. I consiglieri Bezzi e Fugarti sul «pasticcio» della riforma: «Parlamentari trentini irrilevanti» Rurali: «Salviamo il salvabile» TRENTO - Sul decreto legge di riforma del credito cooperativo è stato fatto un pasticcio. Se il presidente di Federcoop e Cassa Centrale Banca, Fracalossi, ha già definito il provvedimento «allucinante», a lanciare l'allarme ieri sul rischio che il sistema cooperativo trentino, che ad oggi raccoglie il 60% del credito presente sul territorio, vada perso, sono stati i consiglieri provinciali di Lega Nord e Forza Italia, Maurizio Fugatti e Giacomo Bezzi. I due consiglieri, prendendosela con il Governo, invitano però anche ad unire le forze andando oltre gli steccati politici, «per salvare il salvabile». «Prendiamo atto - ha spiegato il consigliere provinciale di Forza Italia, Giacomo Bezzi che ormai il Trentino è alla deriva sul sistema del credito. Abbiamo avuto fino ad oggi una politica della Giunta provinciale che è stata da pugile suonato e una delegazione parlamentare che non sa che pesci pigliare. Vogliono smantellare il sistema finanziario trentino che è legato alla raccolta sul territorio: se questo succedesse, una Autonomia senza banca è una Autonomia morta». Per gli esponenti del centrodestra in consiglio provinciale, l'obiettivo principale deve essere ora quello di trovare il modo, attraverso l'unione delle forze, di cambiare il decreto legge oppure di modificarlo durante il passaggio in Parlamento. «Si potrebbe pensare di recuperare un rapporto - ha spiegato Bezzi con l'Alto Adige con un sistema di credito regionale. Altrimenti avremo perso completamente il controllo». Dello stesso tenore l'intervento di Maurizio Fugatti della Lega Nord, che punta il dito soprattutto nei confronti del Patt e del senatore Franco Panizza che, spiega, «fino ad una settimana fa assicurava la presenza all'interno del decreto di meccanismi per l'autonomia delle Casse rurali, per arrivare invece ora a scoprire i rischi». «Ritengo giusto - ha affermato Maurizio Fugatti incominciare a parlare dello scippo a danno dei soci delle Casse rurali, di fronte al decreto fatto dal Governo Renzi sul mondo cooperativo bancario grazie anche alla irrilevanza della compagine parlamentare trentina». Per Fugatti, «la holding nazionale di cui si parla nel decreto porterà inizialmente ad una minima autonomia alle nostre casse rurali che non hanno particolari rischi patrimoniali, ma tra 5 o 6 anni si potranno cambiare i criteri di calcolo di questi rischi e da Roma potranno mandarci dei controllori per spiegarci cosa fare. Solo oggi Panizza scopre che ci sono questi rischi e allora parla di holding regionale». Per i due consiglieri trentini, parlare di holding a livello regionale è corretto, ma «si può fare perché anche Bolzano è stato presa in giro da questo Governo». Il rischio cui si andrebbe incontro se il decreto legge di riforma del credito cooperativo non venisse in alcun punto modificato è presto detto. «I trentini - ha spiegato Fugatti dovrebbero decidere se farsi comandare dai romani nel caso si decidesse di rimanere in una realtà cooperativa nazionale, oppure rimanere trentini ma in questo caso servirebbe diventare una spa. Tutto questo avverrà se non si Gambiera il decreto. Ma vista l'irrilevanza dei parlamentari trentini in questa vicenda, abbiamo poca speranza». Pag. 4 ce, a Roma stanno facendo uno scippo» L'allarme di Fugarti e Bezzi: vogliono smantellare il nostro sistema cooperativo con l'aiuto del Patt I Gruppi Lega Nord Trentino e Forza Italia del Trentino ritengono «opportuno ed urgente rendere consapevoli i soci del Credito Cooperativo trentino dello scippo che sta avvenendo a Roma con la complicità dei rappresentanti politici trentini di centrosinistra, compresi quelli del Patt. Quanto sta avvenendo rischia di smantellare e svendere l'intero sistema cooperativo costruito in Trentino in cento anni di storia. Seppur con i problemi che oggi tutte le Casse Rurali si trovano ad affrontare, il nostro è un sistema legato al territorio e alla nostra autonomia; un'autonomia che, se defraudata di una banca di riferimento con una propria connotazione territoriale, è come una famiglia senza un conto in banca destinata ad andare alla deriva su un binario morto», dicono in coro Maurizio Fugatti e Giacomo Bezzi. «Il decreto determina l'assoluta irrilevanza dei parlamentari trentini di centrosinistra che si sono visti apportare profonde modifiche al testo precedentemente concertato senza nemmeno essere consultati. Quindi, oltre al danno di una riforma fatta per decreto, cosa che se fosse stata fatta da un governo di centrodestra avrebbe fatto gridare al "golpe finanziario" da parte dei parlamentari di centrosinistra trentini, oggi registriamo anche la beffa di un accordo non mantenuto. Se oggi dichiarano che l'autonomia sarà garantita alle Casse Rurali trentine con qualche posto al vertice delle holding in fase di costruzione, fra cinque-dieci anni sarà Roma a decidere il grado di rischio e a quale redditività e metterà le mani sul risparmio dei soci delle Casse Rurali». Pag. 5 Rurali, sanzioni per Aldeno Decreto, Morando apre a modifiche. Fusioni, in Bassa Valsugana si sfila Roncegno i Non ha pace il sistema cooperativo del credito. Mentre, dalle pagine del Corriere, il viceministro all'Economia Enrico Morando apre a ipotesi di modifica della contestata clausola di «way out» contenuta nel decreto, la Banca d'Italia ha sanzionato gli amministratori della Cassa Rurale di Aldeno, in procinto di fondersi con quella di Trento, «per carenze nell'organizzazione e nei controlli». Intanto, si fa più chiaro il quadro delle fusioni. In Bassa Valsugana si preparano a fondersi la Casse rurali di Olle e quella di Valsugana e Tesino, mentre quella di Roncegno avrebbe declinato. In Val di Sole saranno le Casse di Rabbi e Caldes e Alta ValdiSole e Pejo a convolare a nozze. La multa della Banca d'Italia colpisce gli amministratori, il direttore e il collegio sindacale della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine. La colpa contestata riguarda carenze nell'organizzazione e nei controlli interni con particolare riferimento al processo del credito. L'importo della sanzione è di 16.500 euro a testa per ogni amministratore, per il direttore e per i tre componenti il collegio sindacale. In totale quindici persone. Sanzione personale che non può essere coperta da alcun tipo di assicurazione. Il presidente Luigi Baldo ritiene la multa non meritata e comunque sproporzionata. «Ribadiamo la convinzione di aver agito correttamente in tutte le fasi del processo di credito e dell'organizzazione dell'attività bancaria e facciamo difficoltà a capire le motivazioni di una sanzione così elevata in rapporto alle contestazioni che sono state mosse. Contestualmente all'ispezione della Banca d'Italia di qualche mese fa — continua il presidente — abbiamo messo in atto una serie di iniziative che hanno profondamente modificato il quadro di riferimento, a cominciare dalla sostituzione di sei amministratori su undici e dalla approvazione di un rigoroso piano di interventi supportato dalla direzione e dalla struttura in modo esemplare. La Cassa presenta un coefficiente di solvibilità che, nonostante i notevoli accantonamenti effettuati, supera il 14% contro una media delle banche nazionali pari a circa l'ii96». Intanto, Maurizio Fugarti (Lega) e Giacomo Bezzi (Fi) in una conferenza stampa congiunta hanno attaccato i parlamentari del centrosinistra, «complici» di una riforma del credito cooperativo che giudicano disastrosa. «Il decreto determina l'assoluta irrilevanza dei parlamentari trentini di centrosinistra che si Accorpamenti Olle si unirà con Tesii Matrimonio in vista anche per le Casse di Pejo e Rabbi sono visti apportare profonde modifiche al testo precedente- mente concertato senza nemmeno essere consultati. Quindi, oltre al danno di una riforma fatta per decreto, registriamo anche la beffa di un accordo non mantenuto». «Non vi era alcun testo concordato con noi parlamentari — replica il senatore Vittorio Fravezzi (Upt) —, il confronto era avvenuto come è normale che sia con Federcasse. Quello che stiamo facendo noi, ho già depositato un emendamento a proposito, è insistere perché quella che è complessivamente una buona riforma non venga rovinata da errori come le condizioni di «way out». Registro che proprio oggi, dalle pagine del Corriere, Morando ha aperto a modifiche. La loro è solo polemica spicciola». Quanto alle fusioni, oltre alle cinque anticipate ieri dal Corriere del Trentino, se ne profilano altre due, quella «unitaria» della Val di Sole e quella per ora «monca» della Bassa Valsugana. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pag. 6 Bankitalia, decreto banche migliorabile ma giusta direzione « • Il decreto sulle banche varato dal Governo «aiuta certamente» a riportare un clima di fiducia sul sistema. E' positivo il giudizio di massima espresso ieri dal direttore generale della Banca d'Italia, Salvatore Rossi. Il decreto, che contiene, tra l'altro, la riforma delle bcc «è migliorabile, come tutte le cose e potrà esserlo in sede di conversione», ha aggiunto il numero due di Palazzo Koch. Rossi, che ieri ha partecipato a un convegno nella sede dell'Istat, coordinato dal presidente dell'istituto Giorgio Allevala anche colto l'occasione per puntualizzare sul fatto che, nonostante il dato sulla crescita del Pil nel 2015 sia «lievemente al di sotto delle aspettative della maggior parte degli osservatori» «in buona sostanza la previsione della ripresa economica nel 20:6 e 2017 tiene». Quanto alle banche italiane, Rossi ha aggiunto che «lavolatilitàinBorsadellequotazioni sembra rientrata». Una volatilità, secondo il più diretto collaboratore di Ignazio Visco «alimentata nei giorni scorsi per timori di varia natura, in alcuni casi neanche identificabili, incomprensibili».Il direttore generale di via Nazionale è intervenuto anche sulla possibilità di arrivare alla ponderazione del capitale dellebanche che detengono titoli di stato, osservando che «si tratta di un dibattito in corso, non solo a livello europeo. E va svolto a livello globale». A proposito del decreto per rafforzare il sistema creditizio, già la prossima settimana la commissione Finanze della Camera a wierà l'esame del prowedimento,conunprimo giro di audizioni. Le convocazioni per la norma che riforma le bcc, introduce le garanzie pubbliche sui crediti in sofferenza e interviene anche su regime fiscale degli immobili acquistati nelle aste giudiziarie, oltre a introdurre i fondi di credito di diritto europeo, riguarderanno Banca d'Italia, Consob, Abi, Federcasse e centrali cooperative. Ieri, intanto, a Milano la discussione all'esecutivo dell'Associazione dei banchieri, che aveva come ospite d'onore il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, si è concentrata su un obiettivo, fortemente caldeggiatodaIJSole240renelsuomanifesto per la tutela del risparmio : quello di ottenere «Informazioni più semplici e chiare per scelte più consapevoli». Un traguardo l'Abi Sabatini hanno inviato nei necessario che il mondo banca- giorni scorsi al presidente della rio ha fatto proprio, attraverso la Consob Giuseppe Vegas, ha sotproposta Abi sulla semplificazio- tolineato l'Associazione bancane delle schede informative dei ria in una nota, si collega direttaprodotti fìnanziari.«Chiediamo mente all'idea lanciata da II Sole alla Consob di predisporre al più 24 Ore di predisposizione immepresto la definizione di schede in- diata di una scheda informativa formative semplici che permet- sintetica che si basi sullo schema tano scelte serene e senza equi- definito«KID>>(Keyinformation voci per gli investimenti in pro- document) il documento con le dottifinanziari»,ha affermato il informazioni chiave con linguagpresidente dell'Abi, Antonio Pa- gio semplice, adottato in ambito tuelli, dopo il Comitato esecutivo europeo solo per alcune categodi ieri a Milano.«Con il presiden- rie di prodottifinanziari,che pote Vegas - ha continuato Patuelli - trà migliorare la normativa italiaabbiamo avuto un confronto co- na ed europea in materia di inforstruttivo per ottenere normative mazioni sui prodotti finanziari. più facili da capire, che consenta- Secondo quanto hariferito anche no ai clienti scelte più consape- il presidente del consiglio di gevoli e senza rischi di confusione, stione di Banca Intesa, Gian Maanche attraverso una differen- ria Gros- Pietro, quello di ieri è ziazione nei colori per le diverse stato dunque il proficuo avvio di tipologie giuridiche dei prodotti unpercorso. Il giro di tavolo di iefinanziari».«Lo sviluppo ri con Vegas, in ogni caso, è stato dell'Unione bancaria europea anche l'occasione per una riflesdeve consistere anche nella con- sione sulle altre implicazioni deldivisione di norme e principi sul- la nuova normativa sul bail in. La la «trasparenza semplice» che Consobsiaccingeinfattiainviare devono essere validi per tutti e ri- una nuova comunicazione agli spettati in tutti i paesi dell'Unio- intermediari, per richiamare ne bancaria europea» ha conclu- l'esigenza di dare piena attuazioso. La lettera che il presidente Pa- ne ai principi di trasparenza e di tuelli e il direttore generale del- correttezza al momento di collocare i prodottifinanziarial retail. Pag. 7 Bankitalia: migliorabile il decreto sul credito E Renzi attacca Berlino Il premier: "Pronto a porre il veto al tetto sui titoli di Stato" Saviotti su Bpm-Popolare: fusione senza aumento capitale MttAira. Il decreto sulla garanzia pubblica sulle cartolarizzazioni delle sofferenze bancarie (impropriamentechiamate "bad bank" leggere) e la riforma delle Bcc riceve il primo giudizio da parte di Bankitalia. Ed è un via libera sostanziale ( «Va nella direzione giusta» ) affidato al direttore generale disvia Nazionale, Salvatore Rossi, ma non definitivo: il testo « è migliorabile e potrà essere migliorato in Sede di conversione», ha aggiunto senza scendere in dettaglio. Di più si capirà la settimana prossima, quando è prevista in Parlamento una serie di audizioni checoinvolgeranno le autorità - in primis Bankitalia - e le associazioni di categoria coinvolte dal decreto. Già d'ora però, ha detto Rossi, il decreto ha avuto l'effetto di aiutare a ridurre la volatilità dei mercati finanziari. Ma il tema banche ieri ha visto anche la discesa in campo del premier, Matteo Renzi. Parlando al Senato ha detto con forza che non verranno accettati vincoli sui Btp in pancia alle banche: «Metteremo il veto su qualsiasi tentativo di mettere un tetto alla presenza di titoli di Stato nel portafo- glio delle banche», ha spiegato. «Lo faremo con -coerenza e senza cedimenti», ha continuato riferendosi all'ipotesi - allo studio del Comitato di Basilea - di limitare o comunque di mettere vincoli patrimoniali alla presenza dei titoli di Stato in pancia alle banche. Lunedì scorso era stato lo stesso Mario Draghi, presidente Bce, a sottolineare che il tema va trattato «con molta ponderazione e gradualismo» e comunque la soluzione va adottata a livello mondiale, non solo in Europa. E' chiaro però che le banche italiane, imbottite di titoli di Stato, sarebbero le più danneggiate da misure che rendessero in futuro patrimonialmente oneroso detenere, o dover vendere, i Btp. «Anziché preoccuparci dei titoli di Stato italiani bisogna avere la forza di dire che nella pancia di molte banche europee c'è un eccesso di derivati e di titoli tossici», ha continuato, sottolineando che il problema delle banche europee è «la questione enorme che riguarda la prima banca tedesca». Vincoli europei invece limitano le possi- bilità di ristoro per chi aveva azioni e bond subordinati delle quattro banche italiane in risoluzione. Lo ha ricordato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan: «Una disposizione legislativa volta a consentire di beneficiare dei proventi della cessione degli enti-ponte e dei ricavi della bad bank non pare in linea con la normativa comunitaria». Nel frattempo sul matrimonio tra Bpm e Banco Popolare è intervenuto il numero uno di Verona, Pier Francesco Saviotti, per escludere ancora la possibilità di un aumento di capitale. «Se ci fosse non si farebbe l'operazione, sono stato chiaro?». La Popolare di Vicenza invece ha reso noto il prezzo di recesso per chi non aderirà alla trasformazione in spa: si tratta di 6,3 euro ad azione, che corrisponde ad un valore di 592 milioni di euro dell'intera banca, a fronte dei 4,51 miliardi che capitalizzava sulla base dei 48 euro ad azione fissato dall'assemblea l ' i l aprile scorso. Il 5 marzo si terrà la nuova assemblea. Pag. 8 Bankitalia: «Riforma Bcc è migliorabile » lf cfg Rossi evidenzia comunque che il testo «va nella direzione giusta» Per l'agenzia Pitch la misura consolida il settore, ma gli effetti non si vedranno prima del 2017 a riforma delle banche di credito cooperativo «va nella direzione giusta anche se è migliorabile». Pur apprezzando l'impianto del riassetto delle Bcc disegnato dal governo attraverso il decreto varato nel Consiglio dei ministri di una settimana fa, la Banca d'Italia apre ad alcuni correttivi. Il direttore generale di via Nazionale, Salvatore Rossi, auspica che durante l'esame parlamentare del testo per la conversione in legge si possano apportare modifiche. Intanto, però, secondo i vertici di BanMtalia, il decreto banche-così come è stato impostato -può contribuire a evitare speculazioni in Borsa sui titoli del credito: «Aiuta, non c'è dubbio». La volatilità a cui si è assistito nelle ultime settimane, se- L condo Rossi, «sembrerebbe rientrata, dopo essersi alimentata di timori e preoccupazioni divaria natura, in qualche caso nemmeno comprensibili e identificabili». Una promozione (con riserva) al lavoro svolto dall'esecutivo sul credito cooperativo arriva anche da Fitch. «La riforma favorisce un consolidamento del settore, ma i progressi saranno lenti, perché non si vedranno prima del 2017», sostiene l'agenzia di ratingin un report. Tra gli aspetti positivi, Fitch segnala «una struttura delle Bcc più trasparente, che rafforza lafiduciadegli investitori e favorisce l'accesso sui mercati». Una volta cheire- golamenti della Banca d'Italia saranno operativi, le banche candidate per la holding «avranno 18 mesi di tempo per preparare le loro adesioni alla holding» e questo sarà «solo il primo passo in un processo di ristrutturazione delle Bcc lungo e complesso fino al suo completamento». Quanto alla "via d'uscita" per le banche con almeno 200 milioni di patrimonio che non volessero aderire alla capogruppo unica, Chianti Banca (uno deipochiistitutipotenzialmente interessati) preferisce non sciogliere le riserve: «Qualsiasi valutazione sulla wayout sarà di pertinenza del nuovo Cda, eletto dalla prossima assemblea, e quindi sottoposta al giudizio dei soci». Pag. 9 Credito diretto, via libera ai fondi Finora sulla questione c'era incertezza, perché la disciplina fiscale andava in questa direzione ma mancavano chiare previsioni di legge. Esclusi solo gli investitori extra-europei in asset alternativi A desso non ci sono più dubbi. I fondi alternativi italiani ed europei, cosiddetti Fia, possono investire in crediti di aziende italiane ed erogare direttamente credito alle stesse aziende. È scritto chiaro e tondo nel testo del decreto Banche, lo stesso che introduce la riforma delle bcc e fornisce i dettagli sulla Gacs, varato dal governo lo scorso 10 febbraio e pubblicato martedì sera in Gazzetta Ufficiale. L'articolo 17 del nuovo decreto legge, infatti, introduce due nuovi articoli, il 46-bis (Erogazione diretta di crediti da parte di Fia italiani) e il 46-ter (Erogazione diretta di crediti da parte di Fia dell'Uè in Italia) al Testo Unico della Finanza. Il primo recita: «I Fia italiani possono investire in crediti, a valere sul proprio patrimonio, a favore di soggetti diversi da consumatori (...)». Il secondo specifica: «1.1 Fia Uè possono investire in crediti, a valere sul proprio patrimonio, a favore di soggetti diversi da consumatori, in Italia nel rispetto delle seguenti condizioni: a) il Fia Uè è autorizzato dall'autorità competente dello Stato membro d'origine a investire in crediti, inclusi quelli erogati a valere sul proprio patrimonio, nel Paese di origine; b) il Fia Uè ha forma chiusa e lo schema di funzionamento dello stesso, in particolare per quanto riguarda le modalità di partecipazione, è analogo a quello dei Fia italiani che investono in crediti; e) le norme del Paese d'origine del Fia Uè in materia di contenimento e frazionamento del rischio, inclusi i limiti di leva finanziaria, sono equivalenti alle norme stabilite per i Fia italiani che investono in crediti (...)». Una norma esplicita che estendesse ai fondi di investimento europei la possibilità di erogare credito non era ancora stata scritta, sebbene già il decreto legge 91/2014, convertito in legge nell'agosto 2014, avesse aperto la strada, in maniera implicita alla possibilità per gli enti creditizi, le assicurazioni e i fondi specializzati di erogare direttamente credito alle imprese. In quell'occasione una norma fiscale aveva anche previsto che i soggetti che non facessero ricorso alla leva finanziaria e costituiti in Paesi dell'Uè fossero esentati dalla ritenuta alla fonte del 26% sugli interessi e i proventi derivanti dai finanziamenti a medio-lungo termine, così come già accadeva per i soggetti italiani. L'Investment Compact la scorsa primavera ha poi corretto il tiro, prevedendo che l'esenzione dalla ritenuta fosse applicata anche ai fondi di credito che lavorano a leva. E questo, aveva spiegato il governo nel comunicato stampa diffuso allora, perché richiedere che i fondi non utilizzassero la leva finanziaria ri duceva notevolmente l'accesso alla liquidità presente a livello internazionale, dato che la maggior parte dei credit fund si finanziano anche con il debito per ottimizzare la struttura del capitale. Con quest'ultimo Decreto, poi. il governo ha deciso di prevedere chiaramente il credito diretto per i fondi alternativi europei. «Si tratta di una grande novità», hanno commentato a MF Milano Finanza Giuseppe De Palma e Ferdinando Poscio, partner di Clifford Chance, che spiegano: «Sinora, infatti, nonostante l'esistenza di norme dalle quali si poteva dedurre la possibilità per i fondi alternativi Uè di erogare credito direttamente, nessuno si era ancora avventurato su questo terreno perché mancava una norma che dicesse chiaramente che l'attività di erogazione del credito non è più riservata solo a banche e intermediari finanziari. L'articolo 106 del Testo Unico Bancario, infatti, non fa alcun riferimento a questi fondi nell'elenco dei soggetti autorizzati all'erogazione del credito». Tuttavia, hanno aggiunto gli esperti legali, «resta il fatto che questa norma lascia fuori dal mercato tutti i soggetti extra Uè, che sono tanti e tradizionalmente interessati a finanziare aziende italiane nell'ambito della sindacazione di grandi prestiti in pool. È un peccato, viste le ampie disponibilità finanziarie di questi soggetti. Parliamo tipicamente di veicoli che investono in collateralized debt o loan obligations». (riproduzione riservata) Pag. 10 Siile Ice non si faccia demagogia, ia irai oui non è gn esproprio I niziaora l'iter parlamentare di conversione del decreto legge che contiene, tra 1"altro, le norme perla riforma delle Bcc. Negli ultimi giorni, l'attenzione si è concentrata sulla way out per le banche che abbiano almeno 2(X) milioni di patrimonio netto, e che assumano la forma gi uridica del la Spa. I problemi che sono stati sollevati al riguardo, alcuni con qualche fondamento, altri speciosi, non possono comunque fare ritenere, nel complesso, inadeguata la riforma, che mantiene il suo punto cardine nell'obbligatorietà dell'adesione, da parte delle singole Bcc, al gruppo cooperativo nazionale sulla base di un contratto di coesione e risponde alle esigenze di maggiore patrimonializzazione, migliore govcrnancc, più sicura efficienza e capacità strategica che l'architettura disegnata consente. Il contemperamento tra sana e prudente gestione, da un lato, e mutualità e solidarietà, dall'altro, non è scalfito dal la predetta via d" uscita. È arduo sostenere che la possibilità di sottrarsi, in via eccezionale, al la suddetta obbligatorietà, se si raggiunge un detcrminato parametro, vulneri frontalmente la rivisitazione, perche non saranno affatto molte le Bcc che si troveranno nella condizione richiesta e, ancora, che, pur possedendo tali requisiti, decideranno ugualmente di non aderire al gruppo nazionale. Intanto, la soluzione individuata non e quella di una trasformazione pura e semplice in Spa, bensì, soprattutto, quclladello scorporo dell'azienda bancaria dal la cooperativa, che quindi, quale proprietaria, conservando i requisiti di mutualità, solidarietà e sussidiarietà, può esercitare il diritto proprio dell'azionista totalitario o di maggioranza per indirizzare l'operatività della banca. Si tratta, insomma, di un conferimento di azienda che mutua il modello adottato nel 1990 per la riforma della banca pubblica con la conscguente scissione tra fondazione e azienda bancaria Spa. È la stessa trasformazione che avevo esposto su queste colonne all'epoca delle discussioni sulla riforma delle banche popolari, purtroppo non accolta. Ora lo schema viene applicato alle Bcc che intendano imboccare una strada diversa da quella del gruppo, ma che, pur trasformandosi in società per azioni, restano legate al mondo delle cooperazione e della mutualità, fermo rimanendo che la trasformazione dovrà essere puntualmente regolata, stante la non semplicità dello scorporo e che la cooperativa potrà poi aprire l'azionariato al mercato, chiaramente conservando, come si immagina, il controllo. Questi passaggi potranno essere meglio puntualizzati nell'iter di conversione a proposito del quale il Governo, per bocca del Vice ministro Morando, ha assicurato che non vi saranno materie sottratte aprio- Pag. 11 risiicamcntc ana possininta ui revisione. Certamente di queste materie farà parte anche l'onere previsto, e da riconsiderare, per l'affrancamento delle riserve, costituite nel tempo con agevolazioni fiscali proprie delle Bcc, per quegli istituti che sceglieranno la trasformazione in Spa. Occorre però, anche in questa fase come e stato in quella della predisposizione della revisione che nasce dall' autorifbrma progettata dal la Federazione di categoria, un approccio pragmatico e realistico. Non e pensabile, in ogni caso, che un solo punto, quello della way out, diventi l'ombelico della rivisitazione, non riuscendo a incidere sul quale, tutto sarebbe perduto. Occorrono, invece, equilibrio e realismo. Il decreto contiene, poi, le norme sulle cartolarizzazione delle sofferenze con la previsione della «aranzia pubblica. unenti, a cominciale V ^ l ^ f Up& U f L I L U I U U L t C f f U U L U £itLlcUI no. stando alle attuali formulazioni. ] menta/ioni fondate e appro arrivati per I assurda, azzeccagarbuglicsca posizione del la Commissione Uc sugli aiuti di Stato, (riproduzione riservata) Pag. 12 Maximulta alla Rurale di Aldeno La Banca d'Italia ha comminato una sanzione di 16.500 euro a testa per cda, sindaci e direttore Alla fine è arrivata la botta. La Banca d'Italia ha comminato una sanzione pesante ai membri del consiglio d'amministrazione, al collegio sindacale e al direttore della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine. Dovranno pagare 16.500 euro a testa. In tutto, una multa di 247.500 euro dovuta a carenze organizzative e nei controlli interni sul processo del credito. Una mazzata che arriva proprio alla vigilia della fusione tra la Rurale di Aldeno e Cadine e quella di Trento. Il presidente Luigi Baldo in merito alle sanzioni ha espresso amarezza. Alla Rurale le sanzioni sembrano sproporzionate anche rispetto alla stessa contestazione: carenze nell'organizzazione e nei con- trolli interni con particolare riferimento al processo del credito. L'importo della sanzione è di 16.500 euro a testa per ogni amministratore, per il direttore e per i tre componenti il collegio sindacale. Sanzione personale che non può essere coperta da alcun tipo di assicurazione. Quindi ognuno dei 15 dovrà pagare di tasca sua. «Ribadiamo la convinzione di aver agito correttamente in tutte le fasi del processo di credito e dell'organizzazione dell'attività bancaria - dichiara il presidente Baldo - e facciamo difficoltà a capire le motivazioni di una sanzione così elevata in rapporto alle contestazioni che sono state mos- se». «Contestualmente all'ispezione della Banca d'Italia di qualche mese fa abbiamo messo in atto una serie di iniziative che hanno profondamente modificato il quadro di riferimento - prosegue Baldo - a cominciare dalla sostituzione di sei amministratori su undici e dalla approvazione di un rigoroso piano di interventi supportato dalla direzione e dalla struttura in modo esemplare. Abbiamo costantemente aggiornato la stessa Banca d'Italia sul procedere e sui risultati raggiunti. Come è noto, siamo impegnati insieme alla Cassa Rurale di Trento in un progetto di fusione che proprio in questi giorni viene presentato ai soci in una serie di incontri sul territorio. Vogliamo assicurare i soci e clienti che abbiamo sempre agito con senso di responsabilità nei confronti dell'istituto e nel rispetto anche dei problemi che molti di loro hanno subito a causa del prolungarsi di questa crisi. La Cassa presenta un coefficiente di solvibilità che nonostante i notevoli accantonamenti effettuati supera il 14% contro una media delle banche nazionali pari a circa 1' 11%. Anche in virtù di questo dato chiediamo ai nostri soci e clienti di darci ancora più fiducia sia come Cassa che come persone». Pag. 13 «La Vis»: partenza col botto nel 2016 JL Più 30% nelle vendite Fine commissariamento Andrea Girardi lascia entro la metà di aprile quando i soci eleggeranno il consiglio di amministrazione In Casa Girelli nuovo responsabile per l'estero LAVIS - «Mettere insieme ventisei teste attorno ad un tavolo, non è facile. Il problema è solo quello di trovare una data che vada bene a tutti» dice l'avvocato Andrea Girardi. È la ragione per cui la firma tra banche e altri creditori, advisor e Cantina La Vis, prevista per ieri pomeriggio, della convenzione sul piano di risanamento è slittata. Ma la firma, ricorda il commissario, è una mera formalità. Il piano è già in attuazione: procede la riorganizzazione, si prefigurano nuovi investimenti e i soci saranno chiamati a breve a sancire la fine del commissariamento con la nomina del presidente e del consiglio di amministrazione. Il 2016 ha le premesse per essere Fanno del rilancio. Anche perché, anticipa Girardi, le vendite stanno andando più che bene. Piano di risanamento. Il piano di risamento è stato asseverato prima di Natale. Prevede il ricadenzamento dei debiti per tutti i creditori, tra cui Isa spa, e la riapertura di credito per 5 milioni di euro. Risorse che la La Vis avrà quest'anno a disposizione, da sommare agli 8 milioni di euro rimanenti del fondo immobiliare di Cooperfidi (2 milioni sono già stati anticipati in agosto). «Gli otto milioni sono il nostro tesoretto: arriveranno a breve. Le pratiche con la Provincia sul leaseback della cantina sono a buon punto». E sono sono queste risorse 13 milioni disponibili al netto del circolante - a supportare la ripartenza Definite le modifiche allo statuto: presidente eletto direttamente in assemblea, cda ridotto e possibilità di conferire prodotto tre anni prima di diventare socio della La Vis, unitamente al dato delle vendite. Vendite e nuovi mercati. A fine 2015, comunicando che il piano era stato asseverato, la Cantina aveva fornito alcuni dati sull'andamento delle vendite. Un'impennata a due cifre, sia per i vini che per gli spumanti: +13% nella gdo 0a grande distribuzione organizzata) e +11% nell'horeca (alberghi, ristoranti e catering), e un boom (+29%) per gli spumanti Cesarmi Sforza. «Nel primo mese e mezzo del 2016» dice Girardi «è andata ancora meglio: l'aumento medio delle vendite è del 30%. Ovviamente, è un dato da prendere con cautela. Ma è comunque positivo». Si accompagna a nuovi sbocchi di mercato: «Olanda, Belgio, ma anche Giappone, con il marchio "Cembra"» spiega il commissario. Girardi ha una certezza: «Quest'anno, la media liquidata ai soci sarà più alta». Ed il primo acconto sarà anticipato al 19 marzo, San Giuseppe, anziché a fine mese. Nuovi incarichi nel gruppo. Il nuovo direttore generale della La Vis, Massimo Benetello, è operativo da poco più di un mese. Ma ha già incontrato i soci nelle riunioni di zona e preso contatti istituzionali con il resto del mondo del vino trentino: da Cavit a Mezzacorona, da Federcoop al Consorzio Vini. «Entro marzo» anticipa il commissario «sarà operativo anche il nuovo direttore per l'estero di Casa Girelli». E a proposito di ventilate cessio- ni, Girardi, che in giugno esordì con un «Giù le mani dalla La Vis», oggi dice: «Sciocchezze. Con Cavit e Mezzacorona abbiamo rapporti costruttivi di collaborazione, alla pari». Nuovo statuto, nuovo presidente. Il passaggio più delicato, ora, sarà la scelta del nuovo vertice della La Vis, che guiderà il gruppo dopo il commissariamento. Certo, il presidente che verrà avrà la strada segnata, quella del piano di risanamento, con un riferimento forte scelto da Girardi: il consigliere indipendente e presidente delle società controllate, Giancarlo Ciacciofera, che con Capitalink ha curato i rapporti con le banche. Ma il passaggio è importante. L'assemblea elettiva sarà convocata nella prima metà di aprile, preceduta da quella straordinaria di modifica dello statuto. Tra le novità, l'elezione diretta del presidente in assemblea, la riduzione del numero dei membri del cda (da 9-21 a 711) e la possibilità, per attrarre nuovi soci, di conferire uve alla La Vis per tre anni prima di versare la tassa di ingresso ed aderire alla compagine sociale. I soci perduti. Se n'è andata, dopo il commissariamento, parte dei soci della zona di Salerno. «I soci» dice Girardi «erano 1.142 a fine 2015, ora sono 1.133. Ci sono altre cantine che ne hanno persi di più. Ed è ovvio se in Alto Adige liquidano 160-170 euro a quintale». LE «SORSE to milioni aseback sono :ro tesoretto: ranno a breve Andrea Girardi / 1 ISOOPEiS! antine ne hanno li più: ovvio se i Adige liquidano .70 euro a quintale H Andrea Girardi / 2 Pag. 14 Rurale: sanzionato il vertice ALMENO Bankitalia chiede 16.500 euro a testa a cda e direttore Una doccia gelata, inaspettata, che arriva proprio mentre il vertice della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine incontra i soci sul territorio per convincerli della bontà del progetto di fusione (per incorporazione) con la Cassa Rurale di Trento: dopo l'incontro di lunedì a Cimone e di ieri pomeriggio a Gargiga, il presidente Luigi Baldo con il presidente della Cassa di Trento Giorgio Fracalossi ha incontrato i soci di Aldeno nel teatro comunale. La doccia gelata sono le sanzioni che Bankitalia ha irrogato agli amministratori della Cassa in carica fino all'assemblea dell'aprile 2015: Luigi Baldo presidente, Pompeo Vigano vicepresidente, Nicola Baldo, Giorgio Cont, Roberto Coser, Stefano Fadanelli, Barbara Grassi, Monia Larcher, Giorgio Moser, Riccardo Tamanini e Paola Zanotelli. In seguito alla lettera con cui Bankitalia aveva rimarcato l'inadeguatezza della governance della Cassa chiedendo cambiamenti nel cda, Paola Zanotelli, Giorgio Cont e Roberto Coser si dimisero, mentre Nicola Baldo, Barbara Grassi e Giorgio Moser scelsero di non ricandidarsi. Di fatto, più di metà cda rinnovato nell'infuocata assemblea del 24 aprile. A Bankitalia non è bastato. L'importo della sanzione è di 16.500 euro a testa per ogni amministratore, per il direttore Pio Zanella e per i tre componenti del collegio sindacale. Il presidente Baldo si dice amareggiato e ritiene le sanzioni sproporzionate anche rispetto alla stessa contestazione: carenze nell'or- ganizzazione e nei controlli interni, con particolare riferimento al processo del credito. La sanzione è personale, non può cioè essere coperta da alcun tipo di assicurazione. Vuol dire che le quindici persone interessate dovranno pagarla di tasca propria. «Ribadiamo la convinzione di aver agito correttamente in tutte le fasi del processo di credito e dell'organizzazione dell'attività bancaria - dichiara Baldo - e facciamo difficoltà a capire le motivazioni di una sanzione così elevata in rapporto alle contestazioni che sono state mosse. Contestualmente all'ispezione della Banca d'Italia di qualche mese fa abbiamo messo in atto una serie di iniziative che hanno profondamente modificato.il Quadro di riferimento, a cominciare dalla sostituzione di sei amministratori su undici e dalla approvazione di un rigoroso piano di interventi supportato dalla direzione e dalla struttura in modo esemplare. Abbiamo costantemente aggiornato la stessa Banca d'Italia sul procedere e sui risultati raggiunti». Baldo, ieri, ha voluto rassicurare soci e clienti: «Abbiamo sempre agito con senso di responsabilità nei confronti dell'istituto e nel rispetto anche dei problemi che molti di loro hanno subito a causa del prolungarsi di questa crisi. La Cassa presenta un coefficiente di solvibilità che nonostante i notevoli accantonamenti effettuati supera il 14%, contro una media delle banche nazionali pari a circa l'I I/o». Pag. 15 "Trento e Aldeno-Cadine, questo matrimonio nons'hadafare1 " f\ uesto matrimonio non s'ha da fere". VC A dare voce ai contrari alla fusione tra \a Cassa Rurale di Trento e quella di Aldeno-Cadine (vedfVTn. 6/2016), che darà vita aUa prima Rurale del Trentino per raccolta (2,7 miliardi) e impieghi (1,5), con quasi 18 rrnla soci e un patrimonio di 217 milioni di euro, si è presentato ufficialmente lo scorso 12 febbraio un comitato per i l La sede della "no". Nel corso di un incontro con la stampa Cassa Rurale presso l'ex Casa del Gero, alcuni rappresendi Trento tanti del comitato - Massimo Musolino, i l docente universitario Alberto Zanutto e Andrea Bontempelli, già responsabilerisorseumane della Cassa rurale di Aldeno - hanno illustrato le ragióni dell'opposizione a un progetto che, sostengono, non è di fusione ma piuttosto di incorporazione della Rurale di AÌdeno da parte di quella di Trento (di cui si denuncia l'atteggiamento "prevaricante") e hanno presentato un manifesto con 14 domande erisposte"per consentire ai soci una scelta ponderata e consapevole". In sintesi, le criticheriguardanolo scarso péso attribuito ai rappresentanti di Aldeno nella nuova banca ("tre amministratori su 14 nel nuovo consiglio di amministrazione", pur portando in dote"un patrimonio che vale la metà del loro": 70,134 milioni di euro contro i 148,366 milioni della Cassa rurale di Trento, e oltre tutto "ai nostri amministratori sarà preclusa la carica di presidente, direttore e vicedirettore"); la possibile perdita di una ventina di posti di lavoro tra Aldeno e Trento; un concambio "iniquo" delle quote (4 a 1). I l comitato per il no indica dei modelli alternativi di fare banca che la Cassa Rurale di Aldeno e Cadine potrebbe seguire: continuare da soli (in proposito siricordache dopo due ispezioni della Banca d'Italia i conti sono stati "ripuliti" dalle sofferenze contabilizzando correttamente le perdite) oppurefondersicon una banca di pari interesse e con continuità territoriale (ad esempio la Cassa Rurale Valle dei Laghi). E nell'assemblea che ad aprile dovrà decidere in un senso o nell'altro, i l comitato per i l no chiederà di votare non per alzata di mano ma su scheda cartacea, per fer saltare l'approvazione della fusione (serve i l parere favorevole di almeno 3/5 dei soci). Nelfrattempo ha preso il via lunedì 15 febbraio una serie di incontri promossi dalle Rurali di Trento e di Aldeno-Cadine per illustrare ai soci e ai clienti i l progetto di fusione. Ci saranno anche quelli del comitato per il no, che lamentano anche la scarsa informazione finora assicurata ai soci in merito alla fusione. Pag. 16 Gassa Rurale di Primiero in rosso per 10 milioni Il presidente Bonetti: «Valle in forte sofferenza» PRIMIERO - «La banca deve fare la banca»: lo ripete spesso il presidente della Cassa Rurale Valli di Primiero e Vanoi, Maurizio Bonelli. «E deve fare utile». Certo non è facile in una realtà come Primiero, quando lo stesso, in un incontro con la stampa in occasione delle preassemblee di questi giorni dice che Primiero brilla per essere il fanalino di coda del Trentino. Lo ripete da almeno cinque anni alle categorie economiche e agli amministratori e lo ripeterà ai prossimi, ma alla fine i conti non tornano, benché la Cassa «tenga». Il risultato operativo lordo è di 4.138.927 euro, la svalutazione dei crediti è pari a 15.894.789, pertanto la perdita di esercizio è di 10.804.825 euro. 11 patrimonio è saldo: il coefficiente di solidità patrimoniale nel 2014 superava il 13%, quasi tre punti sopra la media del 10,5. Nel 2015, dopo la verifica della Banca d'Italia, era al limite, così si è provveduto ad emettere un prestito obbligazionario subordinato sottoscritto dal Fondo Comune delle Casse Rurali Trentine per 8 milioni. Non per mala gestione, ma perché urgevano rettifiche: più cala il valore della zona, più si deprezza quello degli immobili posti a garanzia (sono un paio le forti esposizioni). Ora è al 13,4%. Insomma, a Primiero l'economia non tira da anni, benché l'estate 2015 abbia portato una boccata d'ossigeno al turismo, su cui gira l'indotto primierotto. Lo conferma anche il dato sul credito erogato che cala del 7,38%, 24 milioni. Non di certo perché la Cassa nega prestiti se il bilancio dell'azienda dà ga- ranzie di solidità, ma perché c'è un calo delle domande, il 14% in meno dal 2013. Perché Primiero sviluppa difficoltà? Non è la Cassa che deve rispondere, dice Bonelli, «noi non abbiamo la bacchetta magica, ma mostriamo la situazione a chi ha il compito di prendere decisioni». I dati che saranno definitivi a marzo, raccolti dai bilanci di un campione di aziende alberghiere trentine, mostrano come Primiero sia la valle che soffre maggiormente per cui gli investitori non scommettono ormai più. Preferiscono altre zone, anche meno blasonate ma più vitali. Basti pensare che mediamente le nostre presenze sono il 42% rispetto al 62% della media del Trentino. «È compito degli amministratori leggere la situazio- ne in prospettiva e programmare a lungo termine». E fa capire che finora non lo si è fatto. E lascia pure intendere che Primiero ha una riserva aurea quale Acsm di proprietà pubblica che potrebbe investire maggiormente i propri utili a beneficio dell'economia. E siccome «i risultati sono evidenti e la situazione è critica se lo stato delle aziende non migliora, dal momento che una fetta dei crediti ha andamento anomalo», la Cassa tenta di parare il colpo anche con un piano di rilancio per i prossimi due anni per ritornare all'utile e rafforzare il patrimonio con interventi definiti «seri» sul costo del personale (taglio del 15% del salario) e sulle filiali, con altre chiusure oltre a quella di Tonadico di qualche mese fa. Pag. 17 CREDITO E GIUSTIZIA Il codicillo (scomparso) che aiutava la ripresa e avevano tanto parlato. Lo aveva fatto Matteo Renzi in conferenza stampa da Palazzo Chigi poco dopo la metà del mese scorso: «Il modo migliore per ridurre le sofferenze delle banche — aveva detto il premier — è in primo luogo far ripartire l'economia, secondo accelerare le procedure di recupero dei crediti, che è un tema oggetto della nostra attenzione». Era tornato sull'argomento, poco dopo, anche Pier Carlo Padoan. Da Davos, alla fine di gennaio, il ministro dell'Economia aveva spiegato che il governo mirava ad alleviare i problemi delle banche «accelerando le procedure di recupero dei crediti». Prima che le università anglosassoni sterilizzassero il lessico economico, si chiamavano pignoramenti. E in ogni Paese le loro regole sono sempre il frutto di un arbitraggio puramente politico, al quale l'Italia sembra per ora aver rinunciato. Come funzionino molti pignoramenti, o il recupero dei crediti, non è un segreto. continua a pagina 13 Il provvedimento sui pignoramenti saltato nella notte di Palazzo Chigi Si vanifica l'effetto della «bad bank» Un debitore non riesce a far fronte ai propri impegni quindi la banca gli sottrae la casa, la terra o l'azienda per vendere tutto all'incanto. Quanto a questo, le regole di contabilità degli istituti oggi fissano equazioni precise: più brevi e certi sono i tempi per poter prendere legalmente possesso delle proprietà poste a copertura di un debito in default, più quel credito avrà valore nel bilancio della banca, o più alto sarà il suo prezzo nel momento in cui la banca stessa lo cede a un nuovo operatore. Succede il contrario quando la presa di possesso di un immobile è lenta e circondata dall'incertezza sull'esito finale delle procedure: il valore del credito nel bilancio della banca si deprezza, le perdite su ciascun prestito inesigibile aumentano, quindi l'erosione di capitale si aggrava e probabilmente in futuro l'istituto sarà in grado di concedere meno credito - e più caro - alla prossima impresa o alla prossima famiglia. Per questo, dietro la tecnica, c'è sempre un dosaggio che spetta alla politica. Quando quasi un euro di prestito bancario ogni cinque è in un qualche grado di insolvenza, come attualmente in Italia, un governo deve scegliere suo malgrado chi privilegiare: i debitori insolventi che vogliono mantenere la loro proprietà il più a lungo possibile, oppure i creditori che cercano di prenderne possesso nei tribunali per poi venderla e recuperare almeno parte del prestito. Nel primo caso vincono gli interessi delle famiglie e delle imprese oggi in difficoltà. Nel secondo prevalgono le banche, ma anche gli interessi delle famiglie e delle imprese che chiederanno credito da domani in poi. A giudicare dalle dichiarazioni del premier e del ministro dell'Economia, il governo sembrava aver scelto: rispetto alla situazione attuale, avrebbe spostato la lancetta un po' più di prima dal lato dei creditori. Avrebbe accelerato le procedure giudiziarie di recupero, oggi così inefficienti che risultano fra le più incerte e lente d'Euro- pa con una durata media di oltre sette anni. Salvo che poi non è successo. Nel Consiglio dei ministri di una settimana fa che doveva decidere, il provvedimento è sicuramente entrato. Non ne è mai uscito, almeno non per ora. Secondo alcune ricostruzioni, a tarda sera sarebbe caduto senza troppe discussioni dal pacchetto delle misure sulle banche. L'effetto immediato è che per adesso il sistema del credito non potrà contare su questa misura di sostegno che, probabilmente, sarebbe stata più efficace dell'ingranaggio della «bad bank» negoziato per un anno a Bruxelles fra polemiche crescenti. Non è difficile capire perché: gli operatori specializzati sono restii a comprare un credito da una banca italiana, perché sanno che in media occorrono sette o otto anni per recuperare una proprietà posta in garanzia. Si spiega così lo scarto di circa il 20% tra il valore di quei prestiti nei libri degli istituti e il prezzo che gli investitori sono pronti a riconoscere. Vendere un credito con i tempi della giustizia civile più lenti d'Europa (il doppio del secondo Paese più lento, la Slovenia) obbliga le banche a praticare sconti. Erode molto il capitale degli istituti e il loro sostegno ai nuovi investimenti, ora che in Italia i crediti deteriorati lordi sfiorano i 360 miliardi di euro. Più delle stesse garanzie statali sui prestiti, previste dall'accordo con la commissaria Uè Margrethe Vestager, quel provedimento avrebbe mitigato questi problemi. Paolo Carrière, dello studio legale Cba, osserva che il governo ha varato altre riforme utili: un mercato nazionale unico per la vendita dei beni pignorati, procedure più omogenee per diversi tipi di debitori. Ma perché Renzi abbia scelto di non accelerare per ora sui tempi della giustizia, dopo averlo annunciato tante volte, resta poco chiaro. Di certo l'intervento avrebbe sfavorito la vasta platea dei creditori oggi in difficoltà nel Paese. Magari, turbando anche la navigazione (troppo) tranquilla di tanti tribunali d'Italia. Fysìonì Chiantibanca, il consiglio valuterà way out Il nuovo consiglio di Chiantibanca valuterà l'eventuale opzione di «way out» (cioè di uscita) dalla nascente holding del credito cooperativo, ma solo dopo che Bankitalia darà il via libera al piano industriale per la fusione con le Bcc di Pistoia e Area Pratese. L'assemblea, ad aprile, eleggerà il nuovo board, si esprimerà sulla fusione e dovrebbe recepire la candidatura alla presidenza, al momento «in pectore», di Lorenzo Bini Smaghi. Pag. 18 ROVERETO Lunedì in Santa Caterina, l'ultimo, commosso saluto a Giuseppe Piamarta. ''Aveva scelto di creare un mondo migliore, un mondo dovei deboli fossero una risorsa per tutti" l Signore questa volta non ci ha ascoltato". Si è aperta così lunedì scorso, con la voce spezzata di padre Gregorio Moggio, la cerimonia per dare l'ultimo ài I saluto a Giuseppe Piamarta, 51 anni. Uno dei volti di Rovereto più conosciuti nel mondo del sociale e della solidarietà. Socio della cooperativa II Girasole, e da dieci anni direttore del Punto d'Approdo di via Valbusa, una realtà nata trentanni fa e diventata presto un punto di riferimento per tante donne in difficoltà. Da cui poi sono fiorite altrettanti esempi di società che funziona e che non lascia indietro gli ultimi. Dalle Formichine, di cui Beppe è stato un pilastro, a Casa Fiordaliso, struttura di accoglienza per le madri e i loro figli. "Abbiamo pregato tanto e tutti insieme, ma Dio ha voluto così. Abbiamo bisogno di un supplemento di fede", ha spiegato padre Gregorio, nella piccola chiesa di Santa Caterina, gremita come non mai. Una parrocchia molto cara a Giuseppe, perché è qui, nel giro dei frati, che ha inrjontrato-molti esempi di vita e ha deciso di dedicarsi aali altri. Così sempre qui si è voluto ricordarlo per l'ultima volta, anche a costo di fermarsi fuori dal portone. Perché a stringersi attorno a sua moglie, Fabiola, e ai suoi figli, compreso l'ultimo adottato in Cina, c'era mezzo Trentino. Dalle autorità, agli amici di sempre, ai colleghi e rappresentanti del mondo in cui lui stesso operava, alle decine di persone che Beppe aveva aiutato e preso per mano negli ultimi anni. Madri, giovani donne, rifugiati, nessuno escluso. Compresi le suore, il personale, e soprattutto i bambini di Casa Speranza di Campina, che dalla Romania hanno scritto a Giuseppe, i l loro "papà preferito" incontrato più volte: "Da lassù non dimenticarci, e ricordati quello che sei stato per noi. Ti porteremo per sempre nel nostro cuore". Ma se lo sconforto, lascia presto spazio al senso di smarrimento che provoca la perdita di una vita, stroncata troppo presto, è lo stesso "La relazione eia 11 suo forte Pag. 19 salutare per l'ultima volta Beppe non potevano mancare tutte quelle persone che i l direttore del Punto d'approdo aveva conosciuto, una per una, nei momenti più brutti della loro vita. Dovevano esserci, proprio come lui c'era stato per loro. Sono le donne e le ragazze di Casa Fiordaliso, una struttura che dal 2002, da quando è nata, ha ospitato diversi nuclei famigliari mamma-figlio con progetti educativi specifici in accordo con il Servizio sociale territoriale o legati all'emergenza. "Nessuna di loro si è mai dimenticata dì lui. Di quando ogni volta si fermava a giocare con i loro bambini. La relazione con gli altri era il suo forte",ricordaMario Pellegrini, coordinatore di Casa Fiordaliso. Sembra davvero che in Trentino non ci sia realtà attiva nel sociale che non conosca i l nome di Piamarta. "Era un uomo affabile, sempre pronto a collaborare con gli altri. Non aveva pregiudizi su nessuno e nel corso degli anni si era costruito una rete di relazioni che aveva saputo gestire sia dal punto di vista professionale che umano", continua Pellegrini chericordacome, solo poche ore prima di morire, Giuseppe si stesse occupando di un'altra questione, quella dei profughi e del dovere di garantirli una giusta accoglienza. "Tante volte - scrivono i colleghi del Punto d'Approdo - ci siamo fermati a pensare alle cose discusse con Beppe, a ridare ordine a dei fatti accaduti e a ripartire in modo più giusto. Beppe anche oggi ci permette di riflettere, diriconoscerlonei tanti visi incontrati, nelle tante persone che hanno scelto di percorrere un po' di strada con noi. Beppe aveva scelto di creare un mondo migliore, un mondo dove i deboli fossero una risorsa per tutti. Ci ha insegnato a riconoscere nel prossimo una parte'di noi, ad ascoltare quelle voci spesso soffocate da soprusi e violenze", continuano i colleghi, che concludono: "Beppe ci lascia un tesoro, ci lascia una città dove è già germogliato i l seme della solidarietà, dove chi è in difficoltà ha finalmente una porta dove bussare, una casa dove vivere, un calore famigliare dove raccontarsi e trovare consolazione. E tante persone che hanno voglia di proseguire su questa strada, con quella sobrietà tipica di Beppe che lo portava ad essere una persona semplice, affabile, equilibrata e ironica". F.C. A Piamarta che invita al coraggio. E lo fa attraverso queste parole, scritte non molto tempo fa durante un incontro con i l gruppo famiglie di Santa Caterina, con cui Beppe ha condiviso molte serate: "Credo nella natura, credo in mia moglie, nei miei figli e nella famiglia. Credo nei bambini, credo nell'amore, nell'amicizia e nella solidarietà. Credo nel sorriso, credo nell'impegno e nella solidarietà. Credo nella libertà, nel saper scegliere e pensare. Credo di sì, credo di farcela, e di sbagliare. Credo di essere. Credo di morire". Una sorta di testamento spirituale che la sorella Maria e i fratelli Pietro e Angelo hanno subito fatto proprio: "Continueremo noi i l lavoro che hai sempre fatto, continuando giorno dopo giorno come un guerriero, senza lamentarti mai, nonostante la malattia". Giuseppe era, come lo definiscono i suoi colleghi, un assistente sociale ormai fuori mercato, "di quelli che non se ne trovano più", ma non era un eroe. Era un uomo con una figlia come Anna che, nonostante il lutto, ha saputo armarsi di coraggio e salire all'ambone: "Grazie di tutto papi, la nostra casa rimarrà sempre aperta per gli altri". Francesca Candidi Pag. 20 Con i soldi dello spettacolo l'Arlecchino ora è realtà Dallo Zandonai al laboratorio di restauro e falegnameria: gli incassi devoluti alla coop Girasole che ha dato vita ad un nuovo progetto di reinserimento sociale I soldi di Arlecchino sono finiti ad... Arlecchino. Nei mesi di inaugurazione dopo i lunghi lavori di restauro, il teatro Zandonai ospitò lo spettacolo "Arlecchino servitore di due padroni": sostenuto dalla Caritro, il ricavato netto, di oltre 21 mila euro, è andato alla cooperativa Girasole, che, con questi soldi, ha lanciato un nuovo progetto, chiamato proprio Arlecchino, potenziando il laboratorio di restauro e falegnameria. Per l'esattezza, l'assegno staccato dalla Fondazione Caritro a beneficio della cooperativa sociale, che si occupa di reinserimento lavorativo per uomini in situazione di disagio, è di 21.494,22 euro. É l'introito netto dei due spettacoli, tenutisi nel novembre del 2014, per i quali ha speso in tutto circa 40 mila euro. Rovereto e il rinnovato teatro Zandonai ebbero "gratis" un "must" per gli appassionati di teatro, perché l'Arlecchino prodotto dal Piccolo di Milano con la regia di Strehler è famosisssimo e proposto da anni; in più, venne in Trentino l'attore che ne ha fatto la fortuna, Ferruccio Soleri, che all'epoca aveva 85 anni ma fece anche una replica. In tutto si totalizzò la bellezza di 800 spettatori paganti, un successo che ha fatto anche il successo della formula di "welfare generativo". «Come Caritro abbiamo deciso di finanziare progetti con una ricaduta sul territorio - spiega la vicepresidente Silvia Arlanch - la formula scelta dal Comune di Rovereto e dalla cooperativa Girasole è quella giusta». L'assessore comunale Previdi, che ha ricordato come la proposta fosse nata sotto l'assessorato del suo predecessore Gerola, ricorda come il progetto Arlecchino della Girasole genererà ulteriori risorse, «perché non si possono più dare soldi a fondo perduto, chi riceve dal pubblico deve reinvestire». I soldi arrivati dalla Caritro sono serviti alla cooperativa sociale ad assumere (attingendo alle liste di disoccupazione) una persona part-time per un anno. Questi sarà coordinatore di una squadra (composta da altre due persone, segnalate dai servizi sociali) con il compito di curare un laboratorio di restauro e fale- gnameria. Che ora attende commesse dalle imprese. «Abbiamo alcuni incarichi dal Comune - spiega Roberto Brunelli della cooperativa - restauriamo mobili, facciamo risanamento e lavori sul legno, contiamo di avere commesse anche dai privati». I margini dei lavori ricevuti serviranno a prendere in carico altre persone nel laboratorio. Da qui l'appello della Caritro, così come del Comune, agli imprenditori e al territorio, affinché "si facciano carico dei valori e della responsabilità sociale", usando le parole dell'assessore Previdi. Il progetto Arlecchino, partito dall'ufficio cultura, è stato così corale: fondazione Caritro, coordinamento teatrale Trentino, Comune. La vicepresidente di Caritro Silvia Arlanch con Roberto Brunelli (F. Festi) Pag. 21 Coop di Pinzolo, Binelli si ritira Domani le elezioni. Il presidente uscente: «Me lo hanno chiesto in molti, ma non mi ricandiderò» Domani alle 20 i Soci della "Famiglia Cooperativa PinzoIo", sono convocati al PalaDolomiti per l'assemblea generale ordinaria. Martedì scorso alle 18 scadevano i termini per consentire ai possibili candidati di veder stampare il loro nome sulle schede di voto, mentre formalmente «fino all'assemblea c'è tempo per presentarsi ed entrare nel Consiglio d'amministrazione» della Famiglia Cooperativa. Una tra le più grandi e importanti del Trentino, che conta circa 2.000 soci, 114 dipendenti fissi e 50 stagionali, 10 Punti vendita in Val Rendena, dei quali cinque nel Comune di Pinzolo (uno in paese, tre a Campiglio e uno a Mavignola), di Giustino, Massimeno, Bocenago, Spiazzo, Iavrè, e due Ingross a Campiglio e Carisolo. Per la presidenza dell'ente . CDonerativo_ha presentato la propria candidatura solo William Collini di Pinzolo, dimissionario della prima ora e tecnico amministrativo alla Surgiva a Carisolo. Si sono invece presentati per la carica di consigliere Massimiliano Zenari (Spiazzo), Alessandro Zucchetti (Spiazzo), Bruna Cunaccia (Pinzolo), Paolo Lorenzetti (Pinzolo), Gastone Cominotti (Pinzolo), Silvano Bonapace (Pinzolo), Elisabetta Maturi in Moreschini (frazione Dare Porte di Rendena). Non ricandidano Ornello Binelli, Agostino Lorenzetti e Romeo Collini, che sono risorsi contro il Commissariamento della Famiglia Cooperativa Pinzolo. Del "vecchio" consiglio di amministrazione rimane in carica solo Paolo Maestranza di Giustino. Ornello Binelli, protagonista suo malgrado del rocambolesco epilogo di una gestione finita col commisariamento della cooperativa, sgombera subito il campo da ogni possibile fraintendimento e afferma «io non miricandido»e aggiunge «non ho ritenuto di candidarmi per una serie di ragioni. La decisione è stata molto difficile e sofferta, anche perché tanti soci mi hanno spronato a farlo, garantendomi la loro fiducia». Sorride sotto i baffi Ornello Binelli e con soddisfazione guardando al commissariamento avvenuto il 27 ottobre 2014, quando la Giunta provinciale decise, su proposta dell'organo di vigilanza, di destituire lui e tutto il consiglio d'amministrazione afferma «il Consiglio di Stato nell'ordinanza del 21 gennaio 2016 ha stabilito che il provvedimento del commissariamento della Famiglia Cooperativa Pinzolo, seppur di natura discrezionale è stato adottato «inaudita alte- ra parte» e ci tengo a precisare che la motivazione dell'accoglimento dell'impugnazione è sostanziale, altro che formala., le». Poi guarda all'assemblea e afferma «sono stanco, provato, amareggiato per tutto quello che è successo. Ho valutato con molta attenzione e ponderazione la mia candidatura, anche su sollecitazione di molti soci che mi hanno espresso solidarietà e spronato ad andare avanti, ma preferisco fare un passo indietro per il bene della mia e nostra Cooperativa.» Poi conclude «sento che avrei avuto un riscontro positivo da parte dei soci, soprattutto dopo la "riabilitazione" avuta dal Consiglio di Stato, ma per il bene della Cooperativa mi faccio da parte. Ritengo importante e positivo presiedere la prossima assemblea, per me è già una grande vittoria». Ornello Binelli dopo l'assemblea di domani lascerà la coop di Pinzolo Pag. 22 ara William Colimi a «sfidare» Ornello Domani l'assemblea della Famiglia Cooperativa PINZOLO - «Tim messaggio gra- Per la presidenza in lizza c'è un tuito. Il cliente da lei chiamato solo candidato: William Collini, non è...», eccetera eccetera. Co- colui che (dimettendosi insiesì ieri mattina, come l'altra se- me a Riccardo Maturi) rese più ra, la vocina del cellulare di Or- traballante nell'ottobre del nello Binelli spiegava che il ti2014 il Consiglio di Amministratolare non era raggiungibile. zione, che sarebbe stato rimosPerciò con tutta probabilità so subito dopo. Per il ruolo di non si saprà quale decisione consigliere correranno sette prenderà fino a domani sera. candidati (cinque uomini e due Di certo il suo nome non com- donne) per cinque posti. parirà sulla scheda di voto che Le rappresentanti del sesso capiterà in mano ai soci che in- gentile sono Bruna Cunaccia ed terverranno all'Assemblea del- Elisabetta Maturi. Quest'ultima la Famiglia Cooperativa di Pin- nel 2013 corse per la presidenzolo, ai quali spetterà il com- za, ma fu battuta da Ornello Bipito di rinnovare il presidente nelli. ed il Consiglio di AmministraQuanto agli uomini, sono Gazione. _ _stone£ominotti._Massimiliano Ze- William Collini, lo sfidante nari, Paolo Lorenzetti, Silvano Bonapace ed Alessandro Zucchetti. I cinque eletti andranno ad affiancare l'unico rimasto in Consiglio, Silvano Maestranzi, il cui mandato scade nel 2017. Per il meccanismo della rotazione (che prevede la scadenza ogni anno di due consiglieri) verranno sorteggiati i periodi di permanenza in Consiglio dei vari membri. In altre parole, un consigliere scadrà già l'anno prossimo, insieme a Maestranzi, due scadranno nel 2018 e due nel 2019, insieme al presidente. In questo modo si ristabilirà la regolarità del governo aziendale, dopo due anni in cui ha regnato il commissario, il presidente dei dottori commercialisti trentini Maurizio Postai. Sempre in attesa, s'intende, del pronunciamento con la sentenza del Tribunale amministrativo di Trento, che avverrà il prossimo Giovedì Santo, rispetto al ricorso presentato da Ornello Binelli contro il commissariamento della Famiglia Cooperativa. Anche se ormai (questi sono i tempi della giustizia) il valore della sentenza sarà puramente platonico, essendo il commissariamento concluso. Ornello Binelli, l'uscente Pag. 23 Anche dall'Adi arcense nuovo accorato appello per non dividere gli ospiti della comunità Ànffas :i restino insieme» Anche l'Acli di Arco in merito alla Comunità alloggio dell'Anfass di Locca di Concei vuole entrare nel dibattito chiedendo a piena voce una soluzione alla questione che ormai si protrae da troppo tempo. Il rischio, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, è che la soluzione sia peggiore del problema. Si pensa infatti di dividere il gruppo di ospiti tagliando così legami e rapporti che si sono saldati negli anni e che costituiscono una risorsa in più all'interno della comunità. «La "casa" di Concei - scrive oggi Rosaria Rosa, per l'Acli arcense - era nata come risposta provvisoria alle necessità delle famiglie con disabili ormai adulti che non sono più in gradi di garantire loro le cure necessarie, spesso per l'anzianità dei genitori. Questa soluzione è diventata invece più che mai definitiva nonostante le proteste non siano mancate. Anzi, va ricordato che già nel 2007 a sostegno della richiesta di trasferimento della struttura erano state raccolte 1650 firme presentate all'allora presidente Dellai. Riteniamo che una società responsabile e civile debba garantire ai suoi figli più deboli e indifesi una sistemazione adeguata in modo da consentire loro la partecipazione alla vita sociale della propria realtà ed una vicinanza agli affetti. La comunità di Locca di Concei risulta essere troppo decentrata, raggiungibile dai familiari con difficoltà e impedisce agli ospiti ogni possibilità di crescita e socializzazione con il loro contesto. Le persone presenti a Locca dormono in Val di Ledro ma quotidianamente affrontano il viaggio di andata e ritorno dalla Busa per frequentare i vari centri socio-educativi (con costi non indifferenti per il trasporto). Non pensiamo essere risolutiva la recente proposta dell'assessore al Servizio socio assistenziale per la Comunità di valle Alto Garda e Ledro, Angeli Patrizia - di mandare solo una parte di queste persone presso la Fondazione Comu- La presidente Rosa: «La soluzione migliore resta il trasloco in gruppo presso l'ex ospedale Armanni» nità di Arco. Infatti - prosegue la portavoce dell'Adi arcense - la stessa Angeli ha dichiarato che le strutture del Basso Sarca non sono sufficienti a tutte le richieste e talvolta si trova nella necessità di dirottare persone fuori dal comprensorio. Alla luce di queste considerazioni ci troviamo convinti che serva la volontà politica di trovare al più presto nella nostra realtà una struttura definitiva per accogliere questi bisogni a cui dobbiamo subito dar concretezza. La Casa di cura Armanni di Arco, luogo centrale, ci sembra abbia tutte le caratteristiche per poter essere adibita senza grossi interventi economici a questo visto anche che gran parte dello stabile risulta inutilizzato. Speriamo veramente che la questione venga presa seriamente a cuore da chi di dove- Pag. 24 «Uè e banche, no al tetto sui titoli di Stato» Renzi alla vigilia del vertice: troppi derivati e titoli tossici nella pancia di alcuni istituti di credito europei Noi e gli altri 11 m i l I PAESI LA LEVA Totale attivi /patrimonio netto tangibile Svizzera Germania 26,6 26,6 Francia ; Regno Unito = ! E. Nord Europa Paesi Bassi Spagna 28,5 25,3 *•-•& 29,7 I DERIVATI • In % 26,7 dell'attivo 19,8 • Multiplo del patrimonio netto tangibile (volte) j ^ w»" i P Fonte: R&S Mediobanca « s «Metteremo il veto su qualsiasi coloso quanto più riguarda i Paesi ad alto debito come l'Italia, dove il tentativo di mettere un tetto alla presenza di titoli di Stato nel porta- 67% del debito sovrano nei portafofoglio delle banche. Saremo senza gli bancari del Paese è italiano. Da cedimento, di una coerenza e fòrza qui larichiesta di limiti. esemplare». Matteo Renzi, riferenUn negoziato ancora nella fase do in Parlamento sul Consiglio Uè tecnica, si diceva. Ma il premier itachesiapreoggiaBruxelles.vaoltrei liano vuole far arrivare per tempo il pur importanti temi all'ordine del suo messaggio politico. «La vera giorno - Brexit e immigrazione - e questione delle banche in Europa è lancia la sua sfida alla Germania sul oggi la questione enorme che ritema delle banche. Il negoziato sul- guarda la prima e la seconda banca l'ipotesi di garanzia comune sui de- tedesca - è l'affondo di Renzi -. Io positibancarièiniziatosoloda qual- naturalmente faccio il tifo per loro, che settimana ed è in sede tecnica, ma il dato di fatto è che anziché ocperora.Eunodeimotìvipercuiilgocuparci dei titoli di Stati italiani biverno Merkel non vuole (ancora) sogna avere la forza di dire che nella impegnarsinell'assicurare insolido pancia di molte banche europee c'è i depositi bancari nella zona euro è un eccesso di derivati e titoli tossiproprio l'elevata esposizione al de- ci». E ancora, con riferimento alle bito pubblico nazionale di alcuni vicende del 2ou che portarono alla settori bancari. E agli occhi della formazionedelgovemoMonti:«Se Germania il legame è tanto più peri- alcuni istituti di credito del Nord Europa avessero tenuto i titoli italiani avrebbero avuto molto più rendimento anziché mettersi in pancia alcune realtà discutibili». Renzinonsidiceneanchecontrario aduna«indagine» sulsurplus commerciale tedesco, precisando tuttavia che«èlaCommissionechedeve decidere, non noi». SultemadellaBrexitinagenda, invece, laposizionedell'Italiasipuòaccomunare a quella della Germania e della Francia Posizione tesa a fare «ogni sforzo possibile» per evitare l'uscitadellaGranBretagnadallaUe e fornire al premier David Cameron un accordo di revisione tra Londra e la Uè che possa permettergli di fare campagnaelettoraleperilsìnelreferendum-trappolasullapermanenza del Regno Unito nella Uè da lui stessopropostopervincerelescorseelezioni. «La Brexit sarebbe una scon- fitta per l'intera Europa, sia perché saremmo meno forti senza uno dei Paesi più importanti sia perché sarebbe interrotto il percorso di allargamentoawiatodall'Ueeforse finora perseguito con eccessivo zelo», dice Renzi riferendo in Senato. «Sperochesipossatrovareunbuon compromesso, fermirestando alcunipaletticomelacentralitàdell'euro e il riconoscimento dello sviluppo LE BANCHE TEDESCHE «La vera questione delle banche è quella, enorme, che riguarda là prima e la seconda banca tedesca. Io naturalmente faccio il tifo per loro» dell'Europa». L'altro grande tema in agenda è quello dell'immigrazione, chevedeenondaoral'Italia schierata in favore della revisione delprin- Pag. 25 cipio di Dublino. «È sbagliato, non funziona. E bisogna avere la consapevolezza che una strategia non può essere solo donare un obolo a un singolo Stato», dice Renzi riferendosi agli ormai famosi 3 miliardi dell'EuropaallaTurchia «Noiabbiamoilpiùaltonumerodirimpatri, ma serve una politica comune sui rimpatri così come serve un diritto d'asilo comunitario». Un tema, quello delle migrazioni, sul quale è intervenuto ieri anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella, cheinseratahaanchericevutoRenziperilconsuetoincontropre-vertice Uè. «L'Unione europea, e l'Italia inprima linea,faràlasuaparte.Maè essenziale il ruolo delle leadership deiPaesiinviadisviluppoperinterveniresull'emergenzamigrazionee sulle cause allabase del fenomeno sono le parole di Mattarella -. La governance e laresponsabilitàalivello locale sono infatti imprescindibili per favorire una crescita economico-sociale duratura» Sullo sfondo, naturalmente, la battaglia delle battaglie. Quella per la flessibilità e per un cambio-verso nella politica economica europea «Il ministro Pier Carlo Padoan ha preparato un documento economico-èFaimunciodiRenzi-perchéin questi ultimi anni l'Europa ha scelto una politica economica che ha visto crescere la disoccupazione e la distanza tra il Paese leader e gli altri. Dire che di conseguenza non basta più una politica incentrata sull'au- sterità e che si occupa, in modo discutibile, solo delle banche significa riportare un po' di verità». Non è questione di clausole per l'Italia «perché noiipunti di flessibilità ce li prendiamo senza dover sbattere i pugni sul tavolo perché abbiamo il deficit più basso in Europa» - ma di prospettiva comune: «Dobbiamo sapere, e decidere, se l'Europa tornerà ad essere comunità o sarà solo contratto. Se sarà di ponti più che conti, di idealipiù che di decimali, di visione e non di divisione». Pag. 26 Banche/1. Il mercato plaude all'eliminazione dell'incrocio azionario Agricole vola in Borsa sul riassetto • • Utili netti in crescita del 50% ed eliminazione dell'intreccio azionario trail veicolo quotato e le casse regionali. Sono queste le due ragioni (forse la seconda persino più dellaprima) che ieri alla Borsa di Parigi hanno spinto il ti- tolo del Crédit Agricole, che ha chiuso la seduta con un rialzo del 13,9% a quota 9,5 euro, risultando di gran lunga il miglior risultato su un listino in progressione del 3 per cento. Fin dal 2001, data della quotazione della "banca verde". all'istituto di credito francese era sempre stata rimproverata la scarsa chiarezza nella lettura, nell'analisi e quindi nella valutazione dei conti di una struttura in base alla quale la società quotata (Crédit Agricole SA) era detenuta al 56,7 per cento dalle 39 casse regionali, il cui capitale era a sua volta nelle mani (al 25 per cento) di Casa. E da tempo il mercato si aspettava appunto una maggiore linearità nei rapporti tra le due entità. Continua • pagina 33 Banche. A Parigi il titolo mette a segno un rialzo del 13,9% - Il mercato plaude all'eliminazione dell'incrocio azionario Agricole vola in Borsa sul riassetto I conti 2015 vedono utili in crescita del 50% a 3,5 miliardi a fronte di ricavi per 17,2 miliardi (+8,5%) Marco Mousanet PARIGI. Dal nostro corrispondente • Contìnua da pagina 29 • • L'operazione annunciata in occasione della presentazione dei risultati 2015 - e che dovrebbe realizzarsi entro la fine dell'anno, probabilmente nel terzo trimestre - prevede la cessione da parte di Casa del 25% alle casse per 18 miliardi di euro (una valorizzazione pari atre volte la cifra versata quindici anni fa), il cui intero capitale sarà quindi detenuto da una nuova società (Sacam Mutualisation). Le casse - che continueranno a controllare Casaattraverso la Sas Rue de la Boétie, detenuta al 100% - non dovranno però sborsare interamente, e non subito, questa cifra. Cinque miliardi arriveranno infatti da un deposito ad hoc creato a suo tempo presso Casa e altri 11 miliardi da un prestito di Casa (della durata di io anni, al tasso fìsso del 2,15%). Oltre a fare chiarezza («Ci hanno spesso rimproverati di avere un'organizzazione capitalistica troppo complessa. Speriamo che questa operazione di semplificazione renda più leggibile la lettura del bilancio di casa e abbia quindi un impatto positivo sul titolo», ha commentato il neo amministratore delegato Philippe Brassac), la decisione consentirà a Casa di aumentare il proprio ratio di solvabilità (Core Equity Tier 1), portandolo già nel 2016 a quota 11%, superiore di 150 punti base al livello imposto dalle nuove regole europee. Il rovescio della medaglia è che Casa non potrà più integrare nei suoi risultati il 25% delle casse, con un impatto negativo teorico sull'utile netto di quest'anno pari a 470 milioni di euro. Quanto ai conti, Il Credit Agricole ha chiuso il 2015 con ricavi in crescita dell'8,5% a 17,2 miliardi, un risultato operativo in aumento del 29,7% a 3,3 miliardi e appunto utili netti saliti del 50% a 3,5 miliardi. «Un ritorno ai livelli storicamente più elevati», ha detto Brassac. Il costo del rischio è salito del4,i%, a 2,3 miliardi, a causa di accantonamenti straordinari per 500 milioni di euro (in vista delle sanzioni delle autorità statunitensi per transazioni in dollari effet- tuate in Paesi sottoposti a embargo Usa). Alnetto di queste poste non ricorrenti sarebbe stato in calo a 41 punti base rispetto ai 55 di fine 2014. Il dividendo è a sua volta in aumento del 71% a 0,60 euro. Nella ripartizione dei contributi dei diversipoli di attività ai risultati del gruppo, va segnalato il buon andamento della banca commerciale all'estero, con profitti per 226 milioni di euro, dopo gli anni difficili di Emporiki in Grecia e di Bes in Portogallo. Uno scenario complessivo in sui spicca Cariparma, con utili in crescita del 19,2 per cento. Agricole ha infine comunicato che la sua esposizione al settore petrolio e gas è di 27,4 miliardi, pari al 2% di quella totale. Pag. 27