FONDAMENTI DEL DIRITTO EUROPEO IL DANNO NELL’ESPERIENZA ROMANA Il danneggiamento nelle XII tavole Ulp. 18 ad ed. D. 9, 2, 1 pr.: lex Aquilia omnibus legibus, quae ante se de damno iniuria locutae sunt, derogavit, sive duodecim tabulis, sive alia quae fuit: quas leges nunc referre non est necesse (trad.: «la legge Aquilia derogò a tutti le leggi che prima di essa avevano parlato del danno ingiustamente arrecato, sia alle dodici tavole sia a qualsiasi altra norma. Non è necessario riferire ora tali leggi») L’INCENDIO Gai. 4 ad l. XII tab. D. 47, 9, 9 (= tab. 8, 10): qui aedes acervumve frumenti iuxta domum positum conbusserit, vinctus verberatus igni necari iubetur, si modo sciens prudensque id commiserit. si vero casu, id est neglegentia, aut noxiam sarcire iubetur aut, si minus idoneus sit, levius castigatur. appellatione autem aedium omnes species aedificii continentur (trad.: «chi abbia incendiato un edificio o un covone di frumento posto vicino a una casa, deve essere legato, bastonato e fatto morire nel fuoco, se ha commesso il fatto scientemente e deliberatamente. Se, invece, il fatto avvenne per caso, cioè per negligenza, o è tenuto a risarcire il danno o, se non è in grado, è castigato con una pena più lieve. Nella denominazione di case si comprendono poi tutte le specie di edifici») IL TAGLIO DEGLI ALBERI Plin. nat. hist. 17, 1, 7 (= tab. 8, 11): fuit et arborum cura legibus priscis, cautumque est XII tabulis ut, qui iniuria cecidisset alienas, lueret in singulas aeris XXV (trad.: «nelle antiche leggi era prevista la cura degli alberi, nelle dodici tavole è stabilito che per l’ingiusto taglio degli alberi altrui fosse prevista una pena di 25 assi per pianta») PASCOLO ABUSIVO O DISTRUZIONE DI MESSI Plin. nat. hist. 18, 3, 12 (= tab. 8, 9): frugem quidem aratro quaesitam furtim noctu pavisse ac secuisse puberi XII tabulis capital erat, suspensumque Cereri necari iubebant gravius quam in homicidio convictum, impubem praetoris arbitratu verberari noxiamve duplionemve decerni (trad.: «nelle dodici tavole era prevista la pena di morte per l’adulto che furtivamente di notte avesse fatto pascolare il bestiame o avesse distrutto le messi di un campo coltivato e si ordinava che fosse impiccato e sacrificato a Cerere con una pena più grave di quella prevista per il colpevole di omicidio, l’impubere, invece, si ordinava che fosse frustato nella misura stabilita dal pretore e che fosse condannato a risarcire il danno o il doppio del danno») LESIONI FISICHE ALLE PERSONE tab. 8, 2: si membrum rup(s)it, ni cum eo pacit, talio esto tab. 8, 3: si os fregit libero, CCC si servo, CL poenam subito sestertiorum tab. 8, 4: si iniuriam [mmss. iniuria] (alteri) faxsit, viginti quinque poenae sunto L’ECONOMIA DEL V SECOLO E LA NATURA DEL DANNO La natura dei beni protetti La frammentazione del danno e del regime sanzionatorio IL RIASSETTO PRETORIO DELL’INIURIA Gell. 20, 1, 13: ‘propterea’ inquit ‘praetores postea hanc abolescere et relinqui censuerunt iniuriisque aestumandis recuperatores se daturos edixerunt’ «perciò, dice, successivamente i pretori decisero che questa norma dovesse essere abolita e abbandonata e stabilirono di affidare ai recuperatori la stima della pena da pagare in caso di iniuriae» L’INIURIA NELLE COMMEDIE PLAUTINE L’iniuria astratta: la lesione all’onore L’iniuria indiretta: aut per semet ipsum … aut per alias personas L’UCCISIONE DELLO SCHIAVO NEL I CAPUT DELLA LEX AQUILIA Gai. 7 ad ed. prov. D-. 9, 2, 2 pr.: lege Aquilia capite primo cavetur: ‘ut qui servum servamve alienum alienamve quadrupedem vel pecudem iniuria occiderit, quanti id in eo anno plurimi fuit, tantum aes dare domino damnas esto’. Gai. 3, 210: damni iniuriae actio constituitur per legem Aquiliam, cuius primo capite cautum est, <ut> si quis hominem alienum alienamve quadrupedem, quae pecudum numero sit, iniuria occiderit, quanti ea res in eo anno plurimi fuerit, tantum domino dare damnetur. I. 4, 3 pr.: damni iniuriae actio constituitur per legem Aquiliam cuius primo capite cautum est, ut si quis hominem alienum alienamve quadrupedem quae pecudum numero sit iniuria occiderit, quanti ea res in eo anno plurimi fuit, tantum domino dare damnetur. I CAPUT DELLA LEX AQUILIA Trad.: «nel primo capitolo della legge Aquilia è stabilito: ‘che chi abbia ucciso iniuria uno schiavo o una schiava altrui o un capo di bestiame a quattro zampe, sia condannato a pagare al padrone il maggior valore che la cosa abbia avuto nel corso dell’anno». Trad.: «l’azione di danno e di lesione si fonda sulla legge Aquilia nel cui primo capitolo è stabilito che se qualcuno abbia ucciso iniuria uno schiavo altrui o un altrui capo di bestiame a quattro zampe, sia condannato a pagare al padrone il maggior valore che la cosa abbia avuto nel corso dell’anno». LA LESIONE DEL CREDITO NEL SECONDO CAPUT Gai. 3, 215: capite secundo <adversus> adstipulatorem, qui pecuniam in fraudem stipulatoris acceptam fecerit, quan-ti ea res est, tanti actio constituitur. Ulp. 18 ad ed. D. 9, 2, 27, 4: huius legis secundum quidem capitulum in desuetudinem abiit. I. 4, 3, 12: caput secundum legis Aquiliae in usu non est. Trad.: «nel secondo capitolo si prevede un’azione per il valore della cosa distrutta contro il creditore accessorio che in frode al creditore principale abbia estinto l’obbligazione a carico del debitore mediante acceptilatio». Trad.: «il secondo capitolo di questa legge è caduto in desuetudine». Trad.: «il secondo capitolo della legge Aquilia non è applicato». LA CLAUSOLA GENERALE DEL DANNEGGIAMENTO: III CAPUT Ulp. 18 ad ed. D. 9, 2, 27, 5: tertio autem capite ait eadem lex Aquilia: ‘ceterarum rerum praeter hominem et pecudem occisos si quis alteri damnum faxit, quod usserit fregerit ruperit iniuria, quanti ea res erit in diebus triginta proximis, tantum aes domino dare damnas esto’. Trad.: «nel terzo capitolo la medesima legge Aquilia dice: rispetto a tutte le altre cose, fatta eccezione per lo schiavo e l’animale uccisi, se qualcuno ha arrecato danno ad altri, per il fatto bruciare, spezzare, rompere iniuria, sia condannato a pagare al proprietario tanto denaro quanto sarà il valore della cosa nei trenta giorni prossimi». L’INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE DELLA LEGGE AQUILIA Iniuria: dal dolus alla culpa Paul. 10 ad Sab. D. 9.2.31: Si putator ex arbore ramum cum deiceret uel machinarius hominem praetereuntem occidit, ita tenetur, si is in publicum decidat nec ille proclamauit, ut casus eius euitari possit. sed Mucius etiam dixit, si in priuato idem accidisset, posse de culpa agi: culpam autem esse, quod cum a diligente prouideri poterit, non esset prouisum aut tum denuntiatum esset, cum periculum euitari non possit. secundum quam rationem, non multum refert, per publicum an per priuatum iter fieret, cum plerumque per priuata loca uolgo iter fiat. quod si nullum iter erit, dolum dumtaxat praestare debet, ne immittat in eum, quem uiderit transeuntem: nam culpa ab eo exigenda non est, cum diuinare non potuerit, an per eum locum aliquis transiturus sit. COLPA Trad.: Se un potatore, lasciando cadere un ramo da un albero, o un operaio uccide uno schiavo che passa, è tenuto se in un luogo pubblico abbia tagliato e non abbia gridato in modo che potesse essere evitato l’oggetto che cadeva. Ma Mucio disse che, se anche fosse accaduto in un luogo privato, si poteva agire per colpa: infatti è colpa non aver provveduto a ciò che una persona diligente avrebbe potuto provvedere o aver avvisato quando il pericolo non poteva più essere evitato. Sulla base di questa logica non fa differenza che il fatto sia accaduto in un luogo pubblico o privato, poiché spesso si transita per le vie private. Se non vi era alcun passaggio, dovrà rispondere solo per il dolo, affinché non cada qualcosa su quello che ha visto passare: infatti non si può lamentare la colpa di chi non poteva indovinare se per quel luogo qualcuno sarebbe passato. IL CRITERIO DELL’ID QUOD INTEREST Dalla stima del corpus all’id quod interest Gli effetti: Estensione del terzo capitolo della legge alle ipotesi di distruzione parziale della res Estensione della legittimazione attiva a soggetti non proprietari Generalizzazione dell’azione aquiliana ACTIO UTILIS E ACTIO IN FACTUM I. 4, 3, 16: ceterum placuit ita demum ex hac lege actionem esse, si quis <praecipue> corpore suo damnum dederit. ideoque in eum, qui alio modo damnum dederit, utiles actiones dari solent: veluti si quis hominem alienum aut pecus ita incluserit, ut fame necaretur, aut iumentum tam vehementer egerit, ut rumperetur, aut pecus in tantum exagitaverit, ut praecipitaretur, aut si quis alieno servo persuaserit, ut in arborem ascenderet vel in puteum descenderet, et is ascendendo vel descendendo aut mortuus fuerit aut aliqua parte corporis laesus erit, utilis in eum actio datur. sed si quis alienum servum de ponte aut ripa in flumen deiecerit et si suffocatus fuerit, eo quod proiecerit corpore suo damnum dedisse non difficiliter intellegi poterit ideoque ipsa lege Aquilia tenetur. sed si non corpore damnum fuerit datum neque corpus laesum fuerit, sed alio modo damnum alicui contigit, cum non sufficit neque directa neque utilis Aquilia, placuit eum qui obnoxius fuerit in factum actione teneri: veluti si quis, misericordia ductus, alienum servum compendium solverit, ut fugeret. SEGUE: Trad.: «per il resto si ritenne che l’azione aquiliana si desse soltanto se qualcuno arrecasse un danno propriamente con il corpo. Pertanto, nei confronti di colui che abbia arrecato danno in altro modo, si è soliti concedere azioni utili: come se qualcuno abbia rinchiuso l’altrui schiavo o bestiame in modo tale da farlo morire di fame, o abbia sforzato così tanto un giumento da ferirlo, o spaventato così tanto un gregge da farlo cadere in un precipizio, o se qualcuno abbia convinto uno schiavo altrui a salire su un albero o a scendere in un pozzo e questi nel salire o nello scendere sia morto o si sia ferito una parte del corpo: in questo caso si concederà un’azione utile. Ma se qualcuno abbia spinto lo schiavo altrui da un ponte o dalla riva facendolo cadere nel fiume e, in conseguenza di ciò, sia annegato, si può non difficilmente comprendere che, per il fatto di averlo spinto, abbia prodotto il danno con il suo corpo e che pertanto è tenuto in base alla legge Aquilia. Ma se il danno non sia stato arrecato con il proprio corpo, né sia stato ferito il corpo, ma sia stato arrecato in altro modo, poiché non si può ricorrere né all’azione diretta né all’azione utile aquiliana, si ritenne che il responsabile fosse tenuto in base all’azione modellata sul fatto: come se qualcuno, mosso da misericordia, avesse sciolto dalle catene uno schiavo per farlo fuggire»). NUOVE FORME DI DANNO: ACTIO DE DOLO Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 1, 1: verba autem edicti talia sunt: ‘Quae dolo malo facta esse dicentur, si de his rebus alia actio non erit et iusta causa esse videbitur, iudicium dabo’. Trad.: «tali sono poi le parole dell’editto: ‘Quelle cose che si dirà siano state fatte con dolo malvagio, se per esse non ci sarà altra azione e sembri esservi giusta causa, concederò l’azione’». ACTIO DE DOLO E CRITERIO DELLA SUSSIDIARIETÀ IN LABEONE Sussidiarietà ‘a garanzia’ del danneggiato Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7, 3: non solum autem si alia actio non sit, sed et si dubitetur an alia sit, putat Labeo (fr. 35 Lenel) de dolo dandam actionem … ACTIO DE DOLO E CRITERIO DELLA SUSSIDIARIETÀ IN LABEONE Sussidiarietà in senso ‘sostanziale’ Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7, 6: Si quadrupes tua dolo alterius damnum mihi dederit, quaeritur, an de dolo habeam adversus eum actionem. et placuit mihi, quod Labeo (fr. 35 Lenel) scribit, si dominus quadrupedis non sit solvendo, dari debere de dolo, quamvis si noxae deditio sit secuta, non puto dandam nec in id quod excedit. ACTIO DE DOLO E ACTIO IN FACTUM LEGIS AQUILIAE: QUALE USARE? Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7, 7: Idem Labeo quaerit, si compeditum servum meum ut fugeret solveris, an de dolo actio danda sit? et ait Quintus apud eum notans: si non misericordia ductus fecisti, furti teneris: si misericordia, in factum actionem dari debere. ACTIO DE DOLO A TUTELA DEL DANNO AL PATRIMONIO CAUSATO DA UNA CONDOTTA IMMATERIALE Ulp. 11 ad ed. D. 4, 3, 7 pr.: ... si minor annis viginti quinque consilio servi circumscriptus eum vendidit cum peculio emptorque eum manumisit, dandam in manumissum de dolo actionem (hoc enim sic accipimus carere dolo emptorem, ut ex empto teneri non possit) aut nullam esse venditionem, si in hoc ipso ut venderet circumscriptus est. et quod minor proponitur, non inducit in integrum restitutionem: nam adversus manumissum nulla in integrum restitutio potest locum habere. Trad.: «... se un minore di venticinque anni, raggirato dal consiglio del proprio schiavo, lo vendette con il peculio e il compratore lo abbia poi manomesso, deve concedersi l’azione di dolo contro lo schiavo liberato (e in questo senso dobbiamo pensare a un’assenza di dolo del compratore, cosicché non possa essere tenuto con l’azione di compravendita), oppure è nulla la vendita, se il minore fu raggirato sul fatto stesso di concludere la vendita. La circostanza poi che si tratti di un minore, non comporta un provvedimento di reintegrazione dello status quo ante: infatti non si dà luogo a tale provvedimento nei confronti di un manomesso». LA PATRIMONIALIZZAZIONE DEL CORPO DELL’UOMO LIBERO NELL’EDICTUM DE EFFUSIS VEL DEIECTIS E L’EMERGERE DELLA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA Ulp. 23 ad ed. D. 9, 3, 1 pr.: praetor ait de his, qui deiecerint vel effuderint: ‘unde in eum locum, quo volgo iter fiet vel in quo consistetur, deiectum vel effusum quid erit, quantum ex ea re damnum datum factumve erit, in eum, qui ibi habitaverit, in duplum iudicium dabo. si eo ictu homo liber perisse dicetur, quinquaginta aureorum iudicium dabo. si vivet nocitumque ei esse dicetur, quantum ob eam rem aequum iudici videbitur eum cum quo agetur condemnari, tanti iudicium dabo. si servus insciente domino fecisse dicetur, in iudicio adiciam: aut noxam dedere’. Trad.: «su coloro che abbiano gettato di sotto o versato qualcosa, il pretore afferma: ‘da dove sarà stato gettato di sotto o versato qualcosa in quel luogo per il quale la gente passi o dove si trattenga, nei confronti di colui che ivi abiti darò un’azione per il doppio del valore del danno. Se per quel colpo si dica che sia morto un uomo libero, darò un’azione per cinquanta aurei. Se viva e si dica che sia stato ferito, darò un’azione per quanto sembrerà equo al giudice che sia condannato colui contro cui si agisce. Se si dica che lo fece uno schiavo senza che il padrone lo sapesse, aggiungerò nella formula: o dare a nossa’». L’ACTIO IN FACTUM GENERALIS Rapporto tra actio in factum legis Aquiliae (tutela del danno aquiliano), actio de dolo (tutela residuale del danno non aquiliano) e actio praescriptis verbis (tutela contrattuale) I GLOSSATORI: IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA UCCISIONE DELL’UOMO LIBERO Gl. gloriae causa ad D. 9, 2, 7, 4: Item si in publico certamine aliquo libero occiso cessat Aquilia; ut hic dicit: an si alibi occidatur, vel vulneretur, habet locum pro libero homine? Bulgarus quod non ... quibus dicitur non fieri hominis liberi mortui aestimationem. Sed Rogerius et Azo contra et dicunt quod habet locum etiam libero homine mortuo, et vulnerato utilis Aquiliae ... et hic sumitur argumentum a contrario sensu: ... quod in legibus a Bulgaro inductis dicitur, intelligas pro aestimatione ipsius corporis liberi hominis, pro qua non agitur lege Aquilia sed ad caetera damna sic». Trad.: «parimenti se in una pubblica competizione viene ucciso un uomo libero non può applicarsi la tutela aquiliana; e qui dice: se altrove sia stato ucciso o ferito si può usare l’azione aquiliana per l’uomo libero? Bulgaro ritiene non sia applicabile … perché il corpo dell’uomo libero morto non può essere stimato. Ma Rogero e Azzone sono di contrario avviso, ritenendo che possa applicarsi l’azione aquiliana utile anche per risarcire il danno derivante dalla morte o dal ferimento dell’uomo libero … E qui si trae un argomento ragionando al contrario: … ciò che è stabilito nelle fonti richiamate da Bulgaro, vale per la stima del corpo dell’uomo libero per il quale non funziona la legge Aquilia, ma diversamente può dirsi per gli altri danni (diversi dalla quantificazione del corpo dell’uomo libero, ma derivanti dall’uccisione o dal ferimento dello stesso)». (SEGUE): ROFFREDI BENEVENTANI Libelli iuris civilis, ed. cit., 193 (pars quarta, 97r, de actione directa legis Aquiliae): «oppositio: sed opponitur. ad quid agitur pro libero homine occiso? Certe in nullo videtur quod possit agi. Certum est quod liberum corpus non recipit estimationem ... Sed respondeo et defendo opinionem domini mei sicut Cassius sententiam domini sui Sabini ... quod potest agi pro libero homine occiso lege Aquilia, sicut et cum vulneratur, scilicet ut veniunt preterite mercedes que dantur medicis et omnia impendia que in eius curatione facta sunt et estimatio operarum quibus caruit paret et cariturus est; libertatis autem ipsius vel membrorum vel cicatricum non fiet estimatio ... Iure tamen Lombardo miserrime fit estimatio liberi hominis si occidatur, quia aliquando estimat iudex si aliquis nobilissimus occidatur 300 solidis, si mediocres 200, si alii populares 150 ...» (trad.: «opposizione: ma si oppone. Come si agisce per la morte di un uomo libero? Certamente sembra che non si possa agire. Certo è che il corpo dell’uomo libero non può essere stimato … Ma rispondo e difendo l’opinione del mio maestro come Cassio la sentenza del suo maestro Sabino …che si può agire per l’uccisione di un uomo libero con la legge Aquilia, come anche quando viene ferito, naturalmente quando sono state affrontate spese mediche e tutte le altre spese per la cura dell’uomo libero e viene stimata l’attività lavorativa perduta e quella che andrà persa; non si farà alcuna valutazione della libertà o delle membra o delle cicatrici … Nel diritto Lombardo, tuttavia, miseramente si fa la valutazione dell’uccisione di un uomo libero, perché alla fine il giudice valuta a seconda che sia stato ucciso un uomo nobilissimo 300 solidi, se sono mediocri 200, se popolari 150 …»). I GLOSSATORI: L’EMERGERE DELLA NOZIONE DI INTERESSE SINGULARE gl. Casus l. cum eo quod interest c. de sententiis … (C. 7, 47): «… triplex dicitur interesse: conventionale, commune et singulare» (trad.: «… l’interesse è di tre tipi: pattizio, comune e particolare»). AZONIS Lectura super Codicem, ad C. 7, 47, ed. cit., 588 ss., gl. cum pro eo l. cum eo quod interest c. de sententiis … (C. 7, 47): «item singulare: ut si tua interest propter affectionem xx …» (trad.: «parimenti particolare: come se venti venisse richiesto per l’affectio»); gl. dupli l. cum eo quod interest c. de sententiis … (C. 7.47): «… singulare autem interesse venit in his casibus, qui dicuntur hac lege. Item in eo quod dicit, singulare non excedere communem vel conventum ultra duplum …» (trad.: «… invece l’interesse particolare emerge nei casi richiamati da questa costituzione. Parimenti in ciò che dice che l’interesse particolare non deve superare quello comune o quello pattizio oltre il doppio»). ODOFREDI Lectura super Codice, ad C. 7, 47, II, Lugdunni, 1552, 121v, gl. cum pro eo quod interesr: «… est singulare interesse, quando plus interest mea habere quam alterius» (trad.: «… è particolare l’interesse, quando interessa averlo più a me che ad altri»). I GLOSSATORI: GLI SVILUPPI DELL’IDENTITÀ INIURIA-CULPA IRNERII gl. sed etsi quemcumque l. sed etsi quemcumque ff. ad legem Aquiliam (D. 9, 2, 5 pr.): «dampnum iniuria mihi affers aut cum facis aut cum fecisse videris, facientem lex Aquilia tenet, quam evitas si aut iure facis, ut insidiantem occidendo, aut iuste excusaris, ut in ramo deiecto, aut tibi magis quam alii dampnum fecisse videris, ut in re tibi debita, aut actor habet quod de ipso queratur. hiis cessantibus culpa teneris ...». Trad.: «tu arrechi a me un danno iniuria o quando lo realizzi o quando sembri realizzarlo. La legge Aquilia sanziona chi arreca (il danno), ma puoi andare esente da pena se hai agito secondo il diritto, come quando uccidi chi mette a repentaglio la tua vita, o sei scusato giustamente, come nel far cadere un ramo (nella tua proprietà), o sembri che a te piuttosto che ad altri sia fatto un danno, come nel caso di una cosa a te dovuta, o l’attore ha ciò che chiede. In mancanza di tutte queste cause di giustificazione, tu sei punibile perché hai agito colposamente …». (SEGUE): D. ODOFREDI Lectura super Codice, ad C. 3, 35, I, Ludguni, 1552, 178r, gl. damnum: «... nomen iniuriae est aequivocum in iure nostro ...» I GLOSSATORI: I NUOVI CONFINI DELL’ACTIO DE DOLO BULGARI De dolo summula, in Opuscula Bulgari: sed etiam, si in hoc ipso, ut venderes, circumscriptus es, re tradita experiris de dolo, quasi non contractus set delictum intercesserit. cum enim nulla sit venditio, cui dolus causam dederit, ex contractu neque experiri neque conveniri poteris, utpote cum venditio turpis est, ut nemo ex ea actionem daturus sit. Cum ergo venditio suo effectu destituitur, sequens traditio rescinditur, que, licet dominium in ementem transtulit, equitate tam ille, que expeditur, cum iudicium de dolo ventilatur, quasi nulla fuisse detegitur. Unde talis venditio non immerito ab initio quasi infirma in digestis titulo de dolo duabus legibus ‘et eleganter Pomponius’ (D. 4, 3, 7 pr.) et in ea ‘quod venditor ut commendet dicit’ (D. 4, 3, 37) asseritur et ex contractu actio denegatur. Et, ut supra dictum est, si precessit venditio est infirma, sequitur traditio ut infirmanda. COMMENTATORI E UMANISTI: IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA UCCISIONE DELL’UOMO LIBERO J. MASUERII Aureus ac perutilis Tractatus stium curarium praximeque iudiciorum atque consuetudinem continens, Lugduni, 1536, De expensis interesse et damnis, 105v (n. 16): «... primo mulier illius qui occisus est. Secundo pater saltem et maxime si ille qui fuit occisus non erat emancipatus. Tertio liberi si qui sint. Alii vero consanguinei non admittuntur: soci autem bonorum vel alicuius artificii seu mercantie posset petere damnum si quod inde emerserit: sed non si ibi sit lucrum cessans iuxta ea que habentur ...» (trad.: «… innanzitutto la moglie dell’ucciso. Poi il padre, soprattutto se l’ucciso non era stato emancipato. Ancora i figli se vi fossero. Gli altri consanguinei non sono ammessi: invece i soci di un’attività comune o commerciale possono chiedere il risarcimento del danno causato dall’uccisione: ma non il lucro cessante … ») N. BOERII Decisiones aureae in Sacro Burdegalense Senatu olim discussae, I, Venetiis, 1585, 544 (dec. 233 n.3), sulle orme di Masuer: «qui pro homicidio possunt petere interesse. Primo, scilicet uxor. Secundo pater, maxime si filius occisus non erat emancipatus. Tertio liberi si qui sint. Alii vero consanguinei non admittuntur ... Item, ut inquit Masuerius, socius bonorum vel alicuius artificii seu mercantiae» (trad.: «quelli che possono vantare un interesse a seguito di un omicidio. Innanzitutto la moglie. Poi il padre, soprattutto se il figlio non era stato emancipato. Ancora i figli se vi fossero. In verità gli altri consanguinei non sono ammessi … Parimenti, come afferma Masuer, il socio nell’attività comune o commerciale»). SEGUE: J. CUJACII Commentarius in lib. LXXXVI Digestorum Salvii Juliani, ad D. 9, 2, 5, 3, in Opera omnia, III, Prati, 1837, 1436 ss. ad § si magister: «nota etiam ex hoc loco non tantum de servo ucciso, vel vulnerato competere domino actionem legis Aquiliae, sed etiam eamdem actionem accommodari patri de filiofamilias vulnerato in D. 9.2.7.4 vel si liber homo, qui vulneratus est, paterfamil. fuerit, ipsimet libero homini vulnerato haec actio accommodatur ... sed hoc interest, quod in directa actione l. Aquiliae, quae de servo competit, corporis et damni aestimatio fit: in utili, quae de filiofam. vel quae de ipso libero homine datur, damni tantum aestimatio fit, non corporis: quia liberi corporis nulla aestimatio est. Item quod de servo ea actio datur vulnerato, vel ucciso: de libero autem homine vulnerato tantum. Non de ucciso solum superest iudicium publicum ex lege Cornelia de sicariis ...» (trad.: «nota anche che in questo frammento non soltanto per l’uccisione dello schiavo o per il suo ferimento al padrone spetta un’azione, ma la medesima azione viene adattata anche nei confronti del figlio in potestà che sia stato ferito in D. 9.2.7.4, oppure se un uomo libero, padre di famiglia, sia stato ferito a questo viene adattata l’azione … ma c’è questa differenza: che nell’azione aquiliana diretta che spetta nei confronti dello schiavo, si fa la stima del corpo e del danno: nell’azione utile, quella che viene concessa nei confronti del figlio sottoposto a potestà o dell’uomo libero, c’è soltanto la stima del danno, non del corpo: perché non si può valutare il corpo dell’uomo libero. Parimenti, mente questa azione viene concessa per il ferimento o l’uccisione dello schiavo, per l’uomo libero viene data soltanto per il ferimento. Non per l’uccisione per la quale residua soltanto il giudizio pubblico della legge Cornelia sugli assassini …») COMMENTATORI E UMANISTI: L’EVOLUZIONE DELL’‘INTERESSE SINGULARE’ NEL CRITERIO DELL’‘UTILITAS’. Gli umanisti definiscono l’«interesse singulare» come «quod ex utilitate, et affectione privata et singulari aestimatur», cumulando così i profili dell’utilitas e dell’affectio. COMMENTATORI E UMANISTI: LA CULPA QUALE CARDINE DELLA RESPONSABILITÀ AQUILIANA Per i Commentatori il termine iniuria, quando non è del tutto ignorato, viene usato in senso meramente obiettivo come qualificazione del damnum. Nei contributi degli Umanisti la culpa assorbe l’ormai tralatizio legame genetico con l’iniuria e si pone autonomamente al centro del dibattito giuridico. COMMENTATORI E UMANISTI: DALL’AZIONE DI DOLO ALLA NOZIONE SOSTANZIALE DI DOLO I consiliatores escludono l’applicazione dell’azione di dolo a sanzionare il dolo determinante che vizia il contratto, individuando nell’azione contrattuale lo strumento più idoneo per la tutela di un simile danno, introducendo la figura dell’annullamento. Un primo tentativo di rielaborazione in termini generali del dolo facere si coglie nel contributo di François Hotman. Il dolo facere, consistente nella realizzazione fraudolenta di un’iniuria pubblica o privata, superando la concezione negoziale e le precedenti sistematiche del dolo extracontrattuale fondate sull’assenza di una specifica tipizzazione, punta direttamente sulla nozione di danno aquiliano. La trattazione di Zasius, diversamente dalle riflessioni dei giuristi francesi, assicura uno spazio anche al dolo extracontrattuale attraverso un lungo elenco di casi tratti dalle fonti romane nei quali il dolo assume un’autonoma configurazione al di fuori dei delitti nominati. GROZIO E LA NOZIONE DI MALEFICIUM H. GROTII De iure belli ac pacis libri tres, I, Traiecti ad Rhenum, 1773, 512 ss. (II.17.1 ss.): maleficium hic appellamus culpam omnem, sive in faciendo, sive in non faciendo, pugnantem cum eo, quod aut homines communiter, aut pro ratione certae qualitatis facere debent. Ex tali culpa obligatio naturaliter oritur, si damnum datum est, nempe ut id resarciatur. Trad.: «il maleficium è ogni colpa, sia commissiva, sia omissiva che contrasta con ciò che gli uomini o insieme o in considerazione di un determinato ruolo, devono fare. Da una simile colpa nasce un’obbligazione naturale, se è stato arrecato un danno si è tenuti al suo risarcimento». GROZIO E IL RICONOSCIMENTO DELLA SPES ALIMENTORUM GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 516 s. (II.17.13): homicida iniustus tenetur solvere impensas si quae facta sunt in medicos, et iis quos occisus alere ex officio solebat, puta parentibus, uxoribus, dare tantum quantum illa spes alimentorum, ratione habita aetate occisi, valebat ... vitae autem in libero homine aestimatio non fit secus in servo qui vendi potuit. Trad.: «l’omicida ingiusto è tenuto a pagare le spese se sono state sostenute per i medici e, nei confronti di quelli che l’ucciso era solito sostentare, come genitori, mogli, è tenuto a dare l’equivalente degli alimenti che in relazione all’età dell’ucciso avrebbero potuto essere fruiti … non si può stimare la vita di un uomo libero diversamente da quanto accade per lo schiavo che può essere venduto». SEGUE: GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 517 (II.17.14): qui mutilavit similiter tenebitur ad impensas et ad aestimationem eius quod iam qui mutilatus est minus poterit lucrari. Sed sicut ibi vitae, ita et hic cicatricis in libero homine aestimatio non fit ... Trad.: «analogamente chi ha ferito qualcuno è tenuto alle spese e alla valutazione di quanto la mutilazione incide sulla sua capacità lavorativa. Ma come prima la vita, ora le cicatrici non possono essere valutate rispetto al ferimento di un uomo libero». GROZIO E IL RICONOSCIMENTO DELL’INTERESSE NON PATRIMONIALE GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 513 (II.17.2.1): «vita non quidem ad perdendum, sed ad custodiendum, corpus, membra, fama, honor, actiones propriae». GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 520 (II.17.22): «quae fit culpae confessione, exhibitione honoris, testimonio innocentiae …»), oltre al risarcimento pecuniario, perché considerato il comune criterio di stima delle cose («quia pecunia communis est rerum utilium mensura»). GROTII De iure belli ac pacis, I, ed. cit., 517 (II.17.15): «qui virginem imminuit vi, aut fraude, tenetur ei rependere quanti minoris ipsi valet spes nuptiarum …» (trad.: «chi ha violato una vergine, con la violenza o con l’inganno, è tenuto a risarcire la diminuzione della possibilità di sposarsi …»). USUS MODERNUS PANDECTARUM E GIUSNATURALISMO: LA TUTELA ASSOLUTA DEL DANNO ALLA PERSONA J. VOET, Commentarius ad Pandectas, ad D. 9, 2, I, Coloniae Allobrogum, 1769, 430.11, ammette, rispetto alla lesione dell’uomo libero, il risarcimento delle spese mediche e delle operae «quibus laesus caruit et in posterum cariturus est», ma anche la «cicatricis et doloris atque deformitatis aestimatio» ( trad.: «(opere) che ha perduto e che perderà in futuro», ma anche «la stima delle cicatrici, del dolore e delle deformità»). I. H. BOEHMERI Introductio in ius Digestorum, ad D. 9, 2, I, Halae Magdeburgicae, 1773, 269 (§ 9), nel concedere in via utile l’actio legis Aquiliae nell’ipotesi in cui un filius familias sia stato ucciso, aggiunge la previsione di una riparazione pecuniaria per il dolore («quin et moribus in certam pecuniam, pro pensando dolore, condemnatio fieri solet»). . USUS MODERNUS PANDECTARUM E GIUSNATURALISMO: LA DICOTOMIA ANTIGIURIDICITÀCOLPEVOLEZZA Commento di Heinrich Cocceius al De iure belli ac pacis : «omne factum illicitum, sive cum proposito, sive sine proposito admissum ...» («ogni fatto illecito commesso o volontariamente o involontariamente …»). Da questo ‘fatto illecito’ nasce il danno e conseguentemente l’obbligo alla riparazione. USUS MODERNUS PANDECTARUM E GIUSNATURALISMO: IL DOLO CONTRATTUALE ED EXTRACONTRATTUALE Soltanto IOH. ALTHUSIUS, Dicaeologicae libri tres totum et universum ius, quo utimur, methodice complectentes non circoscrive la sua indagine sul ruolo del dolus malus all’àmbito contrattuale.Lo schema romano viene ripreso integralmente negli effetti del comportamento doloso di una delle parti contraenti: il dolus causam dans conventioni rende nullo ipso iure il contratto di buona fede; mentre il dolus incidens viene sanato per ipsum contractum o produce una restitutio in integrum. Nei contratti stricti iuris, il dolo non vizia automaticamente l’accordo. Sul versante extracontrattuale il dolo è la species di un genus — la deceptio — che ricomprende diverse forme di intervento sulla libera volontà del soggetto: dolus malus, crimen stellionatus e impostura. LA SISTEMATICA DI PUFENDORF Pufendorf e il precetto ‘assoluto’ di ius naturale «ut ne quis alterum laedat» concepito come funzionale alla conservazione della convivenza umana (socialitas). Dalla violazione di un simile precetto nasce l’obbligo al risarcimento del danno («utque si quod damnum alteri dederit, id reparet»). È dunque la contrarietà alla legge naturale che — unitamente all’imputabilità a titolo di dolo o colpa, anche levissima, e alla mancanza di consenso dell’offeso —, diviene il requisito essenziale del danneggiamento. Sull’esempio di Grozio, la nozione di danno è estremamente ampia: «damnum etsi proprie ad res pertinere videatur, a nobis tamen ita laxe accipietur, ut omnem laesionem complectatur, quae etiam ad corpus, famam, pudicitiamque hominis spectat …» (trad.: «il danno propriamente sembra riguardare le cose, e viene tuttavia concepito in maniera piuttosto lata così da abbracciare ogni lesione che riguarda anche il corpo, la fama, la pudicizia dell’uomo ...»). SEGUE: Sulla falsariga del trattato di Grozio, Pufendorf dedica uno spazio apposito all’homicida iniustus, ricalcando testualmente la posizione del giurista olandese, confermando l’obbligo al rimborso delle spese mediche sostenute e al risarcimento degli alimenti per gli stretti congiunti (genitori, moglie, figli) — con esclusione dei poveri, in capo ai quali il mantenimento nasce da misericordia e non da un vero e proprio obbligo giuridico. Ammette indirettamente la stima del corpo dell’uomo libero ma ritiene che l’ucciso, e non i suoi eredi, sia l’unico legittimato al risarcimento. SEGUE: Il nuovo criterio del risarcimento del mero danno materiale, il prezzo di mercato della parte del corpo lesa, comprensiva forse anche della diminuzione della capacità di guadagno misurata sulle operae (nomine damni). «se per esempio a un terzo viene ferito un occhio, amputata una mano, rotto un piede, si considera come se questo, da vivo, dovesse essere venduto nel foro, e si valuta quanto valeva prima e vale ora ». Il nomen damni è soltanto una delle cinque voci di risarcimento cui è tenuto qui proximum laedat. La sistematica di Pufendorf prevede l’imputazione «nomine damni, doloris, curationis, cessationis et ignominiae». Egli riconosce anche la riparazione per il danno immateriale — nomine doloris —, commisurato alla sensibilità e alla condizione sociale del danneggiato. Pufendorf commisura il prezzo del dolore alla condizione della persona che lo ha sofferto, distinguendo tra l’uomo ricco e sensibile e il povero abituato alla sofferenza fisica: il primo potrà pretendere più del secondo. A questo danno può aggiungersi, per l’analoga natura, anche l’ignominia, ovverosia la lesione dell’onore (nomine ignominiae), che deve essere risarcita in termini pecuniari secondo un criterio fissato sulla base della condizione sia dell’autore dell’offesa, sia di chi la subisce. Anche in tal caso, un riferimento alla pecunia doloris — ulteriormente sviluppato nella successiva trattazione sul risarcimento pecuniario delle cicatrici e delle mutilazioni fisiche — misurato, non tanto sulla stima della parte del corpo perduta, quanto sul danno che il mancato uso dell’arto arreca stimato «pro conditione temporum, hominum, facultatum» e sulla «ratio doloris». Più tradizionale è invece la trattazione delle due voci di danno che dal diritto romano si sono perpetuate sino ai giusnaturalisti: le spese mediche finalizzate alla cura del corpo (nomine curationis) e l’attività lavorativa impedita o diminuita dalla lesione (nomine cessationis ab opere). Anche se, nell’ultimo caso, è necessario distinguere la lesione non definitiva — che si traduce nel risarcimento del mancato guadagno durante il periodo di inabilità lavorativa, secondo i criteri tradizionali — dalla perdita duratura di un arto. In quest’ultimo caso — e ci troviamo di fronte a una novità — oltre al risarcimento nomine damni della diminuzione della capacità di guadagno, il ferito ottiene per ogni giorno di convalescenza l’ulteriore somma che egli potrà in futuro guadagnare nella nuova condizione fisica. THOMASIUS E L’EMERGERE DELLA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA La Larva legis Aquiliae detracta actioni de damno dato, receptae in foris Germanorum. «damni in re sua dati reparationem petere ex Dominio fluit» (trad.: «chiedere il risarcimento del danno arrecato alle proprie cose discende dalle regole della proprietà»). «iure gentium actio datur ob damnum iniuria datum. Iniuria vero in materia damni dati omne denotat, quod non fit iure. Sufficit ergo, quod furiosus et infans nullum ius habeat damni mihi dandi, et ideo, quia nullum ius habet obligatus etiam est ad damni a se dati restitutionem» (trad.: «per diritto delle genti si concede l’azione per il danno arrecato ingiustamente. In materia di danneggiamento, l’iniuria indica ciò che non si fa secondo diritto. È sufficiente perciò che il pazzo o il minore non abbia alcun diritto di arrecare un danno e così, poiché non ha alcun diritto è obligato a risarcire il danno che ha arrecato»). CMBC, ALR, ABGB: LA NOZIONE DI DANNO Ampia nozione di danno: sia sotto il profilo patrimoniale – i danni da lesione o morte della persona libera – sia sul versante non patrimoniale – danno morale. Nell’ALR, il danno viene definito come ogni peggioramento della condizione di un uomo rispetto al corpo, alla libertà, all’onore e ai beni. Quando si uccide un uomo, il diritto al risarcimento spetta non solo agli stretti congiunti ma anche a chi nutre una simile aspettativa. Nell’ABGB, il danno viene definito come ‘ogni pregiudizio che sia stato arrecato a un terzo rispetto al suo patrimonio, ai suoi diritti o alla sua persona’. Qui il risarcimento del danno derivante da morte di un uomo è riservato agli stretti congiunti. Riconoscimento del danno non patrimoniale (Schmerzengeld). CMBC, ALR, ABGB: I CRITERI DI RESPONSABILITÀ In tutti e tre i codici il criterio è soggettivo. Nell’ALR e nell’ABGB si introduce però anche una responsabilità oggettiva per gli incapaci: in particolare il § 1306 dell’ABGB stabilisce che non è di regola tenuto a risarcire il danno chi l’abbia arrecato in mancanza di colpa, o senza un’azione involontaria. Nel § 1310 si prevede il risarcimento dei danni causati da minori o da incapaci. L’ipotesi si configura come residuale rispetto all’impossibilità di attribuire ad altri la responsabilità per simili danni (ad es. coloro che hanno la cura degli incapaci). SCUOLA STORICA: TRA DANNO E CRITERI DI RESPONSABILITÀ Savigny e Puchta si limitano a fissare i requisiti del delitto — quale violazione del diritto, alimentata dalla «volontà di commettere una violazione del diritto (dolus), o (dal)la mancanza della diligenza richiesta in ogni atto giuridico (culpa)» —, riconoscendo l’obbligo alla riparazione soltanto nelle ipotesi in cui il bene danneggiato abbia un valore pecuniario, con esclusione dunque delle ipotesi di danno non patrimoniale. Hugo, invece, generalizza il criterio del risarcimento del danno: hanno diritto alla riparazione non soltanto il danneggiato, ma anche i parenti dello stesso o chi abbia un interesse sulla cosa danneggiata tutelato giudizialmente. Compare anche il riferimento al creditore come possibile danneggiato, ma Hugo lascia aperta la questione, senza determinare il criterio del risarcimento del danno. PANDETTISTICA: IL RISARCIMENTO DELL’INTERESSE DEL DANNEGGIATO I Pandettisti superano i confini dell’azione aquiliana romana e si esercitano sulle nuove potenzialità della tutela aperte dalla tradizione giuridica precedente. Accanto alle impostazioni più tradizionali e restrittive — sicuramente la maggioranza — che riconoscono soltanto nella moglie e nei figli dell’ucciso i legittimati all’azione aquiliana, trovano spazio anche posizioni più aperte che fissano nell’interesse del danneggiato l’unico parametro per il risarcimento del danno (così Sintenis e Baron). Kipp, nell’integrare il contributo di Windscheid, se in un primo tempo osservava, a commento del § 823 del BGB appena entrato in vigore, che il danno può rivolgersi anche a un diritto relativo, non solo assoluto, e fa l’esempio di chi renda impossibile per sua colpa la prestazione a un debitore, danneggiando il creditore, più tardi muta radicalmente orientamento, rinviando alla dottrina maggioritaria che — come vedremo — ravvisa nella violazione dei soli diritti assoluti il contenuto del § 823 BGB. PANDETTISTICA: IL DANNO NON PATRIMONIALE Windscheid riconduce il principio del risarcimento del danno morale all’ordinanza di polizia giudiziaria, secondo la quale il giudice che sottopone a tortura alcuno senza sufficienti indizi è tenuto nei confronti del torturato a risarcire il dolore arrecato. Jhering si occupa del danno non patrimoniale attraverso la risoluzione di un caso pratico che coinvolgeva la Centralbahngesellschaft, una società ferroviaria svizzera che, dopo aver assunto impegni contrattuali con un comitato costituito per promuovere la costruzione di linee ferroviarie, non aveva alla fine adempiuto ai propri obblighi. I difensori della società ferroviaria sostenevano che il comitato avrebbe avuto un puro interesse morale, come tale insufficiente a fondare una corrispondente obbligazione. Contro questa linea difensiva prende posizione Jhering, proponendo una lunga serie di esempi nei quali sarebbe iniquo negare la nascita di un’obbligazione soltanto perché l’oggetto della prestazione non ha valore patrimoniale. Per sostenere questo risultato, l’autore trae spunto dal diritto romano, proponendo una nutrita casistica nella quale si evidenzia l’ampiezza della nozione romana di interesse. PANDETTISTICA: IL RECUPERO DELL’ACTIO DE DOLO La duttilità dell’azione di dolo romana, vòlta a tutelare tanto fattispecie contrattuali che extracontrattuali, viene reinterpretata secondo un’impostazione dogmatica del tutto diversa: il dolo negoziale, nella sua configurazione di vizio della volontà; e il dolo extracontrattuale, quale generale figura di illecito, con caratteri residuali rispetto alla tutela aquiliana del danneggiamento. BGB: DANNO PATRIMONIALE E DANNO MERAMENTE PATRIMONIALE Le tre mini calusole generali § 823 BGB Schadensersatzpflicht: (1) Wer vorsätzlich oder fahrlässig das Leben, den Körper, die Gesundheit, die Freiheit, das Eigentum oder ein sonstiges Recht eines anderen wiederrechtlich verletzt, ist dem anderen zum Ersatze des daraus entstehenden Schadens verpflichtet. (2) Die gleiche Verpflichtung trifft denjenigen, welcher gegen ein den Schutz eines anderen bezweckendes Gesetz verstöβt. Ist nach dem Inhalte des Gesetzes ein Verstoβ gegen dieses auch ohne Verschulden möglich, so tritt die Ersatzpflicht nur im Falle des Verschuldens ein. Trad.: «chi volontariamente o colposamente lede ingiustamente la vita, il corpo, la salute, la libertà, la proprietà o un diverso diritto altrui, è tenuto verso questi al risarcimento del danno che ne deriva. Alla stessa obbligazione è tenuto chi va contro una legge avente per scopo l’altrui tutela. Se secondo il tenore della legge il contravvenire a questa sia possibile anche senza colpa, l’obbligo del risarcimento ha luogo solo in caso di colpa». § 826 BGB Sittenwidrige vorsätzliche Schädigung: Wer in einer gegen die guten Sitten verstoβenden Weise einem anderen vorsätzlich Schaden zufügt, ist dem anderen zum Ersatze des Schadens verpflichtet. Trad.: «chi, in modo contrario ai buoni costumi, reca volontariamente danno ad altri, è tenuto verso questi al risarcimento del danno». BGB: IL DANNO NON PATRIMONIALE § 253 BGB Immaterieller Schaden: (1) Wegen eines Schaden, der nicht Vermögensschaden ist, kann Entschädigung in Geld nur in den durch das Gesetz bestimmten Fällen gefordert werden. (2) Ist wegen einer Verletzung des Körpers, der Gesundheit, der Freiheit oder der sexuellen Selbstbestimmung Schadensersatz zu leisten, kann auch wegen des Schadens, der nicht Vermögensschaden ist, eine billige Entschädigung in Geld gefordert werden (trad.: «(1) Per un danno non patrimoniale può prevedersi un risarcimento in denaro soltanto nei casi espressamente determinati dalla legge. (2) Va risarcito il danno che derivi da un’offesa al corpo, alla salute, alla libertà o alla autodeterminazione sessuale, e si può ottenere anche per il danno che non sia patrimoniale, un equo risarcimento in denaro»). BGB: CRITERI DI RESPONSABILITÀ § 829: Wer in einem der in den §§ 823 bis 826 bezeichneten Fälle für einen von ihm verursachten Schaden auf Grund der §§ 827, 828 nicht verantwortlich ist, hat gleichwohl, sofern der Ersatz des Schadens nicht von einem aufsichtspflichtigen Dritten erlangt werden kann, den Schaden insoweit zu ersetzen, als die Billigkeit nach den Umständen, insbesondere nach den Verhältnissen der Beteiligten, eine Schadloshaltung erfordert und ihm nicht die Mittel entzogen werden, deren er zum angemessenen Unterhalt sowie zur Erfüllung seiner gesetzlichen Unterhaltspflichten bedarf. (trad.: «Chi, in uno dei casi indicati nei §§ 823 a 826, non è, in base ai §§ 827, 828, responsabile di un danno da lui causato, deve tuttavia, se il risarcimento del danno non possa ottenersi da un terzo obbligato alla sorveglianza, risarcire il danno, in quanto l’equità, sulla base delle circostanze e specialmente della condizione degli interessati, esige un indennizzo sempre che non gli siano tolti i mezzi di cui necessita per il mantenimento conforme al suo stato, come pure per l’adempimento degli obblighi di mantenimento impostigli dalla legge»). LA DOTTRINA DI DOMAT: I DANNI DOMAT: «toutes le pertes et tous les dommages qui peuvent arriver par le fait de quelque personne, soit imprudence, légereté, ignorance de ce qu’on doit favoir, ou autres fautes semblables, si légeres qu’elles puissente être, doivent être réparées par celui dont l’imprudence ou autre faute y a donné lieu. Car c’est un tort qu’il a fait, quand même il n’auroit pas eu intention de nuire …». Trad.: «tutte le perdite e i danni che possono discendere dal fatto di qualche persona, sia per imprudenza, leggerezza, ignoranza di quanto si deve sapere, o altre colpe analoghe, per quanto leggere possano essere, devono essere riparate da quello per la cui imprudenza o colpa hanno avuto luogo. Perché si causa un danno anche quando non si aveva nessuna intenzione di nuocere ...». DOMAT: LE FORME DEL RISARCIMENTO Il semplice interesse (intérêt), da una parte, i danni e interessi (dommages et intérêts), dall’altra. Nel primo rientrano i danni causati al creditore dal mancato pagamento di una somma di denaro; mentre tutti gli altri, di qualunque natura essi siano, sono qualificati come danni e interessi: ad es., il locatario non apporta le riparazioni cui è tenuto e la casa ne riceve un nocumento. Domat fissa un criterio di stima e giunge alla conclusione che il prezzo della cosa danneggiata non è stabilito «par l’attachement qui peut en augmenter l’estimation, mais seulement sur le pied de ce qu’elles valent pour l’usage de toutes personnes indistinctement». Trad.: «per il rapporto particolare con la cosa che può aumentare la valutazione, ma solamente per ciò che vale rispetto all’uso che tutti indistintamente ne possano fare». DOMAT: RESPONSABILITÀ PROPRIA E PER FATTO ALTRUI «l’ordre qui lie les hommes en société, ne les oblige pas seulement à ne nuire en rien par-eux-mêmes à qui que ce soit, mais il oblige aussi chacun à tenir tout ce qu’il possède en un tel état que personne n’en reçoive ni mal, ni dommage; ce qui renferme le devoir de contenir les animaux qu’on a en sa possession, de sorte qu’ils ne puissent ni nuire aux personnes, ni causer dans leur biens quelque perte ou quelque dommage». (trad.: «l’ordine che lega gli uomini in società non li obbliga soltanto a non nuocere agli altri consociati, ma obbliga anche ciascuno a custodire tutto ciò che si possiede in modo tale che nessuno possa riceverne né male, né danni; e questo obbligo contiene anche il dovere di trattenere gli animali che ognuno ha in suo possesso, in modo che non possano nuocere alle persone, né causare ai loro beni altrui perdite o danni». «ceux qui, pouvant empêcher un dommage, que quelque devoir les engageait de prévenir, y auront manqué, pourront en être tenus selon les circonstances. Ainsi, un maître qui voit et souffre le dommage que fait son domestique, pouvant l’empêcher, en est responsable» (trad.: «quelli che potevano impedire un danno, essendo tenuti a prevenirlo, non avendolo fatto, potranno essere ritenuti responsabili secondo le circostanze. Così, un padrone che tollera il danno causato da un suo domestico, pur potendolo impedire, ne è responsabile»). POTHIER: CRITERI DI RESPONSABILITÀ «non-seulement la personne qui a commis le délit ou le quasi-délit, est obligée à la réparation du tort qu’elle a causé, celles qui ont sous leur puissance cette personne, telles que son les pères, mères, tuteurs et précepteurs, sont tenues de cette obligation, lorsque le délit ou quasi-délit a été commis en leur présence, et généralement lorsque pouvant l’empêcher, elles ne l’ont pas fait: mais si elles n’ont pu l’empêcher, elles n’en sont point tenues». Trad.: «non solamente chi ha materialmente commesso il delitto o il quasi delitto è tenuto a riparare il danno prodotto, ma anche chi ha in potestà alcune persone, come i padri, le madri, i tutori e i precettori, quando il delitto o il quasi delitto è stato commesso in loro presenza e quando, potendo impedirlo, non l’hanno fatto. Ma se non l’hanno potuto impedire, non sono tenuti». CODE NAPOLÉON Art. 1382 c. c. fr.: tout fait quelconque de l’homme, qui cause à autrui un dommage, oblige celui par la faute duquel il est arrivé, à le réparer; art. 1383 c. c. fr.: chacun est responsable du dommage qu’il a causé, non seulement par son fait, mais encore par sa négligence ou par son imprudence. (trad.: «qualunque fatto dell’uomo che arreca danno ad altri, obbliga quello per colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno»; «ciascuno è responsabile del danno che ha causato, non solamente per fatto proprio, ma anche per sua negligenza o imprudenza»). IL CODICE ITALIANO DEL 1865 Art. 1151 c. c. it. (1865): qualunque fatto dell’uomo che arreca danno ad altri, obbliga quello per colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno. Art. 1152 c. c. it. (1865): ognuno è responsabile del danno cagionato non solamente per un fatto proprio, ma anche per propria negligenza od imprudenza. IL CODICE ITALIANO DEL 1865: L’AMPIA NOZIONE DI DANNO F. RICCI: «qualunque diminuzione del nostro patrimonio, la quale si ha tanto nel caso in cui siamo privati di ciò che già fa parte del patrimonio stesso (damnum emergens), quanto nell’altro in cui siamo impediti di acquistare quello che altrimenti avremmo acquistato (lucrum cessans) ...». VERSO IL CODICE CIVILE DEL 1942: RESPONSABILITÀ SOGGETTIVA E OGGETTIVA La contrapposizione tra Gian Pietro Chironi e Giacomo Venezian Il primo, pur essendo un tenace sostenitore della colpa quale perno della responsabilità civile, nelle situazioni in cui si finge una culpa in vigilando o in eligendo ricorre al criterio della rappresentazione (nella responsabilità dei padroni e dei committenti), o alla «garantia» (nei casi di responsabilità per il fatto altrui sprovvisti di prova liberatoria, come i danni prodotti da animali o causati dalla rovina di un edificio). Il secondo tenta di rifondare il criterio della responsabilità aquiliana in chiave oggettiva, ponendo alla base di questa scelta l’esigenza di ristabilire l’equilibrio economico tra patrimoni che il verificarsi del danno ha sconvolto. E in questa chiave, egli arriva a giustificare la responsabilità per i danni arrecati dai minori e dai pazzi, auspicando una riforma in tal senso del codice civile. IL SISTEMA DEL DOPPIO BINARIO DELLA RESPONSABILITÀ: IL CODICE DEL1865 Art. 1153 c.c. (1865): ciascuno parimente è obbligato non solo pel danno che cagiona per fatto proprio ma anche per quello che viene arrecato col fatto delle persone delle quali deve rispondere, o colle cose che ha in custodia. Il padre e in sua mancanza la madre sono obbligati pei danni cagionati dai loro figli minori abitanti con essi; I tutori pei danni cagionati dai loro amministrati abitanti con essi; I padroni e i committenti pei danni cagionati dai loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze alle quali li hanno destinati; I precettori e gli artigiani pei danni cagionati dai loro allievi ed apprendenti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. La detta risponsabilità non ha luogo, allorché i genitori, i tutori, i precettori e gli artigiani provano di non aver potuto impedire il fatto di cui dovrebbero essere risponsabili. IL PROGETTO DI CODICE DELLE OBBLIGAZIONI E DEI CONTRATTI DEL 1927 Art. 76 Progetto c. o. c.(Danno cagionato da persona priva di discernimento): Nel caso di danno cagionato da persona priva di discernimento, se il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto dalla sorveglianza, il giudice può, in considerazione della condizione delle parti, condannare l’autore del danno ad un’equa indennità. Art. 79 Progetto c. o. c. (Responsabilità dei genitori, tutori, maestri e artigiani): Il padre, in sua mancanza la madre o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori abitanti con essi. I maestri e gli artigiani sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti durante il tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. La responsabilità di queste persone cessa se provino di non aver potuto impedire il fatto. Essa sussiste anche se l’autore del fatto illecito sia irresponsabile per la mancanza di discernimento. IL CODICE CIVILE DEL 1942: IL DANNO INGIUSTO Art. 2043 c. c. it. 1942: qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Relazione al Re, n. 267: «perché il fatto doloso o colposo sia fonte di responsabilità occorre che esso produca un danno ingiusto. Si precisa così, conferendo maggior chiarezza alla norma dell’art. 1151 c.c. 1865, che la culpa e l’iniuria sono concetti distinti; e quindi si esige che il fatto o l’omissione, per essere fonte di responsabilità debba essere doloso o colposo, ossia imputabile, e debba inoltre essere compiuto mediante la lesione dell’altrui sfera giuridica». IL SUPERAMENTO DEL DOGMA DELLA TUTELA AQUILIANA DEI DIRITTI ASSOLUTI Lesione aquiliana del credito: dal caso Superga al caso Meroni L’esistenza di un nesso di causalità immediato e diretto tra danno e fatto lesivo; l’infungibilità della prestazione. La critica di Busnelli all’immediatezza del danno e il criterio della sostituibilità quale parametro di determinazione del valore della prestazione e non condizione di risarcibilità. SEGUE: Cass. 12 novembre 1988 n. 6132: danno lamentato dal datore di lavoro che a seguito dell’invalidità temporanea di un dipendente, determinata dal fatto illecito di un terzo, sia tenuto per legge o per contrattazione collettiva a pagare la retribuzione e a versare i contributi previdenziali, senza ricevere la prestazione del dipendente infortunato. La Corte ha applicato la tutela aquiliana senza alcun riferimento all’insostituibilità o meno della prestazione lavorativa. LA TUTELA TIPIZZATA DI SITUAZIONI SOGGETTIVE AL DI FUORI DEI DIRITTI ASSOLUTI Il caso De Chirico e il diritto all’integrità del patrimonio. A questa figura si è affiancata, in tempi piuttosto recenti, l’ipotesi della pura perdita patrimoniale che derivi, ad es., da un’informazione inesatta o da una prestazione d’opera intellettuale errata, da un’interferenza illecita nel rapporto obbligatorio, da una lesione di un interesse legittimo (danno meramente patrimoniale). QUALE TUTELA PER IL DANNO MERAMENTE PATRIMONIALE? Il modello extracontrattuale fondato sul ‘danno ingiusto’ quale clausola generale posta a tutela di ogni interesse giuridicamente rilevante. Il modello contrattuale che rinvia a una costruzione tipica del danno ingiusto, concepito come lesione di situazioni giuridiche previamente riconosciute dall’ordinamento. IL MODELLO CONTRATTUALE La teoria di Castronovo: tra le diverse fattispecie, l’autore si occupa dell’induzione o della complicità nell’inadempimento di chi sia terzo al rapporto contrattuale. La natura contrattuale della responsabilità del terzo sarebbe giustificata dalla solidarietà dei criteri di imputazione della responsabilità. Rispetto alla doppia alienazione del bene, Castronovo, dopo aver verificato che nell’esperienza tedesca il § 826 BGB garantisce il risarcimento del danno meramente patrimoniale in termini di illecito qualora vi sia l’intento doloso del secondo acquirente, argomentando e contrario sulla base del fatto la clausola generale dovrebbe per coerenza implicare una risarcibilità generale del danno meramente patrimoniale, conclude in favore del modello contrattuale, richiamandosi all’esempio del concorso del terzo all’inadempimento del debitore. Il danno meramente patrimoniale derivante dalla c.d. perdita di chance è collocato dall’autore nell’àmbito della responsabilità contrattuale, a meno che non sia altrimenti collegato a un diritto soggettivo, per evitare di assumere la chance come una vera e propria situazione giuridica soggettiva. SEGUE: LA TEORIZZAZIONE DELL’OBBLIGAZIONE SENZA PRESTAZIONE Prendendo spunto da situazioni nelle quali è possibile configurare un obbligo accessorio distinto ma funzionalmente raccordato alla prestazione, Castronovo lo adatta alla tutela di fattispecie nelle quali ipotizza l’esistenza di obblighi accessori alla prestazione pure in mancanza di quest’ultima. E così, la responsabilità derivante dalle false informazioni, la Prospekt-haftung, la responsabilità degli intermediari finanziari, il danno cagionato dal medico a un paziente nell’adempimento di una prestazione di lavoro all’interno di una struttura sanitaria, il danno che un alunno si procuri da sé o cagioni ad altri durante le attività scolastiche e del quale si chieda il risarcimento al precettore dipendente dall’istituto con il quale è in vigore il rapporto di istruzione dell’alunno stesso, il danno che il professionista, nell’adempiere un’obbligazione, cagioni a soggetti che non gli sono creditori ma nella cui sfera giuridica si riflettono gli effetti della sua prestazione inesatta, sono tutti casi nei quali gli obblighi al risarcimento non sarebbero accessori a un obbligo di prestazione ma verrebbero a costituire «un rapporto, di contenuto ridotto rispetto a quello dell’obbligazione ordinaria, a metà strada tra l’assenza di rapporto previo che caratterizza la responsabilità extracontrattuale e il rapporto obbligatorio di prestazione all’inadempimento del quale in genere si riferisce la responsabilità contrattuale» L’ADESIONE DELLA GIURISPRUDENZA AL MODELLO CONTRATTUALE NEL RISARCIMENTO DEL DANNO DA CONTATTO SOCIALE Una pronuncia della Cassazione del 1999 (Cass. 22 gennaio 1999, n. 589) apre, quale leading case, la numerosa serie di decisioni in materia di responsabilità contrattuale da contatto sociale tra paziente e medico dipendente della struttura sanitaria alla quale l’utente si rivolge per ricevere la prestazione. La Suprema Corte (Cass. 26 giugno 2007, n. 14712) ha ritenuto che il banchiere giratario per l’incasso che paga un assegno di traenza non trasferibile a persona diversa dal beneficiario indicato nel titolo, risponde in via contrattuale, pur in assenza di un rapporto negoziale, in virtù del ‘contatto sociale’ che caratterizza l’operato della banca negoziatrice, tenuta all’osservanza della norma di cui all’art. 43 del RD 21 dicembre 1933, n. 1736. IL MODELLO EXTRACONTRATTUALE Poggiando sulla clausola generale del ‘danno ingiusto’, si è usato sia il criterio dell’affidamento incolpevole, quale espressione dell’ingiustizia del danno, per selezionare la natura dell’interesse leso, sia il criterio della violazione di modelli di comportamento determinati principalmente in via legislativa cui si coordinano i principi della causalità adeguata, derogabili solo nelle ipotesi di responsabilità per fatto doloso. L’EREDITÀ DELL’ACTIO DE DOLO NELLA TUTELA EXTRACONTRATTUALE DEL DANNO MERAMENTE PATRIMONIALE Fattori di discontinuità nella vicenda che conduce alla configurazione della responsabilità extracontrattuale: irrigidimento dogmatico della dicotomia contratto/delitto area più estesa della responsabilità da maleficium rispetto a quella nascente da contratto assorbimento entro le clausole generali di responsabilità delle originarie figure di dolo extracontrattuale Si creano le premesse per la preferenza del modello extracontrattuale nella valutazione della tutela più adeguata per le situazioni di confine, quali le ipotesi di danno meramente patrimoniale. SEGUE: Contenuti della tutela: Il giusnaturalismo, soprattutto di area germanica, enfatizza il collegamento tra risarcimento del danno e condizione proprietaria, portando a privilegiare la tutela dei diritti assoluti. Nel codice civile tedesco la norma cardine della responsabilità extracontrattuale è impostata in maniera tipica e i beni tutelati sono i diritti assoluti della proprietà e della persona. Ciò non toglie, però, la frammentazione in clausole particolari della disciplina del danno extracontrattuale di cui è esempio la disposizione del § 826 — fattispecie, quest’ultima, che i codificatori hanno mutuato direttamente dall’actio de dolo romana. L’esperienza francese opta per una nozione ampia di danno che, pur isolando una tutela privilegiata della proprietà e dei diritti della persona, non esclude ipotesi di danneggiamento diretto e indiretto avente come oggetto beni diversi dai diritti assoluti. Nell’esperienza italiana, l’iniziale influenza francese si riflette sull’adozione dello stesso modello codicistico e, dunque, sulla scelta di una nozione ampia di danno risarcibile. All’indomani dell’emanazione del BGB, la dottrina italiana, sempre più vicina, nella sua formazione, a quella tedesca, comincia a interpretare il codice civile del 1865 usando le categorie dogmatiche dei maestri tedeschi e, in conseguenza, restringe l’area del danno risarcibile alla lesione dei diritti assoluti senza però il correttivo delle disposizioni particolari. SEGUE: Conclusioni e problemi aperti La naturale ampiezza della clausola generale di responsabilità extracontrattuale all’esito della vicenda che ha portato alla sua elaborazione. Lo snaturamento della responsabilità contrattuale nelle ipotesi di tutela di doveri derivanti da contatto sociale. Il problema della ricerca di criteri di contenimento dell’area del danno risarcibile. Un recupero integrale della casistica tedesca? DAL DANNO MORALE AL DANNO NON PATRIMONIALE Art. 85 Progetto c.o.c. 1927: l’obbligazione del risarcimento comprende tutti i danni materiali e morali, cagionati dall’atto illecito. In particolare, il giudice potrà attribuire un’indennità alla vittima, in caso di lesione della persona, di attentato all’onore e alla reputazione della persona o della sua famiglia, di violazione della libertà personale o del domicilio o di un segreto concernente la parte lesa. Il giudice potrà ugualmente attribuire un’indennità ai parenti, agli affini o al coniuge a titolo di riparazione del dolore sofferto nel caso di morte della vittima. SEGUE: art. 24 nel Progetto preliminare del triennio 193941 danni non patrimoniali (art. 185 e 186 c.p.): i danni non patrimoniali sono risarcibili solamente nei casi determinati dalla legge e nelle forme da essa stabilite. Art. 2059 c.c. 1942: Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge. IL RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO Le due sentenze del 1979 (87/79 e 88/79) confermano la legittimità della riserva di legge dell’art. 2059, inquadrandola come espressione della discrezionalità del legislatore ordinario. La teoria del ‘travaso’ della tutela del danno biologico dall’art. 2059, riservato ai danni morali, all’art. 2043, all’interno dell’ampia nozione di danno ingiusto (sentenza n. 184/86). Ritorno della tutela del danno biologico all’interno dell’art. 2059 c.c. a seguito della sentenza n. 372/94. L’occasione è data dalla richiesta di risarcimento del danno alla salute fatto valere iure proprio dai congiunti del leso. SEGUE: La conferma della collocazione del danno biologico tra i danni non patrimoniali tutelati dall’art. 2059 c.c. nell’ordinanza n. 293/96 che preserva il danno biologico dai limiti discrezionali del legislatore, essendo assistito dalla garanzia costituzionale. Così anche la sentenza n. 233 /03 nella quale il giudice costituzionale, richiamando anche la presa di posizione della Corte di Cassazione (Cass. nn. 8827/03 e 8828/03), ha precisato, sia pure incidentalmente, che il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c. deve essere concepito come una categoria ampia, comprensiva di ogni pregiudizio non suscettibile di valutazione economica derivante da lesione a valori inerenti alla persona, costituzionalmente garantiti, come tali non soggetti al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p. LA TIPICITÀ DEL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE Le sentenze gemelle della Cassazione (nn. 8826 8827/03) e la sentenza n. 233 dello stesso anno della Corte Costituzionale hanno individuato alcuni tipi di danno non patrimoniale risarcibili: il danno morale soggettivo, il danno biologico e un danno che lede un interesse costituzionalmente protetto che il giudice costituzionale identifica con il danno esistenziale. Cass. 11 novembre 2008 n. 26972: atipicità del danno patrimoniale tutelato dall’art. 2043 c.c. e tipicità del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. LA SCOMPARSA DEL DANNO ESISTENZIALE Il danno morale soggettivo non sarebbe autonoma categoria di danno (tranne il danno tanatologico). A fini descrittivi si riconosce il danno biologico, mentre il danno esistenziale, consistente nel ‘non poter fare areddituale’, rileva non come danno in sé ma in quanto conseguenza della lesione grave di un diritto inviolabile della persona diverso dal diritto all’integrità psicofisica. Il danno non patrimoniale sarebbe una categoria generale nella quale il danno biologico, richiamato a fini descrittivi, viene personalizzato dalla sofferenza soggettiva del danneggiato. L’ART. 2059 C.C.: UNA NORMA ESTRANEA AL SISTEMA? Le numerose difficoltà di applicazione dell’art. 2059 c.c. La cancellazione della categoria del danno morale soggettivo apre alla censura di incostituzionalità della norma. Problema dell’individuazione della tutela minima del danno non patrimoniale e in generale dell’interpretazione del criterio dell’ingiustizia del danno. IPOTESI DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA NEL CODICE CIVILE DEL 1942 Art. 79 Progetto c.o.c.: il padre, in sua mancanza la madre o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori abitanti con essi. I maestri e gli artigiani sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti durante il tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. La responsabilità di queste persone cessa se provino di non aver potuto impedire il fatto. Essa sussiste anche se l’autore del fatto illecito sia irresponsabile per la mancanza di discernimento. Art. 76 Progetto c.o.c.: nel caso di danno cagionato da persona priva di discernimento, se il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto dalla sorveglianza, il giudice può, in considerazione della condizione delle parti, condannare l’autore del danno ad un’equa indennità. SEGUE: Art. 2047 c.c.: in caso di danno cagionato da persona incapace d’intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l’autore del danno a un’equa indennità. Art. 2048 c.c.: il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante. I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto. IL RUOLO DELLA PROVA LIBERATORIA La scelta del giudice di oggettivizzare o soggettivizzare la responsabilità La copertura assicurativa del danno surroga alla responsabilità dei genitori I diversi orientamenti della giurisprudenza nei paesi di civil law Quale certezza per il danneggiato? ALLE RADICI DELLA RESPONSABILITÀ PER FATTO ALTRUI Forme di responsabilità oggettiva in diritto romano espresse attraverso la presunzione assoluta di culpa in vigilando, eligendo per la coincidenza tra iniuria e culpa L’esigenza garantista della responsabilità oggettiva in Grozio e nella dottrina francese alla base del Code Napoleon La responsabilità oggettiva degli incapaci nel BGB IL PESO DELLA TRADIZIONE NELLA CONCEZIONE DELLA EDUCANDO CULPA IN VIGILANDO E IN La scelta obbligata dei romani di definire la responsabilità oggettiva attraverso la culpa La scelta della tradizione intermedia di introdurre la prova liberatoria coerentemente alla logica della colpevolezza, successivamente alla distinzione tra antigiuridicità e colpevolezza Nello scollamento tra obiettivo — garantire il risarcimento del danno in fattispecie nelle quali esso non è immediatamente riconducibile alla colpevolezza dell’agente — e strumento usato per la sua realizzazione — culpa in eligendo e in vigilando — trova spazio la moderna ambiguità interpretativa della responsabilità indiretta.