Terra Trentina
SOMMARIO
3 mele/produzione 2007
Previsioni di produzione di mele della campagna 2007
6 leggi e provvedimenti
Nuovi sistemi di certificazione del materiale
vivaistico frutticolo
9 intervista
È nata la Fondazione Edmund Mach
12
Formazione professionale sotto la lente
14 trattamenti fitosanitari
Innovazione ambientale e sicurezza per le macchine
e le tecniche di distribuzione dei prodotti fitosanitari
22 vendemmia
La consegna dell’uva alla Cantina Sociale
25 cantina familiare
Lieviti selezionati, è utile farne uso
nelle cantine familiari?
28 viticoltura/difesa
La convivenza con i giallumi della vite
32 viticoltura/diserbo
Bonifica di forti infestazioni di parietaria nel vigneto
TERRA
TRENTINA
8/2007
PROVINCIA
AUTONOMA
DI TRENTO
Mensile di economia e tecnica
dell’agricoltura
Organo dell’Assessorato provinciale
all’agricoltura di Trento
Reg. Trib. Trento n. 41 del 29.8.1955
Direttore responsabile
Alberto Faustini
Coordinatore tecnico
Sergio Ferrari
Segreteria di redazione
Daniela Poletti
Redazione
Piazza Dante, 15
38100 TRENTO
Tel. 0461.494614-492670
Fax 0461-494615
(Parietaria officinalis L.)
44 cibo e salute
Il grasso è servito!
notizie
21 Brevi
31 Tecnica flash
38 Europa informa
40 Notizie dall’Istituto Agrario
45 orto&dintorni
Terra Trentina
L’azzeruolo, un alberello rustico dai frutti gustosissimi
COMITATO DI DIREZIONE
Mauro Fezzi
Dipartimento agricoltura e alimentazione
Fabrizio Dagostin
Servizio aziende agricole e territorio rurale
Marta Da Vià
Servizio promozione delle attività agricole
Alberto Giacomoni
Incarico speciale di studio, verifica e attuazione
dell’Organismo pagatore regionale
Giovanni De Silvestro
Servizio promozione delle attività agricole
Giuliano Dorigatti
Servizio aziende agricole e territorio rurale
Romano Masè
Dipartimento risorse forestali e montane
Michele Pontalti
Centro per l’assistenza tecnica – IASMA
Silvia Ceschini
Ufficio stampa – IASMA
Fotocomposizione e stampa
Tipografia Editrice Temi s.a.s
di Bacchi Riccardo & C.
Via Maccani, 108/12 – Trento
mele/produzione 2007
Dall’incontro di Vilnius (Lituania) del 3 agosto
PREVISIONI
DI PRODUZIONE DI MELE
DELLA CAMPAGNA 2007
Il dato più significativo e importante
per i frutticoltori del Trentino Alto Adige
è il forte calo produttivo di mele nei Paesi
dell’Est Europa che sarà colmato da mele
importate, comprese quelle della nostra Regione
a cura di Assomela
no a destinare più prodotto all’industria di trasformazione.
La tabella n. 3 riporta i dati di previsione per i paesi dell’Est Europa. In diversi paesi di quest’area
tre gelate nel corso della prima-
vera hanno fortemente compromesso la produzione di mele.
Vengono infine riportate in tabella n. 4 le previsioni di produzione per varietà per la sola Comunità Europea a 15.
Tab. n. 1 (tons.)
Previsioni 2007
Diff. 2007/6 %
Prod. 2006
Prod. 2005
Prod. 2004
TOTALE EU-15
6.842
2%
6.651.000
7.068.947
6.943.119
TOTALE NM-12
1.721
- 45%
3.177.000
3.029.000
3.457.000
TOTALE EU-27
8.564
- 13%
9.828.000
10.097.947
10.400.119
Terra Trentina
La situazione
nella Comunità Europea
Le previsioni di produzione per
il 2007, presentate a Prognosfruit
il 3 agosto, tenutosi a Vilnius in
Lituania, evidenziano una diminuzione di circa il 13% rispetto
alla produzione del 2006.
In termini quantitativi le mele
prodotte e commercializzate nella stagione 2006/2007 sono state
9.828.000 tons., mentre si prevedono 8.524.000 tons. per la stagione 2007/2008, con una riduzione pari a 1.304.000 tons.
Tale diminuzione è conseguenza
di un calo produttivo importante
nei paesi dell’Est Europa (-45%)
solo in parte compensata da un
leggero incremento nella produzione prevista per la cosiddetta
“Vecchia Europa” – a 15 paesi,
che passa da 6.651.000 ton. nel
2006 alla previsione di 6.842.000,
pari ad un + 2%.
Nella tabella n. 2 sono riportate
le previsioni per la Comunità Europea a 15 paesi,
Dinamiche in incremento si segnalano per Regno Unito, Olanda ed Austria e leggeri aumenti
anche per Francia ed Italia.
Sono peraltro segnalati diversi
danni da grandine che porteran-
mele/produzione 2007
Uno sguardo
alla situazione italiana.
Nella tabella n. 5 si riportano le
previsioni di produzione italiane livello regionale. In generale
si rileva un aumento della produzione, che in particolare per il
Trentino recupera la bassa produzione del 2006 riportandosi su
valori di normalità.
In tutte le regioni la situazione
qualitativa appare buona, con la
segnalazione generale di un anticipo di maturazione di circa 10 –
12 giorni. Vanno segnalati danni
da grandine in praticamente tutte le aree di produzione, con un
quantitativo di mele che saranno
destinate direttamente alla trasformazione industriale che porta il
volume di prodotto effettivamente
disponibile al mercato fresco poco oltre il quantitativo del 2006.
Un primo giudizio
Le informazioni che provengono
da Prognosfruit vanno analizzate
nel dettaglio. La consistente dimi-
nuzione complessiva di mele in
Europa è frutto di danni notevoli
da freddo particolarmente in Polonia, Ungheria e Slovacchia. I paesi dell’Europa a 15, dove si colloca la maggior parte delle mele
italiane, prevedono generalmente
un aumento, che potrebbe incrementare in conseguenza di condizioni favorevoli per lo sviluppo
dei frutti. L’anticipo di maturazione porterà anche ad una certa sovrapposizione tra frutti di importazione e nuovo prodotto.
Il volume complessivo previsto
per la produzione nella “vecchia
Europa” e per l’Italia appare comunque in linea con la domanda e la capacità delle organizzazioni di produttori di lavorare ed
immagazzinare praticamente tutto il prodotto può garantire un
buona e costante alimentazione
del mercato.
In generale quindi un primo giudizio può essere di cauto ottimismo, anche per la buona qualità
generalmente segnalata.
Tab. n. 2 (tons.)
Paese
Previsioni 2007
Diff. 2007/6 %
Prod. 2006
Prod. 2005
Prod. 2004
Austria
194.000
20%
161.000
173.200
163.100
Belgio
348.000
- 2%
358.000
317.000
355.800
Danimarca
26.000
- 2%
27.000
26.000
26.000
Francia
1.613.000
1%
1.584.000
1.769.439
1.708.252
Germania
948.000
0%
952.000
925.000
945.200
Grecia
266.000
0%
267.000
265.000
281.670
Italia
2.083.000
3%
1.991.000
2.071.308
2.035.297
Olanda
391.000
12%
347.000
380.000
435.000
Portogallo
197.000
- 20%
252.000
249.000
277.000
Spagna
570.000
4%
547.000
701.000
553.000
Regno Unito
202.000
15%
174.000
192.000
162.800
TOT. EU-15
6.842.000
2%
6.651.000
7.068.947
6.943.119
Paese
Previsioni 2007
Diff. 2007/6 %
Prod. 2006
Prod. 2005
Prod. 2004
Estonia
18.000
80%
10.000
11.000
2.000
Lettonia
25.000
-21%
32.000
38.000
7.000
Lituania
40.000
-60%
100.000
97.000
34.000
Terra Trentina
Tab. n. 3 (tons.)
Polonia
1.200.000
-46%
2.250.000
2.200.000
2.522.000
Rep. Ceca
106.000
-33%
159.000
138.000
164.000
Slovacchia
10.000
-68%
31.000
36.000
31.000
Slovenia
60.000
20%
50.000
58.000
60.000
Ungheria
203.000
-57%
480.000
487.000
668.000
Bulgaria
60.000
-7%
65.000
71.000
58.000
TOTAL NM-12
1.721.000
-45%
3.177.000
3.029.000
3.457.000
Tab. n. 4 (tons.)
Previsione 2007
% 2007/6
2006
2003
1999
Golden Del.
1.986.000
1%
1.959.000
2.294.000
2.951.000
Red Del.
562.000
-2%
574.000
497.000
858.000
Gala
814.000
7%
759.000
626.000
560.000
Granny
307.000
0%
307.000
307.000
385.000
Braeburn
275.000
0%
277.000
238.000
174.000
Fuji
179.000
35%
132.000
78.000
56.000
Jonagold
751.000
3%
726.000
727.000
993.000
50.000
Renette
86.000
9%
78.000
41.000
Stayman
17.000
-20%
21.000
17.000
38.000
Others
1.865.000
0%
1.818.000
2.089.000
2.263.000
TOTALE
6.842.000
2%
6.651.000
6.914.000
8.328.000
Tab. n. 5 (tons.)
Regione
previsione 2007
Consuntivo 2006
Alto Adige
897.482
921.314
diff. %
- 3%
Trentino
417.636
362.919
15%
Lombardia (Valtellina)
38.300
35.042
9%
Emilia Romagna
190.772
162.325
17%
Veneto
260.396
248.689
5%
Piemonte
228.256
201.087
13%
Altre
50.758
60.000
-15%
TOTALE
2.083.000
1.991.376
4,6%
In Trentino, grazie all’inverno mite che ha anticipato il ciclo vegeto-produttivo
LA RACCOLTA DELLE MELE È INIZIATA CON ANTICIPO DI 10-15 GIORNI
Anticipo di raccolta e incremento di produzione
Per quanto riguarda la raccolta gli esperti dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige
parlano di anticipo “storico”.
A causa del particolare andamento climatico, in tutte le aree
frutticole del Trentino, dal fondovalle all’Alta valle di Non,
la raccolta risulta anticipata di
10-15 giorni rispetto all’annata 2006/2007. Quest’anno si
registra, inoltre, come testimoniano i dati di Assomela, un incremento di produzione pari al
15 per cento (previsione 2007
pari a 417.636 tonnellate) che
fa recuperare la bassa produzione del 2006, riportando il
quantitativo su livelli di normalità. In Europa, invece, si è registrato un calo produttivo importate (-13%), soprattutto nei
paesi dell’Est, mentre a livello
nazionale la situazione segnala un + 3%. “In Europa alcune
varietà stanno sparendo e prendono il sopravvento Fuji, Gala,
Pink Lady. In Trentino, invece,
manteniamo stabili le varietà
storiche: Golden Delicious, Renetta Canada e Red Delicious”
spiega Livio Fadanelli che coordina lo staff di esperti dell’Istituto Agrario che si occupa di
conservabilità dei prodotti ortoflorofrutticoli.
Qualità e conservabilità
In Trentino la situazione qualitativa appare complessivamente buona, come del resto la
colorazione; l’anticipo di maturazione causato da una primavera decisamente calda fa
un po’ temere per la conservabilità, dato che i valori di acidità non risultano sufficientemente elevati. Ma -rassicurano
gli esperti di San Michele- non
dovrebbe creare problemi dato che si potrà intervenire sulla
conservabilità con una gestione
ottimale nei tempi e nelle tecnologie. “Delle 881 celle di conservazione analizzate lo scorso
anno quasi il 60 per cento sono
risultate destinate alla media e
lunga conservazione-prosegue
Livio Fadanelli-. Auspichiamo
di raggiungere tale obiettivo
anche in questa annata”.
Gli esperti dell’Unità operativa frutticoltura seguono
con analisi periodiche la filiera mele in tutte le sue
fasi: dalla raccolta alla collocazione in cella, ma
soprattutto nel periodo di permanenza in atmosfera
condizionata. Sono pertanto in costante contatto con
le cooperative frutticole
Iasma, nuove tecnologie
per la conservazione
L’Istituto Agrario, infatti, è impegnato in prima linea nello studio applicativo di nuove tecnologie di conservazione che
si basano sull’impiego atmosfere controllate e modificate, e di
stress gassosi. I ricercatori dell’unità frutticoltura analizzano
nel dettaglio i processi di maturazione e intervengono rallentando o accelerando gli stessi
allo scopo di migliorare la conservabilità e la qualità di consumo delle produzioni ortofrutticole sia sotto il profilo estetico
che dei requisiti di qualità gustativi e salutistici.
I servizi Iasma: test-preraccolta, studio della maturazione, controlli sulle
celle di conservazione
Le attività dell’Istituto Agrario in
questo settore abbracciano anche la sfera dei servizi. Si tratta di attività che riguardano la
definizione dei piani di raccolta per mezzo di indagini di laboratorio e test di pre-raccolta
e lo studio della cinetica di maturazione. Nell’annata agraria
2006-2007 sono stati analizzati 2500 campioni di mele,
80 campioni di susine, 80 campioni di actinidia e, come ogni
anno, i risultati di ogni campionamento sono stati pubblicati e
resi disponibili in tempo reale
per gli utilizzatori sul sito www.
iasma.it.
I ricercatori effettuano inoltre
controlli sulle celle di conservazione presso le cooperative: vengono compilate e inviate le schede di valutazione alle
organizzazioni dei produttori
e ai frigoristi con giudizi inerenti la conservabilità prevedibile delle mele, i tempi massimi di apertura delle celle, il
punteggio di merito, la stima
dei rischi, la qualità delle mele conservate. Tra le attività di
servizio rientra anche la consulenza specifica alle cooperative ortofrutticole con incontri di
aggiornamento rivolti ai frigoristi, assistenza e consulenze a
chiamata, valutazioni tecnicoimpiantistiche. Inoltre, sono attive una serie di convenzioni
con Apot, organizzazioni dei
produttori, cooperative frutticole e privati.
Terra Trentina
Di qualità e conservazione delle mele si è parlato, il 28 agosto,
all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, in occasione dell’incontro promosso in collaborazione con Apot per fare il punto
sull’andamento della maturazione 2007 e per aggiornare gli
addetti ai lavori sulle nuove tecnologie di conservazione. All’appuntamento, che rientra all’interno della convenzione sottoscritta
tra Iasma e Apot, hanno partecipato gli operatori coinvolti nelle
fasi di raccolta e conservazione
e nella loro buona riuscita, dunque i frigoristi e i responsabili
qualità delle organizzazioni dei
produttori e delle Cooperative di
Melinda – La Trentina – Cio Serene – C.O. Mezzocorona – APASO – e privati.
leggi e provvedimenti
Regole uniformi su tutto il territorio nazionale
NUOVI SISTEMI
DI CERTIFICAZIONE
Terra Trentina
DEL MATERIALE VIVAISTICO FRUTTICOLO
Il fornitore (vivaista) è l’unico responsabile della
rispondenza alle caratteristiche riportate in
etichetta del materiale certificato, la cui idoneità
è comunque stabilita di volta in volta dal Servizio
fitosanitario competente per zona di produzione
Ernesto Miclet
Servizio Vigilanza e Promozione delle Attività Agricole – Ufficio Fitosanitario provinciale
In Trentino, fin dal 1982, è stato attivato un sistema di certificazione del materiale di moltiplicazione delle piante da frutto.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 20 giugno
2007 dei decreti ministeriali che
approvano i disciplinari di produzione delle piante da frutto
certificate viene data piena attuazione al sistema di certificazione nazionale proposto con
i Decreti Ministeriali 24 luglio
2003 e 4 maggio 2006. Il decreto del 2003 disciplina l’organizzazione del Servizio nazionale
di certificazione (Snc), costituito dal Comitato nazionale per la
certificazione (Cnc), dalla Segreteria operativa (So) e dai Servizi
fitosanitari regionali e provinciali, con compiti propositivi circa l’applicazione delle normative, di supporto organizzativo e
di controllo del processo di certificazione. In questo quadro le
Regioni e le Provincie Autonome provvedono, tramite i propri
Servizi fitosanitari, al riconoscimento dell’idoneità dei centri di
moltiplicazione e dei vivai e alle attività ispettive e di controllo
su tutte le fasi del processo, fino
alla certificazione dei materiali di moltiplicazione. Con il decreto ministeriale sono definite
le fasi della certificazione: conservazione, premoltiplicazione,
moltiplicazione e vivaio, per la
produzione rispettivamente di
materiale prebase, base e certificato.
tive e di controllo previste dai disciplinari, autorizza la stampa e
l’applicazione del cartellino-certificato.
I disciplinari di produzione approvati con i decreti di data 20
novembre 2006 e pubblicati sul
Supplemento ordinario n. 142 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del
20 giugno 2007 contengono infine le norme tecniche specifiche
per la produzione di materiali di
moltiplicazione certificati di Pomoidee, Prunoidee, Fragola, Olivo ed Agrumi.
Con i nuovi disciplinari vengono stabiliti i requisiti per la registrazione delle fonti primarie, i
mezzi e le strutture per la produzione dei materiali “Prebase”,
“Base”, “Certificato”. Contengono inoltre gli elenchi degli organismi patogeni, dai quali devono
risultare esenti i materiali delle
diverse categorie, ai fini della determinazione dello stato sanitario
“VIRUS ESENTE” e “VIRUS CONTROLLATO” e i relativi controlli fitosanitari e di corrispondenza genetica a cui devono essere
sottoposti i materiali di moltiplicazione.
Negli allegati tecnici vengono
specificate in dettaglio le modalità per la costituzione delle fonti primarie, descritte le strutture
protette (Screen house) per la fase di conservazione delle suddette fonti primarie ed in parte per
la fase di premoltiplicazione che
per le pomoidee ed alcune altre
specie può avvenire all’aperto in
condizioni di isolamento ben definite.
In ulteriori allegati viene definito il processo di certificazione in
pieno campo che si concretizza
nei campi di piante madri e nei
vivai autorizzabili in base a predefinite condizioni di idoneità
delle aree e dei terreni in cui avviene l’impianto, secondo determinate distanze da frutteti di pomoidee e piante ospiti di Erwinia
amylovora e con controlli genetici e fitosanitari obbligatori secondo periodicità predefinita a carico dei gestori responsabili.
Cosa cambia rispetto
alla certificazione provinciale
Le produzioni vivaistiche frutticole della provincia di Trento,
certificate geneticamente e sanitariamente, sono interamente rivolte al settore delle pomacee ed
in particolare del melo. La certificazioni genetico-sanitaria di tali
produzioni è stata finora regolamentata dalla L.P. 33/82 e dal relativo regolamento di attuazione
ed attuata dall’Ufficio Fitosanitario provinciale in collaborazione
con l'Istituto Agrario di San Michele all'Adige.
Le problematiche legate alla carenza sul territorio provinciale di
terreni per la realizzazione di ampie superfici a vivaio necessarie
per produrre piante di melo preformate in relazione alle mutate
esigenze della moderna frutticoltura, l’elevato costo degli affitti e
più recentemente le problematiche fitosanitarie causate dalla fitoplasmosi Apple proliferation
(Scopazzi del melo) e dalla batteriosi Erwinia amylovora (Colpo
di fuoco) hanno determinato lo
spostamento, dei vivai frutticoli, dei campi di piante madri per
marze e per portainnesti in zone di regioni limitrofe idonee per
produrre materiale vivaistico certificato di pomacee e con passaporto fitosanitario ZP.
Rimangono in provincia di Trento, presso l’Istituto Agrario di San
Michele a/A, le prime fasi del
processo di certificazione vivaistica frutticola quali la fase conservazione per la premoltiplicazione e la fase di premoltiplicazione
realizzate entrambe in ambiente protetto (Screen house) riconosciute dal Comitato nazionale
per la certificazione, sulla base
del Decreto 24 luglio 2003, co-
Terra Trentina
Ai fini della certificazione sono
previsti due stati fitosanitari: virus esente (v.f. = virus free), “materiale esente da virus, viroidi, fitoplasmi ed altri agenti infettivi
sistemici noti al momento della promulgazione della specifica normativa di certificazione” e
virus controllato (v.t. = virus tested) “materiale esente da virus,
viroidi, fitoplasmi ed altri agenti infettivi specifici di particolare importanza economica, come
specificamente indicato dai disciplinari”.
Viene inoltre disciplinato l’inserimento di nuove accessioni che
avviene su richiesta del costitutore, il quale allega specifica documentazione atta a caratterizzare la cultivar o il clone, il relativo
stato sanitario e brevetto o autorizzazione alla moltiplicazione
per le varietà brevettate. Si impegna inoltre a conservare la fonte primaria in strutture adatte a
mantenere lo stato sanitario da
lui dichiarato. Le piante certificate devono essere accompagnate da un cartellino-certificato che
garantisce il rispetto del processo
definito dalla normativa.
Successivamente il decreto del
2006 ha stabilito i principali
aspetti tecnici approfondendo le
modalità di certificazione e definendo le responsabilità dei controlli sul materiale di moltiplicazione nelle diverse fasi a carico
delle strutture presso le quali si
svolgono le singole fasi (centri
di conservazione, premoltiplicazione, moltiplicazione e vivaisti),
con la supervisione del Servizio
fitosanitario competente per territorio. Ne consegue che il fornitore è l’unico responsabile della rispondenza alle caratteristiche
riportate in etichetta del materiale certificato. L’idoneità del materiale ad essere certificato è comunque stabilita di volta in volta
dal Servizio fitosanitario che, dopo aver espletato le attività ispet-
leggi e provvedimenti
me Centro di conservazione per
la premoltiplicazione (CCP) e come Centro di premoltiplicazione
(CP) per le pomoidee. La normativa nazionale prevede che la fase di moltiplicazione (campi di
piante madri e vivai) del materiale di propagazione venga autorizzata e controllata dal Servizio
fitosanitario regionale o provinciale competente per territorio,
pertanto è chiaro che i centri di
moltiplicazione ed i vivaisti trentini a partire dall’anno 2007 saranno sotto il controllo dei Servizi fitosanitari competenti per
territorio.
Oltre alla definizione formale del
processo di certificazione e degli
adempimenti dei soggetti coinvolti la nuova normativa nazionale, applicabile a partire dall’anno in corso, definisce meglio
la figura del costitutore, indicando obblighi e responsabilità nella
costituzione della “fonte primaria”, punto di partenza di tutto il
sistema di certificazione. Sostanzialmente chiarisce i criteri per la
caratterizzazione pomologica di
una nuova accessione (standard
internazionale UPOV completata
da caratterizzazione molecolare)
e i criteri per controllo fitosanitario definendo patogeni e metodiche di controllo.
I disciplinari chiariscono inoltre i ruoli e le responsabilità del
“fornitore” e ciò sostanzialmente significa che ogni titolare delle varie fasi di certificazione è
responsabile in prima persona
delle proprie produzioni. È indicato inoltre il ruolo dell’organo ufficiale, il Servizio fitosanitario regionale o provinciale, che
effettua il controllo sul processo e rilascia l’idoneità dei materiali di propagazione ad essere certificati, dopo aver effettuato
e analizzato i controlli spettanti
alle diverse figure coinvolte nel
processo di certificazione (costitutori, centri di conservazione,
premoltiplicazione e moltiplicazione, vivaisti) ed attuato le verifiche ritenute necessarie.
Per ogni specie vengono definite
le strutture e i mezzi di produzione nelle varie fasi e le distanze
minime da coltivazioni analoghe
(500 metri per le pomoidee) e
per il melo non è consentita la
tecnica della micropropagazio-
ne. Il cartellino-certificato previsto dalla nuova normativa sarà
di colore azzurro per il materiale “Certificato” virus esente (VF)
e virus controllato (VT) e non
dei colori rispettivamente rosso
e bianco come in precedenza e
dovrà contenere le seguenti informazioni:
I vivaisti frutticoli trentini sono
stati tempestivamente informati
delle nuove procedure di certificazione ed hanno già presentato
le richieste di adesione per l’anno in corso e la documentazione
necessaria ai Servizi Fitosanitari Regionali competenti per territorio come stabilisce la nuova
normativa. Ulteriori aspetti non
ancora definiti con i suddetti disciplinari riguardanti la modulistica da utilizzare, la redazione
della lista aggiornata delle cultivar ed eventuali cloni, il riconoscimento dell’equivalenza con
processi di certificazione analoghi di altre nazioni europee, la
gestione delle etichette e gli oneri finanziari verranno chiariti con
specifiche circolari ministeriali su
proposta del Comitato Nazionale
per la Certificazione.
Logo del Mipaaf
Denominazione botanica
Dicitura:
Passaporto delle piante CE
Dicitura: Servizio nazionale di certificazione volontaria
Denominazione della varietà e
portainnesto (così come registrati)
Eventuale sigla ZP
Regione o Provincia autonoma e Sfr competente
Categoria
(Prebase, Base o Certificato)
Numero progressivo alfanumerico preceduto dal codice
Istat della Regione o Provincia autonoma in cui il Sfr ha
svolto la supervisione
Indicazione sul numero di esemplari
Stato sanitario
di materiale di propagazione per cui
(VF-virus esente e VT-virus controllato)
vale il cartellino-certificato
Codice fornitore e codice produttore
Può contenere anche le informazioni previste dal documento
di commercializzazione (art. 13 DM 14/04/1997)
Servizio nazionale
di certificazione
volontaria
Serv. Fitosanitario
Regione Veneto
Codice produttore
Codice fornitore
Denominazione botanica:
Varietà/Clone: Golden
Innesto intermedio:
Malus
Delicious Clone B
Summerred
Portinnesto:
M9 T337
Certificato:
“VF” Virus esente
Passaporto
delle piante
CE ZPb2
vale per una
pianta
ISTAT
A 000 000 001
Terra Trentina
FAC SIMILE ETICHETTA
Da ente funzionale della Provincia autonoma di Trento l’Istituto Agrario diventa
fondazione, un ente di interesse pubblico con personalità giuridica di diritto privato
Il primo gennaio 2008 strutture e attività
Iasma transiteranno nella fondazione
e avverrà la soppressione definitiva
dell’Istituto Agrario.Verranno mantenuti
però denominazione e stemma
Silvia Ceschini
Ufficio Stampa – IASMA
zioso del Trentino che ha bisogno di conservare lo spirito
ma di cambiare la forma. Questo è un tempo in cui, se non
si cambiano le forme, si rischia
di compromettere la sostanza.
Ecco perché un istituto nato come ente funzionale alla Provincia autonoma di Trento diventa
una fondazione, sempre di interesse pubblico ma con regole di
gestione più veloci, di interesse
privatistico”.
“L’Istituto Agrario è un gioiello prezioso del Trentino che ha bisogno di
conservare lo spirito ma di cambiare
la forma”
La trasformazione è prevista dalla legge provinciale 2 agosto
2005, n.14 relativo al riordino del
sistema provinciale della ricerca
e dell’innovazione.
Presidente Dellai, perché
questa nuova veste giuridica?
“L’Istituto è un gioiello pre-
Quanto ha inciso la legge di
riordino della ricerca in questa vostra scelta di trasformare l’ente di San Michele in fondazione?
“La trasformazione dell’ente di
San Michele in fondazione è una
parte della legge di riforma. Tutto il complesso della legge ha
questo spirito: difendere la sostanza di grandi investimenti fatti
ormai da quarant’anni in Trentino nel campo della ricerca e dell’alta formazione, adottando strumenti e forme più adatte ai nostri
tempi”.
Terra Trentina
La fondazione “Edmund Mach” è
nata alle ore 8.40 del 24 luglio
2007. Nella sala della Giunta provinciale, il presidente dell’Istituto
Agrario, Giovanni Gius, e il presidente della Provincia autonoma
di Trento, Lorenzo Dellai, hanno
firmato l’atto costitutivo del nuovo soggetto giuridico. Stretta di
mano e un brindisi, ovviamente, con lo spumante del fondatore dell’Istituto Agrario. Presenti
l’assessore provinciale alla ricerca e programmazione, Gianluca
Salvatori, e il direttore generale
Iasma, Alessandro Dini.
Gli obiettivi della fondazione sono riassunti nello statuto che il
notaio Paolo Piccoli ha letto poco prima della sottoscrizione dei
documenti. “La fondazione – ricorda il primo articolo – opera a
favore dello sviluppo e della tutela del sistema agroalimentare,
forestale ed ambientale. La sua
gestione è ispirata a criteri di efficienza, economicità e trasparenza e non ha fini di lucro”.
Preziosa l’eredità raccolta dall’Istituto che ha una lunghissima esperienza (fondato dalla Dieta tirolese
di Innsbruck, vanta oltre 130 anni di storia). È graduale il passaggio verso la nuova “forma”: la firma, infatti, completa l’iter avviato
da diversi mesi, ma fino al prossimo 1° gennaio la fondazione “Edmund Mach” e l’Istituto Agrario di
San Michele andranno avanti di
pari passo, fino cioé al passaggio
delle strutture e delle attività nella fondazione e alla soppressione
definitiva dell’Istituto.
intervista
È NATA LA FONDAZIONE
EDMUND MACH
intervista
Quali saranno a Suo avviso le
priorità della fondazione ?
“La priorità più importante è coniugare le tradizioni, i valori, le
consuetudini tipiche del mondo rurale, della nostra montagna e del nostro territorio con
un grandissimo sforzo di apertura verso le nuove frontiere della ricerca, della tecnologia, della
scienza. In fin dei conti mettere insieme tradizione e innovazione, usi e costumi con innovazione tecnologica è una delle
scommesse, delle sfide più forti di tutto il Trentino, in particolare del mondo agricolo e forestale”.
Terra Trentina
Presidente Gius, Lei è stato nominato alla presidenza della
fondazione “Edmund Mach”.
Che cosa cambierà e soprattutto quali opportunità arriveranno con questo nuovo soggetto giuridico?
“Con l’atto costitutivo firmato il 24 luglio nasce ufficialmente la fondazione Edmund Mach.
L’Istituto Agrario di San Michele all’Adige cesserà di essere ente funzionale della Provincia e
quindi da ente pubblico diventerà ente privato di interesse pubblico. Questo ci consentirà maggiori opportunità quali maggior
snellezza operativa, la possibilità
di meglio rapportarci nell’ambito
della ricerca e della consulenza
tecnica e soprattutto di inserirci
in una rete nazionale e internazionale degli istituti e degli enti
simili al nostro”.
10
Che cosa succede il primo gennaio 2008?
“Il primo gennaio 2008 tutte le attività esercitate dall’Istituto Agrario transiteranno in fondazione.
È una data importante in cui daremo il via operativo ed effettivo
a quello che il 24 luglio abbiamo sottoscritto con l’atto costitutivo”.
Ricordiamo che la fondazione potrà utilizzare la denominazione e l’acronimo
dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, adottando il
suo stemma.
“È stata una volontà del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Agrario, un segnale forte per
non disperdere 130 anni di storia che l’Istituto Agrario ha accumulato”.
Sono previste novità per quanto riguarda la struttura interna?
“Sì, stiamo pensando ad una riorganizzazione interna degli ambiti
in cui opera la fondazione: cioé
ricerca, formazione e consulenza tecnica. Abbiamo l’impegno
di presentare il disegno di questa ristrutturazione entro giugno
2008; ci stiamo lavorando e credo che ne dovremo discutere col
personale e con il Consiglio di
amministrazione per dare maggior snellezza e operatività alla
fondazione”.
Come è cambiato il consiglio
di amministrazione rispetto a
prima?
“È cambiato in alcune sue componenti. Non per quanto riguarda le designazioni da parte delle organizzazioni professionali
e della cooperazione, ma per
quanto concerne altre designazioni, quali Udias e le minoranze del Consiglio provinciale. Allo
stato attuale manca la designazione del personale che acquisiremo in seguito”.
Gli ambiti di operatività della
fondazione rimarranno l’agricoltura, agroalimentare e ambientale. L’arrivo del Centro di
ecologia alpina potenzierà la
ricerca in campo ambientale
“Sono sicuro di sì. Già ora operiamo nel campo dell’ambiente ma
le competenze che arriveranno
col Cea ci consentiranno di crescere ulteriormente, di potenziare
le attività di ricerca, di monitoraggio e servizio non solo all’ambiente alpino, ma all’ambiente in
senso lato. È questo sarà un’opportunità per la fondazione”.
Il Consiglio
di amministrazione
e il Collegio dei revisori
“Questa nuova veste giuridica fornirà maggior snellezza operativa, ci
consentirà di rapportarci meglio nell’ambito della ricerca e della consulenza tecnica e soprattutto di inserirci
in una rete nazionale e internazionale degli istituti e degli enti simili al
nostro”.
Nelle scorse settimane la Giunta provinciale ha provveduto,
approvando una delibera proposta dall’assessore alla programmazione, ricerca e innovazione
Gianluca Salvatori, a nominare i
12 componenti del Consiglio di
amministrazione e i 3 del Collegio dei revisori della Fondazione
Edmund Mach. Presidente della Fondazione è stato nominato
Giovanni Gius, attuale presidente dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
I componenti del Consiglio di
amministrazione sono: (delibera
PAT n°1453/ 6luglio):
•Carlo Alessandrini designa-
to dalla Confederazione Italiana Agricoltori,
Sergio Branz designato dall’Associazione Contadini Trentini,
Gabriele Calliari designato
dalla Coldiretti Trento,
Giovanni Ferrari designato dalla Confagricoltura del
Trentino,
Giovanni Gius presidente,
Rina Guadagnini designata
dalle minoranze del Consiglio
provinciale,
Ennio Magnani designato dalla Federazione Trentina
delle Cooperative,
Silvano Rauzi designato dalla Federazione Trentina delle
Cooperative,
Luca Rigotti designato da Federazione Trentina delle Cooperative,
Francesco Spagnolli designato dall’Unione diplomati
Istituto Agrario,
Oreste Tamanini designato
dalla Coldiretti Trento.
La Giunta provvederà ad integrare
il consiglio di amministrazione con
la nomina del dodicesimo componente, il rappresentante del personale in servizio presso la Fondazione, non appena questi sarà
designato. I componenti del Collegio dei revisori sono:
Alberto Bombardelli, (presidente)
Diego Loner
Franco Sartori.
•
•
•
•
•
•
31 agosto 2007, insediamento del Consiglio di amministrazione della Fondazione Edmund Mach
FONDAZIONE EDMUND MACH
PRESIDENTE
Giovanni Gius
presidente dell’Istituto Agrario
VICEPRESIDENTE
Gabriele Calliari
presidente della Coldiretti Trento nonché vicepresidente dell’Istituto Agrario
SEGRETARIO
Aldo Degasperi
dirigente del Servizio Amministrativo dell’Istituto Agrario
COMITATO ESECUTIVO
Giovanni Gius, presidente
Gabriele Calliari, vicepresidente
Sergio Branz, presidente dell’Associazione Contadini Trentini
ed Ennio Magnani, presidente di Apot (componenti)
•
•
•
•
•
•
•
Il presidente dell’Istituto Agrario, Giovanni Gius, da poco confermato dalla Giunta provinciale alla presidenza della Fondazione Edmund Mach,
è stato recentemente nominato dal Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Paolo De Castro, membro del rinnovato consiglio di
amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura di Roma – in sigla CRA.
La designazione del dottor Gius, in qualità di esperto nello specifico settore della ricerca agroalimentare e forestale, è stata fatta dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano su indicazione della Provincia Autonoma di Trento. A
norma di statuto, Giovanni Gius sarà il rappresentante non solo del Trentino ma anche delle altre regioni del Nord Italia.
Il CRA, istituto nel 1999, è l’ente nazionale di ricerca e sperimentazione che ha competenza specifica nel settore agricolo, agroalimentare,
agroindustriale, ittico e forestale. Per quattro anni il dottor Gius farà quindi parte del gruppo di sette esperti “di alta qualificazione amministrativa,
contabile o scientifica” componenti il Consiglio di Amministrazione, organo che ha compiti di programmazione, di indirizzo e di controllo in
ambito amministrativo e finanziario, fissando obiettivi e programmi dell’ente di ricerca pubblico.
In provincia di Trento, quale struttura periferica del CRA, opera l’ISAFA (Istituto Sperimentale per l’Assestamento Forestale e l’Alpicoltura) con sede
in Villazzano, che da tempo svolge attività e ricerche nei comparti forestali ed ambientali. La nomina del dottor Gius non potrà che agevolare
i rapporti di collaborazione fra enti di ricerca statali e provinciali, con l’obiettivo – fra gli altri – di giungere alla realizzazione di un cluster di
ricerca per l’ambiente forestale di livello internazionale, creando sinergie fra le competenze sviluppate da ISAFA, dalla Fondazione Mach (che
riunirà l’Istituto di San Michele ed il CEA), da IVALSA del CNR e dall’Università di Trento.
Terra Trentina
GIUS, NOMINATO NEL CDA DEL CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA DI ROMA
11
Intervista a Carlo Alessandrini, consigliere di amministrazione dell’Istituto Agrario
intervista
FORMAZIONE
PROFESSIONALE
SOTTO LA LENTE
“La realtà di San Michele non ha riscontri,
è un unicum nel panorama formativo italiano”
Silvia Ceschini
Ufficio Stampa – IASMA
Michele non ha riscontri, è un
unicum nel panorama formativo
italiano.
Terra Trentina
Il consigliere di amministrazione dell’Istituto Agrario, Carlo Alessandrini
12
La Scuola per imprenditori agricoli ha compiuto quattro anni,
ottenendo un buon risultato sia
dal punto di vista delle adesioni
che del profitto conseguito dagli studenti. A suo avviso è stata
intrapresa la strada giusta?
Le adesioni confermano che vi
era una domanda di formazione a cui questa scuola ha saputo
corrispondere. Si è inoltre completato lo spettro dell’offerta formativa per cui oggi a San Michele
abbiamo tutti gli ordini di scuola
post-obbligo: l’istruzione tecnica, l’istruzione professionale e la
formazione professionale. Se poi
si pensa alla formazione universitaria, che viene attivata in collaborazione con università diverse (Trento, Udine, Geisenheim),
bisogna dire che la realtà di San
Ritiene che il corso vada perfezionato?
Mi pare che nella sostanza il corso sia ben posizionato. Poi, come in ogni esperienza formativa,
si deve sempre esser capaci di
innovazione, sia per i contenuti in ragione dei mutamenti tecnologici, sia nei metodi didattici
che devono saper valorizzare lo
specifico di questa scuola.
La Scuola per imprenditori agricoli si rivolge esclusivamente ai “figli d’arte”, cioé a tutti
quei ragazzi le cui famiglie sono iscritte all’albo delle imprese agricole. A Suo avviso, sarebbe il caso di estenderla anche
ad altre provenienze? Pensando quindi a qualifiche diverse
come l’operaio per conservazione della frutta o al cantiniere, figure professionali per le
quali non esiste al momento
una formazione specifica.
Sono convinto che è opportuno
allargare l’area dei possibili inte-
ressati, oltre quindi il bacino di
reclutamento a cui ci si è fin qui
rivolti. Bisogna, certo, muoversi
con prudenza e cautela per non
pregiudicare i buoni risultati raggiunti. Credo, del resto, che vi
siano buone opportunità nel mercato del lavoro per professionalità riferite alle produzioni agricole e che vi siano quote di ragazzi
che in tali professionalità possono realizzare la propria vocazione e la propria personalità.
Cosa pensa della formazione
professionale in Trentino? C’
è un buon raccordo tra gli altri enti che si occupano di formazione professionale?
La formazione professionale in
Trentino rappresenta una realtà di assoluto rilievo che non ha
paragoni nel resto del paese, anche perché la fp è stata attribuita alla competenza esclusiva della
Provincia ancora con lo Statuto di
Autonomia del 1948 e la Provincia
ha operato nel settore con scelte
lungimiranti sul piano degli investimenti e dell’organizzazione.
La maggior parte dell’attività è affidata in gestione ad enti di natura privata che garantiscono una
buona distribuzione dell’offerta
formativa sul territorio. C’è qualche problema di sovrapposizio-
La riforma Moratti si proponeva di trasformare le scuole tecniche in licei. In questa rivoluzione San Michele e gli altri
istituti tecnici avrebbero, per
così dire, rischiato -questo il
timore palesato da più partidi perdere le proprie peculiarità. Lei cosa ne pensa? Quali
manovre formative auspica da
parte del nuovo governo?
Siamo dentro una fase di transizione che dura ormai da troppo tempo. Accanto e prima della
legge Moratti andrebbe ricordata la modifica del titolo V della
costituzione approvata nell’anno 2000, che ha attribuito a tutte
le regioni la competenza esclusiva in materia di “istruzione e formazione professionale”. Con tale
nuova espressione viene tra l’altro superata la vecchia concezione della formazione professionale come “formazione al lavoro”,
essendo invece essa concepita
come componente del sistema
educativo in senso lato.
La legge 152 del 2003 – la cosiddetta legge Moratti – si è mossa
in coerenza con tale nuovo presupposto costituzionale. Criticabile per diversi aspetti nelle parti
riguardanti la scuola elementare e media, le legge a mio parere poteva essere più che con-
divisa per le previsioni relative
alla scuola secondaria superiore, compresa appunto l’area della
“istruzione e formazione professionale”. Il fatto è che nelle altre regioni la condizione di marginalità in cui vive la formazione
professionale non può essere superata se non con finanziamenti consistenti in strutture, attrezzature e personale, che allo stato
non è dato rintracciare. Non trovo personalmente così criticabile
la previsione della legge Moratti che il sistema educativo di residua competenza statale sia articolato esclusivamente in licei. Era
del resto ciò che al riguardo prevedeva anche la legge di riforma
del Ministro Berlinguer. È certamente necessario tener in considerazione l’esperienza importante dell’istruzione tecnica che non
va assolutamente dispersa. Però
se la sostanza dei programmi didattici, delle dotazioni di laboratorio, della qualità del personale
docente rimane eguale, il passaggio da “istituto tecnico agrario” a
“liceo tecnologico per l’agricoltura e l’ambiente” poteva essere del
tutto indolore ed accettabile.
Il fatto è che purtroppo siamo
ancora in mezzo al guado. Per
parte mia mi auguro che, superate la schermaglie nominalistiche,
si arrivi finalmente a far decollare
la riforma della scuola secondaria superiore sulla quale si discute da oltre 30 anni e che den-
tro questa riforma la formazione
professionale assuma i caratteri
di canale formativo di pari dignità di quelli liceali e tecnici.
La legge Salvaterra ha istituto
l’alta formazione. Per San Michele cosa implica?
La legge Salvaterra è stata approvata nel pieno del dibattito
sul destino della legge Moratti
che è seguito al cambio di maggioranza dopo le elezioni politiche del 2006 e risente pertanto
delle incertezze della fase. Essa
ha anche ripreso la formulazione sulla cosiddetta alta formazione istituita con una legge provinciale dell’anno precedente,
mantenendo – non è dato sapere per quali ragioni – questa discutibile denominazione per un
segmento formativo che nel resto dell’Italia è designato come
“istruzione e formazione tecnica
superiore”(IFTS).
A parte questo, si tratta comunque di una scommessa difficile, che dovremo giocare anche
a S. Michele, calibrando bene
gli obiettivi formativi, le scelte
di percorso ed i partner coi quali lavorare. Saranno preziose al
riguardo le indicazioni che potranno essere offerte dalle sperimentazioni che si stanno già attuando in provincia in questo
ambito formativo, le quali per
ora – a quanto ne so – segnalano
non poche difficoltà.
Nell’ambito del Centro Scolastico la Sezione Qualificazione Professionale Agricola
promuove e realizza, sia direttamente, sia in collaborazione con organismi ed enti
esterni, corsi di formazione, qualificazione, perfezionamento e specializzazione, rivolti
allo sviluppo e alla diffusione della professionalità agricola, ambientale e forestale.
A partire dall’anno formativo 2003-2004 a questa sezione fa capo anche la “Scuola
per Imprenditori agricoli” nell’ambito della Formazione professionale di baseMacrosettore Agricoltura ed ambiente. Si tratta di un percorso formativo a prevalente
indirizzo tecnico-professionale, per favorire l’accesso nell’impresa agricola di giovani
provenienti dall’ambiente rurale. La scuola si propone a coloro che decidono già in età
scolare di proseguire nel “mestiere di famiglia” ritornando quindi nella propria azienda
dopo aver assolto l’obbligo scolastico ed aver acquisito una solida preparazione
culturale di base ed una discreta preparazione tecnico-pratica nel settore specifico.
Dal 2006 è attivo il quarto anno, che prevede l’alternanza scuola-lavoro, e consente il
conseguimento del brevetto professionale di imprenditore agricolo congiuntamente al
diploma provinciale di tecnico agricolo e, per coloro che seguiranno da quest’anno il
percorso per zootecnici, anche il brevetto di fecondatore aziendale.
Terra Trentina
ne che, per resistenze diverse, si
stenta ad affrontare. È un problema peraltro di poco conto. Maggior rilievo e più attenta considerazione merita, invece, l’ambito
dei rapporti tra le scuole di formazione professionale e gli altri
ordini di scuola, perché sul territorio si realizzi una forte integrazione tra le varie tipologie
dell’offerta formativa, ciascuna
di pari dignità. È questo il modo per corrispondere da un lato
alla domanda di formazione che
è sempre più articolata, dall’altro
alle dinamiche dell’economia dei
vari territori.
13
trattamenti fitosanitari
Una tematica complessa che richiede massima professionalità degli addetti
INNOVAZIONE AMBIENTALE
E SICUREZZA
PER LE MACCHINE E LE TECNICHE
DI DISTRIBUZIONE DEI PRODOTTI FITOSANITARI
Terra Trentina
Presentazione del progetto TOPPS a cura del dottor Marucco dell’Università di Torino
14
Alle ormai note direttive sull’immissione in
commercio e sulla riclassificazione dei prodotti
fitosanitari si aggiungono oggi nuove norme
sull’uso sostenibile che riguardano modalità
di impiego, qualificazione di tecnici e di
agricoltori e tutto ciò che possa contribuire a
minimizzare i rischi per la salute e l’ambiente.
L’argomento è stato affrontato sul piano teorico
e pratico in una serie di incontri informativi,
con relazioni e prove dimostrative
Maria B. VenturelliI, Andrea BranzI, Massimo PrantilI,
Mario SpringhettiI, Luigi TolottiI, Piergiorgio IanesI,
Gian Paolo SancassaniII
I
Centro per l’Assistenza Tecnica – Istituto Agrario di San Michele all’Adige
Unità periferica per i SFR – Regione Veneto
II
L’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige, il Servizio Fitosanitario
della Regione Veneto e Veneto
Agricoltura hanno programmato per il mese di giugno un’articolata successione di eventi, con
l’obiettivo di trattare il difficile
tema della distribuzione del prodotti fitosanitari.
L’intento era quello di passare
dal dibattito scientifico all’operatività in campo, senza tuttavia prescindere dalla significativa
evoluzione che le diverse normative stanno apportando al settore dei prodotti fitosanitari complessivamente inteso.
Infatti, alle ormai note direttive sull’immissione in commercio e sulla riclassificazione, si aggiungono oggi le nuove norme
“sull’uso sostenibile”, che intervengono a 360 gradi sulle modalità di impiego, sulla qualificazione di tecnici ed agricoltori, ed
in sintesi su tutto ciò che possa
contribuire a minimizzare i rischi
per la salute e per l’ambiente.
L’impiego dei prodotti fitosanitari costituisce di fatto una delle
più significative criticità dell’attività agricola e, di conseguenza, è
costantemente oggetto di dibattito in numerose occasioni interne
ed esterne al settore.
Anche recenti articoli hanno
puntualmente evidenziato queste problematiche e testimoniano come sia facile, soprattutto
su argomenti così delicati, rela-
A Legnaro, si è voluto sviscerare
gli argomenti più di carattere generale. Il recepimento delle normative europee, la certificazione delle macchine distributrici di
prodotti fitosanitari e la loro periodica messa a punto, le regole
d’uso nel rispetto dell’ambiente, i
filoni della ricerca scientifica.
È stato inoltre trattato un problema fino ad ora inesplorato, relativo all’inquinamento puntiforme
delle acque e, naturalmente, alla prevenzione di questo fenomeno.
Ampio spazio hanno avuto anche le innovazioni future e futuribili, come l’impiego del satellitare, ma si è parlato altresì di
semplici ma importanti modifiche od accorgimenti da applicarsi alle macchine già in uso.
Il problema ambientale è comunque stato il cardine di tutte e tre
le giornate, e tutte le relazioni vi
hanno fatto riferimento.
A S. Michele all’Adige si è poi
cercato di passare dalla norma alla pratica e, pur con l’occhio rivolto alle innovazioni, lo sguardo
è rimasto ben fisso all’esistente e
alla corretta gestione del parco
macchine attualmente in uso, che
passa attraverso le periodiche revisioni ma anche attraverso la costante manutenzione ed il rispetto della taratura specifica per le
diverse tipologie di impianto.
Anche questo non è un aspetto
facile da affrontare, ma quanto
stabilito dalle nuove norme potrebbe trasformarsi in una reale
opportunità di crescita e qualificazione complessiva del settore
piuttosto che essere subìto come
ulteriore balzello per l’agricoltura; una interessante ipotesi da
percorrere potrebbe ad esempio
essere una rottamazione pilotata
verso una sostituzione con macchine di nuova concezione.
La giornata in campo nella bonifica di Mollaro ha dimostrato che
le soluzioni tecnologiche sono
già ampiamente disponibili: tuttavia anche l’adozione di semplici modifiche o applicazioni di accorgimenti a costi contenuti può
ugualmente garantire il rispetto delle norme ed una adeguata
funzionalità.
La Giornata
“Macchine in Campo”
La giornata tecnica in campo si
è svolta sui terreni della bonifi-
Terra Trentina
tivi a salute ed ambiente, gestire
l’informazione in toni scandalistici, alla sola ricerca della sensazione.
Il mondo agricolo ha comunque
sviluppato da tempo la consapevolezza che l’approccio a questa
tematica debba essere caratterizzato dalla massima professionalità, da esplicare sia nella fase preliminare delle decisioni, sia nella
fase dell’esecuzione vera e propria dei trattamenti.
Storicamente, tuttavia, tecnici ed
agricoltori sono stati maggiormente coinvolti nell’analisi degli
aspetti fitoiatrici (sostanze attive, efficacia, epoca, dosi, organismi bersaglio e non bersaglio…),
mentre gli aspetti relativi alla tecnica di distribuzione è tendenzialmente sfuggita ad un sistematico approfondimento, forse
perché relegata ad un livello più
tecnicistico o forse perché meno
stimolante dal punto di vista delle innovazioni.
Di fatto, oggi ci si rende conto
che gli aspetti legati squisitamente alle tecniche di distribuzione
necessitano di una focalizzazione da parte di tutti gli attori della
filiera che consenta di trasferire
nella pratica tutta la conoscenza
e la tecnologia che sono attualmente a disposizione.
Con queste giornate si è quindi voluto recuperare l’attenzione
verso problematiche tenute per
troppo tempo in disparte e ricercare validi input per un prossimo futuro in rapido cambiamento.
Le tre giornate divulgative erano organizzate su due momenti convegnistici, a Legnaro (Pd),
presso Veneto Agricoltura, e a
S.Michele, all’Istituto Agrario, ed
una giornata in campo, divisa in
quattro settori, con la presentazione di numerose macchine
commentate una per una, realizzata a Mollaro, nella bonifica recentemente realizzata.
Il gruppo di agricoltori e tecnici presente alla Giornata Macchine di Mollaro
15
trattamenti fitosanitari
Terra Trentina
Dispositivo di lettura a raggio laser per l’individuazione delle infestanti sul terreno con l’obiettivo di un diserbo mirato.
16
ca di Mollaro il 19 giugno. Grazie
ad una collaborazione con ACMA, l’Associazione Commercianti Macchine Agricole del Trentino, è stato possibile mettere in
visione e in prova dinamica numerose macchine specifiche per
la distribuzione dei prodotti fitosanitari, compreso il diserbo.
Le macchine sono state divise
in quattro tipologie, a cui corrispondevano le quattro sezioni in
cui era suddivisa la giornata tecnica:
1) macchine irroratrici ad aeroconvezione,
2) macchine irroratrici con convogliatori d’aria,
3) gestione del sottofilare,
4) innovazione, ambiente, sicurezza.
Ogni sezione è stata gestita da
uno specialista di settore affiancato da un tecnico del Centro per
l’Assistenza Tecnica, e ad ogni
macchina veniva riservato un
commento relativo alle caratteristiche specifiche prima di dare il
via all’operatività della prova dinamica in un tratto di filare.
Gli agricoltori convenuti sono
stati suddivisi in gruppi che han-
no assistito, in turni successivi,
all’illustrazione di tutte le macchine delle quattro sezioni, le cui
caratteristiche tecniche erano illustrate anche in un catalogo distribuito ad ogni partecipante.
Sezione prima: Macchine
irroratrici ad aeroconvezione
Relatore: Cristiano Baldoin,
Università di Padova
Le macchine irroratrici ad aeroconvezione (atomizzatori) rappresentano, in provincia di Trento, il 90% del parco macchine
impiegato per i trattamenti alle
piante arboree.
Si tratta di attrezzature versatili,
adattabili alle diverse forme di allevamento del frutteto e del vigneto. Nella giornata di Mollaro
sono stati presentati 7 modelli.
Caratteristica di queste macchine
è che l’erogazione del prodotto
da ugelli in pressione viene veicolato sulla vegetazione dal flusso d’aria generato da una ventola assiale.
Spesso la quantità di aria prodotta può arrivare ai 40.000 ai 50.000
m3/ora ed è adatta per piante di
elevate dimensioni o con particolari sesti d’impianto (es. rittochini), ma può essere eccessiva
nel caso di forme di allevamento a fusetto, realizzate su portinnesti deboli.
Per migliorare l’efficacia del trattamento, riducendo nel contempo le perdite di prodotto per deriva, è comunque fondamentale
effettuare una corretta regolazione della macchina.
Per ottenere ciò, nei frutteti con
piante di dimensioni ridotte, è
importante ridurre il flusso dell’aria optando, se necessario, per
l’uso del rapporto più basso della ventola e l’adozione di un basso numero di giri del motore.
Le moderne irroratrici ormai sempre più frequentemente sono dotate dei raddrizzatori del flusso
d’aria (alette, ventole fisse, ecc.)
che altrimenti, per effetto della rotazione in senso antiorario,
tende a spostarsi maggiormente
su un lato rispetto all’altro.
L’aspirazione posteriore da parte del ventilatore consente di
avere elevata portata d’aria anche se può aumentare il rischio
di risucchio di parte del prodotto distribuito o di foglie secche, soprattutto con alte velocità
d’avanzamento. L’aspirazione anteriore limita invece questo problema ma può ridurre le portate
d’aria, in particolare se lo spazio
dal serbatoio non è sufficiente.
Normalmente vengono montate testate con ugelli a portate diverse per avere la possibilità di
distribuire volumi variabili di miscela e dotati di dispositivo antigoccia per evitare le perdite.
Negli atomizzatori sarebbe opportuno che gli ugelli siano mobili e posizionati su una barra di
scorrimento che ne permetta l’ottimale sistemazione. In base alla tipologia dell’impianto da trattare, è necessario predisporre
un posizionamento corretto degli ugelli sulla semi-raggiera, ef-
fettuati nei centri di prova oppure da costruttori dotati di parete captante.
L’utilizzo di ugelli a turbolenza
di seconda generazione, tipo Albuz, rispetto a quelli classici a dischetto in ceramica e piastrina in
acciaio, garantisce una erogazione più uniforme, specie operando a pressioni non superiori a 78 bar, riducendo nel contempo la
deriva legata alla formazione di
gocce troppo fini.
Gli ugelli antideriva, ormai ampiamente utilizzati sulle barre da
diserbo, sono ancora in una fase
di studio per i trattamenti sulle
arboree in quanto le dimensioni
delle gocce non sempre garantiscono una qualità di copertura
ottimale sulla vegetazione in rapporto anche all’avversità. Eventualmente questo tipo di ugelli
va utilizzato per la distribuzione
di volumi non troppo bassi utilizzando pressioni leggermente superiori agli altri ugelli. Gli ugelli
antideriva vanno posizionati al di
fuori dal flusso dell’aria.
Anche i normali ugelli a turbolenza tendenzialmente vengono
comunque posizionati fuori dal
flusso d’aria in quanto riescono
a garantire una distribuzione migliore.
Per una buona qualità del trattamento è quindi molto importante
scegliere degli ugelli che consentano di distribuire il volume desiderato a pressioni ottimali e non
eccessive.
dotarsi di macchine moderne ed
innovative.
In questa sezione il prof. Balsari
ha sensibilizzato i numerosi frutticoltori intervenuti nella descrizione delle caratteristiche tecniche delle 18 macchine irroratrici
in prova dinamica e sul loro corretto uso.
Negli ultimi anni buona parte
della frutticoltura è stata convertita dal sistema di allevamento libero a vaso a quello a filare con
piante allevate in parete, e queste modifiche della struttura del
frutteto rendono particolarmente interessante l’adozione delle
macchine irroratrici a convogliatori d’aria.
Infatti, anche se le ultime irroratrici ad aeroconvezione (ventilatore assiale) adottano nuove
soluzioni che migliorano l’efficienza del trattamento, la dinamica dell’aria in queste macchine
è tale da imprimere una traiettoria a spirale, obbligando negli ultimi anni i costruttori all’adozione di raddrizzatori per rendere la
distribuzione simmetrica sui due
lati, e rimane comunque il grave
inconveniente della mancanza di
direzionalità delle gocce verso la
coltura.
L’impiego delle nuove macchine a convogliatori d’aria a flusso
orizzontale (atomizzatori a torretta e semitorretta) consentono
invece di portare le gocce direttamente al bersaglio, limitando
le perdite nella parte alta della
pianta.
Per avere una buona copertura
del filare sono sufficienti bassi
volumi d’aria, da 15.000 a 20.000
m3/ora.
Gli atomizzatori “a torretta”, rispetto alle macchine tradizionali con convogliatore circolare ed
ugelli disposti a raggiera, garantiscono una velocità dell’aria più
uniforme lungo l’intero asse della pianta, costituendo di fatto una
sensibile miglioramento rispetto
agli atomizzatori tradizionali.
Per limitare le perdite di miscela
l’aria dovrebbe avere una portata
e una velocità tale da penetrare
nella chioma senza oltrepassarla e consentire il deposito della
corretta quantità di prodotto su
entrambi i lati della foglia. Troppa aria dispone le foglie parallelamente al flusso, pertanto si
ha un insufficiente deposito sulle
foglie, poca aria, per contro, non
fa penetrare le gocce all’interno
delle piante.
Al fine di aumentare l’efficacia
dei trattamenti portando il prodotto antiparassitario direttamente al “bersaglio”, riducendo l’effetto deriva, minimizzando lo
spreco e riducendo l’inquinamento puntiforme è necessario
Terra Trentina
Sezione seconda: Macchine irroratrici a convogliatori d’aria
Relatore: Paolo Balsari,
Università di Torino
Gli atomizzatori ad aeroconvezione illustrati nella sezione 1
17
trattamenti fitosanitari
Terra Trentina
Le nuove tecnologie informatiche sulle macchine irroratrici esposte da Matteo
Bertocco, Università di Padova
18
Quindi, per una valida esecuzione di un trattamento non serve come spesso si fa nella pratica un alto volume d’aria, perché
quando essa è in eccesso provoca un dilavamento delle gocce.
È anche necessario regolare la
portata del ventilatore in funzione dello sviluppo vegetativo, limitando la portata del ventilatore nelle prime fasi vegetative ed
adeguandola
successivamente
alla dimensione della parete da
trattare.
Anche aumentare la pressione
spesso comporta una riduzione
eccessiva delle dimensioni delle
gocce con maggiori perdite per
deriva ed evaporazione.
Normalmente con gli ugelli di tipo albuz si lavora con pressioni
che variano dalle 5 alle 10 atmosfere massime.
La velocità di avanzamento all’interno dei filari varia in funzione della dimensione della parete da trattare e delle distanze di
impianto.
Su impianti di M9 distanziati 3,3
e alti 3,5 è possibile procedere a
velocità intorno ai 6 Km orari.
Nel corso delle prove dimostrative si è considerato inoltre l’im-
piego di moderni “nebulizzatori”. Sono macchine dotate di
turbine che sfruttano l’alta velocità dell’aria per frantumare e trasportare le gocce di miscela antiparassitaria alla vegetazione.
L’adozione di dispositivi flessibili che trasportano l’aria direttamente al bersaglio consente di ridurre le perdite di deriva e nel
contempo sono attrezzature che
consentono l’adozione di concentrazioni superiori. Per queste
macchine la nostra realtà produttiva non ha dimostrato molto interesse.
Sezione terza:
la gestione del terreno
Relatore: Roberto Miravalle,
Agronomo
La corretta gestione del terreno
in agricoltura ha sempre avuto una importanza fondamentale sia per assicurare un ambiente
ideale all’equilibrata crescita delle coltivazioni, sia per avere una
regolare produzione quali-quantitativa.
L’intensificazione degli impianti
ha portato nella nostra realtà a
realizzare negli ultimi anni frut-
teti con circa 3.000 piante per ettaro (sesto orientativo 3 – 3,2 x
1 – 0,9 m); un investimento così
elevato sia in termini economici
che lavorativi richiede che le singole piante possano trovare nel
“piccolo spazio” dove sono messe a dimora tutti gli elementi indispensabili, che in sintesi sono
acqua, aria ed elementi nutritivi.
È quindi evidente che le scelte
riservate al sottofilare possono
condizionare in maniera decisiva
i risultati produttivi, in termini di
qualità e quantità.
Estremamente importanti sono
anche le lavorazioni di preparazione del terreno effettuate al momento dei reimpianti, che gettano i presupposti, in negativo o in
positivo, per l’intera vita del frutteto, ma soprattutto per i primi
anni di vita, che sappiamo essere decisivi. Nel corso della giornata dimostrativa di Mollaro non
si è tuttavia parlato di aratura e
affinamento, bensì si è concentrata l’attenzione sulle operazioni di distribuzione dei diserbanti
nel sottofilare. Nel sottofilare, infatti, le scelte tecniche degli ultimi decenni sono state orientate
al contenimento delle specie erbacee spontanee attraverso interventi di diserbo. Esperienze più
recenti dimostrano tuttavia che
anche in questa zona, pur caratterizzata dalla presenza delle radici superficiali, è possibile tecnicamente proporre ed attuare
lavorazioni superficiali orientate quindi innanzitutto all’eliminazione ed al contenimento di una
pratica assai discutibile, cioé del
diserbo.
È stato ribadito anche da parte
del relatore, dott. Miravalle, che
con l’impiego del diserbo non ci
si può attendere una soluzione
ideale e definitiva, per cui anche il miglior prodotto chimico, se utilizzato per molti anni,
porterà nel tempo alla riduzione
della sensibilità di alcuni tipi di
senza di una specifica campana
protettiva evita di bagnare i fusti
delle piante. Queste attrezzature
risultano particolarmente interessanti e alternative alle classiche
macchine spalleggiate soprattutto nei terreni pendenti: estrema
praticità (peso inferiore ai 3 Kg),
ottima precisione di lavoro ed
elevata autonomia di lavoro, ridottissimi costi d’acquisto costituiscono i loro punti di forza. Va
ricordato che il flusso del prodotto arriva all’erogatore per gravità
e quindi non devono essere utilizzati formulati troppo viscosi.
Nella terza sezione si è voluto dedicare un specifico spazio anche
alle attrezzature che permettono
di arieggiare il terreno, soprattutto nell’interfilare, dove il continuo
passaggio delle macchine in binari obbligati, spesso in condizioni
di umidità eccessiva (trattamenti
primaverili) ed in terreni smossi
in maniera inadeguata nel corso
della preparazione dell’impianto, costituiscono di fatto un fattore fortemente limitante per l’apparato radicale, che non riesce a
svolgere al meglio le proprie funzioni. Si è quindi colta l’occasione per ribadire l’importanza di ri-
spettare il terreno e di preparalo
e lavorarlo con razionalità al momento del rinnovo del frutteto,
poiché spesso, soprattutto nei terreni soggetti a riporto di terra o
bonificati, si assiste ad un costipamento del suolo e ad una conseguente insufficiente disponibilità
di aria (spesso, ma non sempre,
collegata al ristagno idrico). La
macchina presentata ha dimostrato, pur operando in un terreno
ricco di scheletro, di essere adatta a smuovere il terreno anche ad
una profondità di 50 – 60 cm senza portare in superficie una notevole quantità di sassi. Le fessure profonde che si vengono così
a formare creano una valvola di
sfogo per una migliore redistribuzione degli agglomerati stabili del
terreno fino in profondità.
Sezione quarta: Innovazione,
ambiente e sicurezza
Relatori: Matteo Bertocco,
Università di Padova
Paolo Marucco,
Università di Torino
La sezione dedicata all’applicazione delle nuove tecnologie informatiche sulle macchine ir-
Le macchine irroratrici a convogliatori d’aria illustrate dal dott. Balsari Paolo
dell’Università di Udine
Terra Trentina
erba, fino ad arrivare alla completa resistenza. Alternare diserbanti e eliminazione meccanica
dell’erba e lavorazioni al terreno sarebbe già un grosso passo avanti, ed arrivare alle sole
lavorazioni meccaniche sarebbe
l’ideale: è però ovvio che il passaggio dall’esclusivo impiego di
interventi di diserbo alle lavorazioni va gradualmente preparato
e gestito con attenzione, per evitare danni alle piante già in produzione, mentre più semplice
sarebbe introdurre le lavorazioni
nei nuovi impianti, che farebbero sviluppare le radici in profondità fin dai primi anni. Diverse
sono le macchine che permettono di eseguire una lavorazione
lungo il filare precisa e rispettosa
delle piante, soprattutto se utilizzate già a partire dai primi anni
e su terreni pianeggianti e privi
di sassi. In prova dinamica è stata presentata un dispositivo a flagelli che può essere combinato
ad una tradizionale pacciamatrice da interfilare.
Nel corso della manifestazione in
campo, oltre alle classiche macchine per il diserbo, a barra o a
lancia, da applicare alla trattrice,
sono state presentate anche alcune semplici quanto interessanti
attrezzature manuali che possono
distribuire volumi ultra-bassi da
(2 a 5 litri per ettaro) secondo la
tecnologia definita “a microgoccia calibrata” (diametro uniforme
delle gocce di 150 micron), utilizzando degli erogatori centrifughi. In pratica è possibile dosare
perfettamente il prodotto, distribuendolo allo stato puro (senza
diluizione in acqua) e regolando
l’ erogazione da 5 a 12 ml/minuto secondo la velocità operativa e/o il tipo di infestante da
trattare. L’uniformità delle gocce
prodotte evita possibili problemi
di deriva che potrebbero causare
inquinamento ambientale e danni alle colture ed inoltre la pre-
19
trattamenti fitosanitari
Terra Trentina
Macchina impiegata per la gestione del sottofilare
20
roratrici rappresenta una sfida
importante per un prossimo futuro che va verso un’agricoltura
“di precisione”. Queste tecnologie hanno lo scopo di mettere in
sintonia la gestione della distribuzione degli agrofarmaci con
le specifiche caratteristiche della coltura trattata e con l’esigenza di rispettare l’ambiente. Anche
all’interno di uno stesso frutteto
è infatti possibile trovare dello
sviluppo eterogeneo delle piante che comporta l’applicazione di volumi d’acqua differenti:
le nuove tecnologie permettono
una distribuzione calibrata, che
aumenta l’efficacia dell’intervento e riduce la deriva.
Il dott. Bertocco, che ha commentato la prima parte di questa
sezione, ha illustrato le soluzioni recentemente resesi disponibili per la gestione specifica e
personalizzata di ogni sito pro-
duttivo: attraverso un sistema satellitare (GPS) posizionato sulla
trattrice, automaticamente viene adeguata la quantità di acqua
in base al volume delle piante,
anche se questo varia all’interno
dello stesso frutteto, distribuendo più miscela antiparassitaria alle piante più espanse e meno a
quelle meno voluminose. L’operatore in fase preventiva procede alla misurazione e mappatura
del frutteto oggetto dell’applicazione con tecnologia GPS. Attraverso opportuni collegamenti a
PC questi dati vengono caricati
sulla centralina dell’atomizzatore
(computer di bordo) che li rende
operativi, e rende praticamente
automatico sia il riconoscimento del sito produttivo, sia le caratteristiche del frutteto in tutti i
dettagli utili alla distribuzione del
prodotto fitosanitario (ma la stessa tecnologia viene ad esempio
già applicata anche per la distribuzione dei fertilizzanti su grandi colture e su vite).
Se questa nuova applicazione del
satellitare è ancora ai primi passi, molto più concreta e affidabile si dimostra l’applicazione alla
macchina irroratrice di un semplice computer di bordo che è
in grado di visualizzare la quantità di liquido erogato, il livello
del serbatoio, la portata, il tempo lavorato, la distanza percorsa
ed anche ha la possibilità di memorizzare i dati e di incrementare o ridurre momentaneamente
la quantità di liquido distribuito. Questo strumento rappresenta oggi un ottimo compromesso
tra prezzo e prestazione.
Un’altra strumentazione interessante presentata nella sezione innovazione riguarda l’applicazione sulla barra del diserbo di un
dispositivo mirato alla distribu-
brevi
Il 1° settembre 2007
ha lasciato il servizio
per la pensione il dr.
Giovanni Defrancesco che dal 2001 all’interno del Dipartimento agricoltura ed
alimentazione
della Provincia autonoma di Trento ricopriva l’incarico speciale
di studio, consulenza
e coordinamento nell’ambito del settore
agricolo provinciale.
Dal 1987 al ’93 aveva
diretto l’Ufficio consorzi di miglioramento fondiario e bonifica
per poi assumere la
direzione del Consorzio Atesino di bonifi-
ti stati individuati i punti critici,
a rischio inquinamento, durante le diverse operazioni, a partire
dalla fase di preparazione della
miscela fitoiatrica fino alla pulizia del serbatoio dell’irroratrice.
Si sono mostrate in successione
strumentazioni per il lavaggio accurato dei contenitori vuoti degli
agrofarmaci, che possono essere
montate direttamente su alcune
irroratrici, ed anche particolari
attrezzature (di costo contenuto)
che possono essere poste in vicinanza del centro aziendale per
il recupero dell’acqua di lavaggio
dei contenitori e per il lavaggio
esterno della macchina irroratrice dopo l’intervento, concepite con l’obiettivo, dettato dalle
nuove norme europee, di evitare
qualsiasi spargimento al suolo di
acqua con prodotti fitosanitari.
Una stima degli esperti dell’Unio-
ca dal ’94 al ’97 e dell’ESAT dal ’97 al 2001.
I carichi di uva conferiti alle cantine sociali del Trentino sono
sottoposti a campionatura da parte degli
addetti al ricevimento prima che i grappoli vengano avviati alla
pigiatura. I parametri misurati nei campioni di uve sono: la
gradazione zuccherina, l’acidità e il ph. Il
grado di sanità è valutato con massima cura
e, se caratterizzato da
presenza di marciumi o residui visibili di
trattamenti fitosanitari,
ne Europea valuta infatti che circa l’80% dell’inquinamento da
agrofarmaci nelle acque superficiali e sotterranee sia correlato alle operazioni sopra indicate.
Questo progetto finanziato dall’
U. E. vede la partecipazione di
enti qualificati di Ricerca di otto Paesi Europei, con lo scopo di
formare gli agricoltori ad un più
attento utilizzo degli agrofarmaci non solo per la tutela dell’operatore, ma anche per ridurre l’inquinamento ambientale.
Il progetto TOPPS vuole mostrare come diffondendo le buone
politiche agricole (GAP) sia possibile ottenere un uso sostenibile degli agrofarmaci in modo da
ridurre significativamente i rischi
di contaminazione ambientale,
compatibilmente con la necessità di proteggere adeguatamente
le colture.
può comportare pesanti penalizzazioni.
Da quest’anno i sopralluoghi a campione per l’identificazione di piante di melo
con sintomi manifesti di scopazzi inizierà
dopo la raccolta delle
mele sia in Val di Non
e di Sole che nel resto del Trentino frutticolo. I tecnici impegnati nel lavoro di
ricognizione saranno una ventina. L’indagine comprenderà
anche le piante segnate lo scorso anno
perché ammalate che
non sono state estirpate. La segnalazione
all’ufficio fitosanitario
provinciale comporterà l’applicazione a
carico dei frutticoltori inadempienti della
multa prevista dal decreto di lotta obbligatoria.
Dopo il rinvenimento
a Seregnano e a Canzolino nei comuni rispettivamente di Civezzano e di Pergine
Valsugana di alcune
piante giovani di castagno euro-giapponese recanti galle fogliari indotte dalla
vespa galligena, nessun altro focolaio è
stato riscontrato nel
corso dell’estate.
Terra Trentina
zione di prodotto alla presenza
delle infestanti.
Si tratta di un sensore ad infrarossi che permette di riconoscere
la presenza di vegetazione infestante durante il passaggio della
barra lungo il filare, consentendo
in questo modo di effettuare un
trattamento di precisione erogando il diserbante sulle sole erbe
infestanti ed evitando così inutili sprechi di prodotto su terreno
nudo.
Uno stand attrezzato con materiale didattico ha successivamente introdotto i visitatori, attraverso
l’esposizione del dott. Marucco,
nella presentazione di un progetto europeo (il cosiddetto “progetto Topps”) finalizzato al contenimento
dell’inquinamento
puntiforme da agrofarmaci, cioé
quello legato a riversamenti di
prodotto sul terreno. Sono infat-
21
Momento importante nella filiera della qualità
Terra Trentina
vendemmia
LA CONSEGNA DELL’UVA
ALLA CANTINA SOCIALE
22
Il periodo della vendemmia soprattutto per una
Cantina sociale diventa momento strategico
importantissimo per la valorizzazione
del territorio attraverso i suoi prodotti,
in sintonia con l’operatività collaborativa
dei propri Soci.
Corrado Aldrighetti
Responsabile del servizio tecnico viticolo – Cantina La Vis e Valle di Cembra.
Crediamo che la strategia vincente di una efficace organizzazione
della vendemmia, stia nel condividere un percorso iniziato dal
momento dell’impianto del vigneto fino alla raccolta dell’uva
stessa.
La Cantina Sociale non dovrebbe assumere un ruolo che sta
“sopra” il territorio, che sta “sopra” il Socio, ma anzi il suo lavoro è quello di chi, consapevolmente, si “affianca” di chi
“lavora con”, di chi non prevarica. Il suo compito, non è quello di “essere al centro” e di organizzare tutto il resto in funzione
di questa propria centralità, ma
quello di “essere accanto”: essere accanto al territorio, essere accanto a chi lo abita e a chi
lo lavora, a chi conosce e ama
gustare uno dei suoi grandi prodotti finali, il vino.
Essere accanto al Socio quindi
diventa fondamentale, in quanto la qualità globale nasce dalla
qualità sociale. Il Socio non è un
partner che possa essere sostituito senza danno, ma è un elemento vivo e vitale per l’attività della Cantina. Infatti più aumenta la
qualità del Socio, la qualità della sua preparazione, del suo lavoro, della sua partecipazione,
più aumenta la qualità della Cantina e dei suoi prodotti. Per questo, anche durante le fasi iniziali
e nel corso della vendemmia riveste una notevole importanza il
contatto e l’informazione quotidiana in “doppia via” (dalla Cantina al Socio e viceversa) per responsabilizzare la base sociale
Gli aspetti fondamentali specifici legati alla vendemmia sono fondamentalmente questi•
Per una sua ottimale valorizzazione l’uva va conferita in cantina
sana,matura e senza la presenza
di corpi estranei e tra la raccolta
ed il conferimento deve intercorrere il minor tempo possibile.
Per uva sana si intende, uva selezionata da eventuali grappoli anche parzialmente colpiti da
peronospora, oidio, botrite e
marciume acido, una particolare
attenzione va posta all’eventuale
uva avvizzita, appassita che può
derivare da cause diverse come la
siccità, l’alta produzione, grappoli
colpiti da appassimento del rachide o avvizzimento del grappolo,
nonché da malattie come la flavescenza dorata, il legno nero o il
mal dell’esca. Uva “sana” significa anche salubre, pertanto durante le ultime fasi della campagna
di difesa occorre porre estrema
attenzione a sospendere i trattamenti rispettando i tempi di carenza e le dosi consigliate.
I Soci sono invitati in prossimità
di vendemmia ad effettuare delle campionature per monitorare
la curva di maturazione e scegliere, assieme ai tecnici, il momento ottimale di vendemmia valutando sia l’accumulo degli zuccheri
che il degrado della componente
acidica del mosto. Direi che ogni
destinazione enologica va attentamente valutata assieme al Socio e
l’epoca di vendemmia riveste un
ruolo quindi importantissimo per
la valorizzazione dell’uva stessa.
La dinamica della maturazione è
estremamente complessa e per migliorare la qualità delle produzioni non ci si deve affidare a prodotti miracolosi dell’ultimo momento,
ma occorre intervenire nelle diverse fasi della stagione con corrette
operazioni a verde quali il diradamento dei germogli in prefioritura, una adeguata sfogliatura della
zona dei grappoli a seconda della
varietà, della destinazione enologica e forma di allevamento nella
fase di fioritura-allegagione, il diradamento e il taglio dei grappoli
ad inizio invaiatura.
È necessario che l’uva arrivi in
cantina il più pulita possibile. Va
evitata la presenza di foglie o residui di vegetazione o residui di
terra sul fondo dei cassoni utilizzati in vendemmia. Massima cura
va posta nell’eliminare i residui
di mosto dei carichi precedenti,
per evitare fermentazioni anomale favorite dalla grande quantità
di microrganismi (lieviti e batteri)
che entrano in cantina deprezzando qualitativamente i mosti.
La pulizia di tutte le attrezzature
è fondamentale per evitare questo tipo di problemi, il lavaggio
dei teli del carro va effettuato a
tutte le consegne, mentre il lavaggio di tutte le attrezzature di
vendemmia (casse, imbuti, secchi, ecc…) va eseguito con molta accuratezza, soprattutto in presenza di uve non perfettamente
sane. Ricordo che per limitare lo
sviluppo dei microrganismi indesiderati nelle uve è importante ridurre al massimo i tempi di
consegna del vendemmiato. Tra
l’altro le temperature elevate ac-
Terra Trentina
sugli obiettivi enologici in funzione del mercato che la Cantina si prefigge.
23
vendemmia
neo per la vendemmiatrice
stessa,avere la conoscenza del
tipo di macchina, dell’eventuale contoterzista e del rimorchio per il trasporto dell’uva al
centro di raccolta più vicino.
Una settimana prima della
raccolta il tecnico deve avere la possibilità di controllare l’uva sia in termini relativi
alla sanità che omogeneità di
maturazione stessa (presenza di grappoli meno maturi,
botritizzati, appassiti, colpiti
da disseccamento del rachide, ecc…). In funzione della
oggettività dell’uva il tecnico
darà i relativi consigli per il
buon fine dell’operazione.
Per quanto attiene il rimorchio
per il trasporto dell’uva deve essere una cisterna/carrello
aperta in acciaio che possa scaricare in retro o eventualmente di lato con all’interno delle
pareti (almeno una) per evitare
l’effetto onda evitando la fuoriuscita del vendemmiato stesso. La cisterna deve avere la
possibilità di poter essere coperta durante le fasi di carico e
durante il trasporto. Non sono
ammessi teli o vasche con coclee. È obbligatorio lavare ogni
volta dopo lo svuotamento la
cisterna per evitare problemi
microbiologici in cantina.
Appena il carico è pronto
deve essere immediatamente trasportato presso il centro di raccolta più vicino, senza l’aggiunta di nessun tipo di
antiossidante.
Di fondamentale importanza al
momento dello scarico l’addetto della cantina dovrà controllare la qualità del vendemmiato in particolare la presenza di
residui di vegetazione o di materiale d’impianto.
•
•
celerano i processi ossidativi con
problemi di accentuazione del
colore dei vini bianchi e degradazione degli aromi varietali.
Rammento che nella vinificazione delle uve bianche soprattutto
dove si attuino tecniche di macerazione a freddo delle uve è necessario raffreddare rapidamente
il pigiato e questo risulta facilitato se le uve sono raccolte nelle
ore più fresche e soprattutto evitando inutili soste sotto il sole.
Alcuni aspetti
tecnico-organizzativi:
In caso di pioggia o evidente
bagnatura la vendemmia deve essere sospesa fino al ripristino delle condizioni di
idoneità, ed i carichi devono
essere coperti durante il tragitto verso la cantina;
Ogni Socio dovrà rispettare il
calendario di vendemmia e di
consegna delle uve, e l’orario di
incantinamento che sono affissi
presso i vari centri di raccolta;
Terra Trentina
•
24
•
•Effettuato il conferimento con-
trollare attentamente la bolla di consegna ed in caso di
dubbi chiedere subito spiegazioni al personale della pesa;
Per coloro che utilizzano i
cassoni, si fa obbligo l’uso dei
cantonali, attenzione allo loro
pulizia e a non riempirli eccessivamente.
•
Vendemmia Meccanica
Nel corso di questi ultimi anni le
vendemmiatrici meccaniche hanno fatto dei passi da gigante nel
salvaguardare l’integrità delle uve
e degli acini. Se esiste la possibilità o la necessità di utilizzare la
vendemmiatrice in funzione degli obbiettivi enologici prefissati
direi che il suo utilizzo è previsto
solo alle seguenti condizioni:
Il Socio deve avvisare i tecnici
della Cantina almeno un mese
prima dell’intenzione di vendemmiare a macchina; questo
per dare la possibilità di controllare il vigneto che sia ido-
•
•
•
Ringrazio i colleghi Paolo Molinari e Matteo Paolazzi per la collaborazione alla stesura dell’articolo.
cantina familiare
Una domanda che pongono molti produttori di vino per autoconsumo
LIEVITI SELEZIONATI
È UTILE FARNE USO
NELLE CANTINE FAMILIARI?
La flora microbica delle uve
e dei mosti
Sulla buccia dell’uva, soprattutto nelle ultime fasi del ciclo fisiologico, si trova un’abbondante e
variegata flora microbica, costituita da muffe, lieviti di diversi
generi, batteri lattici e acetici. La
concentrazione di tali microrganismi dipende da numerosi fattori,
non sempre controllabili, quali lo
stato sanitario del grappolo, l’andamento climatico, i trattamenti fitosantiari, ecc… Questa flora microbica dell’uva comincia
a moltiplicarsi durante il traspor-
Il lievito secco attivo è ormai uno strumento
diffuso e affidabile sia nelle cantine industriali
sia in quelle familiari. È necessario in entrambi
i casi attenersi a poche regole d’uso per ottenere
vini salubri e di qualità
Raffaele Guzzon, Agostino Cavazza
Istituto Agrario di S. Michele – Dipartimento Qualità Agroalimentare
Unità Microbiologia e Tecnologie Alimentari.
to e la pigiatura ed è responsabile dell’avvio della fermentazione alcolica “spontanea”, se non
si interviene sul mosto con trattamenti fisici (es. raffreddamento) o chimici (es. solifitazioni,
aggiunte di lisozima, ecc.). Tra i
lieviti presenti nei mosti troviamo
individui appartenenti a diverse
specie quali Kloeckera apiculata, Schizosaccharomyces pombe,
Pichia membranefaciens, Brettanomyces bruxellensis e Torulaspora delbrueckii, per citare i più
comuni. Questa microflora è caratterizzata da grande variabilità
e non consente sempre di gestire
la fermentazione alcolica in modo controllato e riproducibile.
L’utilizzo in fermentazione di microrganismi indigeni può comportare alcuni rischi. Molte specie di lieviti presenti sulle uve
hanno infatti una scarsa capacità
di produrre alcol, e quindi se la
fermentazione del mosto è lasciata esclusivamente alla loro attività,
si possono avere sensibili rischi
Terra Trentina
L’utilizzo di colture di lieviti selezionati nella vinificazione è una
prassi consolidata nelle cantine. Questa tecnica ha contribuito all’evoluzione dell’enologia e
alla generale crescita qualitativa
del vino a cui assistiamo in Italia da circa tre decenni. Data la
grande diffusione e la economicità di tali preparati, l’uso di lieviti selezionati è un’opzione da
prendere in considerazione anche per la vinificazione casalinga per garantirsi un risultato
all’altezza delle aspettative. In
questo contributo andremo brevemente ad analizzare la composizione microbiologica dell’uva e del mosto, evidenziando
le motivazioni che suggeriscono l’uso di lieviti selezionati, e
suggerendo i principali accorgimenti per gestire al meglio la
fermentazione alcolica nella vinificazione domestica.
25
cantina familiare
Terra Trentina
di arresto di fermentazione alcolica. Non sono inoltre da escludere la produzione di elevate dosi
di acido acetico, di composti organoletticamente sgradevoli, come i fenoli volatili prodotti dai lieviti del genere Brettanomyces, o
addirittura tossici come le ammine biogene o l’etil-carbammato.
Questi pericoli, presenti ma controllati efficacemente nelle cantine
professionali grazie alle moderne
tecnologie, sono più alti nella vinificazione amatoriale dove spesso mancano i meccanismi di controllo della temperatura del mosto
in fermentazione e di eliminazione dell’ossigeno in eccesso o dove vengono usati contenitori vinari in legno, cemento o vetroresina,
di difficile sanitificazione.
26
I lieviti secchi attivi,
cosa sono e come si usano
I lieviti migliori sono quelli che
appartengono alla specie Saccharomyces cerevisiae. La loro presenza sulle uve e nei mosti è limitata
e quindi la loro prevalenza nella
fermentazione può intervenire tardivamente, quando altre specie di
lievito hanno già prodotto composti indesiderati. Per questo motivo è utile aggiungere lieviti appartenenti a questa specie nel mosto
prima dell’avvio della fermentazione alcolica spontanea.
Per lievito selezionato si intende
un ceppo di lievito, solitamente appartenente alla specie Saccharomyces cerevisiae, isolato da
un mosto in fermentazione spontanea, studiato e moltiplicato in
laboratorio per avviare altre fermentazioni dopo accurati test per
verificare le sue attitudini enologiche. L’isolamento è una pratica sperimentale di laboratorio
che consente di separare i diversi ceppi microbici presenti in una
miscela complessa, per esempio
un mosto in fermentazione, e di
caratterizzarli per le loro proprietà fisiologiche e tecnologiche. I
lieviti selezionati sono pertanto microrganismi del tutto naturali, provenienti da mosti o vini
di elevata qualità, in grado di garantire una rapida ed efficace fermentazione alcolica.
I lieviti secchi attivi (LSA) sono
la forma più diffusa del lievito
selezionato in enologia. Il lievito essiccato si presenta in forma
granulare o pellettata, di colore
marrone chiaro e ha una percentuale di sostanza secca superiore al 90%. Il contenuto di cellule di lievito vive per grammo di
preparato oscilla tra i 10 e i 50
miliardi, non devono essere presenti, o comunque mantenersi su
livelli molto bassi, microrganismi
contaminanti quali batteri lattici o
muffe. Questi parametri qualitativi essenziali sono ormai raggiunti dalla maggioranza dei preparati, come dimostrano i controlli
svolti dall’unità di microbiologia
dell’Istituto Agrario di San Michele All’Adige ogni anno.
I LSA presentano alcuni indiscutibili vantaggi: non richiede uno
stoccaggio a basse temperatura
e, se conservata correttamente in
luogo secco e sotto vuoto, garantisce una buona efficacia del lievito anche per alcuni anni. L’elevata
concentrazione di cellule nel LSA
ha come obiettivo quello di determinare l’immediata prevalenza del
lievito selezionato sui lieviti indigeni già presenti, minimizzandone così i potenziali effetti negativi sulla qualità del vino. Le cellule
che costituiscono il lievito secco
attivo sono però in stato di quiescenza e disidratate: anche se il
mosto d’uva è un mezzo adeguato
allo sviluppo dei lieviti, la ripresa
della loro attività può non essere immediata e richiedere un certo tempo di adattamento. Al contrario le cellule di lievito presenti
naturalmente nei mosti sono già
perfettamente adattate alle condizioni ambientali e spesso in fase di crescita vigorosa. Se aggiun-
te direttamente ai mosti le cellule
di lievito secco attivo devono partire da ferme e devono competere con quelle presenti nel mosto,
più adattate all’ambiente: sebbene con un’elevata concentrazione cellulare il lievito selezionato
potrebbe non riuscire a prendere
il sopravvento e condurre la fermentazione alcolica.
L’inoculo deve quindi essere sempre e comunque preceduto dalla reidratazione delle cellule in
un mezzo liquido e in condizioni ambientali adeguate. Il lievito
disidratato, pesato in quantità sufficiente a inoculare l’intera massa
(da 10 a 30 grammi per ettolitro di
mosto) deve essere sciolto in acqua tiepida, (35 gradi) avendo cura di rimescolare periodicamente
la massa. Il tempo di reidratazione deve essere di almeno trenta
minuti, trascorsi i quali il lievito,
ormai visibilmente attivo grazie
all’abbondante schiuma prodotta, può essere aggiunto al mosto
preventivamente portato ad una
temperatura non inferiore ai venti gradi. Così attivate le cellule di
lievito selezionato potranno facilmente prevalere sulla flora indigena e condurre la fermentazione
alcolica in modo regolare.
La scelta del lievito
Generalmente la fermentazione casalinga dei mosti avviene
in recipienti di piccole dimensioni, senza condizionamento termico e in presenza di basse dosi di
anidride solforosa. In queste condizioni il mosto è sensibilmente esposto al rischio di alterazioni chimiche o microbiologiche, la
fermentazione alcolica svolge pertanto un’importane azione preventiva grazie all’elevata quantità di anidride carbonica prodotta,
che protegge il mosto dall’ossidazione, e all’alcol che funge da antisettico naturale verso numerose
specie contaminanti. Pertanto al
lievito selezionato è richiesta una
fermentazione alcolica rapida, generalmente di durata inferiore alle due settimane, con rese in alcol
elevate e con una bassa produzione di composti secondari. I caratteri di competitività, la vigoria
fermentativa e la resistenza ad antifermentativi quali rame o anidride solforosa sono fondamentali
laddove la qualità delle uve non
sia ottimale sotto il profilo sanitario e dove si debba fermentare
in contenitori tradizionali di legno
o cemento. Considerando che la
temperatura del mosto in fermentazione spesso non è controllata,
come nelle cantine professionali, è utile scegliere ceppi vigorosi per non andare incontro ad arresti di fermentazione dovuti agli
sbalzi termici cui il mosto può andare incontro nelle prime fasi della fermentazione alcolica.
Al di là di queste regole generali è utile sottolineare come oggi
si possano reperire culture specificatamente selezionate per esaltare le caratteristiche di ciascun
vino: spumante, bianco, rosso
o vino dolce. Per i vini bianchi
e spumanti si ricerca solitamen-
te un ceppo di lievito in grado
di valorizzare la tipicità delle uve
di origine, quindi con una bassa produzione di metaboliti secondari e anzi con la capacità di
liberare le molecole aromatiche
presenti nel mosto, di fermentare bene a basse temperature e di
mantenere alta l’acidità del mosto evitando fenomeni indesiderati di degrado dell’acido malico.
Se impiegato per la rifermentazione in bottiglia il lievito dovrà
essere in grado di fermentare in
vini chiarificati, con elevata gradazione alcolica e poveri di nutrienti, a basse temperature e in
condizioni di anaerobiosi stretta.
I vini rossi hanno esigenze diverse. Sono infatti frutto di due fermentazioni consecutive l’alcolica
e la malolattica condotta da alcune specie di batteri lattici. I lieviti non devono pertanto produrre composti in grado di inibire la
fermentazione malolattica, come
l’anidride solforosa o alcuni alcoli superiori, e anzi devono contribuire alla morbidezza e alla
struttura del vino con buone produzioni di glicerolo e, in alcuni
casi, contribuendo alla degradazione dell’acido malico presente.
Per i vini dolci infine si ricercano
lieviti osmotolleranti e resistenti
ad alte dosi di etanolo, per garantire un buon successo della
fermentazione anche in presenza di mosti molto concentrati come quelli dei vini passiti.
Conclusioni
Il lievito secco attivo è ormai uno
strumento diffuso ed affidabile a
disposizione tanto dell’enologia professionale quanto di quella amatoriale. Seguendo poche
semplici regole tali prodotti sono
in grado di garantire una rapida
ed efficiente vinificazione, conservando le caratteristiche di tipicità delle uve di origine e permettendo la produzione di vini
salubri e di qualità. Un’accurata scelta del ceppo di lievito da
utilizzare secondo la tipologia di
vino che si vuole ottenere può
semplificare il processo di vinificazione ed esaltare le caratteristiche di ogni prodotto, garantendo
risultai soddisfacenti anche nella
pratica enologica amatoriale.
Andamento della fermentazione alcolica in mosto d’uva, osservato presso il laboratorio di Microbiologia
e Tecnologie Alimentari di IASMA. Dopo una prima fase di adattamento e crescita cellulare,
della durata di alcune ore (Fase di Latenza), si osserva una vigorosa fermentazione (Fase esponenziale)
che lentamente si arresta con la fine degli zuccheri presenti nel mosto (Fase stazionaria).
14
Fase stazionaria
conclusione della fermentazione alcolica
12
10
Fase esponenziale
crescita vigorosa del lievito e
vigorosa fermentazione alcolica
8
6
4
Fase di latenza
adattamento del lievito al mosto
2
0
0,0
5,0
10,0
15,0
tempo (giorni)
20,0
25,0
30,0
Terra Trentina
Etanolo prodotto durante la fermentazione (% vol)
16
27
viticoltura/difesa
Sei anni di esperienze maturate nei vigneti della Vallagarina
Terra Trentina
LA CONVIVENZA
CON I GIALLUMI DELLA VITE
28
Introduzione
I giallumi della vite sono considerati una patologia molto pericolosa anche alla luce delle epidemie che si sono sviluppate in
Veneto alla metà degli anni ‘80 e
successivamente in Lombardia e
Piemonte sul finire degli anni ‘90
e nei primi anni dopo il 2000. Recenti andamenti epidemici vengono ora segnalati nel Reggiano
e in Franciacorta, mentre in Trentino si assiste ormai da tempo ad
una sorta di convivenza con queste patologie ed i loro vettori.
Flavescenza dorata e legno nero sono diffusi da due distinti insetti vettore, la prima è trasportata da Scaphoideus titanus,
mentre legno nero viene inolculato nelle viti da Hyalesthes obsoletus. Il primo insetto vive solo
a carico delle viti, mentre Hyalesthes si può considerare polifago
e la sua presenza si riscontra anche su altre essenze erbacee come convolvolo, ortica, artemisa,
ranuncolo ed altre.
Questa differenza comporta il rischio di una veloce diffusione
della flavescenza in quanto uno
Scaphoideus infetto continuerà a
nutrirsi su altre viti diffondendo
rapidamente la malattia. Nel caso del legno nero la diffusione
è più lenta e rimane spesso nei
limiti di una presenza endemica
dato che Hyalesthes può infettarsi solo da erbe infette e non diffonde il legno nero da una vite
all’altra ma solo da erbe infette
alla vite.
Purtroppo non esiste un sintomo evidente in campagna a ca-
Rimane sempre fondamentale l’esecuzione
dei monitoraggi per decidere la strategia
di contenimento di queste patologie
e dei loro vettori. Si conferma l’importanza
delle segnalazioni provenienti dai viticoltori
Francesco Penner
Centro Assistenza Tecnica Istituto Agrario di S. Michele
rico delle viti tale da distinguere legno nero da flavescenza.
L’unica possibilità di distinzione
oggi è offerta dall’analisi molecolare.
I sintomi dei giallumi a carico dei
diversi organi della pianta sono
l’ingialllimento (o arrossamento) precoce delle foglie, a partire dalla seconda metà di luglio-
inizio agosto, accompagnato da
un tipico accartocciamento verso
il basso delle lamine fogliari che
assumono la caratteristica forma
a triangolo. I grappoli avvizziscono e non raggiungono la maturazione ed anche i germogli faticano a lignificare rimanendo verdi
e di consistenza gommosa fino a
dopo la raccolta.
no 2000, quando ci sono state alcune sporadiche segnalazioni di
piante con giallumi che analizzate in laboratorio sono risultate attribuibili a legno nero.
Nel frattempo in Italia più di
un areale viticolo era sottoposto ad epidemie di flavescenza e si trovava a dover combattere lo Scaphoideus. Grazie alle
esperienze maturate emerge come l’insetto è pericoloso solo a
partire dalla IVa età e solo se in
precedenza ha potuto cibarsi su
una pianta infetta per almeno 7
giorni.
Altro fattore importante evidenziato nelle esperienze in Italia è
l’efficacia dell’estirpazione delle
piante infette. Solo mantenendo
un basso indice di inoculo, cioé
poche piante infette per superficie, si può pensare di contenere
l’esplodere della flavescenza.
È quello che per anni è successo
in Valsugana, dove la presenza
di Scaphoideus non era pericolosa perché non c’era contemporaneamente la presenza di flavescenza. È necessaria la presenza
di entrambi per considerare pericolosa la situazione.
Vista la pericolostà della flavescenza dorata, a partire dal 31
maggio 2000 è in vigore un decreto ministeriale che obbliga alla lotta contro questa malattia
ed il suo vettore ed incarica direttamente tutti gli Uffici Fitosanitari italiani a monitorare costantemente la situazione ed
intraprendere tutte le misure
considerate utili per contenere lo
sviluppo di questa patologia.
In Trentino l’Ufficio Fitosanitario
Provinciale incarica annualmente l’Istituto Agrario di S. Michele
per la realizzazione del monitoraggio e si consulta con i tecnici del CAT per decidere le misure
adatte ad ostacolare lo sviluppo
della malattia in provincia.
Il monitoraggio riguarda sia la
presenza delle piante infette, per
le quali segue obbligo di estirpazione, sia la diffusione del vettore, lo Scaphoideus titanus, per il
quale si individuano annualmente le aree viticole in cui è necessario eseguire un trattamento insetticida di contenimento.
Il controllo della presenza dell’insetto inizia con i rilievi in
campo per verificare la presenza delle forme giovanili mobili
e prosegue in estate con il controllo delle trappole cromotropiche. Il monitoraggio in campo
ha il vantaggio di una definizione chiara delle zone in cui l’insetto è presente.
La decisione di un eventuale intervento insetticida è pertanto
subordinata alla realizzazione di
due fattori, la presenza dell’insetto vettore (obiettivo del trattamento insetticida) e la presenza
contemporanea di viti con flavescenza conclamata.
Consigliare un trattamento è sempre una decisione per la quale il
tecnico tiene conto di più fattori tra cui, non ultimi, anche l’impatto ambientale e gli effetti collaterali sull’entomofauna utile e
questo viene maggiormente evidenziato nel caso di un insetticida.
Per limitare gli aspetti negativi di
un intervento insetticida, si cerca sempre di valutare la sua effettiva necessità basandosi sul
principio della soglia di intervento, di circoscrivere il più possibile la zona da trattare scegliendo
il principio attivo più adatto, riducendo al minimo necessario la
dose di impiego del prodotto.
La prima conclusione che si può
trarre è che per decidere di intervenire con trattamenti chimici contro Scaphoideus è opportuno aspettare che la schiusa delle
uova sia completata sfruttando
quindi un periodo di alcune settimane per verificare e circoscrivere la presenza dell’insetto nelle diverse aree viticole.
Terra Trentina
La differenza rispetto al normale
ingiallimento autunnale è data
dall’epoca estremamente precoce e dall’evoluzione dell’ingiallimento sulla foglia che inizia
dalle nervature lasciando verdi
gli spazi internervali. È l’opposto di quanto succede in autunno quando sono gli spazi internervali più distali ad ingiallire
per primi mentre le nervature
sono le ultime a cambiare colorazione prima della loro caduta a terra.
In Trentino si sono segnalati i primi casi di giallumi nel 1986 e forte era la preoccupazione per una
possibile epidemia di flavescenza
dorata, ma al tempo non era ancora disponibile in modo diffuso la
tecnica di laboratorio che permettere di distinguere le due malattie.
In quegli anni sono stati mappati
numerosi vigneti e si sono raccolte molte informazioni, tra le quali
spiccava l’assenza di Scaphoideus
nelle zone colpite dai giallumi.
Questo insetto avrebbe fatto la
sua comparsa nel 1988 in Valsugana dove però non era presente
flavescenza dorata.
Nel corso di queste prime esperienze si era anche evidenziata la
scarsa utilità della pratica della
capitozzatura, mentre si erano da
subito notati casi di risanamento
naturale delle viti.
Dopo la prima comparsa si è potuto descrivere il ciclo di Scaphoideus titanus nei nostri ambienti
così da poter mettere a punto i
controlli di campagna per verificare la presenza di questo insetto.
Nello stesso periodo si era iniziato a controllare il volo degli adulti anche nella parte meridionale
del Trentino convinti che l’insetto
avrebbe prima o poi colonizzato la valle dell’Adige proveniente
dalla confinante provincia di Verona dove la sua presenza era segnalata da tempo.
È seguito un lungo periodo senza ulteriori evoluzioni fino all’an-
29
viticoltura/difesa
Terra Trentina
6 anni di esperienze
30
2001
Sulla scorta di tutte queste nuove
e vecchie conoscenze, a partire
dal 2001 si sono iniziati i controlli sulla presenza di forme giovanili di Scaphoideus già nella
primavera per decidere un eventuale intervento di contenimento
anche alla luce di quanto prevede il decreto ministeriale del 31
maggio 2000 contenente le misure di lotta obbligatoria contro la
flavescenza dorata della vite.
Con l’occasione, in accordo con
i tecnici veronesi operanti in Val
d’Adige, si è attivato un monitoraggio su un territorio di una
decina di km a sud del confine
provinciale che ha evidenziato
come esistesse un gradiente preciso da sud a nord della presenza
di questo insetto. Si passava da
un livello di presenza sui polloni del 50% di foglie occupate in
provincia di Verona ad una presenza sporadica nei comuni di
Avio e Ala. Contemporaneamente nel resto del Trentino si osservava la presenza storica dell’insetto in Valsugana, dove però
non era stata segnalata la presenza di flavescenza e una discreta
infestazione nell’Alto Garda fino
a comprendere, oltre la valle di
Loppio, parte di Mori e la frazione di Marco di Rovereto.
Considerando la situazione e cercando di ridurre al minimo l’uso
degli insetticidi, nel giugno 2001,
terminato il monitoraggio della presenza dell’insetto vettore e
valutata la presenza di flavescenza in zona, il Servizio di Assistenza Tecnica (allora Esat) ha proposto di intervenire solo nella
aree viticole a ridosso della provincia di Verona impiegando un
estere fosforico. Ci si proponeva
di costituire una specie di cordone sanitario per cercare di limitare l’introduzione di Scaphoideus
nel comune di Avio.
Contemporaneamente, durante
la stagione 2001 si erano realizzate parecchie iniziative per far
conoscere i sintomi dei giallumi
agli agricoltori e per migliorare,
grazie anche alle loro segnalazioni, l’efficacia del monitoraggio
che si sarebbe iniziato in estate e
al quale sarebbero seguite le necessaire estirpazioni.
I risultati si sono subito visti, passando da 12 vigneti segnalati nel
2000 a 157 nel 2001, con il 25%
dei campioni positivi a flavescenza dorata.
2002
Sulla scorta dei risultati del monitoraggio, durante l’inverno si sono moltiplicate le iniziative per
favorire una maggiore attenzione verso questa patologia e nella primavera 2002 si è proceduto
ad un nuovo monitoraggio della presenza di Scaphoideus cercando anche di dare una definizione quantitativa della presenza
dividendo i dati raccolti in classi
quantitative.
La situazione non era molto diversa rispetto al 2001 confermando una presenza medio bassa
nella zona di confine con la provincia di Verona e un aumento
nel comune di Mori e nella frazione di Marco di Rovereto, con
una presenza decrescente verso
nord, nell’alta Vallagarina.
La contemporanea presenza di
cicalina verde (Empoasca vitis)
consigliava di eseguire un trattamento sulle varietà sensibili con
regolatori di crescita con il duplice obiettivo di colpire sia le cicaline che lo Scaphoideus, mentre negli altri casi si prevedeva
un eventuale intervento specifico contro lo Scaphoideus solo
nel caso di necessità.
Durante l’estate ed il primo autunno si è poi realizzato il monitoraggio della presenza di piante
con giallumi che ha dato risultati positivi, solo il 2% dei campio-
ni risultava affetto da flavescenza
dorata mentre ben il 43% rispondeva positivamente al test per il
legno nero. Oltre il 55% dei campioni risultava negativo.
Il calo evidente di presenza di
flavescenza è conseguente all’attenzione che gli agricoltori hanno rivolto alla pratica dell’estirpo
delle piante infette e questo consentiva di affrontare la campagna
2003 con relativa tranquillità.
2003
La rete dei controlli primaverili
sulla presenza dell’insetto vettore
mostrava una situazione pressoché identica all’anno precedente
con buone possibilità quindi di
non essere in presenza di un andamento epidemico della flavescenza.
Il trattamento insetticida è stato
consigliato su tutta la zona con
presenza di Scaphoideus mantenendo dosaggi ridotti e indicando nelle comunicazioni tutte le
pratiche atte a limitare al massimo l’impatto ambientale.
Nell’estate 2003 è proseguito il
monitoraggio delle piante infette che sono risultate decisamente
poche, solo 5 casi di flavescenza,
73% di campioni positivi a legno
nero e 23% di piante sintomatiche
non positive ai due giallumi. Si
confermava anche la solerzia dei
viticoltori nella pratica dell’estirpazione delle piante infette, segnale importante per arrivare ad
una sostanziale convivenza con i
giallumi e con i loro vettori.
2004
Il 2004 è iniziato con i buoni risultati del monitoraggio sulla
presenza di Scaphoideus, la bassa consistenza della popolazione di questo insetto ha permesso
di sospendere i trattamenti in tutta la Vallagarina limitando l’intervento solo alle zone collinari di
Trento dove probabilmente l’insetto è giunto dalla Valsugana.
2005
Il 2005 è stato un anno di transizione, il monitoraggio primaverile sulla presenza di questo insetto ha dato dei risultati a macchia di
leopardo che sono stati interpretati
dai tecnici con dei consigli di intervento insetticida circoscritti ad aree
omogenee abbastanza limitate. I
rilievi sulle piante infette rimangono in linea con gli anni precedenti
con solo 9 vigneti con presenza di
flavescenza. Si mantegono sostanzialmente stabili i casi di legno nero e rimangono nella norma i casi
di piante sintomatiche non positive al test sui giallumi. Tra le novità di quest’anno un monitoraggio
più approfondito per verificare la
presenza di Hyalestes obsoletus, ritenuto il vettore del legno nero e
il primo caso di flavescenza nei vigneti della Valsugana.
2006
Nell’annata scorsa il monitoraggio primaverile dello Scaphoideus confermava i risultati del monitoraggio 2005 con una minima
espansione dell’insetto verso aree
mai conquistate prima. Conside-
rando la bassa presenza della popolazione di Scaphoideus non è
stato consigliato nessun insetticida
specifico. Durante l’estate e proseguendo fino ad autunno inoltrato è iniziato il monitoraggio delle
piante con giallumi che ha evidenziato un consistente aumento dei
casi positivi, ma limitati ad aree
viticole molto ben definite, circoscritte all’interno degli abitati di
Ala e di Avio. In realtà considerando il numero di vigneti e non
il numero di viti colpite la gravità
della situazione è poco lontana da
quella degli anni precedenti, perché in molti vigneti si sono prelevate più viti. È continuato anche
nel 2006 il monitoraggio della presenza di Hyalestes che ha evidenziato una bassa presenza di questo
insetto nel nostro ambiente.
Conclusioni
In questi anni si è imparato a
convivere con flavescenza dorata e con il suo vettore, il contenimento di questa patologia e la
prevenzione di possibili epidemie è basato sul lavoro di estirpazione delle piante sintomatiche da parte dei viticoltori e su
un eventuale intervento insetticida contro il vettore.
Diverso è il caso della sola presenza di legno nero che viene
controllato e monitorato ma contro cui non si praticano forme di
difesa attiva, tenuto conto che
con la capitozzatura si hanno risultati spesso contradditori.
Tecnica flash
Il quantitativo di susina di Dro conferito
quest’anno alla cooperativa ortofrutticola
Valli del Sarca GardaTrentino ammonta a
6 mila quintali a fronte dei 14 mila quintali
consegnati nel 2006.
Il forte calo è dovuto ad alternanza, ma
anche all’elevato numero di piante estirpate per fare posto a
vigneto. Molto ridotti
i quantitativi di susine appartenenti ad altre varietà: 560 quin-
Fondamentali risultano i monitoraggi che sono eseguiti in primavera a cui, se necessario, può seguire l’intervento insetticida che
viene limitato alle zone con presenza sensibile ma che deve essere effettuato con un prodotto
sicuramente efficace,
Altrettanto importante risulta la
cooperazione tra quanti si occupano di giallumi, Ufficio Fitosanitario, Istituto Agrario e viticoltori. In questi anni i viticoltori si
sono dimostrati molto responsabili nell’eseguire tempestivamente tutti gli interventi utili a mantenere nei limiti dell’accettabilità la
convivenza con queste patologie
della vite e le loro preziose segnalazioni delle piante sintomatiche hanno permesso un costante controllo dello sviluppo delle
patologie sul territorio, mentre le
analisi di laboratorio consentono
di completare i dati dei monitoraggi e di avere sempre aggiornata la situazione provinciale.
L’attuale modello di collaborazione ha dato fino ad ora buoni risultati e per il 2007 non si prevedono novità per quanto riguarda
lo schema di difesa dai giallumi
della vite. Rimane sempre fondamentale l’utilizzo dei monitoraggi come strumento per decidere la strategia di contenimento di
queste patologie e per il monitoraggio delle piante con giallumi
sul territorio si conferma l’importanza delle segnalazioni provenienti dai viticoltori.
tali di Lepotica e 150
di Katinka.
La siccità del mese di
luglio ha accentuato il
danno compiuto dalle larve di maggiolino
nella Piana Rotaliana a carico delle radici di giovani piante
di melo e di viti di recente messa a dimora. Si tratta di larve di
seconda età, cioè nate a seguito del volo
massiccio di maggiolini che si è verificato
in zona nella primavera del 2006.
Terra Trentina
L’analisi dei dati del monitoraggio sulle piante infette in questa stagione mantiene la tendenza emersa negli anni precedenti,
cioé una presenza sporadica di
flavescenza e una migliore capacità di diagnosi in campagna (solo il 9% di campioni non dava risultati positivi ai giallumi).
31
viticoltura/diserbo
Una infestante di difficile gestione
Bonifica di forti
infestazioni
di parietaria nel vigneto
Terra Trentina
(Parietaria officinalis L.)
32
Premessa
Il Protocollo viticolo trentino, che
disciplina tra l’altro la gestione
delle infestanti del cotico erboso attraverso la pratica di diserbo, ammetteva in passato il solo
utilizzo dei principi attivi gliphosate (Roundup e altri) e gluphosinate ammonio (Basta). L’uso ripetuto di questi principi attivi ha
determinato in diversi ambienti
vitati trentini la selezione di alcune infestanti di difficile gestione; tra queste sono da segnalare
la parietaria (Parietaria officinalis L.) e l’equiseto (Equisetum arvense).
La parietaria, chiamata anche “erba muraiola o vedriola” è un infestante perenne della famiglia
delle Urticaceae. Sebbene essa
prediliga ambienti ove sono presenti ruderi, muri a secco e siepi
può colonizzare in modo sistematico il vigneto. Il fusto della pianta si presenta rosso bruno cilindrico e peloso, le foglie
sono ovali, lanceolate, alterne,
picciolate e appiccicose. I minuscoli fiori sono verdi e si aprono all’ascella delle foglie riuniti
in dense infiorescenze di forma
sferica. Il polline da essi prodotto rappresenta una delle più importanti cause di allergie respiratorie. Nell’Italia settentrionale
il periodo di fioritura si protrae
da maggio e si esaurisce ad ottobre.
Figura 1: Situazione dell’infestazione di P. officinalis al momento dell’itervento
Si riportano i primi risultati sperimentali
di interventi autunnali basati su diverse
strategie chimiche
Delaiti Marco, Sandri Oliviero
Unità Centro di Saggio e diagnosi fitopatologica
Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Centro Sperimentale
La recente autorizzazione in ambito provinciale di protocollo di
autodisciplina, dell’utilizzo di oxifluorfen (Goal 480 SC) in miscela con gliphosate, allo scopo di
aumentarne l’assorbimento, non
sembra sortire un risultato soddisfacente nella gestione delle due
infestanti parietaria ed equiseto.
Nel presente lavoro vengono riportati i primi risultati sperimentali di alcune prove di diserbo nelle quali diverse strategie chimiche
sono state testate in trattamenti
autunnali in vigneti caratterizzati
da forti infestazioni di parietaria.
Tabella1. Elenco delle strategie sperimentate, inclusa una tesi non trattata.
Tesi
Nome commerciale
1
Testimone non trattato
Principio attivo – % p.a.
Dose – gr-cc /ettaro
2
Roundup
gliphosate 36%
2.000
3
Goal 480 SC + Roundup
oxifluorfen 48%
150 + 2.000
4
Weedazol TL + Roundup
aminotriazole 23%
6.000 + 2.000
5
Weedazol TL
aminotriazole 23%
8.000
6
ChiKara 25 WG + Roundup
flazasulfuron 25%
160 + 2.000
7
ChiKara 25 WG + Roundup
flazasulfuron 25%
100 + 2.000
8
ChiKara 25 WG + Roundup
flazasulfuron 25%
50 + 2.000
Materiali e metodi
La prova è stata eseguita in un
vigneto situato in Val Lagarina,
sul conoide sovrastante l’abitato
di Besenello. Il vigneto, allevato
a Pergola semplice trentina era
della varietà Moscato giallo.
Sono state valutate otto strategie sperimentali (tabella 1) all’interno di un disegno sperimentale randomizzato nel quale sono
state considerate 5 repliche per
ognuna di esse. Le tesi 2 e 3 a
base di Roundup e Roundup +
Gola 480 SC, fungevano da referenti. Ciascuna ripetizione prevedeva una fascia diserbata sulla fila di vite pari ad una larghezza di
60 cm ed una lunghezza di 10 m.
È stato eseguito un solo intervento per strategia in data 11 otto-
bre 2005, utilizzando una pompa
a spalle (Mod. Oss) e distribuendo un volume di soluzione pari a
360 litri/ettaro diserbato.
Caratteristiche
dei diserbanti testati
Flazasulfuron: molecola appartenente al gruppo delle solfoniluree, è l’unico rappresentante di questa classe
ad essere registrato su vite. È
commercializzato con il nome di ChiKara 25 WG ed è
dotato di attività sia fogliare che residuale (Rapparini, 2006). Le solfoniluree sono degli inibitori dell’enzima
acetolattato sintetasi (ASL),
coinvolto nella sintesi di diversi aminoacidi della pianta
•
(valina, leucina, isoleucina).
Esse hanno attiva anche a dosi molto basse, pochi grammi
per ettaro.
Il prodotto è stato da noi testato sempre in miscela con
gliphosate, ai dosaggi di 50,
100 e 160 gr/ettaro diserbato.
Aminotriazole: è il principio attivo di Weedazol TL,
prodotto non ancora autorizzato in Italia. Il prodotto viene assorbito per via fogliare
e manifesta attività sistemica raggiungendo le parti apicali della pianta; non manifesta attività residuale. In prova
è stato utilizzato sia da solo
alla dose di 8 litri/ettaro che
in miscela con gliphosate alla
dose di 6 litri/ettaro.
•
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
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03-nov-05
16-nov-05
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Ch
Terra Trentina
percentuale
Figura 2: Percentuale delle piante con sintomi da diserbo ai controlli del 3 e 6 novembre 2005
33
viticoltura/diserbo
percentuale
Figura 3: Percentuale di piante devitalizzate ai controlli del 3 e 6 novembre 2005
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
03-nov-05
16-nov-05
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Ch
Figura 4: Ripartizione della copertura al controllo del 1 giugno 2006
100%
percentuale
80%
% pulito
% altre
% convolvolo
60%
40%
95
% parietaria
20%
20
0%
23
12
13
0
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Terra Trentina
•Gliphosate diserbante siste-
34
mico e Goal 480 SC residuale
sono da tempo utilizzati nella
gestione delle infestanti nella
frutti-viticoltura trentina.
Risultati
L’indagine floristica compiuta a
livello della fascia di cotico erboso sulla fila al momento dell’intervento diserbante era per il
92% occupata da parietaria; essa
misurava in altezza mediamente 31 cm, con un minimo di 25
cm ed un max di 40 cm (Fig 1).
Nei primi due controlli successivi l’intervento diserbante, rispettivamente dopo 3 e 5 settimane
(3 e 16 novembre), si è rilevata la superficie coperta da piante di parietaria con sintomi di intossicazione da diserbo (Fig. 2).
Ad eccezione della strategia che
prevedeva l’utilizzato di Roundup (gliphosate) da solo, tutte le
altre tesi chimiche testate manifestavano già dopo tre settimane
dal trattamento sintomi su oltre
l’80% di copertura a parietaria.
Alle stesse date si è inoltre valutata la superficie a parietaria coperta da piante devitalizzate (Fig.
3). Questa risultava essere mag-
Figura 5: Ripartizione della copertura al controllo del 12 ottobre 2006
100%
percentuale
80%
% pulito
60%
% altre
% parietaria
98
40%
79
20%
0%
71
54
56
4
7
7
giore dell’80% nelle tre strategie a base di Chikara 25 WG e
Roundup, mentre nelle tesi trattate con Roundup, da solo o in
miscela a Goal 480 SC, solo il 3050% di copertura a parietaria era
costituita da piante devitalizzate. L’azione di controllo scendeva al 10-20% nelle strategie che
prevedevano l’utilizzato di Weedazol TL, sia da solo che in miscela con Roundup.
Con i rilievi della primavera successiva (1 giugno 2006) (Fig. 4),
la situazione risultava così rappresentata: il testimone si manteneva su valori di copertura a
parietaria elevati (>95%) e si riduceva tra il 10 e il 30 % nelle strategie Roundup da solo e
Roundup più Goal 480 SC. Per
gli interventi a base di Weedazol
TL e Weedazol TL più Roundup,
la copertura a parietaria variava
dal 5 al 20%. Và evidenziato che
in quest’ultime tesi le vecchie
ceppaie di parietaria risultavano
completamente devitalizzate e la
nuova infestazione presente era
rappresentata da giovani piantine nate da seme.
Sui filari trattati con Chikara 25
Figura 6: Immagine del testimone nel settembre 2006
WG e Roundup non si riscontrava la presenza di parietaria, indipendentemente dai dosaggi di
Chikara utilizzati (50, 100 e 160
gr/ettaro); il terreno appariva
quasi completamente pulito sal-
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viticoltura/diserbo
Figure 7 e 8: Immagini delle parcelle trattate rispettivamente con Roundup e Roundup più Goal 480 SC ad un anno dall’intervento
parietaria (Fig.6). Nelle parcelle
trattate con Roundup (Figura 7) e
dalla miscela Roundup più Goal
480 SC (Figura 8) rispettivamente il 70 e 80% della superficie era
occupata da parietaria, a cui si
aggiungeva un 10-20% di copertura costituita da altre specie.
In questa fase, anche nelle par-
celle trattate con Weedazol TL e
Weedazol TL più Roundup la copertura di infestanti era prevalente (Figure 9-10) di cui un 50
e 60% della superficie totale era
parietaria, consociata con altre
essenze infestanti per una ulteriore copertura del 20-30%.
Diversamente, ad un anno dal trat-
Terra Trentina
vo qualche minima presenza di
cotico costituito da convolvolo e
da veronica.
L’ultimo rilievo è stato effettuato
a più di un anno dal trattamento
(12 Ottobre 2006). In questa fase
nei filari non trattati la superficie
era completamente coperta da
cotico di cui il 98% costituito da
36
Figure 9 e 10: Immagini delle parcelle trattate rispettivamente con Weedazol TL e Wedazol TL più Roundup ad un anno dall’intervento
tamento gran parte della superficie trattata con Chikara 25 WG e
Roundup risulta essere pulita; del
30-40% di copertura a cotico la
presenza di parietaria era minima
(0-10%). Ancora una volta non si
evidenziavano significative differenze fra i tre dosaggi di Chikara
25 WG utilizzati (Fig.11-12).
Conclusioni
Come già evidenziato nella pratica l’utilizzo del diserbante gliphosate (Roundup) anche se miscelato con oxifluorfen (Goal
480 SC) non riesce a contenere efficacemente coperture infestanti nelle quali la componente
a parietaria risulta essere notevole. Si evidenzia quindi la necessità di controllare questa infestante, spesso presente anche nei
vigneti trentini, attraverso l’utilizzo di nuovi diserbanti.
Da quanto si evidenzia dalla presente nota tecnica i principi attivi
diserbanti a base di aminotriazole (Weedazol TL) e di flazasulfuron (ChiKara 25 WG) risultano rispondere efficacemente a questa
problematica.
In particolare Weedazol TL garantisce una buona attività di
contenimento di vecchie ceppaie
a parietaria; tuttavia non essendo
caratterizzato da attività residuale, in presenza di forti infestazioni non agisce sulla nuova popolazione generata da seme.
Il formulato Chikara 25 WG, dotato sia di attività fogliare che residuale, si è dimostrato in grado di estirpare sia la parietaria
che le altre infestanti presenti e
di mantenere pulito il sottofilare
per parecchi mesi dopo il trattamento.
Da prove tuttora in corso appare
che anche a Chikara 25 WG sfuggono alcune infestanti, tra cui Artemisia vulgaris, Convolvulus arvensis, Veronica spp, Equisetum
spp e Solanum nigrum. Alcune
di queste specie risultano essere comunque di possibile contenimento attraverso l’uso di composti a base di gliphosate.
Altre esperienze da noi realizzate e di cui non si è commentato, che prevedevano l’utilizzo di
Chikara 25 WG (flazasulfuron) in
trattamenti primaverili, non han-
no garantito gli ottimi risultati di
bonifica da parietaria ottenuti invece con interventi autunnali;
trattandosi di un prodotto con attività residuale, per garantire una
buona efficacia risulta importante l’utilizzo di adeguati volumi di
acqua (350-450 l/ha diserbato).
Chikara 25 WG ha garantito una
buona attività anche a dosi ridotte, pari a 50 g/ha-diserbato; quest’ultima caratteristica potrebbe
nel tempo favorire l’insorgere di
fenomeni di resistenza e problemi di fitotossicità, gia constatati
su altre colture. Si consiglia perciò di utilizzare questa solfolinurea con molta cautela e solo per
la bonifica di forti infestazioni di
parietaria (es. ogni 3-4 anni) e di
preferire sempre la miscela con
un partner (es. gliphosate). Infine si ricorda che Chikara 25 WG
non è registrato sul melo, su vite
è autorizzato dal 2001.
BIBBLIOGRAFIA
Rapparini G. – Diserbo chimico dei
fruttiferi e della vite. L’Informatore agrario n° 44 2006 (70-77)
Terra Trentina
Figure 11 e 12: Immagini delle parcelle trattate rispettivamente con 160 e 50 g/ha di Chikara 25 WG ad un anno dall’intervento
37
notizie
A cura di “Europe Direct – Carrefour Eu­
ro­peo Alpi”
(Istituto Agrario di San Michele all’Adige)
di Silvia Ceschini
e Giancarlo Orsingher
POSITIVA EVOLUZIONE DEL MERCATO CEREALICOLO
La Commissione ha pubblicato le previsioni relative ai mercati agricoli per il 2007/13, che mostrano la positiva evoluzione dei cereali e relativamente positiva dei prodotti di origine animale,
in particolare latte e prodotti lattieri, pollame e
carne suina.
La produzione di carne bovina deve continuare a ridursi per le conseguenze della riforma nel
2003 della PAC e la Commissione prevede aumenti del 21% tra 2006 e 2014 per il reddito agricolo medio UE a 27 in termini reali e
per unità di lavoro, con forti disparità per paese: + 9,9% in madia nei 15 vecchi membri UE,
+ 24,9% nei 10 paesi UE che hanno aderito in
maggio 2004, e +71,8% nei due ultimi membri, Romania e Bulgaria.
Per quanto riguarda i cereali, le previsioni a medio termine sono positive e segnalano l'aumento
del consumo interno e dell'export. L'uso di cereali all'interno dell'UE dovrebbe aumentare con la
crescente domanda di bioetanolo e biomassa.
Terra Trentina
CAMBIAMENTO CLIMATICO E AGRICOLTURA, I “SOSTEGNI” EUROPEI
38
Recentemente la politica agricola della Commissione europea affronta la questione degli adattamenti dell'agricoltura ai cambiamenti climatici
in maniera diretta. Prevede, ad esempio, misure
di supporto economico ai coltivatori per reagire
in modo tempestivo contro gli improvvisi mutamenti esterni. Inoltre, ha approvato un pacchetto
di riforme che incentivano l'utilizzo di combustibili biologici in agricoltura per ridurre l'emissione dei gas tossici a salvaguardia sia delle colture che dell'ambiente. La percentuale di gas serra
prodotti dall'agricoltura nel territorio della Comunità europea era del 9% nel 2004, e grazie alle
recenti misure, si ipotizza una diminuzione di un
quinto di questa quota entro il 2010. La Commissione propone anche campagne di sensibilizzazione per la promozione di misure comunitarie preventive e a tutela dell'ambiente.
FORTE AUMENTO DEL CONSUMO DI BIOCARBURANTI
EurObserv'ER, consorzio comprendente cinque
organizzazioni europee il cui obiettivo è promuovere le energie rinnovabili nell'Unione Europea, ha pubblicato il suo ultimo Eurobarometro,
secondo il quale le colture energetiche dedicate alla produzione di biocarburanti “ridisegnano ogni anno il paesaggio agricolo dei paesi
dell'UE”.
Stando alle prime stime per il 2006, il consumo
di biocarburanti ha raggiunto i 5,38 Mtep (milioni di tonnellate equivalente petrolio) nell'Unione Europea, il che corrisponde ad una quota
dell'1,8% del consumo totale di carburanti destinati ai trasporti (rispetto all'1% nel 2005).
Il biogasolio ha rappresentato, nel 2006, il
71,6% del contenuto energetico dei biocarburanti dedicati ai trasporti; precedendo di gran
lunga il bioetanolo (16,3%) e gli altri biocarburanti (12,1%). La Germania rappresenta, sempre secondo i dati 2006, il maggiore consumatore europeo di biocarburanti, con un consumo
stimato in 2,8 milioni di tonnellate di biogasolio (equivalenti a 2.408.000 tep), di 0,71 milioni di tonnellate di olio vegetale (628.492
tep) e di 0,48 milioni di tonnellate di bioetanolo (307.200 tep). Questo consumo corrisponde
ad un tasso di incorporazione in contenuto energetico superiore al 6%.
SUPERFICI A COLZA SODDISFANO LA DOMANDA DI BIODIESEL
In base alle stime Eurostat le superfici agricole a
colza aumentano del 13,6% rispetto al 2006,
CINA, PROTEZIONE RECIPROCA DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE AGRICOLE
L'Unifab, associazione francese di lotta contro
la contraffazione, si rallegra del segnale politico
forte lanciato nel settore della lotta alla contraffazione dai dirigenti europei, e raggiunge con le
autorità cinesi un accordo sulla protezione delle
indicazioni geografiche. La Cina e l'Unione europea hanno firmato, a Pechino, un accordo volto a riconoscere lo statuto d'indicazione geografica a venti prodotti europei e cinesi. È la prima
volta che i due continenti si impegnano a garantire la protezione reciproca di prodotti emblematici di un territorio.
I dieci prodotti europei che saranno registrati e
protetti in Cina sono i seguenti: West Country
farm cheddar (formaggio), White stilton cheese/blue stilton cheese (formaggio) Scottish farmed salmon (salmone d'allevamento), Prosciutto
di Parma (prosciutto), Grana Padano (formaggio), Pruneau d'Agen/Pruneaux d'Agen mi-cuits (prugne), Roquefort (formaggio), Comté, Sierra Mágina (olio d'oliva) e Priego de Córdoba
(olio d'oliva).
Tra le dieci indicazioni geografiche cinesi figurano tè, aglio, asparagi, aceto, gamberi e vermicelli. In pratica, le richieste di protezione da
parte dell'UE e della Cina si faranno in base a
principi di uguaglianza, reciprocità e trattamento nazionale.
AMBIENTE: MUTAMENTO DEL CLIMA, CARENZE IDRICHE, BIODIVERSITÀ
Preparare i negoziati internazionali in materia di
ambiente per un accordo sul dopo-Kyoto, lanciare il dibattito sulla prevenzione della difficoltà
idrica, far partecipare le imprese alla lotta con-
tro la perdita di biodiversità: sono le tre priorità
della presidenza in campo ambientale.
Per quanto riguarda i mutamenti climatici la presidenza portoghese ritiene che impegni maggiori da parte dei paesi sviluppati debbano unirsi
ad azioni dei paesi emergenti. Occorre mettere in campo tecnologie, finanziamenti e sviluppo di capacità.
La conferenza internazionale, in programma il
12 e 13 novembre, a Lisbona, si propone di
sensibilizzare le imprese sull’importanza della
salvaguardia della biodiversità.
SEMPLIFICAZIONI OCM, RISPARMI A VANTAGGIO DEI PRODUTTORI
Rendere ai produttori di latte e di prodotti lattieri
i risparmi ottenuti grazie alle modifiche proposte
riguardanti le regole dell'organizzazione comune di mercato (OCM), maggiorare in futuro l'importo dell'aiuto alla distribuzione di latte nelle
scuole e non abolire gli aiuti allo stoccaggio privato di crema e di latte scremato in polvere. Si
tratta degli elementi principali delle relazioni di
Elisabeth Jeggle (PPE-DE, tedesca) sulla semplificazione dell'OCM del latte e dei prodotti lattieri,
che sono stati adottati, a Bruxelles, dai membri
della commissione dell'agricoltura del Parlamento europeo. Nel febbraio scorso la Commissione europea ha adottato una proposta mirante a
semplificare diverse disposizioni dell'OCM del
latte e dei prodotti lattieri. Secondo la commissione dell'agricoltura del PE, i risparmi di bilancio risultanti dalle modifiche proposte di questa
OCM, ossia 117,3 milioni di euro dal 2008 al
2013, dovrebbero andare a vantaggio del settore dei produttori di latte.
LO STATO DI SALUTE DELLA PAC
La Commissione europea prevede di adottare,
il 20 novembre prossimo, una comunicazione
intesa ad avviare una riflessione sul “bilancio
di salute” della politica agraria comune (PAC).
Il commissario all'agricoltura, Mariann Fischer
Boel, esprimerà quindi le sue idee in materia,
la maggior parte delle quali sono già note: separazione più accentuata degli aiuti diretti dalla produzione e semplificazione delle regole di
versamento di questi pagamenti, aumento della percentuale di modulazione obbligatoria degli aiuti per rafforzare la politica di sviluppo rurale, misure transitorie prima dell'abolizione, nel
2015, delle quote di produzione di latte, o lo
sviluppo degli strumenti che dovrebbero permettere agli agricoltori di gestire le crisi.
Dopo un periodo di consultazione con gli Stati membri e le parti interessate, la Commissione ha intenzione di adottare, nella primavera
del 2008, alcune proposte concrete sulle modifiche da introdurre nella PAC, che non dovrebbero rimettere in discussione l'accordo raggiunto al Consiglio europeo di Bruxelles, nell'ottobre
2002, sulla limitazione delle spese agricole di
mercato tra il 2007 e il 2013.
Terra Trentina
del 31,5% rispetto alla media degli ultimi cinque anni, rispondendo alla domanda di bioenergia, in particolare di biodiesel. In particolare, le superfici a cereali aumentano dell'1,5%
mentre quelle a barbabietola da zucchero sono
in calo del 2,9%.
La colza è la quarta coltura UE dopo grano,
mais, e orzo. I maggiori produttori sono Francia
(1,5 milioni di ettari), Germania (1,5 milioni di
ettari) e Polonia (674 mila ettari). La produzione
UE è di 17,6 milioni di tonnellate, in aumento
dell'11,3% rispetto al 2006 e del 27,3% rispetto alla media 2002/06. Il rendimento medio
UE si riduce del 2,1% e l'aumento è attribuibile
allo sviluppo delle superfici di colza nell'UE.
Le superfici cerealicole aumentano dell’1,5% rispetto al 2006 tenuto conto dell'alto livello di
prezzi sul mercato. La produzione cerealicola
UE per il 2007 è di 281 milioni di tonnellate, in
aumento del 5,2% rispetto al 2006. Per il 2007
il rendimento medio dei cereali sarebbe di 48,6
quintali-ettari contro 46,8 nel 2006. Per quanto
riguarda la barbabietola da zucchero la riforma
del settore nel 2005 ha avuto effetto: le superfici coltivate potrebbero ridursi del 2,9% nell'UE rispetto al 2006. Ma la Francia, maggior produttore, potrebbe aumentare del 3% la produzione
arrivando a 392 mila ettari.
39
Terra Trentina
notizie
notizie DALL’ISTITUTO
AGRARIO
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La ricerca Iasma “fotografata”
dal cvr
“Con la legge di riforma della ricerca abbiamo introdotto il sistema della valutazione da cui
dipenderanno le nostre scelte,
soprattutto nell’orientare bandi e finanziamenti: uno strumento, quindi, che permetterà alla
Giunta provinciale di capire quali sono le attività da incentivare
o meno. Di qui l’importanza di
conoscere da vicino le istituzioni
che andiamo a valutare, creando
un rapporto diretto e soprattutto
senza schemi concettuali teorici”.
Parole dell’assessore provinciale alla programmazione, ricerca e
innovazione, Gianluca Salvatori,
intervenuto recentemente, a San
Michele, all’incontro tra il Comitato di valutazione della ricerca,
guidato dal dirigente generale del
Servizio programmazione, ricerca
e innovazione della Provincia autonoma di Trento, Diego Loner,
ed i vertici dell’Istituto Agrario.
All’organo di consulenza della
Giunta provinciale, istituito con
la legge di riordino della ricerca
(L.p. 2 agosto 2005, n.14), che ha
il compito di valutare l’efficacia
degli interventi provinciali a sostegno del sistema della ricerca
e dell’innovazione, anche relativamente al raggiungimento degli obiettivi fissati nel programma pluriennale della ricerca, il
direttore generale Alessandro
Dini, e il responsabile del Centro Sperimentale, Roberto Viola, hanno illustrato le principali tappe dell’Istituto Agrario fino
alla costituenda fondazione “Edmund Mach”, con particolare riferimento alle attività e ai progetti del settore ricerca.
Il dirigente Roberto Viola ha
spiegato che il Centro Sperimentale gestisce le attività di ricerca e
sperimentazione scientifica, i laboratori di analisi e le attività di
consulenza specialistica e di servizio. Si tratta di cinque dipartimenti con un personale che ammonta complessivamente a circa
240 unità tra dipendenti e collaboratori. Il responsabile della ricerca ha illustrato, inoltre, i
principali eventi che hanno riguardato il Centro nel corso del
2006: dai risultati della valutazione del CIVR per le attività condotte dal 2001 al 2003 al completamento del sequenziamento del
genoma della vite, dall’attivazione del sequenziamento del genoma del melo al recente annuncio su Nature per la selezione di
un team di ricercatori di fama internazionale, a cui hanno risposto in circa trecento.
“Gran parte dei finanziamenti dei
nostri progetti -spiega il responsabile del Centro Sperimentale,
Roberto Viola- arriva dalla Pro-
Silvia Ceschini
Ufficio Stampa – IASMA
vincia autonoma, ma altre fonti
sono rappresentate dall’Unione
europea e dal Mipaf. Abbiamo
messo a punto diverse collaborazioni internazionali in Europa, Stati Uniti, Israele e Cina e il
corpo ricercatore comprende diverse unità che provengono dall’estero, principalmente Europa,
Stati Uniti, Cina, India ed Africa.
Negli ultimi quattro anni il numero delle pubblicazioni è aumentato notevolmente, soprattutto sulle riviste certificate, ed
abbiamo conseguito l’estensione
in Europa di due brevetti per invenzione industriale”.
Frutticoltura, come mantenere
la qualità con meno chimica
È la principale problematica che
i frutticoltori si trovano ad affrontare in questo momento. Con la
stagione 2008 verrà definitivamente ritirato dal mercato eu-
La riunione con il Cvr e l’assessore Salvatori nella sala Specchi dell’Istituto Agrario
Porte Aperte a Maso Part
ri sono stati divisi in gruppi a seconda dei loro interessi e sono
intervenuti come relatori Alberto Dorigoni (responsabile unità
Frutticoltura Iasma), Paolo Lezzer, Pierluigi Magnago e Luisa
Mattedi.
L’azienda sperimentale di Maso delle Part si occupa da più di
35 anni di ricerca sul melo e da
circa cinque anni ha ripreso anche lo studio sul pero. Il maso è
suddiviso in tante parcelle dove
si confrontano diverse varietà, i
cloni, le forme di allevamento, i
portinnesti di melo e pero.
Viticoltura biologica, prodotti alternativi contro il “mal
bianco”
Alla viticoltura biologica è stato
dedicato, il 3 agosto scorso, un
incontro di presentazione delle
attività condotte nel 2007 in provincia di Trento. L’appuntamento, che si è concluso con una visita al vigneto interessato dalle
prove dell’Istituto Agrario, fa seguito ad un’iniziativa analoga dedicata alla frutticoltura biologica
che si è svolta presso il Centro
sperimentale di Laimburg. Si è
parlato di prodotti alternativi allo zolfo per il controllo dell’oidio, fungo che in annate calde
come queste ultime può rappre-
sentare una seria minaccia per le
foglie ed i grappoli della vite, e
del controllo delle erbe che infestano il filare (malerbe) attraverso lavorazioni meccaniche. Queste attrezzature evitano il ricorso
ad erbicidi, vietati in agricoltura biologica. A questo proposito
sono stati presentati i risultati di
una prova di confronto tra diverse macchine. L’incontro è stato
coordinato da Enzo Mescalchin,
direttore dell’Ufficio Viticoltura
del Centro per l’assistenza Tecnica dell’Istituto Agrario.
Markus Kelderer del Centro per
la Sperimentazione Agraria e Forestale di Laimburg ha affrontato
il tema dei fungicidi usati in viticoltura biologica, presentando i
risultati di prove con prodotti a
base di bicarbonato di potassio.
Luisa Mattedi del Centro sperimentale Iasma ha presentato i risultati delle prove di campo con
prodotti alternativi allo zolfo per
il controllo dell’oidio, mentre il
ricercatore Dario Angeli ha parlato delle prove realizzate nelle
serre dell’Istituto Agrario.
Marzemino, ottime uve non
solo con la pergola
I ricercatori dell’Unità Viticoltura
dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige hanno dimostrato che
la pergola semplice non è l’unica forma di allevamento ottimale per il Marzemino. Buoni risultati produttivi e qualitativi, infatti,
si possono ottenere anche dai sistemi a filare, che si prestano ad
una gestione più meccanizzata,
in particolare dal cordone speronato e dal guyot. Lo rivelano le
prove sperimentali condotte dal
2004 al 2006, presso la collina di
Isera e la zona dei Ziresi (Volano), in collaborazione con l’Ufficio Viticoltura del Centro per
l’Assistenza Tecnica.
I risultati delle esperienze di allevamento sono stati presentati da
Massimo Bertamini, coordinato-
Terra Trentina
ropeo il Carbaryl. Si tratta di un
principio attivo chiave per la regolazione chimica della carica
produttiva dei meleti, operazione
colturale che consiste nell’eliminare una parte dei frutti per migliorarne la produzione (termine
tecnico diradamento).
Le strategie alternative in grado di
fornire risultati analoghi a quelli ormai consolidati da decenni
di pratica, sono state presentate il 31 luglio, a Mezzolombardo, nell’ambito della giornata di
“Porte aperte a Maso delle Part”,
tradizionale incontro di presentazione dell’attività sperimentale condotta nel settore frutticolo
dall’Istituto Agrario, che ha visto
la presenza di oltre trecento agricoltori.
I ricercatori di San Michele hanno mostrato agli agricoltori alcuni
principi attivi più ecologici e anche un sistema meccanico messo
a punto in Germania, che consiste in un’attrezzatura, una sorte
di pettine meccanico, in grado di
asportare una notevole percentuale di fiori di melo.
I temi della mattinata hanno riguardato, oltre alle tematiche
connesse alla regolazione della carica dei frutti, anche l’architettura degli impianti, la scelta
dei cloni e la difesa. I frutticolto-
41
notizie
Terra Trentina
Porte aperte a Navicello
42
re del Dipartimento Valorizzazione risorse produttive del Centro
Sperimentale, nell’ambito della
giornata “Porte Aperte a Navicello”, incontro svoltosi il 9 agosto
scorso, che ha fatto il punto delle prove sperimentali di interesse
viticolo in corso in Vallagarina.
I ricercatori Daniele Prodorutti e Silvia Dagostin hanno parlato del progetto “Coptimizer”, attivato dal Centro SafeCrop e dal
Dipartimento Protezione delle
Piante dell’Istituto Agrario in collaborazione con il “Department
of Management Information Systems (MIS)-University of Haifa”
(Israele), che si propone di mettere a disposizione di tecnici e
agricoltori uno strumento per ottimizzare, monitorare e valutare
la quantità di rame distribuita annualmente nel vigneto e mantenere tale quantità nei limiti previsti dalla legislazione. Oliviero
Sandri (Dipartimento protezione
piante) ha parlato di muffa grigia della vite, una malattia causata da un fungo che, in annate particolarmente favorevoli allo
sviluppo del patogeno, può provocare danni rilevanti su varietà
sensibili. Umberto Malossini (Dipartimento Valorizzazione risorse
produttive) ha affrontato il tema
della selezione clonale in viticoltura e del programma attivo da
quarant’anni all’Istituto Agrario.
Marco Delaiti (Dipartimento protezione delle piante) si è occupato delle diverse strategie di diserbo chimico contro le infestazioni
di Parietaria officinalis e dei trattamenti contro la peronospora.
L’incontro, aperto dal presidente dell’Istituto Agrario, Giovanni Gius, e coordinato da Claudio
Ioriatti, responsabile del Dipartimento protezione delle piante,
si è concluso con un intervento di Enzo Mescalchin, direttore
dell’Ufficio Viticoltura del Centro per l’Assistenza tecnica e con
una visita ai campi sperimentali e
alle macchine per i trattamenti.
Studenti “ricercatori”, stage estivo per imparare in laboratorio
Quest’anno è stata inaugurata una nuova forma di tirocinio
estivo per gli studenti dell’Istituto Agrario, che si è svolta presso
alcune unità operative del Centro
Sperimentale. Il percorso formativo ha consentito agli studenti di
fare esperienza diretta sul campo
ed “imparare” come si lavora in
laboratorio e ai ricercatori di poter contare su un utile supporto
alle attività di ricerca e sperimentazione. Gli alunni seguivano gli
stessi orari dei ricercatori e svolgevano molteplici attività: allevamento degli insetti utilizzati per
le prove di laboratorio; controllo
in campo e raccolta piccoli frutti per analisi qualitative; analisi
chimiche del suolo, fogliari e su
frutti; prove in campo per la verifica degli effetti diretti e collaterali di nuove sostanze nei confronti di insetti utili e dannosi.
L’esperienza, promossa dal Centro Scolastico, è stata supportata
dagli insegnanti Barbara Battistello e Ivan Endrici e rappresenta,
secondo il presidente Giovanni Gius, “un momento concreto di interazione tra due centri
operanti sotto lo stesso tetto”. La
convivenza tra ricerca e formazione, d’altronde, è ciò che differenzia l’Istituto Agrario di San
Michele all’Adige da tutte le altre scuole agrarie e centri di ricerca italiani.
Gli stages si rivolgono a studenti delle quarte classi dell’Istituto Tecnico Agrario e dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura
e l’Ambiente ed il periodo individuato per lo svolgimento degli
stessi è compreso fra la fine delle lezioni e l’inizio del nuovo anno scolastico, con una durata minima di due settimane lavorative,
seguendo orari e organizzazione delle stesse unità operative. A
conclusione dell’esperienza i ragazzi predisporranno un elaborato che potrà essere presentato
in alcuni momenti scolastici collegiali al fine di rendere partecipi anche altri alunni e i docenti
interessati dei risultati dell’iniziativa oltre a consentire la maturazione di crediti formativi.
Viticoltura ed enologia, premio
“Karl Bayer” e nuovi dottori
Una delegazione dell’Istituto
Agrario di San Michele all’Adige ha partecipato in Germania,
presso la Fachhochschule di Geisenheim, alla cerimonia di consegna del premio “Karl Bayer”, istituito per la migliore tesi di laurea
in Viticoltura ed Enologia realiz-
ria Stella Grando; Claudio Frapporti, elaborato scritto dal titolo
“Estrazione delle sostanze polifenoliche dalle bucce mediante
l’impiego delle micro-onde”; relatori Prof. Roberto Zironi, Prof.
Francesco Spagnolli; Paolo Pantalone, elaborato scritto dal titolo
“Valutazione dell’impatto dei trattamenti termici sulla qualità dei
pigiati e dei mosti”; relatore Dott.
Franco Battistutta. Claudio Sandri (di Faedo), elaborato scritto
dal titolo “Caratterizzazione dell’attività insetticida di Rynaxypyr
su Lobesia botrana Den. e Schiff.
(Lepidoptera Tortricidae), studi
di laboratorio e semicampo”; relatori Prof. Pietro Zandigiacomo,
Dott. Claudio Ioriatti; Francesco
Tarlao, elaborato scritto dal titolo “Influenza delle mannoproteine sulla qualità del vino”; relatore Prof. Giuseppe Comi.
Premio Luigi Veronelli, due
nominations per Iasma
Tra le 48 nominations del Premio
Luigi Veronelli, destinato agli
operatori, comunicatori e tecnici, italiani ed esteri, ritenuti particolarmente meritevoli nel settore
dell’enogastronomia, ed assegnato nei giorni scorsi al Teatro Angelicum di Milano, rientrano la
distilleria dell’Istituto San Michele
all’Adige nella categoria “miglior
grappaiolo/distillatore”, accanto a Vittorio Capovilla e Fratelli Marolo ed Enrico Paternoster,
enologo responsabile della cantina dell’Istituto Agrario nella categoria “migliore winemaker emergente” accanto a Paolo Peira e
Barbara Tamburini.
Si tratta della seconda edizione
dell’iniziativa istituita da Class
Editori e Veronelli Editore che si
propone di onorare la memoria
del più grande scrittore e critico
italiano di enogastronomia scomparso nel 2004.
Nel corso della cerimonia sono
stati premiati il miglior giorna-
lista (Enzo Vizzari, Andrea Grignaffini, Rafael Garcia Santos) e
il migliore scrittore di enogastronomia (Corrado Barberis, Roberto Cipresso, Carla Capalbo), il migliore patron (Gianluigi Morini),
il miglior maître (Umberto Giraudo), il miglior vignaiolo (Romano Dogliotti e Pasquale Forte),
il miglior grappaiolo/distillatore
(Vittorio Capovilla), oltre al miglior oliandolo (Domenico Ruffino) e al miglior winemaker (Severino garofano “alla carriera” e
Barbara Tamburini “emergente”).
Ma anche l'oggetto da tavolo più
innovativo (Macinapepe elettrico Peugeot), il migliore sito di
enogastronomia (lavinium.com),
la migliore trasmissione radiotelevisiva a tema gastronomico
(A tavola/Radio Rai Uno e Enogà, Sapori & Profumi alla radio),
la sagra o festa gastronomica più
curiosa (Cheese) ed, infine, il Comune che più di altri si è adoperato nella salvaguardia dei propri
prodotti agricoli (Vigolzone).
L’enologo della cantina, Enrico Paternoster, ed il mastro distillatore Bruno
Pilzer
Terra Trentina
zata da uno studente partecipante al programma di doppio titolo
italiano-tedesco.
I vincitori della prima edizione
sono due studenti altoatesini: Florian Sinn con la tesi dal titolo “Diffusione dei giallumi della vite in
Trentino e monitoraggio della cicalina Hyalesthes obsoletus” (relatori Massimo Bertamini e Ruggero
Osler, correlatore Enzo Mescalchin) e Lukas Rainer con un elaborato intitolato “La spuntatura
dei grappoli in periodi diversi come strumento per l’aumento della
qualità e il diradamento nonché i
suoi effetti sulla maturazione, sulla composizione del mosto e del
vino e sulle caratteristiche organolettiche del vino” (relatore Enrico Peterlunger e correlatore Hans
Reiner Schultz).
Il premio “Karl Bayer” è stato istituito in onore dell’ex decano della Fachhochschule di
Geisenheim, considerato l’anima della fruttuosa collaborazione transnazionale che coinvolge
l’Istituto Agrario di San Michele
all’Adige, le Università degli Studi di Trento e Udine.
Nei giorni scorsi, a Udine, si sono laureati in Viticoltura ed Enologia sette studenti (elencati qui
sotto). Tra questi tre trentini, due
di Mezzolombardo e uno di Faedo. Luca Matteo Ciborio, elaborato scritto dal titolo “Caratterizzazione di vini ottenuti da varietà
resistenti”; relatore Dott. Franco
Battistutta; correlatore Dott. Piergiorgio Comuzzo. Giorgio Bernardo De Cles (di Mezzolombardo), elaborato scritto dal titolo “La
selezione conservativa della vite:
il caso del Teroldego”; relatore
Prof. Ruggero Osler; correlatore
Dott. Marco Stefanini. Francesca Devigili (di Mezzolombardo),
elaborato scritto dal titolo “Analisi molecolare al Locus VvMYBA1 in varietà di vite con diverso
colore della bacca”; relatori Prof.
Enrico Peterlunger, Dott.ssa Ma-
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cibo e salute
IL GRASSO È SERVITO!
Carmelo Bruno
Terra Trentina
già docente di chimica
all’ITI Buonarroti di Trento
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Perché i grassi?
Quanti di coloro che sono soliti mangiare merendine, biscotti,
crackers, brioches… sanno quello che stanno mangiando ovvero hanno letto le etichette? Quando si prova a chiederlo, si vedono
facce imbarazzate, tipiche di chi
si è visto scoperto uno scheletro
nell’armadio, perché in fondo tutti
sono d’accordo che la lettura delle
etichette è un’operazione doverosa. Alzi la mano chi, almeno una
volta, guardando un’etichetta non
ha trovato la scritta “grassi vegetali” o “grassi vegetali idrogenati”!
Quanti sanno che dietro tali nomi si nascondono nient’altro che
le margarine?
E quanti sono al corrente che
queste sostanze danno un contributo non irrilevante ad una delle
più gravi malattie delle società industrializzate, l’aterosclerosi, cioé
alle malattie cardiovascolari?
Tutti coloro che soffrono di artrite
e infiammazioni varie, hanno mai
pensato che potrebbe esserci un
collegamento tra la loro alimentazione, magari troppo ricca di grassi animali, e i fastidiosi dolori?
D’altro canto chi ha problemi di
sovrappeso, reali o immaginari
(perché creati dal modello dominante) e magari cerca di eliminare
del tutto i grassi, ha idea di quali sono le carenze a cui va incontro? La signora che utilizza troppo
le fritture e per friggere utilizza
l’olio di semi, ha mai immaginato
che, a lungo andare, tale tipo di
cucina potrebbe creare seri problemi alla salute delle arterie?
A questo proposito è naturale tirare in ballo il colesterolo, diventato
Tutto quello che avreste voluto sapere
sul ruolo del burro, della margarina, dei grassi
animali e degli oli vegetali su colesterolo,
trigliceridi, aterosclerosi e infarto.
ma non avete mai osato chiedere !
l’imputato principale delle malattie cardiovascolari e definito “killer delle coronarie”, con una drammatizzazione semplicistica e anche
abusiva, che non tiene conto di tutti gli altri numerosi fattori di rischio
(quantità eccessiva di calorie, fumo di sigaretta, ipertensione…).
Il risultato di questa campagna a
senso unico contro il colesterolo è
stato un aumento vertiginoso della
vendita delle famose STATINE “abbassacolesterolo”.
I grassi: che cosa sono?
I grassi, in una società fondata sul
modello “light” e “slim”, non sono
molto popolari, soprattutto tra le ragazze e le signore! In effetti, i grassi sono nutrienti molto energetici: 1
grammo di grassi ci dà più del doppio delle calorie (9 cal) rispetto a
quelle fornite da 1 grammo di proteine e di carboidrati(4 cal).
Ma che cosa sono questi grassi
tanto denigrati? Da un punto di
vista chimico, i grassi sono TRIGLICERIDI DEGLI ACIDI GRASSI. In pratica la glicerina reagisce
con tre molecole di acidi grassi
e dà luogo ai trigliceridi, che sono i nostri grassi di riserva e che
troviamo anche nel sangue, dove
possono creare problemi di aterosclerosi, se sono in eccesso.
Quali sono gli acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi e dove sono contenuti?
Gli acidi grassi saturi sono:acido
laurico, miristico, palmitico, stea-
rico e sono contenuti nei grassi
animali e nei grassi vegetali derivati da cocco, palma e palmisti. Tutti, tranne l’acido stearico,
godono di pessima fama, perché un consumo eccessivo è direttamente correlato con l’aterosclerosi e quindi con le malattie
cardiache. L’acido monoinsaturo
per definizione è l’acido oleico,
contenuto in percentuale elevata
nell’olio di oliva.
Esso fa parte della dieta mediterranea e gode, tra i nutrizionisti,
di ottima fama come preventivo
del colesterolo e dell’aterosclerosi. Tra gli acidi polinsauri c’è l’acido linoleico, contenuto in alta
percentuale in tutti gli oli di semi.
È bene non abusarne perché, se
è vero che abbassa il colesterolo
totale, è anche vero che abbassa
sia il colesterolo “cattivo”(azione
meritoria!) sia il colesterolo “buono” (non se ne sente l’esigenza!).
La sua sigla è omega-6.
In questi ultimi anni le ricerche
scientifiche hanno messo in evidenza le proprietà salutari di un
altro acido grasso polinsaturo,
l’acido linolenico, contenuto soprattutto nei pesci e nell’olio di
semi di lino. Esso è un ottimo
preventivo delle malattie cardiache. La sua sigla è omega-3.
I prodotti a base di omega-3 arrivano spesso agli onori della cronaca nelle pagine dei giornali
dedicate all'alimentazione e sono
largamente presenti sugli scaffali
di farmacie ed erboristerie.
orto&dintorni
L’azzeruolo
un alberello rustico dai frutti gustosissimi
Coloro che desiderano coltivare nel proprio orto o nel frutteto
di famiglia una pianta abbastanza insolita, molto rustica e poco
esigente per quel che riguarda il
tipo di terreno, non hanno che
da scegliere fra le varietà di azzeruolo presenti oggi a livello vivaistico un po' in tutta Italia.
Questo alberello, per molti ancora sconosciuto e per alcuni quasi
dimenticato, è attualmente in fase di riscoperta e di rivalutazione, grazie ai suoi deliziosi frutti
ed anche al fatto che non necessita di alcun trattamento antiparassitario.
Si consiglia quindi di coltivarne qualche esemplare nell'orto
di famiglia o, laddove possibile,
nel frutteto a conduzione diretta
o part-time.
Un po' di storia
Presente oggi in tutta Europa,
molto diffuso in Cina, nell'Africa Settentrionale, in Messico, Canada e Stati Uniti (California e
Arizona), l'azzeruolo ha origini
antichissime: nasce molto probabilmente nell'Asia orientale,
da dove poi giunge nel Mediter-
raneo diffondendosi fra Creta e
il Turkestan. Per trovarlo in Italia dobbiamo aspettare che ve lo
portino i soldati di Ottaviano Augusto, golosi scopritori di questo
frutto.
Furono invece gli Arabi ad esportarlo dapprima in Spagna, dove
è detto “acerola”, quindi in Francia, dove viene chiamato “spina
di Spagna”.
È tuttora considerato una pianta
subspontanea per la facilità con
cui cresce e si diffonde ovunque;
è conosciuto in tutta la nostra Penisola soprattutto a livello di frutteto famigliare (per la produzione delle azzeruole), di parchi e di
giardini (a scopo ornamentale).
Risulta, tuttavia, più diffuso nell'Italia meridionale che in quella settentrionale e, un tempo, lo
si trovava quasi sempre presente
nelle grandi proprietà per delimitarne i confini. Sempre nel passato, era spesso piantato vicino alle case dei cacciatori per attirare
uccelli ignari e… affamati.
Negli ultimi decenni l'azzeruolo
ha registrato la maggior diffusione in Liguria, Piemonte, EmiliaRomagna, Toscana e Sicilia.
Caratteristiche botaniche
L'azzeruolo (Crataegus azarolus)
deriva il suo difficile nome botanico dal greco “krataigos” e dall'arabo “az-Zou'rour”. Appartiene alla famiglia delle Rosacee e
allo stesso genere del biancospino (Crataegus oxyacantha) ed è
comunemente conosciuto anche
con altri nomi più o meno simili: lazzeruolo, nazzeruolo, razzeruolo, azarolo ecc.
Si presenta talora come un arbusto cespuglioso, alto circa 6 metri, o come un piccolo alberello
(che può raggiungere, talora, l'altezza di 12 metri!). Sotto quest'ultima forma è stato utilizzato, negli
ultimi anni, anche a scopo ornamentale per l'effetto decorativo
dei suoi fiori e dei suoi frutti.
Si possono distinguere tre gruppi di varietà: l'azzeruolo giallo, il
bianco (varietà italiana, rara e antica) e il rosso (reperibile spontaneo nei boschi, dotato talora di
grosse spine), le cui caratteristiche differiscono qualche volta in
modo abbastanza notevole.
Prenderemo qui in considerazione l'azzeruolo bianco, detto anche “moscatello”.
La pianta è abbastanza vigorosa,
a portamento eretto o sinuoso e
contorto, con rami irregolari privi di spine, ricchi di nodi e con
la corteccia di color grigio scuro,
liscia o screpolata a seconda dell'età. Entra in produzione a partire dal 4°-5° anno dall'impianto.
Le foglie assomigliano a quelle
del biancospino ed hanno spesso due stipole (espansioni di
aspetto fogliaceo all'inizio del
Terra Trentina
Iris Fontanari
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orto&dintorni
Terra Trentina
picciolo) con contorno seghettato. Il lembo fogliare, di colore verde intenso, si presenta profondamente inciso (talvolta fino
alla nervatura principale) e irregolarmente dentato.
I fiori, piccoli e bianchi, sono
riuniti in corimbi ed hanno un
breve stelo vellutato. Si sviluppano all'apice dei rametti di un anno; sono ermafroditi ed autofertili e per questo non necessitano
di altre piante vicine per essere
fecondati.
I frutti (pomi) sono di pezzatura
medio-grossa, leggermente appiattiti, di peso variabile (da 10
a 15 grammi) e buccia di colore
bianco tendente al giallo chiaro,
leggermente sfumata di rosa all'insolazione. La polpa del frutto
maturo è tenera, profumata, dolce e assai gustosa.
I semi, contenuti all'interno del
frutto in numero da 1 a 5, sono
legnosi e non sempre adatti alla
semina perché scarsamente germinabili.
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Cure colturali
L'azzeruolo è una pianta rustica,
a crescita lenta ma longeva; riesce a vegetare su tutti i terreni,
pur prediligendo quelli asciutti e di medio impasto, a reazione neutra o lievemente calcarea.
Sopporta il caldo elevato e la siccità e resiste alle temperature invernali fino ad oltre i 25°C sotto zero.
Non avendo particolari esigenze
di clima e di terreno, può essere
coltivato in tutta la Penisola fino
a 1000 m d'altitudine al Nord e a
1200-1400 m al Centro-Sud; tuttavia, poiché la pianta preferisce il
clima mediterraneo, è opportuno
scegliere per l'impianto un luogo
molto soleggiato.
L'azzeruolo bianco si propaga per
innesto, forma questa che consente di conservare e trasmettere le caratteristiche positive della
pianta madre. Lo scasso del terreno si esegue a buche profonde 70-80 cm; la pianta va messa
a dimora possibilmente nel mese di novembre, a poca profondità e con il punto d'innesto fuori del terreno.
Una volta posta a dimora, la pianta va spuntata, all'altezza di circa
un metro e mezzo, e legata ad
un paletto di sostegno. Nel caso d'impianto in terreno troppo
secco, è opportuno irrigare subito dopo la messa a dimora.
Chi desidera un alberello dai
frutti un po' fuori del comune,
può innestare l'azzeruolo sul
biancospino o sul pero selvatico:
in questo caso lo si dovrà potare spesso perché la vegetazione
tende a spostarsi vero l'estremità
dei rami, lasciandoli spogli all'attaccatura del tronco.
La raccolta si esegue di norma
all'inizio dell'autunno, quando il
colore dei frutti passa dal verde
pallido al giallo chiaro. I frutti si
mantengono bene per 2-3 giorni,
ma per prolungarne la conservazione è bene riporli in frigorifero dove, alla temperatura di 3-4
gradi, si possono mantenere “integri” per circa un mese.
Proprietà ed usi
Anche l'azzeruolo, proprio come
il “fratello” biancospino, vanta
ottime proprietà terapeutiche.
Le foglie hanno funzioni astringenti e si possono utilizzare in tisane e decotti.
I fiori sono preziosi per la salute
e sono indicati per i disturbi più
vari, da quelli cardiaci e nervosi,
a quelli dovuti a stati d'ansia o ad
eccessiva debolezza causata da
stress. Un'ottima tisana calmante si ottiene con un cucchiaio di
fiori essiccati in una tazza d'acqua bollente; si beve due-tre volte al giorno per tre settimane al
mese.
È bene ricordare che i fiori da essiccare si devono cogliere al mattino appena schiusi o in boccio.
I frutti contengono acqua, zuccheri, proteine acido malico, polifenoli e vitamina C e sono ottimi
come astringenti e rinfrescanti. Si
consumano allo stato fresco o se
ne fanno gelatine, marmellate
sciroppi e distillati.
Per fare la marmellata si prendono i frutti più maturi, un po'
molli, si mettono in una pentola
con poca acqua e si fanno cuocere fino a quando non si disfano del tutto, quindi si passano al
setaccio e si rimettono al fuoco
con lo zucchero (750 g per ogni
kg di passato) e un po' d'acqua
(3/4 di un bicchiere) spruzzando
il tutto con succo di limone.
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Terra Trentina
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