TRATTAMENTO DELL’OSTEOPOROSI CON
FARMATEB
INDICE
• Introduzione
da pag.1a pag.4
• Eziologia, patogenesi-fattori di rischio
da pag.17 a pag.22
• Ormoni che regolano il Ca
da pag. 4 a pag.5
• Segni e sintomi
da pag.23 a pag.25
• Segni e sintomi
da pag.30 a pag.33
• Esami di laboratorio
da pag.25 a pag.29
• Marcatori
da pag. 6 a pag.17
• Prevenzione e trattamento
da pag. 30 a pag.60
• Osteoporosi secondaria
da pag.61 a pag 66
• Nuovi bersagli – sviluppi futuri
da pag.66 a pag. 72
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L’OSTEOPOROSI E LE SUE IMPLICAZIONI SOCIALI
È la più comune malattia dello scheletro che ha avuto, negli ultimi decenni, un netto
incremento della sua prevalenza. Ciò è dovuto a molteplici fattori, quali
l'invecchiamento della popolazione, (nel sesso femminile l'età media di menopausa è
rimasta tuttavia costante attorno ai 50 anni), la riduzione progressiva dell’attività
fisica con minor stimolo alla formazione ossea, l'incremento dell'abitudine al fumo,
soprattutto nel sesso femminile, la riduzione dell'apporto di latte e formaggi, assieme
all'incremento del consumo di acque oligominerali. Ulteriori cause alla forte
impennata nella frequenza di tale patologia, il vasto impiego di farmaci in grado di
causare l’osteoporosi (OP) (primi tra tutti i cortisonici) nonché l'incremento di molte
malattie.
L'OP, causa predisponente delle fratture, comporta una mortalità superiore a quella
da carcinoma del seno nella donna.
E’ ritenuta ormai un'epidemia silenziosa che coinvolge una popolazione sempre più
vasta.
Colpisce circa 75 milioni di persone, soprattutto donne in menopausa, in Europa,
negli Stati Uniti e in Giappone e ogni anno se ne verificano 1,5 milioni di nuove.
Le ossa che si fratturano sono la conseguenza più severa per chi è colpito da OP e
la disabilità che ne consegue è pesante, tanto da arrivare a compromettere in
maniera importante la qualità di vita.
L’osteoporosi è caratterizzata da un aumento del riassorbimento molto più celere
rispetto alla formazione dell’osso.
In menopausa, il meccanismo inibitore degli estrogeni, antagonista degli ormoni
paratiroidei, inizia un riassorbimento molto intenso sopratutto per aumentata attività
dell’osteoclasto che ha una funzione litica sulla formazione dell’osso.
Particolarmente suscettibili alle rotture di tipo osteoporotico sono principalmente la
colonna vertebrale, l’anca, il radio distale e l’omero.
Queste possono dare dolore cronico e invalidante e, in caso di interessamento del
bacino, dare inizio a una catena di eventi che possono portare anche a morte: ogni
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anno, il 20 per cento dei 275.000 anziani che negli Stati Uniti subiscono una
frattura, muore entro 12 mesi dall'evento, a causa di trombi, infezioni o
malnutrizione. Inoltre 10 milioni di persone soffrono per osteoporosi conclamata,
mentre altri 18 milioni presentano un indice di massa ossea ridotto (osteopenia).
In Europa recenti stime indicano che circa 3,8 milioni di persone hanno subito
fratture a causa dell'osteoporosi. Solo nel 2007 le fratture al femore sono state 80
mila.
Le fratture rappresentano uno dei costi più elevati in Europa per ospedalizzazione
e assistenza (si calcola una spesa di oltre i 10 miliardi di euro solo per fratture di
femore). Negli Stati Uniti, per assistenza sanitaria diretta, ma soprattutto per
ricovero ospedaliero e assistenza domiciliare, i costi ammontano a circa 14
miliardi di dollari l’anno.
Nel nostro Paese la spesa per l'assistenza ospedaliera per queste fratture sembra
ammontare attualmente a circa 10.000 euro per ciascun caso trattato. La mancata
diagnosi comporta, comunque, una sottostima del fenomeno.
Da uno studio realizzato dall'International Osteoporosis Foundation e presentato
all'European Congress on Osteoporosis & Osteoarthritis appena conclusosi a
Valencia, in Spagna, emerge che “ogni anno in Italia, Francia, Germania, Svezia,
Regno Unito e Spagna si spendono 31 miliardi di euro per trattare le fratture da
osteoporosi. Quelle dell'anca contribuiscono al 56% del totale dei costi, quelle
vertebrali al 5%, quelle del polso al 2%, mentre un gruppo combinato di altre
fratture rappresenta il 37% del totale.
Da questo studio emerge che il Paese che sostiene i costi maggiori è la Germania,
con 9,4 miliardi di euro, seguita dall'Italia con 6,7 miliardi di euro e dal Regno
Unito con 5,8 miliardi.
Secondo quanto emerge dallo studio, la maggior parte dei costi viene affrontata
nel corso del primo anno successive alla frattura, mentre, al contrario, i costi di
prevenzione e trattamento farmacologici costituiscono una parte marginale del
costo totale.
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Il professor John Kanis, presidente dell'IOF e co-autore dello studio, ha affermato
che le fratture da fragilità conseguenti a osteoporosi sono causa di dolore e
disabilità e spesso hanno un impatto severo sulla qualità di vita di milioni di
europei.
Le deformità vertebrali (riduzioni di almeno il 15 per cento dell'altezza delle
vertebre), rappresentano la complicanza più frequente dell'osteoporosi e la terza
causa di ospedalizzazione in Italia.
Lo Studio FEDRO (Fractures Evaluation by Digital Radiographic Observational
study), condotto con l'obiettivo di valutare la prevalenza delle deformità vertebrali
nella popolazione femminile anziana con OP, ha dimostrato che oltre il 50 per
cento delle donne presenta almeno un’anomalia vertebrale. Questa incidenza
incrementa con l'aumentare degli anni, passando dal 50-55% delle sessantenni al
60% delle settantenni fino al 70% nelle ottantenni. L'effetto di tali anomalie è
grave in termini fisici (il 30% delle donne soffre di dolore alla schiena almeno per
6 ore durante una giornata, dolore che viene definito molto forte e insopportabile
dal 35%), ma anche perché impedisce ogni normale attività sociale.
Fra l’altro, il 19% delle donne incluse nello studio ha dichiarato di sentirsi
depressa durante il giorno e il 23% di avere una percezione globale della propria
qualità di vita molto peggiorata rispetto a 10 anni prima. L'OP resta inoltre una
malattia "al femminile". Le donne sono 4 volte più a rischio degli uomini di
sviluppare la malattia e di subirne le conseguenze: 1 donna su 2 e 1 uomo su 8
sopra i 50 anni subirà una frattura a causa della malattia.
Un picco di massa ossea di una donna è infatti solitamente inferiore del 5 per cento in
media rispetto a quello di un uomo, sicchè le donne possiedono una minor densità
ossea di riserva quando inizia la perdita di tessuto legata al progredire dell'età. Come
risultato, la perdita di tessuto osseo nella donna può aumentare marcatamente per un
periodo che comprende i 4-7 anni successivi alla mancata produzione di estrogeno
che segue la menopausa.
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Solo il 9% dei pazienti è sottoposto a screening per diagnosi di OP, contro il 72%
di quelli effettuati per ipertensione, il 59% per ipercolesterolemia e il 50% per
tumore alla mammella.
Questi importanti studi rivelano l'enorme costo associato alle fratture da fragilità.
La prevenzione delle fratture attraverso una precoce valutazione del rischio e
l'identificazione dei pazienti più esposti e da trattare farmacologicamente, è la
chiave per ridurre i costi dei sistemi sanitari nazioni europei».
DEFINIZIONI DELLA ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA
SANITA’(WHO) IN BASE ALLA DENSITOMETRIA OSSEA
CLASSIFICAZIONE
INDICE T
Normale
Superiore a -1
Osteopenia
da -1 a -2,5
Osteoporosi
-2,5 e valori inferiori
CLASSIFICAZIONE DELL'OSTEOPOROSI
L'OP può essere primitiva o secondaria, cioè essere la ripercussione scheletrica di una
patologia, condizione o farmaco.
La forma più comune è quella cosiddetta "involutiva", che comprende la forma
postmenopausale e la forma senile.
Le OP secondarie rappresentano circa 1/3 di tutte le forme di OP. Particolarmente
interessanti sono le forme secondarie a malattie come l'artrite reumatoide e la
spondilite anchilosante, in cui la riduzione della BMD è conseguente all’attività
infiammatoria della stessa malattia e alla ridotta attività fisica che questa comporta. La
più frequente tra le forme secondarie (seconda in ordine di frequenza, dopo la forma
involutiva) è quella da cortisonici.
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I - CLASSIFICAZIONE
• Osteoporosi Senile
• Osteoporosi Postmenopausica
• Osteoporosi Giovanile
• Osteoporosi Idiopatica
II - CLASSIFICAZIONE DI RIGGS
- Osteoporosi I: perdita dell'osso trabecolare legato alla caduta degli estrogeni
- Osteoporosi II: perdita di osso corticale e trabecolare in relazione ad un insufficiente
rimodellamento dell’osso, vita sedentaria, esposizione solare e dieta.
FATTORI DI RISCHIO PER L’OSTEOPOROSI
Per lo sviluppo dell'osteoporosi sono stati descritti molti fattori di rischio:
Bassa intensità minerale ossea (BMD)
• Età, sesso
• Menarca tardivo
• Menopausa precoce
• Ovariectomia, soprattutto pre-menopausale
• Amenorrea
• Nulliparità
• Insufficienza gonadica
• Soppressione farmaco-indotta, es.glucocorticoidi
Alimentazione e fattori correlati al metabolismo dei minerali
• Basso apporto, soprattutto durante la crescita ossea di:
-
Calcio
-
Vitamina D (o inadeguata esposizione alla luce del sole)
• Eccesso cronico di :
-
Fosforo e sodio
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-
Ormoni tiroidei
-
Proteine
-
Caffeina , sigarette , alcool
-
Agenti calciuretici, soprattutto tiazidici
• Difetto nella conservazione del calcio renale
• Basso peso corporeo
• Rapida e sostanziale (≥ 10 %) perdita di peso
• Anoressia nervosa e bulimia
• Aumento dei marcatori ossei
Fattori ereditari/genetici
• Razza:caucasica o asiatica
• Sesso femminile ed invecchiamento precoce
• Parente con osteoporosi
• Parente con frattura non traumatica
• Corporatura magra: basso rapporto peso-altezza
• Maggiore lunghezza dell’asse dei fianchi
Fattori relativi allo stile di vita
Farmaci e malattia
Frattura a carico del paziente
Cadute
Molti fattori di rischio, identificati attraverso studi epidemiologici, la cui causalità non
è stata chiarita, sembrano contribuire in maniera indipendente al rischio di frattura.
È’ importante evidenziare che i fattori di rischio valgono generalmente per entrambe:
fratture e perdita ossea.
È altrettanto importante mettere in evidenza che alcuni fattori di rischio sono
modificabili, come la bassa BMD, la riduzione degli steroidi gonadici, la scarsa
nutrizione e metabolismo dei minerali, lo stile di vita inadeguato e le cadute, mentre
altri, come i fattori genetici e l'età, non lo sono. I fattori di rischio modificabili sono
l'oggetto della terapia.
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FATTORI DI RISCHIO DI OSTEOPOROSI MODIFICABILI
• Bassa densità minerale ossea (BMD)
• Riduzione degli steroidi gonadici
• Basso apporto di calcio e vitamina D
• Basso peso corporeo e rapida perdita di peso
• Eccessivo fumo e consumo di alcool
• Stile di vita sedentario
• Cadute
• Malattie croniche trattabili
FARMACI E MALATTIA
Diversi farmaci sono stati implicati nella perdita della massa ossea e includono:
•
Anticonvulsivanti
•
Diuretici
•
Ormoni tiroidei
•
Glucocorticoidi
Gli studi sui primi due non sono stati convincenti né, tanto meno, conclusivi. È’ stato
riportato in vario modo che i diuretici tiazidici aumentano la massa ossea,
conservando il calcio renale. Sebbene la meta-analisi di diversi studi abbia riscontrato
una riduzione del rischio di frattura tra i pazienti che fanno uso di tiazidici, non
esistono però trials randomizzati.
L'eccesso di ormoni tiroidei, sia esogeno che endogeno, può causare un aumento del
riassorbimento osseo. Le malattie che colpiscono specificamente lo scheletro possono
avere un ruolo importante nello sviluppo dell'OP. Anche le malattie con effetti
generalizzati possono avere effetti negativi sulla massa ossea:
•
Malattie renali
•
Malattie gastrointestinali (GI)
•
Malattie del tessuto connettivo
8
•
Immobilizzazione
•
Neoplasie
•
Diabete
(vedi in maggior dettaglio il paragrafo “osteoporosi secondaria”.
•
Steroidi gonadici in entrambi i sessi
Sia gli estrogeni che gli androgeni sono importanti nel mantenimento della massa
ossea in entrambi i sessi, anche se non è stata dimostrata l'efficacia del trattamento
estrogenico negli uomini con osteoporosi o del trattamento androgenico nelle donne
con OP. Fra le altre cose esistono anche sostanziali effetti collaterali e problemi di
sicurezza.
•
Altri protocolli e regimi terapeutici
La maggior parte delle fratture osteoporotiche, soprattutto la frattura d'anca, sono
causate da caduta e i pazienti a rischio di osteoporosi ne sono particolarmente
sensibili. Quindi, oltre alla terapia farmacologica e al supplemento dietetico, è
indispensabile adottare misure di carattere generale per evitarle.
ORMONI CHE REGOLANO IL METABOLISMO OSSEO
Aumento del riassorbimento osseo
•
Ormone paratiroideo-proteina correlata all'ormone paratiroideo (PTH,PTHrP)
•
Glucocorticoidi
•
Ormoni tiroidei
•
Elevate quantità di vitamina D
Riduzione del riassorbimento osseo
•
Calcitonina
•
Steroidi gonadici
Aumento della formazione ossea
•
Fattori di crescita
•
Metaboliti della vitamina D
•
Steroidi gonadici
9
•
Insulina
•
Basse concentrazioni di PTH, PTHrP
Riduzione della formazione ossea
•
Glucocorticoidi
•
Fattori di crescita derivati dalle piastrine (Platet-Derived Growth Factor)
Quelli che hanno un effetto bimodale sono:
•
Prostaglandine della serie E
•
IL-4.
PROCESSO DI RIMODELLAMENTO OSSEO
L'osso è un tessuto in continuo rimodellamento, che viene operato in maniera
sequenziale e coordinato da cellule deputate al riassorbimento, gli osteoclasti
(Chambers T.J.Clin.Pathol.38,217,1985), e da cellule che lo formano, gli osteoblasti
(Friederstein A.J. In:Hard Tissue Growt, Repair and Remineralization, Ciba
Fdn.Symp.,North Holland, Hamsterdam, Elsevier-Excerpta Medica, vol.11, pp. 169,
1973-Owen M.J.Cell.Sci.Suppl.10,63,1988).
L'intensità e la frequenza di questa attivazione sono controllate da fattori ormonali,
quali estrogeni, androgeni, ormone della crescita (GH), il paratormone (PTH), la
vitamina D e da stimoli meccanici locali. Nell'arco di una vita l'intero scheletro viene
rinnovato numerose volte. L'OP è sempre da ricondurre ad uno squilibrio tra quota di
osso riassorbita e quota neoformata. La massa ossea si accresce dalla nascita fino a
raggiungere il suo picco a 20-25 anni; rimane stabile tra i 30 e i 40 anni, e comincia a
ridursi con la maturità e l'invecchiamento.
Le specie cellulari ossee deputate a rimodellare questo tessuto,
sono presenti
contemporaneamente nei 3-4 milioni di siti, chiamati unità multicellulari di base del
rimodellamento osseo BMU (Frost H.M.Dynamics of bone remodeling.In:Frost
H.M.(ed.)Bone Biodynamics, Little-Brown, Boston,1964 pagg.315-331), distribuiti in
tutto lo scheletro. Un processo di rimodellamento che si verifica all'interno di una
BMU segue sempre la stessa sequenza:
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• fase rapida di riassorbimento osseo (da due a tre settimane)• fase lenta di formazione di tessuto (da due a tre mesi).
Il riassorbimento inizia quando gli osteoclasti che originano dalle cellule
ematopoietiche e la cui funzione è in relazione ai mastociti, aderiscono a una
microscopica sezione della superficie ossea e liberano sostanze che degradano le parti
strutturali dell'osso.
Quest'attività di degradazione crea nell'osso un'intaccatura chiamata pozzetto di
riassorbimento, formata la quale gli osteoclasti scompaiono, probabilmente per
apoptosi. La fase di rimodellamento osseo incomincia quando gli osteoblasti, forse
attratti da fattori di crescita secreti durante il riassorbimento osseo, convergono
sul pozzetto di riassorbimento e lo riempiono con tessuto neoformato,
sintetizzando e secernendo collagene e altre proteine tipiche dell'osso. Il calcio, il
fosforo e gli altri minerali cristallizzano poi attorno alla matrice di collagene per
formare l'idrossiapatite, la parte dura e mineralizzata dell'osso che ne costituisce il 90
% della massa.
Fino a poco tempo fa, tutti i farmaci approvati per la cura dell'osteoporosi erano
considerati anti-assorbimento, poichè rallentavano questo processo piuttosto che
promuovere la formazione di nuovo tessuto osseo (anche se un fattore che agisce su
un processo coinvolge inevitabilmente anche l'altro). I cosiddetti bifosfonati rallentano
il processo di rimodellamento osseo fissandosi alla frazione minerale. Quando gli
osteoclasti si legano alla superficie dell'osso, i bifosfonati diffondono all'interno degli
osteoclasti e li inducono ad autodistruggersi. I bifosfonati più potenti: l'alendronato e
il risedronato, somministrati per le vie classiche, non solo prevengono l'ulteriore
perdita di tessuto osseo, ma possono anche aumentare la densità ossea del 5-10 % nel
giro di tre anni.
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SEGNI E SINTOMI
PROBABILITÀ DIAGNOSTICHE
• Aumento della attività osteclastica per invecchiamento cellulare
• Postmenopausa
• Senescenza associata a:
-- Ereditarietà
-- Endocrinopatia
- -Artrite reumatoide
- -Alcolismo
- -Epilessia
- -Patologie polmonari
• Iatrogena per:
- -Immobilizzazione prolungata
- -Somministrazione di eparina
- -Corticosteroidi
- -Tumori maligni
- -Ingestione di acidi
Le endocrinopatie sono associate a deficit nutrizionale, cattiva nutrizione, deficit
di calcio, nello scorbuto, nella sindrome del cattivo assorbimento, nella sindrome
di Ehlers-Danlos (fragilità della pelle, pneumotorace spontaneo, perforazione
intestinale) nella osteogenesi imperfetta, nella síndrome di Marfan (eccessiva
lunghezza delle ossa, lassità articolare, cifoscoliosi, deformità del torace,
cristallino ectopico, predisposizione all’aneurisma dell’aorta).
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QUADRO CLINICO DELL' OSTEOPOROSI
La malattia è clinicamente muta finché non compaiono le fratture. Queste
interessano principalmente il polso, la colonna vertebrale ed il femore, ma
qualsiasi distretto scheletrico, se di densità ridotta, può fratturarsi per traumi
minimi. Mentre le fratture delle ossa lunghe sono sempre evidenti clinicamente,
quelle vertebrali possono non esserlo, e il dolore che provocano viene spesso
confuso col dolore da discopatia o artrosi. Le fratture vertebrali sono tra le più
comuni fratture da OP e causano progressiva deformità e riduzione staturale del
soggetto.
MANIFESTAZIONI CLINICHE OBIETTIVE
• Riduzione dell'altezza
• Cifosi dorsale
• La piegatura della pelle nella parte posteriore dell'osso
MANIFESTAZIONI CLINICHE SOGGETTIVE.
Il dolore è il sintomo primario, abitualmente centralizzato nel terzo inferiore del
dorso e nelle vertebre lombari.
Il movimento di sollevare pesi aggrava il dolore, in questi pazienti si devono
sospettare fratture spontanee che sono di frequente riscontro casuale radiologico.
Si riscontrano in pazienti con antecedenti di cattivo stato nutrizionale,
abitudini con diete speciali, per medicamenti ricevuti nel corso di infermità
croniche.
METODI DI DIAGNOSI E DI VALUTAZIONE DELLA MASSA OSSEA
• Radiologia
• Densitometría ossea
• Tomografia computerizzata
• Raggi gamma
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• Fotone doppio
• Attivazione neutronica
• Biopsia di istomorfometria della cresta iliaca
• Misura di calcio e del fosforo di serico
• Tartrato resistente alcalino di fosfatasi
• Misura del livello di paratormone
• Misura dell'escrezione del calcio in 24 ore
• Idrossiprolina
• Calcio-creatinina nelle urine
• Misura del 25 OH della vitamina D
ESAMI DI LABORATORIO
Molti pazienti con osteoporosi non presentano alterazioni degli esami di laboratorio di
routine, compresi calcio e fosforo sierico. La misurazione delle concentrazioni
sieriche totali di calcio e fosforo ha, comunque, un valore relativo nella valutazione
dell’osteoporosi, ma basse concentrazioni di fosforo e calcio nel siero possono
indicare la presenza di una carenza di vitamina D. Anche i valori del paratormone
sierico (PTH) e dei metaboliti della vitamina D. Risultano normali quindi, gli esami di
laboratorio, di solito normali nei pazienti con OP possono essere distinti con facilità
dagli esami alterati dei pazienti affetti da altre comuni malattie del metabolismo osseo.
Tuttavia, in alcuni pazienti con OP si può riscontrare un incremento del PTH sierico,
dovuto, probabilmente, all'iperparatiroidismo secondario da deficienza o perdita
del calcio. Si può riscontrare inoltre una riduzione della 1,25-diidrossivitamina D da
ridotta produzione renale.
ESAMI RADIOGRAFICI
Le radiografie di routine non sono di solito utili nella diagnosi di osteoporosi, a meno
che non si tratti di una frattura tipica. La riduzione è evidenziabile dalle radiografie
di routine, solo quando si sia perso circa il 25-30% della massa ossea. Fra l’altro, la
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sovraesposizione della lastra radiografica può indurre a porre diagnosi errata di
osteoporosi. Ciò nonostante, l'evidenza radiografica di osteopenia può essere un forte
segno premonitore di riduzione della massa ossea.
ESAMI DI LABORATORIO DI ROUTINE NELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE
DELLE MALATTIE METABOLICHE OSSEE
Malattia
Osteoporosi
Calcio
Fosforo
Fosf.alcalina
Normale Normale
Normale
PTH
Normale
Osteomalacia
Morbo di Paget
Normale
Normale
Normale
Osteite fibrosa
cistica (PH)
Abbreviazioni: PTH, paratormone; PH, iperparatiroidismo primario.
Diagnostica di laboratorio
ESAMI DI BASE: Calcemia, Fosforemia, PTH paratormone, 25-OH-VITAMINA D3,
Calciuria e Fosfaturia 24/ore, fosfatasi alcalina ossea, protidogramma elettroforetico.
ESAMI APPROFONDITI:
MARCATORI DI RIASSORBIMENTO:
-Fosfatasi Acida ( Siero )
-Idrossiprolina ( Urine,Siero )
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-Piridinolina ( Urine,Siero )
-Deossipiridinolina urinaria (DPD) ( Urine )
-Telopeptide N-terminale del collageno I (NTx) ( Urine, Siero )
-Telopeptide C-terminale del collageno I (CTx) ( Urine, Siero )
MARCATORI DI FORMAZIONE:
-Fosfatasi alcalina (ALP) ( Siero )
-Fosfatasi alcalina ossea (bALP) ( Siero )
-Osteocalcina (BGP) ( Siero )
-Propeptide C-terminale del procollagene tipo I ( Siero,urine )
-Propeptide N-terminale del procollagene tipo I ( Siero,urine )
I parametri biochimici e bioumorali sono utili non tanto nel verificare la presenza di
osteoporosi (MOC e radiografie-risonanze) ma soprattutto per verificare la buona
adattabilità e responsività di un farmaco o per differenziare un’osteoporosi ad alto
turn-over da una a basso turn-over, comunque tutti i pazienti osteoporostici devono
eseguire le analisi di base (Calcemia, Fosforemia, PTH(paratormone), 25-OHVITAMINA
D3,
Calciuria
e
Fosfaturia
24/ore,
Fosfatasi
alcalina
ossea,
Protidogramma elettroforetico + Testosterone (se uomo) e FSH (se donna) per
verificare lo stato ormonale.
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Diagnostica istologica
Biopsia del bordo del bacino (cresta illiaca).
TERAPIE
Attività fisica in tutti i casi insieme ai farmaci è in grado di prevenire la perdita di
massa ossea e di incrementarla dell'1% circa all'anno.
Integrazione OBBLIGATORIA e FONDAMENTALE di VITAMINA D3 sia in
soggetti sani sia nei soggetti osteoporotici e osteopenici, Colecalciferolo (800 unita al
giorno oppure 5000 unita alla settimana oppure 400.000 unita ogni 6 mesi. Dosi
maggiori possono essere assunte (dosi >8000 unita al giorno) tuttavia in caso di
insufficienza epatica preferibile assumere Calcifediolo (25-idrossi-colecalciferolo),
mentre in pazienti dializzati o con osteodistrofia renale e/o insufficienza renale,
ipoparatiroidismo, rachitismo e osteomalacia nella fase grave, oppure in soggetti
anziani non piu in grado di idrossilare la vitamina D semplice, tutti questi pazienti
hanno bisogno del Calcitriolo la forma attiva della vitamina D.
Integrazione di Calcio (calcio carbonato almeno 1g/die) e Magnesio (possibilmente
come magnesio pidolato 1 bustina al giorno) .
ANTIRIASSORBITIVI:
Bifosfonati classe di farmaci molto usati con azione inibitoria degli osteoclasti
-BIFOSFONATI DI PRIMA GENERAZIONE: Etidronato e Clodronato.
-BIFOSFONATI
DI
ULTIMA
GENERAZIONE
o
AMINOBIFOSFONATI:
Alendronato,Risedronato,Ibandronato,Neridronato,Pamidronato e Zoledronato.
-Terapia ormonale sostitutiva TOS con estro-progestinici per le donne in menopausa e
con testosterone negli uomini.
-Modulatori Selettivi dei Recettori Estrogenici SERM raloxifene e tamoxifene.
OSTEOFORMATIVI: Teriparatide e Ormone Paratiroideo Ricombinante 1-84 forti
stimolatori della fomazione ossea nei casi di grave osteoporosi o di insuccesso degli
altri farmaci.
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FARMACI DABA( DUAL-ACTION-BONE-AGENTS)
Stronzio Ranelato soppressione degli osteoclasti e stimolazione degli osteoblasti,
nuova classe di farmaci con doppia azione (incremento del + 4% circa di massa ossea
entro il primo anno,+ 14,4% entro 3 anni).
Flavonoidi della Soia fitoestrogeni quali l'Ipriflavone migliorano l'osteoporosi, avendo
una debole azione di soppressione degli osteoclasti e di stimolazione osteoblastica.
Diuretici tiazidici idroclorotiazide sembrano avere un effetto positivo sull'osteoporosi
trattenendo il calcio che altrimenti si perderebbe con le urine, sono anche utili come
prevenzione dell'ipercalciuria e della calcolosi renale.
Stimolazione degli osteoblasti con fluoruri per via sistemica (non piu consigliata
perché associata a difetti della mineralizzazione dell'osso; ad aumento della densità a
livello vertebrale ma aumento di fratture in altri segmenti).
Inibizione degli osteoclasti con Calcitonina (terapia antiquata), resta molto valida la
Calcitonina alla dose di 100 unita al giorno sottocute per due settimane solo nei casi di
recente frattura vertebrale dolorosa, per l'azione analgesica e perché aiuta a riparare la
frattura).
Analgesici anti-infiammatori non steroidei FANS,
oppiacei deboli Codeina + Paracetamolo,Tramadolo e oppiacei forti come
l'Ossicodone.
Terapia chirurgica delle fratture vertebrali Vertebroplastica e Cifoplastica, protesi
nelle altre fratture.
Importante somministrare Calcio (Latte e latticini,verdure,integratori) e Vitamina D3
(esposizione solare almeno di 10 minuti al giorno, olio di fegato di merluzzo, pesce,
integratori) come base per tutte le terapie anti-osteoporosi, senza escludere il
magnesio e le altre vitamine
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PROFILASSI
Attività fisica "sulla terra" : rinforza molto l'osso un’attività fisica che richieda il
battere i piedi per terra (corsa, passeggiate, sport come calcio, basket e pallavolo);
Alimentazione ricca di Calcio (Latte e latticini, verdure, integratori e formaggi
stagionati (es. Parmigiano Reggiano che contiene poco lattosio) se si è intolleranti.
Assunzione di VITAMINA D, indispensabile per fare assorbire il Calcio a livello
intestinale sino all'80%. In caso di carenza può essere assorbito solo il 10-15% del
Calcio assunto. Adeguate dosi di vitamina D sono in grado di prevenire il diabete,
vari tumori, malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, sclerosi multipla e una
infinità di altre patologie legate alla carenza di questa fondamentale vitamina
indispensabile per la regolazione delle piu svariate funzioni corporee. Alcuni
interessanti studi hanno dimostrato che bambini con un adeguato introito alimentare e
integratori a dosi elevate di questa avevano una riduzione del diabete giovanile del
80% rispetto ai coetanei carenti di vitamina D.
Terapia ormonale sostitutiva con estro-progestinici nel post-menopausa.
PREVENZIONE-DENSITOMETRIA OSSEA
Effettuare una Densitometria Ossea MOC, soprattutto per le donne al momento della
menopausa è consigliata dopo i 65 anni almeno una volta ogni 2 anni, o a meno che
non si hanno uno o piu fattori di rischio (fumo, obesità, celiachia, storia familiare di
fratture, bassa densità minerale ossea, terapia con farmaci che danneggiano l'osso
quali Cortisonici, eparine, anticonvulsivanti, diuretici es.furosemide, diabete,
magrezza, morbo di Cushing, immobilizzazione prolungata, diminuzione dell'altezza,
piegamenti della colonna vertebrale, menopausa precoce, frattura data da trauma
minore).
• Densitometria ossea
La densitometria ossea può essere utilizzata per:
•
Stabilire la diagnosi di osteoporosi
•
Confermare la diagnosi in un paziente con fratture per fragilità ossea
19
•
Predire il rischio di fratture in futuro
•
Monitorare il progredire della malattia
•
Monitorare gli effetti della terapia.
DIAGNOSI DI OSTEOPOROSI
La diagnosi di osteoporosi può essere posta solo con una procedura standardizzata che
misura direttamente e quantitativamente la massa ossea. La misura della massa ossea
viene espressa come contenuto in minerali dell'osso (BMC, grammi) o come
densità minerale ossea (BMD, grammi/cm2).
La tecnica attualmente preferita per la misurazione è l'assorbimetria radiografica ad
energia duale (DEXA) in cui la massa ossea viene espressa come BMD. E’ una
metodica rapida e precisa per l'esame della BMD. Viene eseguito a livello dell'anca e
del tratto lombare della colonna vertebrale. La porzione prossimale del femore
comprende il collo del femore, il grande trocantere, l'intertrocantere ed il triangolo di
Ward. La misura più utile riguarda tutta l'anca.
La diagnosi di OP richiede sempre, preventivamente, l'esecuzione degli esami di
laboratorio per escludere cause di OP secondaria.
La National Osteoporosis Foundation (NOF) raccomanda la BMD per:
•
Tutte le donne in postmenopausa al di sotto dei 65 anni che hanno almeno un
fattore di rischio per l'osteoporosi
•
Tutte le donne di età pari o superiore a 65 anni
•
Tutti i pazienti con fratture osteoporotiche
La densitometria ossea con assorbimento a raggi X (DEXA) misura la densità
minerale dell'osso nei punti più soggetti a fratture. Consente una diagnosi precoce, in
tempo per iniziare un trattamento farmacologico in grado di impedire fratture. La
DEXA, inoltre, può essere uno strumento di screening utile per valutare la probabilità
di fratture successive in qualunque sede.
Il ruolo dei fattori ereditari nell'OP è importante : i geni influenzano la densità ossea
e, quindi, il rischio di fratture.
20
La densitometria a raggi x è invece in grado di fornire un dato quantitativo del
contenuto di calcio dello scheletro. L'OMS ha definito dal punto di vista
densitometrico 1'OP come un valore di densità pari o inferiore al 75% del valore di
riferimento.
Altro modo di definire il risultato è in T score, che è quello più comunemente usato: il
T score fornisce il numero di deviazioni standard di differenza tra il valore misurato e
quello normale di riferimento. Poiché una deviazione standard corrisponde circa ad un
10%, una riduzione di 2.5 deviazioni standard corrisponde ad una riduzione della
BMD del 25%. L'OMS ha identificato proprio in questo valore la soglia dell'OP.
MARKER OSSEI
Alcune sostanze rilasciate in circolo , possono essere monitorate per valutare l'attività
metabolica delle cellule ossee durante la crescita, il modellamento e il rimodellamento. Questi marker ossei possono essere dosati nel sangue e nelle urine per valutare lo
stato del metabolismo osseo, la formazione e il riassorbimento osseo. Possono essere
utilizzati per valutare i possibili approcci terapeutici e predire il rischio di fratture in
caso di osteoporosi.
Riflettono l'attività osteoblastica e osteoclastica dello scheletro. Modificazioni dei
marker di riassorbimento si osservano dopo poche settimane dalle modificazioni
ossee, dei marker di formazione dopo pochi mesi.
I marker di formazione si dosano generalmente nel sangue, quelli di riassorbimento
nelle urine, sebbene siano stati introdotti anche marker sierici di riassorbimento.
L’eliminazione del calcio a digiuno rappresenta l’escrezione obbligatoria minima. E’
strettamente collegata a quella del sodio e deve essere corretta, se squilibrata. Il
rapporto nell’urina a digiuno tra calcio e creatinina, corretto per l’escrezione del
sodio, varia notevolmente tra un individuo e l’altro, ma la variabilità intraindividuale
è scarsa. Questo fenomeno aumenta nell’osteoporosi postmenopausale e diminuisce
con il trattamento.
21
Nel singolo paziente si può utilizzare il rapporto tra calcio e creatinina urinari per
monitorare il trattamento. La vitamina D e il PTH sono importanti regolatori del metabolismo del calcio e una carenza di vitamina D comporta una diminuzione dello
assorbimento del calcio e un aumento della secrezione del PTH con perdita della
massa ossea. Poiché la fonte principale di vitamina D è la produzione endogena dovuta all’azione della luce ultravioletta, c’è un’ampia variabilità stagionale della concentrazione sierica di 25-idrossivitamina D, forma circolante di vitamina D. Esiste
inoltre una variabilità stagionale della densità minerale ossea (BMD) e dell' incidenza
di fratture dell' anca.
Il metabolita biologicamente attivo della vitamina D è la 1,25 diidrossi-vitamina D e
la sua concentrazione sierica è quasi mille volte inferiore a quella del 25-OHD ed è
regolata dal PTH, dal calcio, dal fosforo e dall' equilibrio acido-base.
L’efficienza dell’assorbimento del calcio diminuisce con l'età e nell'OP si ha un’ulteriore diminuizione. La misurazione dell’assorbimento intestinale del calcio è talvolta
clinicamente utile per porre diagnosi di malassorbimento. L'assorbimento del calcio
può essere misurato mediante un test di assorbimento del radiocalcio, che consiste
della misurazione della radioattività in campioni di sangue prelevati prima e un ora
dopo la somministrazione di calcio radioattivo.
MARKER BIOCHIMICI DELLA FORMAZIONE OSSEA
Nome comune/
Abbreviazione
Fosfatasi alcalina totale
AP
Fosfatasi alcalina osso-specifica
BAP
Osteocalcina
OC,BGP
Propeptidi C e N terminali
PICP, PINP
del procollagene tipo I
Gli osteoblasti sintetizzano e secernono una serie di proteine che possono essere
misurate nel siero come marker della formazione ossea.
I marker più comuni sono: la Fosfatasi alcalina,
22
l'Osteocalcina e il Propeptide carbossiterminale del protocollagene di tipo I.
Fosfatasi alcaline ossee
Le Fosfatasi alcaline(AP) sono enzimi della membrana citoplasmatica. Esistono
quattro isoenzimi : le forme placentare intestinale della cellula germinale,
epatica/renale/scheletrica.
L’AP ossea è eliminata dal rene, non viene metabolizzata ed ha un' emivita di 1-2
giorni. Di recente sono state messe a punto immunodeterminazioni più specifiche.
Osteocalcina
L'Osteocalcina (OC, BGP), è una piccola proteina prodotta dagli osteoblasti. È la
proteina non collagenosa più abbondante nell’osso. L'OC viene incorporata nella
matrice ossea dove si lega all'idrossiapatite, .In percentuale va da oltre il 90% nei
giovani al 70% negli adulti.
Anche se l' OC e l' AP sono prodotti dagli osteoblasti, le concentrazioni possono
cambiare, il che fa pensare che rispecchino diversi processi che avvengono negli
osteoblasti. La concentrazione sierica di OC è un marker sensibile della formazione
ossea e correlato con agli indici istomorfometrici, che aumenta in condizioni
associate ad un incremento del turnover osseo.
Nell' OP postmenopausale la concentrazione sierica di OC varia ampiamente, L' OC
del siero può essere misurata mediante kit di immunodeterminazione. In uno studio, è
stata osservata una differenza di quattro volte tra 8 kit. I campioni di sangue per la
determinazione dell' OC devono essere raccolti su ghiaccio; il plasma o il siero
devono essere tenuti a 20°C o a 70°C e scongelati solo una volta per impedirne la
degradazione. È comunque preferibile un metodo che misuri la molecola intatta. Man
mano che l’OC viene eliminata dal rene, la sua concentrazione sierica può anche
aumentare nell’insufficienza renale cronica, poichè, in pazienti con insufficenza
renale cronica, si ha un aumento del turnover osseo.
23
Propeptide carbossi-terminale del procollagene di tipo I
Il collagene di tipo I, che costituisce la maggior parte della matrice ossea, è
sintetizzato come molecola che precorre il procollagene. (La molecola di
procollagene contiene peptidi di estensione,del tipo amino carbossi-terminali che
vengono scissi da endoproteasi specifiche prima che il collagene sia incorporato
nella matrice ossea). Non è filtrato a livello glomerulare , quindi, non è influenzato
dalla funzione renale. La sua emivita è di 6-8 min. Il PICP è stabile nel siero e può
essere determinato mediante immunodeterminazione in campioni congelati e
scongelati numerose volte. Le concentrazioni sieriche di IPCP si correlano con altri
indici, come l' istomorfometria ossea e gli indici della cinetica del calcio"total-body".
Questa correlazione non è valida quando mineralizzazione e formazione della
matrice non sono accoppiate
.
MARKER BIOCHIMICI DI RIASSORBIMENTO OSSEO
Nome comune/ Abbreviazione
Telopeptidi C e N terminali cross-linked
NTX,CTX
del collagene tipo I
Piridinolina (totale, libera)
PYD
Desossipiridinolina (totale e libera)
DPD
Glicosidi idrossiprolinici e idrossilisinici
OH,OL
Fosfatasi acida resistente al tartrato
TRAP
Fosfatasi acida
Le Fosfatasi acide sono gruppi eterogenei di fosfatasi acida rilevate negli osteoclasti :
un grande isoenzima sensibile al tartrato e uno piccolo resistente al tartrato (TRACP).
La TRACP codificata da un gene situato sul cromosoma 19 , è presente in quantità
elevate nel margine frastagliato degli osteoclasti viene liberata durante il
riassorbimento osseo. E’ presente anche nei macrofagi. La TRACP del siero è stato
24
studiato ampiamente come marker del riassorbimento osseo, in quanto il siero
contiene inibitori della TRACP e delle TRACP derivati dalle altre cellule, come gli
eritrociti, e , probabilmente dalle piastrine. Sono state di recente valutate però
immunodeterminazioni mediante anticorpi anti-TRACP. Usando quest' anticorpo, è
stato dimostrato che la concentrazione di TRACP era aumentata in donne in
postmenopausa e in caso di aumento dei turnover osseo.
Idrossiprolina
L'Idrossiprolina (OHP) rappresenta il 13-14% del contenuto di aminoacidi del
collagene. Quando il collagene si scinde, l'OHP non può essere riutilizzata e quindi è
presente nell'urina o nel siero. Poiché circa metà del collagene di tutto l'organismo è
presente nell'osso, l' escrezione di OHP è indice di riassorbimento osseo, ma può
derivare anche da altre fonti, come la dieta e la componente C1Q del complemento,
che possono costituire fino al 40% dell'OHP urinaria dopo attivazione del
complemento.L’escrezione e il metabolismo dell 'OHP dipendono dalla funzione
renale e epatica,per cui risulta alterata nelle malattie del fegato e del rene.
Complessivamente l’escrezione urinaria di OHP rispecchia il riassorbimento osseo,
ma la specificità è limitata del fatto che essa è influenzata dalla dieta e deriva da altre
fonti. Essa non si correla bene con l’istomorfometria ossea o la cinetica del calcio.
Idrossilisina
L'Idrossilisina è un altro aminoacido presente nel collagene, ma non viene riutilizzato
nella sintesi del collagene. L' idrossilisina è presente sottoforma sia di galattosilidrossilisina (GHYL) che glucosil-galattosil-idrossilisina (GGHYL); la prima è più
specifica del collagene, mentre la seconda è presente anche in molecole con struttura
simile al collagene. La GHYL predomina nell’osso mentre nel derma predomina il
GGHYL. Tuttavia né la GHYL né la GGHYL sono presenti nei peptidi del
25
procollagene e, quindi, la GHYL non viene rilasciata durante la formazione dell’osso.
Poiché l'osso ha una concentrazione più elevata di GHYL è stata ipotizzato che
l' escrezione di GHYL possa essere un indice più specifico del riassorbimento osseo
rispetto all 'OHP. È stato dimostrato che il valore di GHYL come marker del
riassorbimento osseo è la migliore discriminante dell' OP rispetto agli altri marker
urinari.
Molecole a cross-link di collagene
Il collagene si stabilizza mediante formazione di cross-link tra l’estremità di una
molecola di collagene e la parte dell' elica della molecola di collagene adiacente.
Esistono due molecole principali a cross-link, la Piridinolina (PYD) e la
Deossipiridinolina (DPD). I cross-link sono formati in via extracellulare dopo che le
molecole di collagene si depositano nella matrice e vengono rilasciati dall' osso solo
durante il riassorbimento osseo o la scissione del collagene. La PYD è largamente
distribuita nel tessuto connettivo, compresi l'osso e la cartilagine, mentre la DPD è
presente nell' osso, nella dentina, nell' aorta e nei legamenti. Poiché le molecole a
cross-link si trovano solo nel collagene maturo, l' escrezione di queste molecole nell'
urina è rappresentata solo dalla degradazione nel collagene maturo. Una vasta
letteratura SUPPORTA l' escrezione dei cross-link, in particolare della DPD, come un
buon marker del riassorbimento osseo. L’escrezione urinaria di cross-link è
aumentata nell' osteoporosi e in casi in cui il riassorbimento osseo è aumentato, ad
esempio nell' iperparatiroidismo e nell' ipertiroidismo.
APPLICAZIONI E VALIDITÀ RELATIVA DEI MARKER OSSEI NELLE
PATOLOGIE SCHELETRICHE
Campi di ricerca (+++)
Terapia (++)
26
•
Valutazione dell'efficacia della terapia
•
Monitoraggio della compliance alla terapia
•
Modificazione della terapia a dosaggi più efficaci
Prognosi (+)
•
Valutazione dei fattori di rischio di frattura
•
Previsione del rapporto perdita/guadagno osseo
•
Identificazione di pazienti per terapie appropriate
Diagnosi (+/-)
Vantaggi dei marker biochimici
•
Non sono invasivi
•
Sono facili da ripetere
•
Grande variabilità in menopausa
•
Valutano il turnover osseo globale
•
Studiano la patogenesi
•
Identificano le persone con rapida perdita ossea
•
Monitoraggio precoce della terapia
Svantaggi dei marker biochimici
• Limiti tecnici
- Stabilità alla conservazione
- Variazione fra le determinazioni - precisione, accuratezza
- Mancanza di standard accettati a livello internazionale
• Variazione diurna
- Variazione del metabolismo e dell'eliminazione
•Altri fattori, ad esempio eliminazione del marker
•Non riescono a localizzare il disturbo del metabolismo osseo
marker biochimici
La diminuzione dell'osteocalcina e I'aumento della deossipiridinolina e della fosfatasi
acida tartrato-resistente nella frattura dell'anca inducono a pensare che vi sia uno
squilibrio fra formazione e riassorbimento dell'osso. La fosfatasi alcalina,
27
I'osteocalcina, I'idrossiprolina e la deossipiridinolina vengonoutilizzate per
identificare i soggetti con rapida perdita ossea. L'osteocalcina, la fosfatasi alcalina
ossea e il telopeptide N-terminale rispondono alla terapia con alendronato. E’ stato
dimostrato che I'ormone paratiroideo e il fattore I di crescita insulino-simile
aumentano I'osteo-calcina entro 24 ore di terapia trattamento anti-riassorbimento nei
soggetti che mostrano un aumento del turnover.
SEGNI E SINTOMI
L'OP può progredire per diversi anni con pochi segni e sintomi.Solo meno del 25%
dei pazienti con OP Viene identificato. Poichè di solito non esistono segni
premonitori, le fratture rappresenta la manifestazione clinica iniziale della malattia.
Le fratture vertebrali possono essere silenti o causare cifosi e riduzione dell'altezza,
mentre la frattura dell'anca e del polso sono eventi drammatici, tutte le donne in
postmenopausa devono essere esaminate per determinare i fattori di rischio di
osteoporosi.
Il rischio di frattura nelle donne bianche cinquantenni è all'incirca del 17% per il
femore, 15% per le vertebre, 16% per l'avambraccio e 40% per ciascuno dei tre casi e
rappresenta la complicanza più grave. Per gli uomini, i valori corrispondenti sono più
bassi: 6%, 5%, 3% e 13%, rispettivamente.
SEGNI E SINTOMI DELL’ OSTEOPOROSI
Asintomatica- Comuni
Fratture
•
Vertebre
•
Anca
•
Polso
•
Altre
Dolore osseo
Riduzione in altezza
28
Cifosi
La frattura dell'anca, comunque, comporta una maggiore morbilità-mortalità. La
persistenza del dolore nelle fratture vertebrali è superiore al 50%, per cui molti
pazienti non sono in grado di riprendere le loro normali attività lavorativa, soprattutto
dopo la frattura dell'anca. Di questi ultimi, circa 1/4 ha incapacità a deambulare e
circa il 20¬30% dei pazienti muore entro un anno. Una percentuale inferiore ha un
destino simile dopo una frattura vertebrale. La perdita ossea orale può causare la
perdita dei denti.
RIPARARE LE OSSA CHE INVECCHIANO
Il deterioramento osseo che caratterizza l’OP può portare all’invalidità, ma le nuove
conoscenze sul metabolismo osseo conducono a strategie di prevenzione e di cura
sempre migliore.
La perdita di tessuto osseo è così significativa da provocare, spontaneamente o a per
urti di poco conto, la rottura delle ossa.
L’OP interessa quasi 10 milioni di persone nei soli Stati Uniti e, in particolare, donne
già in menopausa, la metà delle quali è destinata a subirne durante la loro vita una
lesione. Oggi, però, si dispone di farmaci in grado di ricostituire l'osso perduto e
quindi di ridurre notevolmente il rischio di ulteriori fratture. I farmaci oggi più
utilizzati nel trattamento dell'OP e nella prevenzione delle fratture a essa correlate
sono i bisfosfonati e, in particolare, gli amino-bisfosfonati, quali il risedronato e
l'alendronato.
Questi farmaci si sono dimostrati particolarmente efficaci nella risoluzione dell’OP e
delle fratture lineari, in tempi contenuti. L'azione dell’alendronato, si esplica non
solo sulla massa ma anche sulla microarchitettura dell’osso. Fra l’altro, recenti
scoperte sulle basi cellulari e molecolari dell'OP hanno dato spunto a terapie nuove e
più efficaci.
29
Le opzioni terapeutiche per I'OP consistevano principalmente nella somministrazione
quotidiana di integratori a base di calcio, in antidolorifici e, per le donne in
menopausa, nella terapia ormonale sostitutiva.
Tutti trattamenti utili, ma con difetti non trascurabili: la terapia ormonale sostitutiva,
per esempio, aumenta il rischio di infarto miocardico, di ictus, di tumore del seno e di
trombi ematici. Oggi invece sono disponibili diversi tipi di farmaci che riducono la
probabilità di nuove fratture in modo considerevole (70%).
CONFRONTO TRA RISEDRONATO, ALENDRONATO, IBANDRONATO
NELLA PROTEZIONE DA FRATTURE VERTEBRALI, NON VERTEBRALI- E
DI FEMORE
Lo studio CLEAR ha analizzato i dati di incidenza delle frattura relativi a oltre
210.000. pazienti, e ha confermato l’efficacia di risedronato e alendronato nella
protezione dalle fratture vertebrali, non vertebrali e di femore, mentre per ibadronato
lo studio ha evidenziato l’efficacia esclusivamente nella prevenzione delle fratture
vertebrali. Lo studio, in particolare, ha confermato l’efficacia del risedronato che ha
ridotto significativamente l’incidenza di tali fratture (-27% dopo 15 mesi), così come
alendronato (-18%), mentre per ibandronato viene ribadito che non è stata stabilita
l’efficacia sulle fratture di femore. Nel contesto italiano, le fratture di femore legate
all’osteoporosi hanno un costo sociale molto elevato, si stima che in un anno, nella
popolazione al di sopra dei 65 anni di età, ci siano stati più di ottantamila ricoveri per
fratture femorali, con un costo superiore al milìardo di euro. Lo studio CLEAR è
stato condotto con un approccio assolutamente innovativo. Per la prima volta, per
ciascuna terapia, vengono considerati i dati relativi agli stessi pazienti in due periodi
distinti: i primi tre mesi di trattamento, utilizzati come periodo di controllo e il periodo successivo fino a ulteriori 12 mesi, in cui si manifestano i benefici della terapia.
Questa metodologia ha permesso di valutare l’efficacia della terapia sulla riduzione
30
delle fratture vertebralì, non vertebrali e di femore nella stessa popolazione di pazienti in cui al è valutato il rischio di fratture iniziale (anteprima del trattamento).
SISTEMA PER IL RILASCIO CONTROLLATO DI FARMACI SALVA-OSSA
Fastidi importanti ai vari segmenti ossei e alla colonna da OP e fratture invalidanti
possono oggi essere trattati e in molti casi risolti in tempi contenuti, con un
intervento veloce che elimina subito il dolore spesso senza dover ricorrere al bisturi.
In Europa, il 12% delle persone con più di 50 anni lamenta fratture alle vertebre e, a
partire dagli 80 anni, una donna su 3 e un uomo su 9 presentano lesioni ossee alla
colonna vertebrale. Si tratta di lesioni molto dolorose e invalidanti, che possono
essere conseguenza dell’OP, di traumi o di metastasi tumorali ossee.
Esiste, appunto, un sistema terapeutico non invasivo che aiuta a risolvere il problema
senza dover ricorrere a terapie lunghe e spesso cruenti.
E’ indicata anche in caso di fratture dolorose da OP, che non trovano sollievo con gli
analgesici, né con gli oppiacei con conseguente cronicizzazione e limitazione
funzionale significativa delle attività quotidiane e della qualità della vita; lesioni
distruttive delle vertebre, dolorose, dovute a tumori benigni o maligni; fratture
multiple con deformazione dell’allineamento vertebrale (cifoscoliosi), in cui ulteriori
collassi della colonna vertebrale possono compromettere anche la funzione
respiratoria, gastrointestinale, il mantenimento della posizione eretta e la
deambulazione; traumatiche croniche non consolidate instabili (pseudoartrosi), o con
degenerazione cistica.
Il sollievo dal dolore permette di ritrovare rapidamente la capacità di muoversi senza
sofferenza, con un miglioramento significativo della qualità della vita (è, infatti,
spesso possibile fare a meno di busti e di cure antidolorifiche).
Alla base dell’effetto antidolorifico vi è la stabilizzazione meccanica delle vertebre:
la veicolazione del farmaco specifico all’interno delle vertebre, infatti, consolida le
fratture che costringevano a innaturali movimenti e che causavano dolore. Quando
una vertebra si muove in maniera innaturale, infatti, finisce per sollecitare in modo
31
scorretto ed eccessivo le terminazioni nervose che circondano l’osso, provocando
dolore.In percentuale, si è visto che l’efficacia è del 100% nei casi di fratture da
osteoporosi, di fratture non scomposte che tuttavia riescono a trovare in tale metodica
un valido contributo in caso di mancata formazione del callo osseo
COS’E’ QUESTO SISTEMA INNOVATIVO SOFT ( SENZ’AGO)
E’ una tecnica terapeutica che permette di risolvere l’OP o consolidare le vertebre
fratturate, riducendo contemporaneamente il sintomo dolore.
Consiste nel somministrare il farmaco specifico veicolandolo attraverso la cute,
senza anestesia locale, direttamente nella lesione osteoporotica o nella vertebra
fratturata (meglio sotto guida radioscopica con fluoroscopia), che si concentra sulla
sede di lesione o all’interno del corpo vertebrale fratturato, prevenendo così ulteriori
danni o cedimenti.
E’ una procedura assolutamente ben tollerata soprattutto in soggetti in non perfetto
stato di salute attendendosi alle controindicazioni e alle modalità d’uso . L’intervento
terapeutico necessita di un tempo che varia in relazione al numero di vertebre dal
segmento osseo interessate dall’evento patologico: si aggira intorno ai 30 minuti da
ripetersi due-tre volte/settimana fino a un massimo che si aggira di media attorno ai
sei trattamenti.
La riparazione ossea senz’ago rappresenta la risoluzione non traumatica dell’OP
localizzata e, spesso, l’unica soluzione incruenta per le fratture vertebrali,
• L’intervento terapeutico può essere associato anche alla chemioterapia o a
trattamenti ormonali.
Se la persona ha una frattura molto dolorosa, invece, viene sottoposta a una
radiografia e a una Risonanza magnetica. Se questi esami hanno un esito negativo,
cioè in presenza di artrosi del disco si può procedere a trattamento specifico.
In presenza di fratture ossee si procede con una scintigrafia ossea, che permette di
avere un bilancio globale della situazione delle ossa e non solo delle vertebre;
eventualmente, si può eseguire anche una Tac mirata.
32
I farmaci, negli ultimi 10 anni sono formulati per interferire con il processo di
rimodellamento osseo, o ricambio. Apparentemente inerte, l'osso è un tessuto vivo
che si distrugge e si ricostruisce nel corso di tutta la vita adulta.
Questo processo di rimodellamento rinnova in pratica l'intero scheletro ogni 10 anni,
dissolvendo o riassorbendo le ossa vecchie. Il processo di rimodellamento, libera il
calcio osseo per renderlo disponibile ai diversi tessuti e riparare le microfratture.
Durante l'infanzia e l'adolescenza la formazione delle ossa procede a una velocità
maggiore del loro riassorbimento, e ciò provoca un aumento nella densità ossea che
prosegue fino all'età di 18 anni circa, quando i giovani adulti mostrano il picco
massimo di densità, che rimane costante per tutta la maturità, poiché la formazione
delle ossa e il loro riassorbimento procedono con lo stesso ritmo. Ma, più o meno
verso i 40 anni, mentre il processo di riassorbimento inizia ad accelerare rispetto alla
formazione delle ossa, si comincia a subire un assottigliamento osseo.
PREVENZIONE E TRATTAMENTO
E' importante fin dalla più tenera età assumere con la dieta, adeguate quantità di
calcio e svolgere regolare attivita fisica. Con la menopausa si comincia a perdere
massa ossea per cui è indispensabile che si continui
a farlo anche quando si è anziani.
Un'ottima prevenzione è l'esposizione quotidiana al sole. Questa consente
all'organismo di sintetizzare la dose di vitamina D necessaria per favorire
l'assorbimento del calcio per le ossa e i denti.
Il trattamento invece è riferito alla prevenzione di ulteriori fratture nei pazienti
osteoporotici con fratture preesistenti. La prevenzione si riferisce alle fratture nei
pazienti a rischio per fragilità osteoporotica. Infatti, i pazienti con ridotta BMD
possono essere presi in considerazione per la prevenzione di eventuali fratture e i
33
pazienti con fratture preesistenti possono essere presi in considerazione per la
prevenzione di ulteriori fratture.
La terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni è stata il fondamento della terapia
e/o della prevenzione dell'osteoporosi e delle sue fratture. Tuttavia tutti i farmaci
approvati dal FDA sono anti-riassorbimento comunque la ricerca recente si è rivolta
a farmaci che stimolano la formazione ossea.
Il criterio dell'FDA per l'approvazione dei nuovi farmaci per il trattamento
dell'osteoporosi sta nella loro capacità di ridurre il tasso di frattura, ma nuovi farmaci
di tipo estrogenico sono stati considerati lo standard per le variazioni della BMD.
Sebbene per la prova di efficacia vengano prese in considerazione tutte le fratture,
particolare rilievo è rivolto alle fratture di anca e della colonna vertebrale. C’è una
relazione diretta tra la BMD pre-trattamento ed il rischio di frattura, che all'incirca
raddoppia con ogni riduzione di 1 SD nella BMD. Anche l'aumento del turnover
osseo (pretrattamento, che può essere esaminato con i marcatori ossei), è associato ad
un aumento della perdita ossea e può essere un fattore di rischio indipendente per le
fratture. Alcune terapie possono ridurre il rischio delle fratture future senza
sostanziali incrementi nella BMD.
La maggior parte dei farmaci che inibiscono il riassorbimento osseo in caso di
osteoporosi determina anche un significativo aumento della BMD entro diversi mesi
dalla somministrazione. Ciò perchè la terapia antiriassorbimento riduce il tasso di
innesco dei nuovi cicli di rimodellamento osseo e determina la formazione di un
minor numero di siti di rimodellamento ed una riduzione dello spazio del
rimodellamento.Il riempimento di questo spazio è responsabile dell'aumento della
BMD prodotto dalla maggior parte dei farmaci anti-riassorbimento. Questo processo
continua per diversi anni, dopo di che la BMD raggiunge un plateau.
• Estrogeni
Gli estrogeni sono indicati anche nella prevenzione. L'HRT indica la
somministrazione di soli estrogeni e progestinici. L'ERT indica la somministrazione
34
di estrogeni, ma viene eseguita raramente a causa del rischio neoplastico. Gli
estrogeni inibiscono il riassorbimento osseo, anche se gli osteoclasti possiedono
pochi recettori estrogenici, per cui non è chiaro il meccanismo d’azione: gli estrogeni
mediano gli effetti anti-riassorbimento regolando la produzione da parte di altre
cellule recettori-positive, come gli osteoblasti o le cellule immunitarie (citochine,
linfochine e fattori della crescita). Gli estrogeni agiscono anche conservando calcio a
livello intestinale e renale.
I preparati estrogenici approvati per il trattamento dell'OP, quelli disponibili sono:
•
Estrogeni equini coniugati, 0.625 mg
•
17 beta-estradiolo cerotti transdermici, 0.05 mg
•
Piperazina estrone solfato, 0.75 mg
•
Estrogeni esterificati, 0.3 mg, 0.625 mg e 2.6 mg
Il primo è il più usato negli Stati Uniti e viene somministrato in un dosaggio
giornaliero di 0.625 mg. Gli estrogeni esterificati rappresentano il preparato a
dosaggio orale minimo approvato per la prevenzione dell'osteoporosi, efficace a 0.3
mg/die; con minori effetti collaterali e non provoca iperplasia endometriale. Gli
estrogeni mantengono costante o incrementano la BMD.
L’ effetto può verificarsi anche 10 anni dopo la menopausa, ma è massimo se
somministrati entro 5 anni dalla menopausa. Interrotta l'HRT, la perdita ossea
"riprende" entro un intervallo di tempo simile, per cui la terapia estrogenica deve
durare tutta la vita. L'aggiunta di progestinici attenua l'iperplasia endometriale.
Gli estrogeni riducono l'incidenza delle fratture: dopo cinque anni di HRT le fratture
vertebrali si riducono del 50-80% mentre le fratture dell'anca e del polso si riducono
del 25% circa. Dopo 10 o più anni, il tasso di tutte le fratture si riduce all'incirca del
50-75%.
Nella valutazione del paziente osteoporotico devono essere presi in considerazione
sia gli effetti positivi che quelli negativi. Gli estrogeni hanno effetti benefici
cardiovascolari e in caso di demenza o di morbo di Alzheimer e può proteggere dal
cancro colorettale. Ma gli estrogeni possono causare emorragia, mastodinia, malattie
35
tromboemboliche e cancro dell'utero e della mammella. L'effetto più grave degli
estrogeni è il cancro mammario; un trattamento estrogenico di 5-10 anni può
aumentare il rischio di cancro della mammella del 35-55%. Invece, il rischio di
iperplasia e di cancro endometriale estrogeno-dipendente può essere ridotto in caso di
contemporanea somministrazione progestinica. E’comunque prudente monitorare
l'iperplasia endometriale nelle pazienti sottoposte a terapia estrogenica.
• Bifosfonati
I bifosfonati sono analoghi del pirofosfato che si depositano nell'osso per la loro
affinità all’idrossiapatite. Quì, inibiscono l'attività e il numero degli osteoclasti
riducendone il reclutamento e per promozione dell'apoptosi di tali cellule e
stabilizzano i cristalli ossei contro la dissoluzione. Solo l'alendronato è stato
approvato dal FDA, mentre l'etidronato è stato approvato per l'OP in altre 20 nazioni.
Sono in fase di valutazione altri bifosfonati da usare in caso di OP.
L'alendronato è indicato sia per il trattamento che per la prevenzione dell'OP. Per il
trattamento, è stato dimostrato che l'alendronato in un dosaggio di 10 mg/die per 3
anni aumenta la BMD a livello del tratto lombare della colonna vertebrale e a livello
dell'anca di circa il 6%. In uno studio su 2000 donne con OP ed almeno una frattura
vertebrale, l'alendronato ha determinato una riduzione del 47% nel rischio delle
fratture vertebrali, una riduzione del 90% nel rischio delle fratture vertebrali multiple,
una riduzione del 51 % nel rischio di fratture d'anca.
È stato documentato che l'alendronato riduce le fratture osteoporotiche.
Il principale effetto collaterale dell'alendronato è l'irritazione esofagea. Le patologie
del tratto GI superiore come l'esofagite, l'acalasia e le stenosi devono essere
considerate controindicazioni al trattamento a base di alendronato. Quando il farmaco
viene interrotto, si verifica un nuovo declino della BMD correlato al dosaggio e alla
durata del trattamento.
36
Gli effetti collaterali GI dei bifosfonati possono essere superati dall'impiego di
preparati parenterali. Un altro farmaco del gruppo dei bifosfonati, l'ibandronato, è già
in corso di commercializzazione.
• Calcitonina
La calcitonina è un potente farmaco anti-riassorbimento per i suoi effetti inibenti la
funzione osteoclastica ma può anche agire promuovendo la formazione ossea. È
indicata per il trattamento dell'OP nelle donne in menopausa da più di 5 anni con
bassa BMD e non idonee al trattamento estrogenico. La SCT è più potente dell'HCT
nell'uomo per la sua maggiore affinità al recettore dell'HCT.
La calcitonina di salmone è disponibile in forma iniettabile (tutte) ed intranasale. La
dose consigliata per il preparato iniettabile è di 100 unità/die e per il preparato
intranasale 200 unità/die. La SCT aumenta di poco la densità ossea vertebrale dopo
diversi anni di trattamento.
Importante l’effetto particolare dell'SCT per la sua azione analgesica sul dolore
osseo.
La calcitonina di salmone è uno dei farmaci più innocui a disposizione per il
trattamento dell'osteoporosi. Non si verifica alcun accumulo a lungo termine della
SCT nell'osso nè una riduzione della qualità.
Dopo un uso prolungato può manifestarsi una resistenza all'azione dei farmaci,
probabilmente conseguente allo sviluppo di anticorpi. La SCTviene anche usata per
trattare il morbo di Paget e l'ipercalcemia.
• Raloxifene: modulatore selettivo del recettore degli estrogeni è stato approvato
dall'FDA per la prevenzione e per il trattamento dell'osteoporosi.Rappresenta un
nuovo gruppo di farmaci con effetti sia estrogenici che anti-estrogenici e tali farmaci
sono classificati tra i modulatori selettivi del recettore estrogenico (SERM). Quindi, il
raloxifene attiva selettivamente il recettore estrogenico a livello osseo e del sistema
37
cardiovascolare mentre agisce da antagonista di tale recettore a livello della
mammella e dell'utero.
Uno studio sulle fratture vertebrali ha dimostrato una riduzione del 50% delle fratture
vertebrali oltre ad un aumento del 2-3% della BMD sia a livello della colonna che
dell'anca.
Il raloxifene è meno efficace degli estrogeni nell'aumentare la BMD,mentre i suoi
effetti sulle fratture vertebrali sono simili e non sembra essere associato ad un
maggior rischio di cancro mammario o endometriale. Il raloxifene ha molti degli
effetti positivi dell'HRT relativi alla riduzione dei lipidi. Riduce il colesterolo totale e
LDL (LDL-c), il fibrinogeno e le lipoproteine (a) e (c) senza aumentare i trigliceridi,
ma non ha effetti sull'HDL-c, Contrariamente all'ERT, il raloxifene non causa
mastodinia, iperplasia endometriale o emorragia vaginale. Sebbene chimicamente
non sia correlato al tamoxifene, agiscono entrambi come SERM. Il tamoxifene,
insieme a farmaci come il droloxifene e l'idoxifene, sono trifeniletileni, mentre il
raloxifene è un derivato del benzotiopene. A differenza del tamoxifene, il raloxifene
non causa iperplasia endometriale mentre la stimolazione endometriale può essere un
effetto collaterale del primo farmaco. Inoltre, analogamente ad alcuni studi sul
tamoxifene, il raloxifene protegge sostanzialmente dal cancro mammario. Altri effetti
collaterali del raloxifene sono i crampi alle gambe e la tromboembolia venosa.
Quest'ultimo effetto collaterale grave rappresenta una controindicazione al raloxifene
,ma è simile nelle donne sottoposte a HRT o a tamoxifene. Gli effetti tessuto-specifici
dei SERM come il raloxifene non sono stati del tutto chiariti. Sono stati identificati
diversi meccanismi molecolari tramite i quali questi farmaci possono avere effetti
differenziali sui tessuti sensibili agli estrogeni e comprendono:
•
Legame differenziale agli isotipi dei recettori estrogenici - alfa e beta
•
Differente distribuzione tissutale dei recettori estrogenici, per cui i beta hanno
prevalentemente una distribuzione ossea e gli alfa nei tessuti riproduttivi
38
•
Elementi singolari di risposta sui geni estrogeno-responsivi
•
Induzione di particolari alterazioni conformazionali tessuto-specifiche dei
recettori estrogenici
•
Effetti trascrizionali differenziali delle proteine di regolazione associate ai
recettori, comprendenti:
- Adattatori
- Coattivatori
- Corepressori.
• Fluoruri
I fluoruri promuovono la formazione ossea tramite i loro effetti mitogeni sugli
osteoblasti. Il sodio fluoruro in dosi di circa 70 mg/die ha determinato un aumento
nella BMD del tratto lombare della colonna vertebrale durante uno studio di 4 anni.
Tuttavia, nonostante l'aumento della BMD e dei marcatori della formazione ossea,
non si sono avuti effetti sostanziali sulle fratture. In realtà, alcuni studi con dosaggi
elevati di sodio fluoruro dimostrano un aumento del tasso di frattura. Ciò ha causato
preoccupazione circa la qualità del nuovo osso stimolato dai fluoruri. Negli studi
eseguiti negli Stati Uniti con un preparato a minor dosaggio e a rilascio lento che
forniva 25 mg/die di fluoruro, si è verificato:
•
Un aumento della BMD a livello della colonna vertebrale e dell'anca
•
Una riduzione delle nuove fratture vertebrali
•
Nessun effetto sulle fratture degli arti.
Studi successivi studi hanno confermato smentito questi risultati. Inoltre, i fluoruri,
soprattutto a dosaggio elevato, hanno effetti collaterali, con irritazione gastrica e una
sindrome simil-osteoartrite.
Malgrado l’uso, di una forma a rilascio lento di sodio fluoruro non ha ricevuto
l'approvazione dell'FDA.Comunque rimane l'unico farmaco che aumenta la
formazione ossea in questa fase.
La fluorurazione dell'acqua potabile non ha una chiara relazione con l'osteoporosi.
39
• Calcio
Recenti trials clinici hanno dimostrato che gli effetti della somministrazione di calcio
fosfato 1200 mg/die e vitamina D3 800 UI/die sul tasso di fratture non vertebrali sono
stati incoraggianti e positivi. Il calcio può migliorare l'effetto di altri farmaci e può
consentirne una riduzione del dosaggio.
I soggetti a rischio di osteoporosi e soprattutto le donne anziane, devono essere
pressati ad aumentare l'apporto di calcio, se inadeguato, mediante supplumentazione.
sotto molte forme.
I sali più solubili, come il citrato, sono meglio assorbiti, ma sono più costosi. Il
carbonato di calcio viene è un largamente usato di recente è stato commercializzato
un composto di calcio fosfato tribasico e vitamina (n.d.t.)
Le dosi di calcio suddivise nella giornata consentono un efficiente assorbimento
totale. Il calcio somministrato di notte può inibire l'aumento notturno del
riassorbimento osseo. La deficienza degli altri minerali ossei come il manganese o il
magnesio può avere importanza nella patogenesi e nel trattamento.
• Vitamina D
Anche se la vitamina D è il trattamento di elezione per molte forme di osteomalacia
non dimostra un sostanziale effetto benefico sulla BMD o sulle fratture. Tuttavia, in
alcune situazioni cliniche con una reale o probabile deficit di vitamina D, il
supplemento può ridurre il rischio di frattura. Per esempio, nelle donne nordiche con
scarso apporto di calcio alimentare, il supplemento dietetico di calcio e vitamina D
può aumentare la BMD a livello del collo del femore e può ridurre l'incidenza delle
fratture di anca. Il processo di invecchiamento causa una deficienza di vitamina D in
caso di:
•
Riduzione dell'esposizione al sole
•
Riduzione dei depositi cutanei dei precursori
•
Ridotta attivazione renale.
40
Quindi, è necessario che tutti i pazienti a rischio di OP abbiano un adeguato apporto
di calcio e di vitamina D con l'alimentazione. Ciò viene valutato misurando la 25idrossivitamina D nel siero e trattando tale situazione in modo appropriato. Il
calcitriolo e gli altri metaboliti simili non sembrano migliori della vitamina D per tale
indicazione, per cui possono essere consigliati i preparati standard.
Le radiazioni UVA artificiali (con speciali lampade) possono essere usate come
procedura supplementare.
• Associazione calcio-vitamina D3
Gli effetti del supplemento di vitamina D3 (800 UI/die) e calcio, sotto forma di
fosfato tricalcico, alla dose di 1200 mg/die per os sono stati oggetto di uno studio
prospettico, randomizzato, placebo-controllato, in doppio cieco, arruolando 3270
pazienti anziane (età media 84±6 anni). Questo trial ha avuto un significativo impatto
sulla pratica clinica, dal momento che ha dimostrato non solo che la prevenzione
delle fratture è attuabile anche in età avanzata, ma che tale obiettivo può essere
raggiunto con un protocollo terapeutico calcio fosfato-vitamina 03, che è poco
costoso, ben tollerato, pratico da somministrare.
Per il trattamento e la prevenzione dell'OP sono state proposte diverse nuove terapie:
nuovi bifosfonati, SERM e metaboliti della vitamina D, fattori della crescita ossea e
citochine, l'ormone della crescita e i suoi secretagoghi, sali di stronzio, ipriflavone e
PTH.
Il paratormone è stato studiato sull'uomo per i suoi effetti anabolici sull'osso. Alti
livelli di PTH endogeno generalmente causano aumentato riassorbimento osseo e
osteite fibrosa cistica, dosi basse e intermittenti di PTH 1-34 e delle forme proteiche
correlate al PTH (PTHrP) aumentano la BMO a livello della colonna vertebrale e
dell'anca.
Nuovi preparati delle terapie esistenti
•
Calcio
•
Vitamina D
41
•
Calcitonina
•
Estrogeni
•
Bifosfonati
•
SERM
• Stronzio
• Ipriflavone
Nuovi farmaci sperimentali
•
Fluoruri, compresi quelli a rilascio lento
•
PTH 1-34 e peptidi simil PTH e PTHrP
•
CGRP
Abbreviazioni:
SERM, modulatare selettivo del recettore estrogenico;
PTH, paratarmone;
PTHrP, proteina correlata al parotormone;
CGRp, peptide correlato al gene della colcitanina.
Gli steroidi anabolici incrementano la formazione ossea, ma il loro impiego nelle
donne è limitato per gli effetti virilizzanti e negli uomini per i loro effetti negativi a
livello cardiovascolare e prostatico.Comunque, possono essere usati negli uomini e
nelle donne con deficit di testosterone.
Oltre al calcio ed alla vitamina D, i supplementi proteici possono favorire
l'attenuazione della morbilità post-frattura.
• Terapie alternative
Comprendono i fitoestrogeni, il diidroepiandrosterone (DHEA) e l'ormone della
crescita.
La NOF (NATIONAL OSTEOPOROSIS FOUNDATION) ha elaborato una guida
sul trattamento dell'osteoporosi, sulla base dell'effetto di vari trattamenti sulla
percentuale di riduzione del rischio di fratture osteoporotiche, nel modo seguente:
42
•
Calcio e vitamina D-riduzione del 10% (tutte le localizzazioni)
•
CT - 0% (anca, polso), 75% (colonna vertebrale)
•
HRT - 25% (anca, polso). 50% (colonna vertebrale)
•
Bifosfonati - 50% (tutte le localizzazioni)
Fattori predisponenti alle cadute:
•
Malattie neurologiche
•
Disturbi sensoriali
•
Debolezza muscolare
•
Farmaci che interferiscono con l'equilibrio
•
Malattie croniche
-----------------------------------------------------------------------------------Procedure per ridurre il rischio e le conseguenze delle cadute relative :
Illuminazione
•
Ridurre le luci abbaglianti
• Ridurre le ombre
Pavimento
•
Evitare i tappeti
Evitare le superfici sdrucciolevoli
•
Evitare i fili elettrici
Scale
•
Ringhiere
•
Ben illuminate
•
Superfici non sdrucciolevoli
Stanza da bagno
•
Maniglie per l'appoggio
•
Vasca e doccia non sdrucciolevoli
•
Sedile nella doccia
Cucina
43
•
Posizionare bene le attrezzature
•
Armadi e mensole facilmente raggiungibili
Scarpe
•
Suola antiscivolo
•
Scarpe comode
OSTEOPOROSI SECONDARIA
Comprende un gruppo di malattie in cui può essere riscontrato o supposto uno
specifico agente eziologico e caratterizzate da una riduzione della massa ossea e da
un aumento del rischio di frattura, distinte dall'osteoporosi primaria. Le caratteristiche
dell'OP sono per lo più dominate dagli effetti dell'agente patogeno ed il trattamento è
diretto versodi esse. Le cause secondarie di OP sono responsabili di una bassa
percentuale di questo gruppo di malattie ossee.
Osteoporosi steroido-indotta
La causa più importante di OP secondaria è l'eccesso di glucocorticoidi, ma anche
nella Sindrome di Cushing. Tra gli stati patologici più comuni vi sono la pneumopatia
cronica, l'artrite reumatoide e il trapianto di organi. Gli effetti negativi sullo scheletro,
comprendeno:
•
Inibizione della formazione ossea (osteoblastica)
•
Promozione dell'apoptosi osteoblastica
•
Aumento del riassorbimento osseo (osteoclastico)
Cause dell'osteoporosi secondaria
Farmaci
•
Glucocorticoidi ed altri immunodepressivi
•
Ormoni tiroidei
•
Anticoagulanti
•
Calciuretici
Malattie endocrine e metaboliche
44
•
Ipertiroidismo
•
Iperparatiroidismo
•
Ipogonadismo
•
Sindrome di Cushing
•
Diabete mellito
•
Ipopituitarismo
•
Anoressia nervosa
•
Omocistinuria
Malattie linfo e mieloproliferative
•
Linfoma
•
Mieloma
Traumi al midollo spinale (immobilizzazione)
Voli nello spazio (assenza di peso)
Alcuni tipi di artrite (es., artrite reumatoide)
•
Ridotto assorbimento GI del calcio
•
Aumentata escrezione renale del calcio
•
Aumento secondario del PTH
•
Ridotta produzione dei fattori della crescita ossea
•
Ridotta sintesi del collagene e dell'osteocalcina
•
Ridotta produzione degli ormoni gonadici
•
Riduzione dell'ormone della crescita, dell'IGF-i e del TGF-beta
•
Causano osteonecrosi
•
Generalmente hanno azione catabolica.
Stimolano anche la produzione di citochine e linfochine che aumentano il
riassorbimento e riducono la formazione ossea. La gravità dell'osteoporosi dipende
dalla dose e dalla durata del trattamento steroideo: un trattamento con prednisone 7.5
mg/die o con un suo equivalente per 3 o più mesi provoca osteoporosi. Anche gli
steroidi inalatori ha effetti negativi . La misura della BMD e dei marcatori ossei può
essere utile nel monitoraggio. Le variazioni di queste misure indotte dagli steroidi si
45
verificano entro alcuni mesi e sono molto più evidenti di quelle riscontrate nell'OP
primaria. I marcatori del riassorbimento possono aumentare entro poche settimane
dalla somministrazione degli steroidi. L'osteoporosi steroido-indotta può essere
paragonata a quella da immunodepressivi: ciclosporina, azatioprina e metotrexate.
Trattamento dell'osteoporosi steroido-indotta
Il trattamento diretto dell'osteoporosi steroido-indotta consiste nel ridurre la dose
degli steroidi o nell'eliminarli completamente. I tentativi per trattare o controllare
l'osteoporosi da steroidi, compresi calcio e metaboliti della vitamina D, in generale
non sono stati utili.
Sia l'alendronato che l'etidronato favoriscono l'attenuazione dell'osteoporosi da
steroidi nei trials clinici. In caso di terapia a base di cortico steroidi, quattro cicli di
etidronato 400 mg per 14 giorni seguiti da calcio 500 mg per 10 settimane hanno
determinato un aumento della BMD a livello della colonna vertebrale ed una
sostanziale riduzione delle nuove fratture vertebrali. Risultati positivi sono stati
presentati in piccoli trials sulla maggior parte dei farmaci e delle terapie per l'OP,
compresi i fluoruri.Intanto i pazienti in terapia steroidea devono essere trattati con la
minima dose terapeutica e deve essere fornita una quantità adeguata di calcio e
vitamina D nell'alimentazione.
Il calcitriolo con il suo rischio di ipercalcemia ed ipercalciuria può essere sostituito
per tale indicazione dalla vitamina D. Una dose di circa 50000 UI/settimana fa salire
la 25-D sierica al livello richiesto di circa 30 ng/dL. I glucocorticoidi possono
sopprimere la funzione gonadica, (testosterone). Quindi occorre eseguire l'appropriata
misurazione sierica nei pazienti in terapia steroidea e, a seconda delle indicazioni,
bisogna istituire un trattamento a base di testosterone o estrogeni.
46
POSSIBILI SVILUPPI FUTURI
Le cellule precursori (cellule stromali) maturano in osteoblasti, mentre i macrofagi si
differenziano in osteoclasti. Le cellule stromali e gli osteoblasti regolano la
produzione degli osteoclasti.
Gli osteoblasti secernono una molecola segnale chiamata fattore di stimolazione delle
colonie per i macro, che si lega a un recettore presente sulle cellule inducendole a
moltiplicarsi.
Un'altra sostanza, RANKL, secreta dagli osteoblasti, si lega a un recettore diverso,
stimolando le cellule degli osteoblasti, tuttavia, la cosiddetta osteoprotegerina, può
bloccare la formazione degli osteoclasti agendo come recettore «bugiardo»: una volta
che si è legata alla RANKL, le impedisce di entrare in contatto con il suo recettore
diverso sui macrofagi, quindi interferisce con la formazione degli osteoclasti aumenta
la densità ossea e rallenta la velocità di riassorbimento osseo del 60 %. Nel processo
che coordina la formazione e il riassorbimento dell'osso sono coinvolti: l'estrogeno,
l'ormone paratiroideo e il fattore di crescita insulino-simile. L' estrogeno esercita i
suoi effetti attivando i recettori specifici presenti in tutti i tessuti, compresi utero,
seno, colon, muscolo e osso. Aiuta interferisce sulla produzione degli osteoclasti.
Cioè si lega agli osteoblasti dell'osso e li induce ad incrementare la secrezione di
osteoprotegerina, al contempo la produzione di RANKL: i segnali inibiscono la
formazione degli osteoclasti e quindi la perdita di tessuto osseo. La minore
concentrazione di estrogeno in menopausa, perciò si traduce in una perdita di tessuto
osseo poiché si elimina un freno alla formazione e all'attività osteoclastica . Inoltre,
l'estrogeno prolunga la vita degli osteoblasti, stimolando, l'autodistruzione degli
osteoclasti. Così, la riduzione dell'estrogeno in menopausa ha un triplice effetto
negativo: osteoblasti con vita breve che competono con un maggior numero di
osteoclasti che, oltretutto, possiedono una vita più lunga.
Attualmente i bifosfonati sono la migliore alternativa.
I modulatori dei recettori estrogenici (SERM) possono rivelarsi utili per il trattamento
a lungo termine di donne che hanno il timore di ammalarsi di cancro del seno, nelle
47
ossa, i SERM si comportano in modo simile all'estrogeno, mentre bloccano gli effetti
di questo ormone in altri tessuti, come la mammella. L'unico SERM approvato per la
cura e la prevenzione dell'osteoporosi è il raloxifene che riduce il rischio di
ammalarsi di tumore del seno.
L'estrogeno influenza tutti i propri tessuti bersaglio nella donna, riproduttivi o meno,
quindi entra nel nucleo e si lega al proprio recettore. Un complesso estrogenorecettore (con altre proteine coattivatrici nucleari) interagisce direttamente con
sequenze di DNA, inducendo certi geni a produrre le relative proteine necessarie per
le attività cellulari.
Tuttavia, questa successione di eventi di tipo «genotropico» non giustifica però tutti i
numerosi effetti dell'ormone sulle cellule. E’ stato ipotizzato che l'estrogeno agisca
anche attraverso un altro meccanismo che influenza le ossa e altri tessuti non
riproduttivi sia nell'uomo sia nella donna e che risulta privo di effetti sui tessuti
riproduttivi. L'estrogeno si lega sempre ai recettori endocellulari, che inducono
cambiamenti cellulari agendo sulle chinasi, enzimi che si trovano all'esterno del
nucleo, nel citoplasma dove si ritrovano sia negli osteoblasti sia negli osteoclasti.Le
chinasi attivate, quindi, migrano fino al nucleo, dove partecipano alla regolazione
dell'espressione genica.
«Science» ha pubblicato i risultati degli studi sul topo in cui sono stati messi a
confronto l'estrogeno e l'estren (ormone simile all'estrogeno, progettato per agire
esclusivamente lungo la via metaboIica non geotropica). L’estren si è rivelato più
efficace nel ricostruire il tessuto osseo .Importante è che l'estren non ha aumentato il
peso dell'utero nell'animale. Nei maschi: l'estren si è rivelato altrettanto efficace del
testosterone nel ricostruire l'osso perduto nei topi ai quali erano stati rimossi i
testicoli senza produrre effetti sul peso delle vescicole seminali (a differenza del
testosterone).
L'estren potrebbe quindi far parte di una nuova classe di farmaci contro l'osteoporosi,
che è stata chiamata ANGELS (acronimo per attivatori dei segnali non genomici
estrogeno-simili).
48
Come l'estrogeno limita lo sviluppo degli osteoclasti e protegge dalla perdita di
tessuto osseo, l'ormone paratiroideo (PTH) può essere considerato il motore che,
poichè promuove l'azione degli osteoclasti.
Il PTH stimola indirettamente la formazione degli osteoclasti, legandosi agli
osteoblasti e inducendoli ad aumentare la secrezione di RANKL e a diminuire quella
di osteoprotegerina, con un meccanismo opposto a quello dell'estrogeno che regola la
RANKL e l'osteoprotegerina. Comunque, il PTH è da considerare come agente
principale in grado di ricostruire l'osso, e alcuni dati indicano che potrebbe essere
addirittura il migliore di tutti i trattamenti contro l'osteoporosi.
Sebbene il PTH endogeno promuova la perdita di tessuto osseo quando la sua
concentrazione rimane elevata per lunghi periodi, iniezioni intermittenti sortiscono
una risposta del tutto diversa. Il PTH ricombinante, somministrato a intervalli
aumenta la densità ossea (soprattutto nelle vertebre)incrementando l'integrità
strutturale delle ossa e previene le fratture sia nelle donne in menopausa che negli
uomini. Iniezioni quotidiane di PTH incrementano la densità ossea dell'8-10 % dopo
un anno di trattamento, mentre il rischio di frattura viene ridotto di un notevole 60%.
Un PTH somministrabile per via intramuscolare è stato approvato alla fine del 2002
dalla Food and Drug Administration per il trattamento e la prevenzione
dell'osteoporosi sia nell'uomo sia nella donna.
Sembra che le dosi intermittenti inducano i precursori degli osteoblasti a svilupparsi
in cellule mature, impedendo che quelli maturi muoiano: ciò determina un
incremento numerico significativo degli osteoblasti osteogenici, che risultano attivi
per periodi più lunghi.
Una specifica molecola che viene attivata dal trattamento intermittente a base di PTH
è il fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1), che stimola le cellule stromali a
differenziarsi in osteoblasti osteogenici. I livelli sierici di IGF-1 che negli adulti sani
circola anche nel sangue in elevate concentrazioni.mostrano notevoli differenze, con
importanti implicazioni sulla densità ossea. Sebbene una dieta sbilanciata può
provocarne la una diminuzione, il 60 % o più dell’1GF-1 è geneticamente
49
determinato: da dati recenti si rivela che i livelli «elevati ma nella norma» di IGF-1
che proteggono contro l'osteoporosi sono collegati anche a un aumentato rischio di
cancro del seno, della prostata e, forse, anche del colon. La possibilità di misurare i
livelli sierici di IGF-1 può servire come strumento di previsione.
TRATTAMENTO FARMACOTERAPICO TRANS EPIDERMAL BARRIER E
SUO MECCANISMO D'AZIONE
Anche nel campo dell’osteoporosi si devono distinguere le forme più lievi, in cui, con
il trattamento farma t.e.b., si ottengono i risultati migliori, dalle forme più gravi, dove
la metodica può anche essere considerata come un intervento di completamento e di
supporto rispetto alle forme terapeutiche tradizionali.
Il sistema trova applicazione, grazie alla sua benefica azione che consiste nell’
esaltazione dell’effetto farmacoterapico. La semplicità e l’agevolezza del trattamento
e la totale conferma del sistema, in tutti i casi trattati, sono tali da consigliare la
pratica della metodica a domicilio, grazie all'impiego di dispositivi portatili muniti di
batteria.
I tempi di guarigione sono direttamente proporzionali all’entità della lesione
osteoporotica.
Obiettivi del trattamento:
• Controllo del dolore
• Stabilizzazione della degenerazione e tentativo di ricostruzione tramite:
• Sostegno dei fattori positivi
• Esclusione dei fattori negativi
• Introduzione di sostanze mancanti
• Ristabilimento dell'equilibrio ormonale (via orale o i.m.)
• Controllo del dolore
Per diminuire lo stress durante lo stadio algico:
50
se necessario antiflogistici: per es. enzimi proteolitici e antidolorifici
se necessario analgesici sintetici
• Stabilizzazione della degenerazione e tentativo di ricostruzione
• Sostegno dei fattori positivi
alimentazione tendenzialmente proteica (min. 1.5 gr/kg), alcalina particolarmente a
base di alimenti ricchi di calcio, vitamina D e magnesio
terapia di movimento leggera atta a non causare dolori
lavoro corporeo regolare con lo scopo di ottenere un rilassamento dei muscoli senza
dolore
luce sulla pelle: almeno mezz'ora di esposizione alla luce del giorno
equilibrio ormonale
• Esclusione dei fattori negativi
Il fumo di sigaretta e’ assolutamente sconsigliato perchè esercita effetti antiormonali
e peggiora la quantità e la qualità dell'osso esponendo il corpo ad un rischio molto
elevato di osteoporosi e fratture;
l'escrezione di grandi quantità di calcio (in presenza di ambiente acido) attraverso
l'urina, per cui è auspicabile un controllo rigoroso del pH dell'urina e conseguente
regolazione con prodotti minerali basici fino al raggiungimento di un pH medio di
6,8;
evitare ambienti freddi ,umidi ,scuri;
riconoscere ed evitare fattori di stress ;
• Introduzione di sostanze mancanti
ricche di aminoacidi (glicina, prolina, lisina, acido glutammico, alanina, arginina)
indispensabili per la sintetizzazione delle fibrille ossee portanti,
51
calcio, fosforo, vitamina D, magnesio, vitamina C e del complesso B. L'assimilazione
di calcio non avviene con la semplice assunzioni di latte, yogurt, formaggi o altri
derivati del latte. Il latte, di origine animale, è collegato all'assunzione di proteine
acide, che attivano i meccanismi di tamponamento naturale dell'acidosi metabolica
indotta, riducendo le riserve minerali di calcio presenti nelle ossa e nei muscoli.
• Ristabilimento dell'equilibrio ormonale (via orale o i.m.)
per rilevanti disturbi menopausali: ormoni prescritti dal medico,
sostanze vegetali simili agli ormoni gonadotropi
Il trattamento può essere distinto in più fasi, con obiettivi differenti:
1)
riduzione importante del danno mediante un terapia flebotonico- e antalgico-
miorilassante;
2)
riparazione del danno osseo, al fine di ottenere una risoluzione ottimale,
mediante un’applicazione trofico-metabolica;
3) predisposizione alla ripresa funzionale specifica.
Grazie all'azione antalgica farmacologica, la terapia ci permette di eliminare il
sintomo dolore e di dare immediato sollievo al paziente.
L’incremento del flusso venoso e del drenaggio linfatico migliora e accelera i
processi riparativi locali, soprattutto l’attività euriparativa per la ristrutturazione delle
parti anatomiche danneggiate.
In tutte le fasi previste, il trattamento terapeutico permette il movimento con
notevole anticipo nei tempi di guarigione e di recupero dell’ attività motoria.
Quanto possa essere nocivo il riposo, si ricorda che è stato dimostrato che un arresto
della attività fisica di 20 giorni porta ad una diminuzione di circa il 30% dell'attività
respiratoria.
L'inattività fisica comporta inoltre una situazione di ipotonia-ipotrofia muscolare,
rapida e grave in tutto l'arto con coinvolgimento di molti gruppi muscolari, talvolta
con aumento ponderale con la connotazione di una lipodistrofia localizzata (cellulite)
.
52
Il riposo determina ancora un allungamento notevole dei tempi di riparazione locale.
Ciò è spesso la premessa di complicanze.
TEMPI DI GUARIGIONE E RECUPERO SECONDO LA CASISTICA
PERSONALE.
L’OP è una affezione suscettibile di soluzione in tempi molto contenuti, quindi non si
può parlare di tempi di recupero e guarigione. Grazie alla metodica, il paziente può
essere messo nelle migliori condizioni di continuare a svolgere il proprio lavoro. Va
qui ricordato (ma è regola generale) che la terapia con farma t.e.b. non copre il
sintomo ma risolve la condizione anatomo-patologica e funzionale che ne è alla base:
così, in caso di OP, il trattamento non risolve semplicemente il dolore, ma determina
una rimozione delle condizioni che hanno provocato tale condizione patologica.
Il trattamento farmaco-terapeutico di sostegno consente la scomparsa sistematica
della sintomatologia dolorosa e il recupero della funzionalità dell’arto interessato da
lesione osteoporotica.
La semplicità dell’applicazione e la validità della tecnica, in tutti i casi trattati, sono
tali da potere praticare il trattamento anche a domicilio specie nel soggetto anziano
non deambulante, grazie allo impiego dell’apparecchio portatile munito di batteria.
OBIETTIVI, FASI D’IMPIEGO E RISULTATI
In caso di OP, il primo obiettivo è la riduzione della sintomatologia dolorosa. E’
necessario tenere presente che i tempi biologici di guarigione sono direttamente
proporzionali ai danni eventualmente causati dall'azione di una noxa lesiva.
E’ importante, durante la fase acuta,quindi sedare il dolore e risolvere la lesione
ossea,offre il vantaggio di un’efficacia più pronta e rappresenta il modo più semplice
e diretto per avvicinare la terapia al luogo della patologia, by-passando i problemi
legati all’assorbimento gastrico, evitando quelle biotrasformazioni dovute alle
az.enzimatiche della parete intestinale e del fegato e alla tappa plasmatica. Inoltre è
53
importante che il farmaco si presenti in forma libera all’organo bersaglio sede di
lesione.
CASISTICA.
Il trattamento è stato riservato a tutte le fasi dell’osteoporosi e del m. di Sudeck. Sono
stati inseriti nello studio 30 pazienti di età compresa tra i 20 e i 63 anni, di sesso
maschile e femminile, con diagnosi documentata da esame radiografico, tomografia
assiale computerizzata, compresi i casi già sottoposti a terapia fisica riabilitativa e
farmacologica senza alcun beneficio. Sono stati esclusi soggetti affetti dalle patologie
sistemiche sopra descritte. Prima del trattamento è stato chiesto consenso informato
al paziente. Le applicazioni terapeutiche si sono svolte a cadenza trisettimanale, per
un totale di cinque trattamentii, utilizzando in modo differenziale i punti scelti, a
seconda della sintomatologia iniziale del dolore e della sua evoluzione o
modificazione in corso di trattamento.
La tecnica terapeutica è stata eseguita in conformità alle modalità d’uso del sistema
con profondità in range variabile tra 0,1e 95 mm.
RISULTATI E DISCUSSIONE.
Nei 30 casi trattati non sono emerse complicanze nè intolleranze ai farmaci utilizzati.
I parametri considerati sono stati:
dolore con scala analogica visiva SAD;
dolore notturno / diurno; risvegli notturni;
valutazione della forza di presa.
Il confronto è stato effettuato tra la valutazione iniziale (T°) ed il controllo eseguito a
distanza di un mese dalla conclusione del trattamento (T').
La SAD ha evidenziato una remissione completa del dolore in tutti i 30 pazienti
trattati in tempi leggermente differenti. I dolori diurni si sono modificati in maniera
considerevole con scomparsa definitiva nel 90% dei casi dopo n°tre applicazioni;
54
mentre in tre pazienti (10%) si sono ridotte in modo significativo nello stesso numero
di trattamenti, con remissione totale nei tre trattamenti successivi .
I dolori notturni con risveglio si sono modificati in tutti i pazienti trattati, in modo
importante in pari numero di trattamenti.
La nostra osservazione, anche se basata su criteri prevalentemente soggettivi, ci fa
ritenere che l'efficacia del trattamento non sia, in nessun caso, mai inferiore allo
standard della terapia farmacologica tradizionale, con un vantaggio fondamentale
non trascurabile, dal momento che la stragrande maggioranza degli Autori ritiene
assolutamente negativa la metodica infiltrativa, invasiva del circolo sistemico quindi
non privo di effetti collaterali e controindicazioni.
Con il sistema terapeutico innovativo la risposta è spesso contestuale sulla
remissione del sintomo dolore e sulla limitazione funzionale dei movimenti articolari
o dell’atto respiratorio. Richiede, in mani esperte, quindici-venti minuti senza
anestesia locale e va ripetuto ogni due giorni per un ciclo medio di 5 trattamenti
terapeutici.
In ogni caso, dopo un breve ciclo (due applicazioni) di terapia farmacologica,
assolutamente indolore, lascia gradatamente liberi i movimenti.
Il sistema sembra in grado di attivare il sistema del «gate control» di Melzack e Wall
a livello delle corna posteriori del midollo spinale.
L’ effetto antalgico si ottiene comunque mediante la somministrazione locale di un
anestetico (carbocaina, xylocaina, naropina, rupivacaina, chirocaina) in grado di
bloccare le afferenze dolorifiche direttamente a livello periferico.
Il protocollo dovrà prevedere farmaci quali il ketoprofene o l’indometacina che
realizzano un effetto antiinfiammatorio e l’arnica, l’escina, la clorproetazina, in
possesso di azione antiessudativa mediata da un meccanismo di fibrinolisi e di
ripulitura» locale.
Infine vengono impiegati il xantinolo-nicotinato e il dantrolene:
55
il primo esercitando una positiva azione emocinetica, aumenta l'afflusso ematico alla
regione muscolare interessata e quindi migliora l'apporto d'ossigeno e consente la
rimozione dell'acido lattico.
Vengono così favoriti il riassorbimento dell’edema, la «disinfiltrazione e la
ripulitura» tissutale, ed infine, per l'azione proteico-metabolica, vengono accelerati i
processi riparativi. L'emocinetico ha un suo ruolo, anche, in quanto adegua il
microcircolo alle aumentate richieste dei tessuti, pertanto in questa fase, tutti i
farmaci ad azione flebotonica, sono complementari.
Il dantrolene, decontratturante periferico, ha un'azione antalgica giacché rimuove lo
spasmo muscolare, di per se stesso fonte di dolore, ma nel contempo, risolvendo tale
spasmo. esercita una azione emocinetica indiretta nel senso che consente ai vasi, posti
nel contesto del muscolo non più contratturato. di dispiegarsi, permettendo, anzi
accentuando l'azione del farmaco emocinetico. L’azione antiedemigena riduce difatti
l’imbibizione del connettivo mediante depolimerizzazione dei proteoglicani,
responsabili dell’idrofilia tessutale. I proteoglicani causano una viscosità della
sostanza fondamentale e la loro depolimerizzazione determina una maggiore fluidità
di essa e di conseguenza una facilitazione alla circolazione sanguigna, nell'interstizio,
nonché del riassorbimento dell'edema.
Le vitamine B1 e B6 (le sostanze impiegate devono essere attive subito e non dopo
trasformazione metabolica, come avviene con la vit.B12 il cui uso non trova alcuna
giustificazione), il Pregabalin (Lyrica) e la dipalmitoiletanolamide (Normast), sono
da aggiungersi al protocollo terapeutico, qualora si rilevi, dalla sintomatologia e
dall'obiettività, la presenza di compromissioni nevritiche, o radicolo-nevritiche.
I trattamenti terapeutici con l’uso di medicamenti (flebotonici) consentono la ripresa
dell’attività fisica che fa aumentare la velocità del sangue, la portata circolatoria
distrettuale e, a livello degli arti superiori, il drenaggio veno-linfatico: per azione
della pompa muscolare e del movimento articolare.
56
Ciò contribuisce ad incrementare l’attività fibrinolitica, il riassorbimento più rapido
dell’edema, la disinfiltrazione più rapida di eventuali residui necrotici e un
incremento dell'apporto di ossigeno e di sostanze nutritizie in generale.
La migliore ossigenazione, il ripristino dei meccanismi di produzione energetica in
aereobiosi e l'allontanamento di acido lattico, restituiscono un pH fisiologico, e
quindi la riacquisizione della normale contrattilità della fibra muscolare. Tanto basta
per recuperare in breve tempo (10-12 gg.), la sensibilità e far regredire i disturbi
dolorosi e invalidanti.
I tempi di guarigione sono direttamente proporzionali ai danni causati dal trauma o
dall’osteoporosi, alla tempestività d’intervento, all’eventuale entità dell’edema, alla
eventuale quantità di fibre muscolari e nervose interessate dall’evento lesivo.
PREVENZIONE – TRATTAMENTO
Con l'età i tessuti non ricevono più, un adeguato ricambio cellulare e perdono
progressivamente la capacità di funzionare in modo adeguato.
Anche le cellule staminali invecchiano assieme all'organismo. Per questo diminuisce
la capacità rigenerante dei tessuti e si innesca un processo generalizzato di
senescenza a carico delle cellule dei tessuti e delle cellule staminali ivi localizzate.
A ciò si unisce la perdita della capacità di rispondere allo stress ossidativo e ai danni
ambientali.
D’altra parte la molecola del temprenone che, in condizioni normali, protegge i
telomeri, contribuendo ad aumentare la longevità cellulare, interferisce con la
riduzione della lunghezza dei telomeri cellulari ed è quindi causa di minore vitalità e
di degrado dei tessuti.
L’apporto di proteine, di lipidi, di carboidrati, di minerali e di antiossidanti specifici
possono contribuire a proteggere le cellule staminali (e tutte le cellule dei tessuti ) e a
svolgere un'azione di natura rigenerante e riattivante la longevità cellulare a
beneficio dei tessuti degli organi lesi.
57
Per ovviare a tali possibili ostacoli che si verificano naturalmente in una serie infinita
di eventi patologici, è importante la prevenzione, facendo ricorso, anche a trattamenti
loco-regionalizzati (la via più breve perché i principi attivi giungano alla sede del
danno ) con antiossidanti, “radical scavenger”, neurotrofici, drenanti e
rivascolarizzanti, e di ginnastica passiva, atti a ritardare, per quanto possibile, i danni
dell’età e degli errori alimentari e di postura, sopratutto mediante un’efficiente
ossigenazione e nutrimento dei tessuti e l’eliminazione delle scorie.
La notevole efficacia del trattamento, è l’unico mezzo, di fatto, atto a garantire una
pronta ripresa dell'attività fisica.
La semplicità e l’agevolezza del trattamento e la totale conferma del sistema, in tutti i
casi trattati, sono tali da consigliare di praticare la metodica anche a domicilio
(deospedalizzazione), grazie all'impiego di dispositivi portatili muniti di batteria.
Tali risultati si protraggono per un periodo indefinito di tempo a condizione che non
si rinnovino, nel medio-lungo periodo, le medesime condizioni che ne hanno
provocato precedentemente la sindrome.
Dott.Antonino d’Africa
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