Seconda lezione 21 gennaio 2011 Il primato dell’immagine Gottfried Boehm, filosofo tedesco, nel suo libro ‘La svolta iconica’, evidenzia come la contemporaneità sia caratterizzata da un imponente ritorno delle immagini, a cui va riconosciuta la superiorità espressiva rispetto al testo in virtù delle proprie qualità di immediatezza, concretezza e chiarezza, tali da affermare un superamento del paradigma linguistico a favore di quello visuale. Boehm G. ‘La svolta iconica’ (ed.Italiana), Meltemi, Roma, 2009 Il volto come identità primaria Nel caso degli esseri umani, il volto è l’elemento che, a primo impatto, determina la conoscenza, anche se superficiale e non del tutto veritiera, dell’identità di una persona. Nel caso dei primi volti, anche se si tratta di una statua, di un disegno, di un affresco, il volto, e di conseguenza l’immagine (l’icona), è l’elemento che ci permette di riconoscere in maniera univoca l’identità, almeno fisica, di una persona. Volto e identità Il volto equivale per antonomasia alla persona. ‘Dare un volto’ a qualcuno significa nel nostro intimo riconoscerlo come un ‘tu’, una persona determinata, non come un individuo generico. ‘Guardare in faccia’ una persona significa, per esempio, per il burocrate non trattare anonimamente chi ha bisogno dei suoi servizi, e per un governante, un medico o un commerciante non considerare le persone come semplici numeri o mezzi per il proprio tornaconto. Un Facebook antico La correlazione tra volto ed identità non è certamente un argomento di studio recente e che nasce con l’analisi di internet e dei social network. Cesare Lombroso, antropologo, criminologo e giurista italiano, ci mostra, all’inizio del 1900 la sua idea di identità collegata alla questione del volto . In questo caso sono foto di criminali e agitatori politici che, secondo Lombroso, si possono IDENTIFICARE semplicemente a partire dal loro volto, poiché presentano tratti tipici criminali. Oggetto di ricerca di questo campo sarà la fisiognomica. La fisiognomica L’aedo omerico, come oggi l’attore del teatro di narrazione, comunica non solo attraverso la parola, ma mediante posture, gesti, mimica, prossemica. È una comunicazione olistica e sociale (Rivoltella 2001). Siamo di fronte ad una totalità percettiva che supera l’ordine della scrittura perché riduttivo e legittima l’atto della lettura che impegna solo lo sguardo e quindi diventa esclusivamente individuale (Eisenstein, 1980). Il volto e l’identità Il volto dell’uomo è costituito di una natura profondamente simbolica. Nel simbolo, su senso secondo (altro) si annuncia dentro a un senso primo. In forza di tale relazione il volto è maschera dell’uomo, non nel senso di ciò che copre e nasconde ma di ciò che svela e rivela. Il volto è simbolo dell’uomo e ne manifesta l’essere (Rivoltella 2010). La questione dell’identità La mia identità è ciò che fa sì che io non sia identico ad un’altra persona. [Essa comprende] l'appartenenza a una tradizione religiosa; a una nazionalità, talvolta a due; ad un gruppo etnico o linguistico; ad una famiglia più o meno allargata; ad una professione; a un’istituzione; ad un certo ambiente sociale.. Ma la lista è assai più lunga [...]: si può sentire un’appartenenza più o meno forte ad una provincia, a un villaggio, a un quartiere, a un clan, a una squadra [...], a una banda di amici, a un sindacato, a un’impresa, a una comunità di persone che hanno le stesse passioni, le stesse preferenze sessuali, gli stessi handicap fisici, o che sono messe di fronte agli stessi rischi (Maalouf, 2007: 18). La questione dell’identità al tempo di internet Studiando Internet e la maggior parte delle sue applicazioni spesso ci si rende conto che un concetto storico dell’evoluzione umana, l’identità personale, sta attraversando un tempo in cui le nuove tecnologie sembrano rimescolare il concetto stesso di identità In questo, i social network giocano un ruolo assolutamente non marginale, anzi. Ciò lo si vede a qualsiasi livello di applicazioni: profili, filesharing, ma, soprattutto, mondi virtuali. Un concetto non nuovo Pubblicata dal The New Yorker il 5 luglio 1993, (Vol. 69 n. 20), p. 61 I nativi digitali Espressione coniata da Marc Prensky (esperto di processi educativi) in un articolo del 2001 intitolato Digital Natives, Digital Immigrants Identifica i giovani nati tra la fine degli anni novanta e l’inizio del 2000. Sono loro a costituire la prima generazione nata e cresciuta con le nuove tecnologie. Essi rappresentano un agglomerato sociale, esposto fin dall’infanzia, ad una cultura visiva ed iconica (televisione, computer, videogiochi) che acutizza la sensibilità e tutti quanti i processi cognitivi che partono dall’immagine. Ad essi si contrappongono i migranti che ‘imparano ad adattarsi all’ambiente in cui vivono; essi mantengono sempre, in qualche misura, il loro ‘accento’ (linguaggio), ossia conservano parte della loro identità originaria. […] Oggi i non giovanissimi sono protagonisti di un processo di socializzazione differente da quello che sta investendo i loro figli; stanno imparando una nuova lingua. E un linguaggio appreso più tardi nella vita – ce lo dice la scienza – investe una parte differente del cervello (Prensky, 2000: 2).’ La vita dei nativi In cinque anni i nativi digitali Trascorrono 10.000 ore con i videogames Si scambiano 200.000 email Parlano al cellulare per 10.000 mila ore Guardano 20.000 ore di televisione Vedono 500.000 spot Solo 5.000 ore vengono dedicate alla lettura Prensky sostiene che una dieta mediale generi un nuovo linguaggio, un nuovo di modo di organizzare il pensiero che modificherà la struttura celebrale dei nativi digitali. Multitasking, ipertestualità, interattività, sono solo alcune delle caratteristiche di uno nuovo stadio dell’evoluzione umana. Gli immigrati digitali Insegnanti e genitori non possono far altro che imparare il nuovo linguaggio, adottare nuovi metodi di insegnamento e relazione provando a diventare immigrati digitali. Sia i nativi che i migranti collocano la propria esistenza sul terreno tecnomediale. Se per i nativi questo processo è invisibile e inavvertibile poiché naturale e parallelo alla crescita, nei migranti digitali si attivano le classiche dimensioni della migrazione: integrazione, assimilazione, nuovo senso di appartenenza o, al contrario, di contrasto e rifiuto. La screengeneration Google generation Generazione Y Millennials Net Generation Screenagers Hanno imparato l’alfabeto tecnologico B come F come G come 14 Gutenberg digitali I migranti altro non sono che nativi gutenberghiani, nati e cresciuti con il testo scritto ed un approccio organico alla scrittura e alla lettura. Ad esempio, i Gutenberg digitali cercano sempre un “manuale” o hanno bisogno di strumenti per inquadrare concettualmente un oggetto di studio prima di dedicarci a esso. I nativi no apprendono per esperienza e per approssimazioni successive. Utilizzano una logica che è più vicina a quella “abduttiva” di Peirce, che non a quella induttiva/deduttiva di Galileo. Procedono attraverso una scoperta multi prospettica e multicodicale del senso dell’oggetto culturale o di apprendimenti che esplorano e costruendosi man mano gli strumenti adatti e le strategie adatte. Imparano dagli errori e attraverso l’esplorazione, piuttosto che mediante un approccio storico o logico sistematico (Paolo Ferri). Primi studi sulla web-identità Sherry Turkle Prima edizione novembre1995 Studiosa del MIT di Boston; studi di impostazione psicologica e clinica. La Turkle, in particolare, durante una seduta di psicoterapia, si illumina dopo una battuta di un’internauta pazzoide che le dice: ‘la vita è un’altra finestra aperta sul mio desktop’ Identità multipla La lettura clinica della Turkle tendeva a concepire questa dislocazione del soggetto in più conversazioni come una avvenuta frantumazione dell’io, o quanto meno di un suo decentramento. Ma nello stesso tempo si potrebbe concepire come una emancipazione del soggetto rispetto ai vincoli dell’ hic et nunc. La vita sullo schermo quindi non rappresenta una dimensione di decadenza quanto una fase dell’umanità caratterizzata da una molteplicità, una sorta di super vita perché non più schiava del corpo. Aggiungiamo scenari di azione ad una identità che è già multipla. Il rapporto teenager e Rete I giovani stanno modificando comportamenti e usi sociali in relazione ai nuovi strumenti (i social network). Dal 2006 essi inviano sempre meno mail (dal 61 al 50%) Commentano sempre meno nei blog (dal 76 al 52%) Inviano sempre meno mail private (dall'82 al 66%) Inviano sempre più instant messages (58%) Commentano sempre più sulle aree deputate all’interno dei social network (wall) (86%) È in atto un processo di migrazione dalla blogosfera al socialnetworksfera (facebooksfera) 18 Due rappresentanti a confronto Un sito del genere presuppone, previa registrazione, l’installazione sul proprio computer di un software che genera un’interfaccia utente totalmente edificata su una simulazione di realtà virtuale; SL permette agli utenti di arricchirsi concretamente attraverso la valuta Linden Dollar; In Second Life vige il principio del nascondimento, del mascherare ed alterare la propria identità attraverso un rappresentante virtuale di se stesso. La partecipazione a Facebook non presuppone l’installazione di alcun sftware, ma una semplice registrazione; Possibilità di scambio di contenuti che in SL non c’è; L’utente tende a presentare se stesso in maniera autentica, non mascherandosi dietro un avatar L’identità nei mondi virtuali L’avatar e il cambio d’identità Per come sono stati concepiti, i mondi virtuali presuppongono un capovolgimento della propria identità. Lo stravolgimento, naturalmente, lo si vede dalla fisionomia: uomini che rinascono in avatar donne e viceversa, persone che scelgono l’antropomorfismo, avatar robot. La stessa perdita del nome proprio rappresenta la maggior sfida alla conservazione dell’identità da parte dell’utente. Il nome proprio, infatti, è l’etichetta primaria, insieme al volto, che identifica e rende riconoscibile una persona. L’identità digitale Alcuni casi Bookerang Miss bimbo Social network con avatar lanciato nel 2007 dalla Blouzar Orientato ad un target di (pre)adolescenti Il concept del gioco è quello di interpretare una “lolita”sexy ed aiutarla nella scalata sociale usando tutte le strategie possibili: trattamenti estetici, chirurgia plastica, diete, abiti provocanti, fidanzati ricchi e famosi Si possono acquistare servizi aggiuntivi attraverso i bimbodollari. Social network italiano che consente di condividere in rete i propri desideri di acquisto librario. È una biblioteca virtuale Sapere quale libro piace ad un amico e comprarlo. Si possono incontrare persone con gli stessi gusti. L’identità in Facebook Nel rapporto tra volto e identità Facebook si inserisce in modo significativo. Secondo Pier Cesare Rivltella, da un punto di vista antropologico, per chi vi apre un account, FB costituisce un momento effettivo della costruzione del sé attraverso tre tipi di operazione: la propria autorappresentazione, che prende corpo nella ‘fotina’, nell’immagine con cui l’utente sceglie di identificarsi sulla propria home page. la propria autonarrazione, che si esplicita nella definizione del ‘profilo’ che ogni utente ha in Facebook e che contiene le informazioni (gusti, tendenze, passioni) che servono agli altri utenti per farne la conoscenza; le narrazioni condivise con gli ‘amici’, ovvero tutte le tracce che un utente lascia di sé nella propria pagina e che sono rese accessibili a coloro che fanno parte del suo social network: fotografie che riguardano la propria biografia, frasi sulla bacheca, note, ecc. La società estroflessa Ragazzo che esce da scuola e si rivede dopo pochi minuti su MSN o su FB. Essi sono rassicuranti perché mostrano l’intera rete sociale di ciascuno. La sfera privata, invece di ritirarsi da quella pubblica, esplode in essa. Rivoltella parla di società estroflessa, una società in cui il personale è sempre più spesso pubblico. Estroflessione: Ripiegamento verso l'esterno di un organo o di un tessuto L’identità al di fuori dei social network L’identità in internet, o meglio, la costruzione dell’identità in internet, non avviene, non deve avvenire in maniera esclusiva con i social network. Matt Harding, conosciuto in internet come ‘Dancing Matt’. Ha costruito la sua identità in rete attraverso i video delle sue esibizioni di pseudodanza in alcuni dei luoghi più belli al mondo. Grazie ai suoi video, Matt è riuscito a diventare una star online, tanto che la sua trovata gli è valsa la sottoscrizione di un contratti pubblicitario con una marca di gomme da masticare. http://www.wherethehellismatt.com L’identità fuori dai social network: i flasch mob Il flash mob avviene per rompere la quotidianità divertendosi osservando la reazione degli ignari passanti che si trovano in quel luogo. In molti casi, le regole dell'azione vengono illustrate ai partecipanti pochi minuti prima che l'azione abbia luogo. I mobbers si incontrano in un punto prestabilito per realizzare assieme un'azione corale senza alcun senso. Il flash mob si presenta come un'azione apolitica, aconfessionale, priva di connotazioni religiose, politiche o sociali; in essa viene unicamente incoraggiata la piena libertà di espressione. Identità privata diventa identità pubblica http://www.youtube.com/watch?v=L5ozqhrDAtk You Tube, il regno dell’identità privata al servizio della rete UN PO’ DI SITI PER SAPERNE DI PIÙ www.alexa.com www.corrierecomunicazioni.it www.comscore.com www.emarketer.com www.facebook.com www.flickr.com www.generazione-internet.com www.key4biz.it www.nielsen-online.com www.manyeyes.alphaworks.ibm.com/manyeyes/ www.pewinternet.org www.osservatoriobandalarga.it www.rapleaf.com www.secondlife.com www.socialnetworking.ning.com www.vincos.it www.vincos.it/osservatorio-facebook www.twitter.com