#08 MENSILE DI STORIE E NOTIZIE FIORENTINE E TOSCANE #08 Mensile di storie e notizie fiorentine e toscane N. 8— Gennaio 2013 Trasmesso a 4000 indirizzi e-mail Direttore Responsabile LILLY MAGI Vicedirettore FABIO M. FABRIZIO Hanno collaborato FRANCO MORALDI COSIMO DAMIANO NICOLETTI FEDERICO RUPI MARILLI RUPI ROBERTO VACCA Coordinamento editoriale PIER LODOVICO RUPI 17/12/1600 Jacopo Chimenti detto L’Empoli, - Maria dé Medici ed Enrico IV, IL VASARIANO è edito da Associazione “Il Vasariano” Via Bottego, 30—Arezzo Reg. Trib. n. 4/11 RS Sito con i numeri del Vasariano presente e precedenti www.ilvasariano.it Indirizzo della redazione [email protected] #08 Storia Minore Dall’Europa LA BICICLETTA PERPLESSITA’ di F. Rupi Vite Scienza GINO BARTALI OBESITA’ di R. Vacca Storia del Costume Arte LIBERTY E DONNA CRISI MODIGLIANI di M. Rupi di F. Moraldi Costume Calcio LA RUOTA ZAIRE 1974 di F. M. Fabrizio di C. D. Nicoletti Testimonianze Motori MAGNIFICI ANNI ‘60 VECCHIE SIGNORE di A. de Pinolis Cultura Poesia ARRICCHIAMO IL LINGUAGGIO LA PIOGGIA NEL PINETO di G. D’Annunzio Storia Locale Rubriche PIAZZA DEGLI ARANCI DI MASSA BRIDGE Economia LA RECESSIONE E LE BANCHE di Simplicius LA BICICLETTA di Federico Rupi Nel 1791, il Conte Mede de Civrac realizza il primo veicolo a due ruote, cui dà il nome di “celerifero”. Senza pedali e senza sterzo, il ciclista si installa a cavalcioni sul mezzo e si muove dandosi la spinta sul terreno con i piedi. Alla sua comparsa, il celerifero è solo un passatempo alla moda, senza utilizzazione pratica. Nel 1818, Karl von Drais vi aggiunge lo sterzo, brevetta l’invenzione e dà al velocipede sterzante il nome di “draisina”. Nel 1864 compare a Parigi unl velocipede con due ruote a grandezza diversa e nel 1869 compare a Londra il biciclo “Ariel” con una enorme ruota anteriore. Il fatto è che, applicando i pedali direttamente alla ruota anteriore, quanto più questa ruota è grande quanto maggiore è lo spazio percorso con un giro di pedalata. Queste biciclette con la ruota anteriore sempre più grande per raggiungere maggiore velocità finiscono per divenire pericolose e il loro utilizzo diventa sinonimo di virilità. Ma nello stesso tempo si diffonde il termine “faccia da ciclista” per indicare un volto spaurito e tremebondo, tale è la precarietà dell’andare in queste biciclette. 5 Il problema sarà risolto con la catena applicata tra due ruote dentate, una grande solidale con i pedali e una più piccola solidale con la ruota posteriore che tornerà così uguale a quella anteriore. Grande discussione si accenderà nei primi anni del ‘900 tra molti che si vorranno appropriare dell’invenzione della bicicletta: francesi, inglesi, tedeschi pretenderanno di essere stati loro a inventare il veicolo a due ruote e a Parigi si terrà perfino una Conferenza Internazionale sul Ciclismo nella quale si dibatterà a chi spetti l’invenzione. Finché dal Codice Atlantico di Leonardo da Vinci verrà fuori il disegno di una bicicletta completa di pedali e catena, assai 1478 - 1519 Codice Atlantico di Leonardo da Vinci somigliante a quella attuale. Nel dopoguerra, in Italia ci sarà il “boom” della bicicletta e gli italiani si divideranno, tra Coppi e Bartali. Poi il rombo della “formula 1” e la complessità del gioco di squadra del calcio appanneranno il mito delle due ruote. Ma la bicicletta tornerà sicuramente in auge, mezzo individuale, perfetto ed elegante, modello di equilibrio che passa sopra la terra senza lasciar traccia, strumento di mobilità nobile rispetto agli altri che sporcano, consumano, inquinano e fanno rumore. Nei primi decenni del ‘900 la bicicletta perviene ad una forma tecnicamente ed esteticamente perfetta. 6 La vita è come andare in bicicletta. Se ti fermi perdi l’equilibrio e cadi 7 Come fu che bartali salvo’ l’italia 1948, non è facile per gli italiani presentarsi al “giro di Francia”. La “pugnalata alla schiena” che appena otto anni prima l’Italia ha assestato alla Francia ha lasciato un profondo solco. La nostra squadra è diretta dal leggendario Alfredo Binda e punta tutto su Gino Bartali. Ma Bartali ha trentaquattro anni e pochi lo considerano in grado di competere con i corridori francesi, molto più giovani. Il Tour inizia il 30 giugno del ‘48 e le prime tappe vedono emergere il grande campione francese Louison Bobet. Nonostante Bartali riesca a segnare qualche vittoria, il giovane bretone si difende nettamente meglio del toscano, conquistando sin dalla sesta tappa la maglia gialla. I francesi attaccano a ripetizione Bartali per metterlo definitivamente fuori gioco e il 13 luglio il toscano si ritrova con 21 minuti di ritardo rispetto a Bobet. Ormai molti giornalisti italiani al seguito del Tour fanno rientro in patria, non sembrando esserci più speranze di successo per i nostri colori. A Roma, alle 11,30 del 14 luglio , il giovane Antonio Pallante spara quattro colpi di rivoltella su Palmiro Togliatti e l’Italia è sull’orlo della guerra civile. Nei due giorni successivi si contano trenta morti e seicento feriti. La sera stessa dell’attentato il Presidente del Consiglio, Alcide de Gasperi, telefona a Bartali incitandolo a vincere per distrarre e tirar fuori l’Italia dalla situazione in cui sta precipitando. Bartali è assolutamente motivato e vuole vincere, deve vincere. Davanti a lui c’è il colle d’Izoard, una salita di 16 Km al 7% che scollina a 2361 metri sul livello del mare. Il clima è rigidamente invernale. Sui tornanti di questa salita durissima, entrata nella leggenda del ciclismo, Bartali se ne va, con una serie di micidiali scatti che fanno il vuoto alle sue spalle. Lo sforzo, la sofferenza sono estremi, ma c’è l’assoluta volontà di vincere, di mantenere la promessa fatta a De Gasperi. Louison Bobet è in ritardo di oltre 19 minuti. Il 16 luglio, un’altra tappa di grande impegno. Anche qui Bartali è incontenibile e nessuno riesce a tenere la sua ruota. Finchè Bartali corona l’avventura con la maglia gialla in un clima di tripudio generale dell’Italia entusiasta e rasserenata. 8 dal liberty alla donna crisi di Marilli Rupi Nel 1875, a Londra, il commesso Arthur Lasenby Liberty si mette in proprio e apre un negozio al numero 218 di Regent Street. Vende arredamenti e soprammobili di provenienza, o di gusto orientale. Nasce da questo negozio il movimento artistico che prende il nome dal proprietario, “Liberty”, ma che si espande rapidamente nei paesi europei, dove, sospinto dal montante nazionalismo di quel periodo, prende altrettanti nomi diversi: Art Noveau in Francia, Jugen Stil in Germania, Sezessionstil in Austria, Styl Mlodej in Polonia, Nieuwe Kunst in Olanda, Modern Style in Gran Bretagna, Art Joven in Spagna, Floreale in Italia. In quegli anni, dal 1875 fino alla prima guerra mondiale, chiamati non per caso “belle epoque”, una minoranza elitaria vive in una atmosfera privilegiata di ricercatezze e raffinatezze, mentre l’Europa sembra avviata verso la stabilità e la pace. E “le magnifiche sorti e progressiste” delle trasformazioni industriali in corso sembrano promettere a breve benessere per tutti. Ma non sarà così. Il colpo di Sarajevo accende una smania suicida collettiva, classi intellettuali dominanti e potenti Imperi si gettano a capofitto nel baratro della guerra trascinandovi dietro popoli ignari. E, come una maledizione, il pozzo infernale dopo aver divorato cinque milioni di vite umane, si riaprirà di nuovo appena un ventennio più tardi. Nei decenni che precedono la guerra mondiale compaiono queste immagini cariche di attesa e di ambiguità, nelle quali 9 si può trovare la premonizione di quello che avverrà tra breve tempo. Dopo l’innesco del negozio “Liberty”, che azzera il rigore geometrico del neoclassicismo e lo sostituisce con le linee ambigue e sfuggenti e i riferimenti fluidi e naturalistici della cultura orientale, con la contemporanea diffusione delle produzioni industriali, si avverte l’esigenza di introdurre una ideologia estetica per questi nuovi processi; e le immagini generate dal “Liberty” si ritrovano a interpretare questo tentativo e finiscono col rappresentare il primo esempio di “industrial design”, che così importante rilievo assumerà negli anni futuri: la linea come espressione di forza e di dinamismo, il colore come simbolo di vitalità, la forma come veicolo di comunicazione e di cultura. All’inizio si tratta di una produzione raffinata, destinata ad una clientela limitata e assai ricca, l’alta borghesia che detiene gli archetipi delle immagini suggestive. Nitore e astrattezza, sinuosità e simbolismo, sono 10 le cifre di questa estetica impalpabile ed evanescente. Ma sono categorie che concludono un tempo che non tornerà, più di riferirsi ad un passato sembrano appartenere ad un futuro che non si è avverato. La storia ci racconta che per gli europei non ci fu “lascia-passare”. Le immagini della “belle epoque” non potranno tornare negli anni che seguiranno. Non potranno tornare dopo la Shoa e Hiroshima, non potranno tornare dopo i gulag e i campi di sterminio, non potranno tornare dopo Hitler e Stalin. L’immagine della “belle epoque” si chiude con la visione terribile della Medea che guarda se stessa. Nell’intervallo tra i flagelli delle due guerre, dalle fiorenti e vaporose madame della “belle epoque” si passa alla silhouette filiforme della donna-crisi, icona vivente del crollo del ‘29 costruita dal genio di Coco Chanel. 11 12 LA RUOTA DEGLI INNOCENTI di Fabio Massimo Fabrizio La Grecia di Solone ammette l’infanticidio. A Roma, i neonati non accettati sono abbandonati alla “columnia lactaria” dove, se non vengono raccolti da qualcuno per farne degli schiavi, sono destinati a di morire di inedia e di fame. Con il Cristianesimo, Costantino introduce la condanna a morte per l’infanticidio. Nel VI secolo, Giustiniano equipara l’abbandono all’infanticidio. La prima Ruota degli esposti nasce in Francia nel 1188 per iniziativa dei monaci. In Italia, nel 1198, Innocenzo III la istituisce nell’ospedale di S. Spirito di Roma. Nei secoli successivi, la Ruota si diffonde in Europa e, con il grande aumento demografico e il diffondersi della miseria, essa diverrà più che un modo per disfarsi dei figli, una soluzione per dar loro da mangiare. Il ricorso ad essa avrà una grande diffusione: a Milano, negli anni tra il 1845 e il 1864, nella Ruota della Pia Casa degli Esposti di Santa Caterina verranno abbandonati 85.267 bambini. Nel XIX secolo, con l’attenuarsi della povertà, si andrà verso l’abolizione della Ruota che in Italia si completerà nel 1923. Il 6 dicembre 2006 la Ruota sarà nuovamente installata al Policlinico Casilino di Roma, con il nome di “Culla della vita”; e l’iniziativa sarà imitata in altre città. Ovviamente si tratta di una ruota high-tech, con incubatrice incorporata, telecamera, trasferimento automatizzato, ecc Il numero dei neonati abbandonati è oggi assai elevato, tuttavia la gran parte di essi non passa per la Ruota perché la legge riconosce alla mamma che abbandona il figlio il diritto di anonimato. A Firenze, in piazza Santissima Annunziata, sotto il portico dell’Ospedale degli Innocenti, è visibile nella parte sinistra una finestra raggiungibile con tre scalini. Un tempo, all’interno c’era un tamburo di legno ruotante per i neonati abbandonati e ai lati una campanella. Sotto c’è una targa: “Questa fu per quattro secoli fino al 1875 la ruota degli innocenti segreto rifugio di miserie e di colpe alle quali perpetua soccorre quella carità che non serra porte” Papa Gregorio VII, Gengis Khan, Jean Jacques Rousseau sono esposti celebri. 13 I MAGNIFICI ANNI ‘60 di Aristarco de Pinolis Mi laureai dunque nel giugno del 1968 nella noiosissima facoltà di Ingegneria di Bologna, nella quale nulla di sessantottesco si era fatto minimamente sentire, neanche un giorno di sciopero, neanche un ripostiglio occupato. Trovato subito un lavoro in un’impresa di costruzioni, mi iscrissi tuttavia, per un qualche interesse culturale, alla facoltà di Architettura di Firenze dove, al contrario, regnava il pieno caos rivoluzionario e dove un breve sopralluogo bastò a farmi capire la necessità di aggregarmi passivamente a qualche gruppo di studenti che si sapessero districare nel caos. Mi inserii dunque in un nutrito manipolo composto di ben 192 colleghi, con i quali avrei partecipato agli esami di gruppo. Il primo di questi esami di gruppo verteva sul concetto di spazio e su questo concetto il manipolo produsse, del tutto a mia insaputa, un opuscolo di 70 pagine che, una volta stampato, mi venne prontamente consegnato. Non ricordo adesso di quale esame si trattasse, ma nulla sarebbe adesso più futile che preoccuparsi di questo, quasi a presumere un qualsiasi collegamento tra il nome dell’esame e i contenuti dello stesso. Venne dunque il giorno dell’esame, e, dalla mia città di provincia, mi recai puntuale a Firenze, in Facoltà, per sostenere la prova, fidando nella presenza degli altri 191 per mimetizzare la mia scarsa preparazione. Ma si fa presto a dire “in Facoltà”: giravo ogni angolo della Facoltà di Via degli Alfani, domandavo a ogni faccia stralunata notizie di quell’esame. Capannelli qua e là, ma nessuna traccia dei 191 e del relativo professore. Mi spostai allora da Via degli Alfani in San Marco, dove sapevo esservi altre delle membra sparse di quella Facoltà. Anche lì vaghissime tracce di una precedente attività accademica, ma nulla di quello che a me interessava. Il tempo trascorreva inesorabile, mi recai in una terza possibile sede, in Via Laura, ma tutto era inutile, scomparsi come nel nulla i 191. Ormai troppo tempo era trascorso, rassegnato e un po’ deluso ritornai nella mia città, avendo perduto inutilmente una mezza giornata di lavoro. La mattina dopo, la sorpresa. Un collega del gruppo mio concittadino mi esibisce il mio libretto, a lui precedentemente consegnato. L’esame c’era stato e, come tutti, anch’io avevo guadagnato un bel trenta, fisicamente scritto e realmente leggibile in una delle pagine. Sapevo che l’esame di gruppo aveva più democraticamente sostituito l’impegno individuale, sapevo anche che l’impegno dei volenterosi di un gruppo superava la reazionaria pretesa che nel gruppo ognuno dovesse impegnarsi alla stessa maniera, e che il voto doveva giustamente esser 14 dato secondo il bisogno anziché secondo il merito, ma io avevo raggiunto una ulteriore meta nella lotta democratica contro il potere. Avevo vinto contro l’odiosa tirannide dello spazio, contro la ridicola, reazionaria pretesa della Presenza, mi ero spinto oltre il trenta politico di un esame fasullo e avevo toccato il vertice rivoluzionario del non esame. Affacciato all’abisso del nulla, me ne ritrassi tuttavia, così che quello risultò essere il mio primo ed ultimo esame in quella facoltà. E tuttavia quando oggi, girando per cantieri, forse per il vestire sportivo e raramente rifinito di cravatta sono da taluno appellato “Architetto”, io vengo ancora assalito da un dubbio. Che cioè il gruppo dei 191, non avvertito della mia rinuncia, abbia proseguito imperterrito la propria virtuale corsa verso la laurea, accludendo ogni volta il mio libretto, ormai orfano di padrone ma corredato di numerosi concretissimi trenta (e perché no, non c’è limite all’ambizione, anche di qualche lode). Che anche lo stantio, reazionario rituale della tesi si sia così potuto espletare nell’assenza e che infine, in qualche cassetto della Segreteria di Facoltà giaccia, ingiallita, la pomposa pergamena della mia laurea in Architettura. Potenza creativa del 68 e dell’immaginazione al potere! Opuscolo identitario del gruppo “N” I nomi dei 192 studenti sono stati resi illeggibili 15 ARRICCHIAMO IL LINGUAGGIO Baccelliere Giovane aspirante all’ordine cavalleresco medioevale Balivo Rappresentante del potere centrale Basilisco Mostro spaventoso Bernesco Burlesco, giocoso Bleso Con difetti di pronuncia Boccascena Spazio del palcoscenico dove agiscono gli attori Bordone Bastone per pellegrinaggio Bruma Nebbia, leggera foschia Brachilogia Concisione ottenuta con eliminazione di parole Brago Melma, fanghiglia Bugliolo Secchio di legno Bulicame Sorgente di acqua termale Efebo Adolescente asessuato Erebo Inferno Glabro Liscio, senza peluria Gleba Zolla di terra 16 lA PIAZZA DEGLI ARANCI di massa I romani per spostarsi verso l’Europa occidentale devono attraversare i territori dei liguri dove incontrano popolazioni di origine celtica, molto bellicose. Dopo oltre 10 anni di scontri non risolutivi, nel 180 a.C. Roma prende una iniziativa definitiva: catturati i quarantamila liguri, “pedibus calcantibus”, li trasferisce nel Sannio. Contestualmente catturati altrettanti Sanniti, anch’essi assai turbolenti, li trasferisce al margine della Liguria. Con questo doppio trasferimento Roma ottiene tranquillità in ambedue le zone. Alcuni gruppi finiti nell’enclave della Lunigiana manterranno a lungo la loro particolare identità originaria. A ben guardare, si potrebbe oggi riscoprire, nel carattere forte e sanguigno dei carraresi e dei massesi, qualche riferimento alle caratteristiche delle attuali popolazioni dell’antica zona di provenienza. Nella piazza degli Aranci al centro di Massa ritroviamo il segno di un frutto, l’arancio, più tipico dell’Italia del Sud che della Toscana. 17 economia in spiccioli LA RECESSIONE E LE BANCHE simplicius La recessione ha provocato una netta diminuzione della domanda e dei consumi e, a cascata, la contrazione delle vendite, la riduzione della produzione, i licenziamenti dei lavoratori e, in un circolo vizioso di causa-effetto, di nuovo, la riduzione della domanda e dei consumi eccetera eccetera. Restano, per ora, fuori dalle conseguenze dirette della recessione i dipendenti e pensionati dello Stato e degli Enti pubblici, ma non i loro figli, né i loro eventuali risparmi immobiliari e la loro cartella delle tasse. I cosiddetti “lavoratori autonomi”, commercianti, artigiani, professionisti, subiscono invece diffusamente gli effetti della recessione. Chi vive a contatto del mondo meno fortunato sa che le ristrettezze e i casi di grave povertà aumentano. Ma chi è a contatto di un mondo una volta più fortunato, sa che le difficoltà e le chiusure delle aziende commerciali e delle imprese produttive, gli immobili sfitti, le attività in difficoltà sono in continuo aumento determinando gravi conseguenze economiche e in particolare la diffusione delle insolvenze. Gli effetti della diffusione delle insolvenze si propagano a catena, ma si accumulano particolarmente sulle banche. Per difendersi dall’insolvenza diffusa le banche pare abbiano adottato una strategia: - minimizzare i prestiti a privati e imprese 18 - recuperare sulle “commissioni”, cioè sui balzelli applicati alle varie transazioni La riduzione dei prestiti ai privati determina la riduzione dei consumi La riduzione dei prestiti alle imprese è spesso esiziale per le stesse imprese. In questa strategia, le banche sembrano essere aiutate dal Governo con le norme sulla limitazione dell’uso dei contanti, sull’obbligo della tracciabilità, sull’obbligo di conti correnti separati, sul divieto di girata che moltiplica il numero di assegni emessi eccetera. Del resto, le banche sono state aiutate anche in altri modi, ad esempio, con i cento miliardi che la BCE ha loro trasferito, o colpendo oltre ogni limite l’investimento sugli immobili, alternativo all’investimento finanziario. Mentre in altri campi il Governo non ha certo aiutato lo sviluppo: ad esempio, riducendo per i proprietari di immobili la quota forfettaria detraibile per la manutenzione dal 15% al 5%, ha scoraggiato il restauro delle facciate o il consolidamento delle strutture. E riducendo per i lavoratori autonomi con auto per lavoro la percentuale detraibile delle spese automobilistiche dal 40% al 20%, ha scoraggiato il cambio del veicolo. perplessità (estratto da Quattroruote Gennaio 2013) PERCHE’ MENTRE LE VENDITE DELLE AUTO LANGUONO IN TUTTA EUROPA, IN GRAN BRETAGNA IL MERCATO CONTINUA A CRESCERE? E non cresce di poco se è vero che l’Inghilterra ha scavalcato la Francia, conquistando il secondo posto a livello continentale, e che si avvia a chiudere l’anno sopra i due milioni di unità. I motivi? Sarà l’effetto Olimpiadi o meno, ma nel corso dell’anno l’economia britannica ha continuato a crescere. E poi, libere dai patemi della zona euro, le banche non hanno stretto i cordoni del credito. Tant’è che, in un mercato storicamente dominato dalle vetture aziendali, questa volta a spingere in su le cifre sono le vendite ai privati. 19 L’epidemia dell’obesità Roberto Vacca I grassi campano meno, ma mangiano di più - Stanislaw J, Lec (1909-1966) “Quanto sei bello grasso!” diceva a Carlo Levi, confinato a Eboli, la stregacontadina Giulia. Secondo alcuni l’idea di “grasso è bello” è preistorica. Chi aveva sfiorato spesso la morte per inedia, doveva sentirsi sicuro se diventava pingue. Le mogli obese erano segni di potere. I tesori, come nell’Ipogeo di Malta, erano vasche piene di cereali scavate nella roccia. Centinaia di secoli fa gli artisti scolpivano statuette di donne sformate dall’adipe. Se ne sono trovate in tutta Europa dalla Russia alla Sardegna e alla Sicilia. Le chiamano “veneri neolitiche”. Taluno suppone che rappresentassero dee come Cibele, la Grande Madre Anche gli antichi dovettero capire che si muove e respira male chi è molto grasso. I buongustai romani vomitavano appena pranzato e ricominciavano a mangiare. Dunque pensavano che grasso è brutto. Ippocrate disse che l’obesità è una malattia e favorisce altre malattie. Secondo un detto popolare turco “Chi mangia a stomaco pieno si scava la fossa con i denti”. I potenti medievali e rinascimentali erano spesso grassoni. Da un secolo si afferma l’ideale di una corporatura snella. Intanto, l’obesità si diffonde specie negli Stati Uniti. Alcune persone che hanno menti acute e sublimi, diventano obese per Alessandro dal Borro distrazione. Mio padre, Giovanni, storico della scienza, era alto 1,76 m e pesava 100 kg. Per la scarsità di cibo durante la guerra il suo peso scese a 76 kg - e la sua vita si allungò di un decennio. Nel 2008 un miliardo e mezzo di persone erano sovrappeso e, di questi, 500 milioni erano obesi. Già nel 1997 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) classificò l’obesità come un’epidemia. Ne adottò la definizione in base all’indice di massa corporea (IMC) proposto da A. Quetelet (1850) come IMC = peso (kg) / quadrato dell’altezza (m2) 20 IMC: Corporat < 18,5 sottopeso 18,5 - 25 normale 25 - 30 Sovrappr. > 30 obesità La tabella mostra gli intervalli dei valori dell’IMC corrispondenti alle varie corporature. Chi non voglia fare il calcolo, può usare il grafico seguente inserendo in ordinate il proprio peso in kg e in ascisse l’altezza in metri. La curva che divide l’area di peso forma da quella di sovrappeso corrisponde alla vecchia regola: “il peso giusto è di tanti kg – di quanti centimetri la tua altezza supera il metro nell’ipotalamo ove inibisce l’appetito. L’ormone grelina (scoperto nel 1999) stimola, invece, l’appetito. Sono noti (e discussi) vari protocolli di cure mediche mirate a eliminare l’obesità o, comunque, a controllare il peso corporeo. Su Internet vengono offerte decine di tipi di caffè e tè alla leptina. Garantiscono che fanno perdere parecchi chili di peso alla settimana. Secondo l’OMS obesità e sovrappeso sono al quinto posto fra le maggiori cause di morte: uccidono 2,8 milioni persone all’anno. Favoriscono il L’obesità è causata da uno squilibrio energetico fra le calorie consumate (dal cibo) e quelle spese con attività fisica. I nostri comportamenti sono influenzati molto dall’ambiente, cioè dalle abitudini dei familiari e delle persone con cui socializziamo. Contribuiscono all’eccessivo aumento di peso anche fattori genetici e disturbi endocrini. L’ormone leptina (scoperto nel 1994) influisce su recettori diabete, il mal di cuore ischemico e certi tipi di cancro. La gente diventa obesa perché, diventa dipendente da una alimentazione cerimoniale e compulsiva. Il meccanismo è analogo a quello che rende indispensabili le sigarette ai fumatori e la droga ai tossicodipendenti. C’è anche dipendenza patologica da alcol, sesso, lavoro, gioco d’azzardo, tifo sportivo, videogame, situazioni rischiose. 21 management. Inoltre altri piaceri sono ben più intensi di quelli del palato. Per essere snelli ci sono ragioni vitali. Il biologo L. Guarente del MIT avrebbe dimostrato che seguire una dieta ipocalorica estrema intensifica il metabolismo: così la durata della vita di certi animali da laboratorio cresce anche del 50%. Il Prof. C.D. Saper della Facoltà di Medicina di Harvard, sostiene che abbassare di mezzo grado la temperatura corporea anche senza seguire diete stringenti, allunga la vita del 10%. Occuparsi meno di cibo permette di aprirsi ad altri interessi e di perseguirli più a lungo perché si campa di più. Fernando Botero La dedizione smodata al cibo ha una grossa componente culturale. Gastronomi e sommelier passano per fari di cultura. E’ assordante il coro di chi parla, scrive, discute, trasmette programmi TV su bevande, cucina e sul gusto. Fanno lunghi discorsi su qualità, sapori, prezzi, genuinità, reperibilità. Io concordo con Moavia, il quarto Califfo, che disse: “Ho mangiato tanti cibi squisiti in vita mia, che ora mi accontento solo di pane secco.” Ma ci sono ragioni serie per non occuparsi troppo del mangiare. I discorsi in merito sono ripetitivi. Chi ce li infligge è più noioso di chi racconta i propri sogni. E poi il mondo è tanto più grande e interessante. Contiene arte, tramonti, romanzi, statistica, scienza, delitti, tecnologia, amore, perfidia, scuole, simpatia, artigianato, invenzioni, psicologia, imprese spaziali, musica, Venere di Willendorf Roberto Vacca, ingegnere, ricercatore ed apprezzato romanziere, è uno dei principali divulgatori scientifici italiani. I suoi scritti sono pubblicati in numerose riviste, sia scientifiche che d’opinione, ed è frequentemente ospitato da molti quotidiani, dall’Unità al Sole 24 Ore. I suoi libri possono essere acquistati presso il sito www.printandread.com 22 MODIGLIANI di Franco Moraldi Ebbe davvero una vita non comune, quel giovane Amedeo (Dedo per i livornesi e per la mamma, la francese Eugénie Garsin) anche se forse meno estrema di quanto, dopo la sua morte, testimonianze a metà fra esagerazione e leggenda l’hanno (è il caso di dire) dipinta. Livornese per l’appunto, di famiglia ebraica e borghese, da bambino si ammala di tubercolosi: furono probabilmente questi problemi che anni dopo gli impedirono di continuare a scolpire teste arcane nel marmo (ed a respirarne la polvere); bisognerà aspettare ottanta anni prima che qualche burlone (livornese, e di dove altrimenti?) riprenda per suo conto il lavoro… La sua iniziale esperienza di scultore si ritroverà anche nella pittura, ad esempio l’ assenza delle pupille negli occhi, tipica dei manufatti di marmo, si ritroverà frequentemente nelle successive pitture. E Modì spiegava questa assenza dicendo alla persona da ritrarre che “quando conoscerò la tua anima dipingerò i tuoi occhi”. 23 La salute malferma accompagnerà Modigliani per tutta la vita, ma Amedeo non è proprio un “bamboccione”: non ha ancora 20 anni quando lascia casa, prima per studiare Belle Arti a Venezia (e qua comincia a frequentare hashish e spiritismo) e ne ha 22 quando si trasferisce a Parigi, ove troverà il proprio habitat ideale nel quartiere di Montparnasse, assieme a Picasso, Chagall, Utrillo; è il periodo in cui Modigliani diventa davvero un personaggio romanzesco: vero e proprio dandy, con giacche di velluto, cappelli a larghe falde e foulard coloratissimi, intreccia storie di amore con artiste e letterate, dipinge nudi femminili con così forte carica erotica da far intervenire un commissario di polizia che intima al gallerista di togliere i dipinti dalla vetrina (salvo poi acquistarne qualcuno, non per investimento, ma per aiutare in qualche modo lo spiantato autore); è un artista che nottetempo si reca in una vicina stazione del metrò in costruzione per “rifornirsi” di marmo o in una stazione ferroviaria per “recuperare” traversine di legno da scolpire (che sia stato questo il motivo della forma allungata che caratterizza le sue opere?) Accadeva poi che quasi ogni notte entrasse nei bistrot, si avvicinasse ai clienti presentandosi con un “sono Modigliani, ebreo, 5 franchi”, li guardasse fissi e, quasi ipnotizzandoli (ci fu chi ebbe a dire che il suo sguardo “spogliava l’anima” o anche che poteva “indovinare i pensieri, vedere i sogni altrui”), cantarellando, ne schizzasse velocemente il ritratto che poi vendeva per un bicchiere di Pernod o, per l’appunto, per 5 franchi, necessari anche per l’acquisto di alcool o altri paradisi artificiali. Sarà stato ancora una volta il destino a far sì che il diminutivo che lo identificò, 24 Modì, suoni simile a “maudit”, maledetto, in francese? Ancor’oggi quei volti dipinti in condizioni così particolari riescono a trasmettere la personalità delle donne e degli uomini ritratti: chissà quanti altri disegni sono rimasti nascosti, in aggiunta alle circa 400 opere catalogate; non dovrebbero essere pochi, vista la amplissima produzione: ogni sera ad esempio ne regalava uno a madame Rosaliex, buona donna che lo sfamava con un piatto di minestra calda. Un romanzo con lieto fine farebbe entrare ora in scena l’amore della vita, che riporta la storia sul binario della normalità: Modigliani trova in effetti l’amore in Jeanne Hebouterne, pittrice incontrata ad un ballo in maschera, che gli darà una figlia, anch’essa chiamata Jeanne. Ma siamo italiani, la nostra patria è quella del melodramma o, più semplicemente, era scritto nel destino che quel bambino non fosse mai sereno a lungo (un amico gli disse che “bruciava vita per accendere pittura”): il tragico cocktail fra salute, alcool e droghe ebbe la meglio su di lui, facendolo morire a soli 36 anni. Tutto è finito? No, c’e’ ancora il tempo per un ultimo colpo di scena: 25 la compagna Jeanne che si suicida all’indomani della morte di Amedeo, gettandosi dalla finestra della casa dei genitori, un quinto piano, e portando con sé anche il secondo figlio del pittore che avrebbe visto la luce di lì a qualche settimana. Questo quindi la vita aveva in serbo per quel ragazzino dagli occhi sorridenti, che diventò un pittore famoso più all’estero che in patria, amatissimo in Francia e in America. Questo suo respiro internazionale, assieme al suo essere israelita ed avere un fratello deputato socialista fu causa di una iniziale fredda critica durante il fascismo. 26 ZAIRE 1974 di Cosimo Damiano Nicoletti Nel 1974 i mondiali di calcio si disputano in Germania Ovest e vedono l’Italia vicecampione del mondo nella veste di favorita insieme ai padroni di casa, potendo contare su fuoriclasse del calibro di Zoff, Facchetti, Rivera, Mazzola, Riva… e venendo da una lunga serie di partite disputate in modo impeccabile. Il portiere Dino Zoff, tanto per dire, inizia il mondiale con un’imbattibilità di oltre 1000 minuti, che verrà tristemente infranta già nella prima partita dal goal del carneade Sanon, centravanti della “temibile” compagine di Haiti… che sfugge all’intera retroguardia azzurra e tratteggia una delle pagine più cupe della storia della nazionale (insieme al goal del dentista coreano Pak Doo Ik nel 1966). L’Italia contro Haiti vince in rimonta 3 a 1, ma viene comunque eliminata al primo turno. Il torneo mondiale continua nel segno del calcio totale praticato in modo incantevole dalla meravigliosa Olanda di Crujff, che si arrende solo in finale ai tedeschi dell’ovest (come accadrà anche nel 1978 con l’Argentina e in SudAfrica contro la Spagna nel 2010). Nel 1974 al campionato del mondo vengono iscritte solo 16 squadre (la metà di quelle odierne…) ed al continente africano ne spetta solo una, reduce da qualificazioni estenuanti e selettive. La rappresentanza del continente nero nel 1974 la conquista lo Zaire, vincitore anche della coppa d’Africa e prima squadra subsahariana ad accedere alla fase finale, preceduto dalla curiosità degli appassionati che vogliono appurare la veridicità dei progressi del calcio africano. I Leopards, maglia verde con tripla striscia gialla, vengono inseriti in un girone difficile con i campioni del mondo uscenti del Brasile, la Scozia e la Jugoslavia. La prima partita li vede impegnati contro la Scozia e termina con la vittoria per i britannici per 2 a 0, ma nel match successivo contro la Jugoslavia serve il pallottoliere: finisce 9 a 0 !!! Il dittatore Mobutu perde le staffe e fa sapere alla squadra che nell’ultima partita del girone, proprio quella contro il Brasile non tollererà una sconfitta con più di tre goal di scarto, con annesse minacce di pene corporali. E’ con questo crescendo di tensione, forse, che può trovare spiegazione quello che accade verso la fine della partita Brasile-Zaire. Mancano solo 5 minuti alla fine ed il risultato è già assestato sul 3-0, garantendo sia la qualificazione del Brasile che la salvezza fisica dei Leopards, quando l’arbitro ravvisa il fallo di un difensore dello Zaire e concede una punizione a favore del Brasile proprio 27 dal limite dell’area. Sulla palla va Rivelino, il numero 10 verdeoro, famoso per la precisone e la potenza del suo calcio da fermo e l’incubo per i giocatori dello Zaire inizia a materializzarsi. I secondi passano interminabili in attesa del fischio dell’arbitro e in quel mentre Ilunga Mwepu, difensore dei Leopards, pensando a tutto quello che sarebbe potuto accadere se Rivelino avesse indovinato la traiettoria giusta, vede d’incanto materializzarsi la sagoma del dittatore Mobutu e le sue minacce e...: Ilunga Mwepu parte dalla propria barriera e corre verso il pallone tra gli sguardi increduli di compagni ed avversari e le espressioni sbigottite degli spettatori … ma lui va, folle ed irrefrenabile, colpisce il pallone forte e sbilenco e lo manda oltre la linea di metà campo… Il cartellino giallo sventola a sancire la sacrosanta ammonizione per “comportamento non regolamentare”, ma in realtà Ilunga Mwepu ha appena finito di scrivere un episodio epico ed indimenticabile di un calcio decisamente di altri tempi. Se volete vedere il video del difensore Ilunga Mwepu che corre sul pallone pronto per il tiro di punizione e lo calcia dalla parte opposta, cliccate su link sottostante: http://www.youtube.com/watch?v=aYDXkVGpMpc Nuovo stadio della Juventus 28 Vecchie signore 1933 Pierce Arrow Silver Arrow 1938 Alfa Romeo 8C2900B 1938 Delahaye 165 Figoniet Falaschi Cabriolet 29 1936 Delahaye 135 Competition Court Figoniet Falaschi Coupe 1936 Delahaye 135 Figoniet Falaschi Torpedo Cabriolet 1938 Talbot Lago T150C Figoniet Falaschi Teardrop 30 la pioggia nel Pineto (stralcio) Gabriele D’annunzio Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione. Il padre di Gabriele si chiama Francesco Paolo Rapagnetta, ma Gabriele capisce che con quel cognome non potrà mai diventare un vero vate, e inventa che suo padre è stato adottato da una sorella della madre Rita, Anna Lolli sposata in seconde nozze con un certo Antonio D’Annunzio. E così si auto-nomina in modo assai più appropriato all’immagine che intende propalare di sé: Gabriele D’Annunzio. 31 CLUB PER IL BRIDGE IN TOSCANA ABBADIA S. SALVATORE M.PREZZOLINI Piazzale Michelangelo, 25 0577/778100 CHIMERA BRIDGE A.BEDINI AREZZO via Fiorentina, 4 0575/370390 BRIDGE CARRARA C.SARTORI MARINA CARRARA via volpi, 34 LUX BRIDGE PESARO S.LUCENO’ MARINA CARRARA via volpi, 34 333/3678874 CHIANCIANO-CHIUSI L..BECHERINI Viale Vittorio, 93 349/4500560 QUADRI LIVORNO V.PANICHI Via S.Jacopo, 111 0586/375150 EMPOLI BRIDGE P.SALVADORI SOVIGLIANA viale Togliatti, 157 0571/902083 BRIDGE VIAREGGIO R.FERRARI via Marco Polo, 2 CIIRCOLO ELBA BRIDGE M.CHIESA PORTOFERRAIO via Gasperi, 41 BRIDGE. VALDARNO G.NANNICINI MONTEVARCHI P.za Garibaldi, 1 055/980022 CIRCOLO DEL BRIDGE FI A.BONIFACIO Via da Palestina, 33 055/3249215 BRIDGE VILLA FABBRICHE G.DEL BONO LUCIGNANO via Fabbriche, 2 02/58109988 SOLO BRIDGE GROSSETO A.FUSCO Via De Barberi, 108 BRIDGE IN ARMONIA 338 7251703 0584/960747 [email protected] Di Renato Belladonna e Flavia Vecchiarelli CORTINA Hotel Savoia (5 stelle) dal 3 al 10 marzo dal 21 luglio al 11 agosto GARDONE RIVIERA Hotel Gardone (4 stelle) dal 27marzo al 3 aprile ISCHIA Hotel Regina Isabella (5 stelle Lusso) dal 12 al 19 maggio dal 19 al 26 maggio dal 22 al 29 settembre OSTUNI Masseria Santa Lucia (4 stelle) dal 15 al 22 giugno dal 28 luglio al 4 agosto EOLIE CROCIERA SUL DANUBIO Hotel Therasia (5 stelle) dal 23 al 30 giugno dal 7 al 14 luglio 32 IL DECALOGO PER CHI VUOLE COLLABORARE • Molto richiesti articoli su persone, cose, eventi minori fiorentini e toscani passati, perché finalità del Vasariano, è anche quella di costituire e diffondere un deposito di memorie cittadine • Gli articoli devono essere lunghi una pagina-una pagina e poco più word carattere 12. 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