Memorie paleocristiane nell’«ager atellanus» Ritenuta poco attendibile la pia tradizione (riportata, tra l’altro anche dall’abate cistercense Ferdinando Ughelli nel V tomo della sua «Italia Sacra») che indica in san Pietro il primo evangelizzatore delle nostre contrade, gli inizi del Cristianesimo nell’agro aversano si fanno risalire, più plausibilmente, allo sbarco di san Paolo a Pozzuoli testimoniato, peraltro, da un’autorevole fonte storica come gli Atti degli Apostoli (XXVIII, 13 - 14). L’Apostolo delle Genti, infatti, proveniente da Reggio Calabria e diretto a Roma, quasi certamente, dopo una sosta di sette giorni nella cittadina flegrea, dovette fare una deviazione anche ad Atella, all’epoca ricca e prospera città dell’Impero, innestandovi, con la sua predicazione, i primi germogli del nascente Cristianesimo. La storiografia locale, antica e moderna, ha voluto vedere in una piccola iscrizione marmorea rinvenuta tra le rovine di Atella e riportata per la prima volta, nel 1800, dallo storico giuglianese Agostino Basile nella sua storia di Giugliano, e poi, in prosieguo di tempo, dai vari Parente, Riccitiello etc., i segni di questo passaggio. Secondo i succitati storici, il marmo, di cui si sono perse le tracce, (così come non si ha più notizia della lapide commemorativa fatta apporre dai paolotti nel loro monastero di Sant’Arpino per ricordarne il ritrovamento), avrebbe documentato l’incontro tra san Paolo ed un presbitero atellano, il quale per l’occasione lo avrebbe investito di un beneficio. Anche in questo caso, però, G, La Mura, L'arrivo di san nell’impossibilità di una visione diretta del reperto, Paolo a Pozzuoli, Pozzuoli, sono state avanzate da più parti non poche perplessità, facciata Chiesa di Santa Maria specie in merito all’interpretazione e ai caratteri grafici delle Grazie dell’iscrizione. Più concretamente, invece, la riprova del passaggio di san Paolo nelle nostre terre, si ravviserebbe, secondo altri autori, nell’antico toponimo “Sanctum Paullum at Averze» con cui viene indicato un casale di Aversa in un diploma capuano del 1022. Per quanto concerne le altre testimonianze materiali sulla diffusione del primo Cristianesimo nell’«ager atellanus», accanto al coccio di lucerna di tipo paleocristiano già reso noto da Alfonso de Franciscis fin dal 1945, si segnala in particolare il poco conosciuto anello di Frattaminore che fu ritrovato, come riporta Theodor Mommsen (CIL, pars II, 8059.-184), da don Pietrantonio Vitale, parroco della locale chiesa di San Maurizio raccoglitore delle memorie storiche atellane come si evince dall’epistolario di Matteo Egizi conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli, lo donò all’insigne archeologo sanmaritano Alessio Simmaco Mazzocchi, il quale lo studiò, ne ricavò il disegno (riprodotto dal Mommsen) e lo commentò in una silloge manoscritta che dovrebbe trovarsi nella biblioteca del Museo Campano di Capua o in quella della Società di Storia Patria di Napoli. L’anello, conservato presso i Musei Lateranensi di Città del Vaticano, riproduce, stilizzato, il menorah, ossia il candelabro a sette bracci fatto realizzare da Mosè, su ordine divino, allo scopo di illuminare il Tempio di Gerusalemme (Esodo, 37,17 - 24), e divenuto per questo il simbolo stesso della fede ebraica. Tuttavia, esso compare, sovente, anche nell’iconografia cristiana come simbolo del noto episodio della Presentazione di Gesù al Tempio, il rito con cui i primogeniti, dopo l’offerta di un obolo al gran sacerdote, venivano consacrati al Signore. L’antica legge ebraica prescriveva, infatti, che ogni primo nato di animale venisse sacrificato a Dio mentre i primogeniti degli uomini dovevano essere riscattati con il pagamento di 5 sicli d’argento (Numeri18,15 - 16). Contemporaneamente a questo rito- che secondo la tradizione ebraica commemora il famoso episodio della decima piaga d’Egitto, allorquando tutti i primogeniti egiziani erano morti mentre i figli degli ebrei erano stati risparmiati (Esodo, 13,17 - 24) - si svolgeva quello della «purificazione della puerpera» (Levitico,12). Ritornando all’anello di Frattaminore va ancora evidenziato come, a sinistra della raffigurazione del menorah, tracciata su due righe, si legge la scritta SAN IES, abbreviazione probabilmente di Sanctus Jesus o Sancto Jesu, cioè Santo Gesù. La presenza nell’abitato della cittadina A. S. Mazzocchi, Disegno apografo dell’incisione di una chiesa dedicata a presente sull’anello di Frattaminore san Simeone, il sommo sacerdote che ricevette Gesù quando fu portato al Tempio di Gerusalemme, e, ancor più il fervore con cui viene celebrata a Frattaminore, la tradizionale festa della Candelora, che della Purificazione di Maria, ne è l’antichissima rievocazione liturgica, lasciano ipotizzare la presenza di questo specifico culto nella zona fin dagli albori del Cristianesimo. In questa evenienza l’anello in oggetto si prefigurerebbe, pertanto, come ulteriore elemento del culto dedicato alla celebrazione della Presentazione al Tempio di Gesù e alla congiunta celebrazione della Purificazione di Maria. Franco Pezzella