Istituto Comprensivo “Giovanni Verga” Viagrande Anno Scolastico 2011-2012 DIRIGENTE SCOLASTICO ANTONINO D’URSO PERCORSO DIDATTICO A CURA DELLE PROFESSORESSE MARIA TERESA OLIVETO E SANTA RAGUSA GRUPPO DI LAVORO Arcidiacono Francesca Arena Valentina Billone Chiara Bonafede Sophia Borgese Salvatore Buscemi Andrea Celauro Alessandro Coco Daniele Foti Francesco Garozzo Dario Intelisano Greta Lanzafame Laura Licciardello Alessandro Mussumeci Rosario Nicolosi Salvatore Privitera Seby Sangiorgi Aurora Sciacca Rachele Scordino Ilenia Sergi Alfio Torrisi Giovanna Trovato Gaia Zafarana Giuliano Zappalà Enrico INCONTRANDO ANIANTE: “RACCONTI E…” Mi presento, sono un saltimbanco, un canta-storie descrivo emozioni viaggiando per paesi e città… Stammi ad ascoltare … C’è un’isola in mezzo al mare dominata da un vulcano gigante … qui si festeggia S. Agata Catania, nel corso dei secoli, è stata sconvolta da maremoti, distrutta da terremoti e sepolta da eruzioni vulcaniche. Durante i secoli «al maremoto si unisce il terremoto» e il «torrente di fuoco», che dai crateri del Mongibello scende lento fino al mare con lapilli, sabbia e cenere scottanti che piovono sulla città, tale da oscurare l’aria. La lava cola, bruciando, seppellendo campagne ubertose e paesi… e converge per varie direzioni su Catania. «O capricciosa lava», ora si ferma , ridando la speranza nei cuori; ora riprende il cammino con più furore di prima ora si precipita negli abissi, con fragori infernali e assordanti boati, provocando il più arcano stupore. A Catania non c’era nessuna via di scampo e i fedeli chiusi nelle chiese invocavano l’aiuto di Dio. Mentre al duomo tante persone si rivolgono alla Santa protettrice della città:Sant’Agata S. Agata, vergine e martire, nata a Catania intorno al 235 d. C. da una nobile e ricca famiglia. A quei tempi, la Sicilia era sotto la dominazione romana e la città di Catania era amministrata dal proconsole Quinziano. A 15 anni Agata diventò sposa di Cristo. Quinziano, in virtù dell’editto di Decio, ordinò di catturarla con l’accusa di vilipendio alla religione di Stato, ma in realtà l’ imprigionò perché era sua intenzione confiscare i suoi beni. Agata tentò di fuggire, ma venne trovata, e portata davanti a Quinziano, che affascinato dalla sua bellezza, tentò di sedurla in tutti i modi. Dopo un lungo processo, Agata venne imprigionata e più volte torturata ma ella non cedette. Quinziano rimase sbalordito nel vedere la sua fede e le ferite delle torture si rimarginavano; così decise per lei una morte atroce : bruciarla, ma mentre le fiamme straziavano il suo corpo, il velo di S. Agata rimase integro. Il velo di Sant’ Agata è una preziosa reliquia conservata nella cattedrale di Catania, in uno scrigno d’argento. In più occasioni il velo viene utilizzato dai fedeli, durante le colate laviche dell’Etna che minacciano la città di Catania. Più volte questa reliquia ha compiuto il miracolo di arrestare la lava ( il primo miracolo avvenne nel 1635). Realizzato da: Foti Francesco, Scordino Ilenia, Zappalà Enrico, Zafarana Giuliano. Vicino al mio paese “Varanni” si trova, un po’ più in alto, Castagneto… “Festa dell’aglio” Panicauru si reca con la sua giovane sposa,Aita,a Viagrande, invece di starsene tranquillo sotto gli archi della marina per provocare l'ex fidanzato di Aita, Caliato. Uno dei compari chiede di lasciare in pace il povero Caliato e di non aizzarlo, e di persuaderlo a tornare in città perché se rimarrà a Viagrande finirà male. I compari provocano Caliato dicendogli che Aita a soli 15 anni,aveva preferito Panicauru a lui. Il Caliato cerca di difendersi raccontando frottole ma la bile lo strozza. I compari gli consigliano di passare vicino ad Aita a testa alta e Caliato non se lo fa dire due volte. I compari per aizzarlo ancora di più,ripetono a Caliato che Panicauru non aveva avuto il coraggio di guardarlo. Aita era la più bella ragazza della festa ed era un peccato che non l‘avesse voluto! A Viagrande si respira davvero un'aria di festa con l'aglio che spicca dappertutto. Un forestiero aveva detto che il Santo Patrono di Viagrande amava e proteggeva l'aglio. Il Caliato prende posto all'osteria e dice di non aver voglia di mangiare. Subito dopo entrò all' osteria, Cirino,l'idiota del villaggio. Cirino è ubriaco e canticchia la solita canzone. Caliato lo spinge nel cortile ordinandogli di cantare e ballare e Aita sembra divertirsi. Mentre si divertono una rosa arriva a Caliato che la da a Cirino ordinandogli di portarla ad Aita. Ella lancia un grido e sviene. Panicauru afferra Cirino e lo scaglia contro il Caliato. Mentre Cirino e il Caliato sono a terra,Panicauru porta via Aita. Realizzato da: Borgese Salvatore, Licciardello Alessandro, Privitera Seby, Torrisi Giovanna. Guidati da un capo-ciurma da varie parti della Sicilia arrivavano i vendemmiatori … «La schiera dei vendemmiatori prosegue verso l’Etna, allietata dal suono di un flauto; eccola nella piazza alle porte di Trecastagni, di fronte al Municipio. I vendemmiatori vengono condotti dal Pettirosso alla solita vigna da dieci anni. Il Pettirosso salì per la prima volta a Trecastagni all’età di vent’anni e Jana, la figlia del sindaco, era solo una bambina. Adesso, Jana è fidanzata con il medico condotto Liccisi. Jana, pur se fidanzata ufficialmente con un medico, pensa al Pettirosso, vendemmiatore senza laurea, lei non riesce neanche a dormire e aspetta, suonando al pianoforte il “Chiaro di luna”. Pettirosso chiamò Jana, l’abbracciò e la bloccò in un lungo bacio. In lontananza si udì il rombo di una motocicletta, era Liccisi, allora il Pettirosso si buttò dalla finestra. Liccisi, livido di gelosia si rivolse al Pettirosso dicendo: “scusami se ho interrotto il tuo soave sonno”. E si allontanò, confuso, mentre il Pettirosso faceva credere che stesse russando. Non appena il medico ripartì, tutti gli altri, compreso il Pettirosso alzarono la testa, domandandosi cosa volesse il medico; Il capociurma confermò che Liccisi pensava che egli corteggiasse la sua fidanzata: Jana, ma in realtà egli era innamorato di Ofelia ‘sorella dello scienziato’. Gli uomini lo sorvegliavano ad adeguata distanza e percorsero la piazzetta. Il Pettirosso chiamò Ofelia e le chiese di aprire la porta. Le dice di non averla mai dimenticata, di aver ricevuto le sue lettere e di non aver risposto per ingenuità. Il Pettirosso ribadì ad Ofelia di amare follemente lei. Il bel Pettirosso iniziò a gridare, perché Ofelia l’aveva ferito alla vena con uno spillone da scialle. Il più strano della ciurma cercò di tappare la vena con una moneta di rame, ma invano. Il più forte del gruppo si caricò sulle spalle il Pettirosso, portandolo verso casa di Liccisi, ma non lo trovarono in quanto egli era a casa di una donna incinta. Appena arrivato lo “Scienziato”, controllò il ferito e costatò che egli stava per morire. A quel punto ordinò di fare un falò per far sì che Liccisi arrivasse al più presto. Gli uomini diedero fuoco a un carro pieno di sterpaglie, il fumo e le fiamme illuminarono la dimora di Jana. Dopo poco, infatti, si sentì il rombo di una motocicletta che arrivava dai boschi dalla piazza di Trecastagni. Era Liccisi che si precipitò sul ferito e lo soccorse. Gli uomini improvvisarono una vertiginosa danza, attorno al fuoco che si esaurì in una colonna di fumo allo spuntar del giorno. Il medico assicurò che il Pettirosso era fuori pericolo e ordinò di spegnere il fuoco prima che tutto potesse andare in fiamme; egli tornò a casa senza neanche salutare. ANALISI DEL TESTO Nel testo troviamo un flashback e vari flash-forward nella parte centrale. Ne “I Vendemmiatori” l’autore fa coincidere fabula e intreccio, cominciando il racconto in “media res”. Dopo l’esordio e quindi nella prima parte introduttiva, il narratore è interno poiché si intromette nel discorso e per un breve periodo colloquia con il padre di Jana. Finita l’introduzione, incomincia la «peripezia» che si conclude quando il Pettirosso viene ferito da Ofelia. Questo è il momento di massima tensione: spannung. Nella parte finale il Pettirosso viene ferito gravemente e riuscirà a salvarsi solo grazie al tempestivo aiuto del dott. Liccisi. PERSONAGGI: Il personaggio principale è il Pettirosso, detto il «Butterato». Egli si vuole mettere in mostra ed è molto forte e robusto; è il capo dei vendemmiatori e ha un carattere schivo. Nel testo non sono presenti personaggi comprimari. Come personaggi secondari troviamo la ciurma dei vendemmiatori. Gli antagonisti sono due: Ofelia e il dott. Liccisi. Ofelia è molto gelosa del Pettirosso e cerca di ucciderlo temendo un suo tradimento con Jana. Il dott. Liccisi è geloso di Jana ed è contro il Pettirosso poiché crede che Jana lo tradisca con lui. SEQUENZE: 1 seq. Descrittiva 2 seq. Narrativa 3 seq. Dialogica 4 seq. Dialogica 5 seq. Dialogica 6 seq. Descrittiva 7 seq. Narrativa 8 seq. Narrativa 9 seq. Narrativa 10 seq. Dialogica 11 seq. Narrativa 12 seq. Dialogica 13 seq. Dialogica 14 seq. Narrativa 15 seq. Narrativa16 seq. Dialogica 17 seq. Descrittiva 18 seq. Dialogica 19 seq. Narrativa 20 seq. Narrativa 21 seq. Narrativa 22 seq. Narrativa 23 seq. Dialogica 24 seq. Narrativa 25 seq. Narrativa Realizzato da: Buscemi Andrea, Sangiorgi Aurora, Mussumeci Rosario, Billone Chiara. Tempo fa … IL PALIO DEL SIMETO Il marchesino Chiarandà ha vinto il Palio del Simeto con il suo purosangue Alì, una volta seduto a tavola per festeggiare la vittoria, arrivano le frecce dell'invidia. Chiarandà dopo tante discussioni fingendo di arrendersi grazie alla sua furbizia, con una mossa rapida e inattesa li disarma.... Poi si rilassa sotto un albero e, subito, sente la moglie urlare. Per gelosia i mafiosi gli avevano ucciso il purosangue. In fretta lo seppellirono e non lasciarono traccia sulla terra rimossa. Chiarandà e sua moglie vorrebbero ritornare in città, un contadino dona loro generosamente un ciuchino, con il quale viaggiano… Attraversano luoghi meravigliosi con diversi tipi di vegetazione ma ne rimangono indifferenti. Si odono le meraviglie, della natura ma il vincitore del palio non presta orecchio alle voci melodiose . Finalmente si intravedono le luci della città, le strade sono deserte, nessuno li ha visti, nessuno li vedrà. Marito e moglie scesero dal cocchio e tornarono al palazzo, posarono nelle scuderie il ciuchino lo accostarono alla linda greppia, che era stata riservata al purosangue Alì. Con questo breve racconto l’autore vuole farci capire il senso, l'importanza e il valore di quello che abbiamo. Il “nobile” protagonista parte dal proprio paese con un purosangue e ritorna con un ciuchino, l’unica sua paura e preoccupazione è P I Realizzato da: Lanzafame Laura, Arcidiacono Francesca. TI RACCONTO UNA STORIA D’AMORE … Ed eccola lì, la statua di Santa Venere, la Santa patrona di Arcideale (O bianca roccaforte delle anime pie, Arcideale sì bella a specchio dell’ionico mare), in frantumi davanti il Duomo, mentre, nel bel mezzo del corteo immobile e interdetto, un gruppo di ragazzi ribelli si fa spazio e fugge via, capitanato dal bellimbusto del posto. Tutto cominciò quando una misteriosa e bellissima straniera, dai tratti di sfinge, sostò nella piazza principale di Arcideale. I cittadini, incuriositi, la attorniarono, chiedendosi chi fosse. La brava gente era preoccupata, pensava che Zelinda, questo era il nome della ragazza, portasse epidemie e mali. Le mogli segregarono i mariti, prelati e monaci chiusero le finestre , la città piombò nel silenzio. Dei ragazzetti pettegoli ipotizzavano sulla provenienza della fanciulla: tra loro era presente il bellimbusto della Chiesa madre il quale rese noto che la «sconosciuta» era stata l’amante di Squillaci, lo scultore che aveva realizzato la statua della Santa Venere. Infatti, secondo alcune voci di corridoio, Squillaci era stato ispirato da Zelinda, che aveva posato come modella per il suo capolavoro. Ma il giorno che il cardinale Francica-Nava avrebbe inaugurato la statua ella si sarebbe vendicata dello scultore che l’aveva abbandonata con lo scandalo. Così, per evitare il peggio, il bellimbusto s’incamminò verso le gradinate della Chiesa madre, con passi decisi. Nel frattempo, le verginelle dell’ Orfanotrofio della Madonna del lume osannavano la Santa e Squillaci ammirava il suo capolavoro, quando in mezzo ai devoti accadde la disgrazia. Così Zelinda, in quella gelida serata, si mette al volante mentre Squillaci, confuso, non sa se fermarla. Per l’ ultima volta la donna bussò alla porta di Squillaci invano; la porta rimaneva serrata. Ma quando stava per andarsene egli le lancia uno scialle nero, tipico di Malta. Ecco come potrebbe essere andata secondo la nostra immaginazione … Così Zelinda s’ immobilizzò, fissando lo scialle confusa … Ad un certo punto sentì una voce che la chiamava; era Squillaci, il quale le sussurrava dalla porta, adesso socchiusa. La ragazza entrò e si sedette guardando lo scultore con uno sguardo che sembrava voler dire:”cosa significa tutto questo?”. Sqillaci allora le raccontò come in realtà erano andate le cose. Le disse che l’ aveva amata veramente, e tuttora la amava, ma aveva paura che quella passione lo poteva distrarre dagli studi che aveva intrapreso alla scuola d’arte. Così, stupidamente, un giorno la mandò via, ma subito dopo se ne pentì e cercò di raggiungerla,… Ma era tutto inutile; con quel bolide rosso era già dall’altra parte della città. Lo scialle era lo stesso che le aveva regalato in quei tempi felici. Zelinda abbassò gli occhi e l’ uomo altrettanto. In quella stanza il silenzio era spettrale. All’ improvviso Squillaci chiese:”Potrai mai perdonarmi?”. La ragazza rispose, indugiando un po’, con un lieve sorriso e si alzò incamminandosi verso la porta. Ma lo scultore non voleva commettere lo stesso errore di una volta, così la prese per un braccio la tirò verso di sé e la baciò. Zelida era stranamente felice, perché sentiva in fondo di amarlo ancora. I due si sposarono e scapparono lontano felici. SILENZIO ANALISI DEL TESTO: “LO SCIALLE DI MALTA •STRUTTURA -Fabula - Non sono presenti flashback, flash - forword o ellissi - Le sequenze sono dinamiche, narrative, descrittive e dialogiche •SVILUPPO DEL RACCONTO - Situazione iniziale = L’arrivo di una misteriosa ragazza ad Arcideale (Acireale) -Esordio = I ragazzi del luogo capiscono che la ragazza ha posato per lo scultore Squillaci per la realizzazione della statua di santa Venera e che ora si vuole vendicare dell’ artista che l’ ha abbandonata - Spannung = La statua della Santa patrona viene rotta - Conclusione = Situazione d’ incertezza e attesa •PERSONAGGI - Principali: Zelinda - Comprimari: Squillaci - Secondari: i ragazzi del paese - Comparse: la gente attorno a Zelinda, la folla devota e il cardinale Francica-Nava •RUOLO E FUNZIONE - Protagonista: Zelinda - Antagonista: inesistente - Aiutante: il bellimbusto - Oppositore: Squillaci •PRESENTAZIONE DEI PERSONAGGI - I personaggi sono presentati in modo diretto da un narratore esterno che illustra gli elementi anagrafici e psicologici - La caratterizzazione dei personaggi è fisica e sociale Realizzato da: Arena Valentina, Sciacca Rachele, Intelisano Greta. e viaggiando con l’immaginazione e la fantasia voglio narrare di … CAMILLO «Nelle mattine a Peira Cava si può osservare la Corsica mentre il Piemonte verde e nevoso è a portata di mano». Camillo, bambino malato e gracile , viveva su queste montagne ricche di aria sana e salubre... Camillo va solo per i monti, non è alto e non ha né freddo né caldo, né fame né sete, ma solo voglia di canticchiare o parlare a bassa voce ai cherubini. Lui ama andare nel bosco per raccogliere fragole, more di macchia e mirtilli. Un giorno la donna che lo accudiva decise di dargli un’ istruzione e lo mandò alla scuola del villaggio, sotto la montagna. Lui era come un collaboratore di classe, andava prima a scuola per pulire ed era sempre in servizio. Il medico come un bolide arrivò in motocicletta dalla valle per fare il vaccino antitetano a Camillo, ma questi non resistette all’iniezione e così morì. Abbiamo trovato molto interessante il brano che abbiamo letto e pensiamo che Antonio Aniante (pseudonimo di Antonio Rapisarda) sia stato un grande scrittore, che abbia saputo esprimere il proprio stato d’animo e appassionare il lettore. Realizzato da: Nicolosi Salvatore, Coco Daniele, Sergi Alfio. PEIRA CAVA SI TROVA A MENO DI 40 KM DA NIZZA NELL’ALTA VALLE DEL PAILLON. QUI VIVEVA DON CALÌA. L’EX MARINAIO ERA UN GRAN FANCIULLONE SUI 70 ANNI, AVEVA UNA CORPORATURA ROBUSTA, UNA CARNAGIONE MOLTO TORBIDA E POSSEDEVA UNA COLLEZIONE DI PIPE RANCIDE. AL SORGERE DEL SOLE NON ASPETTAVA CHE IL GALLO LO SVEGLIASSE CON IL SUO CANTO, EGLI SI ALZAVA DAL SUO LETTO DI BUON ORA E COSÌ INIZIAVA LA GIORNATA. SI SEDEVA SU UNA PIETRA AMMIRANDO IL PAESAGGIO. ERA UN UOMO SEMPRE FELICE IN OGNI SITUAZIONE , ANCHE NELLE CIRCOSTANZE PIÙ DIFFICILI E DOLOROSE. DON CALÌA NON AVEVA LA MINIMA IDEA DI CHE COSA FOSSE LA PAURA PERCHÉ LA NATURA LO AVEVA CREATO COSÌ, DOTANDOLO DI UNA QUALITÀ STRAMBA E INDEFINIBILE : ESSERE GIOIOSO DI CIÒ CHE OFFRE LA VITA. AVEVA UN PICCOLO ORTICELLO E QUI PIANTÒ DELLE LATTUGHE, MA NON DELLE SEMPLICI LATTUGHE, VOLEVA COLTIVARE LE FAMOSE «LATTUGHE DELLA CALIFORNIA»! QUESTA SUA GRANDE IMPRESA L’AVEVA CONFIDATA ALLA MOGLIE LA QUALE NON LO AVEVA AFFATTO INCORAGGIATO. UN GIORNO UN SIGNORE VENNE A CONOSCENZA CHE DON CALÌA RIUSCÌ A COLTIVARE LE LATTUGHE DELLA CALIFORNIA A 1500 METRI DAL MARE E DIFATTI SI STUPÌ. “NON C’È GRANDEZZA DOVE NON C’È SEMPLICITÀ”. La semplicità è un dono che non tutti possiedono; molti rincorrono e perseguono «fini» talvolta senza tener conto degli altri, il semplice del «suo» si sente signore e padrone, non rincorre inutili esteriorità vive sinceramente l’ «essenza» delle cose. Realizzato da: Bonafede Sophia Trovato Gaia. adesso che ho finito felice vi saluto. Non so se vi ho allietato ma qualcosa vi ho donato … COORDINAMENTO TECNICO Alessandro Celauro e Dario Garozzo Bibliografia I racconti della montagna di fuoco Sansoni Editore, Firenze,1968 Fine