La razza come mito 2. Rousseau: l'innocenza del selvaggio Lezioni d'Autore Il riconoscimento dell’identità dei selvaggi Identità dei selvaggi al confine tra natura e cultura, tra primitivismo e storia. Analisi svolta senza la proiezione di una condizione edenica di felicità incontaminata. L’autentica natura umana viene alterata in seno alla società: la disuguaglianza non esiste per natura, è un prodotto del progresso ed è legittimata dalle leggi. La vita sociale fa sì che prevalga il modo in cui si appare sul modo in cui si è, l’artificio sulla natura, la ragione sull’emozione: così occulta e corrompe il vero essere dell’uomo. Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini, 1754 (1/2) “Finché gli uomini si sono accontentati delle loro rustiche capanne […] finché si sono applicati soltanto a opere che un uomo poteva fare da solo […] sono vissuti liberi, sani, buoni e felici […] Ma dal momento in cui un uomo ebbe bisogno dell'aiuto di un altro, non appena ci si accorse che poteva esser utile ad un solo uomo di avere provvigioni per due, l'uguaglianza scomparve, si introdusse la proprietà, il lavoro divenne necessario e le vaste foreste si mutarono in campi […] bagnati dal sudore degli uomini e in cui si vide ben presto la schiavitù e la miseria germogliare e crescere insieme alle messi”. Immagine tratta dal sito www.bm-lyon.fr L’uomo incontaminato dalla società… L’uomo originario è tutto ciò che non è l’uomo sociale, è molto vicino alla condizione animalesca, ma non per questo completamente privo di istinti sociali, che si esprimono nell’amore di sé e nella pietà verso i propri simili. Hobbes sbaglia a far risalire alla stessa natura umana caratteri quali l’egoismo e la belligeranza, poiché la condizione di usurpazione e sopraffazione è propria dell’uomo civile. …Il progressivo deterioramento della sua natura Isolato e solo l’uomo non è cattivo né buono. La legge naturale nello stato dell’uomo originario non è data dalla ragione, che non esiste ancora, né esiste la moralità poiché il bene e il male presuppongono una vita fatta di relazioni. Immagine tratta dal sito www.farwest.it Ineguaglianza naturale e ineguaglianza morale L’uomo è un agente libero, esercita una volontà e una scelta; la sua capacità di perfezionarsi causa la sua rovina: essa lo rende capace di procurarsi delle comodità che diventano bisogni e che rendono necessario lavorare. Dal lavoro nasce la necessità di possedere la terra che si lavora, quindi la proprietà (che non è naturale) e l’organizzazione sociale necessaria a difenderla. La debole ineguaglianza naturale è sostituita da una sempre più accentuata ineguaglianza morale. La difesa dei selvaggi Incoerenza nel voler applicare al selvaggio, di cui si riconosce la naturalità, la categoria del malvagio (come sostiene Hobbes), nozione tratta dall’istituto morale e giuridico europeo. Il selvaggio è trattenuto dal compiere il male da un istinto che condivide con gli animali, quello della pietà per i propri simili, che è all’origine di tutte le virtù sociali (generosità, indulgenza). Grazie alla pietà, l’uomo soccorre senza riflettere colui che vede soffrire la pietà adempie, nello stato di natura, la funzione di legge e di virtù. I ‘selvaggi’ tra storia e preistoria Le popolazioni indigene incontrate dagli europei: tra la preistoria dell’umanità e l’inizio della storia civile. Brutalità e ferocia di alcuni costumi stadio in cui diventano giudici e vendicatori delle offese e non più inclini alla pietà. Vivacità delle relazioni sociali e comunitarie allontanamento dallo stato di natura. Non conoscono ancora il ferro e il grano proprietà privata allontanamento dallo stato di natura. La loro condizione permette un confronto e un’autocritica sul destino della civiltà. Americae pars quarta, a cura di Theodor De Bry, Francoforte, 1594, dal sito www.comunicarelascoperta.bibliotechedigenova.it Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini (2/2) “L'esempio dei selvaggi, quasi tutti sono stati trovati fermi a questo stadio, sembra confermare che il genere umano era fatto per restarvi sempre, che questa condizione costituisce la vera giovinezza del mondo e che tutti i successivi progressi, se sono stati in apparenza altrettanti passi verso la perfezione dell'individuo, in realtà hanno portato verso la decrepitezza della specie”. FINE Lezioni d'Autore