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I primi passi del Club alpino svizzero a Sud delle Alpi (1871-1876)
Andrea Porrini
Il 9 settembre 1894 due alpinisti svizzero-tedeschi conquistano per la prima volta il
Sassariente, godendo della stupenda vista che lo sperone offre sul piano di Magadino.
Questo è quanto riporta la prima guida delle Alpi ticinesi, volumetto tascabile ad uso e
consumo degli alpinisti, pubblicato in tedesco nel 1908 e tradotto in italiano nel 1932. La
stessa guida informa inoltre che la vetta del Pizzo Barone, che con i suoi 2864 metri
sovrasta le cime della Valle Verzasca, conosce la sua prima «scalata turistica» il 24 giugno
1899, ad opera di un gruppo di membri della neocostituita Subsektion Leventina del Club
alpino svizzero, costola bellinzonese della sezione di Lucerna 1.
Di fronte a queste affermazioni, non è difficile immaginare lo scetticismo di chiunque abbia
avuto occasione di salire le due cime o disponga di una pur minima conoscenza della
regione, che non mancherà di trovare quanto mai inverosimile che montagne di
relativamente facile accesso, non lontane da pascoli e alpeggi, siano state scalate solo poco
più di un secolo fa, fosse anche solo in «prima turistica». Come e forse più che in altri
campi, la storia dell’alpinismo è segnata da una sorta di simbolica appropriazione indebita,
riconducibile in parte alla carenza di fonti e in maniera più generale al «differenziale
mediatico» 2 esistente sin dalla fine del XVIII secolo tra gli ambienti intellettuali urbani e le
comunità alpine. «Gli illuministi alla scoperta delle Alpi erano brillanti e loquaci (talvolta
logorroici), disponevano di salotti e giornali, e sentivano come missione il riscattare le
popolazioni montane dalle tenebre dell’ignoranza» 3, osserva Andrea Zannini, con
un’affermazione da estendere – con modalità diverse, ma senza rotture di fondo – anche
all’Ottocento borghese, secolo delle associazioni 4. Ancora nel 1923 Angiolo Martignoni, già
vice-presidente della Sezione Ticino del CAS e futuro Consigliere di Stato, introduce un
volumetto di Angelo Tamburini sull’alpinismo augurandosi che esso aiuti i giovani a
rendersi conto «di tutto ciò che è Montagna sotto l’aspetto estetico, scientifico, sportivo:
complesso enorme di cognizioni e di sentimenti che furono scoperti e avvalorati dagli
uomini cittadini e libreschi, soprattutto nel secolo XIX. Il montanaro vive una vita alpina,
ma ignora spesso le forze che dominano la sua vita medesima e di queste leggi scientifiche
ed estetiche dev’esser fatto cosciente appunto da chi è fornito di conoscenza e sensibilità» 5.
Spesso incuranti del problema della provenienza delle fonti e talvolta troppo attenti a
registrare piccole e grandi prestazioni individuali, storici e appassionati corrono in buona
sostanza il rischio di ripetere su carta l’esperienza di quei membri del CAS che nell’agosto
del 1864 realizzano la scalata – definita «rischiosa» – del Faulhorn e, con grande sorpresa,
trovano in vetta tre bracconieri intenti a giocare a carte 6. In realtà, ben più delle generalità
dettagliate dei primi conquistatori delle varie vette – alimento di infinite polemiche che
fanno la fortuna della pubblicistica di montagna – sembra significativo piuttosto che tale
L. Lisibach, G. End, J. Kutzner, Clubführer durch die Tessiner-Alpen, II Band, Freiburg, 1909, pp. 38 e 103.
A. Zannini, Tonache e piccozze. Il clero e la nascita dell’alpinismo, Torino, 2004, p. 9.
3 Ibidem. Sul problema del rapporto tra fonti e storia dell’alpinismo, cf. anche J. Mathieu, Alpenwahrnehmung:
Probleme der historischen Periodisierung, in J. Mathieu, S. Boscani Leoni (a cura di), Les Alpes! Pour une histoire de la
perception européenne depuis la Renaissance, Berna, 2005.
4 Cf. H.-U Jost, Sociabilité, faits associatifs et vie politique en Suisse au 19e siècle, in H.-U. Jost, J. Tanner (a cura di),
Geselligkeit, Sozietäten und Vereine. Sociabilité et faits associatifs, Zurigo, 1991.
5 A. Martignoni, Prefazione, in A. Tamburini, Alpinismo, Bellinzona, 1923, p. 3. L’avvocato Martignoni sarà
Consigliere di Stato per il Partito Conservatore tra il 1927 e il 1947.
6 L’episodio è riportato dalla «Gazette de Lausanne», 25 agosto 1864.
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guida esista, e che sia stata commissionata (dopo discussioni e voto formale) dall’assemblea
di una grande associazione, rispondendo a una precisa riflessione in termini funzionali,
economici e propagandistici e, al limite, proprio il fatto che i redattori abbiano ritenuto
importante snocciolare (in tedesco) date e coordinate delle varie «prime assolute»,
attribuendo per giunta valore alla categoria quantomeno singolare (benché diffusa) di
«prima turistica» 7.
Contrariamente a quanto accade con i protagonisti di molte ascensioni, specie se di
secondaria importanza, la fondazione dei primi club alpini è chiaramente documentata,
quindi precisamente identificabile nelle sue coordinate e nei suoi contenuti e, se non
coincide con la nascita dell’alpinismo, rappresenta una significativa fase
d’istituzionalizzazione della pratica, destinata a infondere un impulso decisivo alla sua
diffusione e a modificarne i codici etici e comportamentali. L’avvento dell’associazionismo
alpinistico in Europa evidenzia e accompagna i cambiamenti di un’epoca: nel corso del
XIX secolo si passa dal Grand tour agli uffici delle agenzie di viaggio, dalla figura idealtipica
del colto viaggiatore a quella dell’alpinista sportivo, dai tentativi privati di abbozzare i
contorni dei territori alpini alla carta Dufour e all’Atlante Siegfried, dall’informalità dei
gruppi di appassionati autodidatti che percorrono il territorio a organizzazioni di decine di
migliaia di persone, che ricevono sistematicamente le riviste associative e partecipano a
escursioni e corsi di formazione. Con l’irruzione sulla scena di un’associazione come il CAS
appare un nuovo influente attore capace di apporre il proprio marchio sulla dinamica
alpinistica, fungendo da laboratorio di pratiche e valori 8. Nel panorama elvetico, nonostante
la successiva creazione di numerose altre società, il Club alpino assume dalla sua
fondazione le caratteristiche di un’associazione egemonica, dotata di forza sufficiente per
imporre un discorso pubblico su cosa deve e non deve essere l’alpinismo, che vanta un
rapporto privilegiato con le autorità e dispone concretamente di strumenti e risorse atti ad
esercitare un’azione politica e istituzionale 9. Sul piano prettamente pratico, il Club alpino
allestisce e organizza rifugi, induce alla professionalizzazione delle guide, diffonde
rappresentazioni visive e scritturali del paesaggio, si iscrive insomma in una nuova fase nel
rapporto tra la società e il territorio.
Come avvenuto nel resto della Confederazione, anche il Cantone Ticino ha conosciuto la
nascita di numerose associazioni consacrate all’alpinismo. Al giorno d’oggi si registra una
buona e attiva presenza, con in particolare tre sezioni del CAS – Ticino (Lugano, 1886),
Leventina (oggi «Bellinzona e Valli», sezione indipendente dal 1904) e Locarno (1925) – e
numerose altre società riunite nella Federazione alpinistica ticinese, che raccoglie tra l’altro
UTOE e SAT 10. Oltre a queste, nel corso degli ultimi 150 anni sono sorte e poi – spesso
immediatamente – scomparse numerose piccole società locali. Sul finire dell’Ottocento si
manifesta una discreta attitudine a creare associazioni alpinistiche, in corrispondenza con
un periodo di crisi del CAS nel Cantone e, più in particolare, nel Sottoceneri. Si hanno
notizie, ad esempio, della Società alpina «Monte Generoso» (Chiasso), di un Club alpino
Cavaldrossa (Tesserete), di una società di escursionisti del Malcantone, attiva tra il 1890 e il
Riflessioni sul rapporto tra scrittura e alpinismo in T. Wirz, Wer ist die Braut des Montblanc? Einige Gedanken
über Definitionsmacht, Identität und das Schreiben von Tourenberichten am Beispiel von Henriette d’Angevilles Bericht über
ihre Montblanc-Expedition von 1838, in J. Mathieu, S. Boscani Leoni (a cura di), Les Alpes! Pour une histoire de la
perception européenne depuis la Renaissance, Berna, 2005, pp. 267-277.
8 C. Ambrosi, M. Wedekind (a cura di), L’invenzione di un cosmo borghese: valori sociali e simboli culturali dell’alpinismo
nei secoli XIX e XX, Trento, 2000.
9 Cf. G. Haver, Le Club alpin suisse (1863-1914), in O. Hoibian (a cura di), L’invention de l’alpinisme. La montagne et
l’affirmation de la bourgeoisie cultivée (1786-1914), Parigi, 2008.
10 Per quanto riguarda la storia di UTOE e SAT, cf. A. Porrini, Tra salute, politica e patria: l’alpinismo popolare
dell’Unione Ticinese Operai Escursionisti (1919-1939), in M. Marcacci (a cura di), La Befana rossa. Memoria, sociabilità
e tempo libero nel movimento operaio ticinese, Bellinzona, 2005.
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1895, e ancora di una «Società escursionisti Excelsior» (1899), con sede verosimilmente a
Lugano 11.
Tale effervescenza associativa contrasta tuttavia con le difficoltà incontrate solo pochi anni
prima, nel 1871, quando il CAS nazionale tenta di esplorare le Alpi ticinesi e di indurre alla
fondazione della prima società alpinistica nel Cantone. Questo è il tema al centro del
presente contributo 12.
I «campi d’escursione»: il CAS alla conquista del territorio nazionale
Nel suo appello alla creazione di una società svizzera di amanti della montagna, il chimico e
geologo zurighese Rudolf Theodor Simler denuncia, sul finire del 1862, il pericolo che i
Touristen 13 elvetici sparsi sul territorio siano superati nei loro sforzi dagli esponenti
dell’Alpine club inglese, prima associazione in campo alpinistico nata cinque anni prima. Tra
desiderio d’emulazione e volontà di distinzione, la risposta «patriottica» a questa
colonizzazione simbolica del giovane Stato federale prende corpo assumendo
significativamente la denominazione di «club». Il CAS si costituisce così all’intersezione tra
una forma di associazionismo scientifico e culturale esistente da tempo in Svizzera e un
modello proveniente dalla Gran Bretagna, corrispondente «a una mentalità vittoriana
dominata dai valori che le élite borghesi hanno saputo mettere in evidenza attraverso la
rivoluzione industriale: lavoro, perseveranza, abnegazione, precisione»14. Sempre secondo
Simler, il pubblico svizzero, per informarsi sulle regioni alpine e sulle vie d’accesso alle
cime, sarebbe stato costretto a breve a ricorrere alle pubblicazioni dell’associazione
londinese: «un tale stato delle cose sarebbe per noi fastidioso, per non dire vergognoso» 15.
Non è quindi sorprendente costatare come tra gli scopi principali del Club alpino svizzero,
fondato nell’aprile del 1863, figuri il «conoscere più intimamente le Alpi, in particolare dal
punto di vista topografico, scientifico e artistico e portare i risultati ottenuti a conoscenza
del pubblico attraverso rapporti scritti» 16. Per riprendere una felice formula utilizzata da
Simler nel suo discorso d’apertura alla prima assemblea generale del CAS svoltasi a Glarona
nel settembre del 1863, si tratta «di fornire un commento vivente all’Atlante topografico
Dufour» 17.
Uno degli strumenti immaginati dal CAS per realizzare il suo obiettivo di conoscenza delle
Alpi è il cosiddetto «campo d’escursione» (Excursionsgebiet). Sin dal primo anno di vita,
l’assemblea generale sceglie periodicamente un territorio ben delimitato, che i membri e le
sezioni sono tenuti a privilegiare nel loro peregrinare alpinistico. Fulcro della vita
dell’associazione, i campi sono selezionati in accordo con l’Ufficio federale di topografia, in
modo da poter disporre in tempo utile di carte su scala 1:50’000 18. In cambio l’associazione
assume parte dei costi di pubblicazione, garantendo inoltre alla Confederazione un
Cf. A. Tamburini, Alpinismo, Bellinzona, 1923, p. 27; e «Corriere del Ticino», 28 marzo 1899.
Questo articolo s’inserisce nel solco della ricerca «Faits associatifs, territoire et société: histoire du Club
alpin suisse (1863-1945)», diretta da Gianni Haver (UNIL) e finanziata dal FNS. Ha beneficiato inoltre delle
discussioni sviluppatesi in occasione dei seminari del Laboratorio di Storia delle Alpi (USI), diretto da Luigi
Lorenzetti.
13 Termine tradotto significativamente con «alpinistes» nella cronaca commemorativa apparsa in francese nel
1913: H. Dübi, Les cinquante premières années du Club Alpin Suisse, Berna, 1913.
14 L. Tissot, Naissance d’une industrie touristique. Les Anglais et la Suisse au XIXe siècle, Lausanne, 2000, p. 49. Come
in seguito, le traduzioni dal francese e dal tedesco sono nostre.
15 La circolare, datata 20 ottobre 1862, è pubblicata in Dübi, cit., p. 25.
16 Art. 1 degli statuti approvati alla prima assemblea generale del settembre 1863.
17 A. Roth, Chronik des Club, in «Jahrbuch des Schweizer Alpenclub», 1864, p. 11.
18 L’Atlante topografico della Svizzera, meglio conosciuto come Carta Siegfried, viene pubblicato
progressivamente solo a partire dal 1870. Prima di questa data, grazie a una richiesta formulata direttamente al
Consiglio federale, il CAS ha fatto capo ai lavori svolti per l’allestimento della Carta Dufour.
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finanziamento supplementare dell’operazione attraverso la vendita di un buon numero di
carte ai privati, attratti dalle descrizioni pubblicate nelle riviste del CAS. Il Comitato
centrale incarica quindi una persona, o sarebbe forse il caso di dire una personalità, di
redigere un «itinerario» ufficiale, testo introduttivo da distribuire prima della stagione estiva
ai membri del club, accompagnato dalla carta della regione. L’itinerario, che col tempo si è
accresciuto fino a raggiungere anche il centinaio di pagine, ambisce a fornire un condensato
enciclopedico delle conoscenze relative al campo d’escursioni sul piano geografico,
geologico, botanico e talvolta anche etnografico, senza con questo rinunciare a commenti
puramente estetici. Si tratta di una sorta d’evoluzione delle colte descrizioni di viaggio di
lunga tradizione, affinate nel loro intento pedagogico e rimpolpate di indicazioni pratiche,
riconducibili alle guide turistiche specializzate già in uso all’epoca 19. Idealmente, il buon
clubista è tenuto a percorrere l’Excursionsgebiet per completare le informazioni, correggere
gli errori (in particolare della carta, con osservazioni poi riunite e trasmesse dal Comitato
centrale all’Ufficio topografico 20) e contribuire quindi al miglioramento delle conoscenze. I
risultati delle esplorazioni, con l’eventuale elenco delle prime ascensioni realizzate, sono poi
pubblicati in una sezione ad hoc dell’annuario del CAS in articoli monografici sulle
escursioni più significative e con il supporto di un riassunto generale realizzato dal
presidente centrale 21.
Il concetto di «campo d’escursione» esprime l’ambizione di realizzare un’esplorazione
metodica e pianificata del territorio, organizzando accuratamente quella che oggi sarebbe
chiamata la «società civile» in vista del raggiungimento di una finalità patriottica comune. Il
ragionamento alla base dell’azione collettiva promossa dal CAS poggia sull’idea che una
risposta «totale» agli «interrogativi» posti dalle Alpi possa concretarsi solo concentrando per
un periodo stabilito tutti gli sforzi in un territorio specifico 22, superando così i tentativi più
o meno isolati effettuati prima della sua costituzione. La filosofia ufficiale del primo CAS
riflette manifestamente le influenze positiviste degli ambienti scientifici in cui è nato e si
traduce in un modello utilitaristico dell’alpinismo, distinto da quello – più sportivo e attento
alle performance – in voga a Londra 23.
Dalle prealpi vodesi all’Engadina, passando per la Svizzera centrale, tra il 1863 e il 1903,
data dell’ultimo campo ufficiale, il CAS ha così coperto la quasi totalità del territorio alpino
elvetico24. Inevitabile dunque, presto o tardi, l’esplorazione delle montagne ticinesi: dopo
averne inclusa un’esigua porzione già nel campo del 1865, comprendente la regione tra il
Lucomagno e la Greina, è soprattutto nel triennio 1871-1873 che il CAS rivolge le sue
attenzioni al Cantone, dapprima con la regione del Gottardo, poi nel 1872 con il gruppo
dell’Adula (comprese Valli di Blenio, Mesolcina e Calanca) e l’anno seguente con le regioni
a ovest del fiume Ticino (Val Maggia, Verzasca e Formazza). In quegli anni il Comitato
centrale dell’associazione, assunto all’epoca a rotazione per un triennio, ha sede a Basilea,
Cf. Tissot, Naissance d’une industrie touristique, cit.
Non bisogna dimenticare che molti ingegneri che lavoravano alla carta Siegfried erano membri del CAS.
21 Circolare del 31 dicembre 1872, Archivi centrali del CAS, Berna. Al momento della nostra consultazione, i
documenti del CAS centrale erano conservati disordinatamente in uno scantinato presso il segretariato
centrale di Berna. In seguito sono stati riordinati e catalogati, e oggi sono consultabili presso la Bürgerbibliothek
di Berna. Non abbiamo purtroppo avuto la possibilità di aggiornare i riferimenti archivistici presentati in
questo articolo.
22 L’espressione «razionale» è ampiamente utilizzata nel primo libro commemorativo realizzato dal pastore
Ernst Buss in occasione dei primi 25 anni di vita del CAS. Cf. E. Buss, Die ersten 25 Jahre des Schweizer
Alpenclub, Glarus, 1889, p. 225.
23 Per un confronto tra i diversi modelli di alpinismo europeo, cf. O. Hoibian (a cura di), L’invention de
l’alpinisme. La montagne et l’affirmation de la bourgeoisie cultivée (1786-1914), Parigi, 2008.
24 Dopo il 1903 si passa al modello delle guide, scritte da «specialisti», sgravando (e deresponsabilizzando) il
collettivo.
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ed è presieduto dall’industriale e commerciante Albert Hoffmann-Burckhardt 25. È proprio
quest’ultimo a proporre in una circolare indirizzata a tutti i membri di «far visita al Canton
Ticino» e di adottarlo quale «campo d’osservazione» 26. Per convincere i delegati, il
presidente argomenta facendo leva sull’art. 1 degli statuti, che impone di rivolgere lo
sguardo verso le regioni «meno conosciute» della patria, aggiungendo che con una lunga
permanenza in Ticino sarebbe stato possibile stimolare la creazione di una sezione locale,
consolidando così i legami patriottici con «quella parte della nostra amata Svizzera» 27. Una
presenza concreta nella Svizzera italiana, oltre a coronare l’ambizione dell’associazione di
assumere una dimensione compiutamente federale, avrebbe permesso anche di ottenere un
pied-à-terre nella regione, dando un ulteriore impulso allo sviluppo del CAS e
dell’alpinismo nel suo insieme.
Il CAS fa rotta a sud
L’assemblea generale di Zurigo dell’autunno 1871 accoglie la proposta all’unanimità 28.
Comincia allora per il Comitato centrale un intenso lavoro di raccolta di informazioni in
vista della preparazione degli itinerari del Gottardo, dell’Adula e delle Alpi Ticinesi. Il
presidente Hoffmann-Burckhardt si rivolge ad alcune persone di contatto nel cantone,
incaricate poi a loro volta di raccogliere dati di prima mano presso loro conoscenti. Così
avviene nell’autunno del 1870 con il direttore dell’ospizio del Gottardo, Felice Lombardi 29,
e la primavera seguente con il Comandante di battaglione Camillo Dotta, di Airolo. Questi,
in una lettera del 17 maggio 1871, riferisce dei suoi abboccamenti con notabili dei vari paesi
della Leventina, fornendo indicazioni utili «benché non del tutto complette [sic] perché da
queste incapaci municipalità nessuna risposta evasiva potei ottenere» 30. Le informazioni
raccolte da Dotta riguardano i percorsi, le possibilità di pernottamento e i nomi delle
persone del luogo disposte a fungere da guida o da portatore. Come contatto, figurano
solitamente il parroco, il sindaco, talvolta un maestro, in ogni modo piccoli notabili locali.
Se generalmente non sono previsti problemi di comunicazione, dato che i membri del CAS
avrebbero trovato in loco, senza troppe difficoltà, emigranti e stagionali con una certa
padronanza del francese o del tedesco, maggiori problemi sembrano riservare le osterie,
senza insegne e soprattutto poco adeguate ad ospitare gruppi 31. Ulteriori liste molto
dettagliate riguardanti Leventina, Riviera, Blenio e Mesolcina sono recapitate nei mesi di
febbraio e marzo del 1872 da un intraprendente negoziante di Faido, Carlo Pedrini, che ha
fatto capo a sua volta, tra gli altri, ad Ambrogio Bertoni e ad un giovane Cesare Bolla 32.
La durata e le difficoltà di questa raccolta ramificata e capillare di informazioni sono
rivelatrici di una «offerta turistica» praticamente inesistente nelle valli ticinesi.
L’inadeguatezza delle strutture, naturalmente poco sorprendente, è confermata a posteriori
dallo stesso presidente nel resoconto sul campo d’escursione dell’Adula, apparso
Membro fondatore del CAS, Albert Hoffmann-Burckhardt (1826-1896) rivestirà nel corso della sua vita
anche la carica di presidente della Società svizzera di utilità pubblica e di numerose altre associazioni. Fratello
nonché zio dei due futuri fondatori della Hoffmann-La Roche, è genero del Consigliere di Stato e
borgomastro Johann Jakob Burckhardt, e riveste per alcuni anni pure la carica di presidente del consiglio
patriziale basilese.
26 Circolare del Comitato centrale a tutti i membri, 1 giugno 1870, Archivio centrale del CAS, Berna.
27 Ibid.
28 La decisione era all’ordine del giorno dell’assemblea generale del 1870, rinviata di un anno a causa della
guerra. Cf. Protokoll der Abgeordneten versammlung des SAC, 1871, Archivio centrale del CAS, Berna.
29 Risposta di Felice Lombardi a Hoffmann, lettera del 13 novembre 1870, Archivi centrali del CAS, Berna.
30 Dotta Camillo, Comandante del Battaglione n. 25, a Hoffmann-Burckhardt, lettera del 17.5.1871, Archivi
centrali del CAS, Berna.
31 Ibid.
32 Cf. Carteggio tra il Comitato centrale di Basilea e Pedrini, Archivio centrale del CAS, Berna.
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nell’annuario. Prima di essere accolti dai Bolla a Olivone, i clubisti sostano in effetti a
Campo Blenio: il redattore descrive la località come un nodo estremamente favorevole per
le più disparate escursioni ma esprime anche il forte auspicio «che la civilizzazione vi
effettui i suoi lavori preliminari e che, lasciando al sig. parroco di Campo esclusivamente la
cura delle anime, si stabilisca almeno una modesta osteria» 33. Queste osservazioni passano
tuttavia in secondo piano, sempre secondo Hoffmann-Burckhardt, al cospetto di una
regione ricca di bellezze naturali, di sorprendenti contrasti, di montagne selvagge e passi
sconosciuti o poco percorsi dalla gran parte dei turisti, al punto da affermare che per un
membro del Club alpino svizzero siano immaginabili «nella nostra bella patria» pochi campi
d’escursione più appaganti di quelli sudalpini 34.
Le notizie raccolte dal Presidente centrale per il tramite della sua rete di informatori,
arricchite da citazioni di scienziati di fama come Bernhard Studer o dai commenti di
importanti topografi della Confederazione, confluiscono poi nei due itinerari delle alpi
ticinesi, pubblicati nel 1872 e nel 1873 35. Redatti dal vicepresidente centrale del sodalizio, il
professore e naturalista Ludwig Rütimeyer36, riuniscono ciascuno in una cinquantina di
dense pagine una presentazione idrogeologica e botanica delle rispettive regioni, integrata
con osservazioni sulla popolazione e sull’economia locale e arricchita di indicazioni pratiche
per gli escursionisti 37. Il testo è pensato per interessare un largo pubblico e si vuole
pedagogico, benché spesso non sia d’immediata comprensione, tanto più che difficilmente
gli stimoli proposti su questioni tecniche e scientifiche potrebbero essere raccolti da
semplici profani. Rütimeyer illustra ogni valle con dovizia di particolari e con qualche
imprecisione, soprattutto nei toponimi, abbandonandosi a tratti a descrizioni estetiche, ma
nell’insieme lontane dalla tentazione dell’idillio. Entusiasta il commento sui vigneti ticinesi,
elogiatori i toni di fronte alla magnificenza dei castagni di Chironico e Lavorgo e al loro
«carattere tutto meridionale», mentre molto severo è il giudizio più generale sulla Riviera:
«la fertilità del suolo è pressoché nulla, i pascoli sono cattivi, e non ci si dà la minima pena
per migliorarli, ciò che spesso sarebbe facile. I boschi, già così ridotti, diminuiscono a vista
d’occhio, perché, a causa di un’incuria imperdonabile, li si distrugge senza preoccuparsi
minimamente di ripiantarli» 38. Quasi drammatica la descrizione della miseria a Biasca, dove i
castagni, principale fonte di nutrimento, apparterrebbero agli abitanti più ricchi di Airolo o
Quinto 39, mentre poche telegrafiche righe sono consacrate a Pontirone, «piccolo villaggio
abitato tutto l’anno, dove segale e canapa prosperano ancora, ma dove non vi è sole da
ottobre a marzo. A Pontirone dormire sul fieno. Vino presso il curato. Gli abitanti sono
molto abili nell’arte, così spesso fatale in Ticino, di costruire condotte di legno per portare a
valle i tronchi d’albero» 40. Rütimeyer accenna anche all’emigrazione di massa, citando in
particolare l’esempio di Frasco, aggiungendo che «nelle abitazioni più discoste, i pastori
sanno parlarvi, per averli visti, di altri continenti e degli antipodi» 41. Prende il tempo di
33 A. Hoffmann-Burckhardt, In den Excursionsgebieten von 1871 bis 1873, in «Jahrbuch des Schweizer Alpenclub»
1872-1873, p. 21.
34 Ibid., p. 43.
35 L. Rütimeyer, Le groupe du Rheinwald. Itinéraire de 1872 pour le Club Alpin Suisse, Basilea, 1872; L. Rütimeyer,
Les Alpes du Tessin. Itinéraire de 1873 pour le Club Alpin Suisse, Basilea, 1873.
36 Professore di zoologia a Berna e poi per tre decenni a Basilea, Ludwig Rütimeyer (1825-1895) è senza
dubbio una delle personalità marcanti del CAS dell’Ottocento. Membro fondatore, due volte vice presidente
centrale (nel 1864 e negli anni 1870-1872), figura tra i principali esponenti della sensibilità scientifica
dell’associazione.
37 Dopo le escursioni, nello Jahrbuch n. 9 del 1873-1874, Rütimeyer ripubblica l’articolo con alcune modifiche,
accompagnato da un resoconto del presidente centrale Albert Hoffmann, e da un lungo articolo del prof. H.
Christ sulla vegetazione.
38 Rütimeyer, Les Alpes du Tessin, cit., pp. 23-24.
39 Rütimeyer, Le groupe du Rheinwald, cit., p. 28.
40 Rütimeyer, Les Alpes du Tessin, cit., p. 29.
41 Rütimeyer, Les Alpes du Tessin, cit., p. 29.
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spiegare la differenza tra «monte» e «alpe» 42, segnalando il carattere impervio di molti
pascoli, non solo per il bestiame «quasi elefantiaco delle Alpi dell’Emmenthal», ma
addirittura per le piccole mucche del Ticino, «che ricordano piuttosto le antilopi e
arrampicano come delle capre» 43.
Dalle pagine degli itinerari del CAS di questi primissimi anni 1870, emerge l’immagine di un
Ticino sconosciuto e poco considerato dai turisti d’oltralpe. L’assenza di guide locali
organizzate e professionali non facilita certo il compito di esplorazione: commentando le
liste raccolte da Hoffmann tramite i corrispondenti locali, Rütimeyer conclude che la
maggior parte dei nomi forniti non possono fungere da guida se non per montagne da loro
già conosciute 44. Ciò nonostante, lo scienziato basilese cerca in tutti i modi di stimolare i
clubisti a recarsi nel campo d’escursione, e le sue parole sui colori del fiume Verzasca sono
iperboliche: «Mai, nel mondo intero, un artista ha dipinto questo verde ammirabile, mai ne
ha sospettato l’esistenza, a meno di averlo visto sul posto. Chiunque abbia visto la Verzasca
presso il Ponte Scuro in estate e in autunno, una volta passato lo scioglimento delle nevi,
non ammirerà mai più nessun torrente di montagna» 45. La pubblicità nei confronti dei
luoghi, che si estende anche ad alberghi e osterie, costituisce uno stimolo al coinvolgimento
degli imprenditori turistici. Si consideri per esempio il caso dei Bolla, molto collaborativi
con la direzione del CAS, che dopo una descrizione accurata delle bellezze di Olivone,
«sotto ogni aspetto una delle stazioni più belle e più comode per fare escursioni in
montagna nel campo intero», vedono ricompensati i loro sforzi con l’annuncio che «si è
perfettamente alloggiati e trattati presso Stefano Bolla, SAC»46.
Riassumendo lo spirito delle prime iniziative ufficiali del CAS a Sud delle Alpi, crediamo
valga la pena considerare una lunga citazione del celebre topografo – e membro del club –
Philip Charles Gosset, riportata nell’itinerario per il 1873: «Le Alpi ticinesi passano in
generale per noiose. Le loro cime sono disdegnate, ad eccezione forse del Basondano [sic],
che si scala solo perché punto culminante del gruppo. Nelle valli ci sono troppi blocchi
rocciosi e troppi pochi ponti, troppa acqua e non abbastanza alberghi. I colli e i passaggi da
una valle all’altra sono troppo lunghi per l’uno, troppo corti per l’altro. Il geologo,
ritenendo che il Ticino abbia troppo gneiss, di conseguenza non ci va. Il botanico sale sul S.
Salvatore e trova che faccia troppo caldo perché delle piante possano prosperare su rocce la
cui nudità è già visibile da lontano. Lo zoologo pensa che queste montagne sono troppo
povere di sostanze nutritive per permettere a degli animali ragionevoli di viverci. E tuttavia
molta tremolite blu brilla sulle pareti rocciose del Campo Tencia, qui il rododendro porta
fiori doppi e la bella felce, l’osmunda regalis, trova il suo posto tra il pietrame e raggiunge 5
piedi di altezza. I castagni di 10 piedi di diametro non sono un’eccezione così rara e si trova
persino il gipeto barbuto che, sotto il cielo blu scuro delle Alpi ticinesi, ha ancora occasione
di effettuare i suoi rapimenti» 47.
La prima sezione ticinese del Club alpino svizzero (1871-1876)
La scelta dell’Excursionsgebiet del Gottardo nel 1871 e del Sud delle Alpi negli anni seguenti
induce il presidente centrale a cercare personalità ticinesi disposte a fondare una sezione del
CAS in Ticino. Una politica simile era già stata tentata in occasione del campo d’escursioni
Rütimeyer, Le groupe du Rheinwald, cit., p. 26.
Rütimeyer, Les Alpes du Tessin, cit., p. 21.
44 Rütimeyer, Le groupe du Rheinwald, cit., p. 43.
45 Rütimeyer, Les Alpes du Tessin, cit., pp. 26-27.
46 Rütimeyer, Le groupe du Rheinwald, cit., p. 31.
47 Philip Charles Gosset, topografo e membro illustre del CAS, citato in L. Rütimeyer, Les Alpes du Tessin, cit.,
30-31.
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del 1865 dall’allora presidente Johann Wilhelm Fortunat Coaz 48, che aveva cercato di far
leva sui suoi contatti in seno alla Società forestale svizzera, ma senza successo 49. Questa volta la
manovra sembra dare frutto, la raccolta d’informazioni per l’itinerario smuove
effettivamente le acque ed emergono alcuni interessati alla creazione di una sezione
cantonale. Gli ambienti più ricettivi in un primo tempo sembrano essere legati a
un’embrionale «industria degli stranieri». Nell’estate del 1871 si annunciano potenziali
promotori a Faido, dove il negoziante Carlo Pedrini 50, ricevuti itinerario e statuti da
Hoffmann, si attiva per proporre il progetto a conoscenti della zona, scrivendo in
particolare ai figli dell’albergatore Motta di Airolo e a Cesare Bolla di Olivone. Pedrini ne
discute inoltre con persone di passaggio in valle, come l’avvocato Guglielmo Bruni, il
Consigliere nazionale radicale, nonché sindaco di Bellinzona, Giovanni Jauch 51, e
soprattutto l’avvocato locarnese Attilio Righetti. Non abbiamo potuto appurare se Carlo
Pedrini 52 condividesse o meno legami di parentela con Ferdinando, l’uomo che più di tutti
ha contribuito alla creazione del polo turistico leventinese 53. Nell’interessamento di Carlo
Pedrini e nel suo coinvolgere alcuni albergatori troviamo in ogni modo indizi di una
sensibilità simile, in un momento in cui, con il progetto della Gotthardbahn, si stanno per
realizzare importanti sconvolgimenti nella vita dei comuni leventinesi. Se prima
dell’apertura della galleria, che avverrà nel 1882, l’unica struttura importante a Faido è
l’Albergo dell’Angelo, creato dai fratelli Bullo e sviluppatosi in particolare con la strada
carrozzabile del Gottardo nel 1830, dopo l’avvento della ferrovia nasceranno nuovi hotel su
iniziativa in particolare, appunto, di Ferdinando Pedrini, «un esempio di imprenditore attivo
nelle valli superiori del Cantone che sfrutta fino in fondo le nuove possibilità economiche
introdotte dalla modernizzazione»54, facendo tra il resto leva su di una «importante rete di
relazioni che comprendeva gli esponenti politici più in vista dell’epoca» 55. Come è il caso in
altre regioni della Svizzera 56, il Club alpino viene visto come una risorsa a cui far capo per
sviluppare il turismo locale. Per inciso, abbiamo una conferma di questo interesse
percorrendo l’elenco dei membri della sezione ticinese del CAS per il 1873 57, dove tra i
quattro abitanti di Faido presenti troviamo, oltre a Carlo Pedrini, proprio i due albergatori
Gioacchino e Andrea Bullo. Anche al momento della «rinascita» della sezione, avvenuta nel
1886, quattro anni dopo l’entrata in funzione della galleria ferroviaria, gli unici due membri
48 Il grigionese Johann Wilhelm Fortunat Coaz (1822-1918) figura senza dubbio tra le personalità di maggior
spessore dei primi 50 anni di vita del CAS. Come topografo percorre tra il 1844 e il 1851 tutte le montagne
grigionesi, realizzando in questa veste la prima del Bernina. Segretario personale di Dufour durante la guerra
del Sonderbund, ispettore forestale dei Cantoni Grigioni (1851-1873) e San Gallo (1873-1875), diventa il
primo ispettore federale delle foreste, ruolo che ricopre dal 1875 al 1914. Presidente centrale del CAS nel
1865, funge per diversi decenni da influente anello di congiunzione tra l’associazione e le amministrazioni
pubbliche cantonali e federale.
49 Verbali dell’Assemblea generale di Coira, 27 agosto 1865, Archivio centrali del CAS, Berna; Verbali del
Comitato centrale, 20 settembre e 6 novembre 1865, Archivio centrali del CAS, Berna.
50 Lettera di Carlo Pedrini a Hoffmann, 25 luglio 1871, Archivio centrale del CAS, Berna.
51 Lettera di Carlo Pedrini a Hoffmann, 24 ottobre 1871, Archivio centrale del CAS, Berna.
52 Si tratta verosimilmente del Carlo Pedrini (1831-1896) che diventerà Commissario di Governo per la
Leventina nel 1895. Originario di Osco, liberale, stando al necrologio apparso ne «L’educatore» (1896, p. 107)
seppe crearsi una invidiata posizione economica, poi dilapidata dal figlio finito nei guai con la giustizia,
ragione alla base del suo suicidio avvenuto nel 1896.
53 Vedi F. Viscontini, Alla ricerca dello sviluppo: la politica economica nel Ticino (1873-1953): aspetti cantonali e regionali,
Locarno, 2005.
54 Ibid., 81.
55 Ibid.
56 Cf. O. Bayard, Club alpin et développement touristique: l’exemple valaisan (1865-1915), Mémoire di licenza non
pubblicato, Università di Ginevra, 1986; F. Mauron François, Alpinisme et tourisme dans les Préalpes fribourgeoises.
Le rôle de la section Moléson, de Fribourg, du Club alpin suisse (1871-1939), Mémoire di licenza non pubblicato,
Università di Friborgo, 1994.
57 Mitglieder-Verzeichniss des Schweizer-Alpen-Club 1873, Luzern, 1873.
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fondatori provenienti da Faido sono gli albergatori Andrea Bullo e Erminio Bazzi (genero
di Ferdinando Pedrini).
Se l’impulso dato dal presidente del CAS Hoffmann-Burckhardt è recepito dapprima a
Faido, la realizzazione concreta avviene però significativamente in città, e più precisamente
a Locarno, vale a dire un centro dove è possibile raccogliere il capitale sociale per costituire
una società all’altezza delle ambizioni del fondatore, Attilio Righetti (1834-1890) 58. Nato a
Como da un medico e da un’esponente della famiglia Pinchetti (il nonno da parte di madre
era stato architetto alla Corte dell’imperatrice Caterina II di Russia), Righetti ha svolto studi
di diritto a Ginevra. Stabilitosi a Locarno, viene eletto procuratore pubblico nel 1863, carica
che riveste ancora al momento della fondazione della sezione ticinese del CAS. Nominato
procuratore generale nel 1877 e subito allontanato dai conservatori con la caduta del
regime 59, Righetti dimostra una sensibilità particolare nei confronti delle società di
ispirazione liberale. È stato in effetti presidente della Società dei Carabinieri di Locarno,
veste nella quale aveva accolto Garibaldi durante la sua celebre visita del 1862 60, e nel 1873
lo sarà della Demopedeutica.
Dopo una serie di scambi epistolari con il presidente Hoffmann, Righetti indice la seduta
costitutiva domenica 29 ottobre 1871, nella sala del palazzo comunale di Locarno. La
«Gazzetta Ticinese» di venerdì 3 novembre 1871 dedica ampio spazio ad un comunicato
della commissione incaricata di formare la Sezione ticinese e composta da Attilio Righetti,
Giuseppe Bacilieri e Rinaldo Simen. L’appello all’adesione presenta l’associazione sotto le
vesti di una «Società di utilità pubblica», sorta con lo scopo di riunire «amatori delle corse
nelle montagne» e «investigatori delle ricchezze e bellezze di esse», con un accento
particolare posto sullo spirito patriottico che muoverebbe l’associazione nella «nostra bella
e libera Svizzera».
La lista dei 17 primi aderenti, pubblicata integralmente dalla «Gazzetta» 61, funge come
sovente da vetrina per l’esposizione dei «padrini» dell’associazione, in modo da permettere
ai potenziali aderenti di cogliere orientamento e intenti del sodalizio, e nel contempo
sfoggiare un capitale sociale che valorizzi il giovane club. Questo elenco si rivela ricco
d’informazioni: sotto la guida di Attilio Righetti, troviamo le più importanti famiglie patrizie
locarnesi, che almeno fino agli anni 1880 dell’Ottocento detengono il potere politico,
religioso ed economico nella cittadina 62. Significativo in questo senso il fatto che, tra questi
primi aderenti, figurino le persone che hanno e avrebbero rivestito la carica di sindaco di
Locarno ininterrottamente dal 1848 al 1880: Pietro Romerio, Felice Bianchetti, Luigi Rusca
e, per finire, il sindaco in carica Bartolomeo Varenna. Da notare peraltro che vi figurano tre
ex consiglieri di Stato (Romerio, Rusca e Varenna) e uno futuro (Simen). In merito
all’orientamento politico dei primi soci del CAT non vi è dubbio alcuno. Ai già citati
personaggi, si aggiungono altri ferventi liberali come l’avvocato Carlo Pancaldi-Pasini
(sindaco di Ascona), il farmacista Paolo Gavirati e l’albergatore e municipale locarnese
Luigi Fanciola.
Un elemento caratteristico del primo gruppo di fondatori della Sezione Ticino del CAS è
l’accumulo di cariche in società di stampo liberale, ridondanza associativa che conforta le
analisi di Hans-Ulrich Jost, secondo cui le associazioni cosiddette «volontarie»
contribuiscono in maniera determinante a strutturare lo spazio pubblico e politico nella
Lettera di Carlo Pedrini a Hoffmann, 2 settembre 1871 e lettera di Attilio Righetti a Hoffmann, 5 ottobre
1871, Archivio centrale del CAS, Berna.
59 L’educatore della Svizzera italiana, 1890, pp. 351-352.
60 G. Bettone, Garibaldi a Locarno nel giugno del 1862, in «Archivio storico ticinese», n. 9, 1962, p. 459.
61 In ordine alfabetico, la lista dei membri fondatori: Enrico e Giuseppe Bacilieri, avv. Felice Bianchetti, Luigi
Fanciola, Guglielmo Franzoni, Paolo Gavirati, magg. Ang. Guglielmoni, Domenico Nessi, avv. Carlo
Pancaldi-Pasini, avv. Attilio Righetti, avv. Pietro Romerio, commissario Felice Rusca, avv. Luigi Rusca fu
Carlo, avv. Luigi Rusca fu Franchino, Rinaldo Simen, avv. Bartolomeo Varenna, prof. Enrico Zambiagi.
62 R. Huber, Locarno nella prima metà dell’Ottocento, Locarno, 1997, p. 81.
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Svizzera dell’Ottocento 63. La rete di relazioni associative che unisce i primi firmatari è
straordinariamente densa, tanto è vero che vi sono alcuni sodalizi nei quali si ritrovano più
o meno tutti i fondatori del CAS Ticino. Dei diciassette membri, almeno tredici sono
membri della Demopedeutica, otto sono membri onorari del Mutuo soccorso, altrettanti
della società dei carabinieri e sette di quella di ginnastica.
Si potrebbe quindi riassumere così il ritratto del membro fondatore «tipo» del CAS Ticino
nel 1871: notabile appartenente a una importante famiglia di patrizi locarnesi, liberale, sulla
cinquantina (senza Simen l’età media supererebbe i 52 anni), estremamente presente
nell’universo politico e associativo e con alle spalle studi superiori in legge (dei primi 17
membri, almeno 7 sono avvocati o magistrati, con all’attivo spesso una carriera importante:
oltre al procuratore pubblico e futuro procuratore generale Righetti, abbiamo Romerio
giudice al tribunale militare, Bianchetti giudice supplente al tribunale federale e PancaldiPasini istruttore giudiziario nel Locarnese). Piuttosto debole invece – se rapportata agli
standard del CAS nazionale – l’influenza degli uomini di scienza, fatta astrazione da Enrico
Zambiagi, professore al ginnasio di Locarno, già organizzatore negli anni precedenti di
escursioni nell’ambito del cosiddetto «turismo scolastico» 64. L’unico riferimento alla
questione scientifica si presenta in un appello apparso il 7 dicembre 1871 su «Gazzetta
Ticinese» a firma di Pietro Pavesi, già docente di storia naturale al Liceo di Lugano e
all’epoca professore presso l’Università di Napoli, il quale propone un programma d’azione,
suggerendo che il CAS ordini le cose «per modo che ogni escursione possa arrecare
vantaggi scientifici. La carta geologica del Cantone non è ancora redatta, e specialmente le
parti superiori richiedono nuovi studi. La carta dei trovanti [massi erratici, in corsivo
nell’originale] della Svizzera rimane senza dati pel Ticino». L’appello, messo in evidenza
con orgoglio dalla neonata associazione, non porterà frutto, e anche la nomina di Luigi
Lavizzari a membro onorario rispecchia più la logica di ricerca di capitale sociale che la
volontà di infondere all’associazione un impulso scientifico fattivo, tanto è vero che non si
riscontrano tracce di un impegno diretto dello scienziato nel club.
Per quanto concerne la politica di ammissione dei comuni membri, si può affermare che
l’associazione non mira ad assumere una dimensione veramente popolare. Questo fatto è
testimoniato da un indicatore come la quota sociale, conforme a quella in vigore nelle
diverse sezioni svizzere ma certo non alla portata di tutti, visto che la tassa d’ammissione è
di 5 franchi, alla quale si aggiungono altri 5 franchi annuali. Il numero di membri ammonta
a 40 nel 1872, permettendo all’associazione di ampliare leggermente lo spazio d’azione ad
altre regioni del Ticino, ma confermando il carattere rigorosamente omogeneo del colore
politico 65. Tra le varie personalità che si aggiungono alla lista dei membri segnaliamo il
Consigliere di Stato Alessandro Franchini, i Consiglieri nazionali Costantino Bernasconi e
Giovanni Jauch, nonché il Canonico Ghiringhelli e i giovani Alfredo Pioda e Cesare Bolla.
Una volta fondata la società, la corrispondenza disponibile permette di percepire ben
presto una certa stanchezza e apatia. Attilio Righetti, in una lettera al presidente Hoffmann
del 28 ottobre 1872, dopo aver lamentato la sua mancanza di tempo e l’inattività dei
colleghi, si giustifica sottolineando che «la nostra posizione geografica coi piccoli suoi
confini dispersi e lontani l’un dall’altro» renderebbe difficile la partecipazione alle riunioni e
ai lavori di comitato 66. Bisogna ricordare in questo senso che la prima sezione del CAS
nasce in un’epoca ancora pre-ferroviaria (dunque, per il Cantone, pre-turistica). È solo nel
1874 che entrano in servizio le tratte Chiasso-Lugano e Bellinzona-Biasca, mentre l’anno
seguente viene aperto il tracciato ferroviario tra Bellinzona e Locarno. Nel 1882 si inaugura
H.-U. Jost, Sociabilité, faits associatifs et vie politique en Suisse au 19e siècle, in H.-U. Jost, A. Tanner (a cura di),
Geselligkeit, Sozietäten und Vereine. Sociabilité et faits associatifs, Zurich, 1991.
64 L’educatore della Svizzera italiana, 1864, pp. 4 e 27. Zambiagi è anch’egli membro della Demopedeutica.
65 Lettera di Attilio Righetti al Comitato centrale, 2 febbraio 1872, Archivio centrale del CAS, Berna.
66 Lettera di Attilio Righetti a Hoffmann, 28 ottobre 1872, Archivio centrale del CAS, Berna.
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la linea del Ceneri, lo stesso anno del traforo del Gottardo 67. Nelle osservazioni di Righetti
paiono trovare conferma – tradotte nel campo associativo – le osservazioni secondo cui il
Ticino pre-ferroviario sarebbe un «conglomerato di piccoli spazi, scarsamente collegati, con
una distribuzione relativamente omogenea della popolazione» 68. La questione dei mezzi di
trasporto, per quanto importante nel caso di un’associazione che per natura fonda la sua
azione sugli spostamenti, non spiega però completamente l’evoluzione registrata.
L’impressione è di non essere confrontati con un gruppo di promotori entusiasti e
soprattutto pronti all’esplorazione concreta, ma piuttosto con un club di notabili non più
giovani (l’età media dei 17 fondatori supera infatti la speranza di vita dell’epoca) che
aderiscono ad una società di «utilità pubblica» come un’altra, aggiungendo una tessera ad
una già lunga serie di società sportive, filantropiche o culturali, ma assolutamente non
disposte a passare all’azione, dimensione indispensabile perché un progetto come quello del
Club alpino Ticinese possa attecchire. I primi fondatori non si dimostrano in grado di
investire le proprie energie nel tradurre in pratica il potenziale di un’associazione che, come
a livello nazionale, avrebbe potuto rappresentare nel panorama sociale dell’epoca un
elemento d’innovazione e modernizzazione.
Nella sostanza, il respiro di questa prima fondazione è dunque molto breve. L’Educatore
pubblica nel 1874 un «Canto degli alpinisti italiani», di Giuseppe Regaldi, «nella fiducia che
gl’ispirati versi del vecchio Bardo dell’Alpi italiane ridestino alquanto i membri della
Sezione ticinese del Club Alpino Svizzero» 69. Si tratta di una testimonianza della simpatia
provata dalla Demopedeutica nei confronti del «programma» ideale del CAS Ticino, e nel
contempo della delusione provocata dalla sua inconsistenza. L’invito cade nel vuoto, e la
dissoluzione della prima sezione, annunciata da una lettera del presidente Guglielmo Bruni,
succeduto nel frattempo a Righetti, e dal segretario Germano Bruni 70, è riportata senza
commenti nei verbali del Comitato centrale del CAS alla seduta del 28 marzo 1876. In
questa data si realizza lo scioglimento di una sezione in realtà già morta da lungo tempo.
Il fallimento della sezione ticinese del CAS è in qualche modo il compimento di quello dei
due campi d’escursione per il 1872 e 1873, completamente disertati dai clubisti svizzeri e
ticinesi. Nel 1873, solo due visitatori sono noti al Comitato centrale e alla redazione
dell’annuario, così che la sezione «Clubgebiet» dello Jahrbuch deve essere sostituita da
resoconti su gite non inerenti al campo d’escursione. Lo smacco per il Comitato centrale
risulta ingigantito dal fatto che i campi d’escursione del Gottardo nel 1871 e delle Alpi
occidentali grigionesi nel 1874, vale a dire quello precedente e quello successivo, hanno
riscontrato invece un buon successo presso gli alpinisti elvetici. Il rapporto sulle escursioni
a Sud delle Alpi nel 1873, redatto dal Presidente centrale del CAS, il professor Zähringer 71,
è particolarmente severo, e pone l’accento sull’assenza di una comune misura tra l’impegno
fisico e finanziario profuso dal Comitato per favorire l’esplorazione e i risultati ottenuti 72.
Tra le righe dell’elenco delle lacune ancora da colmare, stilato dal presidente, leggiamo le
ambizioni ufficiali del CAS e nel contempo la frustrazione dei dirigenti di fronte ai magri
risultati: storia delle valli Maggia e Verzasca, studio dell’unico comune germanofono del
Cantone (Bosco Gurin), caratteristiche culturali e economiche della popolazione, scienza
forestale, idrografia ed altro ancora. L’auspicio che la sezione Ticino possa approfondire
questi temi per conto suo non otterrà soddisfazione.
67 A. Gili, Lugano Capolinea. Sviluppo storico delle linee di pubblico trasporto passeggeri, dalle funicolari, tranvie e ferrovie ai
filobus e autolinee, Lugano, 1996.
68 T. Bottinelli, Traffici e processi di regionalizzazione nel Ticino moderno, in «Archivio Storico Ticinese», 1980, citato
da A. Ghiringhelli, Il Ticino della transizione 1889-1922, Locarno, 1988, p. 55.
69 L’educatore della Svizzera italiana, 1874, p. 335.
70 Il documento è pubblicato in P. Grossi, Il Ticino di fine Ottocento, Pregassona, 1999, p. 22.
71 Il Comitato centrale nel triennio 1873-1875 si trasferisce da Basilea a Lucerna, e Hermann Zähringer
succede a Albert Hoffmann-Burckhardt alla presidenza.
72 H. Zähringer, Bericht über das Excursionsgebiet 1873, in «Jahrbuch des Schweizer Alpenclub», IX, 1873-1874.
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Indipendentemente dalle spiegazioni adducibili, appare chiaro che l’esperimento ticinese
degli anni 1872 e 1873 può essere considerato un fallimento, un’iniziativa incapace di
suscitare interesse e adesione sul piano nazionale. Si tratta tuttavia di un inciampo, visto che
pochi anni dopo, nel 1886, nasce – su basi diverse – una nuova sezione Ticino, tuttora
esistente.
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Andrea Porrini