Addendum a “Un’introduzione alla Fisica Tecnica” Appendice E - Note di Matematica applicata Liguori Editore Prefazione Come è frequente per molte discipline universitarie di tipo scientifico, l’utilizzo di alcuni strumenti analitici derivati dalla Matematica e dalla Fisica applicate è essenziale per la completa comprensione di alcune fenomenologie e conseguentemente per una corretta formazione professionale. Questo risulta particolarmente vero per le discipline tipiche dell’ambito industriale, per le quali è spesso necessaria un’approfondita analisi qualitativa e quantitativa dei relativi processi. Il nuovo ordinamento di studi ha ridotto l’esposizione degli allievi del Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari alla Matematica ed in particolare ad alcuni strumenti analitici tipici dell’Ingegneria Alimentare. Queste note, corredate di alcuni esercizi applicativi svolti, sono qui offerte per stimolare l’integrazione e il completamento delle capacità elaborative e di comprensione degli strumenti della Matematica. Ringrazio in anticipo coloro, soprattutto quelli a cui queste note sono destinate, che vorranno segnalare ogni inadeguatezza o errore, collaborando cosı̀ a rendere questo sussidio didattico il più valido possibile. Napoli, settembre 2002 Gianpaolo Ruocco IV Prefazione Indice 1. Un’applicazione riassuntiva dell’Algebra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2. Interpolazione di dati da tabelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1 Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Interpolazione singola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Interpolazione doppia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Estrapolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 5 6 6 7 3. Note sui grafici di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1 Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Sistemi di coordinate polare e cilindrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Grafici ed interpolazione grafica di funzioni lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Trasformazioni logaritmiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.1 Manipolazione di funzioni potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.2 Manipolazione di logaritmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.3 Tracciamento di funzioni logaritmiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 9 9 11 14 14 15 15 4. Elementi di Analisi matematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1 Differenziazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1.1 Significato geometrico della derivata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1.2 Differenziazione formale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1.3 Regole di differenziazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1.4 Derivate seconde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1.5 Approssimazione di funzioni: l’espansione in serie del Taylor . . . . 4.1.6 Derivate parziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.1 Integrazione formale e relative regole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.2 Integrali definiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.3 Significato geometrico dell’integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 Operatori differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4 Le equazioni differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 17 18 19 20 20 21 21 21 22 23 23 25 26 1. Un’applicazione riassuntiva dell’Algebra La risoluzione di un sistema di equazioni consiste nella ricerca dei numeri che soddisfano simultaneamente più condizioni assegnate, ed è frequentemente lo strumento mediante il quale si risolvono problemi tecnici, come quelli tipici dell’industria di processo. A questo scopo vengono comunemente usati tre metodi di risoluzione: 1. per manipolazione algebrica 2. per sostituzione 3. mediante l’uso delle matrici. Quando le relazioni sono lineari nelle incognite, il sistema di dice lineare. Allo scopo di riassumere alcune nozioni dell’algebra, se ne veda qui di seguito una tipica applicazione. Esercizio 1.1 Si esamini la Fig. 1.1: una certa porzione di una sostanza alimentare, contenente il 80% di acqua, deve essere essiccato fino al 50%. Il prodotto essiccato è 40 kg. Quanto prodotto x è inviato nell’essiccatore, e quanta acqua y si deve rimuovere dal prodotto? Svolgimento: Visto che è richiesta la determinazione del valore di 2 incognite, si scriveranno 2 equazioni in tali incognite. Richiamando la (3.8), considerando le portate massiche del prodotto e dell’acqua per unità di tempo, ovvero le loro masse: x = y + 40 per il bilancio di massa totale 0, 8 × x = 1, 0 × y + 0, 5 × 40 per il bilancio di massa sull’acqua che è appunto un sistema di 2 equazioni lineari nelle masse incognite x e y. Figura 1.1. Schema dell’essiccatore (1.1) (1.2) 2 1. Algebra 1. Risoluzione per manipolazione Si operi affinché in le due equazioni (1.1,1.2) contengano un uguale coefficiente di una delle incognite, ma di segno contrario. Ad esempio, per la x, si divida la (1.2) per (-0,8) ottenendo il seguente sistema: x − y = 40 −x + 1, 25 × y = −25 Si sommino le due equazioni, membro a membro: 0, 25y = 15 cioé y = 60 L’acqua rimossa dal processo sarà 60 kg. Sostituendo tale valore per esempio in (1.1) si ha: x = 100 La massa del prodotto in ingresso nell’essiccatore sarà 100 kg. 2. Risoluzione per sostituzione Si sostituisca la (1.1) in (1.2): 0.8(y + 40) − y = 20 Moltiplicando e sommando algebricamente si ottiene: −0.2y = −12 ovvero y = 60 Si proceda poi per sostituzione, come già visto. 3. Risoluzione mediante l’uso delle matrici (regola del Kramer) Si riordini il sistema (1.1,1.2) nel seguente modo: x − y = 40 0, 8 × x − y = 20 e lo si ·scriva in forma ¸ · ¸ matriciale: · ¸ 1 −1 x 40 = 0, 8 −1 y 20 Il determinante della matrice dei coefficienti 4c vale: 4c = 1(−1) − (0, 8)(−1) = −0, 2 Si calcoli ad esempio il valore di x; a questo scopo si sostituisca il vettore dei termini· noti nella ¸ colonna dei coefficienti di x per ottenere: 40 −1 20 −1 Il determinante 4x di questa matrice vale: 4x = 40(−1) − (20)(−1) = −20 A questo punto, x è determinato dal rapporto dei due determinanti appena calcolati: 4x −20 x= = = 100 4c −0, 2 Si proceda infine per il calcolo di y con un analogo procedimento; si sostituisca il vettore noti nella dei coefficienti di y per ottenere: · dei termini ¸ 1 40 0, 8 20 Il determinante 4y di questa matrice vale: 4y = 1(20) − (0, 8)(40) = −12 y sarà dunque: 1. Algebra 4y −12 = = 60 4c −0, 2 Come è ovvio, tutti e tre i metodi considerati porgono lo stesso risultato. y= 3 4 1. Algebra 2. Interpolazione di dati da tabelle 2.1 Generalità In molti ambiti scientifici e tecnici i dati possono essere presentati in forma tabellare. Quando un valore del parametro ricercato non è esplicitamente fornito dalla tabella, è necessario effettuare un’interpolazione. Generalmente le variabili da cui il parametro ricercato dipende sono disposte lungo i margini superiore e sinistro della tabella, mentre i vari valori del parametro costituiscono il “corpo” stesso della tabella. La situazione più favorevole in cui ci si può trovare nella lettura di una tabella è quando i valori delle due variabili, nel dato problema, concide con quelli già presenti lungo i margini. Il dato ricercato è allora agevolmente letto dall’incrocio della riga e la colonna delle variabili. Tabella 2.1. Perdita di carico ∆P (in Pa) relativa al flusso di succo di frutta lungo un tubo circolare di diametro 0,2 m, in funzione della portata volumetrica e della lunghezza del tubo (viscosità dinamica µ = 2, 0 × 10−3 Pas) Lunghezza tubo L (m) 10 20 30 Portata volumetrica V̇ (m3 /s) 1,0 2,5 5,0 10,0 509,3 1018,6 1527,9 1273,2 2546,5 3819,7 2546,5 5093,0 7639,4 5093,0 10185,9 15278,9 Si consideri, ad esempio, la Tab. 2.1, in cui sono riportati i dati di alcune misure di perdita di carico relative al pompaggio di succo di frutta in una tubazione, in funzione della portata e della lunghezza del tubo. Per esempio, si legge che la caduta di pressione relativa alla portata volumetrica di 5,0 m3 /s, in un tubo lungo 20 m, vale 5093,0 Pa. Tabella 2.2. Porzione della tabella B.2 Temp. T ◦C 20 25 30 Press. p Vol.spec. vl vvs Energia interna spec. ul uvs − ul uvs hl Entalpia spec. hvs − hl hvs sl Entropia spec. svs − sl svs kPa dm3 /kg m3 /kg kJ/kg kJ/kg kJ/kg kJ/kg kJ/kg kJ/kg kJ/kgK kJ/kgK kJ/kgK 2,339 3,169 4,246 1,002 1,003 1,004 57,79 43,36 32,89 83,95 104,88 125,78 2319,0 2304,9 2290,8 2402,9 2409,8 2416,6 83,96 104,89 125,79 2454,1 2442,3 2430,5 2538,1 2547,2 2556,3 0,2966 0,3674 0,4369 8,3706 8,1905 8,0164 8,6672 8,5580 8,4533 6 2. Interpolazione da tabelle E’ ancora più semplice il caso in cui la variabile di ingresso nella tabella sia unica; nella seguente Tab. 2.2, tratta dalla Tab.B.2 del testo (impiegata per i calcoli sui vapori saturi), si legge agevolmente il valore del parametro ricercato (volume, energia interna, entalpia o entropia specifici) in funzione della sola temperatura. Ad esempio, l’entropia specifica sl dell’acqua in condizioni di liquido saturo vale 0,3674 kJ/kgK a 25 ◦ C. E’ altresı̀ frequente il caso in cui uno dei valori delle variabili indipendenti non sia esplicitamente fornito dalla tabella. Si faccia ancora riferimento, per esempio, alla Tab. 2.1. Si possono stabilire delle proporzioni tra i vari termini per determinare il valore voluto, oppure si adotta il seguente formalismo. 2.2 Interpolazione singola Si vuole ricercare il valore di ∆P relativo ad un tubo lungo 15 m. Il relativo valore per una portata di 5,0 m3 /s dev’essere allora determinato mediante una interpolazione singola. Si determinino inizialmente gli estremi dell’intervallo che contengono il valore della variabile indipendente d’interesse, ovvero 10 e 20 m. Questi valori identificano una differenza frazionale DF, definita come DF = valore della variabile indipendente − estremo minore estremo maggiore − estremo minore (2.1) In questo caso, il calcolo porge DF = 0, 5. Si leggano poi i valori della tabella corrispondenti a questi estremi, cioé rispettivamente 2546,5 e 5093,0 Pa. Il valore ricercato della tabella si calcola allora in tal modo: valore interpolato = DF × differenza tra valore maggiore e minore della tabella + valore minore della tabella (2.2) Si noti l’ultimo addendo di questa relazione. In questo caso, il calcolo porge ∆P = 3819, 7 Pa. 2.3 Interpolazione doppia Se invece entrambi i valori delle variabili indipendenti mancano, si dovrà procedere ad una interpolazione doppia, come per il caso della calcolo del ∆P per un tubo lungo 15 m e per una portata di 8,0 m3 /s. Si proceda in due fasi. Nella prima fase si effettueranno 2 interpolazioni singole per determinare i valori della tabella corrispondenti, per la lunghezza di 15 m, alle portate di 5,0 e 10,0 m3 /s. Nella seconda fase si interpoleranno questi ultimi due valori per determinare il valore ricercato a 15 m e 8,0 m3 /s (in totale, 3 interpolazioni). 1. La differenza frazionale eseguita con la (2.1) lungo la variabile indipendente L, è ovviamente la stessa (appena calcolata nell’esempio precedente): DF = 0, 5. Applicando due volte la (2.2) per 5,0 e 10,0 m3 /s si ha allora rispettivamente 3819,7 e 7639,4 Pa. 2.4 Estrapolazione 7 2. La differenza frazionale eseguita lungo la variabile indipendente V̇ vale DF = 8, 0 − 5, 0 = 0, 6 10, 0 − 5, 0 Interpolando con la (2.2) usando i valori calcolati nella fase precedente si ottiene infine valore interpolato = 0, 6(7639, 4 − 3819, 7) + 3819, 7 = 6111, 5Pa 2.4 Estrapolazione Se infine gli estremi dei valori di una variabile indipendente non contengono il valore che determina il parametro ricercato, si dovrà procedere ad una estrapolazione (solo nel caso che il valore della variabile indipendente non sia troppo discosto da quelli disponibili in tabella). Il calcolo della differenza frazionale è analogo a quello svolto in (2.1), con l’unica modifica per la nomenclatura, cioé ora gli estremi minore e maggiore non contengono il valore d’interesse ma vanno intesi come quelli più prossimi nella tabella. Si distinguano allora i seguenti 2 casi, relativi ad esempio a V̇ = 5, 0 m3 /s: 1. estrapolazione verso il basso della tabella, come ad esempio per il tubo lungo 33 m: DF = 0, 3 (usando gli estremi 20 e 30). Si modifica l’ultimo addendo della (2.2) come segue: valore estrapolato = DF × differenza tra valore maggiore e minore della tabella + valore maggiore della tabella per porgere ∆P = 8403, 3 Pa. Si noti l’ultimo addendo di questa relazione, differente da quanto riportato per l’interpolazione (2.2). 2. estrapolazione verso l’alto della tabella, come per il tubo lungo 8 m: DF = −0, 2 (usando gli estremi 10 e 20). La (2.2) porge direttamente ∆P = 2037, 2 Pa. Si faccia attenzione ai segni algebrici. 8 2. Interpolazione da tabelle 3. Note sui grafici di funzioni 3.1 Generalità In molti ambiti scientifici e tecnici, la creazione e la presentazione di grafici di funzioni è di fondamentale importanza. Una funzione y = f (x) è una corrispondenza tra elementi degli insiemi X e Y (con x ∈ X e y ∈ Y ); al variare di x all’interno dell’intervallo (di definizione della funzione) questa assume valori nel suo codominio. Le rappresentazioni grafiche di y = f (x) devono essere riportate mediante l’uso di sistemi di coordinate, tra i quali quello cartesiano ortogonale bidimensionale (o cartesiano per brevità) è certamente familiare per il suo uso diffuso. Esso è facilmente estendibile all’ambito tridimensionale mediante un terzo asse a sua volta ortogonale ai primi. 3.2 Sistemi di coordinate polare e cilindrico Per geometrie diverse dalle rettangolari, quando cioé la forma del sistema in studio è circolare o cilindrico, è necessario adottare il sistema di coordinate polare (in ambito bidimensionale) o quello cilindrico (tridimensionale). Si inizi esaminando il sistema polare riportato in Fig. 3.1. , Come al solito, i due assi formano 4 quadranti e la loro intersezione dei due assi è l’origine O del sistema. Ogni Figura 3.1. Il sistema di coordinate polare 10 3. Grafici Figura 3.2. Trasformazione tra coordinate cartesiane e polari punto giacente sul piano della figura è identificato da una coppia di enti (come per il sistema cartesiano), in questo caso il raggio r (descritto dalla distanza dall’origine del sistema) e l’angolo θ (descritto da un raggio di riferimento che, per sovrapporsi a quello dato, si muova in senso anti–orario a partire dal semiasse orizzontale destro). In Fig. 3.1 sono riportati alcuni cerchi, linee a r=cost, ed il valore dell’angolo in corrispondenza dei 4 semiassi. Gli angoli possono essere misurati con il sistema sessagesimale, cioé mediante il grado (◦ ), la trecentosessantesima parte dell’angolo giro, oppure con il sistema circolare, cioé mediante il radiante (rad), l’angolo al centro di una circonferenza che insiste su un arco lungo quanto il raggio. Quest’ultimo sistema è quello utilizzato dalla trigonometria. Il radiante può essere convertito in gradi sapendo che 360◦ equivalgono a 2π rad, e dunque 1 rad = 180◦ π . E’ possibile passare dal sistema di coordinate cartesiano a quello polare, e viceversa, mediante alcune relazioni geometriche. Si veda a questo scopo l’esempio raffigurato in Fig. 3.2, in cui un punto P è individuato rispetto al sistema cartesiano con coordinate (4, 3); P può anche essere denotato rispetto al sistema polare, con coordinate (5, 0,64). Tali valori sono stati ottenuti trasformando le coordinate cartesiane in polari mediante le seguenti: y r2 = x2 + y2 tan θ = x ovvero ³y´ p r = x2 + y2 θ = arctan x La trasformazione di coordinate inversa (da polari a cartesiane) si può ottenere invece mediante le seguenti: 3.3 Grafici ed interpolazione grafica di funzioni lineari 11 Figura 3.3. Il sistema di coordinate cilindrico x = r cos θ y = r sin θ Se al sistema di coordinate polare si aggiunge una terza coordinata z, perpendicolare al piano del foglio e positiva uscendo da esso, si ottiene il sistema cilindrico, raffigurato in Fig. 3.3, di diffuso uso nei processi industriali. 3.3 Grafici ed interpolazione grafica di funzioni lineari Per tracciare una retta passante per 2 punti P1 (x1 , y1 ) e P2 (x2 , y2 ) si suole impiegare, nelle trattazioni introduttive della Matematica, l’equazione della retta in forma parametrica y = mx + b dove i coefficienti sono la pendenza m e l’intercetta sull’asse y b, oppure l’equazione della retta passante per 2 punti y − y1 x − x1 = y2 − y1 x2 − x1 Nel primo caso, com’è noto, si possono determinare i coefficienti a partire dalle coordinate dei punti mediante le seguenti: y2 − y1 m= x2 − x1 b = y1 − mx1 E’ altresı̀ importante determinare quale sia la relazione analitica (equazione) della curva che meglio approssima l’andamento di dati, cioé l’operazione concettualmente inversa a quella appena richiamata. Questa procedura di interpolazione, anche detta curve fitting, non solo è una sorta di interpolazione estesa, ma consente di inferire utili considerazioni, ottenendo da un insieme finito di dati una relazione analitica che possa descrivere il fenomeno osservato in maniera continua. 12 3. Grafici A questo scopo ci si può avvalere della regressione lineare che consente sia la determinazione di m e b che un controllo sulla bontà dell’approssimazione. m e b sono determinati in base a n coppie di dati xi e yi , mediante le seguenti due relazioni: m= b= ∑ xi yi − ∑ ∑ xi2 − xi ∑ yi n (∑ xi )2 n (3.1) ∑ yi − m ∑ xi n (3.2) mentre il coefficiente di correlazione ∑ (y∗i − ȳ) 2 ∑ (yi − ȳ) 2 r2 = (3.3) che è un numero minore o uguale a 1, e qualifica l’approssimazione (accettabile in genere se r2 > 0, 85). Qui y∗i sono i valori calcolati mediante l’interpolazione, e ȳ è il valore medio degli yi . Esercizio 3.1 I fluidi plastici riportati in Fig. 7.4, come quelli “tipo Bingham”, possono essere caratterizzati dalla seguente equazione lineare: τ=µ dw + τ0 dy dove τ è lo sforzo di taglio (Pa), µ la viscosità dinamica (Pas), dw/dy la deformazione (1/s), e τ0 lo sforzo di distacco (Pa). Si interpoli graficamente mediante questa relazione i seguenti dati provenienti da misure (n = 4): τ dw/dy 14 0 35 4 54 8 73 12 Svolgimento: Si formi la Tab. 3.1 per facilitare i calcoli nell’applicazione delle (3.1,3.2): Tabella 3.1. Termini per il calcolo dei coefficienti m e b mediante regressione lineare dw/dy τ (dw/dy)τ (dw/dy)2 0 4 8 12 ∑(dw/dy) = 24 13 36 52 76 ∑ τ = 177 0 144 416 912 ∑(τdw/dy) = 1472 0 16 64 144 ∑(dw/dy)2 = 224 3.3 Grafici ed interpolazione grafica di funzioni lineari m= b= ∑(dw/dy)i τi − ∑(dw/dy)i ∑ τi n 2 (∑(dw/dy)i ) ∑(dw/dy)2i − n = 1472 − 24×177 4 2 224 − 244 13 = 5, 12 177 − 5, 12 × 24 ∑ τi − m ∑(dw/dy)i = = 13, 5 n 4 La retta che interpola i dati è dunque τ = 5, 12 dw + 13, 5 dy In Fig. 3.4 è presentata tale retta, cosı̀ come le misure originali. Si noti il leggero scostamento tra questi e la retta interpolante. Per qualificare il calcolo, infine, è necessario determinare r; a questo scopo si formi la Tab. 3.2, per facilitare i calcoli nell’applicazione della (3.3): Tabella 3.2. Termini per il calcolo del coefficiente di correlazione r dw/dy τ τ∗ (τi − τ̄)2 (τ∗i − τ̄)2 0 4 8 12 13 36 52 76 τ̄ = 44, 25 13,5 33,98 54,46 74,94 976,56 68,06 60,06 1008,06 ∑(τi − τ̄) = 2112, 75 945,56 105,47 110,46 941,88 ∑(τ∗i − τ̄) = 2103, 37 Figura 3.4. I dati sperimentali e la retta interpolante per l’Esercizio 3.1 14 3. Grafici Dunque, r2 = 2 2103, 37 ∑ (τ∗i − τ̄) = = 0, 996 2 2112, 75 ∑ (τi − τ̄) La retta identificata interpola i dati sperimentali molto bene. 3.4 Trasformazioni logaritmiche Le trasformazioni dei valori dei dati mediante i logaritmi possono consentire la linearizzazione di dati che inizialmente non appaiono lineari. Il trattamento dei logaritmi è altresı̀ importante nella descrizione di molti fenomeni e nella risoluzione di alcune equazioni differenziali che dipendano da funzioni esponenziali, per cui verranno riveduti qui di seguito, insieme alle funzioni potenza. 3.4.1 Manipolazione di funzioni potenza Le più comuni operazioni sulle funzioni potenza sono le seguenti: 1. moltiplicazione – quando la base è la stessa, si possono sommare gli esponenti: x2 (x3 ) = x2+3 = x5 2. divisione – in maniera analoga: µ ¶3.5 P = P3.5V −3.5 V 3. esponenziazione – si possono moltiplicare gli esponenti: √ ¡ ¢1/4 √ 4 x2 = x2 = x2/4 = x Esercizio 3.2 Il numero del Reynolds (7.4) di un certo fluido non newtoniano è espresso come: 8V 2−n Rn ρ Re = ¡ 3n+1 ¢n k n Si calcoli il valore della velocità V (m/s) per Re = 2000, se k = 1, 5 Pasn , n = 0, 775, ρ = 1030 kg/m3 e R = 0, 0178 m. Svolgimento: Si sostituiscano i valori dati: 2000 = 8V 1,225 × 0, 01780,775 × 1030 ³ ´0,775 1, 5 2,325 0,775 V 1,225 = 2000 × 1, 5 × 2, 3429 = 25, 55 8 × 0, 04406 × 1030 V = 25, 551/1,225 cioé V = 14, 09 m/s. 3.4 Trasformazioni logaritmiche 15 3.4.2 Manipolazione di logaritmi I logaritmi comunemente in uso sono di due tipi, decimale (log) e naturale (ln), e sono originariamente giustificati dalla necessità di risolvere le seguenti equazioni esponenziali: y = 10x y = ex (e = 2,718218..., numero di Nepero) (3.4) Talvolta in luogo nella notazione “e” si usa “exp”. Ponendo allora log 10x = x ln ex = x e prendendo i logaritmi di entrambi i membri della (3.4) si ha infatti log y = x ln y = x Le più comuni operazioni sui logaritmi (sia decimali che naturali) sono le seguenti: log(A × B) = log(A) + log(B) (da non confondere con log(A) × log(B)) 2. log(A/B) = log(A) − log(B) ³ B´ B 3. log A C = log(A) C 4. per passare da una base all’altra: 1. log y = log e × ln y = 0, 4343 × ln y Esercizio 3.3 La temperatura T di un fluido che fluisce lungo un tubo immerso in un bagno termostatato (mantenuto a temperatura costante) a Tb varia esponenzialmente lungo il tubo con la seguente legge: T = Tb − (Tb − T0 ) e−3,425×L Si calcoli il valore lunghezza L tale che il fluido, in ingresso a T0 = 20 ◦ C, raggiunga in uscita una temperatura pari al 99% di quella del bagno, che è Tb = 95 ◦ C. Svolgimento: Si sostituiscano i valori dati: T = 0, 99 × 95 = 95 − (95 − 20)e−3,425×L e−3,425×L = 95 − 94, 05 = 0, 012667 75 Prendendo i logaritmi naturali di entrambi i membri, da quanto appena detto: −3, 425L = ln(0, 012667) cioé L = 1, 276 m. 3.4.3 Tracciamento di funzioni logaritmiche E’ spesso utile rappresentare funzioni rispetto a sistemi cartesiani dove su uno o entrambi gli assi siano riportate dei logaritmi. Si veda di seguito un esempio di applicazione di grafico semi–logaritmico. 16 3. Grafici Figura 3.5. Un esempio di grafico semi–logaritmico per l’Esercizio 3.2 Esercizio 3.4 In molti sistemi biologici il decadimento degli organismi può essere rappresentato dalla seguente equazione: N = Ae−kt dove N è il numero o la concentrazione degli organismi, A il loro iniziale numero o concentrazione, k una costante di tempo che regola la velocità di decadimento (1/s), e t il tempo di osservazione (s). Si linearizzi questa relazione e se ne tracci un grafico qualitativo. Svolgimento: Si prendano i logaritmi naturali di entrambi i membri: ln N = ln A − kt Questa equazione ha la forma di una retta di pendenza −k e con intercetta ln A. Il grafico di ln N in funzione di t è riportato in Fig. 3.5. 4. Elementi di Analisi matematica 4.1 Differenziazione La differenziazione della relazione tra variabili, la funzione y = f (x) a cui ci si è riferiti nel precedente paragrafo, consente di quantificarne la variazione; spesso ci si riferisce ad essa come “eseguire la derivata” della funzione. Come si vedrà nel seguito, il risultato di questa operazione, f 0 (x), è una nuova funzione, costante se f (x) è lineare. Di grande interesse ed utilità è la derivazione di una funzione rispetto al tempo: nella Fisica, ad esempio, si suole eseguire la derivazione dello spazio rispetto al tempo, per determinare la velocità, oppure la derivazione della velocità rispetto al tempo, per determinare l’accelerazione. Dal punto di vista grafico, la differenziazione di una funzione in un punto (come per f (x) in x1 nella Fig. 4.1) equivale a determinare la pendenza di un segmento in x1 , rispetto all’asse coordinato x, cioé a calcolare la pendenza della tangente alla curva in f (x1 ). Il valore della pendenza in x1 è uguale a f 0 (x1 ). L’operazione di differenziazione è proprio usata, in quest’ambito, per consentire lo studio di una funzione ed eseguirne il tracciamento, ad esempio attraverso la determinazione dei punti di massimo o di minimo di una data funzione, e dei valori della pendenza per assegnati valori della variabile indipendente. Figura 4.1. Grafico di y = f (x) 18 4. Analisi matematica Figura 4.2. Grafico di y = f (x), con l’incremento di un generico valore di x 4.1.1 Significato geometrico della derivata Si considerino ancora un generico punto x, ed un secondo punto da questo distante una quantità comunque piccola ∆x, appartenenti all’intervallo di definizione di y = f (x), come in Fig. 4.2. Si tracci la pendenza della funzione, facendo passare il segmento per i due punti identificati da f (x) e f (x + ∆x). Il valore della pendenza sarà allora f (x + ∆x) − f (x) ∆x ovvero, se si lascia ∆x tendere a 0 f 0 (x) = f 0 (x) = lim ∆x→0 f (x + ∆x) − f (x) ∆x (4.1) Alternativamente al formalismo f 0 (x), per denotare la derivata di f (x) rispetto a x, è frequente trovare le seguenti notazioni: dy/dx, d(y)/dx. Esercizio 4.1 E’ frequente il caso di funzioni costanti, lineari (primo grado) o di grado superione. Si calcolino ad esempio le derivate delle seguenti funzioni: 1. f (x) = 4 2. g(x) = 3x 3. h(x) = 2x2 Svolgimento: Si applichi la (4.1). 4−4 1. f 0 (x) = lim =0 ∆x→0 ∆x La derivata di una funzione costante è 0. 3(x + ∆x) − 3 2. g0 (x) = lim = lim 3 = 3 ∆x→0 ∆x→0 ∆x La derivata di una funzione lineare è una costante. 4.1 Differenziazione 3. 19 2(x + ∆x)2 − 2x2 = lim 4x + 2∆x = 4x ∆x→0 ∆x→0 ∆x La derivata di una funzione di secondo grado è una funzione lineare. In generale, come si vedrà nel seguito, la derivata di una funzione di grado n è una funzione di grado n − 1. h0 (x) = lim La derivata di una espressione più complessa può essere eseguita, invece che con l’applicazione pedissequa della (4.1), operando la derivazione per parti, come nel seguente esercizio. Esercizio 4.2 Si derivi la seguente funzione: f (x) = x2 − 3x + 2 Svolgimento: Si differenzi per parti, applicando la (4.1). f 0 (x) = d(x2 ) d(3x) d(2) − + = 2x − 3 + 0 = 2x − 3 dx dx dx 4.1.2 Differenziazione formale Una formula semplificativa può essere utilmente impiegata in luogo della (4.1), nel caso di funzioni più complesse: d(xn ) = nxn−1 (4.2) dx La seguente formula è invece impiegata per derivate di funzioni prodotto come la h(z) = f (x)g(y): h0 (z) = f 0 (x)g(y) + f (x)g0 (y) (4.3) Si noti come nel seguente esercizio si applica quest’ultima relazione, considerando una delle due funzioni come una costante (a derivata nulla). Esercizio 4.3 Si calcoli il valore della derivata della seguente funzione nel punto x = 3: f (x) = 4x5 − 3x3 + x2 − 1 Svolgimento: Si differenzi per parti, applicando le (4.2,4.3), e si sostituisca nella relazione finale x = 3. f 0 (x) = 4 × 5x4 − 3 × 3x2 + 2x1 − 0 f 0 (3) = 20 × 34 − 9 × 32 + 2 × 3 = 1545 20 4. Analisi matematica 4.1.3 Regole di differenziazione A scopo riassuntivo, si elencano qui di seguito le regole generali di differenziazione, alcune delle quali appena presentate. Si assuma che u e v sono funzioni di x. 1. Per una funzione costante: u(x) = cost =⇒ u0 (x) = 0 d (u(x)) d (u(x))n = n (u(x))n−1 dx dx d(u + v) du dv = + 3. dx dx dx d(uv) du dv 4. = v +u dx dx dx 5. Un caso particolare della precedente è la seguente: 2. d(u/v) vdu − udv = dx v2 6. Per le funzioni trigonometriche sin e cos: d sin(u) du = cos(u) dx dx d cos(u) du = − sin(u) dx dx 7. Per il logaritmo naturale: d ln(u) 1 du = dx u dx 8. Per la funzione esponenziale: deu du = eu dx dx 4.1.4 Derivate seconde E’ talvolta necessario eseguire una derivata su una funzione derivata (una derivata prima o del primo ordine), che può appunto essere differenziata come una qualunque altra funzione, mediante le regole appena viste. Il risultato è una derivata seconda (del secondo ordine). La seguente è la notazione impiegata in proposito per u = f (x): µ ¶ d2 u d du 00 f (x) = 2 = dx dx dx Si ricordi, ad esempio, che la derivata seconda dello spazio rispetto al tempo è l’accelerazione. 4.2 Integrazione 21 4.1.5 Approssimazione di funzioni: l’espansione in serie del Taylor Se una funzione f può essere infinitamente differenziata in un punto a del suo intervallo di definizione, si può dimostrare che essa equivale alla seguente serie detta del Taylor: f 00 (a) f 000 (a) (x − a)2 + (x − a)3 · ·· 2! 3! Tale espressione può essere troncata, ammettendo dunque un errore nell’equivalenza con f , in genere accettabile e, comunque, valutabile. Tale formulazione è stata ad esempio impiegata nella scrittura della (7.19). f (x) = f (a) + f 0 (a)(x − a) + 4.1.6 Derivate parziali Se si vuole eseguire una differenziazione di una funzione di più variabili rispetto ad una sola delle variabili, si dovrà procedere considerando quelle porzioni della funzione in oggetto, che dipendono dalle altre variabili, costanti nell’operazione di differenziazione. Il simbolo adottato per le derivate parziali è “∂” invece di “d”. Esercizio 4.4 Si calcolino le derivate parziali di f rispetto a x e y: f (x, y) = 4x2 y − 2xy3 ∂f = 8xy − 2y3 ∂x Svolgimento: ∂f = 4x2 − 6xy2 ∂y 4.2 Integrazione L’integrazione di una funzione può essere pensata come l’operazione opposta della derivazione: essa consente di eseguire una determinazione inversa, cioé a partire dalla derivata di una funzione, si vuole individuare la funzione di partenza. Si pensi per esempio che sia nota una f (x), e si voglia determinare la funzione integrale F(x) da cui essa “proviene”. Il problema equivale a scrivere dF(x) = f (x) dx Sottoponendo ad integrazione entrambi i membri di questa equazione si può determinare la F(x) ricercata, come si vedrà nel seguito. La notazione che viene impiegata l’operazione di integrazione di f (x) rispetto a x è la seguente: Z F(x) = f (x)dx Si noti che la funzione ricercata F(x) può contenere in generale una o più costanti, il cui contributo a seguito della derivazione sarebbe nullo. Similmente, il suo integrale sarà 22 4. Analisi matematica affetto da una costante incognita (detta appunto di integrazione), il cui valore dev’essere appunto determinato. Questo integrale viene detto allora indefinito. Dal punto di vista grafico, come sarà altresı̀ chiaro nel seguito, l’integrazione di una funzione consente di calcolare l’area racchiusa (sottesa) tra essa e l’asse della variabile indipendente. 4.2.1 Integrazione formale e relative regole In analogia con quanto notato nell’operazione di derivazione, in cui il risultato è di 1 grado inferiore rispetto alla funzione di partenza, nell’integrazione il risultato è di 1 grado superiore. Le regole dell’integrazione sono molto simili a quelle dell’operazione inversa. A scopo riassuntivo, si elencano qui di seguito le regole generali di integrazione. Si assuma come al solito u e v come funzioni di x; c è una generica costante, e C la costante di integrazione. Z 1 n+1 x +C, con n 6= −1 n+1 2. Una costante generica dentro il segno d’integrale può essere spostata all’esterno di esso: xn dx = 1. Z Z cu(x)dx = c Z Z (du + dv) = 3. u(x)dx Z du + dv 4. Per le funzioni trigonometriche sin e cos: Z sin(u(x))du = − cos(u) +C Z cos(u(x))du = sin(u) +C 5. Per il logaritmo naturale: Z du = ln u +C u 6. Per la funzione esponenziale: Z 1 ecu du = ecu +C a Esercizio 4.4 Si integri la seguente funzione: dy = 3x2 − 4x + 5 dx Svolgimento: Si integri per parti, moltiplicando ambo i membri per dx. dy = (3x2 − 4x + 5)dx, cioé y = x3 − 2x2 + 5x +C 4.2 Integrazione 23 4.2.2 Integrali definiti Un’operazione di integrazione può essere affetta da un limite inferiore e un limite superiore, riportati sul segno di integrale: l’integrale si dice in questo caso definito. In questo caso, la funzione integranda è valutata in maniera analoga all’integrale indefinito ma poi definita con maggiore completezza mediante i limiti di integrazione, senza la necessità di riportare la costante di integrazione. Il risultato ricercato è quello della differenza tra il valore atteso dalla funzione integranda, calcolata all’integrale superiore, e il valore calcolato all’integrale inferiore. Esercizio 4.5 Si valuti il seguente integrale: y= Z 3 3x2 dx 2 y= Svolgimento: Z 3 3x2 dx = 2 ¯ 3 2+1 ¯¯3 x ¯ = 33 − 23 = 19 2+1 2 Esercizio 4.6 Si valuti il seguente integrale: y= Z 5 ex/10 dx 1 y= Svolgimento: Z 5 ¯5 ³ ´ ¯ ex/10 dx = 10ex/10 ¯ = 10 e5/10 − e1/10 1 0.5 = 10(e 1 0.1 − e ) = 5, 436 4.2.3 Significato geometrico dell’integrale L’integrale definito può essere utilmente impiegato per calcolare l’area sottesa da una curva, mediante la regola dei trapezoidi (una tecnica elementare alternativa è detta del Simpson). Si consideri la y = f (x) in Fig. 4.3: si tratta di calcolare l’area sottesa dalla curva tra i punti a e b appartenenti all’intervallo di definizione della funzione. Mediante questa tecnica l’area è determinata mediante la somma dei piccoli trapezoidi i cui lati superiori approssimano l’andamento della curva. L’area dell’i-esimo trapezoide è calcolata approssimandola a quella di un rettangolo, di base ∆x = b−a , dove n´è il numero scelto di n ³ incrementi, e di altezza pari alla media dei due lati verticali µ ¶ yi−1 + yi Ai = ∆x 2 yi−1 +yi 2 : Dopo qualche passaggio algebrico, l’area totale At sottesa dalla funzione tra i valori a e b è determinata dalla seguente relazione: ¶ µ b−a (y0 + y1 + ... + yn ) (4.4) At = 2n Come è ovvio, la precisione della tecnica aumenta con n. In particolare, se n tende all’infinito, si hanno infinite aree elementari, visto che ∆x tende a dx. L’altezza del trapezoide 24 4. Analisi matematica vale cosı̀ y(x) in ciascun punto di calcolo invece che la media tra i due lati, e l’area elementare vale allora A = y(x)dx. Se si integra tale funzione tra gli opportuni limiti di integrazione, si ottiene: At = Z b y(x)dx a Esercizio 4.7 Si valuti l’area sottesa dalla funzione y = x2 + 1 tra 1 e 3: 1. usando la regola dei trapezoidi con n = 4 2. integrandola formalmente Svolgimento: 1. ∆x = 0, 5; si scriva una tabella di corrispondenza tra i 5 valori di x e gli omologhi y: x y 1 2 1, 5 3, 25 2 5 2, 5 7, 25 3 10 Si applichi infine la (4.4) con i valori appena riportati: At = 10, 75 2. At = Z 3 (x2 + 1)dx = 10, 667 1 Figura 4.3. Integrazione di y = f (x), mediante la regola dei trapezoidi 4.3 Operatori differenziali 25 4.3 Operatori differenziali Nelle equazioni differenziali alle derivate parziali, ove si trattino funzioni scalari o vettoriali (per la definizione delle quali si rimanda alle trattazioni introduttorie della Matematica) è frequente l’adozione di notazioni sintetiche. Ci si riferisca nel seguito al sistema cartesiano bidimensionale, con l’avvertenza che questi operatori differiscono nel caso di altri sistemi di coordinate. In questo Paragrafo si denota col carattere grassetto una quantità vettoriale. In quest’ambito si adotta spesso un operatore simbolico vettoriale, detto operatore nabla, che in coordinate cartesiane bidimensionali si scrive: ∇= ∂ ∂ i+ j ∂x ∂y denotando in grassetto i versori degli assi coordinati. Considerando una generica funzione scalare f di due variabili (l’estensione a funzioni tridimensionali non comporta difficoltà concettuali ulteriori), l’applicazione ad essa di tale operatore (cioé mediante semplice prodotto) dà luogo ad un campo vettoriale, il gradiente di f : ∇f = ∂f ∂f i+ j ∂x ∂y Il concetto di gradiente, cioé la variazione della funzione rispetto alla sua variabile indipendente (ad esempio il flusso termico rispetto a T , nel Par. 8.2), ha molte applicazioni nelle scienze applicate. Per esempio, se dr = dxi+dyj è il vettore spostamento elementare, il differenziale di f può anche essere scritto d f = ∇ f · dr Allora si vede che ∇ f è un vettore normale alle curve di livello (per esempio le isoterme se f ≡ T ), visto che su tali curve d f = 0, e giace dunque lungo la direzione di massima variazione di f . Considerando invece una generica funzione vettoriale w, di componenti wx e wy , l’applicazione ad essa di tale operatore (cioé mediante prodotto scalare) dà luogo ad uno scalare, la divergenza di w: ∇·w = ∂wx ∂wy + ∂x ∂y Anche il concetto di divergenza ha importanti applicazioni. Per esempio, si consideri il flusso φ di w (è una quantità scalare); esso passa attraverso l’area elementare (orientata, cioé affetta da un versore normale) dA appartenente alla superficie S, e può scriversi Z φ= w · dA S Si pensi ora ad S come ad una superficie di controllo, che racchiude il volume di controllo ∆V . Al rimpicciolirsi del VC, cioé al tendere di ∆V a zero, si definisce divergenza del campo vettoriale w proprio il suo flusso diviso per ∆V : 26 4. Analisi matematica Z φ 1 = lim w · dA ∆V →0 ∆V ∆V →0 ∆V ∆S Si vede allora che la divergenza del campo vettoriale descrive l’addensarsi o meno delle linee di flusso in tale campo. Se poi una funzione scalare f viene differenziata due volte, si suole sintetizzare la scrittura mediante l’operatore di Laplace o laplaciano ∇ · w = lim ∂2 f ∂2 f + = ∇·∇f ∂x2 ∂y2 come ad esempio fatto per la (8.3). Infine, nell’ambito dello studio del trasporto della massa di controllo elementare di una certa proprietà scalare, se w è la velocità del fluido, frequentemente la variazione nel tempo θ di questa viene denotata come somma di due contributi, come già accennato nella nota relativa alla (3.6). Questi contributi sono quello locale ∂/∂θ dovuto alla variazione del punto con il tempo, e quello convettivo w · ∇ dovuto al moto della massa di controllo elementare. Questa somma definisce la derivata sostanziale o totale: ∂ ∂ ∂ ∂ D = + wx + wy = +w·∇ Dθ ∂θ ∂x ∂y ∂θ ∇2 f = 4.4 Le equazioni differenziali In molti casi nelle scienze applicate, le equazioni che presentino dei differenziali o delle derivate rappresentano un importante strumento descrittivo e risolutivo, cioé sia nell’analisi qualitativa che in quella quantitativa. Queste equazioni si formano tutte da un bilancio effettuato su un volume di controllo, e consentono di ottenere la distribuzione continua della variabile d’interesse. A questo scopo queste equazioni devono essere integrate tante volte quanto è l’ordine dell’equazione (una volta se del primo ordine, cioé con una derivata prima) per generare l’integrale generale ovvero la soluzione generica affetta da costanti di integrazioni; questo integrale deve essere poi attualizzato mediante le condizioni ai limiti che consentono di determinare tali costanti. Alternativamente l’integrazione può essere eseguita mediante degli integrali definiti, sfruttando direttamente, come limiti di integrazione, le dette condizioni ai limiti. Le condizioni ai limiti consistono di 1. condizioni al contorno, che specificano il valore della funzione incognita sui confini della regione in esame; 2. condizione iniziale, che descrive il valore della funzione incognita nel mezzo considerato all’istante che è considerato di inizio per il fenomeno. Nel testo alcune di queste equazioni differenziali sono state ricavate o richiamate, come l’equazione di continuità (7.19), quelle di Navier–Stokes (7.23,7.24), l’equazione della perdita di carico nel regime laminare (7.8), l’equazione fondamentale della trasmissione del calore per conduzione (8.3) o infine l’equazione dell’energia per un flusso interno (8.10). Una prima elementare integrazione è stata eseguita nel Par. 8.2 per la determinazione della potenza termica trasmessa per conduzione attraverso una parete piana (legge del Fourier). Nel seguito vengono eseguite alcune altre integrazioni per esteso. 4.4 Le equazioni differenziali 27 Esercizio 4.8 Si determini il flusso termico trasmesso per conduzione attraverso un involucro cilindrico di raggi interno ed esterno r1 e r2 e di lunghezza L, se le temperature delle superfici interna ed esterna sono rispettivamente T1 e T2 . Svolgimento: La legge del Fourier (8.1) in questo caso si scrive: dT dr dove A = 2πrL. Questa è una equazione differenziale del primo ordine a variabili separabili, cioé le variabili sotto il segno di differenziazione possono essere separate tra loro nei due membri della relazione: Q̇k = −kA Q̇k dr = −kdT 2πrL Si integri utilizzando le condizioni al contorno: Q̇k 2πL Z r2 dr r1 r = −k Z T2 dT T1 ottenendo Q̇k r2 ln = −k(T2 − T1 ) 2πL r1 cioé Q̇k = 2πkL (T1 − T2 ) ln rr21 La potenza termica trasmessa varia dunque linearmente con la differenza di temperatura, ma la resistenza termica dipende dal logaritmo del rapporto dei raggi. Si noti la differente formulazione rispetto al caso della parete piana. Esercizio 4.9 Si determini la posizione istantanea di un grave (legge oraria) nel campo gravitazionale terrestre, nell’ipotesi di assenza di resistenza al moto, mediante l’uso dell’integrale generale e le costanti di integrazione. Svolgimento: La seconda legge del moto del Newton è F = ma, dove F è la risultante delle forze esterne, m la massa ed a l’accelerazione. Per fissare le idee si utilizzi un riferimento cartesiano con l’asse x rivolto verso il basso. Proiettando tale legge lungo x si ottiene: d2 x dθ2 Questa è una equazione differenziale del secondo ordine a variabili separabili: mg = m 1 dx dθ Si integri una prima volta: gdθ = Z g dθ = 1 dθ Z d2 x 28 4. Analisi matematica ottenendo Z 1 dx + c1 dθ con c1 una prima costante di integrazione. Ordinando e separando ancora le variabili gθ = dx = gθ + c1 dθ ed integrando una seconda volta si ha: dx = gθdθ + c1 dθ ovvero (4.5) gθ2 + c1 θ + c2 (4.6) 2 con c2 una seconda costante di integrazione. La (4.6) è appunto l’integrale generale. Le due costanti di integrazione posso essere valutate imponendo due condizioni ai limiti; conoscendo ad esempio la velocità all’istante iniziale, dalla (4.5) si ha: ¯ dx ¯¯ = v1 cioé c1 = v1 v(θ = 0) = dθ ¯θ=0 x= e conoscendo la posizione all’istante iniziale, dalla (4.6) si ha: x(θ = 0) = x1 cioé c2 = x1 Dunque la legge oraria del moto (4.6) diventa: gθ2 + v1 θ + x1 2 Esercizio 4.10 Si consideri un solido metallico di una data massa m e superficie esterna A, a temperatura T0 , esposto a partire da un certo istante ad aria, in quiete, a temperatura minore Ta . Si determini la storia della temperatura interna del solido (la variazione di questa nel tempo). x(θ) = Svolgimento: Si ammetta, innanzitutto, che la temperatura interna sia uniforme ovvero T (x, y, z, θ) = T (θ). In termini totali, il bilancio di energia (3.29) per la massa di controllo considerata si scrive: dU = Q̇dθ La variazione dell’energia interna per un solido, per la (2.21) è valutabile come: dU = mcdT La potenza termica è data dalla legge del Newton (8.6) Q̇ = −h̄c A(T − Ta ) Utilizzando queste relazioni si scrive dunque: h̄c A dT =− dθ T − Ta mc Questa è ancora un’equazione differenziale a variabili separabili. Osservando che dT = d(T − Ta ), si integri tra l’istante iniziale 0 e quello finale θ: 4.4 Le equazioni differenziali Z T d(T − Ta ) T0 (T − Ta ) = Z θ 0 − h̄c A dθ mc ottenendo ln(T − Ta ) − ln(T0 − Ta ) = ln h̄A (T − Ta ) =− θ (T0 − Ta ) mc Elevando ad e entrambi i membri si ha: ¶ µ h̄A T − Ta = e− mc θ T0 − Ta cioé T (θ) = Ta + (T0 − Ta )e− mc θ h̄A Il raffreddamento del solido segue dunque una legge esponenziale. 29 30 4. Analisi matematica