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I consiglieri Bezzi e Fugarti sul «pasticcio»
della riforma: «Parlamentari trentini irrilevanti»
Rurali: «Salviamo il salvabile»
TRENTO - Sul decreto legge
di riforma del credito
cooperativo è stato fatto un
pasticcio. Se il presidente di
Federcoop e Cassa Centrale
Banca, Fracalossi, ha già
definito il provvedimento
«allucinante», a lanciare
l'allarme ieri sul rischio che il
sistema cooperativo trentino,
che ad oggi raccoglie il 60%
del credito presente sul
territorio, vada perso, sono
stati i consiglieri provinciali
di Lega Nord e Forza Italia,
Maurizio Fugatti e Giacomo
Bezzi. I due consiglieri,
prendendosela con il
Governo, invitano però anche
ad unire le forze andando
oltre gli steccati politici, «per
salvare il salvabile».
«Prendiamo atto - ha spiegato
il consigliere provinciale di
Forza Italia, Giacomo Bezzi che ormai il Trentino è alla
deriva sul sistema del
credito. Abbiamo avuto fino
ad oggi una politica della
Giunta provinciale che è stata
da pugile suonato e una
delegazione parlamentare
che non sa che pesci pigliare.
Vogliono smantellare il
sistema finanziario trentino
che è legato alla raccolta sul
territorio: se questo
succedesse, una Autonomia
senza banca è una Autonomia
morta». Per gli esponenti del
centrodestra in consiglio
provinciale, l'obiettivo
principale deve essere ora
quello di trovare il modo,
attraverso l'unione delle
forze, di cambiare il decreto
legge oppure di modificarlo
durante il passaggio in
Parlamento. «Si potrebbe
pensare di recuperare un
rapporto - ha spiegato Bezzi con l'Alto Adige con un
sistema di credito regionale.
Altrimenti avremo perso
completamente il controllo».
Dello stesso tenore
l'intervento di Maurizio
Fugatti della Lega Nord, che
punta il dito soprattutto nei
confronti del Patt e del
senatore Franco Panizza che,
spiega, «fino ad una
settimana fa assicurava la
presenza all'interno del
decreto di meccanismi per
l'autonomia delle Casse
rurali, per arrivare invece ora
a scoprire i rischi».
«Ritengo giusto - ha affermato
Maurizio Fugatti incominciare a parlare dello
scippo a danno dei soci delle
Casse rurali, di fronte al
decreto fatto dal Governo
Renzi sul mondo cooperativo
bancario grazie anche alla
irrilevanza della compagine
parlamentare trentina». Per
Fugatti, «la holding nazionale
di cui si parla nel decreto
porterà inizialmente ad una
minima autonomia alle nostre
casse rurali che non hanno
particolari rischi
patrimoniali, ma tra 5 o 6
anni si potranno cambiare i
criteri di calcolo di questi
rischi e da Roma potranno
mandarci dei controllori per
spiegarci cosa fare. Solo oggi
Panizza scopre che ci sono
questi rischi e allora parla di
holding regionale».
Per i due consiglieri trentini,
parlare di holding a livello
regionale è corretto, ma «si
può fare perché anche
Bolzano è stato presa in giro
da questo Governo». Il rischio
cui si andrebbe incontro se il
decreto legge di riforma del
credito cooperativo non
venisse in alcun punto
modificato è presto detto. «I
trentini - ha spiegato Fugatti dovrebbero decidere se farsi
comandare dai romani nel
caso si decidesse di rimanere
in una realtà cooperativa
nazionale, oppure rimanere
trentini ma in questo caso
servirebbe diventare una spa.
Tutto questo avverrà se non
si Gambiera il decreto. Ma
vista l'irrilevanza dei
parlamentari trentini in
questa vicenda, abbiamo
poca speranza».
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ce, a Roma stanno facendo uno scippo»
L'allarme di Fugarti e Bezzi: vogliono smantellare il nostro sistema cooperativo con l'aiuto del Patt
I Gruppi Lega Nord Trentino e
Forza Italia del Trentino ritengono «opportuno ed urgente
rendere consapevoli i soci del
Credito Cooperativo trentino
dello scippo che sta avvenendo
a Roma con la complicità dei
rappresentanti politici trentini
di centrosinistra, compresi
quelli del Patt. Quanto sta avvenendo rischia di smantellare e
svendere l'intero sistema cooperativo costruito in Trentino
in cento anni di storia. Seppur
con i problemi che oggi tutte le
Casse Rurali si trovano ad affrontare, il nostro è un sistema
legato al territorio e alla nostra
autonomia; un'autonomia che,
se defraudata di una banca di riferimento con una propria connotazione territoriale, è come
una famiglia senza un conto in
banca destinata ad andare alla
deriva su un binario morto», dicono in coro Maurizio Fugatti e
Giacomo Bezzi. «Il decreto determina l'assoluta irrilevanza
dei parlamentari trentini di centrosinistra che si sono visti apportare profonde modifiche al
testo precedentemente concertato senza nemmeno essere
consultati. Quindi, oltre al danno di una riforma fatta per decreto, cosa che se fosse stata fatta da un governo di centrodestra avrebbe fatto gridare al
"golpe finanziario" da parte dei
parlamentari di centrosinistra
trentini, oggi registriamo anche
la beffa di un accordo non mantenuto. Se oggi dichiarano che
l'autonomia sarà garantita alle
Casse Rurali trentine con qualche posto al vertice delle holding in fase di costruzione, fra
cinque-dieci anni sarà Roma a
decidere il grado di rischio e a
quale redditività e metterà le
mani sul risparmio dei soci delle Casse Rurali».
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Rurali, sanzioni per Aldeno
Decreto, Morando apre a modifiche. Fusioni, in Bassa Valsugana si sfila Roncegno
i Non ha pace il sistema
cooperativo del credito. Mentre,
dalle pagine del Corriere, il viceministro all'Economia Enrico
Morando apre a ipotesi di modifica della contestata clausola di
«way out» contenuta nel decreto, la Banca d'Italia ha sanzionato gli amministratori della Cassa
Rurale di Aldeno, in procinto di
fondersi con quella di Trento,
«per carenze nell'organizzazione e nei controlli». Intanto, si fa
più chiaro il quadro delle fusioni. In Bassa Valsugana si preparano a fondersi la Casse rurali di
Olle e quella di Valsugana e Tesino, mentre quella di Roncegno
avrebbe declinato. In Val di Sole
saranno le Casse di Rabbi e Caldes e Alta ValdiSole e Pejo a convolare a nozze.
La multa della Banca d'Italia
colpisce gli amministratori, il
direttore e il collegio sindacale
della Cassa Rurale di Aldeno e
Cadine. La colpa contestata riguarda carenze nell'organizzazione e nei controlli interni con
particolare riferimento al processo del credito. L'importo della sanzione è di 16.500 euro a testa per ogni amministratore,
per il direttore e per i tre componenti il collegio sindacale. In totale quindici persone. Sanzione
personale che non può essere
coperta da alcun tipo di assicurazione.
Il presidente Luigi Baldo ritiene la multa non meritata e comunque sproporzionata. «Ribadiamo la convinzione di aver
agito correttamente in tutte le
fasi del processo di credito e
dell'organizzazione dell'attività
bancaria e facciamo difficoltà a
capire le motivazioni di una
sanzione così elevata in rapporto alle contestazioni che sono
state mosse. Contestualmente
all'ispezione della Banca d'Italia
di qualche mese fa — continua
il presidente — abbiamo messo
in atto una serie di iniziative che
hanno profondamente modificato il quadro di riferimento, a
cominciare dalla sostituzione di
sei amministratori su undici e
dalla approvazione di un rigoroso piano di interventi supportato dalla direzione e dalla struttura in modo esemplare. La Cassa
presenta un coefficiente di solvibilità che, nonostante i notevoli accantonamenti effettuati,
supera il 14% contro una media
delle banche nazionali pari a
circa l'ii96».
Intanto, Maurizio Fugarti (Lega) e Giacomo Bezzi (Fi) in una
conferenza stampa congiunta
hanno attaccato i parlamentari
del centrosinistra, «complici»
di una riforma del credito cooperativo che giudicano disastrosa. «Il decreto determina l'assoluta irrilevanza dei parlamentari
trentini di centrosinistra che si
Accorpamenti
Olle si unirà con Tesii
Matrimonio in vista
anche per le Casse
di Pejo e Rabbi
sono visti apportare profonde
modifiche al testo precedente-
mente concertato senza nemmeno essere consultati. Quindi,
oltre al danno di una riforma
fatta per decreto, registriamo
anche la beffa di un accordo
non mantenuto». «Non vi era
alcun testo concordato con noi
parlamentari — replica il senatore Vittorio Fravezzi (Upt) —, il
confronto era avvenuto come è
normale che sia con Federcasse.
Quello che stiamo facendo noi,
ho già depositato un emendamento a proposito, è insistere
perché quella che è complessivamente una buona riforma
non venga rovinata da errori come le condizioni di «way out».
Registro che proprio oggi, dalle
pagine del Corriere, Morando
ha aperto a modifiche. La loro è
solo polemica spicciola».
Quanto alle fusioni, oltre alle
cinque anticipate ieri dal Corriere del Trentino, se ne profilano
altre due, quella «unitaria» della Val di Sole e quella per ora
«monca» della Bassa Valsugana.
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Bankitalia, decreto banche migliorabile ma giusta direzione
« • Il decreto sulle banche varato dal Governo «aiuta certamente» a riportare un clima di fiducia
sul sistema. E' positivo il giudizio
di massima espresso ieri dal direttore generale della Banca
d'Italia, Salvatore Rossi. Il decreto, che contiene, tra l'altro, la riforma delle bcc «è migliorabile,
come tutte le cose e potrà esserlo
in sede di conversione», ha aggiunto il numero due di Palazzo
Koch. Rossi, che ieri ha partecipato a un convegno nella sede
dell'Istat, coordinato dal presidente dell'istituto Giorgio Allevala anche colto l'occasione per
puntualizzare sul fatto che, nonostante il dato sulla crescita del
Pil nel 2015 sia «lievemente al di
sotto delle aspettative della maggior parte degli osservatori» «in
buona sostanza la previsione della ripresa economica nel 20:6 e
2017 tiene». Quanto alle banche
italiane, Rossi ha aggiunto che
«lavolatilitàinBorsadellequotazioni sembra rientrata». Una volatilità, secondo il più diretto collaboratore di Ignazio Visco «alimentata nei giorni scorsi per timori di varia natura, in alcuni casi
neanche identificabili, incomprensibili».Il direttore generale
di via Nazionale è intervenuto
anche sulla possibilità di arrivare
alla ponderazione del capitale
dellebanche che detengono titoli
di stato, osservando che «si tratta
di un dibattito in corso, non solo a
livello europeo. E va svolto a livello globale». A proposito del
decreto per rafforzare il sistema
creditizio, già la prossima settimana la commissione Finanze
della Camera a wierà l'esame del
prowedimento,conunprimo giro di audizioni. Le convocazioni
per la norma che riforma le bcc,
introduce le garanzie pubbliche
sui crediti in sofferenza e interviene anche su regime fiscale degli immobili acquistati nelle aste
giudiziarie, oltre a introdurre i
fondi di credito di diritto europeo, riguarderanno Banca d'Italia, Consob, Abi, Federcasse e
centrali cooperative.
Ieri, intanto, a Milano la discussione all'esecutivo dell'Associazione dei banchieri, che
aveva come ospite d'onore il presidente della Consob, Giuseppe
Vegas, si è concentrata su un
obiettivo, fortemente caldeggiatodaIJSole240renelsuomanifesto per la tutela del risparmio :
quello di ottenere «Informazioni
più semplici e chiare per scelte
più consapevoli». Un traguardo l'Abi Sabatini hanno inviato nei
necessario che il mondo banca- giorni scorsi al presidente della
rio ha fatto proprio, attraverso la Consob Giuseppe Vegas, ha sotproposta Abi sulla semplificazio- tolineato l'Associazione bancane delle schede informative dei ria in una nota, si collega direttaprodotti fìnanziari.«Chiediamo mente all'idea lanciata da II Sole
alla Consob di predisporre al più 24 Ore di predisposizione immepresto la definizione di schede in- diata di una scheda informativa
formative semplici che permet- sintetica che si basi sullo schema
tano scelte serene e senza equi- definito«KID>>(Keyinformation
voci per gli investimenti in pro- document) il documento con le
dottifinanziari»,ha affermato il informazioni chiave con linguagpresidente dell'Abi, Antonio Pa- gio semplice, adottato in ambito
tuelli, dopo il Comitato esecutivo europeo solo per alcune categodi ieri a Milano.«Con il presiden- rie di prodottifinanziari,che pote Vegas - ha continuato Patuelli - trà migliorare la normativa italiaabbiamo avuto un confronto co- na ed europea in materia di inforstruttivo per ottenere normative mazioni sui prodotti finanziari.
più facili da capire, che consenta- Secondo quanto hariferito anche
no ai clienti scelte più consape- il presidente del consiglio di gevoli e senza rischi di confusione, stione di Banca Intesa, Gian Maanche attraverso una differen- ria Gros- Pietro, quello di ieri è
ziazione nei colori per le diverse stato dunque il proficuo avvio di
tipologie giuridiche dei prodotti unpercorso. Il giro di tavolo di iefinanziari».«Lo
sviluppo ri con Vegas, in ogni caso, è stato
dell'Unione bancaria europea anche l'occasione per una riflesdeve consistere anche nella con- sione sulle altre implicazioni deldivisione di norme e principi sul- la nuova normativa sul bail in. La
la «trasparenza semplice» che Consobsiaccingeinfattiainviare
devono essere validi per tutti e ri- una nuova comunicazione agli
spettati in tutti i paesi dell'Unio- intermediari, per richiamare
ne bancaria europea» ha conclu- l'esigenza di dare piena attuazioso. La lettera che il presidente Pa- ne ai principi di trasparenza e di
tuelli e il direttore generale del- correttezza al momento di collocare i prodottifinanziarial retail.
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Bankitalia: migliorabile
il decreto sul credito
E Renzi attacca Berlino
Il premier: "Pronto a porre il veto al tetto sui titoli di Stato"
Saviotti su Bpm-Popolare: fusione senza aumento capitale
MttAira. Il decreto sulla garanzia pubblica
sulle cartolarizzazioni delle sofferenze
bancarie (impropriamentechiamate "bad
bank" leggere) e la riforma delle Bcc riceve il primo giudizio da parte di Bankitalia.
Ed è un via libera sostanziale ( «Va nella direzione giusta» ) affidato al direttore generale disvia Nazionale, Salvatore Rossi, ma
non definitivo: il testo « è migliorabile e potrà essere migliorato in Sede di conversione», ha aggiunto senza scendere in dettaglio. Di più si capirà la settimana prossima, quando è prevista in Parlamento una
serie di audizioni checoinvolgeranno le autorità - in primis Bankitalia - e le associazioni di categoria coinvolte dal decreto. Già
d'ora però, ha detto Rossi, il decreto ha
avuto l'effetto di aiutare a ridurre la volatilità dei mercati finanziari.
Ma il tema banche ieri ha visto anche la
discesa in campo del premier, Matteo Renzi. Parlando al Senato ha detto con forza
che non verranno accettati vincoli sui Btp
in pancia alle banche: «Metteremo il veto
su qualsiasi tentativo di mettere un tetto
alla presenza di titoli di Stato nel portafo-
glio delle banche», ha spiegato. «Lo faremo con -coerenza e senza cedimenti», ha
continuato riferendosi all'ipotesi - allo studio del Comitato di Basilea - di limitare o comunque di mettere vincoli patrimoniali alla presenza dei titoli di Stato in pancia alle
banche. Lunedì scorso era stato lo stesso
Mario Draghi, presidente Bce, a sottolineare che il tema va trattato «con molta ponderazione e gradualismo» e comunque la
soluzione va adottata a livello mondiale,
non solo in Europa.
E' chiaro però che le banche italiane, imbottite di titoli di Stato, sarebbero le più
danneggiate da misure che rendessero in
futuro patrimonialmente oneroso detenere, o dover vendere, i Btp. «Anziché preoccuparci dei titoli di Stato italiani bisogna
avere la forza di dire che nella pancia di
molte banche europee c'è un eccesso di derivati e di titoli tossici», ha continuato, sottolineando che il problema delle banche
europee è «la questione enorme che riguarda la prima banca tedesca».
Vincoli europei invece limitano le possi-
bilità di ristoro per chi aveva azioni e bond
subordinati delle quattro banche italiane
in risoluzione. Lo ha ricordato il ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan: «Una disposizione legislativa volta a consentire di
beneficiare dei proventi della cessione degli enti-ponte e dei ricavi
della bad bank non pare
in linea con la normativa
comunitaria».
Nel frattempo sul matrimonio tra Bpm e Banco
Popolare è intervenuto il
numero uno di Verona, Pier Francesco Saviotti, per escludere ancora la possibilità
di un aumento di capitale. «Se ci fosse non
si farebbe l'operazione, sono stato chiaro?». La Popolare di Vicenza invece ha reso
noto il prezzo di recesso per chi non aderirà alla trasformazione in spa: si tratta di
6,3 euro ad azione, che corrisponde ad un
valore di 592 milioni di euro dell'intera
banca, a fronte dei 4,51 miliardi che capitalizzava sulla base dei 48 euro ad azione fissato dall'assemblea l ' i l aprile scorso. Il 5
marzo si terrà la nuova assemblea.
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Bankitalia: «Riforma Bcc è migliorabile
»
lf cfg Rossi evidenzia comunque che
il testo «va nella direzione giusta»
Per l'agenzia Pitch la misura
consolida il settore, ma gli effetti
non si vedranno prima del 2017
a riforma delle banche di credito cooperativo «va nella direzione giusta anche se
è migliorabile». Pur apprezzando l'impianto del riassetto delle Bcc disegnato dal governo attraverso il decreto varato nel Consiglio dei
ministri di una settimana fa, la Banca d'Italia apre ad alcuni correttivi. Il direttore generale di via
Nazionale, Salvatore Rossi, auspica che durante
l'esame parlamentare del testo per la conversione in legge si possano apportare modifiche. Intanto, però, secondo i vertici di BanMtalia, il decreto banche-così come è stato impostato -può
contribuire a evitare speculazioni in Borsa sui titoli del credito: «Aiuta, non c'è dubbio». La volatilità a cui si è assistito nelle ultime settimane, se-
L
condo Rossi, «sembrerebbe rientrata, dopo essersi alimentata di timori e preoccupazioni divaria natura, in qualche caso nemmeno comprensibili e identificabili».
Una promozione (con riserva) al lavoro svolto dall'esecutivo sul credito cooperativo arriva anche
da Fitch. «La riforma favorisce un consolidamento
del settore, ma i progressi saranno lenti, perché
non si vedranno prima del 2017», sostiene l'agenzia di ratingin un report. Tra gli aspetti positivi, Fitch segnala «una struttura delle Bcc più trasparente, che rafforza lafiduciadegli investitori e
favorisce l'accesso sui mercati». Una volta cheire-
golamenti della Banca d'Italia saranno operativi,
le banche candidate per la holding «avranno 18
mesi di tempo per preparare le loro adesioni alla
holding» e questo sarà «solo il primo passo in un
processo di ristrutturazione delle Bcc lungo e
complesso fino al suo completamento».
Quanto alla "via d'uscita" per le banche con almeno 200 milioni di patrimonio che non volessero aderire alla capogruppo unica, Chianti Banca (uno deipochiistitutipotenzialmente interessati) preferisce non sciogliere le riserve: «Qualsiasi valutazione sulla wayout sarà di pertinenza
del nuovo Cda, eletto dalla prossima assemblea,
e quindi sottoposta al giudizio dei soci».
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Credito diretto, via libera ai fondi
Finora sulla questione c'era incertezza, perché la disciplina fiscale andava in questa direzione ma
mancavano chiare previsioni di legge. Esclusi solo gli investitori extra-europei in asset alternativi
A
desso non ci sono più
dubbi. I fondi alternativi
italiani ed europei, cosiddetti Fia, possono investire in crediti di aziende italiane ed
erogare direttamente credito alle
stesse aziende. È scritto chiaro
e tondo nel testo del decreto
Banche, lo stesso che introduce
la riforma delle bcc e fornisce
i dettagli sulla Gacs, varato dal
governo lo scorso 10 febbraio e
pubblicato martedì sera in Gazzetta Ufficiale.
L'articolo 17 del nuovo decreto
legge, infatti, introduce due nuovi articoli, il 46-bis (Erogazione
diretta di crediti da parte di Fia
italiani) e il 46-ter (Erogazione
diretta di crediti da parte di Fia
dell'Uè in Italia) al Testo Unico
della Finanza. Il primo recita:
«I Fia italiani possono investire
in crediti, a valere sul proprio
patrimonio, a favore di soggetti
diversi da consumatori (...)». Il
secondo specifica: «1.1 Fia Uè
possono investire in crediti, a
valere sul proprio patrimonio,
a favore di soggetti diversi da
consumatori, in Italia nel rispetto delle seguenti condizioni: a)
il Fia Uè è autorizzato dall'autorità competente dello Stato
membro d'origine a investire
in crediti, inclusi quelli erogati
a valere sul proprio patrimonio,
nel Paese di origine; b) il Fia Uè
ha forma chiusa e lo schema di
funzionamento dello stesso, in
particolare per quanto riguarda
le modalità di partecipazione,
è analogo a quello dei Fia italiani che investono in crediti;
e) le norme del Paese d'origine
del Fia Uè in materia di contenimento e frazionamento del
rischio, inclusi i limiti di leva
finanziaria, sono equivalenti alle
norme stabilite per i Fia italiani
che investono in crediti (...)».
Una norma esplicita che estendesse ai fondi di investimento
europei la possibilità di erogare credito non era ancora stata
scritta, sebbene già il decreto
legge 91/2014, convertito in
legge nell'agosto 2014, avesse aperto la strada, in maniera
implicita alla possibilità per gli
enti creditizi, le assicurazioni e
i fondi specializzati di erogare
direttamente credito alle imprese. In quell'occasione una norma fiscale aveva anche previsto
che i soggetti che non facessero
ricorso alla leva finanziaria e
costituiti in Paesi dell'Uè fossero esentati dalla ritenuta alla
fonte del 26% sugli interessi e i
proventi derivanti dai finanziamenti a medio-lungo termine,
così come già accadeva per i
soggetti italiani. L'Investment
Compact la scorsa primavera
ha poi corretto il tiro, prevedendo che l'esenzione dalla
ritenuta fosse applicata anche
ai fondi di credito che lavorano
a leva. E questo, aveva spiegato il governo nel comunicato
stampa diffuso allora, perché
richiedere che i fondi non utilizzassero la leva finanziaria
ri duceva notevolmente l'accesso alla liquidità presente
a livello internazionale, dato
che la maggior parte dei credit
fund si finanziano anche con il
debito per ottimizzare la struttura del capitale.
Con quest'ultimo Decreto, poi.
il governo ha deciso di prevedere chiaramente il credito diretto
per i fondi alternativi europei.
«Si tratta di una grande novità», hanno commentato a MF
Milano Finanza Giuseppe De
Palma e Ferdinando Poscio,
partner di Clifford Chance,
che spiegano: «Sinora, infatti,
nonostante l'esistenza di norme
dalle quali si poteva dedurre la
possibilità per i fondi alternativi Uè di erogare credito direttamente, nessuno si era ancora
avventurato su questo terreno
perché mancava una norma
che dicesse chiaramente che
l'attività di erogazione del credito non è più riservata solo a
banche e intermediari finanziari. L'articolo 106 del Testo
Unico Bancario, infatti, non fa
alcun riferimento a questi fondi
nell'elenco dei soggetti autorizzati all'erogazione del credito». Tuttavia, hanno aggiunto
gli esperti legali, «resta il fatto
che questa norma lascia fuori
dal mercato tutti i soggetti extra
Uè, che sono tanti e tradizionalmente interessati a finanziare aziende italiane nell'ambito
della sindacazione di grandi
prestiti in pool. È un peccato,
viste le ampie disponibilità
finanziarie di questi soggetti.
Parliamo tipicamente di veicoli
che investono in collateralized
debt o loan obligations». (riproduzione riservata)
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Siile Ice non si faccia demagogia, ia irai oui non è gn esproprio
I
niziaora l'iter parlamentare di conversione
del decreto legge che contiene, tra 1"altro,
le norme perla riforma delle Bcc. Negli
ultimi giorni, l'attenzione si è concentrata
sulla way out per le banche che abbiano
almeno 2(X) milioni di patrimonio netto, e
che assumano la forma gi uridica del la Spa. I
problemi che sono stati sollevati al riguardo,
alcuni con qualche fondamento, altri speciosi, non possono comunque fare ritenere,
nel complesso, inadeguata la riforma, che
mantiene il suo punto cardine nell'obbligatorietà dell'adesione, da parte delle singole
Bcc, al gruppo cooperativo nazionale sulla
base di un contratto di coesione e risponde
alle esigenze di maggiore patrimonializzazione, migliore govcrnancc, più sicura
efficienza e capacità strategica che l'architettura disegnata consente. Il contemperamento tra sana e prudente gestione, da un
lato, e mutualità e solidarietà, dall'altro, non
è scalfito dal la predetta via d" uscita. È arduo
sostenere che la possibilità di sottrarsi, in
via eccezionale, al la suddetta obbligatorietà,
se si raggiunge un detcrminato parametro,
vulneri frontalmente la rivisitazione, perche non saranno affatto molte le Bcc che
si troveranno nella condizione richiesta e,
ancora, che, pur possedendo tali requisiti,
decideranno ugualmente di non aderire al
gruppo nazionale. Intanto, la soluzione individuata non e quella di una trasformazione
pura e semplice in Spa, bensì, soprattutto,
quclladello scorporo dell'azienda bancaria
dal la cooperativa, che quindi, quale proprietaria, conservando i requisiti di mutualità,
solidarietà e sussidiarietà, può esercitare il
diritto proprio dell'azionista totalitario o di
maggioranza per indirizzare l'operatività
della banca. Si tratta, insomma, di un conferimento di azienda che mutua il modello
adottato nel 1990 per la riforma della banca pubblica con la conscguente scissione
tra fondazione e azienda bancaria Spa. È
la stessa trasformazione che avevo esposto
su queste colonne all'epoca delle discussioni sulla riforma delle banche popolari,
purtroppo non accolta. Ora lo schema viene
applicato alle Bcc che intendano imboccare una strada diversa da quella del gruppo,
ma che, pur trasformandosi in società per
azioni, restano legate al mondo delle cooperazione e della mutualità, fermo rimanendo
che la trasformazione dovrà essere puntualmente regolata, stante la non semplicità
dello scorporo e che la cooperativa potrà
poi aprire l'azionariato al mercato, chiaramente conservando, come si immagina, il
controllo. Questi passaggi potranno essere
meglio puntualizzati nell'iter di conversione
a proposito del quale il Governo, per bocca
del Vice ministro Morando, ha assicurato
che non vi saranno materie sottratte aprio-
Pag. 11
risiicamcntc ana possininta ui revisione.
Certamente di queste materie farà parte anche l'onere previsto, e da riconsiderare, per
l'affrancamento delle riserve, costituite nel
tempo con agevolazioni fiscali proprie delle
Bcc, per quegli istituti che sceglieranno la
trasformazione in Spa. Occorre però, anche
in questa fase come e stato in quella della
predisposizione della revisione che nasce
dall' autorifbrma progettata dal la Federazione di categoria, un approccio pragmatico e
realistico. Non e pensabile, in ogni caso,
che un solo punto, quello della way out,
diventi l'ombelico della rivisitazione, non
riuscendo a incidere sul quale, tutto sarebbe perduto. Occorrono, invece, equilibrio
e realismo. Il decreto contiene, poi, le norme sulle cartolarizzazione delle sofferenze
con la previsione della «aranzia pubblica.
unenti, a cominciale
V ^ l ^ f Up& U f L I L U I U U L t C f f U U L U £itLlcUI
no. stando alle attuali formulazioni. ]
menta/ioni fondate e appro
arrivati per I assurda, azzeccagarbuglicsca
posizione del la Commissione Uc sugli aiuti
di Stato, (riproduzione riservata)
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Maximulta alla Rurale di Aldeno
La Banca d'Italia ha comminato una sanzione di 16.500 euro a testa per cda, sindaci e direttore
Alla fine è arrivata la botta. La
Banca d'Italia ha comminato
una sanzione pesante ai membri del consiglio d'amministrazione, al collegio sindacale e al
direttore della Cassa Rurale di
Aldeno e Cadine. Dovranno
pagare 16.500 euro a testa. In
tutto, una multa di 247.500 euro dovuta a carenze organizzative e nei controlli interni sul
processo del credito. Una mazzata che arriva proprio alla vigilia della fusione tra la Rurale
di Aldeno e Cadine e quella di
Trento. Il presidente Luigi Baldo in merito alle sanzioni ha
espresso amarezza. Alla Rurale le sanzioni sembrano sproporzionate anche rispetto alla
stessa contestazione: carenze
nell'organizzazione e nei con-
trolli interni con particolare riferimento al processo del credito. L'importo della sanzione
è di 16.500 euro a testa per
ogni amministratore, per il direttore e per i tre componenti
il collegio sindacale. Sanzione
personale che non può essere
coperta da alcun tipo di assicurazione. Quindi ognuno dei 15
dovrà pagare di tasca sua.
«Ribadiamo la convinzione
di aver agito correttamente in
tutte le fasi del processo di credito e dell'organizzazione
dell'attività bancaria - dichiara il presidente Baldo - e facciamo difficoltà a capire le motivazioni di una sanzione così
elevata in rapporto alle contestazioni che sono state mos-
se».
«Contestualmente all'ispezione della Banca d'Italia di
qualche mese fa abbiamo messo in atto una serie di iniziative
che hanno profondamente
modificato il quadro di riferimento - prosegue Baldo - a cominciare dalla sostituzione di
sei amministratori su undici e
dalla approvazione di un rigoroso piano di interventi supportato dalla direzione e dalla
struttura in modo esemplare.
Abbiamo costantemente aggiornato la stessa Banca d'Italia sul procedere e sui risultati
raggiunti. Come è noto, siamo
impegnati insieme alla Cassa
Rurale di Trento in un progetto di fusione che proprio in
questi giorni viene presentato
ai soci in una serie di incontri
sul territorio. Vogliamo assicurare i soci e clienti che abbiamo sempre agito con senso di
responsabilità nei confronti
dell'istituto e nel rispetto anche dei problemi che molti di
loro hanno subito a causa del
prolungarsi di questa crisi. La
Cassa presenta un coefficiente
di solvibilità che nonostante i
notevoli accantonamenti effettuati supera il 14% contro una
media delle banche nazionali
pari a circa 1' 11%. Anche in virtù di questo dato chiediamo ai
nostri soci e clienti di darci ancora più fiducia sia come Cassa che come persone».
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«La Vis»: partenza col botto nel 2016
JL
Più 30% nelle vendite
Fine commissariamento
Andrea Girardi lascia entro la metà di aprile quando
i soci eleggeranno il consiglio di amministrazione
In Casa Girelli nuovo responsabile per l'estero
LAVIS - «Mettere insieme ventisei teste
attorno ad un tavolo, non è facile. Il
problema è solo quello di trovare una
data che vada bene a tutti» dice l'avvocato Andrea Girardi. È la ragione per
cui la firma tra banche e altri creditori, advisor e Cantina La Vis, prevista
per ieri pomeriggio, della convenzione sul piano di risanamento è slittata.
Ma la firma, ricorda il commissario, è
una mera formalità. Il piano è già in attuazione: procede la riorganizzazione,
si prefigurano nuovi investimenti e i
soci saranno chiamati a breve a sancire la fine del commissariamento con
la nomina del presidente e del consiglio di amministrazione. Il 2016 ha le
premesse per essere Fanno del rilancio. Anche perché, anticipa Girardi, le
vendite stanno andando più che bene.
Piano di risanamento.
Il piano di risamento è stato asseverato prima di Natale. Prevede il ricadenzamento dei debiti per tutti i creditori, tra cui Isa spa, e la riapertura di credito per 5 milioni di euro. Risorse che
la La Vis avrà quest'anno a disposizione, da sommare agli 8 milioni di euro
rimanenti del fondo immobiliare di
Cooperfidi (2 milioni sono già stati anticipati in agosto). «Gli otto milioni sono il nostro tesoretto: arriveranno a
breve. Le pratiche con la Provincia sul
leaseback della cantina sono a buon
punto». E sono sono queste risorse 13 milioni disponibili al netto del circolante - a supportare la ripartenza
Definite le modifiche allo statuto: presidente eletto
direttamente in assemblea, cda ridotto e possibilità
di conferire prodotto tre anni prima di diventare socio
della La Vis, unitamente al dato delle
vendite.
Vendite e nuovi mercati.
A fine 2015, comunicando che il piano
era stato asseverato, la Cantina aveva
fornito alcuni dati sull'andamento delle vendite. Un'impennata a due cifre,
sia per i vini che per gli spumanti: +13%
nella gdo 0a grande distribuzione organizzata) e +11% nell'horeca (alberghi, ristoranti e catering), e un boom
(+29%) per gli spumanti Cesarmi Sforza. «Nel primo mese e mezzo del 2016»
dice Girardi «è andata ancora meglio:
l'aumento medio delle vendite è del
30%. Ovviamente, è un dato da prendere con cautela. Ma è comunque positivo». Si accompagna a nuovi sbocchi di mercato: «Olanda, Belgio, ma anche Giappone, con il marchio "Cembra"» spiega il commissario. Girardi ha
una certezza: «Quest'anno, la media liquidata ai soci sarà più alta». Ed il primo acconto sarà anticipato al 19 marzo, San Giuseppe, anziché a fine mese.
Nuovi incarichi nel gruppo.
Il nuovo direttore generale della La Vis,
Massimo Benetello, è operativo da poco più di un mese. Ma ha già incontrato i soci nelle riunioni di zona e preso
contatti istituzionali con il resto del
mondo del vino trentino: da Cavit a
Mezzacorona, da Federcoop al Consorzio Vini. «Entro marzo» anticipa il
commissario «sarà operativo anche il
nuovo direttore per l'estero di Casa Girelli». E a proposito di ventilate cessio-
ni, Girardi, che in giugno esordì con un
«Giù le mani dalla La Vis», oggi dice:
«Sciocchezze. Con Cavit e Mezzacorona abbiamo rapporti costruttivi di collaborazione, alla pari».
Nuovo statuto, nuovo presidente.
Il passaggio più delicato, ora, sarà la
scelta del nuovo vertice della La Vis,
che guiderà il gruppo dopo il commissariamento. Certo, il presidente che
verrà avrà la strada segnata, quella del
piano di risanamento, con un riferimento forte scelto da Girardi: il consigliere indipendente e presidente delle società controllate, Giancarlo Ciacciofera, che con Capitalink ha curato i
rapporti con le banche. Ma il passaggio è importante. L'assemblea elettiva
sarà convocata nella prima metà di
aprile, preceduta da quella straordinaria di modifica dello statuto. Tra le
novità, l'elezione diretta del presidente in assemblea, la riduzione del numero dei membri del cda (da 9-21 a 711) e la possibilità, per attrarre nuovi
soci, di conferire uve alla La Vis per tre
anni prima di versare la tassa di ingresso ed aderire alla compagine sociale.
I soci perduti.
Se n'è andata, dopo il commissariamento, parte dei soci della zona di Salerno. «I soci» dice Girardi «erano 1.142
a fine 2015, ora sono 1.133. Ci sono altre cantine che ne hanno persi di più.
Ed è ovvio se in Alto Adige liquidano
160-170 euro a quintale».
LE «SORSE
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Rurale: sanzionato il vertice
ALMENO
Bankitalia chiede 16.500
euro a testa a cda e direttore
Una doccia gelata, inaspettata,
che arriva proprio mentre il
vertice della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine incontra i soci
sul territorio per convincerli
della bontà del progetto di fusione (per incorporazione) con
la Cassa Rurale di Trento: dopo l'incontro di lunedì a Cimone e di ieri pomeriggio a Gargiga, il presidente Luigi Baldo con
il presidente della Cassa di
Trento Giorgio Fracalossi ha incontrato i soci di Aldeno nel
teatro comunale. La doccia gelata sono le sanzioni che Bankitalia ha irrogato agli amministratori della Cassa in carica fino all'assemblea dell'aprile
2015: Luigi Baldo presidente,
Pompeo Vigano vicepresidente,
Nicola Baldo, Giorgio Cont, Roberto Coser, Stefano Fadanelli,
Barbara Grassi, Monia Larcher,
Giorgio Moser, Riccardo Tamanini e Paola Zanotelli.
In seguito alla lettera con cui
Bankitalia aveva rimarcato
l'inadeguatezza della governance della Cassa chiedendo cambiamenti nel cda, Paola Zanotelli, Giorgio Cont e Roberto Coser si dimisero, mentre Nicola
Baldo, Barbara Grassi e Giorgio Moser scelsero di non ricandidarsi. Di fatto, più di metà cda rinnovato nell'infuocata
assemblea del 24 aprile.
A Bankitalia non è bastato. L'importo della sanzione è di 16.500
euro a testa per ogni amministratore, per il direttore Pio Zanella e per i tre componenti del
collegio sindacale. Il presidente Baldo si dice amareggiato e
ritiene le sanzioni sproporzionate anche rispetto alla stessa
contestazione: carenze nell'or-
ganizzazione e nei controlli interni, con particolare riferimento al processo del credito. La
sanzione è personale, non può
cioè essere coperta da alcun tipo di assicurazione. Vuol dire
che le quindici persone interessate dovranno pagarla di tasca
propria.
«Ribadiamo la convinzione di
aver agito correttamente in tutte le fasi del processo di credito e dell'organizzazione dell'attività bancaria - dichiara Baldo - e facciamo difficoltà a capire le motivazioni di una sanzione così elevata in rapporto
alle contestazioni che sono state mosse. Contestualmente all'ispezione della Banca d'Italia
di qualche mese fa abbiamo
messo in atto una serie di iniziative che hanno profondamente modificato.il Quadro di
riferimento, a cominciare dalla sostituzione di sei amministratori su undici e dalla approvazione di un rigoroso piano di
interventi supportato dalla direzione e dalla struttura in modo esemplare. Abbiamo costantemente aggiornato la stessa
Banca d'Italia sul procedere e
sui risultati raggiunti».
Baldo, ieri, ha voluto rassicurare soci e clienti: «Abbiamo
sempre agito con senso di responsabilità nei confronti dell'istituto e nel rispetto anche
dei problemi che molti di loro
hanno subito a causa del prolungarsi di questa crisi. La Cassa presenta un coefficiente di
solvibilità che nonostante i notevoli accantonamenti effettuati supera il 14%, contro una media delle banche nazionali pari a circa l'I I/o».
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"Trento e Aldeno-Cadine,
questo matrimonio
nons'hadafare1
" f\ uesto matrimonio non s'ha da fere".
VC A dare voce ai contrari alla fusione
tra \a Cassa Rurale di Trento e quella di Aldeno-Cadine (vedfVTn. 6/2016), che darà
vita aUa prima Rurale del Trentino per raccolta (2,7 miliardi) e impieghi (1,5), con
quasi 18 rrnla soci e un patrimonio di 217
milioni di euro, si è presentato ufficialmente lo scorso 12 febbraio un comitato per i l
La sede della
"no". Nel corso di un incontro con la stampa
Cassa Rurale
presso l'ex Casa del Gero, alcuni rappresendi Trento
tanti del comitato - Massimo Musolino, i l
docente universitario Alberto Zanutto e Andrea Bontempelli, già responsabilerisorseumane della Cassa rurale di Aldeno - hanno illustrato le ragióni dell'opposizione a un progetto che, sostengono, non è di
fusione ma piuttosto di incorporazione della Rurale di AÌdeno da parte
di quella di Trento (di cui si denuncia l'atteggiamento "prevaricante") e
hanno presentato un manifesto con 14 domande erisposte"per consentire ai soci una scelta ponderata e consapevole".
In sintesi, le criticheriguardanolo scarso péso attribuito ai rappresentanti di Aldeno nella nuova banca ("tre amministratori su 14 nel nuovo
consiglio di amministrazione", pur portando in dote"un patrimonio che
vale la metà del loro": 70,134 milioni di euro contro i 148,366 milioni
della Cassa rurale di Trento, e oltre tutto "ai nostri amministratori sarà
preclusa la carica di presidente, direttore e vicedirettore"); la possibile
perdita di una ventina di posti di lavoro tra Aldeno e Trento; un concambio "iniquo" delle quote (4 a 1).
I l comitato per il no indica dei modelli alternativi di fare banca che la
Cassa Rurale di Aldeno e Cadine potrebbe seguire: continuare da soli (in
proposito siricordache dopo due ispezioni della Banca d'Italia i conti
sono stati "ripuliti" dalle sofferenze contabilizzando correttamente le
perdite) oppurefondersicon una banca di pari interesse e con continuità territoriale (ad esempio la Cassa Rurale Valle dei Laghi). E nell'assemblea che ad aprile dovrà decidere in un senso o nell'altro, i l comitato per i l no chiederà di votare non per alzata di mano ma su scheda cartacea, per fer saltare l'approvazione della fusione (serve i l parere favorevole di almeno 3/5 dei soci).
Nelfrattempo ha preso il via lunedì 15 febbraio una serie di incontri promossi dalle Rurali di Trento e di Aldeno-Cadine per illustrare ai soci e ai
clienti i l progetto di fusione. Ci saranno anche quelli del comitato per il
no, che lamentano anche la scarsa informazione finora assicurata ai soci in merito alla fusione.
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Gassa Rurale di Primiero
in rosso per 10 milioni
Il presidente Bonetti: «Valle in forte sofferenza»
PRIMIERO - «La banca deve fare la banca»: lo ripete spesso il
presidente della Cassa Rurale
Valli di Primiero e Vanoi, Maurizio Bonelli. «E deve fare utile».
Certo non è facile in una realtà
come Primiero, quando lo stesso, in un incontro con la stampa in occasione delle preassemblee di questi giorni dice che
Primiero brilla per essere il fanalino di coda del Trentino. Lo
ripete da almeno cinque anni
alle categorie economiche e
agli amministratori e lo ripeterà ai prossimi, ma alla fine i conti non tornano, benché la Cassa «tenga». Il risultato operativo lordo è di 4.138.927 euro, la
svalutazione dei crediti è pari
a 15.894.789, pertanto la perdita di esercizio è di 10.804.825
euro. 11 patrimonio è saldo: il
coefficiente di solidità patrimoniale nel 2014 superava il 13%,
quasi tre punti sopra la media
del 10,5. Nel 2015, dopo la verifica della Banca d'Italia, era
al limite, così si è provveduto
ad emettere un prestito obbligazionario subordinato sottoscritto dal Fondo Comune delle Casse Rurali Trentine per 8
milioni. Non per mala gestione,
ma perché urgevano rettifiche:
più cala il valore della zona, più
si deprezza quello degli immobili posti a garanzia (sono un
paio le forti esposizioni). Ora è
al 13,4%.
Insomma, a Primiero l'economia non tira da anni, benché
l'estate 2015 abbia portato una
boccata d'ossigeno al turismo,
su cui gira l'indotto primierotto. Lo conferma anche il dato
sul credito erogato che cala del
7,38%, 24 milioni. Non di certo
perché la Cassa nega prestiti se
il bilancio dell'azienda dà ga-
ranzie di solidità, ma perché c'è
un calo delle domande, il 14%
in meno dal 2013.
Perché Primiero sviluppa difficoltà? Non è la Cassa che deve
rispondere, dice Bonelli, «noi
non abbiamo la bacchetta magica, ma mostriamo la situazione a chi ha il compito di prendere decisioni». I dati che saranno definitivi a marzo, raccolti dai bilanci di un campione di aziende alberghiere trentine, mostrano come Primiero
sia la valle che soffre maggiormente per cui gli investitori non
scommettono ormai più. Preferiscono altre zone, anche meno blasonate ma più vitali. Basti pensare che mediamente le
nostre presenze sono il 42% rispetto al 62% della media del
Trentino. «È compito degli amministratori leggere la situazio-
ne in prospettiva e programmare a lungo termine». E fa capire
che finora non lo si è fatto. E lascia pure intendere che Primiero ha una riserva aurea quale
Acsm di proprietà pubblica che
potrebbe investire maggiormente i propri utili a beneficio
dell'economia.
E siccome «i risultati sono evidenti e la situazione è critica se
lo stato delle aziende non migliora, dal momento che una
fetta dei crediti ha andamento
anomalo», la Cassa tenta di parare il colpo anche con un piano di rilancio per i prossimi due
anni per ritornare all'utile e rafforzare il patrimonio con interventi definiti «seri» sul costo
del personale (taglio del 15%
del salario) e sulle filiali, con altre chiusure oltre a quella di Tonadico di qualche mese fa.
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CREDITO E GIUSTIZIA
Il codicillo
(scomparso)
che aiutava
la ripresa
e avevano tanto parlato.
Lo aveva fatto Matteo
Renzi in conferenza stampa
da Palazzo Chigi poco dopo la
metà del mese scorso: «Il
modo migliore per ridurre le
sofferenze delle banche —
aveva detto il premier — è in
primo luogo far ripartire
l'economia, secondo accelerare le procedure di recupero
dei crediti, che è un tema
oggetto della nostra attenzione». Era tornato sull'argomento, poco dopo, anche
Pier Carlo Padoan. Da Davos,
alla fine di gennaio, il ministro dell'Economia aveva
spiegato che il governo mirava ad alleviare i problemi
delle banche «accelerando le
procedure di recupero dei
crediti». Prima che le università anglosassoni sterilizzassero il lessico economico, si
chiamavano pignoramenti. E
in ogni Paese le loro regole
sono sempre il frutto di un
arbitraggio puramente politico, al quale l'Italia sembra per
ora aver rinunciato. Come
funzionino molti pignoramenti, o il recupero dei crediti, non è un segreto.
continua a pagina 13
Il provvedimento sui pignoramenti
saltato nella notte di Palazzo Chigi
Si vanifica l'effetto della «bad bank»
Un debitore non riesce a far
fronte ai propri impegni quindi la banca gli sottrae la casa, la
terra o l'azienda per vendere
tutto all'incanto. Quanto a questo, le regole di contabilità degli istituti oggi fissano equazioni precise: più brevi e certi
sono i tempi per poter prendere legalmente possesso delle
proprietà poste a copertura di
un debito in default, più quel
credito avrà valore nel bilancio
della banca, o più alto sarà il
suo prezzo nel momento in cui
la banca stessa lo cede a un
nuovo operatore. Succede il
contrario quando la presa di
possesso di un immobile è lenta e circondata dall'incertezza
sull'esito finale delle procedure: il valore del credito nel bilancio della banca si deprezza,
le perdite su ciascun prestito
inesigibile aumentano, quindi
l'erosione di capitale si aggrava
e probabilmente in futuro
l'istituto sarà in grado di concedere meno credito - e più caro - alla prossima impresa o alla prossima famiglia.
Per questo, dietro la tecnica,
c'è sempre un dosaggio che
spetta alla politica. Quando
quasi un euro di prestito bancario ogni cinque è in un qualche grado di insolvenza, come
attualmente in Italia, un governo deve scegliere suo malgrado chi privilegiare: i debitori
insolventi che vogliono mantenere la loro proprietà il più a
lungo possibile, oppure i creditori che cercano di prenderne possesso nei tribunali per
poi venderla e recuperare almeno parte del prestito. Nel
primo caso vincono gli interessi delle famiglie e delle imprese oggi in difficoltà. Nel secondo prevalgono le banche, ma
anche gli interessi delle famiglie e delle imprese che chiederanno credito da domani in
poi.
A giudicare dalle dichiarazioni del premier e del ministro dell'Economia, il governo
sembrava aver scelto: rispetto
alla situazione attuale, avrebbe
spostato la lancetta un po' più
di prima dal lato dei creditori.
Avrebbe accelerato le procedure giudiziarie di recupero, oggi
così inefficienti che risultano
fra le più incerte e lente d'Euro-
pa con una durata media di oltre sette anni.
Salvo che poi non è successo. Nel Consiglio dei ministri
di una settimana fa che doveva
decidere, il provvedimento è
sicuramente entrato. Non ne è
mai uscito, almeno non per
ora. Secondo alcune ricostruzioni, a tarda sera sarebbe caduto senza troppe discussioni
dal pacchetto delle misure sulle banche.
L'effetto immediato è che
per adesso il sistema del credito non potrà contare su questa
misura di sostegno che, probabilmente, sarebbe stata più efficace dell'ingranaggio della
«bad bank» negoziato per un
anno a Bruxelles fra polemiche
crescenti. Non è difficile capire
perché: gli operatori specializzati sono restii a comprare un
credito da una banca italiana,
perché sanno che in media occorrono sette o otto anni per
recuperare una proprietà posta in garanzia. Si spiega così lo
scarto di circa il 20% tra il valore di quei prestiti nei libri degli
istituti e il prezzo che gli investitori sono pronti a riconoscere. Vendere un credito con i
tempi della giustizia civile più
lenti d'Europa (il doppio del
secondo Paese più lento, la
Slovenia) obbliga le banche a
praticare sconti. Erode molto il
capitale degli istituti e il loro
sostegno ai nuovi investimenti, ora che in Italia i crediti deteriorati lordi sfiorano i 360
miliardi di euro.
Più delle stesse garanzie statali sui prestiti, previste dall'accordo con la commissaria Uè
Margrethe Vestager, quel provedimento avrebbe mitigato
questi problemi. Paolo Carrière, dello studio legale Cba,
osserva che il governo ha varato altre riforme utili: un mercato nazionale unico per la vendita dei beni pignorati, procedure più omogenee per diversi
tipi di debitori.
Ma perché Renzi abbia scelto di non accelerare per ora sui
tempi della giustizia, dopo
averlo annunciato tante volte,
resta poco chiaro. Di certo l'intervento avrebbe sfavorito la
vasta platea dei creditori oggi
in difficoltà nel Paese. Magari,
turbando anche la navigazione
(troppo) tranquilla di tanti tribunali d'Italia.
Fysìonì
Chiantibanca, il consiglio valuterà way out
Il nuovo consiglio di
Chiantibanca valuterà
l'eventuale opzione di «way
out» (cioè di uscita) dalla
nascente holding del credito
cooperativo, ma solo dopo
che Bankitalia darà il via
libera al piano industriale per
la fusione con le Bcc di Pistoia
e Area Pratese. L'assemblea,
ad aprile, eleggerà il nuovo
board, si esprimerà sulla
fusione e dovrebbe recepire la
candidatura alla presidenza,
al momento «in pectore», di
Lorenzo Bini Smaghi.
Pag. 18
ROVERETO
Lunedì
in Santa Caterina,
l'ultimo,
commosso saluto
a Giuseppe Piamarta.
''Aveva scelto
di creare un mondo
migliore, un mondo
dovei deboli
fossero una risorsa
per tutti"
l Signore questa volta
non ci ha ascoltato". Si
è aperta così lunedì
scorso, con la voce
spezzata di padre Gregorio Moggio,
la cerimonia per dare l'ultimo
ài
I
saluto a Giuseppe Piamarta, 51
anni. Uno dei volti di Rovereto più
conosciuti nel mondo del sociale e
della solidarietà. Socio della
cooperativa II Girasole, e da dieci
anni direttore del Punto d'Approdo
di via Valbusa, una realtà nata
trentanni fa e diventata presto un
punto di riferimento per tante
donne in difficoltà. Da cui poi sono
fiorite altrettanti esempi di società
che funziona e che non lascia
indietro gli ultimi. Dalle
Formichine, di cui Beppe è stato un
pilastro, a Casa Fiordaliso, struttura
di accoglienza per le madri e i loro
figli.
"Abbiamo pregato tanto e tutti
insieme, ma Dio ha voluto così.
Abbiamo bisogno di un
supplemento di fede", ha spiegato
padre Gregorio, nella piccola
chiesa di Santa Caterina, gremita
come non mai. Una parrocchia
molto cara a Giuseppe, perché è
qui, nel giro dei frati, che ha
inrjontrato-molti esempi di vita e ha
deciso di dedicarsi aali altri. Così
sempre qui si è voluto ricordarlo
per l'ultima volta, anche a costo di
fermarsi fuori dal portone.
Perché a stringersi attorno a sua
moglie, Fabiola, e ai suoi figli,
compreso l'ultimo adottato in Cina,
c'era mezzo Trentino. Dalle
autorità, agli amici di sempre, ai
colleghi e rappresentanti del
mondo in cui lui stesso operava,
alle decine di persone che Beppe
aveva aiutato e preso per mano
negli ultimi anni. Madri, giovani
donne, rifugiati, nessuno escluso.
Compresi le suore, il personale, e
soprattutto i bambini di Casa
Speranza di Campina, che dalla
Romania hanno scritto a Giuseppe,
i l loro "papà preferito" incontrato
più volte: "Da lassù non
dimenticarci, e ricordati quello che
sei stato per noi. Ti porteremo per
sempre nel nostro cuore".
Ma se lo sconforto, lascia presto
spazio al senso di smarrimento che
provoca la perdita di una vita,
stroncata troppo presto, è lo stesso
"La relazione
eia 11 suo forte
Pag. 19
salutare per l'ultima volta Beppe
non potevano mancare tutte quelle
persone che i l direttore del Punto
d'approdo aveva conosciuto, una per una,
nei momenti più brutti della loro vita. Dovevano esserci, proprio come lui c'era stato
per loro.
Sono le donne e le ragazze di Casa Fiordaliso, una struttura che dal 2002, da quando è
nata, ha ospitato diversi nuclei famigliari
mamma-figlio con progetti educativi specifici in accordo con il Servizio sociale territoriale o legati all'emergenza. "Nessuna di loro si è mai dimenticata dì lui. Di quando
ogni volta si fermava a giocare con i loro
bambini. La relazione con gli altri era il suo
forte",ricordaMario Pellegrini, coordinatore di Casa Fiordaliso.
Sembra davvero che in Trentino non ci sia
realtà attiva nel sociale che non conosca i l nome di Piamarta. "Era un uomo affabile, sempre pronto a collaborare
con gli altri. Non aveva pregiudizi su nessuno e nel corso degli anni si era
costruito una rete di relazioni che aveva saputo gestire sia dal punto di vista professionale che umano", continua Pellegrini chericordacome, solo
poche ore prima di morire, Giuseppe si stesse occupando di un'altra questione, quella dei profughi e del dovere di garantirli una giusta accoglienza.
"Tante volte - scrivono i colleghi del Punto d'Approdo - ci siamo fermati a
pensare alle cose discusse con Beppe, a ridare ordine a dei fatti accaduti
e a ripartire in modo più giusto. Beppe anche oggi ci permette di riflettere, diriconoscerlonei tanti visi incontrati, nelle tante persone che hanno
scelto di percorrere un po' di strada con noi. Beppe aveva scelto di creare
un mondo migliore, un mondo dove i deboli fossero una risorsa per tutti.
Ci ha insegnato a riconoscere nel prossimo una parte'di noi, ad ascoltare
quelle voci spesso soffocate da soprusi e violenze", continuano i colleghi,
che concludono: "Beppe ci lascia un tesoro, ci lascia una città dove è già
germogliato i l seme della solidarietà, dove chi è in difficoltà ha finalmente una porta dove bussare, una casa dove vivere, un calore famigliare dove raccontarsi e trovare consolazione. E tante persone che hanno voglia
di proseguire su questa strada, con quella sobrietà tipica di Beppe che lo
portava ad essere una persona semplice, affabile, equilibrata e ironica".
F.C.
A
Piamarta che invita al
coraggio. E lo fa
attraverso queste
parole, scritte non
molto tempo fa
durante un incontro
con i l gruppo famiglie
di Santa Caterina, con
cui Beppe ha condiviso
molte serate: "Credo
nella natura, credo in
mia moglie, nei miei
figli e nella famiglia.
Credo nei bambini,
credo nell'amore,
nell'amicizia e nella
solidarietà. Credo nel
sorriso, credo
nell'impegno e nella
solidarietà. Credo
nella libertà, nel saper scegliere e
pensare. Credo di sì, credo di farcela, e
di sbagliare. Credo di essere. Credo di
morire".
Una sorta di testamento spirituale che
la sorella Maria e i fratelli Pietro e
Angelo hanno subito fatto proprio:
"Continueremo noi i l lavoro che hai
sempre fatto, continuando giorno
dopo giorno come un guerriero, senza
lamentarti mai, nonostante la
malattia". Giuseppe era, come lo
definiscono i suoi colleghi, un
assistente sociale ormai fuori mercato,
"di quelli che non se ne trovano più",
ma non era un eroe. Era un uomo con
una figlia come Anna che, nonostante
il lutto, ha saputo armarsi di coraggio e
salire all'ambone: "Grazie di tutto papi,
la nostra casa rimarrà sempre aperta
per gli altri".
Francesca Candidi
Pag. 20
Con i soldi dello spettacolo
l'Arlecchino ora è realtà
Dallo Zandonai al laboratorio di restauro e falegnameria: gli incassi devoluti
alla coop Girasole che ha dato vita ad un nuovo progetto di reinserimento sociale
I soldi di Arlecchino sono finiti
ad... Arlecchino. Nei mesi di
inaugurazione dopo i lunghi lavori di restauro, il teatro Zandonai ospitò lo spettacolo "Arlecchino servitore di due padroni":
sostenuto dalla Caritro, il ricavato netto, di oltre 21 mila euro, è
andato alla cooperativa Girasole, che, con questi soldi, ha lanciato un nuovo progetto, chiamato proprio Arlecchino, potenziando il laboratorio di restauro
e falegnameria. Per l'esattezza,
l'assegno staccato dalla Fondazione Caritro a beneficio della
cooperativa sociale, che si occupa di reinserimento lavorativo
per uomini in situazione di disagio, è di 21.494,22 euro. É l'introito netto dei due spettacoli,
tenutisi nel novembre del 2014,
per i quali ha speso in tutto circa
40 mila euro.
Rovereto e il rinnovato teatro
Zandonai ebbero "gratis" un
"must" per gli appassionati di
teatro, perché l'Arlecchino prodotto dal Piccolo di Milano con
la regia di Strehler è famosisssimo e proposto da anni; in più,
venne in Trentino l'attore che
ne ha fatto la fortuna, Ferruccio
Soleri, che all'epoca aveva 85 anni ma fece anche una replica. In
tutto si totalizzò la bellezza di
800 spettatori paganti, un successo che ha fatto anche il successo della formula di "welfare
generativo". «Come Caritro abbiamo deciso di finanziare progetti con una ricaduta sul territorio - spiega la vicepresidente
Silvia Arlanch - la formula scelta
dal Comune di Rovereto e dalla
cooperativa Girasole è quella
giusta». L'assessore comunale
Previdi, che ha ricordato come
la proposta fosse nata sotto l'assessorato del suo predecessore
Gerola, ricorda come il progetto
Arlecchino della Girasole genererà ulteriori risorse, «perché
non si possono più dare soldi a
fondo perduto, chi riceve dal
pubblico deve reinvestire». I soldi arrivati dalla Caritro sono serviti alla cooperativa sociale ad
assumere (attingendo alle liste
di disoccupazione) una persona part-time per un anno. Questi sarà coordinatore di una
squadra (composta da altre due
persone, segnalate dai servizi
sociali) con il compito di curare
un laboratorio di restauro e fale-
gnameria. Che ora attende commesse dalle imprese.
«Abbiamo alcuni incarichi
dal Comune - spiega Roberto
Brunelli della cooperativa - restauriamo mobili, facciamo risanamento e lavori sul legno, contiamo di avere commesse anche
dai privati». I margini dei lavori
ricevuti serviranno a prendere
in carico altre persone nel laboratorio. Da qui l'appello della
Caritro, così come del Comune,
agli imprenditori e al territorio,
affinché "si facciano carico dei
valori e della responsabilità sociale", usando le parole dell'assessore Previdi. Il progetto Arlecchino, partito dall'ufficio cultura, è stato così corale: fondazione Caritro, coordinamento
teatrale Trentino, Comune.
La vicepresidente di Caritro Silvia Arlanch con Roberto Brunelli (F. Festi)
Pag. 21
Coop di Pinzolo, Binelli si ritira
Domani le elezioni. Il presidente uscente: «Me lo hanno chiesto in molti, ma non mi ricandiderò»
Domani alle 20 i Soci della
"Famiglia Cooperativa PinzoIo", sono convocati al PalaDolomiti per l'assemblea generale ordinaria.
Martedì scorso alle 18 scadevano i termini per consentire
ai possibili candidati di veder
stampare il loro nome sulle
schede di voto, mentre formalmente «fino all'assemblea c'è
tempo per presentarsi ed entrare nel Consiglio d'amministrazione» della Famiglia Cooperativa. Una tra le più grandi
e importanti del Trentino, che
conta circa 2.000 soci, 114 dipendenti fissi e 50 stagionali,
10 Punti vendita in Val Rendena, dei quali cinque nel Comune di Pinzolo (uno in paese, tre
a Campiglio e uno a Mavignola), di Giustino, Massimeno,
Bocenago, Spiazzo, Iavrè, e
due Ingross a Campiglio e Carisolo.
Per la presidenza dell'ente
. CDonerativo_ha presentato la
propria candidatura solo William Collini di Pinzolo, dimissionario della prima ora e tecnico amministrativo alla Surgiva a Carisolo. Si sono invece
presentati per la carica di consigliere Massimiliano Zenari
(Spiazzo), Alessandro Zucchetti (Spiazzo), Bruna Cunaccia
(Pinzolo), Paolo Lorenzetti
(Pinzolo), Gastone Cominotti
(Pinzolo), Silvano Bonapace
(Pinzolo), Elisabetta Maturi in
Moreschini (frazione Dare Porte di Rendena). Non ricandidano Ornello Binelli, Agostino Lorenzetti e Romeo Collini,
che sono risorsi contro il Commissariamento della Famiglia
Cooperativa Pinzolo. Del
"vecchio" consiglio di amministrazione rimane in carica solo
Paolo Maestranza di Giustino.
Ornello Binelli, protagonista suo malgrado del rocambolesco epilogo di una gestione
finita col commisariamento
della cooperativa, sgombera
subito il campo da ogni possibile fraintendimento e afferma «io non miricandido»e aggiunge «non ho ritenuto di
candidarmi per una serie di ragioni. La decisione è stata molto difficile e sofferta, anche
perché tanti soci mi hanno
spronato a farlo, garantendomi la loro fiducia».
Sorride sotto i baffi Ornello
Binelli e con soddisfazione
guardando al commissariamento avvenuto il 27 ottobre
2014, quando la Giunta provinciale decise, su proposta
dell'organo di vigilanza, di destituire lui e tutto il consiglio
d'amministrazione afferma «il
Consiglio di Stato nell'ordinanza del 21 gennaio 2016 ha
stabilito che il provvedimento
del commissariamento della
Famiglia Cooperativa Pinzolo,
seppur di natura discrezionale
è stato adottato «inaudita alte-
ra parte» e ci tengo a precisare
che la motivazione dell'accoglimento dell'impugnazione è
sostanziale, altro che formala.,
le».
Poi guarda all'assemblea e
afferma «sono stanco, provato, amareggiato per tutto quello che è successo. Ho valutato
con molta attenzione e ponderazione la mia candidatura, anche su sollecitazione di molti
soci che mi hanno espresso solidarietà e spronato ad andare
avanti, ma preferisco fare un
passo indietro per il bene della
mia e nostra Cooperativa.» Poi
conclude «sento che avrei avuto un riscontro positivo da parte dei soci, soprattutto dopo la
"riabilitazione" avuta dal Consiglio di Stato, ma per il bene
della Cooperativa mi faccio da
parte. Ritengo importante e
positivo presiedere la prossima assemblea, per me è già
una grande vittoria».
Ornello Binelli dopo l'assemblea di domani lascerà la coop di Pinzolo
Pag. 22
ara William Colimi
a «sfidare» Ornello
Domani l'assemblea della Famiglia Cooperativa
PINZOLO - «Tim messaggio gra- Per la presidenza in lizza c'è un
tuito. Il cliente da lei chiamato
solo candidato: William Collini,
non è...», eccetera eccetera. Co- colui che (dimettendosi insiesì ieri mattina, come l'altra se- me a Riccardo Maturi) rese più
ra, la vocina del cellulare di Or- traballante nell'ottobre del
nello Binelli spiegava che il ti2014 il Consiglio di Amministratolare non era raggiungibile.
zione, che sarebbe stato rimosPerciò con tutta probabilità
so subito dopo. Per il ruolo di
non si saprà quale decisione consigliere correranno sette
prenderà fino a domani sera.
candidati (cinque uomini e due
Di certo il suo nome non com- donne) per cinque posti.
parirà sulla scheda di voto che Le rappresentanti del sesso
capiterà in mano ai soci che in- gentile sono Bruna Cunaccia ed
terverranno all'Assemblea del- Elisabetta Maturi. Quest'ultima
la Famiglia Cooperativa di Pin- nel 2013 corse per la presidenzolo, ai quali spetterà il com- za, ma fu battuta da Ornello Bipito di rinnovare il presidente nelli.
ed il Consiglio di AmministraQuanto agli uomini, sono Gazione.
_ _stone£ominotti._Massimiliano Ze-
William Collini, lo sfidante
nari, Paolo Lorenzetti, Silvano Bonapace ed Alessandro Zucchetti.
I cinque eletti andranno ad affiancare l'unico rimasto in Consiglio, Silvano Maestranzi, il cui
mandato scade nel 2017. Per il
meccanismo della rotazione
(che prevede la scadenza ogni
anno di due consiglieri) verranno sorteggiati i periodi di permanenza in Consiglio dei vari
membri. In altre parole, un consigliere scadrà già l'anno prossimo, insieme a Maestranzi,
due scadranno nel 2018 e due
nel 2019, insieme al presidente.
In questo modo si ristabilirà la
regolarità del governo aziendale, dopo due anni in cui ha
regnato il commissario, il presidente dei dottori commercialisti trentini Maurizio Postai.
Sempre in attesa, s'intende, del
pronunciamento con la sentenza del Tribunale amministrativo di Trento, che avverrà il
prossimo Giovedì Santo, rispetto al ricorso presentato da Ornello Binelli contro il commissariamento della Famiglia Cooperativa. Anche se ormai (questi sono i tempi della giustizia)
il valore della sentenza sarà puramente platonico, essendo il
commissariamento concluso.
Ornello Binelli, l'uscente
Pag. 23
Anche dall'Adi arcense nuovo accorato appello
per non dividere gli ospiti della comunità Ànffas
:i restino insieme»
Anche l'Acli di Arco in merito
alla Comunità alloggio dell'Anfass di Locca di Concei vuole
entrare nel dibattito chiedendo a piena voce una soluzione alla questione che ormai si
protrae da troppo tempo.
Il rischio, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, è che la soluzione sia peggiore del problema. Si pensa infatti di dividere il gruppo di ospiti tagliando così legami e rapporti che
si sono saldati negli anni e che
costituiscono una risorsa in
più all'interno della comunità.
«La "casa" di Concei - scrive
oggi Rosaria Rosa, per l'Acli
arcense - era nata come risposta provvisoria alle necessità
delle famiglie con disabili ormai adulti che non sono più in
gradi di garantire loro le cure
necessarie, spesso per l'anzianità dei genitori. Questa soluzione è diventata invece più
che mai definitiva nonostante
le proteste non siano mancate. Anzi, va ricordato che già
nel 2007 a sostegno della richiesta di trasferimento della
struttura erano state raccolte
1650 firme presentate all'allora presidente Dellai.
Riteniamo che una società responsabile e civile debba garantire ai suoi figli più deboli
e indifesi una sistemazione
adeguata in modo da consentire loro la partecipazione alla vita sociale della propria realtà ed una vicinanza agli affetti. La comunità di Locca di
Concei risulta essere troppo
decentrata, raggiungibile dai
familiari con difficoltà e impedisce agli ospiti ogni possibilità di crescita e socializzazione con il loro contesto. Le persone presenti a Locca dormono in Val di Ledro ma quotidianamente affrontano il viaggio
di andata e ritorno dalla Busa
per frequentare i vari centri
socio-educativi (con costi non
indifferenti per il trasporto).
Non pensiamo essere risolutiva la recente proposta dell'assessore al Servizio socio assistenziale per la Comunità di
valle Alto Garda e Ledro, Angeli Patrizia - di mandare solo
una parte di queste persone
presso la Fondazione Comu-
La presidente Rosa:
«La soluzione
migliore resta il
trasloco in gruppo
presso l'ex
ospedale Armanni»
nità di Arco.
Infatti - prosegue la portavoce dell'Adi arcense - la stessa
Angeli ha dichiarato che le
strutture del Basso Sarca non
sono sufficienti a tutte le richieste e talvolta si trova nella necessità di dirottare persone fuori dal comprensorio.
Alla luce di queste considerazioni ci troviamo convinti che
serva la volontà politica di trovare al più presto nella nostra
realtà una struttura definitiva
per accogliere questi bisogni
a cui dobbiamo subito dar
concretezza. La Casa di cura
Armanni di Arco, luogo centrale, ci sembra abbia tutte le
caratteristiche per poter essere adibita senza grossi interventi economici a questo visto anche che gran parte dello stabile risulta inutilizzato.
Speriamo veramente che la
questione venga presa seriamente a cuore da chi di dove-
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«Uè e banche, no al tetto sui titoli di Stato»
Renzi alla vigilia del vertice: troppi derivati e titoli tossici nella pancia di alcuni istituti di credito europei
Noi e gli altri
11 m i l
I PAESI
LA LEVA
Totale attivi
/patrimonio
netto tangibile
Svizzera
Germania
26,6
26,6
Francia ; Regno
Unito
= ! E.
Nord
Europa
Paesi
Bassi
Spagna
28,5
25,3
*•-•&
29,7
I DERIVATI
• In %
26,7
dell'attivo
19,8
• Multiplo
del patrimonio
netto tangibile
(volte)
j ^
w»" i P
Fonte: R&S Mediobanca
« s «Metteremo il veto su qualsiasi coloso quanto più riguarda i Paesi
ad alto debito come l'Italia, dove il
tentativo di mettere un tetto alla
presenza di titoli di Stato nel porta- 67% del debito sovrano nei portafofoglio delle banche. Saremo senza gli bancari del Paese è italiano. Da
cedimento, di una coerenza e fòrza qui larichiesta di limiti.
esemplare». Matteo Renzi, riferenUn negoziato ancora nella fase
do in Parlamento sul Consiglio Uè tecnica, si diceva. Ma il premier itachesiapreoggiaBruxelles.vaoltrei
liano vuole far arrivare per tempo il
pur importanti temi all'ordine del
suo messaggio politico. «La vera
giorno - Brexit e immigrazione - e
questione delle banche in Europa è
lancia la sua sfida alla Germania sul oggi la questione enorme che ritema delle banche. Il negoziato sul- guarda la prima e la seconda banca
l'ipotesi di garanzia comune sui de- tedesca - è l'affondo di Renzi -. Io
positibancarièiniziatosoloda qual- naturalmente faccio il tifo per loro,
che settimana ed è in sede tecnica,
ma il dato di fatto è che anziché ocperora.Eunodeimotìvipercuiilgocuparci dei titoli di Stati italiani biverno Merkel non vuole (ancora)
sogna avere la forza di dire che nella
impegnarsinell'assicurare insolido pancia di molte banche europee c'è
i depositi bancari nella zona euro è un eccesso di derivati e titoli tossiproprio l'elevata esposizione al de- ci». E ancora, con riferimento alle
bito pubblico nazionale di alcuni vicende del 2ou che portarono alla
settori bancari. E agli occhi della
formazionedelgovemoMonti:«Se
Germania il legame è tanto più peri- alcuni istituti di credito del Nord
Europa avessero tenuto i titoli italiani avrebbero avuto molto più
rendimento anziché mettersi in
pancia alcune realtà discutibili».
Renzinonsidiceneanchecontrario
aduna«indagine» sulsurplus commerciale tedesco, precisando tuttavia che«èlaCommissionechedeve
decidere, non noi».
SultemadellaBrexitinagenda, invece, laposizionedell'Italiasipuòaccomunare a quella della Germania e
della Francia Posizione tesa a fare
«ogni sforzo possibile» per evitare
l'uscitadellaGranBretagnadallaUe
e fornire al premier David Cameron
un accordo di revisione tra Londra e
la Uè che possa permettergli di fare
campagnaelettoraleperilsìnelreferendum-trappolasullapermanenza
del Regno Unito nella Uè da lui stessopropostopervincerelescorseelezioni. «La Brexit sarebbe una scon-
fitta per l'intera Europa, sia perché
saremmo meno forti senza uno dei
Paesi più importanti sia perché sarebbe interrotto il percorso di allargamentoawiatodall'Ueeforse finora perseguito con eccessivo zelo»,
dice Renzi riferendo in Senato.
«Sperochesipossatrovareunbuon
compromesso, fermirestando alcunipaletticomelacentralitàdell'euro
e il riconoscimento dello sviluppo
LE BANCHE TEDESCHE
«La vera questione delle
banche è quella, enorme, che
riguarda là prima e la seconda
banca tedesca. Io naturalmente
faccio il tifo per loro»
dell'Europa». L'altro grande tema in
agenda è quello dell'immigrazione,
chevedeenondaoral'Italia schierata in favore della revisione delprin-
Pag. 25
cipio di Dublino. «È sbagliato, non
funziona. E bisogna avere la consapevolezza che una strategia non
può essere solo donare un obolo a
un singolo Stato», dice Renzi riferendosi agli ormai famosi 3 miliardi
dell'EuropaallaTurchia «Noiabbiamoilpiùaltonumerodirimpatri,
ma serve una politica comune sui
rimpatri così come serve un diritto
d'asilo comunitario».
Un tema, quello delle migrazioni,
sul quale è intervenuto ieri anche il
Capo dello Stato Sergio Mattarella,
cheinseratahaanchericevutoRenziperilconsuetoincontropre-vertice Uè. «L'Unione europea, e l'Italia
inprima linea,faràlasuaparte.Maè
essenziale il ruolo delle leadership
deiPaesiinviadisviluppoperinterveniresull'emergenzamigrazionee
sulle cause allabase del fenomeno sono le parole di Mattarella -. La governance e laresponsabilitàalivello
locale sono infatti imprescindibili
per favorire una crescita economico-sociale duratura»
Sullo sfondo, naturalmente, la
battaglia delle battaglie. Quella per
la flessibilità e per un cambio-verso
nella politica economica europea
«Il ministro Pier Carlo Padoan ha
preparato un documento economico-èFaimunciodiRenzi-perchéin
questi ultimi anni l'Europa ha scelto
una politica economica che ha visto
crescere la disoccupazione e la distanza tra il Paese leader e gli altri.
Dire che di conseguenza non basta
più una politica incentrata sull'au-
sterità e che si occupa, in modo discutibile, solo delle banche significa
riportare un po' di verità». Non è
questione di clausole per l'Italia «perché noiipunti di flessibilità ce li
prendiamo senza dover sbattere i
pugni sul tavolo perché abbiamo il
deficit più basso in Europa» - ma di
prospettiva comune: «Dobbiamo
sapere, e decidere, se l'Europa tornerà ad essere comunità o sarà solo
contratto. Se sarà di ponti più che
conti, di idealipiù che di decimali, di
visione e non di divisione».
Pag. 26
Banche/1. Il mercato plaude all'eliminazione dell'incrocio azionario
Agricole vola in Borsa sul riassetto
• • Utili netti in crescita del
50% ed eliminazione dell'intreccio azionario trail veicolo
quotato e le casse regionali.
Sono queste le due ragioni
(forse la seconda persino più
dellaprima) che ieri alla Borsa di Parigi hanno spinto il ti-
tolo del Crédit Agricole, che
ha chiuso la seduta con un
rialzo del 13,9% a quota 9,5
euro, risultando di gran lunga il miglior risultato su un listino in progressione del 3
per cento.
Fin dal 2001, data della quotazione della "banca verde".
all'istituto di credito francese
era sempre stata rimproverata la scarsa chiarezza nella lettura, nell'analisi e quindi nella
valutazione dei conti di una
struttura in base alla quale la
società quotata (Crédit Agricole SA) era detenuta al 56,7
per cento dalle 39 casse regionali, il cui capitale era a sua
volta nelle mani (al 25 per cento) di Casa.
E da tempo il mercato si
aspettava appunto una maggiore linearità nei rapporti tra
le due entità.
Continua • pagina 33
Banche. A Parigi il titolo mette a segno un rialzo del 13,9% - Il mercato plaude all'eliminazione dell'incrocio azionario
Agricole vola in Borsa sul riassetto
I conti 2015 vedono utili in crescita del 50% a 3,5 miliardi a fronte di ricavi per 17,2 miliardi (+8,5%)
Marco Mousanet
PARIGI. Dal nostro corrispondente
• Contìnua da pagina 29
• • L'operazione annunciata
in occasione della presentazione dei risultati 2015 - e che
dovrebbe realizzarsi entro la
fine dell'anno, probabilmente
nel terzo trimestre - prevede
la cessione da parte di Casa del
25% alle casse per 18 miliardi di
euro (una valorizzazione pari
atre volte la cifra versata quindici anni fa), il cui intero capitale sarà quindi detenuto da
una nuova società (Sacam
Mutualisation).
Le casse - che continueranno
a controllare Casaattraverso la
Sas Rue de la Boétie, detenuta
al 100% - non dovranno però
sborsare interamente, e non
subito, questa cifra. Cinque miliardi arriveranno infatti da un
deposito ad hoc creato a suo
tempo presso Casa e altri 11 miliardi da un prestito di Casa
(della durata di io anni, al tasso
fìsso del 2,15%).
Oltre a fare chiarezza («Ci
hanno spesso rimproverati di
avere un'organizzazione capitalistica troppo complessa.
Speriamo che questa operazione di semplificazione renda più leggibile la lettura del
bilancio di casa e abbia quindi
un impatto positivo sul titolo», ha commentato il neo amministratore delegato Philippe Brassac), la decisione consentirà a Casa di aumentare il
proprio ratio di solvabilità
(Core Equity Tier 1), portandolo già nel 2016 a quota 11%,
superiore di 150 punti base al
livello imposto dalle nuove
regole europee.
Il rovescio della medaglia è
che Casa non potrà più integrare nei suoi risultati il 25%
delle casse, con un impatto
negativo teorico sull'utile
netto di quest'anno pari a 470
milioni di euro.
Quanto ai conti, Il Credit
Agricole ha chiuso il 2015 con
ricavi in crescita dell'8,5% a 17,2
miliardi, un risultato operativo
in aumento del 29,7% a 3,3 miliardi e appunto utili netti saliti
del 50% a 3,5 miliardi. «Un ritorno ai livelli storicamente
più elevati», ha detto Brassac.
Il costo del rischio è salito
del4,i%, a 2,3 miliardi, a causa
di accantonamenti straordinari per 500 milioni di euro
(in vista delle sanzioni delle
autorità statunitensi per
transazioni in dollari effet-
tuate in Paesi sottoposti a embargo Usa). Alnetto di queste
poste non ricorrenti sarebbe
stato in calo a 41 punti base rispetto ai 55 di fine 2014. Il dividendo è a sua volta in aumento del 71% a 0,60 euro.
Nella ripartizione dei contributi dei diversipoli di attività ai risultati del gruppo, va segnalato il buon andamento
della banca commerciale all'estero, con profitti per 226
milioni di euro, dopo gli anni
difficili di Emporiki in Grecia e
di Bes in Portogallo. Uno scenario complessivo in sui spicca Cariparma, con utili in crescita del 19,2 per cento.
Agricole ha infine comunicato che la sua esposizione
al settore petrolio e gas è di
27,4 miliardi, pari al 2% di
quella totale.
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