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n. 3 - 2012
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Periodico della BIoS S.p.A. fondata da Maria Grazia Tambroni Patrizi
L’editoriale
Spending review e gestione della salute
2
Direttore Responsabile
Fernando Patrizi
Direzione Scientifica
Giuseppe Luzi
Depressione:
nome comune, femminile, singolare
Carolina Aranci
EcocolorDoppler per la prevenzione e per la diagnosi
delle malattie cerebrovascolari
Gilnardo Novelli
Mixing
Alessandro Ciammaichella
A tutto campo
Vescica iperattiva: una patologia sottostimata
Romana Vallone
3
Coordinamento Editoriale
Licia Marti
7
10
13
17
Selectio
20
Imparare dalla clinica
Sintomi delle basse vie urinarie e ipertrofia prostatica
Gianrico Prigiotti
Hanno collaborato a questo numero:
Carolina Aranci, Alessandro Ciammaichella,
Francesco Leone, Giuseppe Luzi, Gilnardo Novelli,
Gianrico Prigiotti, Claudia Rossi, Romana Vallone,
Giuditta Valorani, Augusto Vellucci.
1
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non sia stato possibile reperire la fonte
Pubblicazione in distribuzione gratuita.
25
Bios. Novità per il medico
La malattia peptica e il Gastropanel: diagnosi sierologica o endoscopia? 29
Augusto Vellucci, Claudia Rossi
From bench to bedside
Giuditta Valorani
Comitato Scientifico
Armando Calzolari
Carla Candia
Vincenzo Di Lella
Francesco Leone
Giuseppe Luzi
Gilnardo Novellli
Giovanni Peruzzi
Augusto Vellucci
Anneo Violante
La responsabilità delle affermazioni contenute
negli articoli è dei singoli autori.
Il Punto
Immagini diagnostiche in immunofluorescenza
Francesco Leone
Leggere le analisi
L’analisi routinaria delle urine
a cura di Giuseppe Luzi
Segreteria di Redazione
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33
Finito di stampare nel mese di luglio 2012
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Dir. Sanitario: Dott. Francesco Leone
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2
L’EDItoRIALE
I
n una nota di Adnkronos salute del 8 maggio
2012 si legge sanità protagonista in spending
review, in 7 giorni oltre 95.000 mail a sito governo. Ovviamente non tutte le 95.000 segnalazioni
di possibili sprechi riguardano la Sanità, ma non
c’è dubbio che ciascun cittadino, nella propria individuale esperienza, ha potuto osservare nelle diverse strutture assistenziali varie forme di distorsione organizzativa e conseguente perdita economica. Nella stesso nota viene inoltre riportato
quanto segue:
Le mail dei cittadini – spiega ancora l’ufficio
stampa di palazzo Chigi – si dividono in due grandi categorie: quelle specifiche, che segnalano sprechi circoscritti a singole amministrazioni o enti
pubblici, spesso Enti locali, e quelle che invece intervengono su grandi temi di interesse pubblico –
come la sanità, dove un cittadino di Treviso denuncia “i pasti inutilizzati delle mense che finiscono nella spazzatura” o “il riscaldamento sempre acceso anche d’estate”.
Come cittadini di una nazione che ha fatto molto, in passato, per costruire un stato sociale estendibile a tutti e tenuto conto delle professionalità
esistenti nelle diverse strutture che operano nei settori della Sanità, è assai doloroso confrontarsi con
questi temi. Anche perché viene toccato un argomento sensibile: per questo motivo le strutture private che lavorano nell’ambito della salute, sia nella fase organizzativa sia nella fase operativa direttamente rivolta all’utente, debbono farsi carico di
una sempre più oculata gestione delle spese aziendali. Spesso si è detto, come anche in precedenti
editoriali di questa rivista: il “privato” risparmia
sulla qualità perché ha un interesse economico da
salvaguardare. Ma queste affermazioni, non di rado frutto di un approccio schematico e “populistico” al problema, vengono contraddette alla luce di
una realtà molto semplice: perché negli ultimi anni, invece, molti cittadini si rivolgono all’assistenza privata pur dovendo affrontare un qualche onere di spesa, talora non irrilevante (soprattutto in
tempo di crisi economica)? Il cittadino percepisce
“migliore” la qualità del privato rispetto al “pubblico”? Ovviamente dipende da cosa intendiamo
per percezione, prestazione di qualità e così via.
È evidente che per la loro complessità alcune
prestazioni (interventi terapeutici, determinati servizi sanitari essenziali, malattie rare, analisi ad altissimo costo) e l’utilizzo della strumentazione relativa debbano essere compito della gestione pubblica. Tuttavia, ad esempio, per quanto riguarda i
servizi diagnostici e più in particolare le indagini di
laboratorio, si torna ad auspicare che l’amministrazione pubblica agisca selettivamente nell’individuare strutture private che abbiano dimostrato di
fornire un adeguato e aggiornato servizio al cittadino. Così facendo, essendo dimostrata la maggiore economicità della prestazione privata rispetto a
quella pubblica, come è stato già segnalato nel precedente editoriale del maggio 2012, si otterrebbe
come primo risultato un risparmio netto a parità di
numero delle prestazioni erogate.
La nostra, purtroppo, è una nazione di persone
non giovani e sappiamo che il futuro “invecchierà”
ancora di più. Prestazioni medico/assistenziali saranno sempre più richieste dagli utenti nel contesto
di nuove situazioni sociologicamente complesse.
Partiamo dalla conoscenza di questa realtà, ben delineata ormai in proiezioni statistiche a medio-lungo termine, per cominciare una sana revisione della spesa (“spending review”), equilibrata e sostenibile. Altrimenti si vanificherebbe l’impegno che
le strutture hanno fornito storicamente come risorsa per il cittadino, causando un sostanziale decremento degli indici che definiscono la qualità della
nostra vita.
La sensibilità professionale della BIOS e la
consapevolezza dell’importanza del rapporto costi/benefici è stata più volte evidenziata anche nel
recente passato. Un impegno per il futuro deve
consistere nel mantenere le premesse che consentano un equo bilanciamento tra sanità da prestazione privata e sanità da prestazione pubblica.
DEPRESSIoNE:
NoME CoMUNE, FEMMINILE, SINGoLARE
Carolina Aranci
3
A
volte la depressione è femmina. Se lo stato
depressivo è una condizione comune a milioni di persone in tutto il mondo ogni anno, per
i ritmi di vita e le crisi socio-affettive attuali, le
donne ne soffrono il doppio degli uomini, in particolare tra i 18 e i 44 anni e dopo i 65; e il 25 per
cento della popolazione femminile ne è colpita
una volta nella vita.
In cosa consiste il disagio? Ci si chiude in se
stessi perdendo la voglia e la capacità di interagire con gli altri, non avendo più stimoli vitali né
entusiasmo nell’affrontare la quotidianità. Oltre
all’umore sottoterra, al senso di colpa, alla visione pessimistica di qualunque cosa, il depresso presenta sintomi visibili come rallentamento
psicomotorio, incapacità di sorridere, insonnia,
modificazioni dell’appetito e dunque del peso.
La solitudine è poi una delle situazioni in cui si
sviluppa più facilmente la crisi, venendo a mancare la presenza di affetti e persone care sulle
quali contare.
Se è in agguato anche durante e dopo il parto, cosa che certamente fa lievitare il numero di
soggetti femminili colpiti, le donne sembrano
soffrire molto più degli uomini di un tipo di depressione piuttosto subdolo legato al mondo psico-affettivo. Si presenta infatti anche in situazioni di vita familiare in cui convivono altre persone, con le quali tuttavia il depresso non si trova in sintonia, non riesce a confrontarsi, avvertendole anzi più come un peso alla propria realizzazione che non come un aiuto. In molte donne sposate, ad esempio, la mancanza di comunicazione con il partner, dovuta a stanchezza, superbia, superficialità, egoismo e altri fattori che
variano da caso a caso, può far sentire alla don-
4
na un profondo senso di solitudine, pur all’interno della vita matrimoniale. Non si sente ascoltata, capita, sostenuta e si fa carico ogni giorno di
più dei problemi casalinghi o familiari, schiacciata dal peso delle cose che accadono e che vengono sorrette principalmente, se non esclusivamente, da lei. Da ciò scaturisce un senso di inadeguatezza della persona di fronte a situazioni
che si fanno sempre più difficili da sostenere, fino a divenire insormontabili. Perciò la moglie
sviluppa un forte senso di solitudine, poi di incapacità, fino ad arrivare alla vera e propria depressione, che peggiora il rapporto con il partner. Interrompe allora l’apertura a qualsiasi dialogo col marito per evitare di sentirsi rispondere
con continui dinieghi, soffre di astenia sessuale
in quanto non avverte più alcun feeling con lui,
da cui anzi si sente rifiutata a livello psico-caratteriale, e si chiude in una realtà egotistica che
danneggia parimenti lei e la vita matrimoniale.
Significativa in tal senso è l’esperienza
raccontata nella lettera che segue.
“Mio marito mi deprime. La vita con lui è
faticosissima e di respiro corto. La mattina
vorrei che al suono della sveglia mi abbracciasse e mi salutasse teneramente, invece
spesso al mio dolce ‘buongiorno!’ risponde
con un mugugno scontroso. so che lo fa perché non è felice del suo lavoro, ma è me che
tratta male.
Da quando siamo sposati avrà preparato
la colazione per me due, forse tre volte; in genere, anche se si alza per primo, devo essere
io ad accendere il gas sotto la macchinetta del
caffè e a scaldare il latte. Dopo devo sciacquare le tazze della colazione, perché lui le
leva dalla tavola ma solo per metterle nel lavandino; molto difficilmente le lava e le ripone nello scolapiatti. si veste lasciando abiti in
giro per la casa, e quelli che mette nell’armadio non sono sempre ben piegati né al loro posto; devo perciò rimetterli in ordine io,
mentre mi preparo a mia volta per il mio lavoro. Potrei lasciarli così come sono, è vero,
peggio per lui; invece no, sarebbe peggio per
me, perché ciò che non trova in ordine crede
sia anche sporco, dunque lo mette a lavare e
naturalmente a fare le lavatrici e stendere i
panni sono io...
La mia giornata è in genere un turbinio di
cose da fare; finita l’attività professionale inizia quella di gestione della casa, e raramente ho spazio per un po’ di sport o per me.
Quando riesco ad esempio ad andare in piscina – dove non vado da due mesi - è perché
mi impongo di fare una pausa tutta mia, per
evitare di esaurirmi.
La sera, quando è l’ora in cui lui esce dall’ufficio, smetto ogni altra attività domestica
per iniziare a preparare la cena, perché la trovi pronta. E anche in questo caso, dopo che
io ho apparecchiato e cucinato, in genere devo anche sparecchiare e riporre i piatti sporchi nella lavastoviglie, in quanto lui dice di
sentirsi stanco e va a stendersi sul letto o sul
divano. Come se io, invece, fossi fresca e riposata come una rosa…
Al termine del riordino della cucina, lo
trovo di nuovo immerso nelle sue letture o dietro lo schermo del pc. Nelle giornate più nere, quando provo a parlargli lui neanche mi
risponde o al massimo si limita a farlo svogliatamente senza staccare gli occhi dal testo
o dallo schermo che ha davanti. se sottopongo alla sua attenzione qualche problema o cose da fare, mi dice che lo farà domani… e naturalmente l’indomani ripete lo stesso, senza
mai risolvere il problema. Così, dopo qualche
giorno, di pomeriggio, sono io a dovermela
sbrigare da sola o a dover chiamare qualche
persona o parente, in genere mio padre, per
aiutarmi a risolvere cose di cui da sola non
riesco a venire a capo.
Ad esempio, domani è il nostro anniversario di matrimonio. Mio marito è tornato a
casa verso le 20, io sono corsa ad abbracciarlo (come faccio ogni sera) e a dirgli che
ero in pigiama perché mi ero appena fatta una
doccia rilassante, ma che ero pronta a cam-
biarmi se lui avesse voluto uscire, andare al
cinema o altro, o anche a farci un po’ di coccole. Lui ha risposto che gli sarebbe dispiaciuto saltare il tennis, visto che dopodomani è
festa nazionale e dunque lo dovrà saltare per
forza, così come non potrà praticarlo la volta successiva perché, senza che io lo sapessi,
ha prenotato una visita medica proprio per
quel giorno. Così ora sono sola a scrivere,
con la cena da preparare, i capelli sciolti e
profumati ma senza che la persona per cui li
ho così li stia apprezzando. ‘Quando torno
facciamo qualcosa assieme’, ha detto mentre
usciva, ma io gli ho fatto presente che tornerà
alle 22.30, e dopo cena sarò troppo stanca e
andrò a dormire, visto che domattina la sveglia suonerà impietosa alle 7. D’altronde, ha
sottolineato, l’anniversario è domani, mica
oggi… quando gli ho detto che però sarebbe
stato bello iniziarlo a festeggiare stando assieme già la sera precedente non ha replicato. il suo uscire di casa è stata la risposta.
La visita medica che ha prenotato mentre
era in ufficio è per una pulizia dell’intestino.
Da quando siamo sposati, nonostante la mia
dieta sia a base di carne o pesce, la sera, ho
sempre dovuto cucinargli per cena riso o pasta in bianco perché esattamente nelle settimane vicine al nostro matrimonio lui ha cominciato, dice, a soffrire di colon irritabile.
Così io ho dovuto cambiare - o per lo meno
trascurare - le mie abitudini alimentari, ingrassando quattro chili.
Questo fastidio al colon non dico non esista in realtà, ma di sicuro viene appesantito
dalle sue fisime. Mio marito infatti sembra in
certa misura ipocondriaco, e ne sono prova
le medicine che lui, a 40 anni e dunque a
un’età ancora non certo avanzata, ha accanto al letto. A iniziare dalla Valeriana, che
prende perché di notte dice di non riuscire a
dormire, cosa di cui accusa quasi sempre me
per il fatto che a suo avviso facciamo poco
l’amore e dunque non riesce a rilassarsi
quanto basta; poi le lacrime artificiali, perché di notte prova secchezza oculare; poi, un
gel che si mette in bocca prima di dormire,
perché, durante il primo anno di matrimonio,
ha sofferto di qualche macchiolina bianca
sulla lingua, una glossite migrante, a mio avviso trascurabile ma di certo non da lui. senza dimenticare le pastiglie di bicarbonato che
assume per digerire meglio appena si stende
e lo spray nasale, contro le allergie.
Un’altra fissazione che ha è quella dei libri. in casa una parete intera è dedicata alla
grande libreria che trabocca di suoi volumi
anche in doppia fila. Perché avesse più spazio
gli ho liberato tre scaffali della mia piccola
libreria (grande un terzo della sua) ma ancora non gli basta. Lui non ricorda neanche i
volumi che ha, perché non è esattamente una
passione, come dice, bensì una smania di possesso, una sorta di ostentazione della cultura. Ho ritrovato, mettendo a volte a posto i libri, volumi ormai vecchi di qualche anno ma
ancora incellofanati, che dunque aveva comprato chissà quando e non aveva mai letto,
neanche sfogliato. Nonostante ciò, continua
a comprarne e a intasare la casa con questi
mucchi di carta. Quando gli chiedo di eliminarne qualcuno, va su tutte le furie e ribadisce che i libri sono una sua passione e mi taccia di disprezzarli. Vorrebbe mettere un’altra
libreria in salone, ma io mi sto opponendo
fermamente; non so per quanto ancora ci riuscirò.
Da sempre mi accusa di essere ‘sessuofoba’ perché secondo lui non facciamo abbastanza l’amore; quando gli faccio notare che
anche lui dovrebbe cercare di creare le occasioni giuste, con più dolcezza, premure e attenzioni, risponde che sono io a essere fissata col non-sesso e di non capire come sono
fatti gli uomini. Come se lui capisse, invece,
come sono fatte le donne, e soprattutto sua
moglie, che maltratta in tutti questi modi”.
Ma come si arriva a una degenerazione tale
del dialogo di coppia? La vita d’oggi, certamente, non aiuta la comunicazione tra coniugi. Ritmi
di lavoro stressanti e richieste oltre il normale
5
6
orario professionale di aziende e datori di lavoro sembrano fatte apposta per dimenticare la vita familiare e sociale. Si torna a casa sempre più
tardi e la stanchezza assale sia lui, sia lei. Così si
parla il minimo indispensabile, rimandando al fine settimana i problemi da affrontare. Ma di sabato e di domenica si sente l’esigenza di rilassarsi e non pensare alle difficoltà, per cui, anziché affrontare serenamente il dialogo coniugale,
ci si accusa, ci si sottrae al confronto di coppia e
giorno dopo giorno, settimana dopo settimana,
la famiglia non regge più.
Un percorso psicoterapeutico che prenda in
carico una donna colpita da depressione non può
esulare dall’inserire la moglie all’interno del
contesto coniugale nel quale vive e dunque dall’accompagnare marito e moglie prima in un lavoro individuale, poi congiunto.
Spesso occorre iniziare dal singolo, sia lui,
sia lei, perché ristabilendo l’autonomia individuale si ristabiliscano le buone relazioni di coppia. Occorre far ritrovare la disponibilità ad
aprirsi di nuovo alla comunicazione e allo scambio con il partner, con fiducia, in maniera sempre
più spontanea, consapevole ed efficace, essendo
questa apertura presupposto necessario a ricucire il tessuto della coppia. Così si ritroverà l’armonia del ‘noi’, che non è qualcosa di scontato
ma è frutto invece di intimità, complicità, fiducia, tolleranza, stima reciproca e capacità di so-
stenere il conflitto, inevitabile per qualunque
coppia. Occorre accogliere l’altro nella sua diversità, affinché i punti di discordanza diventino
incontro tra due mondi e occasione di crescita.
Sono molti i terapeuti e i centri che propongono tra i loro servizi anche la terapia di
coppia, visti i tempi duri che le relazioni coniugali e le famiglie stanno affrontando. E i figli che crescono vivendo quotidianamente le liti tra i genitori, o che devono dividersi tra la
mamma e il papà, trascorrendo con un genitore i giorni feriali e con l’altro il fine settimana,
oppure stando una settimana a casa del padre e
una dalla madre, vivono uno squilibrio difficilmente colmabile.
Percorsi terapeutici di coppia e di famiglia
possono arginare il fenomeno dei coniugi in
difficoltà relazionale. Occorre seguire i mariti
e le mogli in difficoltà con un leitmotiv di fondo: non ‘curare’ ma, meglio, ‘prendersi cura’
di essi, cercando di risolvere i problemi quanto più prontamente possibile, basandosi sulla
loro quotidianità. In questo modo anche gli stati di depressione femminile, scaturiti spesso da
un cattivo dialogo di coppia, vengono sanati,
ripristinando la vitalità di lei e conseguentemente del partner. Il beneficio è generale: dai
coniugi si estende ai figli e all’intero contesto
familiare; e famiglie felici, serene e unite creano benessere sociale.
La dott.ssa Carolina Aranci svolge la sua attività di consulenza presso
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Gilnardo Novelli
7
L’
effetto Doppler fu descritto da Christian tomura (foto 2) osservò che i globuli rossi in moJohann Doppler (foto 1) nel1842, in re- vimento riflettono gli ultrasuoni con un cambialazione alla variazione di frequenza subita dal- mento di frequenza e mise a punto un metodo per
la luce delle stelle doppie a causa del loro mo- la misurazione dei flussi ematici. Contemporavimento. Tale fenomeno, valido per tutte le ra- neamente, nel 1952 Howry e Holmes mediante
diazioni, indica che, data una sorgente di ultra- l’applicazione degli ultrasuoni ottennero delle
suoni e un bersaglio in movimento, la frequen- immagini bidimensionali di sezione di collo e di
za riflessa è maggiore della frequenza trasmes- addome. Queste due importantissime ma diffesa, quando il bersaglio si
avvicina alla sorgente,
mentre è minore quando
il bersaglio si allontana
dalla stessa.
Solo un secolo dopo
la tecnologia si avvalse di
questa osservazione del
cielo per applicarla alla
circolazione sanguigna
dell’uomo. Nel 1956, Sa- Foto 1 – Christian Johann Doppler Foto 2 – Shigeo Satomura
renti applicazioni degli ultrasuoni in diagnostica
medica furono poi rapidamente sviluppati e migliorati aprendo in breve tempo nuove e inaspettate possibilità di utilizzo nelle patologie vascolari. Un ulteriore importante progresso fu compiuto all’inizio degli anni 80 del XX secolo con
l’introduzione dell’EcocolorDoppler (Namekawa,
Bommer, Mille) che utilizzò un nuovo prototipo
di apparecchio ecografico capace di rappresentare il flusso ematico vascolare con codice di colori sovrapposto all’immagine ecografica bidimensionale, ottenendo in tal modo sia informazioni
strutturali della parete arteriosa, sia i grafici delle
variazioni di flusso causate dalle stesse (foto 3).
8
Foto 3 – Biforcazione carotidea normale. Si evidenzia la regolarità delle pareti arteriose e l’uniformità del flusso, evidenziato sia dal colorDoppler che dal grafico con componenti
sisto/diastoliche normali.
Questa metodica attualmente è la più usata al
mondo (alta sensibilità e specificità) per la diagnosi delle patologie vascolari e per la prevenzione delle ischemie cerebrali e nell’ictus. Per tale diagnostica ci avvaliamo di particolari sonde e
apparecchiature altamente sofisticate e di specializzati in diagnostica vascolare per eseguire lo
studio dei vasi sovraortici. In primo piano va posta la prevenzione. L’esame EcocolorDoppler va
richiesto a tutti gli individui al di sopra dei 50
anni per ogni anno successivo. Particolare attenzione deve essere rivolta alla misurazione dello
spessore medio-intimale del vaso arterioso che è
definita da una banda luminosa di riflessione, il
cui spessore tende ad aumentare in rapporto ad
alterazioni aterosclerotiche. In istologia tale
aspetto viene interpretato come una risposta ipertrofica adattiva delle cellule muscolari lisce nella tunica media in presenza di alti picchi di stress,
mentre i grafici flussimetrici rilevati contemporaneamente con il Doppler ci danno informazioni sull’elasticità del vaso arterioso. Questa fase
viene considerata la più importante dal punto di
vista clinico preventivo (foto 4).
Foto 4 – Valutazione dello spessore medio-intimale.
Lo spessore medio intimale rilevato sull’immagine
evidenzia una reazione patologica della parete arteriosa che va attentamente seguita nel tempo con
contemporanea valutazione dei fattori di rischio
(metabolismo lipidico, glucidico ed emodinamica sistemica)
I pazienti con fattori di rischio quali fumo,
ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia familiare e iatrogena e diabete mellito di tipo I e II
etc. devono effettuare un esame ECD ogni anno
dalla quarta decade di vita in poi per evidenziare l’eventuale presenza di alterazioni endoluminali definite come risposta immuno-infiammatoria della porzione intimo-mediale delle arterie.
Con il perdurare dell’azione patologica le alterazioni endoluminali possono formare delle placche causa di microembolizzazione o stenosi che
da un punto di vista sintomatologico si manifesteranno con episodi di ictus e ischemia cerebrale (foto 5, 6 e 7).
Foto 5 – Stenosi carotidea disomogenea. Le alterazioni della parete multiple evidenziabili mediante
mancanza di color Doppler mostrano un flusso non
laminare con iniziali turbolenze. tale situazione è di
pertinenza medica e non ancora chirurgica.
Foto 6 – trombosi della carotide. La mancanza di
flusso di circa il 60%, evidenziata dal color Doppler,
ci mostra una situazione a rischio di embolia e
quindi meritevole di trattamento chirurgico
più di 1,5 milioni di casi per anno nel 2020.
L’arteriosclerosi dei vasi intracranici è un’altra
causa diretta del’ictus e come tale porta ad alto
rischio di morbilità e mortalità. Quindi, non meno importante, oltre a eseguire l’EcocolorDoppler dei vasi sovraortici (carotidi e porzione extra craniche delle arterie vertebrali) è fondamentale eseguire l’esame EcocolorDoppler dei
vasi intracranici. Recentemente è stato dimostrato in uno studio effettuato (Bos D. et al,
2012) su 2.495 pazienti che la misurazione delle alterazioni morfologiche e velocimetriche
delle arterie intracraniche può essere un marker
sensitivo per la diagnosi di arteriosclerosi e ausilio per la prevenzione dell’ictus (foto 8).
9
Foto 7 – Stenosi severa evidenziata dal grafico,
poco evidenziata dall’ecografia. Stenosi severa della
carotide interna emodinamicamente significativa,
evidenziata dalle immagini ma soprattutto dal forte
aumento delle velocimetrie, da trattare chirurgicamente.
L’ictus è un evento drammatico ed è la terza causa di morte nella popolazione mondiale.
In Europa, il numero di ictus è in progressivo
aumento e si prevede possa aumentare fino a
Foto 8 – Valutazione vasi intracranici. In presenza
di fattori di rischio o in presenza di alterazioni
dello spessore medio-intimale, è opportuno integrare lo studio dei vasi sovraortici con lo studio dei
vasi intracranici che ci possono fornire informazioni utili per una prevenzione più specifica delle
ischemie cerebro-vascolari e dell’ictus.
Il prof. Gilnardo Novelli svolge la sua attività di consulente presso la
BIOS S.p.A. di Roma in via Domenico Chelini 39.
Per informazioni e prenotazioni: CUP 06 809641
SIFILIDE: C’ERA UNA VoLtA IL
“SEGNo DI DE MUSSEt”
antibiotici, con conseguente netto calo della valvulopatia; b) con il progredire della diagnostica
strumentale è crollata la conoscenza della semeiotica medica.
10
MIxING
PEDoFILIA: CoNVEGNo A NEttUNo
Il De Musset, letterato francese, per la sua vita libertina aveva contratto la lue, complicata da
INSUFFICIENZA AoRtICA (l'altra causa di
questa valvulopatia è la malattia reumatica). Il
De Musset aveva notato su se stesso e descritto
che il capo presenta oscillazioni sincrone con
l’attività cardiaca, dall'avanti all’indietro, spiegabili con l’iperpulsatilità delle carotidi. Dello
stesso significato è un analogo movimento verso
l’alto di una gamba a cavalcioni sull’altra (segno
di Blackzek).
Queste osservazioni rientrano nella “DANZA DELLE ARtERIE”. Per l’aumentata ampiezza delle pulsazioni arteriose a causa del “caput mortuum” (espressione di Condorelli), propria dell’insufficienza aortica, si verifica il rapido passaggio da un’alta pressione ad una bassa
pressione diastolica.
La P.A. differenziale aumentata imprime alle pareti arteriose un rapido movimento di espansione, seguito da brusco afflosciamento. Questo
aumentato movimento delle arterie spesso si trasmette ad un intero segmento del corpo: capo e
arti inferiori.
I medici di oggi conoscono molto poco la
danza delle arterie per due motivi: a) sifilide e
malattia reumatica si curano molto bene con gli
Un corso di aggiornamento rivolto ai Pediatri, ai Medici di Medicina generale e di Pronto
Soccorso e anche agli Infermieri si è svolto presso l’Istituto per Ispettori di Polizia della cittadina laziale: il titolo è stato “Pedofilia, abuso e
maltrattamento: saper riconoscere l’infanzia negata”.
Sono stati proiettati filmati esplicativi tratti
da film sull’infanzia, che hanno approfondito i
vari tipi di maltrattamento minorile fisico e psicologico, messo in atto da parte di un familiare o
di terzi.
Il ruolo della Polizia postale è insostituibile
nella lotta alla PEDo-PoRNoGRAFIA IN
REtE. Si è discusso anche sul come riconoscere e interpretare gli indicatori di maltrattamento.
Questi i punti chiave. Il mancato riconoscimento o segnalazione di un maltrattamento può
avere conseguenze gravissime: un'accusa erronea può avere effetti altrettanto gravi sul bambino, sulla famiglia e su chi è ingiustamente accusato.
Ogni lesione va ponderata nel quadro clinico-sociale generale. l’assenza di evidenti lesioni
non può escludere la vessazione. Questa è l'unica condizione nella quale la famiglia – se responsabile - non è alleata del medico.
LE VItAMINE IN CARDIoLoGIA
VItAMINA A: beta-carotene. In particolare
protegge dai radicali liberi che compromettono
tutto il sistema cardiovascolare.
VItAMINA C: acido ascorbico. È utile nel
prevenire e nel curare l’aterosclerosi per tre motivi:
a) ipocolesterolemizzante: trasforma il colesterolo in acidi biliari;
b) ipoglicemizzante in quanto favorisce le glicogenogenesi;
c) antiossidante, sinergico con la vit. E.
VItAMINA B 2: riboflavina. Previene e cura i radicali liberi.
VItAMINA PP o AC. NICotINICo: ipocolesterolemizzante e quindi anti-aterosclerosi,
e fibrinolitico e quindi antitrombotico.
VItAMINA E: tocoferolo. Ha una triplice
modalità di azione:
a) antiossidante, onde previene e cura l’aterosclerosi;
b) previene e cura la macro- e la microangiopatia diabetica, entrambe nocive per le coronarie;
c) utile nell’angina pectoris essendo vasodilatatore: in particolare favorisce la vasodilatazione endotelio-dipendente.
tUtto SULLA DISFUNZIoNE
EREttILE
Recente acquisizione è che essa deve essere
considerata non più come un semplice sintomo,
ma – all’opposto – come un vero fattore di rischio circolatorio.
Multiformi le cause.
• Ormonali: diminuzione del testosterone, aumento della prolattina.
• Neurologiche: m. di Parkinson, m. di Alzheimer, traumi spinali, ipertensione arteriosa,
aterosclerosi, macro- e microangiopatia diabetica.
• Errati stili di vita: fumo, alcoolismo, obesità,
droghe, dislipidemia.
• Fattori psicologici: stress, depressione, “ansia
di prestazione”. Ma non commettere l’errore
di interpretarla solo in chiave psicologica.
La terapia prevede anzitutto un corretto stile
di vita. Ove necessario, si ricorre ai farmaci, quali il Sildenafil e succedanei che esaltano la produzione di ossido nitrico nell’endotelio dei corpi cavernosi, inducendo dilatazione e conseguente erezione. Tali medicamenti sono utili anche per la coronaropatia e l’ipertensione polmonare. Ma è l’orgasmo in se stesso, da essi provo-
11
cato, che può essere pericoloso per i rischi cardiovascolari, specie in età avanzata.
INFARto MIoCARDICo o SINDRoME
DI BRUGADA?
La vasta eco (stampa e TV) suscitata dal recente decesso del calciatore livornese Piermario
Morosini, avvenuta durante una gara e che ha
fatto sospendere tutto il campionato di calcio,
merita qualche riflessione.
tività simpatica, connesso con lo stress, proprio
delle competizioni sportive.
La prognosi è infausta se non è immediatamente trattata. Il propranololo (Inderal) è il farmaco di prima scelta. Ma l’unica cura risolutiva
è il DEFIBRILLAtoRE AUtoMAtICo che
azzera la mortalità e che è augurabile sia sempre
disponibile in tutti gli affollati agoni sportivi.
Un singolare caso di Sindrome di Brugada si
è avuto qualche anno fa con l’improvvisa morte
durante una gara del calciatore del Siviglia, Antonio Puerte, 22enne, che aveva già avuto almeno 5 arresti cardio-respiratori .
“FILLER” E BELLEZZA
12
Si è subito parlato, in fretta, troppo superficialmente (anche da parte di cardiologi), di infarto miocardico, senza pensare che – trattandosi di un giovane, e per di più di sesso maschile –
era più probabile la Sindrome di Brugada. Qualcuno poi ha anche ipotizzato la rottura di un
aneurisma cerebrale, peraltro non compatibile
con l’assenza del polso radiale, subito rilevata
dai primi soccorritori. L’autopsia, come prevedibile, ha escluso sia l’infarto, sia l’emorragia cerebrale. È proprio a questa sindrome, allora, che
si deve pensare.
Detta anche DISPLASIA ARItMoGENA
DEL VENtRICoLo DEStRo, è in crescita
esponenziale in tutto il mondo: è responsabile del
50 % dei casi di fibrillazione ventricolare, una
delle forme di arresto cardiaco. Alla base vi è
un’anomalia del gene SCN5A, causa di alterazione del canale del sodio (canalopatia). Si manifesta con una sincope, talora recidivante (rientra fra le sindromi cardio-cerebrali), dovuta appunto alla fibrillazione ventricolare, con arresti
cardiorespiratori. Momento scatenante dell’aritmia è un frequente, improvviso aumento dell’at-
Per riempire le rughe e ridare forma ovale al
viso il “filler” più sicuro è quello con acido ialuronico, fondamentale per il derma. Si tratta di
una sostanza nella quale sono immerse le fibre
elastiche e il collagene, per cui contribuisce a dare consistenza, idratazione e morbidezza alla cute. I filler con questa sostanza hanno densità differente in base alla zona da trattare e all’obiettivo da perseguire. Le concentrazioni più basse e
con consistenza fluida servono a idratare e a stimolare il derma in numerose zone – viso, collo,
décolleté, mani – senza effetto riempitivo.
Con le concentrazioni più elevate si trattano
rughe profonde o pieghe, come quelle tra naso e
labbra, oppure si riempiono le perdite di volume
su zigomo e guance.
a cura di A. Ciammaichella
VESCICA IPERAttIVA:
UNA PAtoLoGIA SottoStIMAtA
L
a “vescica iperattiva”, termine coniato per
la prima volta nel 2002 dalla I.C.S. (International Contenence Society) è una condizione
patologica che interessa circa 50 milioni di persone in tutto il mondo.
È caratterizzata principalmente dai seguenti
sintomi:
• aumento della frequenza urinaria diurna e
notturna;
• urgenza minzionale intesa come bisogno urgente, improvviso spesso imperioso, di urinare, associato o meno a incontinenza urinaria.
Colpisce adulti di tutte le età, soprattutto donne, e talvolte può interferire con il sonno, il lavoro, i viaggi, l’attività sessuale, la vita di relazione, le interazioni sociali.
Per quanto la maggior parte non abbia mai
avuto un episodio di incontinenza, queste per-
sone sono tormentate dai sintomi di frequenza e
urgenza, tanto da modifiare il proprio stile di vita, adottando meccanismi di adattamento preventivo:
• iniziano ad andare in bagno in maniera “difensiva”, cioè prima di lasciare il luogo di lavoro, di uscire di casa o di andare in qualunque altro posto;
• limitano i propri spostamenti quotidiani ai soli luoghi e percorsi in cui conoscono la collocazione dei servizi igienici (“mappatura
delle toilette”);
• riducono l’assunzione di liquidi;
• evitano l’intimità sessuale;
In Italia le persone affette da vescica iperattiva sono circa 3 milioni, uomini e donne, anche
di giovane età. Nelle donne si manifesta più frequentemente come urgenza minzionale associa-
A tUtto CAMPo
Romana Vallone
13
ta o meno a incontinenza, mentre negli uomini il
sintomo più spesso lamentato è l’aumento della
frequenza diurna e/o notturna.
Nonostante tutto, ancora oggi una minima
parte si rivolge al medico, ginecologo o urologo,
sia per la convinzione errata che i disturbi del
controllo vescicale facciano parte integrante dell’invecchiamento e non ci sia niente da fare, sia
perché è troppo imbarazzante parlarne anche solo al medico di famiglia.
CAUSE
14
Le cause possono essere diverse, alcune ancora ignote, ma tutte fanno capo a un’alterata
funzionalità del muscolo di cui è fatta la vescica:
il detrusore.
La vescica normalmente funziona attraverso
un coordinamento complesso di fattori muscolo scheletrici, neurologici e psicologici che permettono il riempimento e lo svuotamento vescicale nel momento e nel luogo più appropriato.
È fondamentale l’integrità delle funzioni neuroanatomiche e neurofisiologiche, sia nella fase
di riempimento sia nello svuotamento vescicale.
Queste funzioni sono controllate in gran parte dal sistema nervoso autonomo periferico, con
segnali modulatori che provengono dai nervi
sensitivi della vescica e dell’uretra, e dal S.N.C.
(sistema nervoso centrale).
Si ritiene infatti che a livello della corteccia
frontale sia localizzato proprio il controllo volontario della minzione.
Nella vescica iperattiva avviene la perdita
di questo controllo, pertanto il detrusore non
più regolato può contrarsi autonomamente durante o al termine del riempimento vescicale,
tanto che, talvolta anche il presentarsi dello stimolo può determinare immediatamente una
minzione. La contrazione detrusoriale può presentarsi spontaneamente o essere innescata da
eventi specifici come la tosse, il lavaggio delle mani, i cambiamenti di postura o posizione,
l’orgasmo.
La vescica iperattiva può essere una conseguenza diretta di lesioni del midollo spinale o di
malattie neurologiche come il morbo di Parkinson o la Sclerosi Multipla (vescica neurologica
iperreflessica), ma anche di patologie organiche
come le infezioni croniche delle vie urinarie, la
presenza di calcoli o di neoplasie vescicali, o anche dell’iperplasia prostatica negli uomini, tutte
patologie che possono manifestarsi con la medesima sintomatologia.
Quando non è legata al alcun fattore evidenziabile si parla di vescica iperattiva idiopatica.
Sono molti i fattori di rischio associati: l’obesità, la menopausa, l’enuresi infantile, il fumo
di sigaretta, pregressi interventi chirurgici uroginecologici.
DIAGNoSI
Una corretta diagnosi di vescica iperattiva
prevede alcune tappe fondamentali:
- ANAMNESI e QUADRo CLINICo: sintomatologia riferita dal paziente, diario minzionale, impatto sulla qualità della vita;
- ESAME oBIEttIVo;
- ESAMI DIAGNoStICI di I e II livello.
Nonostante la maggior parte di questi pazienti non si rivolga subito al medico, per l’errata convinzione che i disturbi siano legati all’invecchiamento o, spesso, per l’eccessivo imbarazzo, un colloquio approfondito con domande
mirate è il primo passo per comprendere l’esatta
natura del problema:
• ha avuto negli ultimi mesi perdite involontarie di urina?
• urina molto spesso durante il giorno o si alza
più volte durante la notte?
• le capita di avere urgente, irrefrenabile, improvviso bisogno di urinare?
• raggiunge in tempo la toilette dopo il bisogno di urinare?
La risposta positiva anche a una sola di queste domande impone maggiori approfondimenti
diagnostici, anche perchè la combinazione dei
sintomi tipici della vescica iperattiva, in partico-
•
•
•
lare l’urgenza, può essere dovuta anche ad altre
forme di disfunzioni vescico-uretrale.
È quindi di fondamentale importanza una valutazione del paziente nella sua globalità.
Una raccolta anamnestica attenta e mirata
insieme al diario minzionale permette di inquadrare l’entità e la percezione dei sintomi urinari.
Oltre al numero delle minzioni diurne e notturne
e agli episodi di incontinenza, è necessario che il
paziente segnali anche gli episodi di urgenza
considerati il sintomo chiave del problema.
Vanno tenuti in considerazione anche la funzionalità intestinale, i pregressi interventi chirurgici e in particolare quelli del tratto genitourinario, le problematiche ambientali e sociali, l’assunzione di farmaci.
L’ESAME oBIEttIVo comprende:
l’ispezione e la palpazione addominale;
l’esame perineale per valutare la sensibilità e
la funzione dei muscoli del pavimento pelvico;
• l’esplorazione rettale per valutare il tono dell’ano e nell’uomo la ghiandola prostatica;
• l’esplorazione vaginale per indagare sulla
eventuale presenza di prolassi e sulla condizione estrogenica;
• lo stress test al fine di escludere una coesistente incontinenza da sforzo.
Gli esami diagnostici di i livello servono ad
escludere la presenza di patologie organiche rilevanti e comprendono:
•
•
esame delle urine completo con urinocoltura;
citologia urinaria su tre campioni;
ecografia renale e vescicale con valutazione
del residuo post-minzionale.
Gli esami diagnostici di ii livello sono rappresentati dallo studio urodinamico completo e
da eventuale cistoscopia per escludere in modo
chiaro patologie neoplastiche vescicali.
L’esame urodinamico è l’unico esame che
permette di fare diagnosi definitiva di vescica
iperattiva poiché fornisce una registrazione grafica della funzionalità vescicale attraverso una
valutazione della sensibilità propriocettiva, della capacità e della compliance vescicale, ma soprattutto permette di visualizzare la presenza di
contrazioni iperattive del detrusore altrimenti
non evidenziabili.
tERAPIA
La vescica iperattiva idiopatica trova una
buona risoluzione nel trattamento conservativo
attraverso:
• terapia farmacologica;
• terapia farmacolocica in associazione a riabilitazione perineale.
La terapia farmacologica dei sintomi di urgenza, frequenza e incontinenza da urgenza è
rappresentata principalmente dai farmaci antimuscarinici che hanno un’azione antagonista sui
recettori muscarinici localizzati nel detrusore e
nell’epitelio vescicale. Si pensa infatti che l’abnorme stimolazione di questi recettori M2 ma soprattutto M3 sia alla base delle contrazioni involontarie tipiche della vescica iperattiva.
Naturalmente questi farmaci non sono esenti da controindicazioni come il glaucoma ad angolo chiuso, il reflusso gastroesofageo e la stipsi
ostinata e da effetti collaterali come la secchezza della fauci e lacrimale.
La terapia riabilitativa perineale (elettrostimolazione funzionale e biofeedback), aiuta a inibire le contrazioni involontarie della vescica sviluppando contrazioni antagoniste da parte dei
muscoli del pavimento pelvico attraverso una se-
15
16
rie di esercizi che ne migliorano il tono, la forza,
la resistenza, il trofismo.
Questa tecnica aiuta, inoltre, attraverso la
presa di coscienza del perineo, anche ad imparare a sopprimere, o ad ignorare, il desiderio di urinare, attivando il riflesso di chiusura allo sforzo
di cui è dotata la muscolatura perineale.
Da oltre 20 anni si pratica la neuromodulazione dei nervi periferici come la stimolazione
del nervo tibiale e la neuromodulazione sacrale.
• La stimolazione del nervo tibiale posteriore
secondo Stoller (SANS: Stoller’s Afferent
Nerve Stimulation) è un trattamento riabilitativo approdato in Europa relativamente di
recente.
La neuromodulazione viene ottenuta stimolando il nervo tibiale posteriore in prossimità della caviglia. Tale nervo contiene fibre sensitive e motorie che originano dalle
radici spinali che vanno da L4 a S3 da cui
partono fibre per l’innervazione della vescica. Pertanto la stimolazione ripetitiva di
questo nervo, permette di attivare una sti-
molazione riflessa a livello del detrusore e
del collo vescicale attivando i nervi parasimpatici che originano a livello spinale.
Questa terapia rappresenta quindi una valida
alternativa in tutte quelle disfunzioni vescicali anche su base neurologica che per la severità e la complessità dei sintomi rappresentano spesso un problema clinico di difficile risoluzione, e poiché non presenta effetti collaterali né controindicazioni è attuabile
anche in età pediatrica.
• La neuromodulazione sacrale è un’efficace
terapia di secondo livello per i pazienti affetti da vescica iperattiva che non risultino responsivi ad altro. Consiste nell’impiantare in
centri altamente specializzati uno stimolatore collegato a un elettrodo posizionato sulle
radici dei nervi sacrali S3-S4 le quali modulano l’attività nervosa del pavimento pelvico, della vescica, dello sfintere urinario.
Si segnala inoltre la terapia con instillazione
intravescicale di tossina botulinica o di capsaicina.
La dott.ssa Romana Vallone svolge la sua attività di consulenza presso
la BIOS S.p.A. di Roma in via Domenico Chelini 39.
Per informazioni e prenotazioni: CUP 06 809641
IMMAGINI DIAGNoStICHE
IN IMMUNoFLUoRESCENZA
L’
immunofluorescenza è una tecnica di laboratorio molto diffusa, di fondamentale
importanza in Immunologia e Microbiologia.
Serve, nella maggior parte dei casi, a identificare in un determinato campione la presenza di
specifici antigeni o anticorpi ignoti la cui controparte conosciuta o disponibile nel laboratorio
è variamente legata a un marcatore. L’immunofluorescenza è quindi una tecnica che utilizza anticorpi legati a traccianti fluorescenti in grado di
legarsi a strutture cellulari in modo molto specifico, consentendo una valutazione qualitativa e
quantitativa delle strutture bersaglio.
La tecnica dell’immunofluorescenza a scopo
diagnostico è nata intorno al 1965 e si è notevolmente evoluta nel corso del ventennio successivo. Si applica con metodo diretto (IF) o con
metodo indiretto (IFI): con il primo sistema generalmente si individuano gli antigeni, con il secondo gli anticorpi. L’anticorpo deve essere marcato con sostanze fluorescenti (rodamina o isotiocianato di fluoresceina). Nell’immunofluorescenza diretta un anticorpo marcato riconosce un
antigene e vi si attacca. L’immunofluorescenza
indiretta (IFI) prevede due fasi: una prima fase
in cui l’anticorpo non marcato viene incubato
con il substrato contenente l’antigene omologo
e una seconda fase in cui viene aggiunto al sistema (complesso antigene-anticorpo) un anticorpo
marcato con fluorocromo diretto contro la specificità immunoglobulinica del primo anticorpo.
Poiché quest’ultimo si lega all’antigene, il secondo legame evidenzia la reazione.
Nell’ambito della diagnostica clinica le tecniche di immunofluorescenza hanno avuto gran-
IL PUNto
Francesco Leone
17
18
de successo per lo studio delle malattie autoimmuni (sia con finalità diagnostiche sia nel contesto del monitoraggio delle diverse terapie). Le
malattie autoimmuni sono patologie caratterizzate dalla perdita di tolleranza verso il self. Esse
derivano da un’alterazione del sistema immunitario che non riconosce più in modo corretto alcune strutture dell’organismo e scatena un’azione di autoaggressione che si esprime sia con la
produzione di autoanticorpi, sia con la generazione di linfociti citotossici capaci di riconoscere antigeni autologhi. Da un punto di vista clinico-diagnostico le malattie autoimmuni possono
essere raggruppate in due grandi categorie:
• malattie autoimmuni organo-specifiche: la risposta autoimmune ha come bersaglio tessuti e organi ben determinati: sistema endocrino (tiroidite di Hashimoto, morbo di Graves,
morbo di Addison), apparato gastrointestinale (cirrosi biliare primitiva, colite ulcerosa,
gastrite atrofica), apparato ematopoietico
(anemia emolitica autoimmune);
• malattie autoimmuni non organo specifiche
o sistemiche: la risposta autoimmune non è
diretta verso organi o antigeni specifici ma
verso antigeni diffusamente distribuiti, come
il DNA, le ribonucleoproteine, gli antigeni
mitocondriali
La diagnosi delle malattie autoimmuni non
organo specifiche si basa sul fatto che in queste
malattie sono frequentemente presenti autoanticorpi diretti contro antigeni nucleari (ANA) e in
particolare ciascuna di esse è associata a un gruppo definito di autoanticorpi che possono essere
utilizzati come marcatori e aiutare notevolmente il clinico medico nella diagnosi differenziale.
I più importanti gruppi ANA comprendono:1) anticorpi anti-DNA; 2) anticorpi anti-istoni; 3) anticorpi antiproteine non istoniche legate
ad acidi ribonucleici; 4) anticorpi antinucleolo .
Per realizzare un buon preparato di IF si utilizzano le cellule HEp2. Sono cellule derivate da
un carcinoma della laringe umana (cellule epiteliali). Le HEp2 rappresentano un buon substrato
per la ricerca di autoanticorpi soprattutto in IF
indiretta, in quanto hanno un rapporto nucleo/citoplasma assai elevato e posseggono numerosi
antigeni del nucleo.
Si riportano di seguito alcune immagine in
microscopia che evidenziano il pattern di fluo-
Quadro di immunofluorescenza omogenea
Quadro di immunofluorescenza punteggiato fine (speckled)
Si nota la fluorescenza globale del nucleo in
interfase e dei cromosomi in mitosi dovuta
alla presenza di anticorpi antiDNA, antidesossiribonucleoproteine, anti-istoni. La malattia associata a questo quadro è il LES (Lupus Eritematosus Sistemico).
Questo tipo di fluorescenza è caratterizzato
da una fine punteggiatura dovuta alla presenza di autoanticorpi diretti contro antigeni nucleari estraibili (ENA), un gruppo di
proteine associate al DNA o all’RNA, così
chiamate perché possono essere facilmente
estratte in soluzione salina.
Quadro di immunofluorescenza ad anello periferico
Questo quadro fluoroscopico è piuttosto raro, si
osserva una fluorescenza omogenea con netto
rinforzo periferico dovuto alla presenza di anticorpi anti-DNA. Le malattie associate a questo
quadro sono il LES e la sclerodermia nella variante sistemica.
Quadro centromerico
Quadro nucleolare
È un quadro molto caratteristico caratterizzato da fluorescenza puntiforme localizzata
a livello dei centromeri ed è dovuta alla presenza di auto-anticorpi diretti contro la proteina CENP-B legata a DNA satellite dei
centromeri.Le patologie più frequentemente associate a questo tipo di quadro sono:
sclerodermia sistemica, connettivite mista,
sindrome di Sjogren, artrite reumatoide.
Quadro caratterizzato da fluorescenza a
grossolane granulazioni dei nucleoli, dovuta ad autoanticorpi diretti contro varie
proteine presenti nella struttura dei nucleoli. Le malattie associate a questo quadro sono la sclerodermia, la dermatomiosite e la polimiosite.
Presso la BIOS S.p.A. di Roma in via Domenico Chelini 39 si effettuano
i test per la diagnosi delle malattie autoimmuni e a patogenesi immunitaria. È anche possibile effettuare consulenza con lo specialista immunologo clinico.
Per informazioni e appuntamenti: CUP 06 809641
19
Mai scoraggiarsi
Attribuita a Woody Allen (biografia)
“Oh, sei in analisi?” “Sì da 16 anni.”
“16 anni? “
“Sì, adesso gli do un altro anno di tempo e poi corro a Lourdes”.
20
SELECtIo
Pericoli nella saggezza
Nassim Nicholas Taleb
Introduzione al “Cigno Nero” [Ed. GJA – 2012]
I libri non letti sono molto più preziosi di quelli letti. Una biblioteca dovrebbe
contenere tutti i libri su argomenti sconosciuti che i nostri mezzi finanziari, le
rate del mutuo e le difficoltà del mercato immobiliare ci consentono di acquistare. Via via che avanziamo nell’età accumuliamo più conoscenze e più libri,
e i libri non letti che ci guardano minacciosi dagli scaffali sono sempre più numerosi. Anzi, più si conosce e più si allungano gli scaffali dei libri non letti.
ci vuole Poco teMPo
Paul Davies
Dio e la nuova fisica [Ed. CDE, Milano 1984 – pag. 101]
La Terra ha circa 4,5 miliardi di anni. Disponiamo di reperti fossili che dimostrano come già 3,5 miliardi di anni fa fossero presenti forme di vita relativamente evolute, ed è presumibile che organismi viventi più primitivi esistessero
anche in precedenza. La vita ha dunque fatto in fretta – ma si tratta di tempi geologici – a prendere possesso del pianeta per così dire ancora caldo per i cataclismi che hanno dato origine al sistema solare. Questa constatazione fa pensare
che, quali che siano i meccanismi responsabili della nascita della vita, si tratti
di meccanismi molto efficienti: e questa considerazione ha spinto alcuni scienziati a concludere che, date le appropriate condizioni fisiche e chimiche, la nascita della vita è cosa quasi inevitabile.
È
una delle analisi “storicamente” più gettonate, indagine che attraverso i secoli ci riporta all’interpretazione dell’organismo e delle sue funzioni secondo i principi e i metodi
che ne hanno mutato la comprensione nel tempo. Molta acqua (sic) è passata dall’uroscopia
o urinoscopia fino ai nostri giorni. L’urinoscopia era addirittura un arte divinatoria con la
quale fino al XVIII secolo si pronunciavano
diagnosi. D’altro canto l’osservazione delle
urine per secoli è stato l’unico esame concretamente effettuabile su un prodotto del metabolismo corporeo. Già in Egitto, si utilizzava
la descrizione dell’aspetto delle urine per fissare un legame tra le proprietà delle urine e lo
stato fisico del corpo (salute/malattia). Secondo Pitagora (V secolo a.C.) l’urina era parte dei
tre liquidi fondamentali del nostro organismo.
Qualche anno dopo Ippocrate considerava l’urina come parte del sangue e, in qualche modo,
la scuola ippocratica fornisce un valore di indagine semeiologica all’osservazione delle uri-
ne. Di particolare interesse le distinzioni che
già gli ippocratici facevano delle variazioni
cromatiche (urine distinte in “albicans, rubra,
biliosa”, ecc.).
Nella letteratura si trovano vari elementi di
grande interesse per ricordarci il ruolo “diagnostico” che le urine hanno acquisito nel corso del tempo, intrecciandosi la loro lettura con
i cambiamenti cronologici e interpretativi delle
varie scuole. Ma dobbiamo arrivare al XIX secolo, alla chimica e successivamente alla chimica-clinica, per disporre di un’adeguata conoscenza in grado di correlare stato di salute e malattia con la variazione delle caratteristiche
strutturali e proprietà acquisite dalle urine. Oggi questo esame sembra qualche volta un po’
entrato in un limbo, ma è assai pericoloso sottostimare “l’analisi delle urine”, con il rischio
di privarci di una lettura pronta e significativa
per fare una diagnosi o eseguire un monitoraggio clinico di grande importanza pratica nell’individuazione delle diverse forme morbose.
LEGGERE LE ANALISI
L’ANALISI RoUtINARIA DELLE URINE
21
22
L’urina è il prodotto della escrezione dei reni. In questo modo l’organismo elimina frazioni
del metabolismo che sono presenti nel sangue (in
particolare l’urea). La formazione dell’urina nel
parenchima del rene è un meccanismo di grande interesse per la fisiologia. Il rene è un filtro e nello stesso tempo svolge le funzioni di un vero e proprio laboratorio. Il sangue arriva nei glomeruli e in questa sede (di glomeruli ne abbiamo milioni) si ha il passaggio dell’acqua contenuta nel sangue. Ma
le urine debbono conservare alcune caratteristiche di salinità e la loro formazione deve verificarsi secondo certe caratteristiche. Dal rene l’urina scende nella pelvi e quindi percorre
gli ureteri raccogliendosi nella cavità vescicale.
Il tratto anatomico che convoglia l’urina dalla
vescica all’esterno è l’uretra. L’atto di emissione
urinaria si chiama minzione. Per diuresi si intende la quantità di urina emessa in un certo arco di
tempo: in generale si fa riferimento alle 24 ore.
Il liquido raccolto rappresenta quindi il prodotto
finale di depurazione della massa liquida. Un’accurata lettura dell’analisi dell’urina è un importante ausilio per la clinica: alcuni dati ottenuti
dall’analisi dell’urina permettono di diagnosticare le alterazioni funzionali dei reni, ma specifiche indagini consentono di inquadrare anche
altri problemi extra-renali (per es. il diabete, alcune infezioni, malattie del fegato, ecc.).
Raccolte le urine in modo corretto, si procede all’esame fisico (volume, colore, trasparenza,
peso specifico, osmolarità). Nelle 24 ore si deve
urinare, in media, tra 1.200-1.500 ml. Il colore
in genere è giallo paglierino, ma anche giallo
ambra o con tendenza verso l’arancio. Le urine
all’atto di emissione devono essere limpide. Il
peso specifico varia da 1.007 a 1.030.
L’acidità considerata normale varia
con un pH tra 5,5 e 6,5. Le variazioni del pH dipendono da diversi fattori (alimentazione, farmaci, infezioni
ecc.). Nell’ambito dell’esame fisico
non va trascurato l’odore: in condizio-
ni normali si parla di “odore proprio” caratteristicamente provocato da acidi volatili. Odore
ammoniacale può essere correlato alla presenza
di batteri. Tipico è l’odore di frutta causato dalla presenza di corpi chetonici.
Nel descrivere l’esame delle urine in questa
sede si valuteranno solo alcuni parametri dell’abituale routine. Si precisa che indagini clinicamente orientate consentono di arrivare a diagnosi ben definite di varie patologie, non solo renali, ma anche di tipo neoplastico extrarenale (per
esempio il mieloma). Saranno pertanto descritti
gli aspetti di più immediata valutazione, precisando come sia sempre necessario l’approccio
clinico e talora specialistico (nefrologico/urologico) per una lettura corretta dei parametri considerati.
Per ottenere un esame delle urine attendibile
vanno considerati alcuni punti preliminari. Per
esempio è opportuno evitare di raccogliere le urine durante la fase mestruale e, dopo la raccolta,
è necessario mantenere in temperatura fresca il
campione opportunamente raccolto in recipienti
sterili. Le urine vanno raccolte al mattino. Se è
necessario effettuare una coltura del campione
per eventuali infezioni chi raccoglie le proprie
urine deve essere informato del rischio di contaminazione del campione se le procedure di raccolta (semplici) non vengono adeguatamente rispettate. Per esempio è importante l’igiene assoluta dell’area cutanea circostante il meato uretrale (dal quale fuoriesce l’urina) e che la raccolta sia effettuata utilizzando il gettito intermedio (evitando così di raccogliere la frazione iniziale e quella conclusiva, a termine della minzione). In alcuni casi è necessario raccogliere le
urine delle 24 ore. La raccolta inizia al mattino,
scartando la prima minzione e si conclude con la
raccolta, il mattino successivo, con la prima minzione a 24 ore di distanza. Il volume raccolto va
opportunamente miscelato prima di effettuare
l’indagine prevista.
I punti da ponderare sono pochi, ma tutti con
importante significato clinico. Semplificando al
massimo abbiamo un esame chimico e la valutazione microscopica del sedimento urinario.
L’esame chimico consente di studiare i seguenti parametri:
• presenza di proteine (le proteine non devono
essere presenti o, se presenti, non devono superare i 20 mg/dl; la presenza di proteine può
essere indice di uno stato patologico clinicamente rilevante);
• presenza di glucosio (il glucosio non deve essere presente; se nel sangue il valore della
glicemia supera i 170-180 mg/dl il rene non
è in grado di riassorbire la parte eccedente
questo valore soglia e quindi troviamo il glucosio nelle urine; la glicosuria è indice di diabete mellito oppure di un difetto del rene nella capacità tubulare di riassorbire il glucosio);
• presenza di sangue (nell’individuo sano sangue nelle urine non è presente; quando è presente si distingue una microematuria, con
emazie visibili al microscopio e una macroematuria; la presenza di sangue nelle urine
può, ovviamente, dipendere da molte cause
tra le quali glomerulonefriti, calcoli delle vie
urinarie, neoplasie della vescica, infiammazione del tratto uretrale etc.);
• presenza di urobilinogeno (di solito, nella
persona sana, presente in quantità minime
non significative; se l’urobilinogeno è presente le cause sono diverse ed è tipicamente
correlato con l’aumento della bilirubina nel
sangue); l‘urobilinogeno viene escreto per la
maggior parte con le feci, sottoforma di pigmenti colorati (bilirubina, →urobilina, stercobilina). Circa un quinto viene riassorbito
dal sangue e veicolato al fegato, dove viene
escreto nuovamente con la bile. Una piccola
quota dell’urobilinogeno riassorbito sfugge
al filtro epatico e viene eliminata con le urine, dove viene ossidata a urobilina, sostanza
che conferisce la caratteristica colorazione;
l’urobilinogeno, che è incolore, viene trasformato dalla luce e dal pH in urobilina che
tende verso l’arancione/rosso scuro; per questo motivo le urine dopo un certo tempo presentano una colorazione più densa, più scura
rispetto alle urine raccolte immediatamente
dopo la minzione.
L’esame del sedimento è l’altro passaggio
di grande rilievo clinico per la diagnosi. Serve
per visualizzare le cellule che derivano dal rene,
i globuli rossi, i leucociti o altre sostanze. In pratica si distingue un sedimento organizzato (che
include le cellule) e un sedimento non organizzato (varie sostanze presenti in cristalli). Nell’esame del sedimento ha grande importanza la presenza di batteri. Il riscontro di batteri va sempre
considerato criticamente e deve essere esclusa
ogni forma di contaminazione al momento della
raccolta. L’esame microscopico del sedimento si
esegue dopo centrifugazione del campione. Viene eliminata la parte “liquida”, il così detto surnatante, e si pone il materiale raccolto dal
fondo della provetta su un vetrino da
microscopio. Nel sedimento urinario si possono riscontrare numerosi elementi, e tra quelli
più comuni e significativi ricordiamo:
• globuli bianchi (se hanno
una distribuzione a tappeto
si è sicuramente di fronte a un
quadro di infezione);
• globuli rossi (anche in questo caso di
grande importanza il numero per
unità di volumne);
• cellule epiteliali derivanti
dal rivestimento delle vie
urinarie (in un soggetto
sano nelle urine di solito
si descrive la presenza di
alcune cellule epiteliali e di
rari/rarissimi leucociti); uno
studio citologico mirato del sedimento ha grande utilità anche nel sospetto di
forme neoplastiche ma viene eseguito ad hoc
su richiesta del medico e in relazione al quadro clinico;
• alcuni cristalli derivabili dalle sostanze più
varie possono essere presenti: la loro identificazione può correlare in modo significativo con il rischio di formazione di calcoli (i
cristalli più frequentemente riscontrati sono
quelli di ossalato di calcio e quelli di acido
23
Fig. 1
Fig. 2
urico). I cristalli di ossalato di calcio hanno
una morfologia caratteristica come si si osserva nell’immagine (fig. 1).
Un discorso a parte va fatto per il riscontro
nel sedimento urinario delle figure descritte
morfologicamente come cilindri (fig. 2).
Queste strutture si formano nei tubuli renali
e indicano in ogni caso una qualche forma di sof-
ferenza renale. In alcuni casi possono contenere
alcune cellule (per esempio con inclusioni di
emazie), batteri o altro: il dato è utilizzabile per
acquisire informazioni sulla natura patologica
che riguarda i tubuli renali.
a cura di Giuseppe Luzi
24
Presso la BIOS S.p.A. di Roma in via Domenico Chelini 39 è possibile
eseguire quotidianamente analisi del sangue, urine e derivati biologici.
Per informazioni e prenotazioni: CUP 06 809641
SINtoMI DELLE BASSE VIE URINARIE
E IPERtRoFIA PRoStAtICA
I
sintomi a carico delle basse vie urinarie
(LUTS – Lower Urinary Tract Symptoms) sono costituiti da una serie di modificazioni della
diuresi che interessano la vescica, il collo vescicale, la prostata e l’uretra. Svariate condizioni
patologiche sistemiche (patologie metaboliche,
cardiovascolari, endocrine, respiratorie, renali,
etc.) possono alterare la minzione. Ma una delle
cause più frequenti e riconosciuta è l’ipertrofia
prostatica benigna (IPB), che comporta LUTS legati sia alla fase di riempimento vescicale (aumentata frequenza urinaria diurna e notturna, urgenza minzionale, incontinenza urinaria da urgenza e da stress, dolore vescicale e uretrale), sia
legati alla fase di svuotamento vescicale (impiego del torchio addominale, disuria, getto ipovalido, getto intermittente, sgocciolamento terminale). L’ostruzione cervico-uretrale indica in maniera generica tutte le forme di ostruzione al deflusso vescicale (tra cui IPB, stenosi e neoplasie
dell’uretra, presenza di corpi estranei etc.).
La prostata è un organo pelvico, impari e me-
diano dalla forma simile a una castagna, localizzata sotto la vescica, con la base in alto in rapporto con il collo della stessa, ed è attraversata
dall’uretra, mentre il suo apice verso il basso definisce il passaggio dall’uretra prostatica a quella membranosa. Nell’adulto ha un diametro trasverso medio di circa 3,5 cm alla base, un diametro antero posteriore di circa 2,5 cm, e verticalmente è lunga circa 3 cm, per un peso che
oscilla dai 15 ai 20 gr nei soggetti normali.
Vescica
Ano
testicolo
Scroto
Prostata
IMPARARE DALLA CLINICA
Gianrico Prigiotti
25
La prostata ha un ruolo importante nella produzione del liquido seminale. Circa il 20-30%
dell’eiaculato è di sua pertinenza, fornendo componenti fondamentali alla sopravvivenza e alla
qualità degli spermatozoi.
È intuitivo, vista la sua localizzazione anatomica, che qualsiasi sua modificazione implichi
un’alterazione della minzione.
L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) è caratterizzata da un aumento di volume della ghiandola prostatica. È una patologia che interessa circa il 60% della popolazione maschile di età compresa tra i 50 e 65 anni ma che arriva sino al 8085% nei soggetti anziani. È una patologia benigna, ma in una percentuale significativa è di tipo
progressivo e nel tempo condiziona la qualità di
vita del paziente.
La prostata si sviluppa e cresce sotto il controllo endocrino e in particolare sotto l’influenza
dell’asse ipotalamo-ipofisario, come nello schema che segue.
26
IPOTALAMO
LHRH
IPOFISI
ACTH
SURRENE
LH
TESTICOLO
Testosterone 95%
Androgeni 5%
PROSTATA
All’interno della prostata il testosterone viene convertito nel DHT, che attraverso l’espressione di diversi fattori di crescita, determina la
proliferazione cellulare . Nella prostata “normale”, vi è un equilibrio tra i fattori di crescita e
quelli inibitori. Equilibrio che si viene ad alterare nell’ipertrofia.
Numerosi sono gli studi atti ad identificare le
possibili cause di progressione della patologia
prostatica che non è soltanto legata all’aumento
volumetrico della ghiandola. Sembra infatti che
anche l’età del paziente, e il PSA, possano essere considerati fattori di rischio per l’evoluzione
della patologia – Linee guida Associazione Urologi Italiani (1).
Sull’evidenza di una delle complicanze potenzialmente più urgenti e invalidanti, la ritenzione acuta di urine, i pazienti con un volume
della ghiandola prostatica superiore a 30 cc hanno un rischio di ritenzione acuta e /o di intervento d’urgenza, di circa tre volte superiore a quelli
con volume minore. Anche l’età del paziente è
influente. Un uomo di 70-80 anni con ipertrofia
prostatica ha un rischio quasi sei volte superiore
rispetto a un uomo di 40-50 anni di sviluppare
una ritenzione acuta di urine.
Il PSA è una glicoproteina sintetizzata prevalentemente dalle cellule epiteliali prostatiche. È un antigene prostato specifico correlato
al volume della ghiandola, che aumenta con
l’età del paziente, nelle infezioni della prostata (prostatiti), dopo manovre invasive, nell’IPB, ma soprattutto nel carcinoma della prostata. Alcuni studi hanno evidenziato come una
concentrazione di PSA tra 1,4 e 3,2 ng/ml si associ a un aumento di progressione dell’ipertrofia prostatica, che si incrementa ulteriormente
con valori di PSA più elevati, ma non sospetti
di carcinoma (2,3).
I sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna
non sono tuttavia obbligatoriamente correlati alla dimensione della ghiandola.
Si distinguono sintomi irritativi caratterizzati da aumento della frequenza minzionale (pollachiuria diurna e notturna), minzione imperiosa,
e sintomi derivati dall’ostruzione (ostruzione
cervico-uretrale) con getto ipovalido, difficoltà
ad iniziare la minzione, disuria, utilizzo del torchio addominale, sgocciolamento post minzionale.
Lo specialista in Urologia valuta la salute dei
pazienti in tutte l’età, ma soprattutto gli uomini,
dopo il cinquantesimo anno d’età, sono quelli
che necessitano di una particolare attenzione. Di
grande utilità sono quindi i check-up di preven-
zione urologica nell’uomo in questa fascia di età,
in assenza di campanelli d’allarme precoci (emospermia, familiarità per displasia prostatica, prostatiti, ecc).
L’approccio diagnostico a un paziente che riferisce sintomi disurici deve essere improntato,
in prima istanza, su una corretta anamnesi finalizzata alla ricerca di eventuali patologie extraurologiche in grado i di modificare la minzione,
assunzione di farmaci (anti-ipertensivi, diuretici
etc), stile di vita (introiti eccessivi di liquidi la
sera come tisane, camomille), abuso di bevande
alcoliche, caffè, pasti abbondanti e ricchi di sostanze irritanti come spezie.
Può essere utile come approfondimento diagnostico l’impiego di questionari finalizzati tipo
IPSS (International Prostatic Sympton Score). Il
questionario IPSS, è l’unico validato in lingua
italiana per questa patologia, e permette una valutazione oggettiva della sintomatologia urinaria
del paziente affetto da ipertrofia prostatica.
Fondamentale a livello diagnostico è l’esplorazione prostatica digitale che permette di valutare alcuni parametri della ghiandola quali le dimensioni, la consistenza, i limiti, la dolorabilità
ed eventuali irregolarità della superficie (noduli,
ispessimenti) che necessitano di indagini più approfondite.
QUESTIONARIO IPSS (International Prostatic Symptoms Score)
Il questionario IPSS, unico questionario validato in lingua italiana per questa patologia, permette
una valutazione oggettiva della sintomatologia urinaria del paziente affetto da ipertrofia prostatica.
Nessuna
volta
Meno di Meno della Circa la Più della
una volta metà delle metà delle metà delle
su 5
volte
volte
volte
Quasi
sempre
27
Quante volte nell’ultimo mese ha avvertito
un senso di incompleto svuotamento vescicole al termine della minzione?
0
1
2
3
4
5
Nell’ultimo mese quante volte ha urinato
meno di due ore dopo l’ultima minzione?
0
1
2
3
4
5
Nell’ultimo mese Le è mai capitato di
dover mingere in più tempi?
0
1
2
3
4
5
Nell’ultimo mese quante volte ha avuto difficoltà a posporre la minzione?
0
1
2
3
4
5
Nell’ultimo mese quanto spesso il getto
urinario Le è parso debole?
0
1
2
3
4
5
Quante volte nell’ultimo mese ha dovuto
sforzarsi per iniziare a urinare?
0
1
2
3
4
5
Nel corso dell’ultimo mese, quante volte si
è alzato per andare a urinare la notte?
0
1
2
3
4
5
Punteggio totale:
0-7 sintomatologia lieve
8-19 sintomatologia moderata
Bene
Se dovesse trascorrere il resto della
Sua vita con la Sua attuale condizione urinaria, come si sentirebbe?
0
20-35 sintomatologia severa
Soddi- Abbastan- Così così Relativasfatto za soddimente
sfatto
insoddisfatto
1
2
3
4
Male
Molto
male
5
6
L’esame del PSA, di cui già si è parlato, è una
indagine consigliata dopo il cinquantesimo anno
d’età, in assenza di sintomi specifici che possano anticipare l’età in cui viene prescritto. È importante ricordare come questa glicoproteina non
sia carcinoma prostatico specifico, ma solo prostata specifica. Utile anche valutare il PSA ratio
(PSA totale/ PSA libero) nel caso in cui il valore del PSA totale ricada nella cosiddetta zona grigia.
La uroflussometria, con la valutazione del residuo post-minzionale, permette di misurare il
flusso urinario e la capacità di svuotamento ve-
scicale, e quindi oggettivare il grado di ostruzione indotto dall’ipertrofia.
L’ecografica della prostata per via sovrapubica o in casi selezionati per via endorettale permette una precisa valutazione dei diametri della
ghiandola e di sue eventuali alterazioni parenchimali (che potrebbero far sospettare un neoplasia), l’apertura del collo vescicale, l’impegno
prostatico in vescica, e l’eventuale compromissione della parete vescicale.
L’urologo sarà quindi in grado di mettere insieme tutti i tasselli diagnostici per poter formulare una corretta e personalizzata terapia.
Bibliografia
28
1) Associazione Urologi Italiani (A.U.Ro.)
Linee guida per l’iperplasia prostatica benigna
2004.
2) Roehrborn C.G., McConnel J., Bonilla J. et alt.
Serum prostate specific antigen is a strong predictor of prostate growth factor in men with benign prostatic hyperplasia. J Urol 2000; 163: 1320.
3) Sciarra A., Cristini C., Gentilucci A., Iannotta
L. et al.
Ipertrofia prostatica benigna: una patologia in progressione. Ipotesi per una terapia preventiva.
Urologia, vol 73, no 3, 2006, pp 257-264.
Il dott. Gianrico Prigiotti svolge la sua attività di consulente urologo
presso la BIOS S.p.A. di Roma in via Domenico Chelini 39.
Per informazioni e prenotazioni CUP 06 809641
LA MALAttIA PEPtICA E IL GAStRoPANEL:
DIAGNoSI SIERoLoGICA o ENDoSCoPIA?
S
ebbene la mucosa gastrica sia costantemente
sotto l’effetto potenzialmente dannoso di numerosi agenti, endogeni (acido cloridrico, pepsina e acidi biliari) ed esogeni (batteri – come l’H.
pylori –, alcool, farmaci – come i FANS o
NSAID –, ecc.), abitualmente essa mantiene una
totale integrità ad opera di un complesso sistema
preposto alla difesa e alla ricostituzione della mucosa stessa. Talora però gli effetti nocivi che si
esplicano, per varie cause, sulla mucosa gastrica
possono superare le difese, e allora insorge la cosiddetta “malattia peptica” (“acid peptic disease”), termine che comprende diverse situazioni
morbose, come, “gastrite” acuta e cronica, “ulcera gastrica o duodenale”, “malattia da reflusso gastro-esofageo” (GERD), e altre (“Zollinger Ellison syndrome”, “Meckel’s diverticular ulcer”).
Il quadro clinico abituale della malattia peptica si indica come “dispepsia” (“δυς-” = “difficile” e “πeψις”= “digestione”), condizione patologica caratterizzata dalla presenza predominante di
dolore o fastidio, persistente o ricorrente, localizzato nell’epigastrio. Può essere accompagnata da
gonfiore, sensazione di imbarazzo gastrico, eruttazione, nausea o bruciore di stomaco.
È uso definire “gastrite” ogni sospetta patologia della mucosa gastrica e la gastrite viene
classificata in base alle sue caratteristiche, come
durata (acuta, ma più frequentemente cronica),
etiologia, distribuzione anatomica nelle varie sezioni dello stomaco, e meccanismi patogenetici.
La più comune causa della gastrite acuta è
quella infettiva, specie da H. pylori. Se non trattata, può evolvere nella forma cronica.
La gastrite cronica, di più frequente osservazione, è caratterizzata da alterazioni infiammatorie prolungate, che inizialmente interessano le
strutture superficiali e ghiandolari della mucosa; il
processo evolve verso una più severa distruzione
ghiandolare, con atrofia e metaplasia di tipo intestinale, che costituisce un fattore predisponente al
cancro gastrico. L’etiologia è quasi sempre l’infezione cronica da parte dell’H. pylori, batterio
Gram-negativo, diffuso in tutto il mondo; l’infezione sembra acquisita in giovane età e persiste a
lungo per decenni. Il germe possiede vari meccanismi che lo proteggono dall’acidità, tra i quali la
notevole produzione di ureasi che catalizza la
idrolisi dell’urea producendo ammonio basico.
È molto importante, ai fini diagnostici, tenere presente che la gastrite cronica può essere
classificata in base alle sede predominante dello
stomaco nella quale essa si sviluppa.
A questo punto appare necessario ricordare
alcuni elementi dell’anatomia dello stomaco e
della fisiologia della secrezione gastrica.
Lo stomaco può essere teoricamente distinto
in tre porzioni: corpo, riferito al corpo centrale,
BIoS NoVItà PER IL MEDICo
Augusto Vellucci, Claudia Rossi
29
Aree ghiandolari (% del totale)
Fig. 1 – Le varie porzioni
dello stomaco
30
fondo, che è la
porzione più alta. e antro, zoCardias
na finale dello
Fondo & Corpo
stomaco, che si
PGI PGII HCI
estende dalla
Antro
piccola curvatuG17 PGII
ra sino al piloro
(fig. 1). La regione del
corpo-fondo presenta ghiandole tubulari semplici, dette oxintiche, contenenti cellule parietali,
che secernono acido cloridrico, e cellule principali o zimogene, che secernono pepsinogeno
(PGI e PGII), forma inattiva dell’enzima pepsina. Si differenzia il pepsinogeno di gruppo I
(PGI), che viene secreto dalle cellule della parte
alta dello stomaco (fondo e corpo gastrico), da
quello di gruppo II (PGII) secreto dall’intera mucosa gastrica, sia nel corpo-fondo, sia dalle cellule della porzione inferiore (antrali e duodenali
di Brunner).
Infine, nella mucosa gastrica dell’antro e del
piloro si riscontrano ghiandole contenenti le cellule G, che secernono la gastrina (soprattutto
la G17), ormone peptidico la cui funzione principale è regolare la secrezione gastrica, stimolando le cellule oxintiche del corpo-fondo a produrre e secernere acido cloridrico.
Tornando a esaminare la gastrite cronica, ricordiamo che essa si presenta abitualmente in
due diverse forme:
- una forma di tipo A che interessa soprattutto il fondo gastrico, estendendosi poi verso
il corpo dello stomaco, ma risparmiando
per molto tempo l’antro. È una patologia
meno comune (10% dei casi), più frequente
nell’anziano e talora su base autoimmune,
con frequente produzione di autoanticorpi
contro le cellule parietali dello stomaco. Risultano lese soprattutto le cellule che producono HCl, con usuale acloridria e conseguente aumento della gastrina (data l’integrità della mucosa antrale e quindi delle cellule G che la producono). Può associarsi al
quadro dell’anemia perniciosa (nella quale si
riscontra appunto ipergastrinemia e acloridria) e a tiroidite di Hashimoto.
– una forma di tipo B che interessa solo l’an-
tro; dopo anni, può diffondersi anche al resto
dello stomaco (pan-gastrite). È la più comune gastrite cronica che si osserva, abitualmente sostenuta dall’Helicobacter pylori.
Queste gastriti possono assumere il quadro
della gastrite cronica non atrofica, che in genere per anni resta sempre a carico dell’antro
(“antral type”); può evolvere in ulcera peptica, specie duodenale, e può provocare sintomatologia e complicazioni tipiche delle gastriti (melena, perforazioni, stenosi), ma è raro che evolva in forme neoplastiche; oppure
il quadro della gastrite cronica atrofica che
dall’antro si estende facilmente verso il corpo e il fondo dello stomaco (pan-gastrite) colpendo quindi le cellule oxintiche con un decremento della produzione di pepsinogeno di
tipo I e anche di acido; questa forma ha un rischio relativamente alto di un’involuzione
neoplastica
Abbiamo già detto che i pazienti che lamentano disturbi gastrici per lo più non risultano poi, ad
indagini approfondite, affetti da alcuna patologia
organica, ma soffrono solo di un disordine funzionale gastro-intestinale. E il termine “gastrite”,
usato per definire tali sindromi, dovrebbe in realtà
essere riservato solo all’infiammazione della mucosa gastrica istologicamente documentata.
Ma resta sempre indispensabile, dinnanzi a
un soggetto con sospetto di malattia peptica, impegnarsi per escludere la presenza di lesioni organiche, come una gastrite atrofica o un’ulcera
peptica o una neoplasia gastrica. Fino ad ora l’unica indagine sicura a tal fine era la Endoscopia,
il più sensibile e specifico approccio diagnostico,
che permette la diretta visualizzazione della mucosa del tratto esofago-gastrico, con l’acquisizione di documentazione fotografica delle lesioni e di materiale bioptico. Il “gold standard” per
l’inquadramento della gastrite resta sempre l’esame gastroscopico, con prelievi bioptici all’antro, all’angulus e al corpo-fondo.
L’indagine però è invasiva e fastidiosa e non
sempre viene ben accettata dal paziente. Appare
pertanto di notevole utilità poter definire, in soggetti dispeptici, se realmente esistano alterazioni
della mucosa gastrica, che debbano necessariamente essere sottoposte a gastroscopia.
Una nuova alternativa è quella di dosare il livello ematico delle sostanze prodotte dalla mucosa (come la gastrina e i due pepsinogeni PGI e
PGII), che si ritrovano anche nel sangue e che,
essendo nota la sede della mucosa gastrica che
le produce, rappresentano veri bio-markers indicatori dello stato funzionale delle varie parti dello stomaco. Quando queste indagini risultano
nella norma, gli eventuali disturbi “gastrici” debbono essere attribuiti ad altre patologie. E la effettuazione di una gastroscopia può essere tacciata di comportamento “mal practice” (“type of
negligence in which the doctor fails to follow generally accepted professional standards”).
A queste indagini per la titolazione ematica
dei bio-markers funzionali della mucosa gastrica
è molto utile associare la ricerca della presenza o
assenza di anticorpi IgG specifici per un’infezione da H. pylori, causa molto frequente di gastrite cronica.
È stata realizzata una metodica, che ha preso
il nome di GASTROPANEL, al fine appunto di
determinare con un esame del sangue, effettuato
con dosaggi enzimatici (ELISA) utilizzando anticorpi monoclonali altamente specifici se, in un
soggetto dispeptico, esistono reali alterazioni gastritiche, precisando quali parti della mucosa gastrica sono colpite, e se queste sono associate all’infezione cronica da H. pylori; si possono delineare i soggetti potenzialmente a rischio per lo
sviluppo di neoplasie o di ulcera gastrica (iposecretori, con atrofia mucosa) e quelli maggiormente predisposti allo sviluppo di ulcera duodenale e anche da reflusso gastro-esofageo (ipersecretori, con o senza infiammazione).
Vengono misurati, sul sangue periferico, dopo
un digiuno di almeno 10 ore (per evitare interferenze con i processi digestivi) i livelli dei quattro
seguenti markers sierici: il Pepsinogeno (precursore della pepsina) di tipo I e II, la Gastrina 17 e
gli anticorpi anti-Helicobacter pylori.
Abbiamo già detto che il Pepsinogeno I
(PGI) è esclusivamente prodotto dalle cellule del
corpo-fondo; e quindi esiste una correlazione tra
il suo livello ematico e la perdita di tali cellule
causata dall’atrofia gastrica di queste parti dello
stomaco. Valori misurati inferiori a 25-30 microgrammi/litro indicano che la mucosa del cor-
po-fondo ha una moderata o severa gastrite atrofica. I suoi valori possono elevarsi durante un
trattamento con inibitori della pompa protonica.
Il Pepsinogeno II (PGII) è prodotto invece
dall’intero stomaco (valori normali fino a 10 microgrammi/litro). I livelli aumentano durante
l’infezione; poi, col tempo, al peggiorare della
gastrite atrofica del corpo-fondo, il rapporto tra
pepsinogeno I e II decresce (minore di 3), per
maggiore riduzione del PGI. Quindi la concentrazione sierica di ambedue i pepsinogeni, e specie del PGII, aumenta in soggetti con gastrite
cronica non atrofica da H. pylori . Mentre nella
forma atrofica del corpo-fondo diminuisce quella del PGI (che viene prodotto in tale sede), restando inalterata o quasi quella del PGII, prodotto dall’antro, ancora indenne.
Un altro marker misurato è quello dell’ormone Gastrina 17, prodotto quasi esclusivamente
dalle cellule G dell’antro dello stomaco. Va a stimolare la secrezione di acido cloridrico dalle cellule della mucosa del corpo; il suo rilascio è regolato da un meccanismo di feedback negativo che
è legato al livello del pH gastrico e dei pepsinogeni; il suo tasso ematico diminuisce quando l’acidità gastrica aumenta. Un livello basso di gastrina è abitualmente indice di danno gastrico nell’antro, o anche di severa gastrite atrofica diffusa,
mentre un suo incremento, abituale in caso di patologia del corpo-fondo, può essere inteso come
un tentativo di aumentare la produzione dell’HCl.
La letteratura conferma l’utilità di queste indagini. (PLoS One. 2011; 6(10): e26957. 2011
Oct 31. Accuracy and cut-off values of pepsinogens i, ii and gastrin 17 for diagnosis of gastric
fundic atrophy: influence of gastritis. Nasrollahzadeh D et al. Department of Medical Epidemiology and Biostatistics, Karolinska Institute, Stockholm, Sweden.)
A parte va considerato il riscontro degli anticorpi IgG anti-Helicobacter pylori, segno che il
soggetto ha sofferto di questa infezione, che può
aver provocato infiammazione cronica della mucosa, con evoluzione verso la gastrite atrofica.
Data la frequenza elevata e persistente di questa
invasione batterica (più del 50% della popolazione ne risulta affetto), si può considerare probabile che, riscontrando una positività sierologica ad
31
Pepsinogeno I
Pepsinogeno II
3-10 mg/l
5.0 mg/l
PGI/PGII
23.8 *
Gastrina 17 Basale
12.4 pmol/l*
H. pylori AB
30-120 mg/l
119.0 mg/l
3-20
4.7 EIU
2-10 pmol/l
negativo
0-30 EIU
Interpretazione: mucosa gastrica sana e normale
tabella – Analisi di un
soggetto con mucosa gastrica sana, con indicazione, a lato, dei valori
normali del GastroPanel.
Fig. 2 – Modalità di interpretazione dei diversi risultati che si possono ottenere con il GastroPanel.
32
H.Pylori -,
PGI, PGII, PGI/PGII, G-17b
NORMALE
alto titolo, l’infezione sia ancora in atto (alcune
indagini, come il 13C-urea-breath test o il test per
gli antigeni fecali, possono poi accertarne la presenza) . Tutto ciò può consigliare l’effettuazione
di una terapia eradicante della infezione cronica
da H. pylori, secondo le recenti norme, concordate nell’ultimo “consensus report”. (Gut. 2012
May; 61(5): 646-64. Management of Helicobacter pylori infection – the Maastricht iV/Florence
Consensus Report. Malfertheiner P. et al. Department of Gastroenterology, Hepatology and Infectious Diseases, Otto-von-Guericke University
of Magdeburg, Magdeburg, Germany.)
In conclusione, possiamo dire che il Gastro-
H.Pylori +,
PGI, PGII, PGI/PGII, G-17b
NORMALE
Mucosa gastrica
sana
Gastrite H.Pylori
correlata
Nessuna patologia
allo stomaco
Rischio di gastrite
o ulcera duodenale
• La gastroscopia non darebbe
alcuna informazione aggiuntiva
• Ulteriori accertamenti diagnostici,
per escludere altre patologie
intestinali, intolleranza
al lattosio, celiachia, calcolosi
• Terapia eradicante per infezione
H.Pylori
• Si suggerisce nuovo Test
Gastropanel® dopo 6 mesi
Panel permette di differenziare quei soggetti dispeptici che realmente debbono essere sottoposti
a una gastroscopia, rispetto agli altri che non necessitano di effettuarla (vedi tabella).
Per una più precisa valutazione del problema, è disponibile un software di refertazione
(Gastrosoft) che aiuta nella corretta interpretazione dei risultati ottenuti con il GastroPanel.
Nella figura 2 sono riferiti schematicamente i vari quadri rilevabili con questa metodica e le indicazioni comportamentali che ne conseguono.
Terminiamo con le parole di chi ha realizzato il test: “quando l’esame con il GastroPanel
fornisce un risultato completamente normale, i sintomi gastrici riferiti dal paziente sono
causati o da dispepsia funzionale o da patologie che non interessano la mucosa gastrica when gastropanel examination gives a normal
result, any stomach symptoms are caused by
functional dyspepsia or by a disease elsewhere
than in the stomach mucosa- BIOHIT”.
H.Pylori +
H.Pylori -
PGI e/o PGI/PGII basso
Generalmente G-17b alta
PGI e/o PGI/PGII normale
G-17b bassa
PGI e/o PGI/PGII bassi
G-17b bassa
Gastrite atrofica (Corpus)
Stomaco ipocloridrico
o acloridrico
Gastrite atrofica (Antrum)
o ipersecrezione di
acido cloridrico
Pangastrite atrofica
• Aumentato rischio di cancro
gastrico (gastrite atrofica)
• Aumentato rischio di ulcera
duodenale o gastrica
(aumento secrezione di
acido cloridrico)
• Aumentato rischio di esofagite
o esofago di Barrett
Aumentato rischio
di cancro gastrico
H.Pylori -
H.Pylori +
• Aumentato rischio
di cancro gastrico
• Malassorbimento
(vit. B12, ferro,
calcio, magnesio)
Terapia eradicante per infezione da H.Pylori
Si consiglia gastroscopia
Presso la BIOS S.p.A. di Roma in via Domenico Chelini 39, è possibile
eseguire il GastroPanel.
Per informazioni e prenotazioni: CUP 06 809641
8° RAPPoRto CEDAP 2009. ANALISI
DELL’EVENto NASCItA DEL MINIStERo DELLA SALUtE
http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato
7452888.pdf
Un‘indagine, realizzata dall’Ufficio di Direzione Statistica del Ministero della Salute, raccoglie le informazioni rilevate dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP). Nel 2009 in Italia si sono registrate in totale 557.300 nascite, e 548.570 sono state le
schede CeDAP pervenute per l’analisi (relative
a 549 punti nascita nel nostro Paese).
Nove mamme su 10 scelgono un ospedale pubblico
L‘87,7% dei parti è avvenuto negli Istituti di
cura pubblici, il 12,1% nelle case di cura e solo
0,2% altrove. Il 66,7% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui.
Tali strutture, in numero di 204, rappresentano il
37,2% dei punti nascita totali. Il 7,92% dei parti
ha luogo invece in strutture che accolgono meno
di 500 parti annui.
Aumentano le neo-mamme straniere
Il 18% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Tale fenomeno è piú diffuso
al centro-nord, dove oltre il 20% dei parti avviene da madri non italiane. L’età media della madre è di 32,5 anni per le italiane e scende a 29,1
anni per le straniere. Delle donne che hanno partorito nel 2009, il 45% ha una scolarità medio-alta, il 33,7% medio-bassa e il 21,3% ha la laurea.
Fra le straniere prevale una scolarità medio-bassa (52%). La condizione professionale delle straniere è per il 55,7% di casalinga, a fronte del
FRoM BENCH to BEDSIDE
I BENEFICI CLINICI DELLA RICERCA:
SELEZIoNE DALLA LEttERAtURA
SCIENtIFICA
33
34
65,8% delle italiane che ha invece un’occupazione.
Papà in sala parto. Nel 92% dei casi la donna ha accanto a sè‚ al momento del parto (esclusi i parti cesarei), il padre del bambino, nel
6,37% un familiare e nell’1,16% una persona di
fiducia.
Troppi interventi di taglio cesareo. In media,
il 38% dei parti avviene con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali. Nel 28,6% dei parti di
madri straniere si ricorre al cesareo, mentre la percentuale sale al 40,1% nei parti di madri italiane.
Troppi esami diagnostici. Nell’84,2% delle
gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4, mentre nel 73,2% delle
gravidanze si effettuano piú di 3 ecografie. È
un numero eccessivo secondo il presidente
della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) dr Nicola Surico, che sottolinea
come siano sufficienti nel periodo della gravidanza due ecografie. A livello nazionale, inoltre, l’amniocentesi è stata effettuata al 40,69%
delle madri con piú di 40 anni.
Procreazione assistita. Per circa 6.786 parti
si è fatto ricorso a una tecnica di procreazione
medicalmente assistita (PMA), in media 1,23
ogni 100 gravidanze.
Mortalità neonatale. Sono stati rilevati
1.578 nati morti, corrispondenti a un tasso di
nati/mortalità pari a 2,83 nati morti ogni 1.000
nati, e 5.529 nati con malformazioni. L’indicazione della causa è presente solo nel 19,4% dei
casi di mortalità e nel 51,2% di nati con
malformazioni.
IN VENtI ANNI DIMEZZAtE LE MoRtI
DELLE DoNNE PER GRAVIDANZA NEL
MoNDo
http://www.unfpa.org/webdav/site/global/shared/
documents/publications/2012/Trends_in_maternal_
mortality_A4-1.pdf
Dal rapporto “Trends in maternal mortality:
1990 to 2010” redatto dalle agenzie della Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) dedicate
alla sanità, ai bambini e alla popolazione – World
Health Organization (WHO), Unicef e United
Nations Population Fund (Unfpa) – emerge che
il numero delle donne vittime nel mondo per problemi legati alla gestazione si è pressoché dimezzato negli ultimi vent’anni. Infatti, dalle
543.000 donnne decedute nel 1990 a causa di
complicazioni provocate dalla gravidanza e il
parto si è giunti nel 2010 a 287.000, registrando
una diminuzione del 47%.
Il direttore esecutivo di Unfpa, dr. Babatunde Osotimehin, ha dichiarato: “Sono molto felice che la percentuale delle donne che muoiono
nel corso della gravidanza stia continuando a diminuire, ma rimane ancora molto lavoro da fare”. Secondo il dossier, il 99 % delle vittime provengono dai Paesi in via di sviluppo e le cause
più comuni sono rappresentate da gravi emorragie dopo il parto, infezioni, pressione del sangue
troppo alta e aborti non sicuri.
In dieci Stati, tra cui Maldive, Nepal, Romania e Iran è stato raggiunto l’obiettivo posto
dalle Nazioni Unite per il 2015 di ridurre la
mortalità del 75%, ma un terzo delle donne –
dice il rapporto – sono decedute in soli due
Paesi: India e Nigeria, e delle 40 Nazioni con le
situazioni più critiche, 36 si trovano nell’Africa Sub-Sahariana.
IL CAFFÈ E LA LoNGEVItà
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22591295
Mortalità più bassa tra gli habitué della bevanda. Il caffè, bevanda aromatica ottenuta con
i chicchi di caffè, non tiene solo svegli ma è anche un passepartout per la longevità. Questi i risultati di uno studio condotto dal dr Neal Freedman e colleghi del National Cancer Institute
presso il National Institute of Health in Rockville, MD, USA che è stato effettuato su 402.260
persone analizzate, uomini e donne fra i 50 e i
71 anni di vita. Lo studio è durato per un periodo compreso fra il 1995 e il 2008 e mostra che il
consumo di caffè è inversamente associato con
la mortalità totale e cause-specifica. Secondo
quanto riferito da questi autori nella Rivista New
England Journal of Medicine il caffè riduce il rischio di morte per malattie cardiache, malattie
respiratorie, ictus, lesioni o incidenti, infezioni e
diabete. Dai dati di questo Studio però non è stato possibile determinare se queste conclusioni
siano casuali o associative.
I ricercatori hanno consultato i registri nazionali per monitorare i decessi nel periodo del
monitoraggio e le cause di morte. All’inizio dello studio tutti i partecipanti hanno risposto a domande sul proprio stile di vita, abitudini alimentari e non solo. Facendo i dovuti calcoli è emerso che (a parità di altre abitudini negative come
fumo etc) gli uomini che bevono da 2 a 6 caffé al
giorno hanno un rischio di morte ridotto del 10%
rispetto ai coetanei che si astengono dal caffé; le
donne hanno un rischio ridotto del 16%. Cosa si
nasconde dietro l’effetto del caffé? Gli autori dello studio restano cauti ma potrebbe essere che la
nera bevanda, già in alcuni studi dimostratasi capace di difendere la salute del fegato e dal diabete, contenga elementi benefici per la salute generale dell’organismo; quali non è dato ancora
sapere, il caffé contiene molte sostanze diverse
che andrebbero testate per verificarne i potenziali
effetti sull’aspettativa di vita.
DAGLI USA UNo StUDIo SU StAMINALI CoNtRo GLI EFFEttI DELLA CHEMIotERAPIA
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22572881
Alcuni ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, USA, hanno pubblicato nella rivista science Translational Medicine, uno studio nel quale hanno usato con successo cellule staminali geneticamente modificate per proteggere il midollo. Si è provato a creare uno “scudo” di cellule staminali per proteggere l’organismo dagli effetti dannosi, dalla tossicità della chemioterapia, che spesso, oltre a uccidere le cellule cancerose, provoca problemi an-
Cellule staminali umane da liquido amniotico fotografate al microscopio in
contrasto di fase dopo 20 giorni di cultura in laboratorio. Scale bar 100 mm.
Immagine gentilmente fornita dalla dr.ssa Maria Giuditta Valorani.
che ai tessuti sani, come il midollo osseo. Il midollo osseo è infatti molto sensibile alla chemioterapia, che può indurre a un abbassamento dei
globuli bianchi, aumentando il rischio di infezioni, e a una riduzione dei globuli rossi, portando così a respiro corto e stanchezza. Questi effetti sono un’importante barriera nell’uso della
chemioterapia e spesso possono significare l’interruzione del trattamento, o una sua riduzione.
Quello che hanno fatto i ricercatori è stato
cercare di proteggere il midollo osseo di tre pazienti affetti da glioblastoma, un cancro che colpisce il cervello. Hanno prelevato il midollo dai
pazienti stessi e poi isolato le cellule ematopoietiche staminali e progenitrici, che producono il
sangue. Hanno poi usato un virus per infettare le
cellule con un gene, che le proteggeva dal farmaco chemioterapico, reimpiantandole poi nel
paziente. “Abbiamo visto che così i pazienti sono in grado di tollerare – aggiunge il dr Hans Peter Kiem, coordinatore dello studio – meglio la
chemioterapia e senza effetti collaterali negativi”. Inoltre questi tre pazienti sono vissuti più a
lungo, fino a 34 mesi, rispetto ai 12 mesi di sopravvivenza media che si hanno di norma per
questo tipo di cancro.
35
CELLULE StAMINALI AMNIotICHE E
tERAPIA
Le cellule staminali amniotiche si trovano
nel liquido amniotico che circonda il feto durante la gestazione e possono essere ottenute
tramite amniocentesi nel secondo trimestre di
gravidanza. Queste cellule hanno caratteristiche
biologiche molto simili alle cellule staminali
embrionali, ma non hanno le controindicazioni
di tipo etico legate alla distruzione dell’embrione. La ricerca su queste cellule è ancora in
una fase molto precoce e sembra poter avere
buone prospettive di sviluppo. Sono molte le
patologie per le quali è prevista l’applicazione
sull’uomo: dalle malattie della retina, al diabete, alle malattie neurodegenerative, alla chirurgia ricostruttiva, alle malattie rare.
a cura di M. G. Valorani
36
HANNo CoLLABoRAto A QUESto NUMERo
dott. Carolina Aranci
Psicologa – Counsellor professionista analiticotransazionale
Presidente Associazione Internazionale Donne
prof. Alessandro Ciammaichella
Medico chirurgo, Specialista in Medicina Interna
già Primario Medico Ospedaliero
dott. Francesco Leone
Specialista in Malattie Infettive
Docente presso “Sapienza” – Università di Roma
Direttore sanitario Bios S.p.A.
prof. Giuseppe Luzi
Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica
Professore associato di Medicina Interna (f. r.)
Docente presso “Sapienza” – Università di Roma
Facoltà di Medicina e Psicologia
prof. Gilnardo Novelli
Specialista in Chirurgia Vascolare
Professore associato presso “Sapienza” – Università
di Roma
dott. Gianrico Prigiotti
Specialista in Urologia
Master in Andrologia
dott. Claudia Rossi
Specialista in Patologia Generale
Responsabile Reparto di Patologia Clinica BIOS S.p.A.
dott. Romana Vallone
Specialista in Ginecologia
Maria Giuditta Valorani, PhD
Research Associate
Institute of Child Health
University College of London – London, GB
prof. Augusto Vellucci
Specialista in Clinica Medica e Malattie Infettive
già Primario di Malattie Infettive
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