Articolo pubbicato nella newsletter “minori e garanzie” del mese di febbraio 2015 l’abuso sessuale a danno di minori di Luigi Fadiga, Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Emilia-Romagna L’abuso sessuale nei confronti di una persona minorenne fa parte di quel più vasto , doloroso e diffuso fenomeno che l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiama genericamente maltrattamento, e che l’art. 19 della Convenzione delle N.U. sui diritti del fanciullo più analiticamente così descrive: “ogni forma di violenza, di aggressione o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale”. E’ dunque una delle forme in cui il maltrattamento può verificarsi, e nella sua gravità non deve far dimenticare le altre. L’espressione “abuso sessuale ai danni di un minore” si riferisce a qualsiasi approccio o azione di natura sessuale, comprese le più sfumate manifestazioni seduttive ed erotizzate, ai danni di bambini o adolescenti che, per la loro età e per il loro grado di maturità, sono privi della necessaria consapevolezza nonché di una reale possibilità di scegliere. A seconda del rapporto esistente tra il minore e l’abusante, l’abuso sessuale può dividersi in perifamiliare se attuato da una persona che gravita attorno all’ambiente familiare, extra-familiare se l’abusante è una figura estranea al nucleo familiare ed intra-familiare che riguarda l’ambiente familiare, cioè quelle situazioni in cui l’abuso avviene per opera di un membro della famiglia intesa in senso stretto. L’emersione del fenomeno della violenza domestica, di cui oggi si parla più frequentemente, ha portato ad una maggiore sensibilità per le vittime in generale e per le vittime minorenni in particolare. Nel campo del diritto penale questo ha avuto una duplice conseguenza: la stesura, da una parte, di numerose Carte e linee guida sia nazionali che internazionali e, dall’altra, l’introduzione di nuove ipotesi di reato. Sotto questi aspetti vanno ricordate, a livello internazionale, la Convenzione di Lanzarote, ratificata dall’Italia con legge 1 ottobre 2012, n. 172, e la recente Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo che hanno introdotto, tra le disposizioni di «adeguamento dell’ordinamento interno», alcune importanti modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge sull’ordinamento penitenziario. In attuazione della Convenzione, oltre alle modifiche in tema di ignoranza dell’età della persona offesa, sono state introdotte novità significative in materia di reati contro la libertà sessuale dei minori (con l’introduzione del nuovo reato di adescamento di minori di cui all’art. 609 undecies c.p.), di reati di prostituzione minorile (con modifiche alle fattispecie di induzione o favoreggiamento della prostituzione minorile e di atti sessuali a pagamento con minore), di pornografia minorile (con la punizione di chi assiste a esibizioni o spettacoli pornografici e con l’introduzione di una nozione normativa di pornografia minorile) e di reati contro l’ordine pubblico (con l’introduzione delle nuove fattispecie di istigazione a delinquere e di associazione per delinquere aventi ad oggetti reati contro la libertà sessuale dei minori). Inoltre nel 2002 è stata aggiornata la Carta di Noto che fornisce alle diverse figure professionali operanti nel campo dell’abuso sessuale al minore le linee guida da seguire e mettere in pratica nel lavoro con i minori presunte vittime di abuso. Nel nostro ordinamento un certo numero di condotte violente o maltrattanti in danno di soggetti minorenni era da tempo previsto e punito dalla legge penale come reato. Esemplificando, la violenza fisica può costituire il delitto di lesioni personali (artt. 582, 583, 585 cod. pen.); la violenza psicologica il delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572 cod.pen.); l’abbandono di minore il delitto di abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 cod. pen.). Tuttavia, fatta eccezione per i delitti contro la personalità individuale (ad esempio, quello di prostituzione minorile ex art. 600 bis cod. pen.) e contro la libertà personale (ad esempio, di violenza sessuale di Articolo pubbicato nella newsletter “minori e garanzie” del mese di febbraio 2015 gruppo ex art. 609 octies cod. pen.), per i quali l’art. 609 decies prevede che “il procuratore della repubblica ne dia notizia al tribunale per i minorenni; che il minore vittima abbia diritto all’assistenza affettiva e psicologica di una persona da lui indicata; che in ogni caso gli sia assicurata l’assistenza del servizio sociale minorile del ministero della giustizia e dei servizi dell’ente locale”, non esiste nel nostro diritto penale un sistema organico di protezione e tutela della vittima minorenne. Nemmeno esiste un organico raccordo normativo con il settore della protezione giudiziaria e con quello dei servizi sociali. Questo può dar luogo a sovrapposizione di interventi, o a interventi contraddittori e non coordinati, tanto più che anche la terminologia favorisce gli equivoci, come accade per la nozione di abbandono. Questa infatti ha un diverso significato e diversi effetti in campo penale (cfr. art. 591 cod. pen.) e in campo civile (cfr. art. 8 legge 184/1983). Un approccio organico alla materia dei diritti delle vittime di reato e della loro assistenza e protezione è fornito invece nella citata Direttiva 2012/29/UE del Parlamento e del Consiglio Europeo, alla quale i Paesi membri dovranno conformare la loro legislazione entro il 16 novembre 2015. Nel frattempo, le disposizioni della Direttiva hanno già valore di criterio interpretativo della normativa vigente e possono fornire indicazioni importanti. Prima fra queste è il diritto della vittima di essere riconosciuta e trattata “in maniera rispettosa, sensibile, personalizzata, professionale e non discriminatoria”, in tutti i contatti con i servizi o con la giustizia penale. Se la vittima è un minore, deve essere considerato il suo superiore interesse e si deve procedere a una valutazione individuale delle sue specifiche esigenze di protezione. Si privilegia un approccio rispettoso che tenga conto dell’età, della maturità, delle opinioni, delle necessità e delle preoccupazioni (art. 1). Fin dal primo contatto, la vittima minorenne ha il diritto di capire e di essere capita (art. 3); ha il diritto di essere ascoltata (art. 10); di avere accesso alla difesa a spese dello Stato dove la normativa interna lo preveda art. 13); di avere un rappresentante legale o un curatore speciale quando vi sia conflitto di interesse con i genitori o quando non sia accompagnato o sia separato dalla famiglia (art. 24 b, c). Tutelare un minore vittima di abuso sessuale impone un sistema globale di protezione del minore in cui il sistema dei servizi e quello giudiziario devono tendere verso lo stesso obiettivo: la realizzazione dei diritti del minore e la sua tutela. È importante, a questo proposito, promuovere un coordinamento tra i vari professionisti coinvolti per evitare inutili sovrapposizioni di attività e per prevenire dannose o contradditorie disarticolazioni dell’intero procedimento. Riemerge pertanto l’importanza di un approccio multidisciplinare, completo e versatile, basato su metodi di lavoro il più concertati possibile; deve essere incoraggiata una stretta collaborazione tra diversi professionisti al fine di pervenire ad un’approfondita comprensione del minore nonché ad una valutazione della sua situazione globale: legale, psicologica, sociale, emotiva, fisica e cognitiva. Affrontare il tema dell’abuso sessuale esclusivamente dal punto di vista penalistico sarebbe estremamente pericoloso: se lo scopo del diritto penale è principalmente quello di individuare e punire il colpevole, laddove si parla di maltrattamento all’infanzia questo scopo diviene riduttivo e inadeguato. In un delicato bilanciamento di interessi, nei procedimenti in cui è coinvolto un minore abusato deve piuttosto prevalere l’esigenza di proteggere la vittima, prevenire la condotta maltrattante e recuperare, ove possibile, le relazioni interpersonali. Tutelare un minore vittima di abuso sessuale impone particolare attenzione allo scopo di evitare il rischio della cosiddetta “doppia vittimizzazione”: questo può verificarsi nell’attivazione dell’iter processuale che coinvolge direttamente il minore ed è causato da un continuo riaffiorare e da un incessante ricordo delle Articolo pubbicato nella newsletter “minori e garanzie” del mese di febbraio 2015 traumatiche vicende subite; a questo proposito sarebbe opportuno coinvolgere il minore il meno possibile, pur tenendo conto delle esigenze probatorie del procedimento penale, e farlo fuoriuscire dal procedimento il più celermente possibile. Più in generale, tutelare un minore vittima di maltrattamento richiede particolare attenzione al profilo relativo all’ascolto: la vittima minorenne ha certamente diritto di essere capita e di essere ascoltata; peraltro, spesso l’unica prova del maltrattamento o dell’abuso è costituita dalla testimonianza del minore vittima ed è perciò necessario che egli stesso racconti i fatti o dia elementi certi, perché si possa accertare l’accaduto. Così, il momento dell’ascolto del minore maltrattato o abusato diviene un momento fondamentale per la realizzazione di quella tutela globale di cui il minore è titolare. L’ascolto è efficace quando è in grado di contemperare la tutela dei diritti dell’infanzia con l’esigenza di individuare la dinamica dei fatti, quando rispetta i tempi del minore per l’elaborazione del trauma, quando usa un linguaggio consono a quello del minore e quando lo aiuta a fare chiarezza sull’accaduto e soprattutto a sentirsi sostenuto. Tutelare un minore vittima di abuso sessuale, poi, rende urgente riconoscere la necessità di una formazione specifica delle forze dell’ordine, del personale giudiziario, dei giudici, dei pubblici ministeri, degli avvocati; questo aspetto diviene ancora più pressante quando il minore è vittima di abuso sessuale. In particolare, i professionisti dovrebbero essere formati specificatamente per comunicare con minori che versano in situazioni di particolare vulnerabilità, tenendo conto anche dell’età e della fase di sviluppo degli stessi. Tutelare un minore vittima di abuso coinvolge anche il diritto di cronaca, e recenti vicende accadute nella nostra regione ne sono una prova: si deve garantire un approccio rispettoso della persona minorenne, che tenga conto del fondamentale rispetto alla dignità e alla vita privata del minore, come espressamente sancito dall’art. 16 della Convenzione delle N. U.. Il diritto di cronaca è chiamato ad arrestarsi e limitarsi per consentire al minore vittima di abuso di riprendere con più serenità possibile il percorso di autonomia e recupero. Tutelare un minore vittima di abuso sessuale richiede che in ogni scelta sia effettuata una valutazione delle sue esigenze di protezione, strettamente connesse alla gravità dell’abuso subito: questa è la strada per poter garantire il rispetto del superiore interesse del minore in ogni contesto in cui è coinvolto.