanno fatto. Ma se non l’hanno potuto
impedire, non sono tenuti».
CODE NAPOLÉON

Art. 1382 c. c. fr.: tout fait quelconque de
l’homme, qui cause à autrui un dommage, oblige
celui par la faute duquel il est arrivé, à le
réparer; art. 1383 c. c. fr.: chacun est responsable
du dommage qu’il a causé, non seulement par son
fait, mais encore par sa négligence ou par son
imprudence. (trad.: «qualunque fatto dell’uomo
che arreca danno ad altri, obbliga quello per
colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno»;
«ciascuno è responsabile del danno che ha
causato, non solamente per fatto proprio, ma
anche per sua negligenza o imprudenza»).
IL CODICE ITALIANO DEL 1865
Art. 1151 c. c. it. (1865): qualunque fatto
dell’uomo che arreca danno ad altri, obbliga
quello per colpa del quale è avvenuto a risarcire il
danno.
 Art. 1152 c. c. it. (1865): ognuno è responsabile
del danno cagionato non solamente per un fatto
proprio, ma anche per propria negligenza od
imprudenza.

IL CODICE ITALIANO DEL 1865: L’AMPIA
NOZIONE DI DANNO

F. RICCI: «qualunque diminuzione del nostro
patrimonio, la quale si ha tanto nel caso in cui
siamo privati di ciò che già fa parte del
patrimonio stesso (damnum emergens), quanto
nell’altro in cui siamo impediti di acquistare
quello che altrimenti avremmo acquistato
(lucrum cessans) ...».
VERSO IL CODICE CIVILE DEL 1942:
RESPONSABILITÀ SOGGETTIVA E OGGETTIVA



La contrapposizione tra Gian Pietro Chironi e Giacomo
Venezian
Il primo, pur essendo un tenace sostenitore della colpa
quale perno della responsabilità civile, nelle situazioni in
cui si finge una culpa in vigilando o in eligendo ricorre al
criterio della rappresentazione (nella responsabilità dei
padroni e dei committenti), o alla «garantia» (nei casi di
responsabilità per il fatto altrui sprovvisti di prova
liberatoria, come i danni prodotti da animali o causati dalla
rovina di un edificio).
Il secondo tenta di rifondare il criterio della responsabilità
aquiliana in chiave oggettiva, ponendo alla base di questa
scelta l’esigenza di ristabilire l’equilibrio economico tra
patrimoni che il verificarsi del danno ha sconvolto. E in
questa chiave, egli arriva a giustificare la responsabilità
per i danni arrecati dai minori e dai pazzi, auspicando una
riforma in tal senso del codice civile.
IL SISTEMA DEL DOPPIO BINARIO DELLA
RESPONSABILITÀ: IL CODICE DEL1865






Art. 1153 c.c. (1865): ciascuno parimente è obbligato non
solo pel danno che cagiona per fatto proprio ma anche per
quello che viene arrecato col fatto delle persone delle quali
deve rispondere, o colle cose che ha in custodia.
Il padre e in sua mancanza la madre sono obbligati pei
danni cagionati dai loro figli minori abitanti con essi;
I tutori pei danni cagionati dai loro amministrati abitanti
con essi;
I padroni e i committenti pei danni cagionati dai loro
domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze alle
quali li hanno destinati;
I precettori e gli artigiani pei danni cagionati dai loro
allievi ed apprendenti nel tempo in cui sono sotto la loro
vigilanza.
La detta risponsabilità non ha luogo, allorché i genitori, i
tutori, i precettori e gli artigiani provano di non aver potuto
impedire il fatto di cui dovrebbero essere risponsabili.
IL PROGETTO DI CODICE DELLE
OBBLIGAZIONI E DEI CONTRATTI DEL




1927
Art. 76 Progetto c. o. c.(Danno cagionato da persona priva
di discernimento): Nel caso di danno cagionato da persona
priva di discernimento, se il danneggiato non abbia potuto
ottenere il risarcimento da chi è tenuto dalla sorveglianza,
il giudice può, in considerazione della condizione delle
parti, condannare l’autore del danno ad un’equa indennità.
Art. 79 Progetto c. o. c. (Responsabilità dei genitori, tutori,
maestri e artigiani): Il padre, in sua mancanza la madre o il
tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto
illecito dei figli minori abitanti con essi.
I maestri e gli artigiani sono responsabili del danno
cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti
durante il tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
La responsabilità di queste persone cessa se provino di non
aver potuto impedire il fatto. Essa sussiste anche se
l’autore del fatto illecito sia irresponsabile per la mancanza
di discernimento.
IL CODICE CIVILE DEL 1942: IL DANNO
INGIUSTO
Art. 2043 c. c. it. 1942: qualunque fatto doloso o
colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto,
obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire
il danno.
 Relazione al Re, n. 267: «perché il fatto doloso o
colposo sia fonte di responsabilità occorre che
esso produca un danno ingiusto. Si precisa così,
conferendo maggior chiarezza alla norma dell’art.
1151 c.c. 1865, che la culpa e l’iniuria sono
concetti distinti; e quindi si esige che il fatto o
l’omissione, per essere fonte di responsabilità
debba essere doloso o colposo, ossia imputabile, e
debba inoltre essere compiuto mediante la lesione
dell’altrui sfera giuridica».

IL SUPERAMENTO DEL DOGMA DELLA
TUTELA AQUILIANA DEI DIRITTI ASSOLUTI
Lesione aquiliana del credito: dal caso Superga al
caso Meroni
 L’esistenza di un nesso di causalità immediato e
diretto tra danno e fatto lesivo; l’infungibilità
della prestazione.
 La critica di Busnelli all’immediatezza del danno
e il criterio della sostituibilità quale parametro di
determinazione del valore della prestazione e non
condizione di risarcibilità.

SEGUE:

Cass. 12 novembre 1988 n. 6132: danno
lamentato dal datore di lavoro che a seguito
dell’invalidità temporanea di un dipendente,
determinata dal fatto illecito di un terzo, sia
tenuto per legge o per contrattazione collettiva a
pagare la retribuzione e a versare i contributi
previdenziali, senza ricevere la prestazione del
dipendente infortunato. La Corte ha applicato la
tutela aquiliana senza alcun riferimento
all’insostituibilità o meno della prestazione
lavorativa.
LA TUTELA TIPIZZATA DI SITUAZIONI
SOGGETTIVE AL DI FUORI DEI DIRITTI ASSOLUTI
Il caso De Chirico e il diritto all’integrità del
patrimonio.
 A questa figura si è affiancata, in tempi piuttosto
recenti, l’ipotesi della pura perdita patrimoniale
che derivi, ad es., da un’informazione inesatta o
da una prestazione d’opera intellettuale errata,
da
un’interferenza
illecita
nel
rapporto
obbligatorio, da una lesione di un interesse
legittimo (danno meramente patrimoniale).

QUALE TUTELA PER IL DANNO
MERAMENTE PATRIMONIALE?
Il modello extracontrattuale fondato sul ‘danno
ingiusto’ quale clausola generale posta a tutela di
ogni interesse giuridicamente rilevante.
 Il
modello contrattuale che rinvia a una
costruzione tipica del danno ingiusto, concepito
come lesione di situazioni giuridiche previamente
riconosciute dall’ordinamento.

IL MODELLO CONTRATTUALE




La teoria di Castronovo:
tra le diverse fattispecie, l’autore si occupa dell’induzione o della
complicità nell’inadempimento di chi sia terzo al rapporto
contrattuale. La natura contrattuale della responsabilità del terzo
sarebbe giustificata dalla solidarietà dei criteri di imputazione della
responsabilità.
Rispetto alla doppia alienazione del bene, Castronovo, dopo aver
verificato che nell’esperienza tedesca il § 826 BGB garantisce il
risarcimento del danno meramente patrimoniale in termini di illecito
qualora vi sia l’intento doloso del secondo acquirente, argomentando e
contrario sulla base del fatto la clausola generale dovrebbe per
coerenza implicare una risarcibilità generale del danno meramente
patrimoniale, conclude in favore del modello contrattuale,
richiamandosi all’esempio del concorso del terzo all’inadempimento
del debitore.
Il danno meramente patrimoniale derivante dalla c.d. perdita di
chance è collocato dall’autore nell’àmbito della responsabilità
contrattuale, a meno che non sia altrimenti collegato a un diritto
soggettivo, per evitare di assumere la chance come una vera e propria
situazione giuridica soggettiva.
SEGUE: LA TEORIZZAZIONE
DELL’OBBLIGAZIONE SENZA PRESTAZIONE
Prendendo spunto da situazioni nelle quali è possibile configurare un
obbligo accessorio distinto ma funzionalmente raccordato alla
prestazione, Castronovo lo adatta alla tutela di fattispecie nelle quali
ipotizza l’esistenza di obblighi accessori alla prestazione pure in
mancanza di quest’ultima.
E così, la responsabilità derivante dalle false informazioni, la
Prospekt-haftung, la responsabilità degli intermediari finanziari, il
danno cagionato dal medico a un paziente nell’adempimento di una
prestazione di lavoro all’interno di una struttura sanitaria, il danno
che un alunno si procuri da sé o cagioni ad altri durante le attività
scolastiche e del quale si chieda il risarcimento al precettore
dipendente dall’istituto con il quale è in vigore il rapporto di
istruzione dell’alunno stesso, il danno che il professionista,
nell’adempiere un’obbligazione, cagioni a soggetti che non gli sono
creditori ma nella cui sfera giuridica si riflettono gli effetti della sua
prestazione inesatta, sono tutti casi nei quali gli obblighi al
risarcimento non sarebbero accessori a un obbligo di prestazione ma
verrebbero a costituire «un rapporto, di contenuto ridotto rispetto a
quello dell’obbligazione ordinaria, a metà strada tra l’assenza di
rapporto previo che caratterizza la responsabilità extracontrattuale e
il rapporto obbligatorio di prestazione all’inadem­pimento del quale in
genere si riferisce la responsabilità contrattuale»
L’ADESIONE
DELLA
GIURISPRUDENZA
AL
MODELLO CONTRATTUALE NEL RISARCIMENTO
DEL DANNO DA CONTATTO SOCIALE


Una pronuncia della Cassazione del 1999 (Cass. 22
gennaio 1999, n. 589) apre, quale leading case, la
numerosa serie di decisioni in materia di
responsabilità contrattuale da contatto sociale tra
paziente e medico dipendente della struttura
sanitaria alla quale l’utente si rivolge per ricevere la
prestazione.
La Suprema Corte (Cass. 26 giugno 2007, n. 14712)
ha ritenuto che il banchiere giratario per l’incasso che
paga un assegno di traenza non trasferibile a persona
diversa dal beneficiario indicato nel titolo, risponde in
via contrattuale, pur in assenza di un rapporto
negoziale, in virtù del ‘contatto sociale’ che
caratterizza l’operato della banca negoziatrice, tenuta
all’osservanza della norma di cui all’art. 43 del RD 21
dicembre 1933, n. 1736.
IL MODELLO EXTRACONTRATTUALE

Poggiando sulla clausola generale del ‘danno
ingiusto’, si è usato sia il criterio dell’affidamento
incolpevole, quale espressione dell’ingiustizia del
danno, per selezionare la natura dell’interesse
leso, sia il criterio della violazione di modelli di
comportamento determinati principalmente in
via legislativa cui si coordinano i principi della
causalità adeguata, derogabili solo nelle ipotesi di
responsabilità per fatto doloso.
L’EREDITÀ DELL’ACTIO DE DOLO NELLA TUTELA
EXTRACONTRATTUALE DEL DANNO MERAMENTE
PATRIMONIALE





Fattori di discontinuità nella vicenda che conduce
alla
configurazione
della
responsabilità
extracontrattuale:
irrigidimento
dogmatico
della
dicotomia
contratto/delitto
area più estesa della responsabilità da maleficium
rispetto a quella nascente da contratto
assorbimento entro le clausole generali di
responsabilità delle originarie figure di dolo
extracontrattuale
Si creano le premesse per la preferenza del modello
extracontrattuale nella valutazione della tutela più
adeguata per le situazioni di confine, quali le ipotesi
di danno meramente patrimoniale.
SEGUE:




Contenuti della tutela:
Il giusnaturalismo, soprattutto di area germanica, enfatizza il collegamento tra
risarcimento del danno e condizione proprietaria, portando a privilegiare la
tutela dei diritti assoluti. Nel codice civile tedesco la norma cardine della
responsabilità extracontrattuale è impostata in maniera tipica e i beni tutelati
sono i diritti assoluti della proprietà e della persona. Ciò non toglie, però, la
frammentazione in clausole particolari della disciplina del danno
extracontrattuale di cui è esempio la disposizione del § 826 — fattispecie,
quest’ultima, che i codificatori hanno mutuato direttamente dall’actio de dolo
romana.
L’esperienza francese opta per una nozione ampia di danno che, pur isolando
una tutela privilegiata della proprietà e dei diritti della persona, non esclude
ipotesi di danneggiamento diretto e indiretto avente come oggetto beni diversi
dai diritti assoluti.
Nell’esperienza italiana, l’iniziale influenza francese si riflette sull’adozione
dello stesso modello codicistico e, dunque, sulla scelta di una nozione ampia di
danno risarcibile. All’indomani dell’emanazione del BGB, la dottrina italiana,
sempre più vicina, nella sua formazione, a quella tedesca, comincia a
interpretare il codice civile del 1865 usando le categorie dogmatiche dei maestri
tedeschi e, in conseguenza, restringe l’area del danno risarcibile alla lesione dei
diritti assoluti senza però il correttivo delle disposizioni particolari.
SEGUE:
Conclusioni e problemi aperti
 La naturale ampiezza della clausola generale di
responsabilità extracontrattuale all’esito della
vicenda che ha portato alla sua elaborazione.
 Lo snaturamento della responsabilità contrattuale nelle ipotesi di tutela di doveri derivanti da
contatto sociale.
 Il
problema della ricerca di criteri di
contenimento dell’area del danno risarcibile. Un
recupero integrale della casistica tedesca?

DAL DANNO MORALE AL DANNO NON
PATRIMONIALE

Art. 85 Progetto c.o.c. 1927: l’obbligazione del
risarcimento comprende tutti i danni materiali e
morali, cagionati dall’atto illecito. In particolare,
il giudice potrà attribuire un’indennità alla
vittima, in caso di lesione della persona, di
attentato all’onore e alla reputazione della
persona o della sua famiglia, di violazione della
libertà personale o del domicilio o di un segreto
concernente la parte lesa. Il giudice potrà
ugualmente attribuire un’indennità ai parenti,
agli affini o al coniuge a titolo di riparazione del
dolore sofferto nel caso di morte della vittima.
SEGUE:
art. 24 nel Progetto preliminare del triennio 193941 danni non patrimoniali (art. 185 e 186 c.p.): i
danni non patrimoniali sono risarcibili solamente
nei casi determinati dalla legge e nelle forme da
essa stabilite.
 Art. 2059 c.c. 1942: Il danno non patrimoniale
deve essere risarcito solo nei casi determinati
dalla legge.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO
Le due sentenze del 1979 (87/79 e 88/79)
confermano la legittimità della riserva di legge
dell’art. 2059, inquadrandola come espressione
della discrezionalità del legislatore ordinario.
 La teoria del ‘travaso’ della tutela del danno
biologico dall’art. 2059, riservato ai danni morali,
all’art. 2043, all’interno dell’ampia nozione di
danno ingiusto (sentenza n. 184/86).
 Ritorno
della tutela del danno biologico
all’interno dell’art. 2059 c.c. a seguito della
sentenza n. 372/94. L’occasione è data dalla
richiesta di risarcimento del danno alla salute
fatto valere iure proprio dai congiunti del leso.

SEGUE:


La conferma della collocazione del danno biologico tra
i danni non patrimoniali tutelati dall’art. 2059 c.c.
nell’ordinanza n. 293/96 che preserva il danno
biologico dai limiti discrezionali del legislatore,
essendo assistito dalla garanzia costituzionale.
Così anche la sentenza n. 233 /03 nella quale il
giudice costituzionale, richiamando anche la presa di
posizione della Corte di Cassazione (Cass. nn. 8827/03
e 8828/03), ha precisato, sia pure incidentalmente,
che il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c.
deve essere concepito come una categoria ampia,
comprensiva di ogni pregiudizio non suscettibile di
valutazione economica derivante da lesione a valori
inerenti alla persona, costituzionalmente garantiti,
come tali non soggetti al limite derivante dalla riserva
di legge correlata all'art. 185 c.p.
LA TIPICITÀ DEL RISARCIMENTO DEL
DANNO NON PATRIMONIALE
Le sentenze gemelle della Cassazione (nn. 8826 8827/03) e la sentenza n. 233 dello stesso anno
della Corte Costituzionale hanno individuato
alcuni tipi di danno non patrimoniale risarcibili:
il danno morale soggettivo, il danno biologico e un
danno che lede un interesse costituzionalmente
protetto che il giudice costituzionale identifica
con il danno esistenziale.
 Cass. 11 novembre 2008 n. 26972: atipicità del
danno patrimoniale tutelato dall’art. 2043 c.c. e
tipicità del danno non patrimoniale ex art. 2059
c.c.

LA SCOMPARSA DEL DANNO ESISTENZIALE
Il danno morale soggettivo non sarebbe
autonoma categoria di danno (tranne il danno
tanatologico). A fini descrittivi si riconosce il
danno biologico, mentre il danno esistenziale,
consistente nel ‘non poter fare areddituale’, rileva
non come danno in sé ma in quanto conseguenza
della lesione grave di un diritto inviolabile della
persona
diverso
dal
diritto
all’integrità
psicofisica.
 Il danno non patrimoniale sarebbe una categoria
generale nella quale il danno biologico, richiamato a fini descrittivi, viene personalizzato dalla
sofferenza soggettiva del danneggiato.

L’ART. 2059 C.C.: UNA NORMA ESTRANEA
AL SISTEMA?
Le numerose difficoltà di applicazione dell’art.
2059 c.c.
 La cancellazione della categoria del danno morale
soggettivo apre alla censura di incostituzionalità
della norma.
 Problema dell’individuazione della tutela minima
del danno non patrimoniale e in generale
dell’interpretazione del criterio dell’ingiustizia
del danno.

IPOTESI DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA
NEL CODICE CIVILE DEL 1942




Art. 79 Progetto c.o.c.: il padre, in sua mancanza la madre o
il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto
illecito dei figli minori abitanti con essi.
I maestri e gli artigiani sono responsabili del danno
cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti
durante il tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
La responsabilità di queste persone cessa se provino di non
aver potuto impedire il fatto. Essa sussiste anche se
l’autore del fatto illecito sia irresponsabile per la mancanza
di discernimento.
Art. 76 Progetto c.o.c.: nel caso di danno cagionato da
persona priva di discernimento, se il danneggiato non abbia
potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto dalla
sorveglianza, il giudice può, in considerazione della
condizione delle parti, condannare l’autore del danno ad
un’equa indennità.
SEGUE:





Art. 2047 c.c.: in caso di danno cagionato da persona incapace
d’intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto
alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver
potuto impedire il fatto.
Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il
risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in
considerazione delle condizioni economiche delle parti, può
condannare l’autore del danno a un’equa indennità.
Art. 2048 c.c.: il padre e la madre, o il tutore, sono
responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli
minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che
abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante.
I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono
responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro
allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro
vigilanza.
Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla
responsabilità soltanto se provano di non avere potuto
impedire il fatto.
IL RUOLO DELLA PROVA LIBERATORIA
La scelta del giudice di oggettivizzare o soggettivizzare la responsabilità
 La copertura assicurativa del danno surroga alla
responsabilità dei genitori
 I diversi orientamenti della giurisprudenza nei
paesi di civil law
 Quale certezza per il danneggiato?

ALLE RADICI DELLA RESPONSABILITÀ PER
FATTO ALTRUI
Forme di responsabilità oggettiva in diritto
romano espresse attraverso la presunzione
assoluta di culpa in vigilando, eligendo per la
coincidenza tra iniuria e culpa
 L’esigenza
garantista
della
responsabilità
oggettiva in Grozio e nella dottrina francese alla
base del Code Napoleon
 La responsabilità oggettiva degli incapaci nel
BGB

IL PESO DELLA TRADIZIONE NELLA CONCEZIONE DELLA
EDUCANDO
CULPA
IN
VIGILANDO
E
IN
La scelta obbligata dei romani di definire la
responsabilità oggettiva attraverso la culpa
 La
scelta della tradizione intermedia di
introdurre la prova liberatoria coerentemente
alla logica della colpevolezza, successivamente
alla distinzione tra antigiuridicità e colpevolezza
 Nello scollamento tra obiettivo — garantire il
risarcimento del danno in fattispecie nelle quali
esso non è immediatamente riconducibile alla
colpevolezza dell’agente — e strumento usato per
la sua realizzazione — culpa in eligendo e in
vigilando — trova spazio la moderna ambiguità
interpretativa della responsabilità indiretta.

Scarica

lezioni