LA MISURAZIONE DEL
CAPITALE SOCIALE: EVIDENZE
DA UN’ANALISI SUL
TERRITORIO ITALIANO
Giacinto Micucci e Giorgio Nuzzo*
1.
Introduzione
Il capitale sociale si è affermato come tema di grande attualità nelle
scienze sociali. A volte utilizzato come sinonimo di civicness (Putnam
1993), di fiducia (Granovetter 1985), di “regole culturali non scritte a chiare
lettere” (Fukuyama 1994), il concetto è stato poi gradualmente esteso per
cogliere varie dimensioni culturali, politiche, infrastrutturali e ambientali1 .
Inizialmente elaborato in sociologia, poi diffusosi nelle scienze
politiche, il capitale sociale ha assunto più di recente una crescente
importanza nella letteratura economica, affiancandosi al capitale tecnico e al
capitale umano. L’ottima performance delle piccole e medie imprese
insediate nei distretti industriali italiani, in particolare, è stata ricondotta
anche alle virtù civiche e sociali delle comunità di appartenenza (Bagnasco
1977; Becattini 2000).
L’impiego del concetto di capitale sociale in economia ha posto il
problema della sua “misurazione”, che ha attirato le critiche di altri rami
delle scienze sociali, per i quali la sua traduzione quantitativa è compito
almeno arduo, se non del tutto irrealizzabile. Solow (1999) ha sostenuto che
il capitale sociale per meritarsi l’appellativo di “capitale” e non scadere in
una semplice espressione alla moda, deve essere suscettibile di misurazione
mediante dati empirici condivisi dalla comunità dei ricercatori. Ma, come
osservato da Chiesi (2001), “se gli economisti prendono sul serio l’idea che
__________
*
1
Rispettivamente Filiale di Ancona e Filiale di L’Aquila della Banca d’Italia. Gli Autori desiderano
ringraziare Luigi Cannari, Giovanni D’Alessio, Guido De Blasio, Valter Di Giacinto, Luigi Guiso,
Massimo Omiccioli, Luigi Federico Signorini e Sandro Trento per gli utili suggerimenti. Maria
Letizia Cingoli ha fornito una preziosa assistenza editoriale. Le opinioni espresse e gli eventuali
errori commessi sono esclusivamente attribuibili agli Autori e non impegnano in nessun modo
l’Istituzione di appartenenza.
Trigilia (2001) ha affermato che “l’estensione del concetto rischia di andare a scapito della sua
precisione analitica e del valore aggiunto che esso può dare allo studio delle dinamiche sociali”.
Bordogna (2002) invita a “farne un uso parsimonioso ed il più possibile circoscritto e determinato,
evitando che diventi un tipico concetto pigliatutto, sostitutivo di spiegazioni più circostanziate”.
2
Micucci Nuzzo
il concetto debba essere misurabile, per poter giustificare il termine adottato,
tra i sociologi il problema della misurabilità viene affrontato da diversi punti
di vista”. Secondo Bourdieu (1980) e Pizzorno (2000), infatti, la riduzione
del capitale sociale a una misura sintetica impoverirebbe la ricchezza di
significati del concetto.
Eppure le esigenze di misurazione del capitale sociale non possono
essere eluse. Il successo incontrato da uno dei lavori fondanti di questa
letteratura - “La tradizione civica delle regioni italiane” di Robert Putnam
(1993) - è dovuto anche alla presentazione di dati empirici. Lo sviluppo della
letteratura empirica necessita di una specificazione operativa delle ipotesi
della letteratura teorica sul capitale sociale 2 .
L’individuazione non ambigua di misure del capitale sociale è assai
complessa, poiché la descrizione che ne hanno fornito i contributi teorici è
non univoca, multidimensionale e prevalentemente qualitativa. La scelta
delle variabili, essendo ispirata da una letteratura così fortemente qualitativa
e ricca di sfumature, corre il rischio di essere arbitraria. Per questa ragione,
ogni tentativo di misurazione deve essere circondato da molta cautela
nell’interpretazione dei risultati.
Gli obiettivi di questo lavoro sono essenzialmente tre: i) individuare e
discutere criticamente le variabili statistiche che possono misurare i vari
aspetti del capitale sociale, alla luce delle acquisizioni della teoria; ii)
connotare, utilizzando opportune tecniche statistiche, la “geografia del
capitale sociale” in Italia, andando oltre un’analisi condotta per singoli
aspetti, cercando così di tenere nella debita considerazione la complessa
varietà del fenomeno e nel contempo fornirne una lettura sintetica; iii)
utilizzare gli indicatori sintetici così ottenuti al fine di stabilire alcune
correlazioni con fenomeni economici. Nelle attese a priori, il capitale sociale
dovrebbe esser particolarmente abbondante nelle aree dove si sono affermati
i distretti industriali.
Avendo a mente questi obiettivi – e anche le cautele interpretative che
essi richiedono - il lavoro è strutturato come segue. Il secondo paragrafo
propone una rassegna della letteratura teorica ed empirica sul capitale
sociale. Nel terzo paragrafo viene presentata un’elencazione delle variabili
proxies del capitale sociale che verranno utilizzate per le elaborazioni
__________
2
Serageldin (1999), uno dei responsabili dello “Special Program – Social Capital Initiative” della
World Bank, ha affermato: ”The challenge of development agencies such as the World Bank is to
operationalize the concept of social capital and to demonstrate how and how much it affects
developments outcomes”.
3
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
statistiche, rimandando per il dettaglio all’appendice. Il quarto paragrafo
contiene una prima analisi per componenti principali su questa ampia base
dati – in versione sia statica sia dinamica – con l’obiettivo di fornire una
“misurazione” del capitale sociale a livello regionale. L’analisi viene
replicata, nel quinto paragrafo, su un nucleo ristretto di variabili, avendo
eliminato quelle che avevano mostrato una debole capacità esplicativa e/o il
cui inserimento come proxies del capitale sociale poteva dare adito a
maggiori critiche. Nel paragrafo successivo l’analisi è stata condotta al netto
dell’influenza del reddito; si propone anche un primo tentativo di
misurazione del capitale sociale su base provinciale, ostacolato però dalla
carenza dei dati a tale livello territoriale. Chiudono le conclusioni, che
suggeriscono alcune linee per future ricerche.
2.
Una rassegna della letteratura
2.1
La letteratura teorica: capitale sociale e sviluppo locale
Il ricorso a fattori non economici per spiegare l’intensità e le modalità
dello sviluppo economico ha una lunga tradizione che parte dalle ricerche di
Weber e Durkheim. In questo filone di analisi, si è inserita l’introduzione del
concetto di capitale sociale. Tra i primi contributi di rilievo in materia,
Bordieu (1980) ha definito il capitale sociale come la rete di relazioni di
mutua conoscenza o riconoscimento possedute da un attore sociale,
riconducibile a una risorsa individuale.
Coleman (1990), facendo riferimento alla teoria dei costi di
transazione e mantenendosi fedele all'individualismo metodologico, ha
definito il capitale sociale come una risorsa, costituita consciamente e
inconsciamente, che, insieme ad altre, si può utilizzare per meglio perseguire
i propri fini. A livello aggregato, il capitale sociale si concretizza in
caratteristiche strutturali e normative di un determinato sistema sociale.
Coleman ha spiegato le ragioni dell’impiego dei due termini “capitale”
(risorse che rendono possibile la produzione e in cui gli individui possono
investire razionalmente) e “sociale” (la sua accumulazione dipende
dall’azione di diverse persone).
L’analisi condotta da Putnam (1993) ha reso maggiormente conosciuta
un’accezione di capitale sociale come risorsa della collettività e identificato
con “le caratteristiche della vita sociale – reti, norme, fiducia – che mettono
in grado i partecipanti di agire più efficacemente nel perseguimento di
4
Micucci Nuzzo
obiettivi condivisi” (Putnam 2000). Fukuyama (1994) ha accentuato la
natura fiduciaria del capitale sociale 3 .
Anche varie istituzioni internazionali hanno fornito definizioni del
capitale sociale. L’OCSE definisce il capitale sociale come “networks
together with shared norms, values and undestandings that facilitate cooperating within or among groups” (Cote e Healy 2001). La World Bank
fornisce una definizione in forma più estesa: “social capital refers to the
institutions, relationship, and norms that shape the quantity of a society’s
social interactions […] Social capital is not just the sum of the istitutions
which underpin a society – it is the glue that holds them together”.
Gran parte della letteratura socio-economica sul capitale sociale ne
sottolinea i vantaggi economici che dipenderebbero dal fatto che
l’interazione sociale genera almeno una delle tre esternalità seguenti: facilita
la trasmissione della conoscenza circa il comportamento degli altri soggetti,
riducendo il problema dell’opportunismo; aiuta la trasmissione della
conoscenza circa la tecnologia e i mercati, riducendo i fallimenti
“informativi” del mercato; facilita l’azione collettiva (Collier 1998).
Secondo Arrighetti e Raimondi (2001) il capitale sociale è un
indicatore dell’assenza di ostacoli rilevanti all’azione collettiva, piuttosto che
un fattore in grado di per sé di suscitare progetti cooperativi in ambito
economico. La loro analisi pone l’enfasi sul ruolo dell’iniziativa istituzionale
e dell’associazionismo economico, in quanto, dal loro punto di vista,
l’azione collettiva sarebbe maggiormente ostacolata da difficoltà nel
coordinamento piuttosto che dal free riding.
Una nozione che a volte viene confusa e sovrapposta a quella di
capitale sociale 4 è quella di beni relazionali. Questi vengono
prevalentemente intesi come beni capitali intangibili (Gui 1995) che
giacciono nelle relazioni interpersonali tra soggetti e che aiutano la
combinazione ottimale degli input produttivi. I beni relazionali
permetterebbero una maggiore produttività rispetto a quella che i medesimi
__________
3
4
Fukuyama (1994) definisce il capitale sociale come “un insieme di valori o norme non ufficiali,
condiviso dai membri di un gruppo, che consente loro di aiutarsi a vicenda. Se le persone giungono a
ritenere che gli altri si comporteranno in modo affidabile e onesto, tra loro si instaurerà fiducia. La
fiducia è paragonabile a un lubrificante che accresce l’efficienza di qualsiasi gruppo e
organizzazione”. Tutte le società disporrebbero di un certo quantitativo di capitale sociale; le vere
differenze riguarderebbero, quindi, il “raggio di fiducia”, ossia l’ampiezza del gruppo sociale che
condivide un medesimo sistema di regole.
Per un approccio economico che spiega su base individuale il processo di creazione del capitale
sociale si veda Glaiser et al. (2001).
5
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
individui con le medesime dotazioni di capitale fisico e umano otterrebbero
operando da soli o in un contesto differente. Un effetto economico positivo
avverrebbe solo nel caso vi sia la consapevolezza e la capacità di attivare
queste relazioni positive (Fondazione Giacomo Brodolini 1997).
Su questo filone di analisi, Paganetto e Scandizzo (2001), utilizzando
modelli di massimizzazione strettamente ancorati ad un presupposto
utilitarista, ipotizzano l’esistenza di beni (per i consumatori) e input
produttivi (per i produttori), di cui gli agenti hanno bisogno e che possono
ottenere solo attraverso una transazione gratuita da parte di un altro. L’attesa
di un ricambio all’attività di dono implica per agenti razionali l’opportunità
di avere una funzione di utilità che comprenda anche i costi delle liberalità e
le aspettative e i relativi benefici di ricevere doni. Gli Autori, risolvendo il
modello di massimizzazione della modificata funzione di utilità, sostengono
la possibilità del raggiungimento di un equilibrio di Nash, cooperativo, con
esternalità di rete e non necessariamente dominato da un’economia di
comando. Ne deriverebbe la possibilità che integrazioni di rete (come
nell’ambito dei distretti industriali) siano preferibili ad un’integrazione
verticale qualora i vantaggi della prima (cooperazione e esternalità di rete)
siano superiori a quelli della seconda (riduzione dei costi di transazione e
migliore allocazione delle risorse).
Ad analizzare il capitale sociale è stata non solo una letteratura
teorica, ma anche importanti contributi di storia economica e empirici, in
particolare nell’ambito della letteratura distrettuale e dello sviluppo locale
italiano.
Putnam (1993), in un’analisi sulle regioni italiane, ha individuato una
relazione positiva tra il senso civico e il rendimento delle istituzioni e attraverso quest’ultimo - lo sviluppo economico. Ricordando la concezione
marshalliana dei distretti, i cui vantaggi dipendono in larga parte da
economie esterne, Putnam (1993) ha evidenziato come tali economie siano
dovute alle regole di reciprocità e di senso civico che facilitano la diffusione
delle innovazioni nei distretti. Si è così ipotizzato che la struttura sociale
della “Terza Italia”5 abbia favorito la creazione di distretti perché "il capitale
sociale facilita lo sviluppo delle conoscenze tacite come risorsa competitiva
in quanto favorisce la circolazione delle informazioni e i rapporti fiduciari
all'interno delle imprese e tra le imprese” (Trigilia 2000).
__________
5
Si veda Bagnasco (1977).
6
Micucci Nuzzo
Caratteristica propria dei distretti sarebbe d’altra parte, secondo
l’analisi di Becattini (2000), proprio il “modo con cui si accoppiano le
variabili socioculturali (valori, istituzioni e sapere diffuso) con quelle più
strettamente economico-produttive (disponibilità di capitale, sapere
scientifico-tecnico, ecc.)”.
Parte della letteratura sulla teoria dei giochi (Kreps 1990) afferma, che
una soluzione cooperativa diventa più facile quando gli agenti si aspettano di
dover interagire spesso in futuro; cosa che accade più frequentemente in
ambito distrettuale. Ciò avverrebbe per agenti con un orizzonte di aspettative
di rendimenti a lungo termine per l’opportunità di guadagnare reputazione.
Si presume, inoltre, che un eventuale atteggiamento sleale verrebbe
conosciuto dagli altri agenti; cosa più probabile nei distretti per la prossimità
fisica degli operatori economici. Nell’ultima transazione, tuttavia, gli agenti
sarebbero indotti, secondo questo schema, a adottare un comportamento
sleale. Per risolvere questa questione, lo stesso Kreps (1990) ricorre a sistemi
sociali/culturali (anche civicness) che inducono l’impresa a un atteggiamento
cooperativo.
Leonardi (1995) ha enfatizzato, inoltre, come nel caso italiano si siano
prodotte due tipologie di sistemi sociali, non sempre completamente
corrispondenti alla ripartizione geografica tra il Nord e il Sud: l’uno basato
sul capitale sociale in grado di produrre pressione sulle istituzioni in modo
da indurle a produrre beni collettivi; l’altro, invece, che si basa sulla
prevalenza dell’interesse privato rispetto a quello pubblico (familismo
amorale à la Banfield 1956) che non incentiverebbe le istituzioni a superare i
fallimenti dell’azione collettiva.
La letteratura non è però unanime nel rilevare una relazione sempre
positiva tra capitale sociale e sviluppo economico.
Portes e Landolt (1996) hanno identificato quattro principali critiche o
punti di connessione deboli nella relazione tra capitale sociale e sviluppo
economico: i) la dotazione di capitale sociale di qualcuno non sempre
apporta un miglioramento al benessere della collettività, ma può andare a
discapito di qualcun altro; ii) occorre specificare il fine per cui si coopera
(esempi di casi perversi: lobbies, mafia, accordi di cartello) 6 ; iii) le
obbligazioni verso il gruppo possono andare a discapito della creatività
__________
7
Anche Olson (1982) ha discusso gli ostacoli allo sviluppo economico posti da forme di
associazionismo che mirano alla restrizione della concorrenza.
7
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
individuale 7 ; iv) il legame sociale e la solidarietà possono portare alla
redistribuzione della ricchezza assorbendo eventuali surplus finanziari
necessari per investimenti.
Secondo Trigilia (2001), inoltre, il capitale sociale si comporrebbe di
molteplici aspetti e le conseguenze sullo sviluppo del territorio sarebbero di
non agevole interpretazione. Si tratterebbe, quindi, di una nozione
“situazionale”, ovvero le cui influenze dipendono fortemente dal contesto in
cui opera e “dinamica”, in quanto muta nel tempo.
A questo proposito, alcuni autori (Cersosimo 2001, Trigilia 2001)
sottolineano come l’attuale nuovo contesto economico-produttivo porta al
centro dello sviluppo locale il capitale sociale di un territorio 8 , in quanto la
ricerca di flessibilità e qualità necessita di cooperazione esterna all’impresa,
che coinvolga lavoratori, altre imprese e attori pubblici9 . Ciò comporta un
incremento potenziale dei costi di transazione che proprio il capitale sociale
può aiutare a ridurre. Inoltre, la competizione nella localizzazione degli
investimenti, accentuatasi con la globalizzazione e la diffusione delle nuove
tecnologie dell’informazione e comunicazione, si attuerebbe non solo su
vantaggi di costo, ma sulla valorizzazione delle risorse sociali locali
(specializzazioni e conoscenze) e sulla stabilità e efficienza delle istituzioni.
2.2
I tentativi di misurazione del capitale sociale
Successivamente alle elaborazioni teoriche, si sono avuti vari tentativi
di misurazione del capitale sociale, e parallelamente si è sviluppata una
letteratura critica di queste analisi empiriche, che va da posizioni che negano
la legittimità stessa di una misurazione a posizioni che ne ammettono la
possibilità, pur evidenziandone le difficoltà 10 . Portes e Landolt (1996), in
particolare, sottolineano che, essendo la maggior parte degli indicatori di
__________
7
8
9
10
McClelland (1961) ha sostenuto che lo sviluppo economico è favorito dalla presenza di personalità
caratterizzate da un forte bisogno di auto-realizzazione e auto-affermazione, piuttosto che da
comportamenti pro-sociali.
In questo nuovo ambiente economico, secondo Trigilia (2001), il capitale sociale di maggior rilevanza
ai fini dello sviluppo locale sarebbe quello legato alle relazioni e reti sociali piuttosto che alle
caratteristiche culturali e alla partecipazione civica.
Al contrario, in un sistema economico fordista l’impresa, caratterizzata da integrazione verticale, era
maggiormente indipendente rispetto al contesto economico nel quale era collocata.
Ad esempio, Grootaert (1998) ha individuato alcune caratteristiche desiderabili che gli indicatori di
capitale sociale dovrebbero avere: essere stati creati in un quadro operativo e concettuale condiviso;
essere chiaramente definiti e facili da comprendere; essere aggregabili (dalla famiglia alla comunità e
dalla comunità alla nazione); essere obiettivi, ovvero indipendenti dal raccoglitore dei dati; essere
disponibili o raccoglibili a costi contenuti; essere in numero limitato.
8
Micucci Nuzzo
capitale sociale misurati su base individuale, la usuale aggregazione delle
risposte produce un risultato concettualmente diverso dal capitale sociale
collettivo. Inoltre, secondo Norris (2001) gli indicatori di capitale sociale da
utilizzare andrebbero considerati in base a ogni contesto e non potrebbero
essere acriticamente impiegati in realtà differenti.
Dal punto di vista degli strumenti per l’analisi, è possibile individuare
due principali modalità che il più delle volte vengono utilizzate
congiuntamente per la costruzione di indicatori di capitale sociale: i)
indagini sulle opinioni e azioni; ii) utilizzo di indicatori puntuali.
Le indagini demoscopiche consentono di rilevare elementi non
ricavabili da statistiche fondate su dati amministrativi, come le opinioni o
comportamenti particolari, ma possono essere viziate da possibili effetti di
desiderabilità sociale, ossia da una tendenza alla risposta che rende
socialmente più desiderabile l’intervistato. Tale pericolo, presente in tutte le
indagini demoscopiche, si aggrava nell’analisi dei comportamenti prosociali11 . Tali indagini, inoltre, sono raramente utilizzabili con una maggiore
disaggregazione territoriale per la forte numerosità campionaria che sarebbe
richiesta per rendere i dati statisticamente significativi.
L’utilizzo di indicatori puntuali (di tipo amministrativo e censuario)
permette analisi più dettagliate a livello territoriale e di non limitarsi a
elementi principalmente cognitivi. Tuttavia, gli indicatori puntuali per loro
natura più difficilmente arrivano a cogliere i fenomeni più informali e meno
codificati, che sono, invece, i più appropriati per la costruzione del capitale
sociale (Norris 2001).
Nell’ambito del Social Capital Initiative Program iniziato nel 1996
dalla Word Bank 12 , Krishna e Shrader (2001) hanno proposto uno strumento
- denominato Social Capital Assessment Tool - per la misurazione del
capitale sociale dei Paesi in via di sviluppo. Si tratta di misurazioni del
capitale sociale che si fondano su sondaggi sulla popolazione circa il grado
di attivismo nel sociale e il grado di fiducia nelle diverse istituzioni.
Importanti contributi al fine di arrivare ad una definizione operativa di
capitale sociale sono venuti da vari istituti di statistica nazionali13 . Anche
__________
11
Betrande e Mullainathan (2001) invitano a giudicare con prudenza i risultati di queste surveys.
Per una sintesi delle principali evidenze emerse in questi studi si veda Gootaert e van Bastelaer
(2001).
13
L’Istituto nazionale di statistica britannico (ONS) si è attrezzato con una un’analisi/integrazione delle
indagini demoscopiche che contengono domande su elementi di capitale sociale. L’ONS individua
cinque temi per ciascuno dei quali presenta tra gli 8 e i 12 indicatori: partecipazione e impegno
(continues)
12
9
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
l’Istat ha avanzato un progetto di analisi e di individuazione di un “Atlante
del capitale sociale e delle istituzioni in Italia” (Righi 2002), per arrivare alla
definizione di un set di variabili che si riferiscano a molteplici dimensioni
del capitale sociale.
3.
L’analisi della dotazione del capitale sociale a livello regionale in
Italia: la scelta delle proxies
L’estrema varietà delle definizioni non facilita un’analisi empirica a
livello territoriale. In Italia, inoltre, solo di recente sono stati pubblicati dati
sull’associazionismo e sulla fiducia nei confronti della comunità,
frequentemente utilizzati in indagini condotte su altri paesi14 . Senza voler
avanzare una nuova definizione, ci si limita qui a spiegare quali sono stati i
criteri adottati nell’individuazione delle proxies di capitale sociale.
Si è scelto di escludere variabili che sono maggiormente riconducibili
ad altro tipo di capitale (umano e tecnico, sia pubblico sia privato). Nella
letteratura il capitale sociale è distinto dal capitale umano e tecnico per i
seguenti aspetti: è relazionale piuttosto che essere esclusiva proprietà di
qualcuno; il suo uso ne aumenta l’entità piuttosto che diminuirla. Si
tratterebbe, comunque, di una forma di capitale 15 , in quanto è uno stock
accumulato, che non è creato senza sforzo, quanto meno in termini di tempo
(Gootaert e van Bastelaer 2001).
La scelta si è indirizzata su misure relative alla partecipazione degli
individui a organizzazioni non profit, a atteggiamenti/comportamenti prosociali, al grado di civismo e ad alcune caratteristiche del territorio, delle
istituzioni e delle comunità di appartenenza che possono influenzare la
cooperazione tra soggetti. Complessivamente sono state individuate 50
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14
15
sociale; controllo e efficacia delle proprie azioni; percezione delle strutture e delle caratteristiche
della comunità; reti sociali e solidarietà; fiducia, reciprocità, coesione sociale. L’istituto di statistica
della Nuova Zelanda ha identificato tre aree di analisi: caratteristiche della popolazione,
attitudini/valori e reti sociali. In Australia si sta procedendo in un progetto che prevede l’utilizzo
delle informazioni attualmente presenti nelle indagini demoscopiche sociali e di un set specifico di
domande nel General Social Survey (2002).
Cfr. Durkin (2000), Putnam (2000), Costa e Kahn (2001) Glaeser et al. (2001), Norris (2001).
Non mancano autorevoli critiche all’analogia tra capitale sociale e capitale fisico. Solow (1999)
sottolinea che, a differenza del capitale fisico, il capitale sociale non ha un tasso di rendimento che
può essere prontamente misurato, sommando gli investimenti passati al netto degli ammortamenti.
Arrow (1999) evidenzia da una parte la mancanza di sacrificio materiale per l’ottenimento del
capitale sociale, dall’altra l’impossibilità di un suo trasferimento tra persone.
10
Micucci Nuzzo
variabili. L’elenco dettagliato di queste variabili (e delle sigle ad esse
associate) è riportato in appendice.
Numerosi sono gli indicatori che si riferiscono alla partecipazione a
organizzazioni non profit 16 . Tali indicatori sono quelli più frequentemente
utilizzati nella letteratura come proxies del capitale sociale. Il ruolo positivo
dell’associazionismo sullo sviluppo economico interverrebbe, secondo
Beugelsdijk e van Schaik (2002), in due forme: da una parte attraverso la
diffusione dell’idea che i beni collettivi non sono in contraddizione con il
benessere individuale, dall’altra attraverso la promozione di spillover di
conoscenza e informativi.
Alcuni autori hanno, tuttavia, tentato di distinguere gli effetti
dell’associazionismo sullo sviluppo economico a seconda delle diverse
modalità di partecipazione civica17 . Putnam (2000), in particolare, ha distinto
tra legami di reciprocità e solidarietà in piccoli gruppi omogenei (bonding) e
reti di relazioni verso l’esterno (bridging). Putnam valuta il bridging più
importante, in particolare nelle società moderne. In base a queste
considerazioni, si sono escluse le fondazioni dal calcolo del numero e
dell’occupazione delle istituzioni non profit. Inoltre, alcune proxies sono
costruite in base al numero delle istituzioni piuttosto che sulle adesioni. Si è
voluto così rilevare la presenza di piccole organizzazioni, che sono
generalmente quelle più informali e con legami sociali maggiori. Vi sono poi
le proxies che riguardano istituzioni più formalizzate come le cooperative
sociali e di produzione e lavoro.
Sono state introdotte anche proxies riguardanti reti informali tra
individui non riferibili strettamente alla partecipazione a organizzazioni
nonprofit. Si tratta, quindi, di variabili che riguardano le relazioni amicali e/o
semplicemente comportamenti/atteggiamenti pro-sociali. Si sono, invece,
esclusi indicatori che si riferiscono alla famiglia 18 .
__________
16
A questo proposito secondo Putnam (1993) “le reti di impegno civico, come le associazioni locali, i
cori, le cooperative, i club sportivi, i partiti di massa e altri gruppi simili sono le espressioni delle
interazioni orizzontali e sono componenti cruciali del capitale sociale. Quanto più una comunità ha
questi elementi, tanto più è probabile che i cittadini collaboreranno tra loro a vantaggio di tutti”.
17
Per Narayan e Pritchett (1997) le associazioni che generano più capitale sociale sono quelle con
composizione eterogenea. Warren (2001) ha cercato di classificare e distinguere le associazioni per il
loro effetto sulle virtù civiche. In particolare, l’Autore ritiene che le organizzazioni di status e con
identità esclusive (ad esempio i gruppi etnici, soci di scuole private e i club elitari) siano quelle i cui
membri hanno meno virtù civiche.
18
Pur non negando l’importanza dei legami familiari per la costruzione di capitale sociale individuale,
ci si concentra, qui, sulle relazioni al di fuori del nucleo familiare. Si sottolinea l’importanza di
(continues)
11
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Per tenere nella debita considerazione la struttura socio-istituzionale,
sono stati inseriti gli indicatori in grado di cogliere la fiducia verso le
istituzioni e il grado di civismo à la Putnam. Le variabili relative alla
partecipazione politica includono forme più (il voto) o meno (partecipazione
a cortei) convenzionali.
Si è, inoltre, inclusa una variabile che misura la lentezza della
giustizia, come la durata dei processi. La carenza di un principio di sanzione
di comportamenti non corretti può, infatti, ostacolare la creazione di reti
fiducia reciproca19 . Si è così inserito un indicatore di efficienza delle
istituzioni pubbliche 20 .
Altri indicatori si riferiscono alla comunità di appartenenza: alcune
caratteristiche negative implicano ostacoli all’adozione di comportamenti
cooperativi. Si è scelto di utilizzare sia indicatori che rilevano la percezione
della presenza della criminalità sia dati oggettivi sulla criminalità. Si ritiene,
infatti, importante anche la percezione di questi problemi, perché può
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legami-ponte, cioè dei legami al di fuori del proprio gruppo di appartenenza stretta piuttosto che dei
legami forti di tipo familiare (Granovetter 1985). Quest i ultimi fattori possono, infatti, avere,
soprattutto nel contesto italiano, anche un’influenza negativa in termini di capitale sociale collettivo.
Si ricordi a questo proposito l'analisi condotta da Banfield (1958) su un paesino della Basilicata nel
quale l’Autore identificò come principale caratteristica sociale del luogo il “familismo amorale”, cioè
la massimizzazione dei vantaggi materiali a breve termine del nucleo familiare, con la convinzione
che l’unico interesse degli altri è fare lo stesso.
La lentezza della giustizia comporta delle inefficienze sul sistema economico, in quanto diminuisce il
potere della parte lesa per la quale aumenta il costo opportunità di attendere la conclusione del
processo e accresce, invece, per la parte colpevole la possibilità che avvenga nel frattempo o una
qualche transazione favorevole o l’abbandono della causa da parte della stessa parte lesa. Inoltre, è
probabile l'esistenza di mutue esternalità negative tra giustizia lenta e inefficienza del sistema
economico (Marchesi 2000). La durata dei processi serve anche per analizzare il comportamento
sanzionatorio dei comportamenti contro la società. Per un’analisi più generale sul ruolo delle sanzioni
nell’accumulazione di capitale sociale si veda Halpern (1999).
Non è ancora sciolto il dibattito sull’eventualità o meno di considerare indicatori di efficienza della
Pubblica Amministrazione come possibili proxies di capitale sociale. L’impostazione qui adottata si
differenzia dall’analisi di Putnam (1993) che ha considerato il rendimento delle istituzioni pubbliche
dipendente del civismo. Coerentemente con gli obiettivi di questo lavoro, invece, la performance
delle istituzioni pubbliche viene vista non solo come possibile risultato ma anche come variabile che
influenza e rafforza la presenza di capitale sociale. D’altra parte, data la stretta relazione trovata da
Putnam tra civicness e rendimento delle istituzioni, il funzionamento delle istituzioni può essere
considerato come un indicatore della presenza di capitale sociale. Indicatori di efficienza “sociale”
dello Stato sono considerati anche in importanti contributi (Gootaert 1998). Tale inserimento può
essere, tuttavia, criticato nell’ottica di Coleman (1990), che considera il capitale sociale come
generalmente associato al bisogno di aiuto reciproco tra persone. Argomentazioni contro questa
operazione potrebbero venire anche dall’analisi di Fukuyama (1994), che compiendo un'analisi
comparata degli assetti istituzionali dei diversi capitalismi nazionali, arriva alla conclusione che
l’attuale convergenza delle politiche economiche verso un modello simile di capitalismo fa emergere
l’importanza delle differenze culturali, che si fondano in primo luogo sulla concezione della famiglia
e della religione. In quest'ottica, il ruolo delle istituzioni pubbliche rimane circoscritto.
12
Micucci Nuzzo
implicare dei cambiamenti nel modo di agire, causando una riduzione della
fiducia nei confronti delle altre persone. Va sottolineato che i dati oggettivi
sulla criminalità, pur essenziali in questa analisi, potrebbero essere distorti
dal fatto che usualmente si denunciano una minore percentuale di reati nei
territori dove vi è maggiore frequenza di criminalità e minore fiducia che gli
autori vengano puniti. Nei comportamenti anti-sociali, sono stati inseriti
anche i suicidi, che implicano certamente una carenza di legami sociali e di
fiducia. I protesti, infine, indicano un mancato riscontro ad un contratto che
trova larga pubblicità all’interno della comunità; situazione che può ridurre
la fiducia sul rispetto degli obblighi nelle transazioni economiche da parte
degli altri individui.
Altre variabili riguardano caratteristiche territoriali, come il grado di
urbanizzazione, l’offerta culturale, il grado di attrazione del territorio 21 . Il
contesto sociale determinato dalle caratteristiche del territorio può avere una
relazione con i legami e il grado di fiducia che si instaurano fra i soggetti22 .
La diffusione di luoghi di creazione di cultura è, inoltre, intesa come
occasione per la creazione di legami di socialità e di fiducia reciproca.
L’inserimento di proxies di radicamento territoriale, infine, è
giustificato perché è un pre-requisito per l’investimento individuale nella
creazione di reti e legami sociali in un determinato territorio 23 . La presenza
non radicata di stranieri potrebbe, ad esempio, implicare uno scarso interesse
a investire nelle reti sociali, comportando situazioni di free-riding24 .
__________
21
22
23
24
Si veda tra gli altri Loopmans (2001) per un’analisi dell’importanza dei fattori territoriali nella
creazione di relazioni sociali.
Anche la letteratura sullo sviluppo sostenibile delle città ha fatto ricorso ad alcuni degli indicatori di
capitale sociale considerati in questo lavoro. Si veda in particolare Conlin (1995).
Glaeser et al. (2000) utilizzano tra le proxies di capitale sociale la proprietà dell’abitazione; qui si è
scelta, invece, la mobilità territoriale, misurata con indicatori di saldo territoriale tra i cambi di
residenza. È, infatti, ipotizzabile che le prospettive di abbandonare un territorio si traducano in
minore interesse per i legami sociali e la cooperazione sul posto. Contro l’idea di considerare
l’attaccamento al territorio come un valore che aumenta la civicness, vi è chi come Putnam (1995)
sottolinea come forme importanti di associazionismo e partecipazione comunitaria nascano proprio
da fenomeni di mobilità sociale e geografica.
Gli stessi stranieri possono formare delle reti in genere molto strette dedite all’inserimento sociolavorativo di connazionali, ma anche essere fonte di possibile ulteriore esclusione per altre etnie o
outsider (Ambrosini 2000). L’associazionismo tra immigrati rientra nel calcolo delle istituzioni non
profit.
13
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
4.
Un’analisi per componenti principali sul dataset ampio
4.1
Un’analisi per componenti principali “statica”
L’analisi per componenti principali consente di ridurre la
dimensionalità di un insieme di variabili minimizzando la perdita di
informazioni. L’obiettivo è quello di sostituire alle p variabili di partenza
(nel nostro caso, p = 50), un numero q (con q < p, frequentemente q ≤ 3) di
nuove variabili, dette componenti principali, ottenute come combinazioni
lineari delle p variabili originali, in modo che le q variabili offrano una
rappresentazione “fedele” (con minima perdita delle informazioni originarie
sui dati) delle p variabili di partenza.
Un’analisi per componenti principali è stata condotta inizialmente
sull’intero dataset di 50 variabili riferite all’anno più recente di disponibilità
per ognuna di esse (in genere il 1999; cfr. appendice).25
I risultati sono riportati nella tav. 1. La prima componente è correlata
positivamente alle variabili che misurano la partecipazione a organizzazioni
nonprofit (NUMNPO, VOLNPO), attività pro-sociali (ATTASS, DONASS,
DONSAN), il grado di soddisfazione relazionale (AIUVIC, RELAMI,
SODTEM), la partecipazione ad eventi culturali (RIUCUL, OFFCIN), la
partecipazione “convenzionale” alla politica (VOTPOL, VOTREG,
REFPAR, PALPOL, INFPOL e ASCDIB). È correlata negativamente –
anche se la correlazione è meno forte – con le variabili che misurano il grado
di criminalità (CRIVIO) e la sua percezione (PAUBUI); negativamente
anche con la durata dei processi (DURPRO), indicatore di inefficienza della
giustizia (tav. 1). In generale, i segni sono quelli attesi26 . La partecipazione
politica “più impegnata” - attività gratuita in favore di un partito – e meno
convenzionale, come si esprime mediante partecipazione ai cortei, mostra
una correlazione negativa con la prima componente. Lo stesso dicasi per la
variabile ATTCUL, che rappresenta l’incidenza delle rappresentazioni
dialettali sul complesso di quelle teatrali, e le variabili COPSOC e SOCCOP,
__________
25
26
La disponibilità di serie storiche per le variabili considerate è assai limitata. Inoltre, le variabili in
esame misurano fenomeni strutturali, che si modificano lentamente nel tempo.
La propensione ai suicidi sarebbe maggiore in presenza di un più elevato capitale sociale, come
misurato dalla prima componente principale di questa analisi. Se da un lato questa conclusione può
sembrare contraddittoria, già nei pionieristici studi di Durkheim il tasso di suicidio era ritenuto
conseguenza dell’anomia – disgregazione dei legami sociali – delle società che approfondivano il
grado di industrializzazione. I legami, così intesi, erano quelli acquisiti dalla nascita e “stabili” delle
società preindustriali, che venivano invece sostituiti da altri più fluidi e “contrattuali”.
14
Micucci Nuzzo
che rappresentano modalità più formali e organizzate di adesione a
organizzazioni nonprofit.
La seconda componente è correlata negativamente con le variabili che
misurano l’intensità della criminalità (CRIVIO) e soprattutto con quelle
relative al grado di urbanizzazione del territorio (CONCAP e GRAURB),
anche a scapito della difficoltà di accesso a servizi pubblici essenziali
(DIFPRO). La terza componente, infine, presenta un’elevata correlazione
negativa con l’incidenza dei suicidi sulla popolazione.
Il primo asse rappresenta una misura sintetica del capitale sociale
“classico”, sia à la Putnam (civicness), sia à la Granovetter (associazionismo,
reti sociali e amicali). Nel secondo convivono i chiari vantaggi di una bassa
criminalità e i meno netti vantaggi connessi a una struttura territoriale meno
urbanizzata, perché carente di alcuni servizi essenziali. Il terzo può essere
interpretato come assenza di anomia à la Durkheim.
La prima componente principale spiega il 48 per cento della variabilità
complessiva. Le prime tre sintetizzano quasi il 70 per cento dell’inerzia
totale (cfr. tav. 5).
Tra le aree geografiche, la prima componente del capitale sociale così
calcolato sarebbe più elevata nelle regioni del Nord-Est (Trentino-Alto
Adige, Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Veneto; tav. 4). Tra le
regioni del Centro, la Toscana registrerebbe il valore più elevato. All’interno
dell’Italia meridionale, Abruzzo e Molise mostrano valori vicini a quelli
dell’Italia centrale. La Puglia si troverebbe in una posizione migliore rispetto
a Campania, Sicilia e Calabria. Già in base a questa prima analisi, le regioni
dove sono più diffusi i distretti industriali mostrerebbero una maggiore
dotazione di capitale sociale.
4.2
Un’analisi per componenti principali “dinamica”
Con l’obiettivo di trovare una rappresentazione sintetica – pur senza
annullarne la complessa articolazione – dell’andamento di medio periodo del
capitale sociale nel corso degli anni novanta, si è adottata la tecnica
dell’analisi multifase in componenti principali (FAMA analysis). Questa
tecnica generalizza l’analisi in componenti principali al caso di una
successione di matrici; in questo caso trattasi di regioni per variabili nel
15
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
tempo. 27 La FAMA analysis appartiene all’insieme di tecniche descrittive di
analisi multidimensionale che puntano a sintetizzare, ricorrendo a un numero
ridotto di variabili latenti, l'informazione strutturale contenuta nei dati
(rappresentazione parsimoniosa).
A tal fine si sono individuati tre tempi, rappresentativi
rispettivamente dei sottoperiodi 1987-91 (t1 ), 1992-95 (t2 ) e 1996-99 (t3 ).
Un’analisi su ogni singolo anno avrebbe determinato una netta perdita di
informazioni, senza portare miglioramenti apprezzabili all’analisi. Le
variabili sono considerate nel momento finale di ogni sottoperiodo, e se
mancanti, nell’anno immediatamente precedente. Sono così risultate escluse
le sole variabili non disponibili per almeno un anno di ognuno dei tre
sottoperiodi. Sono state invece utilizzati i dati che, seppure non disponibili
con cadenza annuale, sono stati oggetto di almeno una rilevazione in ognuno
dei tre periodi. In alcuni casi, infatti, i dati non sarebbero potuti essere
presenti per ogni anno, non soltanto perché frutto di indagini non ricorrenti
ma anche perché il fenomeno in esame non ha cadenza annuale (si pensi alle
elezioni).
Il dataset così ottenuto è composto da 14 variabili28 . A causa della
limitata disponibilità di serie storiche, la perdita di informazioni rispetto alla
base dati iniziale (contenente 50 variabili) è stata netta. Ad ogni modo, il
dataset finale – pur essendo vincolato dalla disponibilità dei dati e non il
frutto di una scelta volontaria – gode ex ante di apprezzabili qualità. Include
variabili correlate con la prima componente principale, che misurano aspetti
culturali (LETGIO, OFFCIN, BIGTEA), la partecipazione elettorale
(VOTPOL), il rispetto delle regole (PROTES e ABBRAI), l’incidenza della
criminalità (CRIVIO), l’efficienza della giustizia (DURPRO). Vi sono,
infine, variabili fortemente correlate con la seconda e con la terza
componente principale (rispettivamente GRAURB e SUICID). Non sono
disponibili, tuttavia, le informazioni sull’associazionismo (riportate dal
primo Censimento sulle attività non profit dell’Istat, nel 1999) e sulle reti
sociali (ricavate dalle indagini multiscopo dell’Istat, anch’esse riferite
prevalentemente agli ultimi anni).
I risultati ottenuti sono in sintonia con quelli dell’analisi per
componenti principali “statica”. La prima componente principale è correlata
__________
27
28
Cfr. D’Alessio (1989) e Rizzi e Vichi (1995). Per un’applicazione ai mercati regionali del lavoro in
Italia, si veda Bodo et al. (1992).
LETGIO, ABBRAI, CRIVIO, PROTES, SUICID, PROCOG, GRAURB, OFFCIN, BIGTEA,
FORFUO, VOTPOL, DURPRO, ATTCUL, SALMIG.
16
Micucci Nuzzo
positivamente con variabili relative al consumo culturale, alla partecipazione
elettorale, all’efficienza della giustizia, ad indicatori di rispetto delle regole
(tav. 2). La seconda componente principale è largamente (e negativamente)
correlata con l’indicatore di criminalità (CRIVIO: -0,43). La prima
componente spiega l’84 per cento della variabilità; la seconda un altro 10 per
cento.
Per quanto riguarda la disaggregazione a livello regionale, la
dotazione di capitale sociale sarebbe maggiore nelle regioni del Nord-Est
(fig. 1). Nel corso del decennio, tuttavia, la posizione relativa delle regioni di
testa (Emilia Romagna, Trentino-Alto Adige e Val d’Aosta) sarebbe
peggiorata. Accanto ad esse, anche regioni che all’inizio del periodo
mostravano una dotazione inferiore alla media nazionale avrebbero accusato
un ulteriore arretramento (Campania, Puglia, Sicilia, Calabria). Per contro,
miglioramenti sarebbero stati registrati in Molise, Marche, Toscana, Umbria,
Veneto e Friuli Venezia Giulia. Due piccole regioni del Sud (Molise e
Basilicata) opporrebbero a una debole dotazione misurata dalla prima
componente, valori più elevati riferiti alla seconda componente (bassa
criminalità).
5.
L’analisi delle componenti principali su un dataset ristretto
L’analisi statica delle componenti principali sull’intero dataset ha
evidenziato l’esistenza di un nucleo di variabili correlate in maniera
significativa con la prima componente principale. Utilizzando un
meccanismo iterativo, si è deciso di svolgere una nuova analisi delle
componenti principali solo su un numero ridotto di variabili (25), eliminando
quelle poco correlate con la prima componente e/o non strettamente legate
concettualmente alla nozione di capitale sociale individuata nella letteratura.
In particolare, sono state escluse variabili (COPSOC, ATTSIN) poco
correlate alla prima componente e indicatori di una partecipazione a forme di
nonprofit fortemente strutturate dal punto di vista organizzativo (sindacati e
cooperative sociali), e che più difficilmente possono generare quel surplus di
relazioni sociali fiduciarie tipiche del capitale sociale. Sono state eliminate
poi sia variabili scarsamente correlate alla prima componente (INCAMI e
FORFUO) sia variabili (RELAMI, SODTEM, OFFCIN, BIGTEA,
ATTCUL) che, pur correlate alla prima componente, rischiano di
confondersi con indicatori di qualità della vita.
17
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Sono state messe da parte, inoltre, le variabili che si riferiscono
all’efficienza delle istituzioni pubbliche (DURPRO) e quelle connesse alla
dimensione urbana del territorio e al suo grado di attrattività (CONCAP,
GRAURB, SOVABB, DIFPRO, DIFALI, SALMIG, NONRAD).
È interessante, poi, notare come, legate alla prima componente
principale nell’analisi dell’intero dataset, vi siano le variabili di
partecipazione politica meno radicale e “impegnata” (ricerca di
informazioni, ascolto e voto) rispetto invece alle forme di partecipazione non
convenzionale all’attività politica. È ipotizzabile che queste ultime siano
mosse principalmente da altri fattori (tendenze politico-ideologiche,
emergenze sociali) rispetto a una generica civicness e per questo tali variabili
(PARCOR, GRAPAR) sono state eliminate dal dataset ristretto.
L’analisi per componenti principali su questo dataset ristretto
composto da 25 variabili mostra una forte correlazione tra prima
componente (che spiega ora quasi il 60 per cento della varianza; tav. 5) e le
proxies sull’associazionismo, le reti amicali e sociali, il rispetto delle regole
e indicatori di civicness come la partecipazione all’attività politica (ancora
più correlati con la seconda componente). La correlazione è negativa rispetto
alla diffusione e percezione della criminalità. I segni sono sempre quelli
attesi (tav. 3).
Come già nell’analisi sul dataset più ampio, le regioni maggiormente
dotate di capitale sociale sarebbero quelle del Nord-Est (tav. 4).
6.
L’analisi delle componenti principali al netto dell’influenza del
reddito
Per alcuni aspetti l’analisi delle componenti principali proposta
riafferma la dicotomia Nord-Sud. La correlazione tra le prime componenti
principali e il reddito pro capite è assai elevata (0,88 con la prima
componente; cfr. tav. 6). D’altro canto, sembra plausibile assumere che il
concetto di capitale sociale dipenda anche dal livello di reddito della
popolazione (per cui i ricchi tendono ad interagire maggiormente dei poveri
nelle forme che noi identifichiamo come capitale sociale), piuttosto che
avere carattere esogeno e permanente, ed essere legato al senso di
appartenenza, di comunità, ecc.
18
Micucci Nuzzo
L’elevata correlazione tra le misure sintetiche del capitale sociale così
ottenute e il Pil pro capite sollecita una riflessione sul contributo aggiuntivo
della dimensione scelta. Poiché le analisi multivariate possono essere estese
al caso di sottospazi ortogonali a dimensioni date, l’analisi in componenti
principali è stata ripetuta sulle correlazioni parziali (invece che sulle
correlazioni semplici), avendo eliminato l’influenza del Pil pro capite (tav.
3).
La prima componente è correlata positivamente con l’intensità di
associazionismo (NUMNPO, VOLNPO, VOLVOL, ASSREG, RIUECO,
ATTASS, ATTVOL, ASSBAN)29 e la forza delle reti amicali e sociali
(AIUVIC e AIUCOM); la rottura di queste, inoltre, è resa meno probabile da
una minore diffusione della criminalità (CRIVIO), che si associa a una sua
debole percezione (PAUBUI).
La seconda componente è correlata positivamente con la
partecipazione convenzionale alla politica (VOTPOL, PALPOL, INFPOL,
ASCDIB, PARTCOM, REFPAR) e con il rispetto delle regole, anche
quando sostanzialmente non sanzionato (ABBRAI, RACDIF). Questi
fenomeni convivono con un’elevata propensione alle donazioni ad
associazioni. Come per la prima componente, si registrano correlazioni
negative con l’incidenza della criminalità violenta e dei protesti.
La classificazione emersa dai dati è coerente con una delle principali
distinzioni presenti nella vasta letteratura socio-economica che si è esercitata
nella individuazione di diverse tipologie di capitale sociale. Si
individuerebbe, quindi, una dimensione di capitale sociale come dotazione
dell’individuo (micro) e una come dotazione della comunità (macro).
Secondo l’efficace metafora di Coleman (1990, p.11), si distinguerebbe tra i
giocatori (micro) che “includono nella loro essenza determinati principi di
azione” e il gioco (macro) che “comprende le strutture che rendono effettive
tali azioni e le combinano per produrre comportamenti a livello di
sistema”30 .
__________
29
Vi è l’unica eccezione di OCCNPO, correlata negativamente, che si riferisce d’altra parte
all’occupazione nel settore non profit, più raramente motivata dalla ricerca di relazioni di rete.
30
Per un ulteriore approfondimento della distinzione tra micro e macro si veda l’analisi di Bertolini e
Bravo (2001). Vi sono altre tipologie di suddivisioni delle forme di capitale sociale non in contrasto
con la distinzione qui utilizzata. Arrighetti et al. (2001) distinguono tra capitale sociale “positivo”
determinato dalla civicness e capitale sociale negativo legato alla defezione economica. Gootaert e
van Bastelaer (2001) individuano tre livelli di capitale sociale: un livello base identificato da Putnam
nelle organizzazioni orizzontali; un’estensione alle relazioni verticali caratterizzate da struttura
gerarchica e dall’ineguale distribuzione dei poteri, à la Coleman; un ulteriore allargamento del
(continues)
19
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Il primo asse dell’analisi condotta sintetizza una componente di
capitale sociale micro à la Coleman, che facilita la costruzione di reti sociali
collettive (associazionismo, relazioni di aiuto). Il secondo asse, invece,
rappresenta la componente macro del capitale sociale, legata alla civicness à
la Putnam.
Passando alla disaggregazione regionale, la prima componente (micro)
sarebbe debole nelle grandi regioni, sedi delle principali città del paese,
come Lazio, Lombardia, Piemonte; sarebbe invece più elevata nelle regioni
piccole, come l’Umbria, la Basilicata, il Molise e soprattutto il Trentino-Alto
Adige (tav. 4).
La seconda componente (macro), anche al netto dell’influenza del
reddito, è molto diffusa nelle regioni del NEC (Nord-Est e Centro), come la
Toscana, L’Emilia-Romagna, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, che sono
ad elevata densità distrettuale. La correlazione tra questa seconda
componente e alcune variabili relative alla struttura economica portano
sostegno all’ipotesi che le aree distrettuali siano ricche di capitale sociale
macro. La seconda componente mostra infatti una correlazione positiva con
il grado di distrettualità 31 e con indicatori di incidenza degli addetti
industriali su occupati e popolazione; è invece correlata negativamente con il
grado di integrazione verticale delle imprese, coerentemente con gli intensi
legami di subfornitura tra le piccole medie aziende dei distretti. Una
maggiore accumulazione di capitale sociale macro si associa, inoltre, a una
più ampia disponibilità di capitale umano, misurato dal tasso di iscrizione
alle scuole superiori e, sebbene con una correlazione più debole,
dall’incidenza di laureati. È invece minore l’offerta di servizi alle imprese.
6.1
Un’analisi preliminare a livello provinciale
Per l’analisi a livello provinciale, le variabili disponibili sono
attualmente in numero ridotto32 . In particolare mancano le informazioni che
____________________________________________________________
31
32
concetto che comprende le relazioni istituzionali formalizzate e le strutture come il governo, il regime
politico, il sistema giudiziario e legislativo, à la North (1990). Anche Cersosimo (2001) distingue tra
capitale sociale come rete di relazioni e come valori degli individui.
Rapporto tra occupati “imputabili” ai distretti - ottenuti moltiplicando, per ciascun comune della
provincia, il numero di addetti all’industria manifatturiera per il grado di distrettualità, come definito
da Cannari e Signorini (2000), del Sistema Locale del Lavoro cui appartiene il comune - e il totale
degli occupati della provincia nel settore manifatturiero. Il dato regionale è stato ottenuto come media
ponderata del grado di distrettualità provinciale.
Sono state considerate le seguenti variabili: NUMNPO, OCCNPO, VOLNPO, ASSREG, DONSAN,
CRIVIO, PROTES, VOTREG e REFPAR.
20
Micucci Nuzzo
provengono dalle indagini demoscopiche. Sempre al netto dell’influenza del
reddito, l’analisi per componenti principali condotta su dati provinciali
identifica una prima componente, che spiega il 25 per cento della varianza
complessiva, partcolarmente correlata, con il segno atteso, con le variabili
macro (CRIVIO, PROTES; VOTREG DONSAN e REFPAR) e una seconda
che presenta correlazioni elevate con gli indicatori di capitale sociale micro
(tav. 7).
In base a questa analisi, la dotazione di capitale sociale macro sarebbe
più bassa nelle province che ospitano le principali città (negli ultimi dieci
posti della graduatoria si trovano Milano, Roma, Palermo, Napoli, Torino;
cfr. tav. 8). Per contro, vi sono 6 province della Toscana nelle prime 25
posizioni (e 17 dell’area NEC). La correlazione tra la componente macro e il
grado di distrettualità è positiva (0,24; sale fino a 0,61 quando l’analisi non è
parziale rispetto al Pil pro capite).
7.
Conclusioni
In questo lavoro sono stati presentati i risultati di un’analisi del
capitale sociale in Italia, con disaggregazione regionale e - nei limiti in cui
ciò è stato consentito dalla disponibilità dei dati - provinciale. L’interesse
crescente nella letteratura economica per il capitale sociale è ostacolato dalle
difficoltà che si frappongono alla sua misurazione, enormemente superiori a
quelle poste dalle altre “tipologie” di capitale, e purtroppo non tutte
superabili. Da più parti si è sostenuto che la riduzione a una misurazione
sintetica possa impoverire la ricchezza dimensionale e la natura qualitativa
del concetto.
Nonostante il compito sia assai insidioso, a giudizio degli autori di
questo paper la misurazione del capitale sociale è esercizio che merita di
essere affrontato, nella consapevolezza dei suoi limiti. Le difficoltà di
misurazione hanno suggerito innanzitutto un’indagine ricognitiva sulla
disponibilità dei dati a livello regionale e provinciale, al fine di ottenere
un’ampia batteria di indicatori. La molteplicità di indicatori, se da un lato è
coerente con l’estensione teorica del concetto, dall’altro genera l’esigenza di
pervenire a un’informazione sintetica: si è perciò impiegata l’analisi per
componenti principali. Ma, soprattutto, le difficoltà di misurazione invitano
a circondare l’interpretazione dei risultati con una doverosa cautela.
Le regioni con la più elevata disponibilità di capitale sociale sarebbero
quelle del Nord-Est; in particolare, Trentino-Alto Adige ed EmiliaRomagna. Al fine di evitare la confusione tra capitale sociale e reddito,
21
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
l’esercizio è stato effettuato anche al netto dell’influenza del Pil pro capite.
In base ai risultati di questa analisi, il semplice bipolarismo tra il Nord e il
Sud non consente una sintesi accurata della geografia del capitale sociale in
Italia. Le regioni della cosiddetta “Terza Italia” - in particolare il Nord-Est e
la Toscana - che sono tra le aree dove è più forte la presenza dei distretti
industriali, risulterebbero largamente dotate di capitale sociale, soprattutto di
quella che si è definita come componente “macro” - la cui costruzione ed
utilizzazione coinvolge un numero elevato di soggetti, favorendo la
generazione di fiducia, e che può perciò essere concepita come bene
collettivo - in opposizione alla componente “micro” - che rappresenterebbe
la componente relazionale e individuale, sfruttabile dagli attori per fini
propri.
Resta aperta la questione della direzione di causalità: cioè se la
disponibilità di capitale sociale possa favorire lo sviluppo economico, e in
particolare lo sviluppo dei sistemi di piccole e medie imprese, o, al contrario,
se la prosperità economica contribuisca all’accumulazione di capitale
sociale; essa non è questione che possa trovare risposta dai risultati di questo
lavoro.
22
Micucci Nuzzo
APPENDICE
Si descrivono qui le proxies di capitale sociale utilizzate, suddivise
per gruppi, discusse nel par. 3.
Indicatori che si riferiscono alla partecipazione a organizzazioni non profit:
• NUMNPO. Numero di istituzioni private e imprese non profit (escluse le
fondazioni) ogni 100.000 abitanti. È definita istituzione privata e
impresa non profit ogni ente giuridico o sociale, il cui status non gli
permette di essere fonte di reddito, profitto o altro guadagno per i
soggetti che lo costituiscono, controllano o finanziano. Fonte: Istat – 1°
Censimento delle istituzioni private e imprese nonprofit – Anno 2000
• OCCNPO. Percentuale di occupati (somma dei lavoratori dipendenti, dei
lavoratori distaccati o comandati da imprese e/o istituzioni e dei
lavoratori con il contratto di collaborazione coordinata e continuativa)
del settore nonprofit sugli occupati complessivi del territorio. Fonte: Istat
– 1° Censimento delle istituzioni private e imprese nonprofit –- Anno
2000.
• VOLNPO. Numero di volontari nelle istituzioni nonprofit ogni 100.000
abitanti. Fonte: Istat 1° Censimento delle istituzioni private e imprese
non profit. – Anno 2000.
• VOLVOL. Numero di volontari nelle associazioni di volontariato
(costituite ex lege 291/91) ogni 100.000 abitanti. Fonte: Istat. Anno
1999.
• ASSREG. Associazioni di volontariato registrate ex lege 291/91 ogni
100.000 abitanti. Fonte: Istat. Anno 1999.
• RIUECO. Riunioni in associazioni ecologiche, per i diritti civili e la pace.
Persone di 14 anni e più che hanno svolto nei dodici mesi precedenti
l’intervista tali forme di attività (almeno una volta l’anno). Fonte: Istat.
Anno 2000.
• RIUCUL. Riunioni in associazioni culturali. Persone di 14 anni e più che
hanno svolto nei dodici mesi precedenti l’intervista tali forme di attività
(almeno una volta l’anno) per 100 persone della stessa zona. Fonte: Istat.
Anno 2000.
• ATTASS. Attività gratuita per associazioni di volontariato. Persone di 14
anni e più che hanno svolto nei dodici mesi precedenti l’intervista tali
forme di attività (almeno una volta l’anno) per 100 persone della stessa
zona. Fonte: Istat. Anno 2000.
23
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
• ATTSIN. Attività gratuita per un sindacato. Persone di 14 anni e più che
hanno svolto nei dodici mesi precedenti l’intervista tali forme di attività
(almeno una volta l’anno) per 100 persone della stessa zona. Fonte: Istat.
Anno 2000.
• ASSBAN. Soci delle banche di credito cooperativo ogni 100.000 abitanti.
Fonte: Banca d'Italia. Anno 2001.
• ATTVOL. Attività gratuita per associazioni non di volontariato. Persone
di 14 anni e più che hanno svolto nei dodici mesi precedenti l’intervista
tali forme di attività (almeno una volta l’anno). Fonte: Istat. Anno 2000.
• SOCCOP. Numero di soci nelle cooperative (escluse quelle sociali) ogni
100.000 abitanti. Fonte: Ministero delle attività produttive – Direzione
cooperazione. Anno 2000.
• COPSOC. Numero delle cooperative sociali ogni 100.000 abitanti. Fonte:
Istat. Anno 1999.
Variabili che riguardano le relazioni amicali e/o semplicemente
comportamenti/atteggiamenti pro-sociali o il loro contrario:
• INCAMI. Persone di 6 anni e più che incontrano più di una volta a
settimana gli amici (per 100 persone della stessa zona). Fonte: Istat.
Anno 1999.
• AMICON. Persone di 14 anni e più che hanno amici su cui contano (per
100 persone della stessa zona). Fonte: Istat. Anno 1998.
• RELAMI. Percezione grado di soddisfazione nelle relazioni con amici
(molto soddisfatti). Fonte: Istat. Anno 1999.
• SODTEM. Persone di 14 anni e più molto soddisfatte dell’utilizzo del
loro tempo libero (per 100 persone della stessa zona). Fonte: Istat. Anno
1999.
• AIUVIC. Persone di 14 anni e più che nelle ultime quattro settimane
hanno dato almeno un aiuto a persone non coabitanti (per 100 persone
della stessa zona). Fonte: Istat. Anno 1998.
• DONASS. Soldi versati ad un’associazione. Persone di 14 anni e più che
hanno svolto nei dodici mesi precedenti l’intervista tali forme di attività
(almeno una volta l’alto) per 100 persone della stessa zona. Fonte: Istat.
Anno 2000.
• DONSAN. Numero di borse di sangue donate ogni milione di abitanti nel
1995 raccolte dall’Associazione Italiana Volontari Sangue (AVIS).
24
Micucci Nuzzo
L’organizzazione raccoglie circa il 90 per cento del sangue donato in
Italia. Tuttavia, non è vi è una sede locale dell’associazione in quattro
province (Genova, Caserta, Avellino e Caltanissetta) che presentano
perciò un valore 0. Fonte: elaborazioni del Prof. L. Guiso su dati Avis.
Anno 1995.
• SUICID. Numero di suicidi ogni 100.000 abitanti. Fonte: Istat. Anno
1996.
• CRIVIO. Indice di criminalità violenta (stragi, omicidi volontari,
violenze, rapine gravi, sequestri, attentati) ogni 100.000 abitanti. Fonte:
Istat. Anno 1998.
• PROTES. Numero totale di protesti (su cambiali ordinarie, tratte o
assegni bancarie) ogni 100.000 abitanti. Fonte: Istat. Anno 1999.
Indicatori di fiducia verso le istituzioni e di grado di civismo à la
Putnam:
• REFPAR. Media della partecipazione elettorale ai referendum effettuati
tra il 1946 e il 1989. Le materie oggetto dei referendum sono state le
seguenti: scelta tra Monarchia e Repubblica nel 1946; legislazione sul
divorzio nel 1974; finanziamento pubblico ai partiti nel 1978; misure di
ordine pubblico anti-terrorismo e la legislazione sull’aborto nel 1981;
clausole sulla scala mobile nel 1985; uso dell’energia nucleare e
regolamentazione della caccia nel 1987. Fonte: elaborazioni del Prof. L.
Guiso su dati del Ministero dell’Interno.
• VOTPOL. Partecipazione elettorale alle elezioni politiche. Elezioni del
2001. Fonte: Ministero dell’Interno
• VOTREG. Partecipazione elettorale alle elezioni regionali. Fonte:
Ministero dell’Interno. Anni vari dal 1999 al 2001.
• PALPOL. Persone di 14 anni e più che hanno parlato di politica almeno
una volta la settimana (per 100 persone della stessa zona). Fonte: Istat.
Anno 1998.
• INFPOL. Persone di 14 anni e più che almeno una volta la settimana si
informano di politica (per 100 persone della stessa zona). Fonte: Istat.
Anno 1998.
• ASCDIB. Ascolto di un dibattito politico. Persone di 14 anni e più che
nell’anno precedente l’intervista hanno svolto tali attività (per 100
persone della stessa zona). Fonte: Istat. Anno 2001.
25
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
• PARTCOM. Partecipazione ad un comizio. Persone di 14 anni e più che
nell’anno precedente l’intervista hanno svolto tali attività (per 100
persone della stessa zona). Fonte: Istat. Anno 1998.
• PARTCOR. Partecipazione ad un corteo. Persone di 14 anni e più che
nell’anno precedente l’intervista hanno svolto tali attività (per 100
persone della stessa zona). Fonte: Istat. Anno 1998.
• GRAPAR. Attività gratuita per un partito. Persone di 14 anni e più che
nell’anno precedente l’intervista hanno svolto tali attività (per 100
persone della stessa zona). Fonte: Istat. Anno 1998.
• DONPAR. Donazioni ad un partito. Persone di 14 anni e più che
nell’anno precedente l’intervista hanno svolto tali attività (per 100
persone della stessa zona). Fonte: Istat. Anno 1998.
• LETGIO. Copie di quotidiani diffuse ogni 1.000 abitanti. Fonte: Istat.
Anno 1998.
• ABBRAI. Numero di abbonamenti alla RAI-TV ogni 1.000 abitanti.
Fonte: Istat. Anno 2000.
• RACDIF. Percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti. Si
intende per raccolta differenziata la raccolta idonea a raggruppare i
rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione
organica umica, destinate al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero di
materia prima. Fonte: Istat. Anno 1999.
Indicatori territoriali:
• BIGTEA. Biglietti venduti per spettacoli teatrali per 100 abitanti. Fonte:
Istat. Anno 1998.
• OFFCIN. Sale cinematografiche aperte al pubblico per 100.000 abitanti.
Fonte: Istat. Anno 1998.
• DURPRO. Durata media dei procedimenti di cognizione ordinaria definiti
presso gli uffici di Tribunale. Si è considerata la media, ponderata per la
popolazione, per le procure della medesima regione. Fonte: Istat. Anno
1999.
• PROCOG. Procedimenti di cognizione ordinaria sopravvenuti ogni
100.000 abitanti. Fonte: Istat. Anno 1999.
• PAUBUI. Percentuale delle persone di 14 anni e più che si sentono poco
o per niente sicure camminando da sole per strada al buio. Fonte: Istat.
Anno 1998.
26
Micucci Nuzzo
• DIFPRO. Percentuale di famiglie che dichiarano molta o abbastanza
difficoltà nel raggiungere il pronto soccorso. Fonte: Istat. Anno 1998.
• DIFALI. Percentuale di famiglie che dichiarano molta o abbastanza
difficoltà nel raggiungere i negozi alimentari, i mercati, ecc. Fonte: Istat.
Anno 1998.
• FORFUO. Percentuale delle superfici forestali percorse dal fuoco sul
totale della superficie forestale. Fonte: Istat. Anno 1996.
• GRAURB. Popolazione residenti in comuni sopra i 100.000 abitanti sul
totale dei comuni. Fonte: Istat. Anno 2000.
• CONCAP. Popolazione residente nel capoluogo per 100 abitanti
residenti negli altri comuni della provincia. Fonte: Istat. Anno 2000.
• SOVABB. Popolazione in condizioni di sovraffollamento per 1.000
abitanti. Fonte: Istat. Anno 1991.
• NONRAD. Percentuale di stranieri non radicati sul totale della
popolazione. Fonte: ns. elaborazione su dati Ferruzza, Gabrielli e
Giovannelli (1995) e Istat. Anno 1998.
• SALMIG. Saldo tra iscritti e cancellati per trasferimento di residenza tra
Comuni italiani di regioni differenti da quelle di residenza nell’anno
precedente per 100.000 abitanti della regione. Fonte: Istat. Anno 1999.
27
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Tav. 1
Analisi per componenti principali. Dataset ampio. Autovettori
(correlazioni tra variabili e componenti principali)
1^ componente
principale
2^ componente
principale
3^ componente
principale
NUMNPO
0,17
0,14
0,01
OCCNPO
0,07
-0,15
0,18
VOLNPO
0,18
0,11
0,11
VOLVOL
0,14
0,20
0,19
COPSOC
-0,02
0,17
-0,26
ASSREG
0,15
0,21
0,13
RIUECO
0,14
0,14
0,14
RIUCUL
0,17
0,17
0,12
ATTASS
0,17
0,13
0,06
ATTVOL
0,16
0,19
0,16
ATTSIN
0,03
-0,07
-0,08
DONASS
0,19
0,02
0,05
LETGIO
0,15
-0,16
-0,04
INCAMI
0,02
0,03
0,01
AIUVIC
0,16
0,08
0,04
AMICON
0,15
0,14
-0,08
ASSBAN
0,11
0,26
0,23
SOCCOP
-0,06
0,12
0,13
PAUBUI
-0,12
-0,23
0,18
CRIVIO
-0,09
-0,11
0,21
SUICID
0,13
0,01
-0,30
(segue)
28
Micucci Nuzzo
(segue Tav. 1)
1^ componente
principale
2^ componente
principale
3^ componente
principale
PROCOG
-0,17
-0,06
0,20
PROTES
-0,17
-0,10
0,13
ABBRAI
0,17
-0,70
-0,17
RACDIF
0,16
-0,05
0,01
CONCAP
0,03
-0,24
0,14
GRAURB
0,03
-0,29
0,21
SOVABB
-0,17
0,06
0,17
OFFCIN
0,18
-0,01
0,14
BIGTEA
0,16
-0,13
0,19
DIFPRO
-0,12
0,22
0,00
DIFALI
-0,17
0,00
0,14
FORFUO
-0,14
0,00
0,16
RELAMI
0,19
-0,03
-0,04
ATTCUL
-0,10
-0,11
0,11
SODTEM
0,19
0,02
-0,01
NONRAD
0,11
-0,15
0,25
SALMIG
0,18
-0,08
-0,08
VOTPOL
0,15
-0,13
0,08
VOTREG
0,14
0,13
0,12
PALPOL
0,16
-0,16
0,03
INFPOL
0,18
-0,17
-0,04
ASCDIB
0,18
-0,17
-0,05
PARTCOM
0,10
-0,06
0,17
-0,09
0,26
PARCOR
0,17
(segue)
29
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
(segue Tav. 1)
1^ componente
principale
2^ componente
principale
3^ componente
principale
GRAPAR
-0,15
0,10
-0,08
DONPAR
-0,03
-0,05
0,20
DURPRO
-0,11
0,20
0,16
DONSAN
0,15
0,00
-0,03
REFPAR
0,18
-0,13
0,00
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
Il dataset ampio include tutte le variabili elencate in Appendice.
30
Micucci Nuzzo
Tav. 2
Analisi Fama
(correlazioni tra variabili e componenti principali)
Variabili
Fatt. 1
Fatt. 2
ABBRAI
0,33
0,07
CRUVIO
-0,20
-0,43
PROTES
-0,30
-0,14
SUICID
0,29
0,17
PROCOG
-0,31
0,01
GRAURB
0,03
0,67
OFFCIN
0,32
-0,17
BIGTEA
0,30
-0,31
FORFUO
-0,21
-0,30
VOTPOL
0,32
-0,24
DURPRO
-0,30
0,15
ATTCUL
-0,21
-0,08
SALMIG
0,33
0,02
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
31
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Tav. 3
Analisi per componenti principali. Dataset ristretto. Autovettori
(correlazioni tra variabili e componenti principali)
Dataset ristretto
Dataset ristretto, parziale rispetto
al Valore aggiunto pro capite
Variabili
1^Componente
principale
2^Componente
principale
1^Componente
principale
2^Componente
principale
NUMNPO
0,23
-0,15
0,27
0,01
OCCNPO
0,06
0,17
-0,11
-0,09
VOLNPO
0,25
-0,10
0,29
0,15
VOLVOL
0,21
-0,26
0,31
0,01
ASSREG
0,22
-0,26
0,33
0,03
RIUECO
0,21
-0,14
0,26
0,12
ATTASS
0,24
-0,08
0,27
-0,04
ATTVOL
0,23
-0,21
0,32
0,00
DONASS
0,25
0,06
0,21
0,29
AIUVIC
0,21
-0,02
0,19
0,05
AMICON
0,20
-0,10
0,20
-0,08
ASSBAN
0,18
-0,34
0,30
-0,13
PAUBUI
-0,16
0,24
-0,22
0,06
CRIVIO
-0,12
0,08
-0,13
-0,13
PROTES
-0,22
0,02
-0,21
-0,14
ABBRAI
0,19
0,19
-0,03
0,21
RACCDIF
0,21
0,20
0,00
0,19
VOTPOL
0,18
0,25
-0,05
0,19
VOTREG
0,21
-0,12
0,21
-0,19
(segue)
32
Micucci Nuzzo
(segue Tav. 3)
Dataset ristretto
Dataset ristretto, parziale rispetto
al Valore aggiunto pro capite
Variabili
1^Componente
principale
2^Componente
principale
1^Componente
principale
2^Componente
principale
PALPOL
0,18
0,28
-0,03
0,38
INFPOL
0,20
0,31
-0,08
0,42
ASCDIB
0,20
0,31
-0,08
0,42
PARTCOM
0,13
0,15
0,03
0,21
DONSAN
0,19
0,12
0,02
-0,06
REFPAR
0,21
0,27
-0,06
0,32
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
Il dataset ristretto include le variabili che nel dataset ampio sono risultate maggiormente correlate con
la prima componente principale (cfr. tav. 1) e che sono più strettamente legate concettualmente alla
nozione di capitale sociale (cfr., nel testo, il par. 5).
33
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Tav. 4
Analisi per componenti principali. Regioni
(componenti principali)
Dataset ampio
Dataset ristretto
Regioni
Dataset ristretto,
parziale rispetto al
Valore aggiunto pro
capite
1^ Comp.
principale
2^ Comp.
principale
1^ Comp.
principale
2^ Comp.
principale
1^ Comp.
Principale
2^ Comp.
Principale
Piemonte
1,70
-1,51
0,57
1,26
-2,36
-0,83
Valle d'Aosta
3,37
2,66
3,07
-1,38
0,64
-4,68
Lombardia
3,49
-1,95
2,62
2,60
-3,18
-0,31
Trentino A.A.
9,25
7,08
9,44
-5,09
9,55
-1,62
Veneto
4,64
-0,78
3,44
1,82
-0,14
2,03
Friuli V.G.
4,49
-0,93
2,54
0,62
0,29
2,58
Liguria
2,13
-3,41
0,61
1,98
-2,05
2,32
Emilia R.
5,65
-2,89
4,05
2,57
-1,36
1,93
Toscana
3,63
-0,95
2,77
0,92
0,60
3,10
Umbria
1,59
-0,62
0,71
0,21
0,32
1,22
Marche
0,67
0,53
0,08
-0,39
-0,22
-1,00
Lazio
-1,09
-4,59
-2,07
1,99
-5,21
-2,52
Abruzzo
-2,57
0,01
-2,54
-0,01
-1,15
-0,16
Molise
-3,66
3,13
-2,33
-1,73
1,25
-1,06
Campania
-7,97
-0,90
-5,34
-0,38
-0,76
-0,65
Puglia
-6,09
-0,60
-3,93
0,09
-0,28
1,27
Basilicata
-5,97
3,03
-3,76
-1,76
0,61
-1,80
Calabria
-7,03
1,69
-4,89
-1,83
0,85
-0,64
Sicilia
-6,33
0,63
-5,07
-1,10
-0,35
-2,14
0,11
0,37
0,03
-0,41
2,93
2,96
Sardegna
34
Micucci Nuzzo
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
Il dataset ampio include tutte le variabili elencate in Appendice.
Il dataset ristretto include le variabili che nel dataset ampio sono risultate maggiormente correlate con la
prima componente principale (cfr. tav. 1) e che sono più strettamente legate concettualmente alla nozione di
capitale sociale (cfr., nel testo, il par. 5).
Il dataset ristretto, parziale rispetto al valore aggiunto pro capite, considera le variabili del dataset ristretto in
un’analisi per componenti principali al netto dell’influenza del valore aggiunto pro capite.
Tav. 5
Analisi per componenti principali. Varianze spiegate. Cumulate
(cumulate)
Componenti principali
Dataset ampio
Dataset ristretto
Dataset ristretto,
parziale rispetto
al
Valore aggiunto
pro capite
1^ Componente principale
0,48
0,57
0,34
2^ Componente principale
0,61
0,71
0,53
3^ Componente principale
0,69
0,77
0,63
4^ Componente principale
0,75
0,82
0,72
5^ Componente principale
0,80
0,87
0,79
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
Il dataset ampio include tutte le variabili elencate in Appendice.
Il dataset ristretto include le variabili che nel dataset ampio sono risultate maggiormente correlate con
la prima componente principale (cfr. tav. 1) e che sono più strettamente legate concettualmente alla
nozione di capitale sociale (cfr., nel testo, il par. 5).
Il dataset ristretto, parziale rispetto al valore aggiunto pro capite, considera le variabili del dataset
ristretto in un’analisi per componenti principali al netto dell’influenza del valore aggiunto pro capite.
35
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Tav. 6
Correlazioni tra componenti principali e variabili economiche
Dataset ristretto
Variabili
Dataset ristretto,
parziale rispetto al
Valore aggiunto pro
capite
1^ Comp. 2^ Comp. 1^ Comp. 2^ Comp.
principale principale principale principale
Dimensione media delle unità locali
0,50
0,48
-0,29
0,10
Rapporto tra valore aggiunto e fatturato
0,20
0,13
-0,07
0,09
Indice di integrazione verticale
0,18
-0,20
0,13
-0,32
Rapporto tra capitale e valore aggiunto
Orientamento
settoriale all'esportazione
Quota del valore aggiunto dei settori ad alta
tecnologia
-0,42
-0,36
0,15
-0,20
0,26
0,59
-0,44
0,18
-0,28
0,21
-0,36
-0,13
Addetti ai servizi alle imprese su occupati
-0,41
-0,18
-0,12
-0,40
0,05
0,57
-0,58
0,06
-0,06
0,61
-0,58
0,20
Rapporto fra unità locali e superficie
0,26
0,71
-0,47
0,32
Addetti all'industria su totale popolazione
Occupati nell'industria manifatturiera su
totale occupati
0,63
0,50
-0,17
0,30
Grado di distrettualità
0,50
0,49
0,53
0,47
-0,23
-0,16
0,35
0,38
Tasso di attività
0,90
0,07
0,24
-0,08
Valore aggiunto pro capite
0,88
0,30
0,00
0,00
-0,10
-0,48
0,44
-0,04
Fatturato mediano delle imprese industriali
0,79
0,19
0,13
0,09
Tassi a breve termine su finanz. per cassa
-0,76
-0,53
0,18
Laureati su popolazione
Km di strade su superficie (per 10.000 ha)
Saldo demografico delle imprese
-0,24
(segue)
36
Micucci Nuzzo
(segue Tav. 6)
Dataset ristretto
Variabili
Dataset ristretto,
parziale rispetto al
Valore aggiunto pro
capite
1^ Comp. 2^ Comp. 1^ Comp. 2^ Comp.
principale principale principale principale
Tasso di iscrizione alle scuole superiori
Occupati nell'industria manifatturiera su
totale occupati
Imprese extra agricole su 100 abitanti
-0,03
0,39
-0,35
0,33
0,78
0,07
0,21
0,02
0,74
0,34
-0,01
0,21
Fonte: elaborazioni su dati riportati in Cannari e Signorini (2000), Istat, Cerved, Segnalazioni di
Vigilanza.
Il dataset ristretto include le variabili che nel dataset ampio sono risultate maggiormente correlate con la
prima componente principale (cfr. tav. 1) e che sono più strettamente legate concettualmente alla nozione
di capitale sociale (cfr., nel testo, il par. 5).
Il dataset ristretto, parziale rispetto al valore aggiunto pro capite, considera le variabili del dataset ristretto
in un’analisi per componenti principali al netto dell’influenza del valore aggiunto pro capite.
37
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Tav. 7
Analisi per componenti principali, parziale rispetto al valore aggiunto
pro capite.
Dataset provinciale. Autovettori
(correlazioni tra variabili e componenti principali)
Variabili
1^ Componente
principale
2^ Componente
principale
NUMNPO
0,37
0,34
OCCNPO
-0,22
0,23
VOLNPO
0,35
0,45
ASSREG
0,29
0,46
CRIVIO
-0,29
0,34
PROTES
-0,29
0,36
VOTREG
0,39
-0,07
DONSAN
0,26
-0,40
REFPAR
0,47
-0,06
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
Variabili disponibili a livello provinciale
38
Micucci Nuzzo
Tav. 8
Analisi per componenti principali, parziale rispetto al valore aggiunto
pro capite. Dataset provinciale
(componenti provinciali per province)
Province
1^ componente
principale
2^ componente
principale
Milano
-4,42
0,10
Roma
-4,38
2,99
Isernia
-3,48
0,29
Palermo
-3,24
2,34
Siracusa
-2,64
0,47
Napoli
-2,35
0,99
Pordenone
-2,32
-0,20
Torino
-2,20
0,13
Aosta
-1,91
0,02
Caltanissetta
-1,89
-0,18
Brescia
-1,80
-1,23
Rimini
-1,64
0,31
Imperia
-1,57
0,51
Reggio Calabria
-1,56
0,34
Pescara
-1,48
1,20
Ragusa
-1,34
0,21
Genova
-1,28
2,25
Prato
-1,17
2,82
Vicenza
-1,12
-2,23
Agrigento
-1,10
-0,95
Udine
-1,07
-0,35
Mantova
-1,07
-1,40
(segue)
39
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
(segue Tav.8)
Province
1^ componente
principale
2^ componente
principale
Benevento
-0,89
-0,72
Belluno
-0,87
0,87
Catanzaro
-0,85
0,27
Latina
-0,82
-0,44
Reggio Emilia
-0,76
-1,50
Cosenza
-0,68
-1,24
Messina
-0,67
-0,35
Caserta
-0,60
-0,72
Campobasso
-0,60
-1,36
Foggia
-0,57
-0,63
Vibo Valentia
-0,54
0,42
Trapani
-0,49
-0,93
Como
-0,48
-1,45
Bologna
-0,48
-0,31
Frosinone
-0,37
-0,65
Potenza
-0,37
-0,36
Avellino
-0,35
-1,40
Bergamo
-0,30
-1,22
Modena
-0,28
-1,41
Teramo
-0,27
0,57
Crotone
-0,25
1,38
Cuneo
-0,25
-1,99
Treviso
-0,24
-1,29
Venezia
-0,18
-1,15
(segue)
40
Micucci Nuzzo
(segue Tav.8)
1^ componente
principale
2^ componente
principale
Verona
-0,17
-0,39
Bari
-0,17
-0,10
Sassari
-0,16
-0,41
Parma
-0,10
-0,33
Alessandria
-0,09
-1,20
L'Aquila
-0,03
-0,62
Matera
-0,02
-1,41
Catania
0,02
2,29
Taranto
0,14
-0,79
Massa Carrara
0,18
1,78
Salerno
0,21
-0,14
Varese
0,25
-2,76
Novara
0,25
-0,23
Chieti
0,25
0,07
Vercelli
0,30
-0,26
Nuoro
0,32
1,18
Firenze
0,36
2,32
Padova
0,36
-0,79
Oristano
0,37
-0,16
Ancona
0,46
-0,06
Lodi
0,50
-1,35
Rieti
0,52
-0,56
Sondrio
0,54
-2,15
La Spezia
0,55
Province
0,09
(segue)
41
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
(segue Tav.8)
1^ componente
principale
2^ componente
principale
Cremona
0,56
-1,85
Livorno
0,58
1,29
Trieste
0,61
4,95
Gorizia
0,65
2,70
Lecco
0,74
-0,47
Trento
0,74
1,01
Enna
0,80
-1,21
Savona
0,87
0,42
Piacenza
0,96
-0,92
Verbania
1,05
0,33
Bolzano
1,07
2,78
Pesaro-Urbino
1,12
-0,73
Cagliari
1,16
1,50
Pisa
1,17
0,07
Pavia
1,19
-3,50
Biella
1,28
0,92
Arezzo
1,48
0,42
Brindisi
1,49
0,98
Lucca
1,60
0,10
Terni
1,62
0,17
Ravenna
1,76
0,07
Viterbo
1,84
-0,94
Perugia
1,94
Province
0,85
(segue)
42
Micucci Nuzzo
(segue Tav.8)
Province
1^ componente
principale
2^ componente
principale
Grosseto
2,05
0,21
Lecce
2,07
-0,30
Ascoli Piceno
2,20
-0,20
Macerata
2,28
-0,57
Ferrara
2,45
-1,11
Pistoia
2,54
1,14
Asti
2,62
2,27
Rovigo
2,92
-1,58
Forlì
3,22
2,24
Siena
3,73
2,14
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
Variabili disponibili a livello provinciale
43
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
Fig. 1
Analisi Fama
4
3
MOL
2^ componente principale
2
1
BAS
MAR
VDA
CAL
ABR
UMB
TAA
VEN
0
FVG
SAR
-1
LOM
PUG
TOS
PIE
SIC
LIG
-2
CAM
EMI
LAZ
-3
-8
-6
-4
-2
0
1^ componente principale
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice (cfr. tav. 2).
2
4
6
44
Micucci Nuzzo
Fig. 2
Analisi per componenti principali. Dataset ristretto,
parziale rispetto al valore aggiunto pro capite
FVG
TOS
SAR
LIG
VEN
2^ componente principale
EMR
PUG
UMB
LOM
ABR
PIE
CAL
CAM
MOL
MAR
TAA
BAS
SIC
LAZ
VDA
1^ componente principale
Fonte: elaborazioni su dati elencati in Appendice.
Il dataset ristretto include le variabili che nel dataset ampio sono risultate maggiormente correlate con
la prima componente principale (cfr. tav. 1) e che sono più strettamente legate concettualmente alla
nozione di capitale sociale (cfr., nel testo, il par. 5). L’analisi per componenti principali è parziale
rispetto al valore aggiunto pro capite.
45
La misurazione del capitale sociale: evidenze da un’analisi sul territorio italiano
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