RECENSIONI Con occhi di padre “Nella forma meticcia delle pagine di diario indirizzate alla figlia che non potrà mai leggerle, l’autore attraversa per intero la propria esperienza di padre. Un’esperienza disciolta in ognuno degli episodi marginali che, a lato d’un paio d’estati e del loro contorno di mare, colline e agriturismi, hanno scatenato il racconto e la memoria. Un uomo alle prese con uno dei ruoli più difficili che possano toccare a un uomo oggi. Un professionista dell’educazione minacciato dai terremoti della vita. Una figlia «simpatica, testarda, buffa, insopportabile, bella e dolcissima». E disabile. Un libro sull’educazione, o forse sull’amore, o più propriamente sul mondo. Ad ogni modo sull’insostituibile concretezza dell’incontro”. (dalla quarta di copertina) “Sento che il terreno più insidioso per ogni relazione significativa è quello delle possibilità di incontro. Avere una relazione non significa necessariamente riuscire a incontrarsi. C’è gente che si telefona per anni senza mai vedersi, sperando di tenere aperta una relazione che però non incrocia mai. E c’è gente, del resto, che vive fianco a fianco da una vita e si è incontrata l’ultima volta vent’anni fa. Certo, avere cura delle possibilità di incontro è più difficile che prendersi cura dell’altro. E questo proprio per la dimensione di reciprocità che implica. Io posso occuparmi dei bisogni di qualcuno indefinitivamente senza che questo qualcuno si preoccupi dei miei. Magari alla lunga potrei irritarmi, ma nel frattempo la cura funzionerebbe. Non posso in alcun modo invece prendermi cura dell’incontro con l’altro se l’altro non fa lo stesso. Per incontrarsi è necessario essere almeno in due. Prendersi cura dei bisogni di un incontro, insomma, richiede un surplus di motivazione. Quindi facciamo una volta per tutte piazza pulita dell’idea un po’ bacchettona che stigmatizza chi fatica a curarsi degli altri, bollandolo come indolente ed egoista. In fondo, curarsi degli altri significa donare qualcosa di sé, siano essi soldi, tempo o energie. E tutto ciò che richiede è di tollerare questa privazione. Aver cura dell’incontro invece implica prendersi cura delle sue possibilità di sviluppo. Non si tratta di fare, semplicemente, esperienze comuni. Si tratta di condividere esperienze ascoltandone, mentre le condividiamo, l’orizzonte di futuro. Un impegno ben più gravoso di qualsiasi dono, perché chiede di crescere. Chiede cioè non di privarsi di qualcosa, ma di trasformare se stessi. (…) E tu Luna, aspettami. Appare francamente difficile sbrogliarsi dalla costrizione a occuparsi di te in tutto. L’unilateralità sembra un vincolo inamovibile: come potresti tu occuparti di me? Dei miei bisogni? Tu che fatichi a riconoscere i tuoi, anche i più elementari? Però non è possibile avere alcun dubbio sul fatto che tu voglia incontrarmi. Non sai come fare, ma su questo siamo alla pari, perché anch’io non lo so. E grazie all’ignoranza che ci accomuna, riusciamo a trovare una simmetria insospettata. Fantastico. Certo, tocca a me inventare e proporre. Poi tocca a te vagliare e scegliere. Poi tocca a me ascoltare e capire. (…) Ti ho persa un’infinità di volte, in questi anni. Qualche volta ti ho ritrovata. Quando riesco a incontrarti, come nella vacanza che oggi finisce, la stanchezza per le cure che incessantemente richiedi, pur non svanendo, si stempera, si aggiusta, si colora di senso.” IGOR SALOMONE Con occhi di padre. Diario di un amore ai confini del possibile Troina (En), Città Aperta editore, 2006 Igor Salomone www.studiodedalo.net/coversalomone.pdf 140 pp, 10,00 euro R&P 2007; 23: 0 30-0 30 1 30 RECENSIONI Un libro inchiesta denuncia i test clinici nei paesi poveri L’anno scorso il film tratto dal libro di John Le Carré, Il giardiniere tenace, aveva raccontato una storia in giallo di sperimentazione non etica in Kenya di un farmaco contro la tbc: test clinici di una immaginaria multinazionale farmaceutica senza scrupoli. Dal romanzo alla realtà, ora, con il libro inchiesta della giornalista americana Sonia Shah, The body hunters, il cui sottotitolo ne racconta la sostanza: “Testing new drugs on the World’s poorest”, testare i nuovi farmaci sui più poveri del mondo. La prefazione al saggio appena uscito negli USA è di John Le Carré, che condivide le conclusioni dell’autrice sulla difficoltà “a fidarsi delle industrie farmaceutiche (e di molti scienziati moralmente ambigui) che lavorano per loro”. Negli ultimi decenni protocolli di ricerca discutibili sono stati denunciati perché contrari alle regole recentemente riviste dalla Dichiarazione di Helsinki, un documento internazionale sull’etica della sperimentazione. Succede sempre più spesso che nei paesi del Terzo mondo, scrive Shah, si sperimentino farmaci per i quali non esiste, in quei paesi, un mercato. Le ragioni? Alcune sono di tipo economico: i test clinici costano meno in paesi dove salari e costo della vita sono inferiori. Altre sono scientifiche. I “volontari” che partecipano agli studi sono meno esposti ad altri farmaci; le persone sono più facili da reclutare specie SONIA SHAH Body hunters How the drug industry tests its products on the world’s poorest patients hardcover New York, New Press, 2006. 233 pp, $24.95 È recente l’edizione italiana del libro della Shah. Cacciatori di corpi. La verità su farmaci killer e medicina corrotta S. Lazzaro di Savena (Bo), Nuovi Mondi Media, 2007. 280 pp, 17,50 euro. quando si offrono generose ricompense per la partecipazione. Un sistema soggetto ad abusi su cui si è molto dibattuto a partire dalla metà degli anni Novanta su riviste scientifiche, e più di recente bersaglio del giornalismo d’inchiesta. La globalizzazione di ricerca e sviluppo di farmaci, scrive Shah, dovrebbe portare anche a una globalizzazione della bioetica. L’industria farmaceutica è in crisi: sono pochi i nuovi principi attivi messi sul mercato, e in gran parte non sono per le malattie più diffuse nei paesi poveri. La pressione del mercato non potrà che peggiorare le cose. Le regole internazionali non bastano, se non si costruisce a livello locale la possibilità che siano rispettate. Gianna Milano, Chiara Palmerini Tratto da Panorama del 30 novembre 2006, pag. 51 Errata corrige Nell'articolo di L. Pasina et al. a pag. 251 di R&P 6/2006, rigo 22, leggasi «Durante la degenza nel reparto di neurologia...» anziché «Durante la degenza nel reparto di nefrologia...». R&P 2007; 23: 3 00-3 01 0 31