Terra Trentina SOMMARIO 3 mele/produzione 2007 Previsioni di produzione di mele della campagna 2007 6 leggi e provvedimenti Nuovi sistemi di certificazione del materiale vivaistico frutticolo 9 intervista È nata la Fondazione Edmund Mach 12 Formazione professionale sotto la lente 14 trattamenti fitosanitari Innovazione ambientale e sicurezza per le macchine e le tecniche di distribuzione dei prodotti fitosanitari 22 vendemmia La consegna dell’uva alla Cantina Sociale 25 cantina familiare Lieviti selezionati, è utile farne uso nelle cantine familiari? 28 viticoltura/difesa La convivenza con i giallumi della vite 32 viticoltura/diserbo Bonifica di forti infestazioni di parietaria nel vigneto TERRA TRENTINA 8/2007 PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Mensile di economia e tecnica dell’agricoltura Organo dell’Assessorato provinciale all’agricoltura di Trento Reg. Trib. Trento n. 41 del 29.8.1955 Direttore responsabile Alberto Faustini Coordinatore tecnico Sergio Ferrari Segreteria di redazione Daniela Poletti Redazione Piazza Dante, 15 38100 TRENTO Tel. 0461.494614-492670 Fax 0461-494615 (Parietaria officinalis L.) 44 cibo e salute Il grasso è servito! notizie 21 Brevi 31 Tecnica flash 38 Europa informa 40 Notizie dall’Istituto Agrario 45 orto&dintorni Terra Trentina L’azzeruolo, un alberello rustico dai frutti gustosissimi COMITATO DI DIREZIONE Mauro Fezzi Dipartimento agricoltura e alimentazione Fabrizio Dagostin Servizio aziende agricole e territorio rurale Marta Da Vià Servizio promozione delle attività agricole Alberto Giacomoni Incarico speciale di studio, verifica e attuazione dell’Organismo pagatore regionale Giovanni De Silvestro Servizio promozione delle attività agricole Giuliano Dorigatti Servizio aziende agricole e territorio rurale Romano Masè Dipartimento risorse forestali e montane Michele Pontalti Centro per l’assistenza tecnica – IASMA Silvia Ceschini Ufficio stampa – IASMA Fotocomposizione e stampa Tipografia Editrice Temi s.a.s di Bacchi Riccardo & C. Via Maccani, 108/12 – Trento mele/produzione 2007 Dall’incontro di Vilnius (Lituania) del 3 agosto PREVISIONI DI PRODUZIONE DI MELE DELLA CAMPAGNA 2007 Il dato più significativo e importante per i frutticoltori del Trentino Alto Adige è il forte calo produttivo di mele nei Paesi dell’Est Europa che sarà colmato da mele importate, comprese quelle della nostra Regione a cura di Assomela no a destinare più prodotto all’industria di trasformazione. La tabella n. 3 riporta i dati di previsione per i paesi dell’Est Europa. In diversi paesi di quest’area tre gelate nel corso della prima- vera hanno fortemente compromesso la produzione di mele. Vengono infine riportate in tabella n. 4 le previsioni di produzione per varietà per la sola Comunità Europea a 15. Tab. n. 1 (tons.) Previsioni 2007 Diff. 2007/6 % Prod. 2006 Prod. 2005 Prod. 2004 TOTALE EU-15 6.842 2% 6.651.000 7.068.947 6.943.119 TOTALE NM-12 1.721 - 45% 3.177.000 3.029.000 3.457.000 TOTALE EU-27 8.564 - 13% 9.828.000 10.097.947 10.400.119 Terra Trentina La situazione nella Comunità Europea Le previsioni di produzione per il 2007, presentate a Prognosfruit il 3 agosto, tenutosi a Vilnius in Lituania, evidenziano una diminuzione di circa il 13% rispetto alla produzione del 2006. In termini quantitativi le mele prodotte e commercializzate nella stagione 2006/2007 sono state 9.828.000 tons., mentre si prevedono 8.524.000 tons. per la stagione 2007/2008, con una riduzione pari a 1.304.000 tons. Tale diminuzione è conseguenza di un calo produttivo importante nei paesi dell’Est Europa (-45%) solo in parte compensata da un leggero incremento nella produzione prevista per la cosiddetta “Vecchia Europa” – a 15 paesi, che passa da 6.651.000 ton. nel 2006 alla previsione di 6.842.000, pari ad un + 2%. Nella tabella n. 2 sono riportate le previsioni per la Comunità Europea a 15 paesi, Dinamiche in incremento si segnalano per Regno Unito, Olanda ed Austria e leggeri aumenti anche per Francia ed Italia. Sono peraltro segnalati diversi danni da grandine che porteran- mele/produzione 2007 Uno sguardo alla situazione italiana. Nella tabella n. 5 si riportano le previsioni di produzione italiane livello regionale. In generale si rileva un aumento della produzione, che in particolare per il Trentino recupera la bassa produzione del 2006 riportandosi su valori di normalità. In tutte le regioni la situazione qualitativa appare buona, con la segnalazione generale di un anticipo di maturazione di circa 10 – 12 giorni. Vanno segnalati danni da grandine in praticamente tutte le aree di produzione, con un quantitativo di mele che saranno destinate direttamente alla trasformazione industriale che porta il volume di prodotto effettivamente disponibile al mercato fresco poco oltre il quantitativo del 2006. Un primo giudizio Le informazioni che provengono da Prognosfruit vanno analizzate nel dettaglio. La consistente dimi- nuzione complessiva di mele in Europa è frutto di danni notevoli da freddo particolarmente in Polonia, Ungheria e Slovacchia. I paesi dell’Europa a 15, dove si colloca la maggior parte delle mele italiane, prevedono generalmente un aumento, che potrebbe incrementare in conseguenza di condizioni favorevoli per lo sviluppo dei frutti. L’anticipo di maturazione porterà anche ad una certa sovrapposizione tra frutti di importazione e nuovo prodotto. Il volume complessivo previsto per la produzione nella “vecchia Europa” e per l’Italia appare comunque in linea con la domanda e la capacità delle organizzazioni di produttori di lavorare ed immagazzinare praticamente tutto il prodotto può garantire un buona e costante alimentazione del mercato. In generale quindi un primo giudizio può essere di cauto ottimismo, anche per la buona qualità generalmente segnalata. Tab. n. 2 (tons.) Paese Previsioni 2007 Diff. 2007/6 % Prod. 2006 Prod. 2005 Prod. 2004 Austria 194.000 20% 161.000 173.200 163.100 Belgio 348.000 - 2% 358.000 317.000 355.800 Danimarca 26.000 - 2% 27.000 26.000 26.000 Francia 1.613.000 1% 1.584.000 1.769.439 1.708.252 Germania 948.000 0% 952.000 925.000 945.200 Grecia 266.000 0% 267.000 265.000 281.670 Italia 2.083.000 3% 1.991.000 2.071.308 2.035.297 Olanda 391.000 12% 347.000 380.000 435.000 Portogallo 197.000 - 20% 252.000 249.000 277.000 Spagna 570.000 4% 547.000 701.000 553.000 Regno Unito 202.000 15% 174.000 192.000 162.800 TOT. EU-15 6.842.000 2% 6.651.000 7.068.947 6.943.119 Paese Previsioni 2007 Diff. 2007/6 % Prod. 2006 Prod. 2005 Prod. 2004 Estonia 18.000 80% 10.000 11.000 2.000 Lettonia 25.000 -21% 32.000 38.000 7.000 Lituania 40.000 -60% 100.000 97.000 34.000 Terra Trentina Tab. n. 3 (tons.) Polonia 1.200.000 -46% 2.250.000 2.200.000 2.522.000 Rep. Ceca 106.000 -33% 159.000 138.000 164.000 Slovacchia 10.000 -68% 31.000 36.000 31.000 Slovenia 60.000 20% 50.000 58.000 60.000 Ungheria 203.000 -57% 480.000 487.000 668.000 Bulgaria 60.000 -7% 65.000 71.000 58.000 TOTAL NM-12 1.721.000 -45% 3.177.000 3.029.000 3.457.000 Tab. n. 4 (tons.) Previsione 2007 % 2007/6 2006 2003 1999 Golden Del. 1.986.000 1% 1.959.000 2.294.000 2.951.000 Red Del. 562.000 -2% 574.000 497.000 858.000 Gala 814.000 7% 759.000 626.000 560.000 Granny 307.000 0% 307.000 307.000 385.000 Braeburn 275.000 0% 277.000 238.000 174.000 Fuji 179.000 35% 132.000 78.000 56.000 Jonagold 751.000 3% 726.000 727.000 993.000 50.000 Renette 86.000 9% 78.000 41.000 Stayman 17.000 -20% 21.000 17.000 38.000 Others 1.865.000 0% 1.818.000 2.089.000 2.263.000 TOTALE 6.842.000 2% 6.651.000 6.914.000 8.328.000 Tab. n. 5 (tons.) Regione previsione 2007 Consuntivo 2006 Alto Adige 897.482 921.314 diff. % - 3% Trentino 417.636 362.919 15% Lombardia (Valtellina) 38.300 35.042 9% Emilia Romagna 190.772 162.325 17% Veneto 260.396 248.689 5% Piemonte 228.256 201.087 13% Altre 50.758 60.000 -15% TOTALE 2.083.000 1.991.376 4,6% In Trentino, grazie all’inverno mite che ha anticipato il ciclo vegeto-produttivo LA RACCOLTA DELLE MELE È INIZIATA CON ANTICIPO DI 10-15 GIORNI Anticipo di raccolta e incremento di produzione Per quanto riguarda la raccolta gli esperti dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige parlano di anticipo “storico”. A causa del particolare andamento climatico, in tutte le aree frutticole del Trentino, dal fondovalle all’Alta valle di Non, la raccolta risulta anticipata di 10-15 giorni rispetto all’annata 2006/2007. Quest’anno si registra, inoltre, come testimoniano i dati di Assomela, un incremento di produzione pari al 15 per cento (previsione 2007 pari a 417.636 tonnellate) che fa recuperare la bassa produzione del 2006, riportando il quantitativo su livelli di normalità. In Europa, invece, si è registrato un calo produttivo importate (-13%), soprattutto nei paesi dell’Est, mentre a livello nazionale la situazione segnala un + 3%. “In Europa alcune varietà stanno sparendo e prendono il sopravvento Fuji, Gala, Pink Lady. In Trentino, invece, manteniamo stabili le varietà storiche: Golden Delicious, Renetta Canada e Red Delicious” spiega Livio Fadanelli che coordina lo staff di esperti dell’Istituto Agrario che si occupa di conservabilità dei prodotti ortoflorofrutticoli. Qualità e conservabilità In Trentino la situazione qualitativa appare complessivamente buona, come del resto la colorazione; l’anticipo di maturazione causato da una primavera decisamente calda fa un po’ temere per la conservabilità, dato che i valori di acidità non risultano sufficientemente elevati. Ma -rassicurano gli esperti di San Michele- non dovrebbe creare problemi dato che si potrà intervenire sulla conservabilità con una gestione ottimale nei tempi e nelle tecnologie. “Delle 881 celle di conservazione analizzate lo scorso anno quasi il 60 per cento sono risultate destinate alla media e lunga conservazione-prosegue Livio Fadanelli-. Auspichiamo di raggiungere tale obiettivo anche in questa annata”. Gli esperti dell’Unità operativa frutticoltura seguono con analisi periodiche la filiera mele in tutte le sue fasi: dalla raccolta alla collocazione in cella, ma soprattutto nel periodo di permanenza in atmosfera condizionata. Sono pertanto in costante contatto con le cooperative frutticole Iasma, nuove tecnologie per la conservazione L’Istituto Agrario, infatti, è impegnato in prima linea nello studio applicativo di nuove tecnologie di conservazione che si basano sull’impiego atmosfere controllate e modificate, e di stress gassosi. I ricercatori dell’unità frutticoltura analizzano nel dettaglio i processi di maturazione e intervengono rallentando o accelerando gli stessi allo scopo di migliorare la conservabilità e la qualità di consumo delle produzioni ortofrutticole sia sotto il profilo estetico che dei requisiti di qualità gustativi e salutistici. I servizi Iasma: test-preraccolta, studio della maturazione, controlli sulle celle di conservazione Le attività dell’Istituto Agrario in questo settore abbracciano anche la sfera dei servizi. Si tratta di attività che riguardano la definizione dei piani di raccolta per mezzo di indagini di laboratorio e test di pre-raccolta e lo studio della cinetica di maturazione. Nell’annata agraria 2006-2007 sono stati analizzati 2500 campioni di mele, 80 campioni di susine, 80 campioni di actinidia e, come ogni anno, i risultati di ogni campionamento sono stati pubblicati e resi disponibili in tempo reale per gli utilizzatori sul sito www. iasma.it. I ricercatori effettuano inoltre controlli sulle celle di conservazione presso le cooperative: vengono compilate e inviate le schede di valutazione alle organizzazioni dei produttori e ai frigoristi con giudizi inerenti la conservabilità prevedibile delle mele, i tempi massimi di apertura delle celle, il punteggio di merito, la stima dei rischi, la qualità delle mele conservate. Tra le attività di servizio rientra anche la consulenza specifica alle cooperative ortofrutticole con incontri di aggiornamento rivolti ai frigoristi, assistenza e consulenze a chiamata, valutazioni tecnicoimpiantistiche. Inoltre, sono attive una serie di convenzioni con Apot, organizzazioni dei produttori, cooperative frutticole e privati. Terra Trentina Di qualità e conservazione delle mele si è parlato, il 28 agosto, all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, in occasione dell’incontro promosso in collaborazione con Apot per fare il punto sull’andamento della maturazione 2007 e per aggiornare gli addetti ai lavori sulle nuove tecnologie di conservazione. All’appuntamento, che rientra all’interno della convenzione sottoscritta tra Iasma e Apot, hanno partecipato gli operatori coinvolti nelle fasi di raccolta e conservazione e nella loro buona riuscita, dunque i frigoristi e i responsabili qualità delle organizzazioni dei produttori e delle Cooperative di Melinda – La Trentina – Cio Serene – C.O. Mezzocorona – APASO – e privati. leggi e provvedimenti Regole uniformi su tutto il territorio nazionale NUOVI SISTEMI DI CERTIFICAZIONE Terra Trentina DEL MATERIALE VIVAISTICO FRUTTICOLO Il fornitore (vivaista) è l’unico responsabile della rispondenza alle caratteristiche riportate in etichetta del materiale certificato, la cui idoneità è comunque stabilita di volta in volta dal Servizio fitosanitario competente per zona di produzione Ernesto Miclet Servizio Vigilanza e Promozione delle Attività Agricole – Ufficio Fitosanitario provinciale In Trentino, fin dal 1982, è stato attivato un sistema di certificazione del materiale di moltiplicazione delle piante da frutto. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 2007 dei decreti ministeriali che approvano i disciplinari di produzione delle piante da frutto certificate viene data piena attuazione al sistema di certificazione nazionale proposto con i Decreti Ministeriali 24 luglio 2003 e 4 maggio 2006. Il decreto del 2003 disciplina l’organizzazione del Servizio nazionale di certificazione (Snc), costituito dal Comitato nazionale per la certificazione (Cnc), dalla Segreteria operativa (So) e dai Servizi fitosanitari regionali e provinciali, con compiti propositivi circa l’applicazione delle normative, di supporto organizzativo e di controllo del processo di certificazione. In questo quadro le Regioni e le Provincie Autonome provvedono, tramite i propri Servizi fitosanitari, al riconoscimento dell’idoneità dei centri di moltiplicazione e dei vivai e alle attività ispettive e di controllo su tutte le fasi del processo, fino alla certificazione dei materiali di moltiplicazione. Con il decreto ministeriale sono definite le fasi della certificazione: conservazione, premoltiplicazione, moltiplicazione e vivaio, per la produzione rispettivamente di materiale prebase, base e certificato. tive e di controllo previste dai disciplinari, autorizza la stampa e l’applicazione del cartellino-certificato. I disciplinari di produzione approvati con i decreti di data 20 novembre 2006 e pubblicati sul Supplemento ordinario n. 142 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2007 contengono infine le norme tecniche specifiche per la produzione di materiali di moltiplicazione certificati di Pomoidee, Prunoidee, Fragola, Olivo ed Agrumi. Con i nuovi disciplinari vengono stabiliti i requisiti per la registrazione delle fonti primarie, i mezzi e le strutture per la produzione dei materiali “Prebase”, “Base”, “Certificato”. Contengono inoltre gli elenchi degli organismi patogeni, dai quali devono risultare esenti i materiali delle diverse categorie, ai fini della determinazione dello stato sanitario “VIRUS ESENTE” e “VIRUS CONTROLLATO” e i relativi controlli fitosanitari e di corrispondenza genetica a cui devono essere sottoposti i materiali di moltiplicazione. Negli allegati tecnici vengono specificate in dettaglio le modalità per la costituzione delle fonti primarie, descritte le strutture protette (Screen house) per la fase di conservazione delle suddette fonti primarie ed in parte per la fase di premoltiplicazione che per le pomoidee ed alcune altre specie può avvenire all’aperto in condizioni di isolamento ben definite. In ulteriori allegati viene definito il processo di certificazione in pieno campo che si concretizza nei campi di piante madri e nei vivai autorizzabili in base a predefinite condizioni di idoneità delle aree e dei terreni in cui avviene l’impianto, secondo determinate distanze da frutteti di pomoidee e piante ospiti di Erwinia amylovora e con controlli genetici e fitosanitari obbligatori secondo periodicità predefinita a carico dei gestori responsabili. Cosa cambia rispetto alla certificazione provinciale Le produzioni vivaistiche frutticole della provincia di Trento, certificate geneticamente e sanitariamente, sono interamente rivolte al settore delle pomacee ed in particolare del melo. La certificazioni genetico-sanitaria di tali produzioni è stata finora regolamentata dalla L.P. 33/82 e dal relativo regolamento di attuazione ed attuata dall’Ufficio Fitosanitario provinciale in collaborazione con l'Istituto Agrario di San Michele all'Adige. Le problematiche legate alla carenza sul territorio provinciale di terreni per la realizzazione di ampie superfici a vivaio necessarie per produrre piante di melo preformate in relazione alle mutate esigenze della moderna frutticoltura, l’elevato costo degli affitti e più recentemente le problematiche fitosanitarie causate dalla fitoplasmosi Apple proliferation (Scopazzi del melo) e dalla batteriosi Erwinia amylovora (Colpo di fuoco) hanno determinato lo spostamento, dei vivai frutticoli, dei campi di piante madri per marze e per portainnesti in zone di regioni limitrofe idonee per produrre materiale vivaistico certificato di pomacee e con passaporto fitosanitario ZP. Rimangono in provincia di Trento, presso l’Istituto Agrario di San Michele a/A, le prime fasi del processo di certificazione vivaistica frutticola quali la fase conservazione per la premoltiplicazione e la fase di premoltiplicazione realizzate entrambe in ambiente protetto (Screen house) riconosciute dal Comitato nazionale per la certificazione, sulla base del Decreto 24 luglio 2003, co- Terra Trentina Ai fini della certificazione sono previsti due stati fitosanitari: virus esente (v.f. = virus free), “materiale esente da virus, viroidi, fitoplasmi ed altri agenti infettivi sistemici noti al momento della promulgazione della specifica normativa di certificazione” e virus controllato (v.t. = virus tested) “materiale esente da virus, viroidi, fitoplasmi ed altri agenti infettivi specifici di particolare importanza economica, come specificamente indicato dai disciplinari”. Viene inoltre disciplinato l’inserimento di nuove accessioni che avviene su richiesta del costitutore, il quale allega specifica documentazione atta a caratterizzare la cultivar o il clone, il relativo stato sanitario e brevetto o autorizzazione alla moltiplicazione per le varietà brevettate. Si impegna inoltre a conservare la fonte primaria in strutture adatte a mantenere lo stato sanitario da lui dichiarato. Le piante certificate devono essere accompagnate da un cartellino-certificato che garantisce il rispetto del processo definito dalla normativa. Successivamente il decreto del 2006 ha stabilito i principali aspetti tecnici approfondendo le modalità di certificazione e definendo le responsabilità dei controlli sul materiale di moltiplicazione nelle diverse fasi a carico delle strutture presso le quali si svolgono le singole fasi (centri di conservazione, premoltiplicazione, moltiplicazione e vivaisti), con la supervisione del Servizio fitosanitario competente per territorio. Ne consegue che il fornitore è l’unico responsabile della rispondenza alle caratteristiche riportate in etichetta del materiale certificato. L’idoneità del materiale ad essere certificato è comunque stabilita di volta in volta dal Servizio fitosanitario che, dopo aver espletato le attività ispet- leggi e provvedimenti me Centro di conservazione per la premoltiplicazione (CCP) e come Centro di premoltiplicazione (CP) per le pomoidee. La normativa nazionale prevede che la fase di moltiplicazione (campi di piante madri e vivai) del materiale di propagazione venga autorizzata e controllata dal Servizio fitosanitario regionale o provinciale competente per territorio, pertanto è chiaro che i centri di moltiplicazione ed i vivaisti trentini a partire dall’anno 2007 saranno sotto il controllo dei Servizi fitosanitari competenti per territorio. Oltre alla definizione formale del processo di certificazione e degli adempimenti dei soggetti coinvolti la nuova normativa nazionale, applicabile a partire dall’anno in corso, definisce meglio la figura del costitutore, indicando obblighi e responsabilità nella costituzione della “fonte primaria”, punto di partenza di tutto il sistema di certificazione. Sostanzialmente chiarisce i criteri per la caratterizzazione pomologica di una nuova accessione (standard internazionale UPOV completata da caratterizzazione molecolare) e i criteri per controllo fitosanitario definendo patogeni e metodiche di controllo. I disciplinari chiariscono inoltre i ruoli e le responsabilità del “fornitore” e ciò sostanzialmente significa che ogni titolare delle varie fasi di certificazione è responsabile in prima persona delle proprie produzioni. È indicato inoltre il ruolo dell’organo ufficiale, il Servizio fitosanitario regionale o provinciale, che effettua il controllo sul processo e rilascia l’idoneità dei materiali di propagazione ad essere certificati, dopo aver effettuato e analizzato i controlli spettanti alle diverse figure coinvolte nel processo di certificazione (costitutori, centri di conservazione, premoltiplicazione e moltiplicazione, vivaisti) ed attuato le verifiche ritenute necessarie. Per ogni specie vengono definite le strutture e i mezzi di produzione nelle varie fasi e le distanze minime da coltivazioni analoghe (500 metri per le pomoidee) e per il melo non è consentita la tecnica della micropropagazio- ne. Il cartellino-certificato previsto dalla nuova normativa sarà di colore azzurro per il materiale “Certificato” virus esente (VF) e virus controllato (VT) e non dei colori rispettivamente rosso e bianco come in precedenza e dovrà contenere le seguenti informazioni: I vivaisti frutticoli trentini sono stati tempestivamente informati delle nuove procedure di certificazione ed hanno già presentato le richieste di adesione per l’anno in corso e la documentazione necessaria ai Servizi Fitosanitari Regionali competenti per territorio come stabilisce la nuova normativa. Ulteriori aspetti non ancora definiti con i suddetti disciplinari riguardanti la modulistica da utilizzare, la redazione della lista aggiornata delle cultivar ed eventuali cloni, il riconoscimento dell’equivalenza con processi di certificazione analoghi di altre nazioni europee, la gestione delle etichette e gli oneri finanziari verranno chiariti con specifiche circolari ministeriali su proposta del Comitato Nazionale per la Certificazione. Logo del Mipaaf Denominazione botanica Dicitura: Passaporto delle piante CE Dicitura: Servizio nazionale di certificazione volontaria Denominazione della varietà e portainnesto (così come registrati) Eventuale sigla ZP Regione o Provincia autonoma e Sfr competente Categoria (Prebase, Base o Certificato) Numero progressivo alfanumerico preceduto dal codice Istat della Regione o Provincia autonoma in cui il Sfr ha svolto la supervisione Indicazione sul numero di esemplari Stato sanitario di materiale di propagazione per cui (VF-virus esente e VT-virus controllato) vale il cartellino-certificato Codice fornitore e codice produttore Può contenere anche le informazioni previste dal documento di commercializzazione (art. 13 DM 14/04/1997) Servizio nazionale di certificazione volontaria Serv. Fitosanitario Regione Veneto Codice produttore Codice fornitore Denominazione botanica: Varietà/Clone: Golden Innesto intermedio: Malus Delicious Clone B Summerred Portinnesto: M9 T337 Certificato: “VF” Virus esente Passaporto delle piante CE ZPb2 vale per una pianta ISTAT A 000 000 001 Terra Trentina FAC SIMILE ETICHETTA Da ente funzionale della Provincia autonoma di Trento l’Istituto Agrario diventa fondazione, un ente di interesse pubblico con personalità giuridica di diritto privato Il primo gennaio 2008 strutture e attività Iasma transiteranno nella fondazione e avverrà la soppressione definitiva dell’Istituto Agrario.Verranno mantenuti però denominazione e stemma Silvia Ceschini Ufficio Stampa – IASMA zioso del Trentino che ha bisogno di conservare lo spirito ma di cambiare la forma. Questo è un tempo in cui, se non si cambiano le forme, si rischia di compromettere la sostanza. Ecco perché un istituto nato come ente funzionale alla Provincia autonoma di Trento diventa una fondazione, sempre di interesse pubblico ma con regole di gestione più veloci, di interesse privatistico”. “L’Istituto Agrario è un gioiello prezioso del Trentino che ha bisogno di conservare lo spirito ma di cambiare la forma” La trasformazione è prevista dalla legge provinciale 2 agosto 2005, n.14 relativo al riordino del sistema provinciale della ricerca e dell’innovazione. Presidente Dellai, perché questa nuova veste giuridica? “L’Istituto è un gioiello pre- Quanto ha inciso la legge di riordino della ricerca in questa vostra scelta di trasformare l’ente di San Michele in fondazione? “La trasformazione dell’ente di San Michele in fondazione è una parte della legge di riforma. Tutto il complesso della legge ha questo spirito: difendere la sostanza di grandi investimenti fatti ormai da quarant’anni in Trentino nel campo della ricerca e dell’alta formazione, adottando strumenti e forme più adatte ai nostri tempi”. Terra Trentina La fondazione “Edmund Mach” è nata alle ore 8.40 del 24 luglio 2007. Nella sala della Giunta provinciale, il presidente dell’Istituto Agrario, Giovanni Gius, e il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, hanno firmato l’atto costitutivo del nuovo soggetto giuridico. Stretta di mano e un brindisi, ovviamente, con lo spumante del fondatore dell’Istituto Agrario. Presenti l’assessore provinciale alla ricerca e programmazione, Gianluca Salvatori, e il direttore generale Iasma, Alessandro Dini. Gli obiettivi della fondazione sono riassunti nello statuto che il notaio Paolo Piccoli ha letto poco prima della sottoscrizione dei documenti. “La fondazione – ricorda il primo articolo – opera a favore dello sviluppo e della tutela del sistema agroalimentare, forestale ed ambientale. La sua gestione è ispirata a criteri di efficienza, economicità e trasparenza e non ha fini di lucro”. Preziosa l’eredità raccolta dall’Istituto che ha una lunghissima esperienza (fondato dalla Dieta tirolese di Innsbruck, vanta oltre 130 anni di storia). È graduale il passaggio verso la nuova “forma”: la firma, infatti, completa l’iter avviato da diversi mesi, ma fino al prossimo 1° gennaio la fondazione “Edmund Mach” e l’Istituto Agrario di San Michele andranno avanti di pari passo, fino cioé al passaggio delle strutture e delle attività nella fondazione e alla soppressione definitiva dell’Istituto. intervista È NATA LA FONDAZIONE EDMUND MACH intervista Quali saranno a Suo avviso le priorità della fondazione ? “La priorità più importante è coniugare le tradizioni, i valori, le consuetudini tipiche del mondo rurale, della nostra montagna e del nostro territorio con un grandissimo sforzo di apertura verso le nuove frontiere della ricerca, della tecnologia, della scienza. In fin dei conti mettere insieme tradizione e innovazione, usi e costumi con innovazione tecnologica è una delle scommesse, delle sfide più forti di tutto il Trentino, in particolare del mondo agricolo e forestale”. Terra Trentina Presidente Gius, Lei è stato nominato alla presidenza della fondazione “Edmund Mach”. Che cosa cambierà e soprattutto quali opportunità arriveranno con questo nuovo soggetto giuridico? “Con l’atto costitutivo firmato il 24 luglio nasce ufficialmente la fondazione Edmund Mach. L’Istituto Agrario di San Michele all’Adige cesserà di essere ente funzionale della Provincia e quindi da ente pubblico diventerà ente privato di interesse pubblico. Questo ci consentirà maggiori opportunità quali maggior snellezza operativa, la possibilità di meglio rapportarci nell’ambito della ricerca e della consulenza tecnica e soprattutto di inserirci in una rete nazionale e internazionale degli istituti e degli enti simili al nostro”. 10 Che cosa succede il primo gennaio 2008? “Il primo gennaio 2008 tutte le attività esercitate dall’Istituto Agrario transiteranno in fondazione. È una data importante in cui daremo il via operativo ed effettivo a quello che il 24 luglio abbiamo sottoscritto con l’atto costitutivo”. Ricordiamo che la fondazione potrà utilizzare la denominazione e l’acronimo dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, adottando il suo stemma. “È stata una volontà del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Agrario, un segnale forte per non disperdere 130 anni di storia che l’Istituto Agrario ha accumulato”. Sono previste novità per quanto riguarda la struttura interna? “Sì, stiamo pensando ad una riorganizzazione interna degli ambiti in cui opera la fondazione: cioé ricerca, formazione e consulenza tecnica. Abbiamo l’impegno di presentare il disegno di questa ristrutturazione entro giugno 2008; ci stiamo lavorando e credo che ne dovremo discutere col personale e con il Consiglio di amministrazione per dare maggior snellezza e operatività alla fondazione”. Come è cambiato il consiglio di amministrazione rispetto a prima? “È cambiato in alcune sue componenti. Non per quanto riguarda le designazioni da parte delle organizzazioni professionali e della cooperazione, ma per quanto concerne altre designazioni, quali Udias e le minoranze del Consiglio provinciale. Allo stato attuale manca la designazione del personale che acquisiremo in seguito”. Gli ambiti di operatività della fondazione rimarranno l’agricoltura, agroalimentare e ambientale. L’arrivo del Centro di ecologia alpina potenzierà la ricerca in campo ambientale “Sono sicuro di sì. Già ora operiamo nel campo dell’ambiente ma le competenze che arriveranno col Cea ci consentiranno di crescere ulteriormente, di potenziare le attività di ricerca, di monitoraggio e servizio non solo all’ambiente alpino, ma all’ambiente in senso lato. È questo sarà un’opportunità per la fondazione”. Il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei revisori “Questa nuova veste giuridica fornirà maggior snellezza operativa, ci consentirà di rapportarci meglio nell’ambito della ricerca e della consulenza tecnica e soprattutto di inserirci in una rete nazionale e internazionale degli istituti e degli enti simili al nostro”. Nelle scorse settimane la Giunta provinciale ha provveduto, approvando una delibera proposta dall’assessore alla programmazione, ricerca e innovazione Gianluca Salvatori, a nominare i 12 componenti del Consiglio di amministrazione e i 3 del Collegio dei revisori della Fondazione Edmund Mach. Presidente della Fondazione è stato nominato Giovanni Gius, attuale presidente dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. I componenti del Consiglio di amministrazione sono: (delibera PAT n°1453/ 6luglio): •Carlo Alessandrini designa- to dalla Confederazione Italiana Agricoltori, Sergio Branz designato dall’Associazione Contadini Trentini, Gabriele Calliari designato dalla Coldiretti Trento, Giovanni Ferrari designato dalla Confagricoltura del Trentino, Giovanni Gius presidente, Rina Guadagnini designata dalle minoranze del Consiglio provinciale, Ennio Magnani designato dalla Federazione Trentina delle Cooperative, Silvano Rauzi designato dalla Federazione Trentina delle Cooperative, Luca Rigotti designato da Federazione Trentina delle Cooperative, Francesco Spagnolli designato dall’Unione diplomati Istituto Agrario, Oreste Tamanini designato dalla Coldiretti Trento. La Giunta provvederà ad integrare il consiglio di amministrazione con la nomina del dodicesimo componente, il rappresentante del personale in servizio presso la Fondazione, non appena questi sarà designato. I componenti del Collegio dei revisori sono: Alberto Bombardelli, (presidente) Diego Loner Franco Sartori. • • • • • • 31 agosto 2007, insediamento del Consiglio di amministrazione della Fondazione Edmund Mach FONDAZIONE EDMUND MACH PRESIDENTE Giovanni Gius presidente dell’Istituto Agrario VICEPRESIDENTE Gabriele Calliari presidente della Coldiretti Trento nonché vicepresidente dell’Istituto Agrario SEGRETARIO Aldo Degasperi dirigente del Servizio Amministrativo dell’Istituto Agrario COMITATO ESECUTIVO Giovanni Gius, presidente Gabriele Calliari, vicepresidente Sergio Branz, presidente dell’Associazione Contadini Trentini ed Ennio Magnani, presidente di Apot (componenti) • • • • • • • Il presidente dell’Istituto Agrario, Giovanni Gius, da poco confermato dalla Giunta provinciale alla presidenza della Fondazione Edmund Mach, è stato recentemente nominato dal Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Paolo De Castro, membro del rinnovato consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura di Roma – in sigla CRA. La designazione del dottor Gius, in qualità di esperto nello specifico settore della ricerca agroalimentare e forestale, è stata fatta dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano su indicazione della Provincia Autonoma di Trento. A norma di statuto, Giovanni Gius sarà il rappresentante non solo del Trentino ma anche delle altre regioni del Nord Italia. Il CRA, istituto nel 1999, è l’ente nazionale di ricerca e sperimentazione che ha competenza specifica nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale, ittico e forestale. Per quattro anni il dottor Gius farà quindi parte del gruppo di sette esperti “di alta qualificazione amministrativa, contabile o scientifica” componenti il Consiglio di Amministrazione, organo che ha compiti di programmazione, di indirizzo e di controllo in ambito amministrativo e finanziario, fissando obiettivi e programmi dell’ente di ricerca pubblico. In provincia di Trento, quale struttura periferica del CRA, opera l’ISAFA (Istituto Sperimentale per l’Assestamento Forestale e l’Alpicoltura) con sede in Villazzano, che da tempo svolge attività e ricerche nei comparti forestali ed ambientali. La nomina del dottor Gius non potrà che agevolare i rapporti di collaborazione fra enti di ricerca statali e provinciali, con l’obiettivo – fra gli altri – di giungere alla realizzazione di un cluster di ricerca per l’ambiente forestale di livello internazionale, creando sinergie fra le competenze sviluppate da ISAFA, dalla Fondazione Mach (che riunirà l’Istituto di San Michele ed il CEA), da IVALSA del CNR e dall’Università di Trento. Terra Trentina GIUS, NOMINATO NEL CDA DEL CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA DI ROMA 11 Intervista a Carlo Alessandrini, consigliere di amministrazione dell’Istituto Agrario intervista FORMAZIONE PROFESSIONALE SOTTO LA LENTE “La realtà di San Michele non ha riscontri, è un unicum nel panorama formativo italiano” Silvia Ceschini Ufficio Stampa – IASMA Michele non ha riscontri, è un unicum nel panorama formativo italiano. Terra Trentina Il consigliere di amministrazione dell’Istituto Agrario, Carlo Alessandrini 12 La Scuola per imprenditori agricoli ha compiuto quattro anni, ottenendo un buon risultato sia dal punto di vista delle adesioni che del profitto conseguito dagli studenti. A suo avviso è stata intrapresa la strada giusta? Le adesioni confermano che vi era una domanda di formazione a cui questa scuola ha saputo corrispondere. Si è inoltre completato lo spettro dell’offerta formativa per cui oggi a San Michele abbiamo tutti gli ordini di scuola post-obbligo: l’istruzione tecnica, l’istruzione professionale e la formazione professionale. Se poi si pensa alla formazione universitaria, che viene attivata in collaborazione con università diverse (Trento, Udine, Geisenheim), bisogna dire che la realtà di San Ritiene che il corso vada perfezionato? Mi pare che nella sostanza il corso sia ben posizionato. Poi, come in ogni esperienza formativa, si deve sempre esser capaci di innovazione, sia per i contenuti in ragione dei mutamenti tecnologici, sia nei metodi didattici che devono saper valorizzare lo specifico di questa scuola. La Scuola per imprenditori agricoli si rivolge esclusivamente ai “figli d’arte”, cioé a tutti quei ragazzi le cui famiglie sono iscritte all’albo delle imprese agricole. A Suo avviso, sarebbe il caso di estenderla anche ad altre provenienze? Pensando quindi a qualifiche diverse come l’operaio per conservazione della frutta o al cantiniere, figure professionali per le quali non esiste al momento una formazione specifica. Sono convinto che è opportuno allargare l’area dei possibili inte- ressati, oltre quindi il bacino di reclutamento a cui ci si è fin qui rivolti. Bisogna, certo, muoversi con prudenza e cautela per non pregiudicare i buoni risultati raggiunti. Credo, del resto, che vi siano buone opportunità nel mercato del lavoro per professionalità riferite alle produzioni agricole e che vi siano quote di ragazzi che in tali professionalità possono realizzare la propria vocazione e la propria personalità. Cosa pensa della formazione professionale in Trentino? C’ è un buon raccordo tra gli altri enti che si occupano di formazione professionale? La formazione professionale in Trentino rappresenta una realtà di assoluto rilievo che non ha paragoni nel resto del paese, anche perché la fp è stata attribuita alla competenza esclusiva della Provincia ancora con lo Statuto di Autonomia del 1948 e la Provincia ha operato nel settore con scelte lungimiranti sul piano degli investimenti e dell’organizzazione. La maggior parte dell’attività è affidata in gestione ad enti di natura privata che garantiscono una buona distribuzione dell’offerta formativa sul territorio. C’è qualche problema di sovrapposizio- La riforma Moratti si proponeva di trasformare le scuole tecniche in licei. In questa rivoluzione San Michele e gli altri istituti tecnici avrebbero, per così dire, rischiato -questo il timore palesato da più partidi perdere le proprie peculiarità. Lei cosa ne pensa? Quali manovre formative auspica da parte del nuovo governo? Siamo dentro una fase di transizione che dura ormai da troppo tempo. Accanto e prima della legge Moratti andrebbe ricordata la modifica del titolo V della costituzione approvata nell’anno 2000, che ha attribuito a tutte le regioni la competenza esclusiva in materia di “istruzione e formazione professionale”. Con tale nuova espressione viene tra l’altro superata la vecchia concezione della formazione professionale come “formazione al lavoro”, essendo invece essa concepita come componente del sistema educativo in senso lato. La legge 152 del 2003 – la cosiddetta legge Moratti – si è mossa in coerenza con tale nuovo presupposto costituzionale. Criticabile per diversi aspetti nelle parti riguardanti la scuola elementare e media, le legge a mio parere poteva essere più che con- divisa per le previsioni relative alla scuola secondaria superiore, compresa appunto l’area della “istruzione e formazione professionale”. Il fatto è che nelle altre regioni la condizione di marginalità in cui vive la formazione professionale non può essere superata se non con finanziamenti consistenti in strutture, attrezzature e personale, che allo stato non è dato rintracciare. Non trovo personalmente così criticabile la previsione della legge Moratti che il sistema educativo di residua competenza statale sia articolato esclusivamente in licei. Era del resto ciò che al riguardo prevedeva anche la legge di riforma del Ministro Berlinguer. È certamente necessario tener in considerazione l’esperienza importante dell’istruzione tecnica che non va assolutamente dispersa. Però se la sostanza dei programmi didattici, delle dotazioni di laboratorio, della qualità del personale docente rimane eguale, il passaggio da “istituto tecnico agrario” a “liceo tecnologico per l’agricoltura e l’ambiente” poteva essere del tutto indolore ed accettabile. Il fatto è che purtroppo siamo ancora in mezzo al guado. Per parte mia mi auguro che, superate la schermaglie nominalistiche, si arrivi finalmente a far decollare la riforma della scuola secondaria superiore sulla quale si discute da oltre 30 anni e che den- tro questa riforma la formazione professionale assuma i caratteri di canale formativo di pari dignità di quelli liceali e tecnici. La legge Salvaterra ha istituto l’alta formazione. Per San Michele cosa implica? La legge Salvaterra è stata approvata nel pieno del dibattito sul destino della legge Moratti che è seguito al cambio di maggioranza dopo le elezioni politiche del 2006 e risente pertanto delle incertezze della fase. Essa ha anche ripreso la formulazione sulla cosiddetta alta formazione istituita con una legge provinciale dell’anno precedente, mantenendo – non è dato sapere per quali ragioni – questa discutibile denominazione per un segmento formativo che nel resto dell’Italia è designato come “istruzione e formazione tecnica superiore”(IFTS). A parte questo, si tratta comunque di una scommessa difficile, che dovremo giocare anche a S. Michele, calibrando bene gli obiettivi formativi, le scelte di percorso ed i partner coi quali lavorare. Saranno preziose al riguardo le indicazioni che potranno essere offerte dalle sperimentazioni che si stanno già attuando in provincia in questo ambito formativo, le quali per ora – a quanto ne so – segnalano non poche difficoltà. Nell’ambito del Centro Scolastico la Sezione Qualificazione Professionale Agricola promuove e realizza, sia direttamente, sia in collaborazione con organismi ed enti esterni, corsi di formazione, qualificazione, perfezionamento e specializzazione, rivolti allo sviluppo e alla diffusione della professionalità agricola, ambientale e forestale. A partire dall’anno formativo 2003-2004 a questa sezione fa capo anche la “Scuola per Imprenditori agricoli” nell’ambito della Formazione professionale di baseMacrosettore Agricoltura ed ambiente. Si tratta di un percorso formativo a prevalente indirizzo tecnico-professionale, per favorire l’accesso nell’impresa agricola di giovani provenienti dall’ambiente rurale. La scuola si propone a coloro che decidono già in età scolare di proseguire nel “mestiere di famiglia” ritornando quindi nella propria azienda dopo aver assolto l’obbligo scolastico ed aver acquisito una solida preparazione culturale di base ed una discreta preparazione tecnico-pratica nel settore specifico. Dal 2006 è attivo il quarto anno, che prevede l’alternanza scuola-lavoro, e consente il conseguimento del brevetto professionale di imprenditore agricolo congiuntamente al diploma provinciale di tecnico agricolo e, per coloro che seguiranno da quest’anno il percorso per zootecnici, anche il brevetto di fecondatore aziendale. Terra Trentina ne che, per resistenze diverse, si stenta ad affrontare. È un problema peraltro di poco conto. Maggior rilievo e più attenta considerazione merita, invece, l’ambito dei rapporti tra le scuole di formazione professionale e gli altri ordini di scuola, perché sul territorio si realizzi una forte integrazione tra le varie tipologie dell’offerta formativa, ciascuna di pari dignità. È questo il modo per corrispondere da un lato alla domanda di formazione che è sempre più articolata, dall’altro alle dinamiche dell’economia dei vari territori. 13 trattamenti fitosanitari Una tematica complessa che richiede massima professionalità degli addetti INNOVAZIONE AMBIENTALE E SICUREZZA PER LE MACCHINE E LE TECNICHE DI DISTRIBUZIONE DEI PRODOTTI FITOSANITARI Terra Trentina Presentazione del progetto TOPPS a cura del dottor Marucco dell’Università di Torino 14 Alle ormai note direttive sull’immissione in commercio e sulla riclassificazione dei prodotti fitosanitari si aggiungono oggi nuove norme sull’uso sostenibile che riguardano modalità di impiego, qualificazione di tecnici e di agricoltori e tutto ciò che possa contribuire a minimizzare i rischi per la salute e l’ambiente. L’argomento è stato affrontato sul piano teorico e pratico in una serie di incontri informativi, con relazioni e prove dimostrative Maria B. VenturelliI, Andrea BranzI, Massimo PrantilI, Mario SpringhettiI, Luigi TolottiI, Piergiorgio IanesI, Gian Paolo SancassaniII I Centro per l’Assistenza Tecnica – Istituto Agrario di San Michele all’Adige Unità periferica per i SFR – Regione Veneto II L’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige, il Servizio Fitosanitario della Regione Veneto e Veneto Agricoltura hanno programmato per il mese di giugno un’articolata successione di eventi, con l’obiettivo di trattare il difficile tema della distribuzione del prodotti fitosanitari. L’intento era quello di passare dal dibattito scientifico all’operatività in campo, senza tuttavia prescindere dalla significativa evoluzione che le diverse normative stanno apportando al settore dei prodotti fitosanitari complessivamente inteso. Infatti, alle ormai note direttive sull’immissione in commercio e sulla riclassificazione, si aggiungono oggi le nuove norme “sull’uso sostenibile”, che intervengono a 360 gradi sulle modalità di impiego, sulla qualificazione di tecnici ed agricoltori, ed in sintesi su tutto ciò che possa contribuire a minimizzare i rischi per la salute e per l’ambiente. L’impiego dei prodotti fitosanitari costituisce di fatto una delle più significative criticità dell’attività agricola e, di conseguenza, è costantemente oggetto di dibattito in numerose occasioni interne ed esterne al settore. Anche recenti articoli hanno puntualmente evidenziato queste problematiche e testimoniano come sia facile, soprattutto su argomenti così delicati, rela- A Legnaro, si è voluto sviscerare gli argomenti più di carattere generale. Il recepimento delle normative europee, la certificazione delle macchine distributrici di prodotti fitosanitari e la loro periodica messa a punto, le regole d’uso nel rispetto dell’ambiente, i filoni della ricerca scientifica. È stato inoltre trattato un problema fino ad ora inesplorato, relativo all’inquinamento puntiforme delle acque e, naturalmente, alla prevenzione di questo fenomeno. Ampio spazio hanno avuto anche le innovazioni future e futuribili, come l’impiego del satellitare, ma si è parlato altresì di semplici ma importanti modifiche od accorgimenti da applicarsi alle macchine già in uso. Il problema ambientale è comunque stato il cardine di tutte e tre le giornate, e tutte le relazioni vi hanno fatto riferimento. A S. Michele all’Adige si è poi cercato di passare dalla norma alla pratica e, pur con l’occhio rivolto alle innovazioni, lo sguardo è rimasto ben fisso all’esistente e alla corretta gestione del parco macchine attualmente in uso, che passa attraverso le periodiche revisioni ma anche attraverso la costante manutenzione ed il rispetto della taratura specifica per le diverse tipologie di impianto. Anche questo non è un aspetto facile da affrontare, ma quanto stabilito dalle nuove norme potrebbe trasformarsi in una reale opportunità di crescita e qualificazione complessiva del settore piuttosto che essere subìto come ulteriore balzello per l’agricoltura; una interessante ipotesi da percorrere potrebbe ad esempio essere una rottamazione pilotata verso una sostituzione con macchine di nuova concezione. La giornata in campo nella bonifica di Mollaro ha dimostrato che le soluzioni tecnologiche sono già ampiamente disponibili: tuttavia anche l’adozione di semplici modifiche o applicazioni di accorgimenti a costi contenuti può ugualmente garantire il rispetto delle norme ed una adeguata funzionalità. La Giornata “Macchine in Campo” La giornata tecnica in campo si è svolta sui terreni della bonifi- Terra Trentina tivi a salute ed ambiente, gestire l’informazione in toni scandalistici, alla sola ricerca della sensazione. Il mondo agricolo ha comunque sviluppato da tempo la consapevolezza che l’approccio a questa tematica debba essere caratterizzato dalla massima professionalità, da esplicare sia nella fase preliminare delle decisioni, sia nella fase dell’esecuzione vera e propria dei trattamenti. Storicamente, tuttavia, tecnici ed agricoltori sono stati maggiormente coinvolti nell’analisi degli aspetti fitoiatrici (sostanze attive, efficacia, epoca, dosi, organismi bersaglio e non bersaglio…), mentre gli aspetti relativi alla tecnica di distribuzione è tendenzialmente sfuggita ad un sistematico approfondimento, forse perché relegata ad un livello più tecnicistico o forse perché meno stimolante dal punto di vista delle innovazioni. Di fatto, oggi ci si rende conto che gli aspetti legati squisitamente alle tecniche di distribuzione necessitano di una focalizzazione da parte di tutti gli attori della filiera che consenta di trasferire nella pratica tutta la conoscenza e la tecnologia che sono attualmente a disposizione. Con queste giornate si è quindi voluto recuperare l’attenzione verso problematiche tenute per troppo tempo in disparte e ricercare validi input per un prossimo futuro in rapido cambiamento. Le tre giornate divulgative erano organizzate su due momenti convegnistici, a Legnaro (Pd), presso Veneto Agricoltura, e a S.Michele, all’Istituto Agrario, ed una giornata in campo, divisa in quattro settori, con la presentazione di numerose macchine commentate una per una, realizzata a Mollaro, nella bonifica recentemente realizzata. Il gruppo di agricoltori e tecnici presente alla Giornata Macchine di Mollaro 15 trattamenti fitosanitari Terra Trentina Dispositivo di lettura a raggio laser per l’individuazione delle infestanti sul terreno con l’obiettivo di un diserbo mirato. 16 ca di Mollaro il 19 giugno. Grazie ad una collaborazione con ACMA, l’Associazione Commercianti Macchine Agricole del Trentino, è stato possibile mettere in visione e in prova dinamica numerose macchine specifiche per la distribuzione dei prodotti fitosanitari, compreso il diserbo. Le macchine sono state divise in quattro tipologie, a cui corrispondevano le quattro sezioni in cui era suddivisa la giornata tecnica: 1) macchine irroratrici ad aeroconvezione, 2) macchine irroratrici con convogliatori d’aria, 3) gestione del sottofilare, 4) innovazione, ambiente, sicurezza. Ogni sezione è stata gestita da uno specialista di settore affiancato da un tecnico del Centro per l’Assistenza Tecnica, e ad ogni macchina veniva riservato un commento relativo alle caratteristiche specifiche prima di dare il via all’operatività della prova dinamica in un tratto di filare. Gli agricoltori convenuti sono stati suddivisi in gruppi che han- no assistito, in turni successivi, all’illustrazione di tutte le macchine delle quattro sezioni, le cui caratteristiche tecniche erano illustrate anche in un catalogo distribuito ad ogni partecipante. Sezione prima: Macchine irroratrici ad aeroconvezione Relatore: Cristiano Baldoin, Università di Padova Le macchine irroratrici ad aeroconvezione (atomizzatori) rappresentano, in provincia di Trento, il 90% del parco macchine impiegato per i trattamenti alle piante arboree. Si tratta di attrezzature versatili, adattabili alle diverse forme di allevamento del frutteto e del vigneto. Nella giornata di Mollaro sono stati presentati 7 modelli. Caratteristica di queste macchine è che l’erogazione del prodotto da ugelli in pressione viene veicolato sulla vegetazione dal flusso d’aria generato da una ventola assiale. Spesso la quantità di aria prodotta può arrivare ai 40.000 ai 50.000 m3/ora ed è adatta per piante di elevate dimensioni o con particolari sesti d’impianto (es. rittochini), ma può essere eccessiva nel caso di forme di allevamento a fusetto, realizzate su portinnesti deboli. Per migliorare l’efficacia del trattamento, riducendo nel contempo le perdite di prodotto per deriva, è comunque fondamentale effettuare una corretta regolazione della macchina. Per ottenere ciò, nei frutteti con piante di dimensioni ridotte, è importante ridurre il flusso dell’aria optando, se necessario, per l’uso del rapporto più basso della ventola e l’adozione di un basso numero di giri del motore. Le moderne irroratrici ormai sempre più frequentemente sono dotate dei raddrizzatori del flusso d’aria (alette, ventole fisse, ecc.) che altrimenti, per effetto della rotazione in senso antiorario, tende a spostarsi maggiormente su un lato rispetto all’altro. L’aspirazione posteriore da parte del ventilatore consente di avere elevata portata d’aria anche se può aumentare il rischio di risucchio di parte del prodotto distribuito o di foglie secche, soprattutto con alte velocità d’avanzamento. L’aspirazione anteriore limita invece questo problema ma può ridurre le portate d’aria, in particolare se lo spazio dal serbatoio non è sufficiente. Normalmente vengono montate testate con ugelli a portate diverse per avere la possibilità di distribuire volumi variabili di miscela e dotati di dispositivo antigoccia per evitare le perdite. Negli atomizzatori sarebbe opportuno che gli ugelli siano mobili e posizionati su una barra di scorrimento che ne permetta l’ottimale sistemazione. In base alla tipologia dell’impianto da trattare, è necessario predisporre un posizionamento corretto degli ugelli sulla semi-raggiera, ef- fettuati nei centri di prova oppure da costruttori dotati di parete captante. L’utilizzo di ugelli a turbolenza di seconda generazione, tipo Albuz, rispetto a quelli classici a dischetto in ceramica e piastrina in acciaio, garantisce una erogazione più uniforme, specie operando a pressioni non superiori a 78 bar, riducendo nel contempo la deriva legata alla formazione di gocce troppo fini. Gli ugelli antideriva, ormai ampiamente utilizzati sulle barre da diserbo, sono ancora in una fase di studio per i trattamenti sulle arboree in quanto le dimensioni delle gocce non sempre garantiscono una qualità di copertura ottimale sulla vegetazione in rapporto anche all’avversità. Eventualmente questo tipo di ugelli va utilizzato per la distribuzione di volumi non troppo bassi utilizzando pressioni leggermente superiori agli altri ugelli. Gli ugelli antideriva vanno posizionati al di fuori dal flusso dell’aria. Anche i normali ugelli a turbolenza tendenzialmente vengono comunque posizionati fuori dal flusso d’aria in quanto riescono a garantire una distribuzione migliore. Per una buona qualità del trattamento è quindi molto importante scegliere degli ugelli che consentano di distribuire il volume desiderato a pressioni ottimali e non eccessive. dotarsi di macchine moderne ed innovative. In questa sezione il prof. Balsari ha sensibilizzato i numerosi frutticoltori intervenuti nella descrizione delle caratteristiche tecniche delle 18 macchine irroratrici in prova dinamica e sul loro corretto uso. Negli ultimi anni buona parte della frutticoltura è stata convertita dal sistema di allevamento libero a vaso a quello a filare con piante allevate in parete, e queste modifiche della struttura del frutteto rendono particolarmente interessante l’adozione delle macchine irroratrici a convogliatori d’aria. Infatti, anche se le ultime irroratrici ad aeroconvezione (ventilatore assiale) adottano nuove soluzioni che migliorano l’efficienza del trattamento, la dinamica dell’aria in queste macchine è tale da imprimere una traiettoria a spirale, obbligando negli ultimi anni i costruttori all’adozione di raddrizzatori per rendere la distribuzione simmetrica sui due lati, e rimane comunque il grave inconveniente della mancanza di direzionalità delle gocce verso la coltura. L’impiego delle nuove macchine a convogliatori d’aria a flusso orizzontale (atomizzatori a torretta e semitorretta) consentono invece di portare le gocce direttamente al bersaglio, limitando le perdite nella parte alta della pianta. Per avere una buona copertura del filare sono sufficienti bassi volumi d’aria, da 15.000 a 20.000 m3/ora. Gli atomizzatori “a torretta”, rispetto alle macchine tradizionali con convogliatore circolare ed ugelli disposti a raggiera, garantiscono una velocità dell’aria più uniforme lungo l’intero asse della pianta, costituendo di fatto una sensibile miglioramento rispetto agli atomizzatori tradizionali. Per limitare le perdite di miscela l’aria dovrebbe avere una portata e una velocità tale da penetrare nella chioma senza oltrepassarla e consentire il deposito della corretta quantità di prodotto su entrambi i lati della foglia. Troppa aria dispone le foglie parallelamente al flusso, pertanto si ha un insufficiente deposito sulle foglie, poca aria, per contro, non fa penetrare le gocce all’interno delle piante. Al fine di aumentare l’efficacia dei trattamenti portando il prodotto antiparassitario direttamente al “bersaglio”, riducendo l’effetto deriva, minimizzando lo spreco e riducendo l’inquinamento puntiforme è necessario Terra Trentina Sezione seconda: Macchine irroratrici a convogliatori d’aria Relatore: Paolo Balsari, Università di Torino Gli atomizzatori ad aeroconvezione illustrati nella sezione 1 17 trattamenti fitosanitari Terra Trentina Le nuove tecnologie informatiche sulle macchine irroratrici esposte da Matteo Bertocco, Università di Padova 18 Quindi, per una valida esecuzione di un trattamento non serve come spesso si fa nella pratica un alto volume d’aria, perché quando essa è in eccesso provoca un dilavamento delle gocce. È anche necessario regolare la portata del ventilatore in funzione dello sviluppo vegetativo, limitando la portata del ventilatore nelle prime fasi vegetative ed adeguandola successivamente alla dimensione della parete da trattare. Anche aumentare la pressione spesso comporta una riduzione eccessiva delle dimensioni delle gocce con maggiori perdite per deriva ed evaporazione. Normalmente con gli ugelli di tipo albuz si lavora con pressioni che variano dalle 5 alle 10 atmosfere massime. La velocità di avanzamento all’interno dei filari varia in funzione della dimensione della parete da trattare e delle distanze di impianto. Su impianti di M9 distanziati 3,3 e alti 3,5 è possibile procedere a velocità intorno ai 6 Km orari. Nel corso delle prove dimostrative si è considerato inoltre l’im- piego di moderni “nebulizzatori”. Sono macchine dotate di turbine che sfruttano l’alta velocità dell’aria per frantumare e trasportare le gocce di miscela antiparassitaria alla vegetazione. L’adozione di dispositivi flessibili che trasportano l’aria direttamente al bersaglio consente di ridurre le perdite di deriva e nel contempo sono attrezzature che consentono l’adozione di concentrazioni superiori. Per queste macchine la nostra realtà produttiva non ha dimostrato molto interesse. Sezione terza: la gestione del terreno Relatore: Roberto Miravalle, Agronomo La corretta gestione del terreno in agricoltura ha sempre avuto una importanza fondamentale sia per assicurare un ambiente ideale all’equilibrata crescita delle coltivazioni, sia per avere una regolare produzione quali-quantitativa. L’intensificazione degli impianti ha portato nella nostra realtà a realizzare negli ultimi anni frut- teti con circa 3.000 piante per ettaro (sesto orientativo 3 – 3,2 x 1 – 0,9 m); un investimento così elevato sia in termini economici che lavorativi richiede che le singole piante possano trovare nel “piccolo spazio” dove sono messe a dimora tutti gli elementi indispensabili, che in sintesi sono acqua, aria ed elementi nutritivi. È quindi evidente che le scelte riservate al sottofilare possono condizionare in maniera decisiva i risultati produttivi, in termini di qualità e quantità. Estremamente importanti sono anche le lavorazioni di preparazione del terreno effettuate al momento dei reimpianti, che gettano i presupposti, in negativo o in positivo, per l’intera vita del frutteto, ma soprattutto per i primi anni di vita, che sappiamo essere decisivi. Nel corso della giornata dimostrativa di Mollaro non si è tuttavia parlato di aratura e affinamento, bensì si è concentrata l’attenzione sulle operazioni di distribuzione dei diserbanti nel sottofilare. Nel sottofilare, infatti, le scelte tecniche degli ultimi decenni sono state orientate al contenimento delle specie erbacee spontanee attraverso interventi di diserbo. Esperienze più recenti dimostrano tuttavia che anche in questa zona, pur caratterizzata dalla presenza delle radici superficiali, è possibile tecnicamente proporre ed attuare lavorazioni superficiali orientate quindi innanzitutto all’eliminazione ed al contenimento di una pratica assai discutibile, cioé del diserbo. È stato ribadito anche da parte del relatore, dott. Miravalle, che con l’impiego del diserbo non ci si può attendere una soluzione ideale e definitiva, per cui anche il miglior prodotto chimico, se utilizzato per molti anni, porterà nel tempo alla riduzione della sensibilità di alcuni tipi di senza di una specifica campana protettiva evita di bagnare i fusti delle piante. Queste attrezzature risultano particolarmente interessanti e alternative alle classiche macchine spalleggiate soprattutto nei terreni pendenti: estrema praticità (peso inferiore ai 3 Kg), ottima precisione di lavoro ed elevata autonomia di lavoro, ridottissimi costi d’acquisto costituiscono i loro punti di forza. Va ricordato che il flusso del prodotto arriva all’erogatore per gravità e quindi non devono essere utilizzati formulati troppo viscosi. Nella terza sezione si è voluto dedicare un specifico spazio anche alle attrezzature che permettono di arieggiare il terreno, soprattutto nell’interfilare, dove il continuo passaggio delle macchine in binari obbligati, spesso in condizioni di umidità eccessiva (trattamenti primaverili) ed in terreni smossi in maniera inadeguata nel corso della preparazione dell’impianto, costituiscono di fatto un fattore fortemente limitante per l’apparato radicale, che non riesce a svolgere al meglio le proprie funzioni. Si è quindi colta l’occasione per ribadire l’importanza di ri- spettare il terreno e di preparalo e lavorarlo con razionalità al momento del rinnovo del frutteto, poiché spesso, soprattutto nei terreni soggetti a riporto di terra o bonificati, si assiste ad un costipamento del suolo e ad una conseguente insufficiente disponibilità di aria (spesso, ma non sempre, collegata al ristagno idrico). La macchina presentata ha dimostrato, pur operando in un terreno ricco di scheletro, di essere adatta a smuovere il terreno anche ad una profondità di 50 – 60 cm senza portare in superficie una notevole quantità di sassi. Le fessure profonde che si vengono così a formare creano una valvola di sfogo per una migliore redistribuzione degli agglomerati stabili del terreno fino in profondità. Sezione quarta: Innovazione, ambiente e sicurezza Relatori: Matteo Bertocco, Università di Padova Paolo Marucco, Università di Torino La sezione dedicata all’applicazione delle nuove tecnologie informatiche sulle macchine ir- Le macchine irroratrici a convogliatori d’aria illustrate dal dott. Balsari Paolo dell’Università di Udine Terra Trentina erba, fino ad arrivare alla completa resistenza. Alternare diserbanti e eliminazione meccanica dell’erba e lavorazioni al terreno sarebbe già un grosso passo avanti, ed arrivare alle sole lavorazioni meccaniche sarebbe l’ideale: è però ovvio che il passaggio dall’esclusivo impiego di interventi di diserbo alle lavorazioni va gradualmente preparato e gestito con attenzione, per evitare danni alle piante già in produzione, mentre più semplice sarebbe introdurre le lavorazioni nei nuovi impianti, che farebbero sviluppare le radici in profondità fin dai primi anni. Diverse sono le macchine che permettono di eseguire una lavorazione lungo il filare precisa e rispettosa delle piante, soprattutto se utilizzate già a partire dai primi anni e su terreni pianeggianti e privi di sassi. In prova dinamica è stata presentata un dispositivo a flagelli che può essere combinato ad una tradizionale pacciamatrice da interfilare. Nel corso della manifestazione in campo, oltre alle classiche macchine per il diserbo, a barra o a lancia, da applicare alla trattrice, sono state presentate anche alcune semplici quanto interessanti attrezzature manuali che possono distribuire volumi ultra-bassi da (2 a 5 litri per ettaro) secondo la tecnologia definita “a microgoccia calibrata” (diametro uniforme delle gocce di 150 micron), utilizzando degli erogatori centrifughi. In pratica è possibile dosare perfettamente il prodotto, distribuendolo allo stato puro (senza diluizione in acqua) e regolando l’ erogazione da 5 a 12 ml/minuto secondo la velocità operativa e/o il tipo di infestante da trattare. L’uniformità delle gocce prodotte evita possibili problemi di deriva che potrebbero causare inquinamento ambientale e danni alle colture ed inoltre la pre- 19 trattamenti fitosanitari Terra Trentina Macchina impiegata per la gestione del sottofilare 20 roratrici rappresenta una sfida importante per un prossimo futuro che va verso un’agricoltura “di precisione”. Queste tecnologie hanno lo scopo di mettere in sintonia la gestione della distribuzione degli agrofarmaci con le specifiche caratteristiche della coltura trattata e con l’esigenza di rispettare l’ambiente. Anche all’interno di uno stesso frutteto è infatti possibile trovare dello sviluppo eterogeneo delle piante che comporta l’applicazione di volumi d’acqua differenti: le nuove tecnologie permettono una distribuzione calibrata, che aumenta l’efficacia dell’intervento e riduce la deriva. Il dott. Bertocco, che ha commentato la prima parte di questa sezione, ha illustrato le soluzioni recentemente resesi disponibili per la gestione specifica e personalizzata di ogni sito pro- duttivo: attraverso un sistema satellitare (GPS) posizionato sulla trattrice, automaticamente viene adeguata la quantità di acqua in base al volume delle piante, anche se questo varia all’interno dello stesso frutteto, distribuendo più miscela antiparassitaria alle piante più espanse e meno a quelle meno voluminose. L’operatore in fase preventiva procede alla misurazione e mappatura del frutteto oggetto dell’applicazione con tecnologia GPS. Attraverso opportuni collegamenti a PC questi dati vengono caricati sulla centralina dell’atomizzatore (computer di bordo) che li rende operativi, e rende praticamente automatico sia il riconoscimento del sito produttivo, sia le caratteristiche del frutteto in tutti i dettagli utili alla distribuzione del prodotto fitosanitario (ma la stessa tecnologia viene ad esempio già applicata anche per la distribuzione dei fertilizzanti su grandi colture e su vite). Se questa nuova applicazione del satellitare è ancora ai primi passi, molto più concreta e affidabile si dimostra l’applicazione alla macchina irroratrice di un semplice computer di bordo che è in grado di visualizzare la quantità di liquido erogato, il livello del serbatoio, la portata, il tempo lavorato, la distanza percorsa ed anche ha la possibilità di memorizzare i dati e di incrementare o ridurre momentaneamente la quantità di liquido distribuito. Questo strumento rappresenta oggi un ottimo compromesso tra prezzo e prestazione. Un’altra strumentazione interessante presentata nella sezione innovazione riguarda l’applicazione sulla barra del diserbo di un dispositivo mirato alla distribu- brevi Il 1° settembre 2007 ha lasciato il servizio per la pensione il dr. Giovanni Defrancesco che dal 2001 all’interno del Dipartimento agricoltura ed alimentazione della Provincia autonoma di Trento ricopriva l’incarico speciale di studio, consulenza e coordinamento nell’ambito del settore agricolo provinciale. Dal 1987 al ’93 aveva diretto l’Ufficio consorzi di miglioramento fondiario e bonifica per poi assumere la direzione del Consorzio Atesino di bonifi- ti stati individuati i punti critici, a rischio inquinamento, durante le diverse operazioni, a partire dalla fase di preparazione della miscela fitoiatrica fino alla pulizia del serbatoio dell’irroratrice. Si sono mostrate in successione strumentazioni per il lavaggio accurato dei contenitori vuoti degli agrofarmaci, che possono essere montate direttamente su alcune irroratrici, ed anche particolari attrezzature (di costo contenuto) che possono essere poste in vicinanza del centro aziendale per il recupero dell’acqua di lavaggio dei contenitori e per il lavaggio esterno della macchina irroratrice dopo l’intervento, concepite con l’obiettivo, dettato dalle nuove norme europee, di evitare qualsiasi spargimento al suolo di acqua con prodotti fitosanitari. Una stima degli esperti dell’Unio- ca dal ’94 al ’97 e dell’ESAT dal ’97 al 2001. I carichi di uva conferiti alle cantine sociali del Trentino sono sottoposti a campionatura da parte degli addetti al ricevimento prima che i grappoli vengano avviati alla pigiatura. I parametri misurati nei campioni di uve sono: la gradazione zuccherina, l’acidità e il ph. Il grado di sanità è valutato con massima cura e, se caratterizzato da presenza di marciumi o residui visibili di trattamenti fitosanitari, ne Europea valuta infatti che circa l’80% dell’inquinamento da agrofarmaci nelle acque superficiali e sotterranee sia correlato alle operazioni sopra indicate. Questo progetto finanziato dall’ U. E. vede la partecipazione di enti qualificati di Ricerca di otto Paesi Europei, con lo scopo di formare gli agricoltori ad un più attento utilizzo degli agrofarmaci non solo per la tutela dell’operatore, ma anche per ridurre l’inquinamento ambientale. Il progetto TOPPS vuole mostrare come diffondendo le buone politiche agricole (GAP) sia possibile ottenere un uso sostenibile degli agrofarmaci in modo da ridurre significativamente i rischi di contaminazione ambientale, compatibilmente con la necessità di proteggere adeguatamente le colture. può comportare pesanti penalizzazioni. Da quest’anno i sopralluoghi a campione per l’identificazione di piante di melo con sintomi manifesti di scopazzi inizierà dopo la raccolta delle mele sia in Val di Non e di Sole che nel resto del Trentino frutticolo. I tecnici impegnati nel lavoro di ricognizione saranno una ventina. L’indagine comprenderà anche le piante segnate lo scorso anno perché ammalate che non sono state estirpate. La segnalazione all’ufficio fitosanitario provinciale comporterà l’applicazione a carico dei frutticoltori inadempienti della multa prevista dal decreto di lotta obbligatoria. Dopo il rinvenimento a Seregnano e a Canzolino nei comuni rispettivamente di Civezzano e di Pergine Valsugana di alcune piante giovani di castagno euro-giapponese recanti galle fogliari indotte dalla vespa galligena, nessun altro focolaio è stato riscontrato nel corso dell’estate. Terra Trentina zione di prodotto alla presenza delle infestanti. Si tratta di un sensore ad infrarossi che permette di riconoscere la presenza di vegetazione infestante durante il passaggio della barra lungo il filare, consentendo in questo modo di effettuare un trattamento di precisione erogando il diserbante sulle sole erbe infestanti ed evitando così inutili sprechi di prodotto su terreno nudo. Uno stand attrezzato con materiale didattico ha successivamente introdotto i visitatori, attraverso l’esposizione del dott. Marucco, nella presentazione di un progetto europeo (il cosiddetto “progetto Topps”) finalizzato al contenimento dell’inquinamento puntiforme da agrofarmaci, cioé quello legato a riversamenti di prodotto sul terreno. Sono infat- 21 Momento importante nella filiera della qualità Terra Trentina vendemmia LA CONSEGNA DELL’UVA ALLA CANTINA SOCIALE 22 Il periodo della vendemmia soprattutto per una Cantina sociale diventa momento strategico importantissimo per la valorizzazione del territorio attraverso i suoi prodotti, in sintonia con l’operatività collaborativa dei propri Soci. Corrado Aldrighetti Responsabile del servizio tecnico viticolo – Cantina La Vis e Valle di Cembra. Crediamo che la strategia vincente di una efficace organizzazione della vendemmia, stia nel condividere un percorso iniziato dal momento dell’impianto del vigneto fino alla raccolta dell’uva stessa. La Cantina Sociale non dovrebbe assumere un ruolo che sta “sopra” il territorio, che sta “sopra” il Socio, ma anzi il suo lavoro è quello di chi, consapevolmente, si “affianca” di chi “lavora con”, di chi non prevarica. Il suo compito, non è quello di “essere al centro” e di organizzare tutto il resto in funzione di questa propria centralità, ma quello di “essere accanto”: essere accanto al territorio, essere accanto a chi lo abita e a chi lo lavora, a chi conosce e ama gustare uno dei suoi grandi prodotti finali, il vino. Essere accanto al Socio quindi diventa fondamentale, in quanto la qualità globale nasce dalla qualità sociale. Il Socio non è un partner che possa essere sostituito senza danno, ma è un elemento vivo e vitale per l’attività della Cantina. Infatti più aumenta la qualità del Socio, la qualità della sua preparazione, del suo lavoro, della sua partecipazione, più aumenta la qualità della Cantina e dei suoi prodotti. Per questo, anche durante le fasi iniziali e nel corso della vendemmia riveste una notevole importanza il contatto e l’informazione quotidiana in “doppia via” (dalla Cantina al Socio e viceversa) per responsabilizzare la base sociale Gli aspetti fondamentali specifici legati alla vendemmia sono fondamentalmente questi• Per una sua ottimale valorizzazione l’uva va conferita in cantina sana,matura e senza la presenza di corpi estranei e tra la raccolta ed il conferimento deve intercorrere il minor tempo possibile. Per uva sana si intende, uva selezionata da eventuali grappoli anche parzialmente colpiti da peronospora, oidio, botrite e marciume acido, una particolare attenzione va posta all’eventuale uva avvizzita, appassita che può derivare da cause diverse come la siccità, l’alta produzione, grappoli colpiti da appassimento del rachide o avvizzimento del grappolo, nonché da malattie come la flavescenza dorata, il legno nero o il mal dell’esca. Uva “sana” significa anche salubre, pertanto durante le ultime fasi della campagna di difesa occorre porre estrema attenzione a sospendere i trattamenti rispettando i tempi di carenza e le dosi consigliate. I Soci sono invitati in prossimità di vendemmia ad effettuare delle campionature per monitorare la curva di maturazione e scegliere, assieme ai tecnici, il momento ottimale di vendemmia valutando sia l’accumulo degli zuccheri che il degrado della componente acidica del mosto. Direi che ogni destinazione enologica va attentamente valutata assieme al Socio e l’epoca di vendemmia riveste un ruolo quindi importantissimo per la valorizzazione dell’uva stessa. La dinamica della maturazione è estremamente complessa e per migliorare la qualità delle produzioni non ci si deve affidare a prodotti miracolosi dell’ultimo momento, ma occorre intervenire nelle diverse fasi della stagione con corrette operazioni a verde quali il diradamento dei germogli in prefioritura, una adeguata sfogliatura della zona dei grappoli a seconda della varietà, della destinazione enologica e forma di allevamento nella fase di fioritura-allegagione, il diradamento e il taglio dei grappoli ad inizio invaiatura. È necessario che l’uva arrivi in cantina il più pulita possibile. Va evitata la presenza di foglie o residui di vegetazione o residui di terra sul fondo dei cassoni utilizzati in vendemmia. Massima cura va posta nell’eliminare i residui di mosto dei carichi precedenti, per evitare fermentazioni anomale favorite dalla grande quantità di microrganismi (lieviti e batteri) che entrano in cantina deprezzando qualitativamente i mosti. La pulizia di tutte le attrezzature è fondamentale per evitare questo tipo di problemi, il lavaggio dei teli del carro va effettuato a tutte le consegne, mentre il lavaggio di tutte le attrezzature di vendemmia (casse, imbuti, secchi, ecc…) va eseguito con molta accuratezza, soprattutto in presenza di uve non perfettamente sane. Ricordo che per limitare lo sviluppo dei microrganismi indesiderati nelle uve è importante ridurre al massimo i tempi di consegna del vendemmiato. Tra l’altro le temperature elevate ac- Terra Trentina sugli obiettivi enologici in funzione del mercato che la Cantina si prefigge. 23 vendemmia neo per la vendemmiatrice stessa,avere la conoscenza del tipo di macchina, dell’eventuale contoterzista e del rimorchio per il trasporto dell’uva al centro di raccolta più vicino. Una settimana prima della raccolta il tecnico deve avere la possibilità di controllare l’uva sia in termini relativi alla sanità che omogeneità di maturazione stessa (presenza di grappoli meno maturi, botritizzati, appassiti, colpiti da disseccamento del rachide, ecc…). In funzione della oggettività dell’uva il tecnico darà i relativi consigli per il buon fine dell’operazione. Per quanto attiene il rimorchio per il trasporto dell’uva deve essere una cisterna/carrello aperta in acciaio che possa scaricare in retro o eventualmente di lato con all’interno delle pareti (almeno una) per evitare l’effetto onda evitando la fuoriuscita del vendemmiato stesso. La cisterna deve avere la possibilità di poter essere coperta durante le fasi di carico e durante il trasporto. Non sono ammessi teli o vasche con coclee. È obbligatorio lavare ogni volta dopo lo svuotamento la cisterna per evitare problemi microbiologici in cantina. Appena il carico è pronto deve essere immediatamente trasportato presso il centro di raccolta più vicino, senza l’aggiunta di nessun tipo di antiossidante. Di fondamentale importanza al momento dello scarico l’addetto della cantina dovrà controllare la qualità del vendemmiato in particolare la presenza di residui di vegetazione o di materiale d’impianto. • • celerano i processi ossidativi con problemi di accentuazione del colore dei vini bianchi e degradazione degli aromi varietali. Rammento che nella vinificazione delle uve bianche soprattutto dove si attuino tecniche di macerazione a freddo delle uve è necessario raffreddare rapidamente il pigiato e questo risulta facilitato se le uve sono raccolte nelle ore più fresche e soprattutto evitando inutili soste sotto il sole. Alcuni aspetti tecnico-organizzativi: In caso di pioggia o evidente bagnatura la vendemmia deve essere sospesa fino al ripristino delle condizioni di idoneità, ed i carichi devono essere coperti durante il tragitto verso la cantina; Ogni Socio dovrà rispettare il calendario di vendemmia e di consegna delle uve, e l’orario di incantinamento che sono affissi presso i vari centri di raccolta; Terra Trentina • 24 • •Effettuato il conferimento con- trollare attentamente la bolla di consegna ed in caso di dubbi chiedere subito spiegazioni al personale della pesa; Per coloro che utilizzano i cassoni, si fa obbligo l’uso dei cantonali, attenzione allo loro pulizia e a non riempirli eccessivamente. • Vendemmia Meccanica Nel corso di questi ultimi anni le vendemmiatrici meccaniche hanno fatto dei passi da gigante nel salvaguardare l’integrità delle uve e degli acini. Se esiste la possibilità o la necessità di utilizzare la vendemmiatrice in funzione degli obbiettivi enologici prefissati direi che il suo utilizzo è previsto solo alle seguenti condizioni: Il Socio deve avvisare i tecnici della Cantina almeno un mese prima dell’intenzione di vendemmiare a macchina; questo per dare la possibilità di controllare il vigneto che sia ido- • • • Ringrazio i colleghi Paolo Molinari e Matteo Paolazzi per la collaborazione alla stesura dell’articolo. cantina familiare Una domanda che pongono molti produttori di vino per autoconsumo LIEVITI SELEZIONATI È UTILE FARNE USO NELLE CANTINE FAMILIARI? La flora microbica delle uve e dei mosti Sulla buccia dell’uva, soprattutto nelle ultime fasi del ciclo fisiologico, si trova un’abbondante e variegata flora microbica, costituita da muffe, lieviti di diversi generi, batteri lattici e acetici. La concentrazione di tali microrganismi dipende da numerosi fattori, non sempre controllabili, quali lo stato sanitario del grappolo, l’andamento climatico, i trattamenti fitosantiari, ecc… Questa flora microbica dell’uva comincia a moltiplicarsi durante il traspor- Il lievito secco attivo è ormai uno strumento diffuso e affidabile sia nelle cantine industriali sia in quelle familiari. È necessario in entrambi i casi attenersi a poche regole d’uso per ottenere vini salubri e di qualità Raffaele Guzzon, Agostino Cavazza Istituto Agrario di S. Michele – Dipartimento Qualità Agroalimentare Unità Microbiologia e Tecnologie Alimentari. to e la pigiatura ed è responsabile dell’avvio della fermentazione alcolica “spontanea”, se non si interviene sul mosto con trattamenti fisici (es. raffreddamento) o chimici (es. solifitazioni, aggiunte di lisozima, ecc.). Tra i lieviti presenti nei mosti troviamo individui appartenenti a diverse specie quali Kloeckera apiculata, Schizosaccharomyces pombe, Pichia membranefaciens, Brettanomyces bruxellensis e Torulaspora delbrueckii, per citare i più comuni. Questa microflora è caratterizzata da grande variabilità e non consente sempre di gestire la fermentazione alcolica in modo controllato e riproducibile. L’utilizzo in fermentazione di microrganismi indigeni può comportare alcuni rischi. Molte specie di lieviti presenti sulle uve hanno infatti una scarsa capacità di produrre alcol, e quindi se la fermentazione del mosto è lasciata esclusivamente alla loro attività, si possono avere sensibili rischi Terra Trentina L’utilizzo di colture di lieviti selezionati nella vinificazione è una prassi consolidata nelle cantine. Questa tecnica ha contribuito all’evoluzione dell’enologia e alla generale crescita qualitativa del vino a cui assistiamo in Italia da circa tre decenni. Data la grande diffusione e la economicità di tali preparati, l’uso di lieviti selezionati è un’opzione da prendere in considerazione anche per la vinificazione casalinga per garantirsi un risultato all’altezza delle aspettative. In questo contributo andremo brevemente ad analizzare la composizione microbiologica dell’uva e del mosto, evidenziando le motivazioni che suggeriscono l’uso di lieviti selezionati, e suggerendo i principali accorgimenti per gestire al meglio la fermentazione alcolica nella vinificazione domestica. 25 cantina familiare Terra Trentina di arresto di fermentazione alcolica. Non sono inoltre da escludere la produzione di elevate dosi di acido acetico, di composti organoletticamente sgradevoli, come i fenoli volatili prodotti dai lieviti del genere Brettanomyces, o addirittura tossici come le ammine biogene o l’etil-carbammato. Questi pericoli, presenti ma controllati efficacemente nelle cantine professionali grazie alle moderne tecnologie, sono più alti nella vinificazione amatoriale dove spesso mancano i meccanismi di controllo della temperatura del mosto in fermentazione e di eliminazione dell’ossigeno in eccesso o dove vengono usati contenitori vinari in legno, cemento o vetroresina, di difficile sanitificazione. 26 I lieviti secchi attivi, cosa sono e come si usano I lieviti migliori sono quelli che appartengono alla specie Saccharomyces cerevisiae. La loro presenza sulle uve e nei mosti è limitata e quindi la loro prevalenza nella fermentazione può intervenire tardivamente, quando altre specie di lievito hanno già prodotto composti indesiderati. Per questo motivo è utile aggiungere lieviti appartenenti a questa specie nel mosto prima dell’avvio della fermentazione alcolica spontanea. Per lievito selezionato si intende un ceppo di lievito, solitamente appartenente alla specie Saccharomyces cerevisiae, isolato da un mosto in fermentazione spontanea, studiato e moltiplicato in laboratorio per avviare altre fermentazioni dopo accurati test per verificare le sue attitudini enologiche. L’isolamento è una pratica sperimentale di laboratorio che consente di separare i diversi ceppi microbici presenti in una miscela complessa, per esempio un mosto in fermentazione, e di caratterizzarli per le loro proprietà fisiologiche e tecnologiche. I lieviti selezionati sono pertanto microrganismi del tutto naturali, provenienti da mosti o vini di elevata qualità, in grado di garantire una rapida ed efficace fermentazione alcolica. I lieviti secchi attivi (LSA) sono la forma più diffusa del lievito selezionato in enologia. Il lievito essiccato si presenta in forma granulare o pellettata, di colore marrone chiaro e ha una percentuale di sostanza secca superiore al 90%. Il contenuto di cellule di lievito vive per grammo di preparato oscilla tra i 10 e i 50 miliardi, non devono essere presenti, o comunque mantenersi su livelli molto bassi, microrganismi contaminanti quali batteri lattici o muffe. Questi parametri qualitativi essenziali sono ormai raggiunti dalla maggioranza dei preparati, come dimostrano i controlli svolti dall’unità di microbiologia dell’Istituto Agrario di San Michele All’Adige ogni anno. I LSA presentano alcuni indiscutibili vantaggi: non richiede uno stoccaggio a basse temperatura e, se conservata correttamente in luogo secco e sotto vuoto, garantisce una buona efficacia del lievito anche per alcuni anni. L’elevata concentrazione di cellule nel LSA ha come obiettivo quello di determinare l’immediata prevalenza del lievito selezionato sui lieviti indigeni già presenti, minimizzandone così i potenziali effetti negativi sulla qualità del vino. Le cellule che costituiscono il lievito secco attivo sono però in stato di quiescenza e disidratate: anche se il mosto d’uva è un mezzo adeguato allo sviluppo dei lieviti, la ripresa della loro attività può non essere immediata e richiedere un certo tempo di adattamento. Al contrario le cellule di lievito presenti naturalmente nei mosti sono già perfettamente adattate alle condizioni ambientali e spesso in fase di crescita vigorosa. Se aggiun- te direttamente ai mosti le cellule di lievito secco attivo devono partire da ferme e devono competere con quelle presenti nel mosto, più adattate all’ambiente: sebbene con un’elevata concentrazione cellulare il lievito selezionato potrebbe non riuscire a prendere il sopravvento e condurre la fermentazione alcolica. L’inoculo deve quindi essere sempre e comunque preceduto dalla reidratazione delle cellule in un mezzo liquido e in condizioni ambientali adeguate. Il lievito disidratato, pesato in quantità sufficiente a inoculare l’intera massa (da 10 a 30 grammi per ettolitro di mosto) deve essere sciolto in acqua tiepida, (35 gradi) avendo cura di rimescolare periodicamente la massa. Il tempo di reidratazione deve essere di almeno trenta minuti, trascorsi i quali il lievito, ormai visibilmente attivo grazie all’abbondante schiuma prodotta, può essere aggiunto al mosto preventivamente portato ad una temperatura non inferiore ai venti gradi. Così attivate le cellule di lievito selezionato potranno facilmente prevalere sulla flora indigena e condurre la fermentazione alcolica in modo regolare. La scelta del lievito Generalmente la fermentazione casalinga dei mosti avviene in recipienti di piccole dimensioni, senza condizionamento termico e in presenza di basse dosi di anidride solforosa. In queste condizioni il mosto è sensibilmente esposto al rischio di alterazioni chimiche o microbiologiche, la fermentazione alcolica svolge pertanto un’importane azione preventiva grazie all’elevata quantità di anidride carbonica prodotta, che protegge il mosto dall’ossidazione, e all’alcol che funge da antisettico naturale verso numerose specie contaminanti. Pertanto al lievito selezionato è richiesta una fermentazione alcolica rapida, generalmente di durata inferiore alle due settimane, con rese in alcol elevate e con una bassa produzione di composti secondari. I caratteri di competitività, la vigoria fermentativa e la resistenza ad antifermentativi quali rame o anidride solforosa sono fondamentali laddove la qualità delle uve non sia ottimale sotto il profilo sanitario e dove si debba fermentare in contenitori tradizionali di legno o cemento. Considerando che la temperatura del mosto in fermentazione spesso non è controllata, come nelle cantine professionali, è utile scegliere ceppi vigorosi per non andare incontro ad arresti di fermentazione dovuti agli sbalzi termici cui il mosto può andare incontro nelle prime fasi della fermentazione alcolica. Al di là di queste regole generali è utile sottolineare come oggi si possano reperire culture specificatamente selezionate per esaltare le caratteristiche di ciascun vino: spumante, bianco, rosso o vino dolce. Per i vini bianchi e spumanti si ricerca solitamen- te un ceppo di lievito in grado di valorizzare la tipicità delle uve di origine, quindi con una bassa produzione di metaboliti secondari e anzi con la capacità di liberare le molecole aromatiche presenti nel mosto, di fermentare bene a basse temperature e di mantenere alta l’acidità del mosto evitando fenomeni indesiderati di degrado dell’acido malico. Se impiegato per la rifermentazione in bottiglia il lievito dovrà essere in grado di fermentare in vini chiarificati, con elevata gradazione alcolica e poveri di nutrienti, a basse temperature e in condizioni di anaerobiosi stretta. I vini rossi hanno esigenze diverse. Sono infatti frutto di due fermentazioni consecutive l’alcolica e la malolattica condotta da alcune specie di batteri lattici. I lieviti non devono pertanto produrre composti in grado di inibire la fermentazione malolattica, come l’anidride solforosa o alcuni alcoli superiori, e anzi devono contribuire alla morbidezza e alla struttura del vino con buone produzioni di glicerolo e, in alcuni casi, contribuendo alla degradazione dell’acido malico presente. Per i vini dolci infine si ricercano lieviti osmotolleranti e resistenti ad alte dosi di etanolo, per garantire un buon successo della fermentazione anche in presenza di mosti molto concentrati come quelli dei vini passiti. Conclusioni Il lievito secco attivo è ormai uno strumento diffuso ed affidabile a disposizione tanto dell’enologia professionale quanto di quella amatoriale. Seguendo poche semplici regole tali prodotti sono in grado di garantire una rapida ed efficiente vinificazione, conservando le caratteristiche di tipicità delle uve di origine e permettendo la produzione di vini salubri e di qualità. Un’accurata scelta del ceppo di lievito da utilizzare secondo la tipologia di vino che si vuole ottenere può semplificare il processo di vinificazione ed esaltare le caratteristiche di ogni prodotto, garantendo risultai soddisfacenti anche nella pratica enologica amatoriale. Andamento della fermentazione alcolica in mosto d’uva, osservato presso il laboratorio di Microbiologia e Tecnologie Alimentari di IASMA. Dopo una prima fase di adattamento e crescita cellulare, della durata di alcune ore (Fase di Latenza), si osserva una vigorosa fermentazione (Fase esponenziale) che lentamente si arresta con la fine degli zuccheri presenti nel mosto (Fase stazionaria). 14 Fase stazionaria conclusione della fermentazione alcolica 12 10 Fase esponenziale crescita vigorosa del lievito e vigorosa fermentazione alcolica 8 6 4 Fase di latenza adattamento del lievito al mosto 2 0 0,0 5,0 10,0 15,0 tempo (giorni) 20,0 25,0 30,0 Terra Trentina Etanolo prodotto durante la fermentazione (% vol) 16 27 viticoltura/difesa Sei anni di esperienze maturate nei vigneti della Vallagarina Terra Trentina LA CONVIVENZA CON I GIALLUMI DELLA VITE 28 Introduzione I giallumi della vite sono considerati una patologia molto pericolosa anche alla luce delle epidemie che si sono sviluppate in Veneto alla metà degli anni ‘80 e successivamente in Lombardia e Piemonte sul finire degli anni ‘90 e nei primi anni dopo il 2000. Recenti andamenti epidemici vengono ora segnalati nel Reggiano e in Franciacorta, mentre in Trentino si assiste ormai da tempo ad una sorta di convivenza con queste patologie ed i loro vettori. Flavescenza dorata e legno nero sono diffusi da due distinti insetti vettore, la prima è trasportata da Scaphoideus titanus, mentre legno nero viene inolculato nelle viti da Hyalesthes obsoletus. Il primo insetto vive solo a carico delle viti, mentre Hyalesthes si può considerare polifago e la sua presenza si riscontra anche su altre essenze erbacee come convolvolo, ortica, artemisa, ranuncolo ed altre. Questa differenza comporta il rischio di una veloce diffusione della flavescenza in quanto uno Scaphoideus infetto continuerà a nutrirsi su altre viti diffondendo rapidamente la malattia. Nel caso del legno nero la diffusione è più lenta e rimane spesso nei limiti di una presenza endemica dato che Hyalesthes può infettarsi solo da erbe infette e non diffonde il legno nero da una vite all’altra ma solo da erbe infette alla vite. Purtroppo non esiste un sintomo evidente in campagna a ca- Rimane sempre fondamentale l’esecuzione dei monitoraggi per decidere la strategia di contenimento di queste patologie e dei loro vettori. Si conferma l’importanza delle segnalazioni provenienti dai viticoltori Francesco Penner Centro Assistenza Tecnica Istituto Agrario di S. Michele rico delle viti tale da distinguere legno nero da flavescenza. L’unica possibilità di distinzione oggi è offerta dall’analisi molecolare. I sintomi dei giallumi a carico dei diversi organi della pianta sono l’ingialllimento (o arrossamento) precoce delle foglie, a partire dalla seconda metà di luglio- inizio agosto, accompagnato da un tipico accartocciamento verso il basso delle lamine fogliari che assumono la caratteristica forma a triangolo. I grappoli avvizziscono e non raggiungono la maturazione ed anche i germogli faticano a lignificare rimanendo verdi e di consistenza gommosa fino a dopo la raccolta. no 2000, quando ci sono state alcune sporadiche segnalazioni di piante con giallumi che analizzate in laboratorio sono risultate attribuibili a legno nero. Nel frattempo in Italia più di un areale viticolo era sottoposto ad epidemie di flavescenza e si trovava a dover combattere lo Scaphoideus. Grazie alle esperienze maturate emerge come l’insetto è pericoloso solo a partire dalla IVa età e solo se in precedenza ha potuto cibarsi su una pianta infetta per almeno 7 giorni. Altro fattore importante evidenziato nelle esperienze in Italia è l’efficacia dell’estirpazione delle piante infette. Solo mantenendo un basso indice di inoculo, cioé poche piante infette per superficie, si può pensare di contenere l’esplodere della flavescenza. È quello che per anni è successo in Valsugana, dove la presenza di Scaphoideus non era pericolosa perché non c’era contemporaneamente la presenza di flavescenza. È necessaria la presenza di entrambi per considerare pericolosa la situazione. Vista la pericolostà della flavescenza dorata, a partire dal 31 maggio 2000 è in vigore un decreto ministeriale che obbliga alla lotta contro questa malattia ed il suo vettore ed incarica direttamente tutti gli Uffici Fitosanitari italiani a monitorare costantemente la situazione ed intraprendere tutte le misure considerate utili per contenere lo sviluppo di questa patologia. In Trentino l’Ufficio Fitosanitario Provinciale incarica annualmente l’Istituto Agrario di S. Michele per la realizzazione del monitoraggio e si consulta con i tecnici del CAT per decidere le misure adatte ad ostacolare lo sviluppo della malattia in provincia. Il monitoraggio riguarda sia la presenza delle piante infette, per le quali segue obbligo di estirpazione, sia la diffusione del vettore, lo Scaphoideus titanus, per il quale si individuano annualmente le aree viticole in cui è necessario eseguire un trattamento insetticida di contenimento. Il controllo della presenza dell’insetto inizia con i rilievi in campo per verificare la presenza delle forme giovanili mobili e prosegue in estate con il controllo delle trappole cromotropiche. Il monitoraggio in campo ha il vantaggio di una definizione chiara delle zone in cui l’insetto è presente. La decisione di un eventuale intervento insetticida è pertanto subordinata alla realizzazione di due fattori, la presenza dell’insetto vettore (obiettivo del trattamento insetticida) e la presenza contemporanea di viti con flavescenza conclamata. Consigliare un trattamento è sempre una decisione per la quale il tecnico tiene conto di più fattori tra cui, non ultimi, anche l’impatto ambientale e gli effetti collaterali sull’entomofauna utile e questo viene maggiormente evidenziato nel caso di un insetticida. Per limitare gli aspetti negativi di un intervento insetticida, si cerca sempre di valutare la sua effettiva necessità basandosi sul principio della soglia di intervento, di circoscrivere il più possibile la zona da trattare scegliendo il principio attivo più adatto, riducendo al minimo necessario la dose di impiego del prodotto. La prima conclusione che si può trarre è che per decidere di intervenire con trattamenti chimici contro Scaphoideus è opportuno aspettare che la schiusa delle uova sia completata sfruttando quindi un periodo di alcune settimane per verificare e circoscrivere la presenza dell’insetto nelle diverse aree viticole. Terra Trentina La differenza rispetto al normale ingiallimento autunnale è data dall’epoca estremamente precoce e dall’evoluzione dell’ingiallimento sulla foglia che inizia dalle nervature lasciando verdi gli spazi internervali. È l’opposto di quanto succede in autunno quando sono gli spazi internervali più distali ad ingiallire per primi mentre le nervature sono le ultime a cambiare colorazione prima della loro caduta a terra. In Trentino si sono segnalati i primi casi di giallumi nel 1986 e forte era la preoccupazione per una possibile epidemia di flavescenza dorata, ma al tempo non era ancora disponibile in modo diffuso la tecnica di laboratorio che permettere di distinguere le due malattie. In quegli anni sono stati mappati numerosi vigneti e si sono raccolte molte informazioni, tra le quali spiccava l’assenza di Scaphoideus nelle zone colpite dai giallumi. Questo insetto avrebbe fatto la sua comparsa nel 1988 in Valsugana dove però non era presente flavescenza dorata. Nel corso di queste prime esperienze si era anche evidenziata la scarsa utilità della pratica della capitozzatura, mentre si erano da subito notati casi di risanamento naturale delle viti. Dopo la prima comparsa si è potuto descrivere il ciclo di Scaphoideus titanus nei nostri ambienti così da poter mettere a punto i controlli di campagna per verificare la presenza di questo insetto. Nello stesso periodo si era iniziato a controllare il volo degli adulti anche nella parte meridionale del Trentino convinti che l’insetto avrebbe prima o poi colonizzato la valle dell’Adige proveniente dalla confinante provincia di Verona dove la sua presenza era segnalata da tempo. È seguito un lungo periodo senza ulteriori evoluzioni fino all’an- 29 viticoltura/difesa Terra Trentina 6 anni di esperienze 30 2001 Sulla scorta di tutte queste nuove e vecchie conoscenze, a partire dal 2001 si sono iniziati i controlli sulla presenza di forme giovanili di Scaphoideus già nella primavera per decidere un eventuale intervento di contenimento anche alla luce di quanto prevede il decreto ministeriale del 31 maggio 2000 contenente le misure di lotta obbligatoria contro la flavescenza dorata della vite. Con l’occasione, in accordo con i tecnici veronesi operanti in Val d’Adige, si è attivato un monitoraggio su un territorio di una decina di km a sud del confine provinciale che ha evidenziato come esistesse un gradiente preciso da sud a nord della presenza di questo insetto. Si passava da un livello di presenza sui polloni del 50% di foglie occupate in provincia di Verona ad una presenza sporadica nei comuni di Avio e Ala. Contemporaneamente nel resto del Trentino si osservava la presenza storica dell’insetto in Valsugana, dove però non era stata segnalata la presenza di flavescenza e una discreta infestazione nell’Alto Garda fino a comprendere, oltre la valle di Loppio, parte di Mori e la frazione di Marco di Rovereto. Considerando la situazione e cercando di ridurre al minimo l’uso degli insetticidi, nel giugno 2001, terminato il monitoraggio della presenza dell’insetto vettore e valutata la presenza di flavescenza in zona, il Servizio di Assistenza Tecnica (allora Esat) ha proposto di intervenire solo nella aree viticole a ridosso della provincia di Verona impiegando un estere fosforico. Ci si proponeva di costituire una specie di cordone sanitario per cercare di limitare l’introduzione di Scaphoideus nel comune di Avio. Contemporaneamente, durante la stagione 2001 si erano realizzate parecchie iniziative per far conoscere i sintomi dei giallumi agli agricoltori e per migliorare, grazie anche alle loro segnalazioni, l’efficacia del monitoraggio che si sarebbe iniziato in estate e al quale sarebbero seguite le necessaire estirpazioni. I risultati si sono subito visti, passando da 12 vigneti segnalati nel 2000 a 157 nel 2001, con il 25% dei campioni positivi a flavescenza dorata. 2002 Sulla scorta dei risultati del monitoraggio, durante l’inverno si sono moltiplicate le iniziative per favorire una maggiore attenzione verso questa patologia e nella primavera 2002 si è proceduto ad un nuovo monitoraggio della presenza di Scaphoideus cercando anche di dare una definizione quantitativa della presenza dividendo i dati raccolti in classi quantitative. La situazione non era molto diversa rispetto al 2001 confermando una presenza medio bassa nella zona di confine con la provincia di Verona e un aumento nel comune di Mori e nella frazione di Marco di Rovereto, con una presenza decrescente verso nord, nell’alta Vallagarina. La contemporanea presenza di cicalina verde (Empoasca vitis) consigliava di eseguire un trattamento sulle varietà sensibili con regolatori di crescita con il duplice obiettivo di colpire sia le cicaline che lo Scaphoideus, mentre negli altri casi si prevedeva un eventuale intervento specifico contro lo Scaphoideus solo nel caso di necessità. Durante l’estate ed il primo autunno si è poi realizzato il monitoraggio della presenza di piante con giallumi che ha dato risultati positivi, solo il 2% dei campio- ni risultava affetto da flavescenza dorata mentre ben il 43% rispondeva positivamente al test per il legno nero. Oltre il 55% dei campioni risultava negativo. Il calo evidente di presenza di flavescenza è conseguente all’attenzione che gli agricoltori hanno rivolto alla pratica dell’estirpo delle piante infette e questo consentiva di affrontare la campagna 2003 con relativa tranquillità. 2003 La rete dei controlli primaverili sulla presenza dell’insetto vettore mostrava una situazione pressoché identica all’anno precedente con buone possibilità quindi di non essere in presenza di un andamento epidemico della flavescenza. Il trattamento insetticida è stato consigliato su tutta la zona con presenza di Scaphoideus mantenendo dosaggi ridotti e indicando nelle comunicazioni tutte le pratiche atte a limitare al massimo l’impatto ambientale. Nell’estate 2003 è proseguito il monitoraggio delle piante infette che sono risultate decisamente poche, solo 5 casi di flavescenza, 73% di campioni positivi a legno nero e 23% di piante sintomatiche non positive ai due giallumi. Si confermava anche la solerzia dei viticoltori nella pratica dell’estirpazione delle piante infette, segnale importante per arrivare ad una sostanziale convivenza con i giallumi e con i loro vettori. 2004 Il 2004 è iniziato con i buoni risultati del monitoraggio sulla presenza di Scaphoideus, la bassa consistenza della popolazione di questo insetto ha permesso di sospendere i trattamenti in tutta la Vallagarina limitando l’intervento solo alle zone collinari di Trento dove probabilmente l’insetto è giunto dalla Valsugana. 2005 Il 2005 è stato un anno di transizione, il monitoraggio primaverile sulla presenza di questo insetto ha dato dei risultati a macchia di leopardo che sono stati interpretati dai tecnici con dei consigli di intervento insetticida circoscritti ad aree omogenee abbastanza limitate. I rilievi sulle piante infette rimangono in linea con gli anni precedenti con solo 9 vigneti con presenza di flavescenza. Si mantegono sostanzialmente stabili i casi di legno nero e rimangono nella norma i casi di piante sintomatiche non positive al test sui giallumi. Tra le novità di quest’anno un monitoraggio più approfondito per verificare la presenza di Hyalestes obsoletus, ritenuto il vettore del legno nero e il primo caso di flavescenza nei vigneti della Valsugana. 2006 Nell’annata scorsa il monitoraggio primaverile dello Scaphoideus confermava i risultati del monitoraggio 2005 con una minima espansione dell’insetto verso aree mai conquistate prima. Conside- rando la bassa presenza della popolazione di Scaphoideus non è stato consigliato nessun insetticida specifico. Durante l’estate e proseguendo fino ad autunno inoltrato è iniziato il monitoraggio delle piante con giallumi che ha evidenziato un consistente aumento dei casi positivi, ma limitati ad aree viticole molto ben definite, circoscritte all’interno degli abitati di Ala e di Avio. In realtà considerando il numero di vigneti e non il numero di viti colpite la gravità della situazione è poco lontana da quella degli anni precedenti, perché in molti vigneti si sono prelevate più viti. È continuato anche nel 2006 il monitoraggio della presenza di Hyalestes che ha evidenziato una bassa presenza di questo insetto nel nostro ambiente. Conclusioni In questi anni si è imparato a convivere con flavescenza dorata e con il suo vettore, il contenimento di questa patologia e la prevenzione di possibili epidemie è basato sul lavoro di estirpazione delle piante sintomatiche da parte dei viticoltori e su un eventuale intervento insetticida contro il vettore. Diverso è il caso della sola presenza di legno nero che viene controllato e monitorato ma contro cui non si praticano forme di difesa attiva, tenuto conto che con la capitozzatura si hanno risultati spesso contradditori. Tecnica flash Il quantitativo di susina di Dro conferito quest’anno alla cooperativa ortofrutticola Valli del Sarca GardaTrentino ammonta a 6 mila quintali a fronte dei 14 mila quintali consegnati nel 2006. Il forte calo è dovuto ad alternanza, ma anche all’elevato numero di piante estirpate per fare posto a vigneto. Molto ridotti i quantitativi di susine appartenenti ad altre varietà: 560 quin- Fondamentali risultano i monitoraggi che sono eseguiti in primavera a cui, se necessario, può seguire l’intervento insetticida che viene limitato alle zone con presenza sensibile ma che deve essere effettuato con un prodotto sicuramente efficace, Altrettanto importante risulta la cooperazione tra quanti si occupano di giallumi, Ufficio Fitosanitario, Istituto Agrario e viticoltori. In questi anni i viticoltori si sono dimostrati molto responsabili nell’eseguire tempestivamente tutti gli interventi utili a mantenere nei limiti dell’accettabilità la convivenza con queste patologie della vite e le loro preziose segnalazioni delle piante sintomatiche hanno permesso un costante controllo dello sviluppo delle patologie sul territorio, mentre le analisi di laboratorio consentono di completare i dati dei monitoraggi e di avere sempre aggiornata la situazione provinciale. L’attuale modello di collaborazione ha dato fino ad ora buoni risultati e per il 2007 non si prevedono novità per quanto riguarda lo schema di difesa dai giallumi della vite. Rimane sempre fondamentale l’utilizzo dei monitoraggi come strumento per decidere la strategia di contenimento di queste patologie e per il monitoraggio delle piante con giallumi sul territorio si conferma l’importanza delle segnalazioni provenienti dai viticoltori. tali di Lepotica e 150 di Katinka. La siccità del mese di luglio ha accentuato il danno compiuto dalle larve di maggiolino nella Piana Rotaliana a carico delle radici di giovani piante di melo e di viti di recente messa a dimora. Si tratta di larve di seconda età, cioè nate a seguito del volo massiccio di maggiolini che si è verificato in zona nella primavera del 2006. Terra Trentina L’analisi dei dati del monitoraggio sulle piante infette in questa stagione mantiene la tendenza emersa negli anni precedenti, cioé una presenza sporadica di flavescenza e una migliore capacità di diagnosi in campagna (solo il 9% di campioni non dava risultati positivi ai giallumi). 31 viticoltura/diserbo Una infestante di difficile gestione Bonifica di forti infestazioni di parietaria nel vigneto Terra Trentina (Parietaria officinalis L.) 32 Premessa Il Protocollo viticolo trentino, che disciplina tra l’altro la gestione delle infestanti del cotico erboso attraverso la pratica di diserbo, ammetteva in passato il solo utilizzo dei principi attivi gliphosate (Roundup e altri) e gluphosinate ammonio (Basta). L’uso ripetuto di questi principi attivi ha determinato in diversi ambienti vitati trentini la selezione di alcune infestanti di difficile gestione; tra queste sono da segnalare la parietaria (Parietaria officinalis L.) e l’equiseto (Equisetum arvense). La parietaria, chiamata anche “erba muraiola o vedriola” è un infestante perenne della famiglia delle Urticaceae. Sebbene essa prediliga ambienti ove sono presenti ruderi, muri a secco e siepi può colonizzare in modo sistematico il vigneto. Il fusto della pianta si presenta rosso bruno cilindrico e peloso, le foglie sono ovali, lanceolate, alterne, picciolate e appiccicose. I minuscoli fiori sono verdi e si aprono all’ascella delle foglie riuniti in dense infiorescenze di forma sferica. Il polline da essi prodotto rappresenta una delle più importanti cause di allergie respiratorie. Nell’Italia settentrionale il periodo di fioritura si protrae da maggio e si esaurisce ad ottobre. Figura 1: Situazione dell’infestazione di P. officinalis al momento dell’itervento Si riportano i primi risultati sperimentali di interventi autunnali basati su diverse strategie chimiche Delaiti Marco, Sandri Oliviero Unità Centro di Saggio e diagnosi fitopatologica Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Centro Sperimentale La recente autorizzazione in ambito provinciale di protocollo di autodisciplina, dell’utilizzo di oxifluorfen (Goal 480 SC) in miscela con gliphosate, allo scopo di aumentarne l’assorbimento, non sembra sortire un risultato soddisfacente nella gestione delle due infestanti parietaria ed equiseto. Nel presente lavoro vengono riportati i primi risultati sperimentali di alcune prove di diserbo nelle quali diverse strategie chimiche sono state testate in trattamenti autunnali in vigneti caratterizzati da forti infestazioni di parietaria. Tabella1. Elenco delle strategie sperimentate, inclusa una tesi non trattata. Tesi Nome commerciale 1 Testimone non trattato Principio attivo – % p.a. Dose – gr-cc /ettaro 2 Roundup gliphosate 36% 2.000 3 Goal 480 SC + Roundup oxifluorfen 48% 150 + 2.000 4 Weedazol TL + Roundup aminotriazole 23% 6.000 + 2.000 5 Weedazol TL aminotriazole 23% 8.000 6 ChiKara 25 WG + Roundup flazasulfuron 25% 160 + 2.000 7 ChiKara 25 WG + Roundup flazasulfuron 25% 100 + 2.000 8 ChiKara 25 WG + Roundup flazasulfuron 25% 50 + 2.000 Materiali e metodi La prova è stata eseguita in un vigneto situato in Val Lagarina, sul conoide sovrastante l’abitato di Besenello. Il vigneto, allevato a Pergola semplice trentina era della varietà Moscato giallo. Sono state valutate otto strategie sperimentali (tabella 1) all’interno di un disegno sperimentale randomizzato nel quale sono state considerate 5 repliche per ognuna di esse. Le tesi 2 e 3 a base di Roundup e Roundup + Gola 480 SC, fungevano da referenti. Ciascuna ripetizione prevedeva una fascia diserbata sulla fila di vite pari ad una larghezza di 60 cm ed una lunghezza di 10 m. È stato eseguito un solo intervento per strategia in data 11 otto- bre 2005, utilizzando una pompa a spalle (Mod. Oss) e distribuendo un volume di soluzione pari a 360 litri/ettaro diserbato. Caratteristiche dei diserbanti testati Flazasulfuron: molecola appartenente al gruppo delle solfoniluree, è l’unico rappresentante di questa classe ad essere registrato su vite. È commercializzato con il nome di ChiKara 25 WG ed è dotato di attività sia fogliare che residuale (Rapparini, 2006). Le solfoniluree sono degli inibitori dell’enzima acetolattato sintetasi (ASL), coinvolto nella sintesi di diversi aminoacidi della pianta • (valina, leucina, isoleucina). Esse hanno attiva anche a dosi molto basse, pochi grammi per ettaro. Il prodotto è stato da noi testato sempre in miscela con gliphosate, ai dosaggi di 50, 100 e 160 gr/ettaro diserbato. Aminotriazole: è il principio attivo di Weedazol TL, prodotto non ancora autorizzato in Italia. Il prodotto viene assorbito per via fogliare e manifesta attività sistemica raggiungendo le parti apicali della pianta; non manifesta attività residuale. In prova è stato utilizzato sia da solo alla dose di 8 litri/ettaro che in miscela con gliphosate alla dose di 6 litri/ettaro. • 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Ro 03-nov-05 16-nov-05 d un up l+ oa G ho ip gl l+ zo a d ee W ho ip gl l ho ho ho zo a lip lip lip d g g g e e + + + W 0 0 50 16 10 a ar ra ra iK Ka Ka i i h C Ch Ch Terra Trentina percentuale Figura 2: Percentuale delle piante con sintomi da diserbo ai controlli del 3 e 6 novembre 2005 33 viticoltura/diserbo percentuale Figura 3: Percentuale di piante devitalizzate ai controlli del 3 e 6 novembre 2005 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 03-nov-05 16-nov-05 Ro d un up l+ oa G ho ip l g l+ zo a d ee W ho ip gl ol ho ho ho az lip lip lip d g g g e e + + + W 0 0 50 16 10 a ar ra ra iK Ka Ka i i h C Ch Ch Figura 4: Ripartizione della copertura al controllo del 1 giugno 2006 100% percentuale 80% % pulito % altre % convolvolo 60% 40% 95 % parietaria 20% 20 0% 23 12 13 0 0 0,2 e p ol ho ho ho ho ho on du az ip ip ip ip lip l l n l l d it m g g g u g g s ee + + + + l+ Ro W 0 0 Te ol 50 0 6 oa z 1 1 a a G r a a d ar ar Ka ee iK iK hi W h h C C C Terra Trentina •Gliphosate diserbante siste- 34 mico e Goal 480 SC residuale sono da tempo utilizzati nella gestione delle infestanti nella frutti-viticoltura trentina. Risultati L’indagine floristica compiuta a livello della fascia di cotico erboso sulla fila al momento dell’intervento diserbante era per il 92% occupata da parietaria; essa misurava in altezza mediamente 31 cm, con un minimo di 25 cm ed un max di 40 cm (Fig 1). Nei primi due controlli successivi l’intervento diserbante, rispettivamente dopo 3 e 5 settimane (3 e 16 novembre), si è rilevata la superficie coperta da piante di parietaria con sintomi di intossicazione da diserbo (Fig. 2). Ad eccezione della strategia che prevedeva l’utilizzato di Roundup (gliphosate) da solo, tutte le altre tesi chimiche testate manifestavano già dopo tre settimane dal trattamento sintomi su oltre l’80% di copertura a parietaria. Alle stesse date si è inoltre valutata la superficie a parietaria coperta da piante devitalizzate (Fig. 3). Questa risultava essere mag- Figura 5: Ripartizione della copertura al controllo del 12 ottobre 2006 100% percentuale 80% % pulito 60% % altre % parietaria 98 40% 79 20% 0% 71 54 56 4 7 7 giore dell’80% nelle tre strategie a base di Chikara 25 WG e Roundup, mentre nelle tesi trattate con Roundup, da solo o in miscela a Goal 480 SC, solo il 3050% di copertura a parietaria era costituita da piante devitalizzate. L’azione di controllo scendeva al 10-20% nelle strategie che prevedevano l’utilizzato di Weedazol TL, sia da solo che in miscela con Roundup. Con i rilievi della primavera successiva (1 giugno 2006) (Fig. 4), la situazione risultava così rappresentata: il testimone si manteneva su valori di copertura a parietaria elevati (>95%) e si riduceva tra il 10 e il 30 % nelle strategie Roundup da solo e Roundup più Goal 480 SC. Per gli interventi a base di Weedazol TL e Weedazol TL più Roundup, la copertura a parietaria variava dal 5 al 20%. Và evidenziato che in quest’ultime tesi le vecchie ceppaie di parietaria risultavano completamente devitalizzate e la nuova infestazione presente era rappresentata da giovani piantine nate da seme. Sui filari trattati con Chikara 25 Figura 6: Immagine del testimone nel settembre 2006 WG e Roundup non si riscontrava la presenza di parietaria, indipendentemente dai dosaggi di Chikara utilizzati (50, 100 e 160 gr/ettaro); il terreno appariva quasi completamente pulito sal- Terra Trentina e p o ol ho ho ho ho on du ph ip az i l l lip n lip lip m d i g g g u g g t e s e + + + l+ l+ Ro W 0 0 Te 50 oa zo 16 10 a a G d ar ra ra ee iK Ka Ka i i h W C Ch Ch 35 viticoltura/diserbo Figure 7 e 8: Immagini delle parcelle trattate rispettivamente con Roundup e Roundup più Goal 480 SC ad un anno dall’intervento parietaria (Fig.6). Nelle parcelle trattate con Roundup (Figura 7) e dalla miscela Roundup più Goal 480 SC (Figura 8) rispettivamente il 70 e 80% della superficie era occupata da parietaria, a cui si aggiungeva un 10-20% di copertura costituita da altre specie. In questa fase, anche nelle par- celle trattate con Weedazol TL e Weedazol TL più Roundup la copertura di infestanti era prevalente (Figure 9-10) di cui un 50 e 60% della superficie totale era parietaria, consociata con altre essenze infestanti per una ulteriore copertura del 20-30%. Diversamente, ad un anno dal trat- Terra Trentina vo qualche minima presenza di cotico costituito da convolvolo e da veronica. L’ultimo rilievo è stato effettuato a più di un anno dal trattamento (12 Ottobre 2006). In questa fase nei filari non trattati la superficie era completamente coperta da cotico di cui il 98% costituito da 36 Figure 9 e 10: Immagini delle parcelle trattate rispettivamente con Weedazol TL e Wedazol TL più Roundup ad un anno dall’intervento tamento gran parte della superficie trattata con Chikara 25 WG e Roundup risulta essere pulita; del 30-40% di copertura a cotico la presenza di parietaria era minima (0-10%). Ancora una volta non si evidenziavano significative differenze fra i tre dosaggi di Chikara 25 WG utilizzati (Fig.11-12). Conclusioni Come già evidenziato nella pratica l’utilizzo del diserbante gliphosate (Roundup) anche se miscelato con oxifluorfen (Goal 480 SC) non riesce a contenere efficacemente coperture infestanti nelle quali la componente a parietaria risulta essere notevole. Si evidenzia quindi la necessità di controllare questa infestante, spesso presente anche nei vigneti trentini, attraverso l’utilizzo di nuovi diserbanti. Da quanto si evidenzia dalla presente nota tecnica i principi attivi diserbanti a base di aminotriazole (Weedazol TL) e di flazasulfuron (ChiKara 25 WG) risultano rispondere efficacemente a questa problematica. In particolare Weedazol TL garantisce una buona attività di contenimento di vecchie ceppaie a parietaria; tuttavia non essendo caratterizzato da attività residuale, in presenza di forti infestazioni non agisce sulla nuova popolazione generata da seme. Il formulato Chikara 25 WG, dotato sia di attività fogliare che residuale, si è dimostrato in grado di estirpare sia la parietaria che le altre infestanti presenti e di mantenere pulito il sottofilare per parecchi mesi dopo il trattamento. Da prove tuttora in corso appare che anche a Chikara 25 WG sfuggono alcune infestanti, tra cui Artemisia vulgaris, Convolvulus arvensis, Veronica spp, Equisetum spp e Solanum nigrum. Alcune di queste specie risultano essere comunque di possibile contenimento attraverso l’uso di composti a base di gliphosate. Altre esperienze da noi realizzate e di cui non si è commentato, che prevedevano l’utilizzo di Chikara 25 WG (flazasulfuron) in trattamenti primaverili, non han- no garantito gli ottimi risultati di bonifica da parietaria ottenuti invece con interventi autunnali; trattandosi di un prodotto con attività residuale, per garantire una buona efficacia risulta importante l’utilizzo di adeguati volumi di acqua (350-450 l/ha diserbato). Chikara 25 WG ha garantito una buona attività anche a dosi ridotte, pari a 50 g/ha-diserbato; quest’ultima caratteristica potrebbe nel tempo favorire l’insorgere di fenomeni di resistenza e problemi di fitotossicità, gia constatati su altre colture. Si consiglia perciò di utilizzare questa solfolinurea con molta cautela e solo per la bonifica di forti infestazioni di parietaria (es. ogni 3-4 anni) e di preferire sempre la miscela con un partner (es. gliphosate). Infine si ricorda che Chikara 25 WG non è registrato sul melo, su vite è autorizzato dal 2001. BIBBLIOGRAFIA Rapparini G. – Diserbo chimico dei fruttiferi e della vite. L’Informatore agrario n° 44 2006 (70-77) Terra Trentina Figure 11 e 12: Immagini delle parcelle trattate rispettivamente con 160 e 50 g/ha di Chikara 25 WG ad un anno dall’intervento 37 notizie A cura di “Europe Direct – Carrefour Eu ropeo Alpi” (Istituto Agrario di San Michele all’Adige) di Silvia Ceschini e Giancarlo Orsingher POSITIVA EVOLUZIONE DEL MERCATO CEREALICOLO La Commissione ha pubblicato le previsioni relative ai mercati agricoli per il 2007/13, che mostrano la positiva evoluzione dei cereali e relativamente positiva dei prodotti di origine animale, in particolare latte e prodotti lattieri, pollame e carne suina. La produzione di carne bovina deve continuare a ridursi per le conseguenze della riforma nel 2003 della PAC e la Commissione prevede aumenti del 21% tra 2006 e 2014 per il reddito agricolo medio UE a 27 in termini reali e per unità di lavoro, con forti disparità per paese: + 9,9% in madia nei 15 vecchi membri UE, + 24,9% nei 10 paesi UE che hanno aderito in maggio 2004, e +71,8% nei due ultimi membri, Romania e Bulgaria. Per quanto riguarda i cereali, le previsioni a medio termine sono positive e segnalano l'aumento del consumo interno e dell'export. L'uso di cereali all'interno dell'UE dovrebbe aumentare con la crescente domanda di bioetanolo e biomassa. Terra Trentina CAMBIAMENTO CLIMATICO E AGRICOLTURA, I “SOSTEGNI” EUROPEI 38 Recentemente la politica agricola della Commissione europea affronta la questione degli adattamenti dell'agricoltura ai cambiamenti climatici in maniera diretta. Prevede, ad esempio, misure di supporto economico ai coltivatori per reagire in modo tempestivo contro gli improvvisi mutamenti esterni. Inoltre, ha approvato un pacchetto di riforme che incentivano l'utilizzo di combustibili biologici in agricoltura per ridurre l'emissione dei gas tossici a salvaguardia sia delle colture che dell'ambiente. La percentuale di gas serra prodotti dall'agricoltura nel territorio della Comunità europea era del 9% nel 2004, e grazie alle recenti misure, si ipotizza una diminuzione di un quinto di questa quota entro il 2010. La Commissione propone anche campagne di sensibilizzazione per la promozione di misure comunitarie preventive e a tutela dell'ambiente. FORTE AUMENTO DEL CONSUMO DI BIOCARBURANTI EurObserv'ER, consorzio comprendente cinque organizzazioni europee il cui obiettivo è promuovere le energie rinnovabili nell'Unione Europea, ha pubblicato il suo ultimo Eurobarometro, secondo il quale le colture energetiche dedicate alla produzione di biocarburanti “ridisegnano ogni anno il paesaggio agricolo dei paesi dell'UE”. Stando alle prime stime per il 2006, il consumo di biocarburanti ha raggiunto i 5,38 Mtep (milioni di tonnellate equivalente petrolio) nell'Unione Europea, il che corrisponde ad una quota dell'1,8% del consumo totale di carburanti destinati ai trasporti (rispetto all'1% nel 2005). Il biogasolio ha rappresentato, nel 2006, il 71,6% del contenuto energetico dei biocarburanti dedicati ai trasporti; precedendo di gran lunga il bioetanolo (16,3%) e gli altri biocarburanti (12,1%). La Germania rappresenta, sempre secondo i dati 2006, il maggiore consumatore europeo di biocarburanti, con un consumo stimato in 2,8 milioni di tonnellate di biogasolio (equivalenti a 2.408.000 tep), di 0,71 milioni di tonnellate di olio vegetale (628.492 tep) e di 0,48 milioni di tonnellate di bioetanolo (307.200 tep). Questo consumo corrisponde ad un tasso di incorporazione in contenuto energetico superiore al 6%. SUPERFICI A COLZA SODDISFANO LA DOMANDA DI BIODIESEL In base alle stime Eurostat le superfici agricole a colza aumentano del 13,6% rispetto al 2006, CINA, PROTEZIONE RECIPROCA DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE AGRICOLE L'Unifab, associazione francese di lotta contro la contraffazione, si rallegra del segnale politico forte lanciato nel settore della lotta alla contraffazione dai dirigenti europei, e raggiunge con le autorità cinesi un accordo sulla protezione delle indicazioni geografiche. La Cina e l'Unione europea hanno firmato, a Pechino, un accordo volto a riconoscere lo statuto d'indicazione geografica a venti prodotti europei e cinesi. È la prima volta che i due continenti si impegnano a garantire la protezione reciproca di prodotti emblematici di un territorio. I dieci prodotti europei che saranno registrati e protetti in Cina sono i seguenti: West Country farm cheddar (formaggio), White stilton cheese/blue stilton cheese (formaggio) Scottish farmed salmon (salmone d'allevamento), Prosciutto di Parma (prosciutto), Grana Padano (formaggio), Pruneau d'Agen/Pruneaux d'Agen mi-cuits (prugne), Roquefort (formaggio), Comté, Sierra Mágina (olio d'oliva) e Priego de Córdoba (olio d'oliva). Tra le dieci indicazioni geografiche cinesi figurano tè, aglio, asparagi, aceto, gamberi e vermicelli. In pratica, le richieste di protezione da parte dell'UE e della Cina si faranno in base a principi di uguaglianza, reciprocità e trattamento nazionale. AMBIENTE: MUTAMENTO DEL CLIMA, CARENZE IDRICHE, BIODIVERSITÀ Preparare i negoziati internazionali in materia di ambiente per un accordo sul dopo-Kyoto, lanciare il dibattito sulla prevenzione della difficoltà idrica, far partecipare le imprese alla lotta con- tro la perdita di biodiversità: sono le tre priorità della presidenza in campo ambientale. Per quanto riguarda i mutamenti climatici la presidenza portoghese ritiene che impegni maggiori da parte dei paesi sviluppati debbano unirsi ad azioni dei paesi emergenti. Occorre mettere in campo tecnologie, finanziamenti e sviluppo di capacità. La conferenza internazionale, in programma il 12 e 13 novembre, a Lisbona, si propone di sensibilizzare le imprese sull’importanza della salvaguardia della biodiversità. SEMPLIFICAZIONI OCM, RISPARMI A VANTAGGIO DEI PRODUTTORI Rendere ai produttori di latte e di prodotti lattieri i risparmi ottenuti grazie alle modifiche proposte riguardanti le regole dell'organizzazione comune di mercato (OCM), maggiorare in futuro l'importo dell'aiuto alla distribuzione di latte nelle scuole e non abolire gli aiuti allo stoccaggio privato di crema e di latte scremato in polvere. Si tratta degli elementi principali delle relazioni di Elisabeth Jeggle (PPE-DE, tedesca) sulla semplificazione dell'OCM del latte e dei prodotti lattieri, che sono stati adottati, a Bruxelles, dai membri della commissione dell'agricoltura del Parlamento europeo. Nel febbraio scorso la Commissione europea ha adottato una proposta mirante a semplificare diverse disposizioni dell'OCM del latte e dei prodotti lattieri. Secondo la commissione dell'agricoltura del PE, i risparmi di bilancio risultanti dalle modifiche proposte di questa OCM, ossia 117,3 milioni di euro dal 2008 al 2013, dovrebbero andare a vantaggio del settore dei produttori di latte. LO STATO DI SALUTE DELLA PAC La Commissione europea prevede di adottare, il 20 novembre prossimo, una comunicazione intesa ad avviare una riflessione sul “bilancio di salute” della politica agraria comune (PAC). Il commissario all'agricoltura, Mariann Fischer Boel, esprimerà quindi le sue idee in materia, la maggior parte delle quali sono già note: separazione più accentuata degli aiuti diretti dalla produzione e semplificazione delle regole di versamento di questi pagamenti, aumento della percentuale di modulazione obbligatoria degli aiuti per rafforzare la politica di sviluppo rurale, misure transitorie prima dell'abolizione, nel 2015, delle quote di produzione di latte, o lo sviluppo degli strumenti che dovrebbero permettere agli agricoltori di gestire le crisi. Dopo un periodo di consultazione con gli Stati membri e le parti interessate, la Commissione ha intenzione di adottare, nella primavera del 2008, alcune proposte concrete sulle modifiche da introdurre nella PAC, che non dovrebbero rimettere in discussione l'accordo raggiunto al Consiglio europeo di Bruxelles, nell'ottobre 2002, sulla limitazione delle spese agricole di mercato tra il 2007 e il 2013. Terra Trentina del 31,5% rispetto alla media degli ultimi cinque anni, rispondendo alla domanda di bioenergia, in particolare di biodiesel. In particolare, le superfici a cereali aumentano dell'1,5% mentre quelle a barbabietola da zucchero sono in calo del 2,9%. La colza è la quarta coltura UE dopo grano, mais, e orzo. I maggiori produttori sono Francia (1,5 milioni di ettari), Germania (1,5 milioni di ettari) e Polonia (674 mila ettari). La produzione UE è di 17,6 milioni di tonnellate, in aumento dell'11,3% rispetto al 2006 e del 27,3% rispetto alla media 2002/06. Il rendimento medio UE si riduce del 2,1% e l'aumento è attribuibile allo sviluppo delle superfici di colza nell'UE. Le superfici cerealicole aumentano dell’1,5% rispetto al 2006 tenuto conto dell'alto livello di prezzi sul mercato. La produzione cerealicola UE per il 2007 è di 281 milioni di tonnellate, in aumento del 5,2% rispetto al 2006. Per il 2007 il rendimento medio dei cereali sarebbe di 48,6 quintali-ettari contro 46,8 nel 2006. Per quanto riguarda la barbabietola da zucchero la riforma del settore nel 2005 ha avuto effetto: le superfici coltivate potrebbero ridursi del 2,9% nell'UE rispetto al 2006. Ma la Francia, maggior produttore, potrebbe aumentare del 3% la produzione arrivando a 392 mila ettari. 39 Terra Trentina notizie notizie DALL’ISTITUTO AGRARIO 40 La ricerca Iasma “fotografata” dal cvr “Con la legge di riforma della ricerca abbiamo introdotto il sistema della valutazione da cui dipenderanno le nostre scelte, soprattutto nell’orientare bandi e finanziamenti: uno strumento, quindi, che permetterà alla Giunta provinciale di capire quali sono le attività da incentivare o meno. Di qui l’importanza di conoscere da vicino le istituzioni che andiamo a valutare, creando un rapporto diretto e soprattutto senza schemi concettuali teorici”. Parole dell’assessore provinciale alla programmazione, ricerca e innovazione, Gianluca Salvatori, intervenuto recentemente, a San Michele, all’incontro tra il Comitato di valutazione della ricerca, guidato dal dirigente generale del Servizio programmazione, ricerca e innovazione della Provincia autonoma di Trento, Diego Loner, ed i vertici dell’Istituto Agrario. All’organo di consulenza della Giunta provinciale, istituito con la legge di riordino della ricerca (L.p. 2 agosto 2005, n.14), che ha il compito di valutare l’efficacia degli interventi provinciali a sostegno del sistema della ricerca e dell’innovazione, anche relativamente al raggiungimento degli obiettivi fissati nel programma pluriennale della ricerca, il direttore generale Alessandro Dini, e il responsabile del Centro Sperimentale, Roberto Viola, hanno illustrato le principali tappe dell’Istituto Agrario fino alla costituenda fondazione “Edmund Mach”, con particolare riferimento alle attività e ai progetti del settore ricerca. Il dirigente Roberto Viola ha spiegato che il Centro Sperimentale gestisce le attività di ricerca e sperimentazione scientifica, i laboratori di analisi e le attività di consulenza specialistica e di servizio. Si tratta di cinque dipartimenti con un personale che ammonta complessivamente a circa 240 unità tra dipendenti e collaboratori. Il responsabile della ricerca ha illustrato, inoltre, i principali eventi che hanno riguardato il Centro nel corso del 2006: dai risultati della valutazione del CIVR per le attività condotte dal 2001 al 2003 al completamento del sequenziamento del genoma della vite, dall’attivazione del sequenziamento del genoma del melo al recente annuncio su Nature per la selezione di un team di ricercatori di fama internazionale, a cui hanno risposto in circa trecento. “Gran parte dei finanziamenti dei nostri progetti -spiega il responsabile del Centro Sperimentale, Roberto Viola- arriva dalla Pro- Silvia Ceschini Ufficio Stampa – IASMA vincia autonoma, ma altre fonti sono rappresentate dall’Unione europea e dal Mipaf. Abbiamo messo a punto diverse collaborazioni internazionali in Europa, Stati Uniti, Israele e Cina e il corpo ricercatore comprende diverse unità che provengono dall’estero, principalmente Europa, Stati Uniti, Cina, India ed Africa. Negli ultimi quattro anni il numero delle pubblicazioni è aumentato notevolmente, soprattutto sulle riviste certificate, ed abbiamo conseguito l’estensione in Europa di due brevetti per invenzione industriale”. Frutticoltura, come mantenere la qualità con meno chimica È la principale problematica che i frutticoltori si trovano ad affrontare in questo momento. Con la stagione 2008 verrà definitivamente ritirato dal mercato eu- La riunione con il Cvr e l’assessore Salvatori nella sala Specchi dell’Istituto Agrario Porte Aperte a Maso Part ri sono stati divisi in gruppi a seconda dei loro interessi e sono intervenuti come relatori Alberto Dorigoni (responsabile unità Frutticoltura Iasma), Paolo Lezzer, Pierluigi Magnago e Luisa Mattedi. L’azienda sperimentale di Maso delle Part si occupa da più di 35 anni di ricerca sul melo e da circa cinque anni ha ripreso anche lo studio sul pero. Il maso è suddiviso in tante parcelle dove si confrontano diverse varietà, i cloni, le forme di allevamento, i portinnesti di melo e pero. Viticoltura biologica, prodotti alternativi contro il “mal bianco” Alla viticoltura biologica è stato dedicato, il 3 agosto scorso, un incontro di presentazione delle attività condotte nel 2007 in provincia di Trento. L’appuntamento, che si è concluso con una visita al vigneto interessato dalle prove dell’Istituto Agrario, fa seguito ad un’iniziativa analoga dedicata alla frutticoltura biologica che si è svolta presso il Centro sperimentale di Laimburg. Si è parlato di prodotti alternativi allo zolfo per il controllo dell’oidio, fungo che in annate calde come queste ultime può rappre- sentare una seria minaccia per le foglie ed i grappoli della vite, e del controllo delle erbe che infestano il filare (malerbe) attraverso lavorazioni meccaniche. Queste attrezzature evitano il ricorso ad erbicidi, vietati in agricoltura biologica. A questo proposito sono stati presentati i risultati di una prova di confronto tra diverse macchine. L’incontro è stato coordinato da Enzo Mescalchin, direttore dell’Ufficio Viticoltura del Centro per l’assistenza Tecnica dell’Istituto Agrario. Markus Kelderer del Centro per la Sperimentazione Agraria e Forestale di Laimburg ha affrontato il tema dei fungicidi usati in viticoltura biologica, presentando i risultati di prove con prodotti a base di bicarbonato di potassio. Luisa Mattedi del Centro sperimentale Iasma ha presentato i risultati delle prove di campo con prodotti alternativi allo zolfo per il controllo dell’oidio, mentre il ricercatore Dario Angeli ha parlato delle prove realizzate nelle serre dell’Istituto Agrario. Marzemino, ottime uve non solo con la pergola I ricercatori dell’Unità Viticoltura dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige hanno dimostrato che la pergola semplice non è l’unica forma di allevamento ottimale per il Marzemino. Buoni risultati produttivi e qualitativi, infatti, si possono ottenere anche dai sistemi a filare, che si prestano ad una gestione più meccanizzata, in particolare dal cordone speronato e dal guyot. Lo rivelano le prove sperimentali condotte dal 2004 al 2006, presso la collina di Isera e la zona dei Ziresi (Volano), in collaborazione con l’Ufficio Viticoltura del Centro per l’Assistenza Tecnica. I risultati delle esperienze di allevamento sono stati presentati da Massimo Bertamini, coordinato- Terra Trentina ropeo il Carbaryl. Si tratta di un principio attivo chiave per la regolazione chimica della carica produttiva dei meleti, operazione colturale che consiste nell’eliminare una parte dei frutti per migliorarne la produzione (termine tecnico diradamento). Le strategie alternative in grado di fornire risultati analoghi a quelli ormai consolidati da decenni di pratica, sono state presentate il 31 luglio, a Mezzolombardo, nell’ambito della giornata di “Porte aperte a Maso delle Part”, tradizionale incontro di presentazione dell’attività sperimentale condotta nel settore frutticolo dall’Istituto Agrario, che ha visto la presenza di oltre trecento agricoltori. I ricercatori di San Michele hanno mostrato agli agricoltori alcuni principi attivi più ecologici e anche un sistema meccanico messo a punto in Germania, che consiste in un’attrezzatura, una sorte di pettine meccanico, in grado di asportare una notevole percentuale di fiori di melo. I temi della mattinata hanno riguardato, oltre alle tematiche connesse alla regolazione della carica dei frutti, anche l’architettura degli impianti, la scelta dei cloni e la difesa. I frutticolto- 41 notizie Terra Trentina Porte aperte a Navicello 42 re del Dipartimento Valorizzazione risorse produttive del Centro Sperimentale, nell’ambito della giornata “Porte Aperte a Navicello”, incontro svoltosi il 9 agosto scorso, che ha fatto il punto delle prove sperimentali di interesse viticolo in corso in Vallagarina. I ricercatori Daniele Prodorutti e Silvia Dagostin hanno parlato del progetto “Coptimizer”, attivato dal Centro SafeCrop e dal Dipartimento Protezione delle Piante dell’Istituto Agrario in collaborazione con il “Department of Management Information Systems (MIS)-University of Haifa” (Israele), che si propone di mettere a disposizione di tecnici e agricoltori uno strumento per ottimizzare, monitorare e valutare la quantità di rame distribuita annualmente nel vigneto e mantenere tale quantità nei limiti previsti dalla legislazione. Oliviero Sandri (Dipartimento protezione piante) ha parlato di muffa grigia della vite, una malattia causata da un fungo che, in annate particolarmente favorevoli allo sviluppo del patogeno, può provocare danni rilevanti su varietà sensibili. Umberto Malossini (Dipartimento Valorizzazione risorse produttive) ha affrontato il tema della selezione clonale in viticoltura e del programma attivo da quarant’anni all’Istituto Agrario. Marco Delaiti (Dipartimento protezione delle piante) si è occupato delle diverse strategie di diserbo chimico contro le infestazioni di Parietaria officinalis e dei trattamenti contro la peronospora. L’incontro, aperto dal presidente dell’Istituto Agrario, Giovanni Gius, e coordinato da Claudio Ioriatti, responsabile del Dipartimento protezione delle piante, si è concluso con un intervento di Enzo Mescalchin, direttore dell’Ufficio Viticoltura del Centro per l’Assistenza tecnica e con una visita ai campi sperimentali e alle macchine per i trattamenti. Studenti “ricercatori”, stage estivo per imparare in laboratorio Quest’anno è stata inaugurata una nuova forma di tirocinio estivo per gli studenti dell’Istituto Agrario, che si è svolta presso alcune unità operative del Centro Sperimentale. Il percorso formativo ha consentito agli studenti di fare esperienza diretta sul campo ed “imparare” come si lavora in laboratorio e ai ricercatori di poter contare su un utile supporto alle attività di ricerca e sperimentazione. Gli alunni seguivano gli stessi orari dei ricercatori e svolgevano molteplici attività: allevamento degli insetti utilizzati per le prove di laboratorio; controllo in campo e raccolta piccoli frutti per analisi qualitative; analisi chimiche del suolo, fogliari e su frutti; prove in campo per la verifica degli effetti diretti e collaterali di nuove sostanze nei confronti di insetti utili e dannosi. L’esperienza, promossa dal Centro Scolastico, è stata supportata dagli insegnanti Barbara Battistello e Ivan Endrici e rappresenta, secondo il presidente Giovanni Gius, “un momento concreto di interazione tra due centri operanti sotto lo stesso tetto”. La convivenza tra ricerca e formazione, d’altronde, è ciò che differenzia l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige da tutte le altre scuole agrarie e centri di ricerca italiani. Gli stages si rivolgono a studenti delle quarte classi dell’Istituto Tecnico Agrario e dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente ed il periodo individuato per lo svolgimento degli stessi è compreso fra la fine delle lezioni e l’inizio del nuovo anno scolastico, con una durata minima di due settimane lavorative, seguendo orari e organizzazione delle stesse unità operative. A conclusione dell’esperienza i ragazzi predisporranno un elaborato che potrà essere presentato in alcuni momenti scolastici collegiali al fine di rendere partecipi anche altri alunni e i docenti interessati dei risultati dell’iniziativa oltre a consentire la maturazione di crediti formativi. Viticoltura ed enologia, premio “Karl Bayer” e nuovi dottori Una delegazione dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige ha partecipato in Germania, presso la Fachhochschule di Geisenheim, alla cerimonia di consegna del premio “Karl Bayer”, istituito per la migliore tesi di laurea in Viticoltura ed Enologia realiz- ria Stella Grando; Claudio Frapporti, elaborato scritto dal titolo “Estrazione delle sostanze polifenoliche dalle bucce mediante l’impiego delle micro-onde”; relatori Prof. Roberto Zironi, Prof. Francesco Spagnolli; Paolo Pantalone, elaborato scritto dal titolo “Valutazione dell’impatto dei trattamenti termici sulla qualità dei pigiati e dei mosti”; relatore Dott. Franco Battistutta. Claudio Sandri (di Faedo), elaborato scritto dal titolo “Caratterizzazione dell’attività insetticida di Rynaxypyr su Lobesia botrana Den. e Schiff. (Lepidoptera Tortricidae), studi di laboratorio e semicampo”; relatori Prof. Pietro Zandigiacomo, Dott. Claudio Ioriatti; Francesco Tarlao, elaborato scritto dal titolo “Influenza delle mannoproteine sulla qualità del vino”; relatore Prof. Giuseppe Comi. Premio Luigi Veronelli, due nominations per Iasma Tra le 48 nominations del Premio Luigi Veronelli, destinato agli operatori, comunicatori e tecnici, italiani ed esteri, ritenuti particolarmente meritevoli nel settore dell’enogastronomia, ed assegnato nei giorni scorsi al Teatro Angelicum di Milano, rientrano la distilleria dell’Istituto San Michele all’Adige nella categoria “miglior grappaiolo/distillatore”, accanto a Vittorio Capovilla e Fratelli Marolo ed Enrico Paternoster, enologo responsabile della cantina dell’Istituto Agrario nella categoria “migliore winemaker emergente” accanto a Paolo Peira e Barbara Tamburini. Si tratta della seconda edizione dell’iniziativa istituita da Class Editori e Veronelli Editore che si propone di onorare la memoria del più grande scrittore e critico italiano di enogastronomia scomparso nel 2004. Nel corso della cerimonia sono stati premiati il miglior giorna- lista (Enzo Vizzari, Andrea Grignaffini, Rafael Garcia Santos) e il migliore scrittore di enogastronomia (Corrado Barberis, Roberto Cipresso, Carla Capalbo), il migliore patron (Gianluigi Morini), il miglior maître (Umberto Giraudo), il miglior vignaiolo (Romano Dogliotti e Pasquale Forte), il miglior grappaiolo/distillatore (Vittorio Capovilla), oltre al miglior oliandolo (Domenico Ruffino) e al miglior winemaker (Severino garofano “alla carriera” e Barbara Tamburini “emergente”). Ma anche l'oggetto da tavolo più innovativo (Macinapepe elettrico Peugeot), il migliore sito di enogastronomia (lavinium.com), la migliore trasmissione radiotelevisiva a tema gastronomico (A tavola/Radio Rai Uno e Enogà, Sapori & Profumi alla radio), la sagra o festa gastronomica più curiosa (Cheese) ed, infine, il Comune che più di altri si è adoperato nella salvaguardia dei propri prodotti agricoli (Vigolzone). L’enologo della cantina, Enrico Paternoster, ed il mastro distillatore Bruno Pilzer Terra Trentina zata da uno studente partecipante al programma di doppio titolo italiano-tedesco. I vincitori della prima edizione sono due studenti altoatesini: Florian Sinn con la tesi dal titolo “Diffusione dei giallumi della vite in Trentino e monitoraggio della cicalina Hyalesthes obsoletus” (relatori Massimo Bertamini e Ruggero Osler, correlatore Enzo Mescalchin) e Lukas Rainer con un elaborato intitolato “La spuntatura dei grappoli in periodi diversi come strumento per l’aumento della qualità e il diradamento nonché i suoi effetti sulla maturazione, sulla composizione del mosto e del vino e sulle caratteristiche organolettiche del vino” (relatore Enrico Peterlunger e correlatore Hans Reiner Schultz). Il premio “Karl Bayer” è stato istituito in onore dell’ex decano della Fachhochschule di Geisenheim, considerato l’anima della fruttuosa collaborazione transnazionale che coinvolge l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, le Università degli Studi di Trento e Udine. Nei giorni scorsi, a Udine, si sono laureati in Viticoltura ed Enologia sette studenti (elencati qui sotto). Tra questi tre trentini, due di Mezzolombardo e uno di Faedo. Luca Matteo Ciborio, elaborato scritto dal titolo “Caratterizzazione di vini ottenuti da varietà resistenti”; relatore Dott. Franco Battistutta; correlatore Dott. Piergiorgio Comuzzo. Giorgio Bernardo De Cles (di Mezzolombardo), elaborato scritto dal titolo “La selezione conservativa della vite: il caso del Teroldego”; relatore Prof. Ruggero Osler; correlatore Dott. Marco Stefanini. Francesca Devigili (di Mezzolombardo), elaborato scritto dal titolo “Analisi molecolare al Locus VvMYBA1 in varietà di vite con diverso colore della bacca”; relatori Prof. Enrico Peterlunger, Dott.ssa Ma- 43 cibo e salute IL GRASSO È SERVITO! Carmelo Bruno Terra Trentina già docente di chimica all’ITI Buonarroti di Trento 44 Perché i grassi? Quanti di coloro che sono soliti mangiare merendine, biscotti, crackers, brioches… sanno quello che stanno mangiando ovvero hanno letto le etichette? Quando si prova a chiederlo, si vedono facce imbarazzate, tipiche di chi si è visto scoperto uno scheletro nell’armadio, perché in fondo tutti sono d’accordo che la lettura delle etichette è un’operazione doverosa. Alzi la mano chi, almeno una volta, guardando un’etichetta non ha trovato la scritta “grassi vegetali” o “grassi vegetali idrogenati”! Quanti sanno che dietro tali nomi si nascondono nient’altro che le margarine? E quanti sono al corrente che queste sostanze danno un contributo non irrilevante ad una delle più gravi malattie delle società industrializzate, l’aterosclerosi, cioé alle malattie cardiovascolari? Tutti coloro che soffrono di artrite e infiammazioni varie, hanno mai pensato che potrebbe esserci un collegamento tra la loro alimentazione, magari troppo ricca di grassi animali, e i fastidiosi dolori? D’altro canto chi ha problemi di sovrappeso, reali o immaginari (perché creati dal modello dominante) e magari cerca di eliminare del tutto i grassi, ha idea di quali sono le carenze a cui va incontro? La signora che utilizza troppo le fritture e per friggere utilizza l’olio di semi, ha mai immaginato che, a lungo andare, tale tipo di cucina potrebbe creare seri problemi alla salute delle arterie? A questo proposito è naturale tirare in ballo il colesterolo, diventato Tutto quello che avreste voluto sapere sul ruolo del burro, della margarina, dei grassi animali e degli oli vegetali su colesterolo, trigliceridi, aterosclerosi e infarto. ma non avete mai osato chiedere ! l’imputato principale delle malattie cardiovascolari e definito “killer delle coronarie”, con una drammatizzazione semplicistica e anche abusiva, che non tiene conto di tutti gli altri numerosi fattori di rischio (quantità eccessiva di calorie, fumo di sigaretta, ipertensione…). Il risultato di questa campagna a senso unico contro il colesterolo è stato un aumento vertiginoso della vendita delle famose STATINE “abbassacolesterolo”. I grassi: che cosa sono? I grassi, in una società fondata sul modello “light” e “slim”, non sono molto popolari, soprattutto tra le ragazze e le signore! In effetti, i grassi sono nutrienti molto energetici: 1 grammo di grassi ci dà più del doppio delle calorie (9 cal) rispetto a quelle fornite da 1 grammo di proteine e di carboidrati(4 cal). Ma che cosa sono questi grassi tanto denigrati? Da un punto di vista chimico, i grassi sono TRIGLICERIDI DEGLI ACIDI GRASSI. In pratica la glicerina reagisce con tre molecole di acidi grassi e dà luogo ai trigliceridi, che sono i nostri grassi di riserva e che troviamo anche nel sangue, dove possono creare problemi di aterosclerosi, se sono in eccesso. Quali sono gli acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi e dove sono contenuti? Gli acidi grassi saturi sono:acido laurico, miristico, palmitico, stea- rico e sono contenuti nei grassi animali e nei grassi vegetali derivati da cocco, palma e palmisti. Tutti, tranne l’acido stearico, godono di pessima fama, perché un consumo eccessivo è direttamente correlato con l’aterosclerosi e quindi con le malattie cardiache. L’acido monoinsaturo per definizione è l’acido oleico, contenuto in percentuale elevata nell’olio di oliva. Esso fa parte della dieta mediterranea e gode, tra i nutrizionisti, di ottima fama come preventivo del colesterolo e dell’aterosclerosi. Tra gli acidi polinsauri c’è l’acido linoleico, contenuto in alta percentuale in tutti gli oli di semi. È bene non abusarne perché, se è vero che abbassa il colesterolo totale, è anche vero che abbassa sia il colesterolo “cattivo”(azione meritoria!) sia il colesterolo “buono” (non se ne sente l’esigenza!). La sua sigla è omega-6. In questi ultimi anni le ricerche scientifiche hanno messo in evidenza le proprietà salutari di un altro acido grasso polinsaturo, l’acido linolenico, contenuto soprattutto nei pesci e nell’olio di semi di lino. Esso è un ottimo preventivo delle malattie cardiache. La sua sigla è omega-3. I prodotti a base di omega-3 arrivano spesso agli onori della cronaca nelle pagine dei giornali dedicate all'alimentazione e sono largamente presenti sugli scaffali di farmacie ed erboristerie. orto&dintorni L’azzeruolo un alberello rustico dai frutti gustosissimi Coloro che desiderano coltivare nel proprio orto o nel frutteto di famiglia una pianta abbastanza insolita, molto rustica e poco esigente per quel che riguarda il tipo di terreno, non hanno che da scegliere fra le varietà di azzeruolo presenti oggi a livello vivaistico un po' in tutta Italia. Questo alberello, per molti ancora sconosciuto e per alcuni quasi dimenticato, è attualmente in fase di riscoperta e di rivalutazione, grazie ai suoi deliziosi frutti ed anche al fatto che non necessita di alcun trattamento antiparassitario. Si consiglia quindi di coltivarne qualche esemplare nell'orto di famiglia o, laddove possibile, nel frutteto a conduzione diretta o part-time. Un po' di storia Presente oggi in tutta Europa, molto diffuso in Cina, nell'Africa Settentrionale, in Messico, Canada e Stati Uniti (California e Arizona), l'azzeruolo ha origini antichissime: nasce molto probabilmente nell'Asia orientale, da dove poi giunge nel Mediter- raneo diffondendosi fra Creta e il Turkestan. Per trovarlo in Italia dobbiamo aspettare che ve lo portino i soldati di Ottaviano Augusto, golosi scopritori di questo frutto. Furono invece gli Arabi ad esportarlo dapprima in Spagna, dove è detto “acerola”, quindi in Francia, dove viene chiamato “spina di Spagna”. È tuttora considerato una pianta subspontanea per la facilità con cui cresce e si diffonde ovunque; è conosciuto in tutta la nostra Penisola soprattutto a livello di frutteto famigliare (per la produzione delle azzeruole), di parchi e di giardini (a scopo ornamentale). Risulta, tuttavia, più diffuso nell'Italia meridionale che in quella settentrionale e, un tempo, lo si trovava quasi sempre presente nelle grandi proprietà per delimitarne i confini. Sempre nel passato, era spesso piantato vicino alle case dei cacciatori per attirare uccelli ignari e… affamati. Negli ultimi decenni l'azzeruolo ha registrato la maggior diffusione in Liguria, Piemonte, EmiliaRomagna, Toscana e Sicilia. Caratteristiche botaniche L'azzeruolo (Crataegus azarolus) deriva il suo difficile nome botanico dal greco “krataigos” e dall'arabo “az-Zou'rour”. Appartiene alla famiglia delle Rosacee e allo stesso genere del biancospino (Crataegus oxyacantha) ed è comunemente conosciuto anche con altri nomi più o meno simili: lazzeruolo, nazzeruolo, razzeruolo, azarolo ecc. Si presenta talora come un arbusto cespuglioso, alto circa 6 metri, o come un piccolo alberello (che può raggiungere, talora, l'altezza di 12 metri!). Sotto quest'ultima forma è stato utilizzato, negli ultimi anni, anche a scopo ornamentale per l'effetto decorativo dei suoi fiori e dei suoi frutti. Si possono distinguere tre gruppi di varietà: l'azzeruolo giallo, il bianco (varietà italiana, rara e antica) e il rosso (reperibile spontaneo nei boschi, dotato talora di grosse spine), le cui caratteristiche differiscono qualche volta in modo abbastanza notevole. Prenderemo qui in considerazione l'azzeruolo bianco, detto anche “moscatello”. La pianta è abbastanza vigorosa, a portamento eretto o sinuoso e contorto, con rami irregolari privi di spine, ricchi di nodi e con la corteccia di color grigio scuro, liscia o screpolata a seconda dell'età. Entra in produzione a partire dal 4°-5° anno dall'impianto. Le foglie assomigliano a quelle del biancospino ed hanno spesso due stipole (espansioni di aspetto fogliaceo all'inizio del Terra Trentina Iris Fontanari 45 orto&dintorni Terra Trentina picciolo) con contorno seghettato. Il lembo fogliare, di colore verde intenso, si presenta profondamente inciso (talvolta fino alla nervatura principale) e irregolarmente dentato. I fiori, piccoli e bianchi, sono riuniti in corimbi ed hanno un breve stelo vellutato. Si sviluppano all'apice dei rametti di un anno; sono ermafroditi ed autofertili e per questo non necessitano di altre piante vicine per essere fecondati. I frutti (pomi) sono di pezzatura medio-grossa, leggermente appiattiti, di peso variabile (da 10 a 15 grammi) e buccia di colore bianco tendente al giallo chiaro, leggermente sfumata di rosa all'insolazione. La polpa del frutto maturo è tenera, profumata, dolce e assai gustosa. I semi, contenuti all'interno del frutto in numero da 1 a 5, sono legnosi e non sempre adatti alla semina perché scarsamente germinabili. 46 Cure colturali L'azzeruolo è una pianta rustica, a crescita lenta ma longeva; riesce a vegetare su tutti i terreni, pur prediligendo quelli asciutti e di medio impasto, a reazione neutra o lievemente calcarea. Sopporta il caldo elevato e la siccità e resiste alle temperature invernali fino ad oltre i 25°C sotto zero. Non avendo particolari esigenze di clima e di terreno, può essere coltivato in tutta la Penisola fino a 1000 m d'altitudine al Nord e a 1200-1400 m al Centro-Sud; tuttavia, poiché la pianta preferisce il clima mediterraneo, è opportuno scegliere per l'impianto un luogo molto soleggiato. L'azzeruolo bianco si propaga per innesto, forma questa che consente di conservare e trasmettere le caratteristiche positive della pianta madre. Lo scasso del terreno si esegue a buche profonde 70-80 cm; la pianta va messa a dimora possibilmente nel mese di novembre, a poca profondità e con il punto d'innesto fuori del terreno. Una volta posta a dimora, la pianta va spuntata, all'altezza di circa un metro e mezzo, e legata ad un paletto di sostegno. Nel caso d'impianto in terreno troppo secco, è opportuno irrigare subito dopo la messa a dimora. Chi desidera un alberello dai frutti un po' fuori del comune, può innestare l'azzeruolo sul biancospino o sul pero selvatico: in questo caso lo si dovrà potare spesso perché la vegetazione tende a spostarsi vero l'estremità dei rami, lasciandoli spogli all'attaccatura del tronco. La raccolta si esegue di norma all'inizio dell'autunno, quando il colore dei frutti passa dal verde pallido al giallo chiaro. I frutti si mantengono bene per 2-3 giorni, ma per prolungarne la conservazione è bene riporli in frigorifero dove, alla temperatura di 3-4 gradi, si possono mantenere “integri” per circa un mese. Proprietà ed usi Anche l'azzeruolo, proprio come il “fratello” biancospino, vanta ottime proprietà terapeutiche. Le foglie hanno funzioni astringenti e si possono utilizzare in tisane e decotti. I fiori sono preziosi per la salute e sono indicati per i disturbi più vari, da quelli cardiaci e nervosi, a quelli dovuti a stati d'ansia o ad eccessiva debolezza causata da stress. Un'ottima tisana calmante si ottiene con un cucchiaio di fiori essiccati in una tazza d'acqua bollente; si beve due-tre volte al giorno per tre settimane al mese. È bene ricordare che i fiori da essiccare si devono cogliere al mattino appena schiusi o in boccio. I frutti contengono acqua, zuccheri, proteine acido malico, polifenoli e vitamina C e sono ottimi come astringenti e rinfrescanti. Si consumano allo stato fresco o se ne fanno gelatine, marmellate sciroppi e distillati. Per fare la marmellata si prendono i frutti più maturi, un po' molli, si mettono in una pentola con poca acqua e si fanno cuocere fino a quando non si disfano del tutto, quindi si passano al setaccio e si rimettono al fuoco con lo zucchero (750 g per ogni kg di passato) e un po' d'acqua (3/4 di un bicchiere) spruzzando il tutto con succo di limone. 47 Terra Trentina