Segreteria Nazionale Via Farini, 62 - 00186 Roma Tel. +39 06 48903773 - 48903734 335 7262435 - 335 7262863 Fax: +39 06 48903735 [email protected] – www.coisp.it CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA Sentenza n. 07007 del 20 luglio 2010 Destituzione Vice Prefetto CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA Un Vice Prefetto è stata Destituita dal servizio per aver effettuato complessivamente giorni 540 di assenza dal lavoro. La ricorrente aveva in precedenza provveduto ad effettuare ricorso al Tar contro tale provvedimento, ma il Tar competente aveva ritenuto non fondati i motivi e che contro tale sentenza aveva presentato opposizioni per il tramite del II° grado di giudizio che ha visto nuovamente soccombere la ricorrente. N. 07007/2010 REG.SEN. N. 06101/2009 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente DECISIONE Sul ricorso numero di registro generale 6101 del 2009, proposto da: __________________, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Lattanzi e Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via G.Paisiello, 55; contro Ministero dell'interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12; per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I TER, n. 05203/2009, resa tra le parti, concernente DECADENZA DALL'IMPIEGO. o Regionale del Lazio Destituzione Vice Prefetto Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno; Viste le memorie difensive delle parti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2010 il consigliere Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avv. Vetrò per delega dell'avv. Scoca e l'avvocato dello Stato Noviello; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con l’atto di appello in esame – notificato il 10.7.2009 e depositato il 16.7.2009 – è stata impugnata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, sez. I^ ter, con la quale veniva respinto il ricorso proposto dalla dottoressa ___________, già Vice Prefetto aggiunto, avverso la decadenza della medesima dall’impiego, decadenza disposta con decreto dipartimentale del Ministero dell’interno in data 28.11.2007, a norma dell’art. 127, lettera c) del D.P.R. n. 3/1957. Nella citata sentenza si sottolineava come la ricorrente – appartenente alla categoria dei pubblici funzionari con qualifica e competenze dirigenziali – avesse maturato 540 giorni di assenze per malattia nel periodo 20.8.2001 – 26.11.2004, con illegittima sottrazione alle successive convocazioni del Collegio medico, incaricato di accertare la sussistenza delle ragioni di salute addotte, ed avesse ulteriormente richiesto periodi di aspettativa per ragioni di famiglia (con domanda non accolta dall’Amministrazione), assentandosi comunque dal lavoro senza giustificato motivo per innumerevoli giorni fino al 2007. Alla minuziosa ricostruzione della violazione degli obblighi di servizio, gravanti sulla ricorrente, si aggiungevano nella medesima sentenza considerazioni relative alla contestata violazione di procedura, da parte dell’Amministrazione, per non avere quest’ultima acquisito, prima di disporre la decadenza della ricorrente dal rapporto di impiego, il parere del Consiglio di amministrazione, trattandosi di parere non richiesto per atti di natura vincolata, come quello adottato nel caso di specie. In sede di appello, avverso le conclusioni esposte nella sentenza in precedenza sintetizzata veniva prospettato un unico, articolato motivo di gravame di “error in iudicando, per violazione o falsa applicazione dell’art. 127 del D.P.R. n. 3/1957”. A sostegno delle proprie ragioni l’appellante segnalava, in primo luogo, la mancata valutazione di vizi procedurali, a partire dall’omessa acquisizione del parere del Consiglio di amministrazione del Ministero, acquisizione prevista dal citato art. 127 D.P.R. n. 3/1957, per la fattispecie di cui alla lettera c) del medesimo. Il provvedimento impugnato, inoltre, sarebbe stato viziato da incompetenza, in quanto emanato dal Capo del Dipartimento anziché dal Ministro, avendo il provvedimento stesso natura discrezionale e non vincolata. Quanto alle circostanze di fatto poste a base della deliberazione contestata, infine, si ricordava come fosse cessato, nel gennaio 2007, l’incarico dell’appellante quale “dirigente in posizione di staff: 2 o Regionale del Lazio Destituzione Vice Prefetto responsabile presso la Direzione Centrale per i servizi demografici”, con assegnazione di un nuovo incarico solo nel successivo mese di agosto; in quanto priva di funzioni, pertanto, la dottoressa ________________ non avrebbe potuto svolgere alcuna attività, mentre – dopo la diffida, pervenuta il 31 agosto, a riprendere servizio – sarebbero sopravvenute gravi esigenze familiari (malattia della madre), tali da rendere necessaria la richiesta di permessi, aspettative e ferie, con finalità di assistenza alla congiunta sopra indicata. La diffida a riprendere servizio sarebbe stata inoltrata, pertanto, in concomitanza con la richiesta fruizione di congedi e aspettative, con conseguente insussistenza di una assenza dal lavoro senza giustificazione e di manifestata volontà di abbandonare l’impiego. L’Amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, ricostruiva l’ultima fase del rapporto di lavoro di cui trattasi, dopo che – con telegramma in data 1.6.2007 – la dottoressa ___________ aveva comunicato di essere impossibilitata, “dal punto di vista materiale e giuridico, a poter svolgere alcuna prestazione lavorativa, non avendo ricevuto istruzioni al riguardo”. A tale comunicazione l’Amministrazione stessa rispondeva con telegramma del 6.8.2007, in cui si rendeva nota all’interessata la prevista assegnazione della medesima al Dipartimento per le politiche del personale, quale dirigente in posizione di staff, consulente per l’analisi e lo sviluppo organizzativo; sempre in via telegrafica, tuttavia, l’attuale appellante replicava il 10.8.2007 di non poter riprendere servizio, comportando l’incarico preannunciato “una situazione logistica non adeguata alla propria qualifica e alle proprie funzioni”. Con lettera raccomandata, pervenuta il 31.8.2007, la funzionaria in questione veniva quindi invitata a riprendere servizio il giorno successivo, a pena di avvio del procedimento di decadenza: procedimento conclusosi con l’atto che è oggetto del presente giudizio, a seguito del protrarsi di un’assenza, ritenuta non giustificabile con la richiesta di ulteriori periodi di congedo, poiché di durata superiore a quella spettante o comunque perché non accordati dall’Ente datore di lavoro. Premesso quanto sopra, l’Amministrazione resistente confutava le singole argomentazioni difensive di controparte e chiedeva il rigetto dell’impugnativa. DIRITTO La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne un provvedimento di destituzione dal servizio, emesso a norma dell’art. 127, comma 1, lettera c) del D.P.R. 10.1.1957, n. 3, riferito ad una situazione in cui il dipendente “senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissatogli, ovvero rimanga assente dall’ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni, ove gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni non stabiliscano un termine più breve”. Avverso tale provvedimento vengono prospettate, in primo luogo, censure di carattere procedurale, per incompetenza dell’organo emanante e per omessa acquisizione del parere del Consiglio di Amministrazione. Dette censure non appaiono condivisibili. Quanto alla competenza, infatti, correttamente l’Amministrazione resistente ha ricordato come l’art. 4 del D.Lgs. 26.3.2001, n. 165 – nell’attribuire agli organi di governo le funzioni di indirizzo politico/amministrativo – abbia conferito ai dirigenti il potere di adottare tutti gli atti e i provvedimenti amministrativi, ivi compresi quelli inerenti alla gestione del personale, non escluse eventuali dichiarazioni di decadenza dall’impiego (cfr. in tal senso anche Cons. St., sez. IV, 20.1.2006, n. 148; Cons. St., sez. VI, 24.8.1999, n. 1115). 3 o Regionale del Lazio Destituzione Vice Prefetto Lo stesso D.Lgs. n. 165/2001, all’art. 70, comma 6, precisa che “a decorrere dal 23.4.1998, le disposizioni che conferiscono agli organi di governo l’adozione di atti di gestione….si intendono nel senso che la rispettiva competenza spetta ai dirigenti”. Resta solo la possibilità – derogatoria ed eccezionale rispetto al principio generale – che singole norme affidino agli organi di governo provvedimenti di nomina o designazione, ex art. 4, comma 1, lettera e) dello stesso D.Lgs. n. 165/2001. Deve ritenersi pertanto che legittimamente, nel caso di specie, il provvedimento impugnato sia stato emesso dal Capo del Dipartimento. Quanto al parere del Consiglio di Amministrazione, appare condivisibile la tesi della natura meramente dichiarativa – e pertanto vincolata – del provvedimento emesso, in base ai presupposti di fatto di cui al citato art. 127, lettera c) del D.P.R. n. 3/1957 (cfr. anche, in tal senso, Cons. St., sez. IV, 9.8.2005, n. 5253; Cons. St., sez.VI, 30.10.1985, n. 542 e 17.5.2004, n. 3153 e 25.11.1994, n. 1707; Cons. St., sez. V, 13.10.1994, n. 1157); risulta ormai prassi costante dell’Amministrazione, del resto, in tal senso interpretandosi la disposizione quella di acquisire il parere stesso solo ove sia richiesta una valutazione discrezionale, con particolare riguardo ai provvedimenti inerenti la progressione in carriera, di cui al D.Lgs. n. 139/2000. In tale contesto, appare condivisibile la tesi recepita nella sentenza appellata, secondo cui – anche ove rispondente ad un vizio di procedura – l’omessa acquisizione del parere di cui trattasi non comporterebbe annullamento dell’atto impugnato, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990 (nel testo introdotto dalla legge n. 15/2005), quando non potesse ipotizzarsi un contenuto diverso dell’atto stesso, per la già ricordata natura vincolata del provvedimento, conclusivo di una procedura che non prevede tardive giustificazioni e correlative valutazioni discrezionali, in presenza dei presupposti di fatto indicati dal legislatore (cfr. anche, in tal senso, cons. St., sez. VI, 10.7.1996, n. 945; Cons. St., sez. V, 18.1.1995, n. 85). Detti presupposti – identificativi della volontà del dipendente di sottrarsi ai doveri d’ufficio – appaiono sussistenti nella situazione in esame. La sentenza appellata ricostruisce con puntuale esattezza, infatti, un quadro di inescusabile assenteismo della dipendente di cui trattasi, tenuto conto delle ripetute astensioni dal servizio, in rapporto alle quali l’interessata risulta essersi sottratta ai richiesti accertamenti clinici, con ulteriore ingiustificata assenza dal lavoro dopo la scadenza di un incarico dirigenziale: scadenza non implicante certo una condotta di tal genere, permanendo per i vice prefetti ed i vice prefetti aggiunti – ex art. 12 del D.Lgs. n. 139/2000 – la titolarità del posto di funzione assegnato, fino alla formale attribuzione di un nuovo incarico. Con telegramma del 6.8.2007, peraltro, l’Amministrazione comunicava all’odierna appellante le nuove funzioni dirigenziali assegnate, ma la medesima – dopo essersi presentata in ufficio il giorno 7 agosto, già il successivo 10 agosto rendeva noto di ravvisare nell’incarico preannunciato “una situazione logistica non adeguata alla propria qualifica e alle proprie funzioni”, con protratta successiva astensione dal lavoro dal 3 settembre all’emanazione del provvedimento impugnato, nonostante l’intervenuta comunicazione di avvio della procedura, finalizzata alla decadenza dall’impiego. Le ragioni familiari addotte dall’interessata per giustificare le successive istanze di congedo e aspettativa, in una situazione di evidente conflitto della dipendente con l’Amministrazione di appartenenza, non costituiscono comunque giustificazione in ordine alla mancata ripresa del servizio, ai sensi e per gli effetti del più volte citato art. 127, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 3/1957. 4 o Regionale del Lazio Destituzione Vice Prefetto Quanto alle ferie, infatti, l’art. 4, comma 6 del D.P.R. 23.5.2001, n. 316 chiarisce come sia obbligo del funzionario della carriera prefettizia “programmare le proprie ferie in accordo con il responsabile della struttura in cui presta servizio, in modo da garantirne la necessaria operatività”: appare evidente, pertanto, che l’appellante non aveva facoltà di usufruire liberamente delle ferie in questione, senza previo concerto con il diretto superiore; non è contestato in via di fatto, inoltre, che la medesima avesse chiesto di usufruire di 29 giorni di congedo ordinario, avendone ancora a disposizione solo 19. Con riferimento, poi, all’aspettativa per ragioni di famiglia, lo stesso D.P.R. n. 316/2001 dispone, all’art. 6, comma 1, che al funzionario della carriera prefettizia “possano” essere concessi periodi di aspettativa “previa formale e motivata richiesta…senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità”: appare evidente, pertanto, il carattere discrezionale della concessione dell’aspettativa stessa e la necessità di adeguata motivazione al riguardo, sulla base anche di documentazione probatoria, che si eccepisce (senza adeguate controdeduzioni al riguardo) non presentata nel caso di specie. Nella situazione descritta la mancata ripresa del servizio, dopo la diffida inoltrata dall’Amministrazione ex art. 127, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 3/1957, non può dunque ritenersi corrispondente a “giustificato motivo”, con conseguente sussistenza dei presupposti per la declaratoria di decadenza dall’impiego, emessa nel caso di specie. Restano vaghe e confuse, nel quadro complessivo in precedenza delineato, le ragioni di doglianza della dirigente in questione, in rapporto alle mansioni affidatele: in nessun caso comunque dette ragioni potevano giustificare una protratta astensione dal servizio, come quella registrata nella situazione in esame; non può non ravvisarsi in tale astensione dal servizio, pertanto, una condotta inescusabile, in rapporto alla quale le accennate accuse di “mobbing”, nei confronti dell’Amministrazione, appaiono destituite di qualsiasi fondamento, a maggior ragione dopo che – nonostante un già protratto periodo di assenteismo – la medesima Amministrazione aveva comunque assegnato all’interessata un nuovo incarico dirigenziale. In base alle considerazioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, le peculiarità della vicenda dedotta in giudizio ne giustificano – ad avviso del Collegio stesso – la compensazione. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe, lo respinge; compensa le spese giudiziali. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2010 con l'intervento dei Signori: Giuseppe Barbagallo, Presidente - Paolo Buonvino, Consigliere - Maurizio Meschino, Consigliere Roberto Giovagnoli, Consigliere - Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore Il Segretario - L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 21/09/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) Il Dirigente della Sezione 5