La luce nell’arte
Mito e Cosmologia
La cultura greca sviluppa il tema del fulgore della luce attraverso l'identificazione
oro-divino e lo esprime con particolare veemenza nei racconti mitologici legati
alle figure di Elio, Eos e Zeus. Tuttavia tutte le divinità mostrano evidenti legami
con la luce, che diviene simbolo della ierofania del sacro. Zeus, infatti, vive insieme
agli altri dei nel palazzo edificato con “oro, elettro, argento e avorio” (Odissea, IV,
73) situato sulla sommità dell'Olimpo, oltre le nubi d'oro. L'edificio è rilucente e
possiede sedili e pavimenti d'oro. L'uomo greco, pertanto, identifica lo splendore
riflesso dai materiali naturali con la presenza delle divinità. In questa
imprescindibile unione, che lega materia e raffigurazione, trova origine l'uso di
dorare le statue bronzee, marmoree o lignee. Tra le molte sculture conosciute, la
più nota è forse quella raffigurante Zeus collocata ad Olimpia e descritta da
Pindaro, il quale la attribuisce a Fidia. A Delfi, invece, era conservata la grande
statua dedicata ad Atena descritta da Pausania, mentre ad Atene gli scavi
archeologici hanno rilevato l'esistenza di un'imponente statua di Atena con i
riccioli d'oro.
L'uso dell'oro, che per Euripide portava in sé la luce divina della chiarezza di Zeus,
viene ripreso dalla cultura romana, la quale lo traspone con immediatezza
nell'iconografia di Apollo, arricchendo di significati le raffigurazioni della
quadriga d'oro di Elio.
Ipotesi ricostruttiva del fronte orientale del
Partenone, disegno di A. Piccard
Con l'avvento al potere di Eliogabalo ed Aureliano si sviluppa la tendenza ad
identificare il culto solare con quello dell'imperatore, tendenza che trova una delle
sue massime espressioni nel Colosso neroniano. Esso viene fatto costruire da
Nerone e consiste in una gigantesca statua dell'imperatore completamente
ricoperta d'oro, i cui elementi iconografici sono direttamente connessi ai sette
raggi solari di Elio. La cultura romana rimase dunque indelebilmente segnata dalla
presenza di questa imponente statua, la cui matrice è da ricercare nel Colosso di
Rodi, realizzato in bronzo dorato e raffigurante ancora una volta il dio del Sole.
L'immaginario collettivo degli abitati di Roma rimase fortemente influenzato
dalla simbologia e dall'imponenza del Colosso neroniano, che diede
probabilmente il nome all'anfiteatro Flavio (Colosseo).
La ierofania luminosa del “sacro romano” trova una delle sue massime espressioni
nell'asse cosmico realizzato all'interno del Pantheon. Esso pone in relazione lo
spazio della vita degli uomini, del quale il tempio è centro assoluto, e l'empireo
abitato dagli dei, che irradiano della loro presenza il tempio, grazie alla luce che
penetra attraverso il loculo centrale e si riflette e rifrange nella cupola
cassettonata o a lacunari. In questo modo il Pantheon diviene idealmente il centro
del mondo che fa riferimento ad un'universalità religiosa basata su un'unità
politica ed antropologica e che scenograficamente si esprime attraverso
l'abbagliante irruenza della luce naturale.
La Meta Sudante, l'Arco di Tito, il Tempio di
Venere e Roma e il Colosso neroniano in una
ricostruzione di Ernest-Georges Coquart
Athena Parthenos, ricostruzione grafica di C.
Praschniker
Veduta dell’interno del pantheon, Romar
Scarica

poster 2