“Azioni di Sistema per la Promozione della
Domiciliarietà e dell’Accessibilità (ASPAD)”
APPUNTI DI PERCORSO
un pezzo di storia tuttora in corso che ci sta servendo per
interrogare la teoria e fare teoria attraverso la pratica
Obiettivo generale del progetto:
sperimentare l’inserimento di persone in carico ai servizi
socio sanitari in un contesto montano nel quale vivere il
passaggio da fruitori ad erogatori di servizi a supporto
della comunità locale e del suo sviluppo,
ciò con degli obbiettivi specifici:
-erogazione di servizi di domiciliarità diffusa e alla
comunità locale;
- autonomia abitativa;
- sostegno allo sviluppo di nuove economie montane;
-cambiamento della percezione e del riconoscimento
sociale rispetto a soggetti coinvolti nel progetto.
Quindi la montagna da luogo di fuga a terreno di
sperimentazione di nuovi modelli di welfare.
Obiettivi ambiziosi!!!!
IL CONTESTO
La Val Tramontina situata nell’area nord della provincia di Pordenone nelle
prealpi carniche, rappresenta un contesto territoriale interessato da un vasto
fenomeno di migrazione verso l’estero e verso la pianura a seguito di
condizioni di povertà e del terremoto del 1976. La popolazione infatti è
passata in circa un secolo dalle 15.000 unità alle poco più di 700 attuali. Nella
Valle ci sono due Comuni: Tramonti di Sotto e Tramonti di Sopra che
amministrano un territorio di 210,70 chilometri quadrati. L’indice di densità
abitativa complessivo e di 2.8 abitanti per chilometro quadrato. La
popolazione vive prevalentemente in piccole contrade, località e frazioni in
uno stato di significativo isolamento. Inoltre la maggior parte della
popolazione è adulta ed anziana. La Val Tramontina è considerata a livello
comunitario area D3 cioè area depressa con poche possibilità si sviluppo
socio economico.
Fasi del progetto
- selezione e reclutamento dei soggetti;
- valutazione e formazione sul campo;
- lavoro domiciliare e comunitario accompagnato;
- lavoro domiciliare e comunitario in autonomia;
Il gruppo sentinella:
È il gruppo di soggetti individuati dai servizi quali
persone potenzialmente idonee a intraprendere con noi
(servizi dell’ASS6, servizi del Distretto nord, dell’ambito
6.4, Amministrazioni locali, realtà produttive della Val
Tramontina, associazioni e cittadini) un percorso di
sperimentazione, a giocare con noi questa sfida.
Le prime fasi: la selezione e la formazione sul campo
affiancamento intenso: tabelle organizzative, presenza costante nella preparazione dei
pasti, monitoraggio domestico, affiancamento spalla a spalla nei lavori
-Vivere assieme sperimentando, per diversi ragazzi per la prima volta, l’autonomia
abitativa, tra loro diversi giovani che a 19, 20, 21 anni sperimentano lontano dal
proprio contesto familiare l’autogestione di un alloggio in gruppo;
-Lavorare in micro imprese, che stanno tentando di contribuire alla costruzione di
nuove economie in area montana (ecologiche, inclusive, di qualità, di riscoperta, di
agricoltura sostenibile) per sperimentarsi in contesti di lavoro reali, per supportare
queste piccole realtà economiche che stanno contribuendo a rivitalizzare la vallata;
-Lavorare a supporto della comunità: compagnia e semplici lavori domestici al
domicilio di anziani, sfalcio di proprietà private di persone in difficoltà,
accatastamento di legname, impregnatura di staccionate pubbliche, riordino e pulizia
di proprietà comunali;
-Inserirsi nelle relazioni della comunità;
-Vita di gruppo:
-Apprendimento di pratiche lavorative.
Questi primi mesi sono stati utili al fine di
capire a che punto erano questi soggetti
rispetto al loro percorso di crescita e di
cambiamento. Per
loro ha rappresentato
l’opportunità di sperimentarsi sganciati dai
servizi in un territorio sconosciuto e non
connotante.
In pochi mesi è avvenuta una selezione naturale:
-Ricadute rispetto percorsi riabilitativi;
-Incompatibilità in riferimento agli obbiettivi del
progetto;
-Richiamo della famiglia e del territorio di
appartenenza anche per utilità degli stessi nei
contesti familiari;
-Abitudine all’accudimento e alla protezione dei
contesti protetti: sindacalizzazione del disagio;
In termini di apprendimento questa fase è servita:
ai servizi:
-per meglio conoscere le implicazioni del lavoro sociale in un normale contesto
territoriale;
-per prendere atto della fattibilità di inserimenti in contesti a bassa protezione;
-per definire dei criteri di selezione per nuovi potenziali partecipanti e di valutazione
dell’esperienza individuale;
-ad interrogarsi assieme circa nuovi modelli di welfare, costruendo pratica;
ai ragazzi:
-a fare i conti con se stessi e a misurarsi nella realtà;
-A capire che cosa li stimolava e cosa li metteva in difficoltà in questa esperienza;
-a misurarsi con i propri desideri e le proprie aspirazioni;
-ad aumentare l’autostima e l’autonomia anche attraverso il rinforzo sociale;
-all’apprendimento di competenze di lavoro spendibili in questo ed altri contesti;
alle realtà produttive:
-supporto operativo nei lavori quotidiani;
-conoscenza di persone per potenziali inserimenti lavorativi.
Alle amministrazioni:
-sollecitazione ad esplorare i bisogni delle proprie comunità;
-a tentare di implementare modelli di sviluppo inclusivi;
-ad individuare quei bisogni della comunità che coincidono con i bisogni
dell’Amministrazione .
Le altre fasi (ancora in corso): intervento domiciliare e di comunità
Fase di sgancio, di minor presenza e di cambio di figure di riferimento
-Sperimentazione di lavori nella comunità in autonomia: compagnia e semplici lavori
domestici al domicilio di anziani, sfalci, accatastamento di legname, impregnatura di
staccionate pubbliche, riordino e pulizia di proprietà comunali, attività nel forno sociale
e in fattoria;
-gestione autonoma abitativa;
-Valutazione complessiva degli interventi finora attuati;
In buona sostanza i soggetti sono passati da un periodo vissuto quasi come in una
comunità ad un periodo di autonomia monitorata nel frattempo si sono costruiti
relazioni autonome all’interno della comunità
Cosa ha funzionato:
-la selezione contrattuale e naturale;
-Il coinvolgimento e il confronto tra servizi socio sanitari e soggetti del territorio;
-Il coinvolgimento attivo nelle fasi di monitoraggio dei ragazzi;
-la continuità: da progetto specifico a borse lavoro a potenziale inserimento
lavorativo;
- l’autonomia abitativa;
Cosa ha funzionato parzialmente:
-l’individuazione di un profilo tipo di soggetti idonei a questa sperimentazione;
-l’individuazione capillare e approfondita dei bisogni della comunità ;
Cosa abbiano imparato
che le storie dei ragazzi sono spesso pregne di un modello comunque assistenziale del
quale gli stessi si nutrono e con il quale giocano a volte inconsapevolmente (diritto ad
essere assistito anche quando potrei cavarmela da solo);
che la consapevolezza della strategia progettuale per i servizi invianti è fondamentale
nella fase di selezione;
che la comunità accoglie volentieri chi gli dà una mano, senza pregiudizio ed
etichettamento;
che le sperimentazioni attivano energie entusiasmo, ma anche diffidenza e la voglia di
dimostrare che non funzionano;
che sperimentare implica esporsi e obbliga tutti a fare delle scelte e a confrontarsi con i
propri limiti;
che sperimentare apre strade talvolta inimmaginabili, che saranno preludio a nuovi
sistemi di welfare;
che non si è sempre pronti alla partenza, ma il passaggio all’azione ci fa evolvere per la
prossima volta.
Possibili sviluppi futuri
individuare un soggetto giuridico
collettivo costituito dal pubblico e
dal privato che si occupi di sostenere
lo sviluppo economico di montagna
attraverso anche soggetti deboli;
approfondire i bisogni della
comunità stabilizzando i servizi
offerti dalle persone inserite nel
progetto;
sviluppare le azioni domiciliari;
fare della valle un laboratorio di
coaching per persone da inserire poi
in altri contesti montani similari;
CIÒ CHE DOBBIAMO IMPARARE
A FARE, LO IMPARIAMO FACENDOLO
Aristotele
GRAZIE!!!
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Presentazione Ciri – appunti di un`esperienza